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(1)

I PAPI

DA

S. PIETRO A PIO IX

FA T TI STORICI

TORINO

T i p . d e l l ’Or a t o r i o d i s . F r a n c . d i Sa l e s

1 868

.

(2)

PROPRIETÀ DELL’EDITORE

(3)

PREFAZIONE

O ffriam o al pubblico quest’opuscolo in cui ci sforziamo, per quanto gli stretti lim iti di u n piccolo volume ci p erm e tto n o , di rendere m anifeste le grandi azioni del Papato, durante il corso de’ secoli; dopo la sua divina istituzione fatta da Gesù Cristo m ede­

simo. Noi speriam o che questo la­

voro, quantunque um ile, con trib u irà un poco a far spiccare la verità di quelle parole che il nostro im m ortale pontefice Pio IX, le cui azioni altret­

tanto grandi quanto gloriose, re n d e­

ran n o certam ente la sua m em oria il­

lustre e cara alla C hiesa, pronunziò nel suo concistoro segreto del 17 set­

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tem bre 1860: « La Sede Apostolica

» lungi dall’essersi mai opposta alla

» vera e soda felicità delle nazioni, in

» ogni epoca si rese benem erita di

» tutto il genere um ano. P er suo mezzo

» le nazioni b arbare furono civilizzate

» e convertite alla vera religione; i

» tum ulti delle gu erre furono sedati,

» le arti e le scienze furono in ogni

» modo propagate; la carità ha fatto

» sorgere pubblici asili a sollievo dei

» bisognosi; i principii del giusto e

» dell’onesto furono consolidati e p ro ­

» m ulgati ai p rìncipi ed ai popoli anco

» in mezzo ai più grandi sconvolgi-

» m enti, questi fatti e parecchi altri

» attestati da molte chiare prove sa-

» ranno sem pre dalle storie celebrati

» ad edificazione di tu tte le età. » Noi avvertiamo i lettori che tutti i fatti che narrerem o sono tratti dalle Storie ecclesiastiche.

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CAPO I.

I l prim o Papa dà la sua vita per Gesù Cristo.

I dodici Apostoli dopo ricevuto collo Spirito Santo il dono delle lingue si divisero il m ondo. S. Pietro dopo d’aver fondata la Chiesa d’Antiochia, dove per la prim a volta i seguaci del Nazareno furono detti C ristiani, e dopo d’aver predicato l’Evangelio nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadoccia, nel­

l’Asia e nella B itinia, venne a fissare la sua sede a Roma. Questa città capi­

tale del m ondo pagano, era come il cen­

tro dell’universo, in cui eransi ra d u ­

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n ati tutti gli erro ri, e di qui la luce della Verità doveva risplendere a tutte le na­

zio n i, e poteva più facilmente appa­

rire e spargere i b en efici suoi raggi per tutte le parti della terra. S. P ietro si trovava a Roma con s. Paolo sotto l’ im peratore Nerone a’ tempi in cui Simon Mago facevasi am m irare per diversi prodigi, ch’ei faceva col mezzo della m agia divertendo il popolo non meno che l’ im peratore colle sue sa­

crileghe azioni. Un giorno Simone aveva promesso di volare e di ascen­

dere al cielo, im itando l ' Ascensione di Gesù C risto; m en tr’egli pertanto si alzava in re altà sollevato dai dem oni, s. Pietro e s. Paolo presenti a questo spettacolo si gettarono ginocchioni e pregarono insiem e, invocando il nome di Gesù Cristo. I demoni spaventati la­

sciarono Simone, il quale cadde, e r i ­ mase steso al suolo colle gambe rotte.

Per questo fatto ed altri ancora l’empio Nerone irritato contro i due Apostoli li fece arrestare e m ettere in prigione.

Erano essi custoditi nella prigione M amertina, che trovavasi ai piedi del

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Campidoglio e che si estendeva sot­

terra. Essi restarono in quella prigione nove mesi. Durante questo tem po due dei loro guardiani si convertirono, stupefatti de’ m iracoli che vedevano o p e ra re , e s. Pietro li battezzò in­

sieme con quarantasette altre persone che si trovavano in quel carcere.

Qualche tempo prim a che s. Pietro fosse in carcerato, i fedeli lo anim arono a fuggire da Roma per evitare la p e r­

secuzione. Egli per consolarli ubbidì, m a giunto alle porte della c ittà , gli apparve Gesù Cristo in atto di voler entrare in Roma. Dove andate, Signore?

gli domandò Pietro. Gesù Cristo gli r i­

spose: Vado a Roma per essere croci­

fisso un’altra volta. S. Pietro disse fra se: Gesù non può più m orire, è dunque nella m ia persona che egli vuole essere crocifisso, ed allora ritornò indietro.

Difatto, non molto dopo fu condannato a m orte, e fu condannato al supplizio della croce come giudeo e come p e r­

sona vile. Volevano crocifiggerlo nella m aniera solita, ma egli disse di non esser degno di venir trattato come il

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suo Maestro, e v olle essere attaccato alla croce col capo in giù. Tale fu il prim o Papa. Egli diede l’ esempio ai suoi successori di rendere testimonio alla verità, sino allo spargim ento del loro sangue.

CAPO II.

Lettera di s. Clemente ai Corinzii.

S. Lino succedette a s. P ietro, e a s. Lino s. Clemente. Questi ristabilì la pace nella Chiesa di Corinto ove lo spirito di invidia aveva seminato qualche discordia in mezzo ai fedeli;

egli scriveva ai Corinzii una bella let­

tera. Eccone qualche breve frammento:

« La Chiesa di Dio che è a Roma,

» alla Chiesa di Dio che è a Corinto;

» a coloro che sono chiam ati e santi-

» ficati per la volontà di Dio in N. S.

» G. C., che la grazia e la pace di Dio

» onnipotente, per Gesù Cristo si ac-

» cresca in ciascuno di voi e sia reci-

» proca.

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« Noi tem iam o , carissim i fra te lli,

» che le afflizioni che ci sono arrivate

» non abbiano ritardato l’applicazione

» che noi dovevamo avere alle qui-

» stioni che voi ne avete fatte concer-

» nenti l’em pia e detestabile sedizione,

» dalla quale gli eletti di Dio devono

» essere così lo n ta n i... Chi non isti-

» mava la vostra virtù e la fermezza

» della vostra fede? Chi non am mi-

» rava la sapienza e la m oderazione

» cristiana della vostra pietà? Chi non

» pubblicava la m agnificenza della vo-

» stra ospitalità? Voi cam m inavate se-

» condo le leggi di Dio sommessi ai vo-

» stri pastori. Voi rendevate l ' onore

» conveniente ai vostri vecchi. Voi av-

» vertivate i giovani d’aver sentim enti

» onesti e m o d e ra ta , le donne d’operare

» in tutto con una coscienza casta e

» p ura, am ando i proprii m ariti, come

» è loro dovere, restando sottomesse,

» applicandosi all’andam ento delle loro

» case con grande m odestia. Voi era-

» vate tu tti pieni di sentim enti d’u-

» m iltà, senz’alcuna v a n ità ; disposti

» piuttosto a star soggetti che a co-

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» m andare, a donare che a ricevere,

» contenti di ciò che vi dona il Signore

» p er il pellegrinaggio di questa vita,

» ed applicando con cura a voi stessi

» la sua parola, la custodivate dentro

» il cuore, e sem pre tenevate la sua

» dottrina d’innanzi agli occhi. Con-

» sideriam o coloro che m aneggiano

» le arm i sotto i nostri principi, con

» quanto ordine e somm issione ese-

» guiscono i loro com andi; non tutti

» sono prefetti, non tu tti trib u n i, non

» tu tti centurioni; m a ciascuno al suo

» posto eseguisce gli ordini dell’im-

» p eratore e dei com andanti. Non pos-

» sono stare i grandi senza i piccoli,

» nè i piccoli senza i g ra n d i. Havvi

» una mescolanza e un uso di tutto

» in ogni ordine di cose. Prendiam o

» ad esam inare il nostro corpo; la testa

» senza i piedi è nulla, nè i piedi sono

» alcunché senza il capo. I più piccoli

» dei nostri organi sono necessarii a

» tu tto il corpo. E tutti cospirano in-

» sieme, e sono l’uno all’altro subor-

» dinati per la conservazione di tutto.

» Perchè adunque vi sono tra noi con-

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» tensioni? Non abbiamo forse tu tti

» lo stesso D io , lo stesso Cristo, lo

» stesso spirito di grazia diffuso su

» di noi, la stessa vocazione in Gesù

» Cristo? Perchè dividerem o noi le

» sue m em b ra? Perchè facciamo noi

» la gu erra al nostro proprio corpo?

» Siamo noi talm ente insensati da di-

» m enticare che noi siamo m em bra gli

»

uni degli a ltri? O m iei dilettissim i,

» noi vi scriviamo non solam ente per

» avvertire voi, ma anco p er donare un

» salutare avvertimento a noi stessi;

» im perocché noi facciamo tutti lo

» stesso viaggio, ed il medesimo com-

» battim ento ne è imposto. Chi è tra

» voi generoso, chi tenero, chi pieno

» di carità? Che egli dica: se io sono

» causa della sedizione, della querela,

» delle divisioni, io mi ritiro , me ne

» vado dove voi vorrete, e son pronto

» a fare ciò che vuole la m oltitudine.

» Noi ne conosciamo m olti che si sono

» perduti, facendosi essi stessi schiavi

» per riscattare gli altri, e che del

» prezzo della loro lib ertà hanno no-

» drito gl’indigenti. »

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CAPO III.

Zelo dei P api per la propagazione della luce Evangelica — Piccolo e- sercito ch e va a conquistare la Gallia.

La fiaccola della fede brillava nel mondo. La parola evangelica predicata dagli Apostoli erasi diffusa in lontane regioni, e di già aveva sottomesso una grande parte dell’universo al suo im ­ pero. I governi avevano un bello spar­

gere il sangue cristiano. Come u n fiume maestoso a cui invano si vanno oppo­

nendo dighe ed ostacoli, che sempre continua il suo corso vittorioso, e in ­ nonda tutto malgrado gli sforzi che si fanno p er arrestarlo, così la religione andava aum entando ogni giorno con un a incredibile rap id ità le sue con­

quiste. Il sangue cristiano che si spar­

geva, sem brava non essere altro che sem en z a, la quale facesse crescere i discepoli di Gesù Cristo, e sem pre più li aum entasse.

I Cristiani di già avevano perfino

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superato in num ero gli adoratori degli idoli. Ed è a questo punto, che T er­

tulliano verso la fine del secondo se­

colo poteva scrivere agli Im peratori Romani: « Noi non siamo che di ieri

» e di già siamo sparsi per ogni dove.

» Noi occupiam o i vostri p a la g i, le

» vostre c i t t à , i posti delle vostre

» truppe, i vostri trib u n ali; noi non

» vi lasciamo che i vostri tem pli. » D urante il corso dei prim i secoli un piccolo esercito è m andato in u n a grande parte della Gallia, non ancora sottomessa, per conquistarla a Gesù Cristo. Questo piccolo esercito è com­

posto di alcuni soldati pacifici, valenti cam pioni della fede, che si presentano colla croce in mano p er rovesciare i tem pli degli idoli ed innalzare sulle loro ru in e gli stendardi del Dio sal­

vatore. Questi sono: Trofimo ad Arles, Paolo a N a rb o n a , Dionigi a P a r i g i , Gastiano a Tours, Saturnino a Tolosa, Marziale a Limosa, Austremonio nel- l ' Alvergna. Già il sangue dei m a rtiri aveva fecondato, nel secondo secolo, la Chiesa di Lione, c h e aveva la gloria

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di contare fra i suoi Vescovi i Potini e gli Irenei. Questa colonia di operai evangelici predica con zelo nella mag­

gior parte delle città la dottrina della salute. La religione sta om ai per b ril­

lare nella Gallia del più vivo splendore.

Sono i Romani Pontefici che fin dai tem pi più antichi le hanno procurato il beneficio del Cristianesimo. La F ra n ­ cia diverrà più tardi la figlia prim o­

genita della Chiesa, il p iù fermo so­

stegno del Papato. Possa ella sem pre la F rancia m eritar quest’im m ortale onore, e non dim enticare che a Roma ella deve la sua Fede.

CAPO IV

I P api dinanzi agli Im peratori A ria n i — I l Papa Liberio.

Cominciava appena la Chiesa a re ­ spirare in p a c e , le persecuzioni dì spada erano allora finite, quando sorse A r io , il quale per la sua grande e­

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resia fece nascere u n a sì violenta perturbazione in tutta la Chiesa, che il dogma cristiano, senza la fermezza e saggezza del Papa sarebbe perito.

L’universo fu alla vigilia di trovarsi ariano. Ario diceva: Gesù Cristo è u n a creatu ra più grande senza dubbio che tutte le altre, o rn a ta quanto vo­

lete di perfezioni e grazie, m a è una c re a tu ra , ed il suo stato p er quanto sia elevato, non si estende al d i là di quello della creatura. La Chiesa a Nicea form olando il suo simbolo e fulm inando l’eresia, proclam ò solen­

nem ente la Divinità di Gesù Cristo e la consostanzialità del Verbo. L’eresia aria n a fu vinta, ma non distru tta. Ella continuò ad esercitare i suoi guasti nella Chiesa e fece il più grande m ale.

Gli Im peratori successori del grande Costantino, lungi dall’im itare la pietà del loro padre, e la sua figliale som­

missione alla Chiesa, erano divenuti i fautori dichiarati dell’eresia, che al­

l’om bra di questa possente protezione si estendeva sem pre m ag g io rm en te, facendosi num erosi partigiani. I Ve­

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scovi più illustri soffrivano per la fede;

erano questi: s. Atanasio, s. Basilio, s. Cirillo di Gerusalemme, s. Eusebio di Vercelli, s. Paolino di T reveri, Ro­

dano di Tolosa, s. Ilario di Poitiers, la g loria dei Galli, e u n'in fin ità d’altri.

I conciliaboli degli A riani li depone­

vano dalle loro s e d i , e li facevano m andare in esilio, o gettare in ca r­

cere. I Pontefici di Roma sostenevano vigorosam ente anco contro la potenza im periale queste confessioni della fede ed essi stessi sovente soffrivano per la stessa cagione; la persecuzione. Uno dei più celebri Papi di quei tem pi disastrosi è Liberio. L’Im peratore Co­

stanzo, a r ia n o , non gli lasciava un m omento di riposo pretendendo da lui che com unicasse coi vescovi ariani e che sottoscrivesse alla condanna di Atanasio.

L’Im peratore gli m andò un ufficiale portando con un a m ano doni e col­

l ’altra lettere piene di m inaccie. L’uf­

ficiale com incia ad esortare Liberio e m ostrandogli i doni: Ricevete questo, gli d isse , e condannate Atanasio. Il

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Papa risp o n d e: Io non sottoscriverò m ai la condanna di Atanasio e non riceverò niente; tenetevi le vostre ric ­ chezze, io non le invidio. L’ufficiale gli fa allora le m inaccie, m a il Papa non ne è punto commosso. Allora egli vuole sforzarlo, per dire così, a rite ­ nere i doni e va a p o rtarli come u n a offerta nella Chiesa di s. P ietro. Li­

berio avendolo saputo mosso da viva indegnazione contro il guardiano del tem pio che non lo ha im pedito, fa gettare fuori questa offerta im pura.

P er questa cagione è trascinato fuori di Roma nel più fitto della notte, con gran difficoltà dopo le più m inute p re ­ cauzioni p er tim ore del popolo che lo am a. Egli è tradotto alla presenza del­

l’im peratore a Milano e là gli s’intim a di condan nare Atanasio e la fede cat­

tolica. Gli si dice: Voi avete tre giorni per d eliberare, se volete sotto­

scrivere e rito rn are a R om a, oppure pensate in che luogo volete essere condotto in esilio. Liberio rispose:

Lo spazio di tre gio rni o quello di tre mesi non cangia la m ia risolu-

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zione. Allora è esiliato a Berea in Tracia. Ma il popolo di Roma chiam a ad alte g rida il suo Pontefice. Dopo due anni di esilio e di dolori p resen­

tarono a Liberio una formola di fede piena d’inganno ed egli la sottoscrisse credendola in senso cattolico. Gli arian i trionfando di questa sottoscrizione l’in ­ terpretaro n o nel senso eretico. Liberio veduta la frode tosto si alza contro il senso eretico attribuito all’atto di sot­

toscrizione. Rifiuta costantem ente di sottoscrivere una nuova formola p re ­ p arata dagli eretici e più che mai in ­ culca ai fedeli il rispetto dovuto alle decisioni di Nicea ed è obbligato di uscire ancora una volta da Roma. Egli si nascose, d icesi, in cim iteri vicini alla città sino alla m orte dell’Im p era­

tore, alla quale soltanto finì la sua p e r­

secuzione.

CAPO V.

Munificenze dei P opi verso le Chiese, S . Sisto I I I .

S. Sisto III nel quinto secolo si rese celebre, ed illustrò il suo Pontificato

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sovratutto p e r uno zelo strao rd in ario per la m aestà del culto e l ’onore della casa di Dio. Egli arricchì di doni pro­

digiosi la m aggior p arte delle grandi chiese di Roma, non contentandosi delle sue lib eralità personali, ma e- sortando ancora e cogli esempi e colle parole l’im peratore V alentiniano a se­

gnalare p er lo stesso oggetto la sua m unificenza. Ecco quel che Fleury ra c­

conta delle liberalità di questo Papa.

Egli ristabilì la basilica di s. Maria am icam ente detta di Liberio, e vi pose u n a ltare d’argento vo’ dire la sacra m ensa, del peso di 300 libbre, e le donò varii altri vasi d’argento del peso di 1163 libbre, un vaso d’ oro di 50 libbre, e v en tiq u attro candelabri di ram e di 45 libbre cadu n o . Egli le donò tra te rre n i e case la re n d ita di 723 m onete auree. Egli donò al Bat­

tistero di santa Maria tu tti i vasi n e ­ cessari d’argento, e fra gli altri un cervo p er v ersar l’acqua, del peso di 30 libbre. Egli mise alla Confessione di s. Pietro u n ornam ento d’argento del peso di 400 libbre. Egli adornò

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p ure la Confessione di s. Lorenzo di colonne di porfido e d’argento; egli vi donò un altare di 50 lib b r e , una b alau strata di 300 libbre, e vi regalò ancora u n a statua di s. Lorenzo del peso di 300 libbre, da collocarsi al di sopra dell’abside, o giro della vòlta.

Egli fece tutta la basilica di questo santo e vi offrì m olti vasi d’oro o r­

n ati di p ietre p re z io s e , del peso di 10 libbre. Tutto l’argento che il Papa s. Sisto diede a queste due chiese, il cui peso è espresso, m onta a 2611 lib­

b re rom ane che valgono più di 3000 m arche.

Di più, alla sua p reg h iera l’im pe­

rato re V alentiniano, offrì alla Confes­

sione di s. P ietro u n ’im m agine d’oro con dodici p orte e coi dodici Apostoli e col Divin Salvatore, il tutto ornato di pietre preziose.

Alla basilica di S atrano, l’ Im pera­

to re mise un frontone d’argento del peso di 511 libbre a luogo di quello che i b arb ari avevano tolto. Ornò an ­ cora la Confessione di s. Paolo d’oro purissim o del peso di 200 libbre. Il

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P apa fece eziandio o rn a re il Battistero di Satrano di colonne di porfido che fece rizzare con un ’arch itettu ra di m a rm o , ove fece scolpire versi che ricordavano la virtù del Battesimo e la fede al peccato originale, contro i Pelagiani.

CAPO VI.

S . Leone il Grande ferma A ttila e addolcisce Genserico.

A s. Sisto succedette s. Leone il grande. I b arb ari a quell’epoca si sparsero come un to rren te devastatore sull’im pero rom ano, e come uccelli carnivori che si gettano con avidità sopra u na preda che la Provvidenza dona loro p er pascolo. Attila, il flagello di Dio s’avanzava alla testa di essi.

Continue m inaccie uscivano dalla sua bocca furiosa e un te rro re spa­

ventevole riem piva i luoghi del suo passaggio. D apertutto ove il m io ca­

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vallo calca la t e r r a , diceva questo sterm inatore, la stessa vegetazione deve sparire. Già altre città in cui questo feroce vincitore si era p resen ­ tato avevano dovuto la conservazione ai loro vescovi; toccava a s. Leone sal­

vare la capitale del m ondo cristiano.

Un illustre scrittore ci descrive così il quadro di questo avvenimento:

Il prim o potere ecclesiastico va ad incontrare la forza brutale sotto la più feroce form a. Il genio cristiano si trova a faccia a faccia col genio delle b a r ­ b arie. Attila si era diffuso in m inaccie contro Roma; esacerbato dalla collera dopo la sconfìtta di Châlons, furioso delle sue perdite piombò sopra l’Italia deciso di apportarle l’ultim o colpo; ma egli ignorava che là appunto Dio lo aspettava p e r vincerlo colla sola p re­

senza del suo Vicario.

A quileia, M ilano, P av ia, V e ro n a , tutta l’alta Italia era già in potere dei b a rb a ri, e le popolazioni disperse si nascondevano nelle lagune dalle quali doveva sorgere Venezia. L’ultim o ra m ­ pollo della dinastia di Teodosio erasi

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fuggito tutto trem ante da Ravenna, e cercava un asilo n ell’orgogliosa Rom a, la p a tria di Fabrizio, la quale non aveva altri r i p a r i , nè altri difensori che il suo augusto Pontefice. S. Leone, non alla testa di un esercito, m a ac­

com pagnato solam ente da un piccolo num ero di dignitari ecclesiastici, re ­ cossi sulla sponda del Po ad incon­

tra re egli stesso Attila. Alla vista del rapp resen tan te di Dio un te rro r panico, strao rd in a rio , prodigioso, s’im padro­

nisce del barb aro , la sua stella si ec- clissa, e la sua m issione è finita. Rom a fu lib erata dalle calam ità che la m i­

nacciavano. Ma a vece di m ostrarsi riconoscente di questo divin benefizio, si abbandona di nuovo alla frenesia, ai giuochi del circolo, e ad altri spet­

tacoli osceni. I Vandali più b a rb a ri degli Unni accorrono alla voce di una Im peratrice per vendicare l’onore di u n a donna. Questo era lo stesso p re ­ testo che aveva cagionato la ru in a dei T arquinii. Che cosa fecero allora i p o teri costituiti, e i difensori n atu ra li di Roma p er respingere il terribile

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Genserico? Tutti si diedero a fuggire vergognosam ente. La città non era più riconoscibile, era un deserto, i rom ani aspettavano immobili e sbalorditi il colpo di m orte che li m inacciava.

S. Leone corre di nuovo ad incontrare il re de’ Vandali come già aveva fatto p e r quello degli U n n i; . . . . m a questa volta non piacque a Dio di so ttrarre intieram en te la città corrotta di Roma dai disastri che piom bavano su di essa.

Genserico p enetrò dentro le m ura della città e la saccheggiò durante q u atto r­

dici giorn i e quattordici notti, m a nello stesso tem po ordinò di rispettare la vita degli abitanti e di non b ru ciare la città, secondo la prom essa che aveva fatto al sommo Pontefice.

CAPO VII.

Esempio ammirabile del distacco dagli onori.

Chi diede quest’am m irabile esem­

pio è s. Gregorio il g ra n d e ...

Quando seppe che volevasi eleggerlo

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P apa, si servì d’ogni so rta di mezzi per farsene credere indegno; egli in ­ teressò a questo fine tu tti i suoi a- m ici, rappresentando l o r o , colle la ­ grim e agli occhi, il pericolo che co r­

reva la sua anim a rien tran d o nel m on­

do che non aveva lasciato, che dopo aver conosciuta p er la sua fiacchezza l’ im possibilità di salvarsi stando in esso. La sua ultim a speranza essendo nel l 'im p erato re, da cui era am ato, gli scrisse nel m odo il più proprio a gua­

dagnarselo, e gli suggerì uno spediente altrettanto sem plice quanto sicuro, di non approvare la sua elezione. Tutti questi segni d’um iltà non sortirono altro effetto p er parte dell’im peratore, che di affrettare l’ord in e di procedere alla sua consecrazione. Allora s. Gre­

gorio fece di p iù ; egli si risolse di p ren d er la fuga. E ransi prese precau ­ zioni per im pedire un tale avvenimento che su p p o n ev a si, m ettendo guardie alle porte della città. Gregorio però trovò il mezzo d’ingannare la vigilanza delle guardie. Risoluto ad ogni costo di fuggire la dignità Papale, egli si

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trav estì, si rinchiuse in una cesta di vinchi e si fece p o rtar via da m er­

canti. Si nascose nei boschi e nelle caverne d u ran te tre g i o r n i , i quali furon tempo di desolazione per il po­

polo Rom ano, più inquieto di questa evasione che delle ostilità dei Longo­

b ardi, che in que’ tem pi assalivano Roma. Non si cessò d u rante questi tre giorni di digiunare e di pregare fin tanto che il cielo p er mezzo di indizii m iracolosi, scoprì il fuggitivo, che fu preso e ricondotto a Roma. S. Gre­

gorio tem ette allora che u n a più lunga resistenza non s’opponesse ai dise­

gni della P rovvidenza; egli fu con- secrato solennem ente nella Chiesa di s. Pietro il 3 di settem bre 590. Egli restò ciò non di m eno sem pre incon­

solabile del grave carico, che gli era stato imposto, di portare il quale era certam ente più che ogni altro degno.

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CAPO VIII.

Un esempio d i modestia e un orgoglio scandaloso.

Colui che ci dona l’esempio di m o­

destia è ancora Gregorio M agno, e colui che ci diede l’esempio d’orgoglio è Giovanni il Giuniore, p atria rca di Costantinopoli. Giovanni il Giuniore sotto l’apparenza della m ortificazione e della penitenza, nutriva una m ente gonfia d’orgoglio. Egli si faceva chia­

m are in m odo pomposo il patriarca ecumenico vescovo universale. S. Gre­

gorio volendo donargli u n a lezione di um iltà prese il titolo di: servo de’ servi del Signore. Abbassamento g lo rio so , giudicato degno da’ suoi successori di un a im itazione perpetua!

Pareva che s. Gregorio prevedesse già le conseguenze funeste dell’am bi­

zione scism atica dei vescovi di Costan­

tinopoli. Volendo evitare anticipata- m ente una sì grande s c ia g u ra , fece

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tutto ciò che potè, scrisse perfino al- l’ im peratrice C o stan tin a, pregandola d’in terp o rre la sua au to rità per im ­ pedire la sacrilega usurpazione di qu e­

sto titolo ambizioso. In questa lettera poi la m odestia di s. Gregorio r i ­ splende m olto chiaram ente, lo confes­

so, diceva all’im peratrice, che i m iei peccati sono grandi e che essi m eri­

tano questa um iliazione; m a s. P ietro , che non ha peccato, non è giusto che egli abbia a soffrire, sotto il vostro re g n o , u n a calam ità così disastrosa.

Tuttavia, m algrado il suo zelo, non potè porre rim edio a questo m ale e l’orgoglio prevalse.

CAPO IX.

L ’Inghilterra convertita.

S. Gregorio prim a d’essere innalzato al Pontificato, essendo giovine ancora ebbe il pensiero della conversione del­

l’In g h ilterra. Ecco ciò che era acca­

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duto: Passando un giorno il santo sul m ercato di Roma fu colpito dalla b ian ­ chezza strao rd in a ria e dalla bellezza di qualche schiavo Inglese esposto in vendita. Egli dom andò allora al m er­

cante se infelici così interessanti ave­

vano alm eno la ventura d’esser c ri­

stian i. Essendogli stato risposto nega­

tivam ente: che disgrazia, disse con un lungo s o s p iro , che disgrazia che un popolo così ben fatto sia sotto la po­

tenza del dem onio! Incontanente andò dal Papa Benedetto, e gli propose di m andare operai evangelici nella Gran B rettagna e lo scongiurò colle più vive istanze a m etterlo nel loro num ero.

Il Pontefice vi acconsentì sebbene con qualche pena; ma il popolo rom ano affollandosi a questa nuova, e riem ­ piendo la via p er cui il Papa andava a s. P ie tr o , si mise a gridare: La­

sciando andare Gregorio voi offendete il P rincipe degli Apostoli e cagionate la ru in a di Roma. Il sommo Pontefice inviò prontam ente co rrieri per far r i ­ to rn are Gregorio, e questi non lo ra g ­ giunsero che a tre giornate dalla città,

(30)

tan ta era la fretta che egli aveva di avanzare il cam m ino, tem endo ciò che davvero accadeva. Contro sua voglia pertanto dovette rito rn a re a Roma.

Quando fu innalzato al Pontificato non perdette di vista l’oggetto che lo aveva così fattam ente colpito nella sua gio­

ventù, e appena che gli fu possibile m andò in In ghilterra il m onaco s. A- gostino con qualche altro religioso a lavorare alla conversione di quel po­

polo. Si è a questo m onaco m andato dal Pontefice s. Gregorio, che l’Inghil­

te rra dovette la sua conversione al c ri­

stianesim o, ed alla fede cattolica che professò così lungo tem po e con tan ta edificazione per tutta la Chiesa di Dio.

Il monaco s. Agostino convertì il re del­

l’isola B ritannica e ben presto l’intiera nazione abbracciò il cristianesim o.

CAPO X.

V ir tù e lavori d i s. Gregorio il grande.

Una tollerante m ansuetudine distin­

gueva questo Pontefice esem plare.

(31)

Un giorno parecchi giudei di Cagliari vennero a lam entarsi a Roma perchè uno di essi recentem ente convertito si era reso padrone della loro sinagoga, il dom ani del suo battesim o. S. Gregorio biasim ò questo fervore sconsiderato;

e non esitò niente affatto a far togliere da quel luogo la croce e l’im m agine di Maria SS. che già vi avevano messo e rendette l’edifi zio ai giudei. Bisogna usare, diceva egli, con questi poveretti un a m oderazione che li attiri edifican­

doli, e non una violenza che li ribelli costringendoli. È colle esortazioni e coll’edificazione della carità, aggiunse generosam ente, che si devono gu ada­

gnare gli infedeli alla Religione Cat­

tolica, e non allontanarli colle m inac­

cie e col terro re.

Il suo am ore pel suo popolo era senza lim iti. I Longobardi guerreggiavano in Italia, ed aveano tolto all’im peratore quasi tutte le sue possessioni in questa dell’im pero. Questi nem ici venivano p arte anco fino a Roma a saccheggiare e com m ettere grandi crudeltà. Il tenero pastore non potendo im pedire questi

(32)

eccessi cadde malato di dolore. P eral­

tro egli pervenne a far gradire la pace ai Longobardi. Essi esigettero somme e- so rb ita n ti per lasciare Roma tranq uilla, m a nulla parve troppo grave al ca ri­

tatevole pastore p er alleviare il suo infelice gregge, ed egli trovò mezzo di tutto provvedere.

La carità di questo g ran Papa era inesauribile. Si custodiva nel palazzo di Laterano un grosso volume conte­

nente il nom e, l’età e lo stato di tutti i poveri che era solito ad assistere tanto in Roma che nei dintorni, ed anco nelle lontane provincie. Il prim o giorno di ciascun mese distribuiva in n atu ra delle d e rra te , secondo la stagione. Tutti i gio rn i in tutte le vie faceva distribuire le provvisioni convenienti ai m alati.

P rim a di prendere il suo cibo quoti­

diano, egli m andava u n a parte delle vivande della sua m ensa a poveri ver­

gognosi. Il suo prefetto domestico p er suo ordine invitava ogni giorno alla sua m ensa dodici forestieri, fra i quali di­

cesi ch’egli ricevesse un giorno Gesù Cristo e u n ’altra volta il suo angelo

(33)

custode. Malgrado tutte queste cure avvenne che si trovò un giorno un povero m orto in un angolo di u n a via rem ota. Il santo Papa a se im pu­

tando questa sventura s’astenne dal celebrare i divini m isterii d u ran te più g io rn i.

Le opere di s. Gregorio per la re ­ ligione furono immense. Egli com ­ pose ogni sorta di lavori e di istru ­ zioni per l ' edificazione della Chiesa com battendo l ' eresia, predicando ai fedeli, distruggendo gli avanzi del p a­

ganesim o, estendendo il suo zelo so ­ p ra il giudaism o, tutto regolando n ella casa di Dio, gli officii, i sacram enti, il santo sa c rifiz io , le diverse cere- m onie della litu rg ia, il canto stesso, cui egli com piacevasi d’ insegnare a giovani chierici, e che dal suo nom e vien chiam ato canto gregoriano. Tale fu questo Papa, appellato a buon di­

ritto , Gregorio il grande.

(34)

CAPO XI.

I l Papa s . M artino perseguitato per la fede.

I l Papa s. Martino (l’anno 648) per resistere all’im peratore Costante nel fatto dell’eresia dei M onoteliti, soffrì le più dure persecuzioni. L’im peratore Costante giovane p r in c ip e , n atu ra l­

m ente duro ed im perioso portato sul trono dalla sua in fa n z ia , non aveva m ai incontrato che schiavi sottomessi a tutti i suoi capricci. Egli confuse con queste anim e vili il vicario di Gesù Cristo, e prese p er un oltraggio l’op­

posizione del santo Papa Martino al suo rescritto appellato il tipo di Co­

stante, il quale tipo favoriva l’ erro re Monotelita. S. Martino m andando la condanna di questo rescritto im periale e dell’eresia avea scritto a tutti i fe­

deli: « Non ascoltate i novatori, e non

» tem ete gli uom ini, la cui vita passa

» come l’erb a che secca, e di cui nes-

(35)

» suno fu crocifisso p er voi. » Queste belle parole, non fecero che eccitare m aggiorm ente la collera di un p rin ­ cipe orgoglioso. Egli trovò modo di far condurre fuori di Roma il suc­

cessore di P ie tr o , e costringerlo ad im barcarsi p e r C ostantinopoli, dove trovavasi l’im peratore. D urante que­

sto viaggio che fu lunghissim o, il santo Papa fu strettam ente chiuso nel vascello che gli serviva di prigione, quantunque si concedesse lo sbarco agli altri passeggieri come un sollievo indispensabile. Il viaggiò durò q uin­

dici mesi perchè l ' equipaggio in di- versi luoghi allentava. Il Papa era cru ­ delm ente torm entato dalla p o d a g ra , estenuato da u n flusso di ventre che n on lo lasciò m a i, e sprovvisto di tutto. Che se lungo il viaggio i vescovi od i fedeli provvedevano a’ suoi biso­

gni, tosto le guardie derubavano ogni cosa in sua presenza, lo coprivano d’ingiurie, e m altrattavano i suoi be­

n efattori, e li m inacciavano dello sde­

gno del principe.

(36)

Giunto a Costantinopoli lo lascia­

rono un giorno intiero per ispettacolo al popolaccio bersaglio degli oltraggi degli empi e dei pagani; quindi lo gettarono in una prigione dove lo fe­

cero languire tre m esi, solo , isolato, senza lasciarlo vedere a nessuno. Dopo questo tem po lo fecero com parire in ­ nanzi al tribunale del senato, dove lo accusarono di delitti im m aginari. Egli però all’esempio di Gesù Cristo suo divin Maestro, non rispose n iente ad ogni sorta di ingiurie e di calunnie.

Egli non parlò che quando fecero en­

tra re i testim oni che avevano guada­

gnato e che si fecero p rem u ra di farli g iu rare sopra i santi Vangeli: « In

» nom e di Dio, gridò egli allora,

» risp arm iate loro questo delitto, e

» fate di m e ciò che vi piace. » Al­

lo ra gli stracciarono la sua stola, lo spogliarono del resto delle sue vesti- m enta, ad eccezione di una semplice tonaca, che stracciarono sopra la sua stessa persona. L’ im peratore intanto godeva di questo spettacolo, contem ­ plandolo attraverso delle gelosie della

(37)

sua finestra e gustando così le ese­

crande gioie di un tiran n o .

Gli fecero anco ra soffrire altre i- gnom inie, gli si fece violenza perchè com m unicasse coi novatori. Ma egli r i ­ spose in v aria b ilm en te: Fate di me ciò che avete risoluto di fare. Q uantun­

que voi mi sm inuzzaste in pezzi, come m i avete m inacciato, io non trad irò m ai la m ia fede. Lo rilegarono final­

m ente nella Chersonide T auride ove m orì poco dopo.

CAPO XII.

Parole di Gregorio I I I a Leone Isaurico l’ Iconoclasta.

Leone Isaurico faceva u n ’aspra g u erra al culto delle im m agini e al- l ' ortodossia.

E ra verso la m età del secolo VIII, quando Gregorio III salì sul tro n o di s. P ietro . Egli si fece tosto prem ura di scrivere all’im peratore e gli tenne

(38)

questo linguaggio ferm o ed intrepido:

« Sappiate, o P rincipe, che non tocca

» agli im peratori di decidere m aterie

» re lig io s e , m a che questo d iritto

» appartiene soltanto ai Vescovi. Voi

» credete di spaventarci dicendoci: io

» m anderò soldati a Roma p er ispez-

» zare l’im m agine di s. Pietro e farò

» p o rtar via Papa Gregorio carico di

» c a te n e , come già si fece al Papa

» Martino.

» Ma ignorate voi che l ' odio che

» portate alla Chiesa Cattolica ha sol-

» levato contro di voi tutto l’occidente?

» Voi ci siete oggetto più di com pas-

» sione che di tim o re ... Convincetevi

» che le vostre m inaccie non hanno

» niente di terrib ile, voi avete bisogno

» dei Papi che vi conservino la fedeltà

» dei popoli più che i Papi abbiano

» bisogno di voi. »

(39)

CAPO XIII.

Donazioni fatte alla Chiesa Rom ana.

Potere temporale de’ P api.

Gli im peratori d’O riente, risiedendo a Costantinopoli non portavano più che il vano titolo di P adroni di Roma e dell’Occidente. La loro autorità eravi nulla, m algrado gl i sforzi dei Pontefici Romani p e r m antenerla loro p er ispi- rito di fedeltà ai legittim i sovrani.

P iù occupati di scolastiche, sotti­

gliezze e di far la g u erra all’ortodossia che di vegliare alla grandezza ed alla sicurezza dell’im pero, lasciavano che i Longobardi facessero im punem ente delle escursioni per tu tta l ' Italia e perfino alle porte di Roma. Da molto tem po i somm i Pontefici ed il popolo rom ano soffrivano molto p er le in v a­

sioni d’ogni sorta di questo popolo mezzo b arb aro . In questo stato di cose il Papa Stefano, dopo parecchie in u ­ tili suppliche all’im peratore perchè venisse con un esercito a lib era re Roma

(40)

e l’Italia, e anteponendo per altra parte la dom inazione de’ Francesi a quella d e’ Longobardi, ebbe ricorso alle armi Francesi. Scrisse perciò una lettera com m oventissim a al re P e p in o , il quale uscì tosto dalla F rancia e alla testa di num eroso esercito forzò le fro n tiere delle A lp i, raggiunse il re Longobardo, e dopo averlo vinto, l’ob­

bligò a re n d ere all’Italia tutte quelle città che le aveva prese. Pepino allora, riguardandosi, e con ragione, padron e assoluto d’una conquista, frutto delle sue vittorie, fece a s. Pietro, alla Chiesa Rom ana ed a tutti i Papi u n a p erpetua form olata donazione, com ­ posta della provincia ro m an a e di p a­

recchie altre città prese all’inim ico:

e questo fu il prim o fondo degli stati Ecclesiastici. In questo modo i P api, p er la generosità de’ re fra n c e si, di­

vennero sovrani tem porali.

P arecchi anni dopo, Carlom agno, figliuolo di P epino, essendo a Roma ed avendo vinto di nuovo il re dei Longobardi, che rifiutava di rendere alla santa Sede le concedute c ittà ;

(41)

conferm ò la donazione di suo p adre in favore della Chiesa rom ana, e vi aggiunse eziandio nuove provincie. Il re , come pure i principali signori francesi, g iurarono solennem ente, sulla tom ba d i s. P ietro , di m antenere p e r sem pre questa sacra donazione.

CAPO XIV.

Inviolabilità e legittim ità del potere temporale del Papa. — Vantaggi di questo potere temporale. — Te­

stim onianze di B o ssu et, di F leury e di Napoleone.

« Noi sappiam o, dice Bossuet, che

» le terre ed i dom inii accordati dai

» nostri re ai som m i Pontefici ed alla

» Chiesa sono tanto più inviolabili in

» quanto che si devono considerare

» come santi e consecrati a Dio; come

» tali non si può, senza sacrilegio, nè

» im padronirsene, nè ra p irli, né an-

» n overarli come beni profani. Noi fe-

(42)

» licitiam o, con tutto il cuore, la Santa

» Sede e tu tta la Chiesa di questo

» potere tem porale che essa esercita

» sopra la città di Rom a, e le altre

» provincie ad essa sottomesse; e noi

» preghiam o il Signore a conservarlo

» adesso p er sem pre nella sua in te-

» grità, affinchè possa essere più libera

» e più indipendente n ell’esercizio del

» potere spirituale che ha sopra tu tta

» la terra. »

L’abate Fleury si esprim e così:

« Non è vero che non sia permesso agli

» Ecclesiastici come ai laici di posse-

» dere qualunque sorta di beni tem -

» porali. Voi avete veduto che fin dai

» prim i tem pi le Chiese, anche sotto

» gli im peratori pagani, avevano dei

» beni stabili, e che i Vescovi posse-

» devano qualunque sorta di beni.

» Donde ne segue ch ’essi hanno anche

» potuto possedere delle sig n o rie....

» Tutti questi d iritti sono legittim i e

» non è perm esso di contestarli ai preti

» più che ai laici; e, p er rito rn are

» alla Chiesa ro m a n a , sarebbe cosa

» ingiustissim a disputarle la sovranità

(43)

» dì Roma e di un a g ran parte del-

» l’Italia che da tanti secoli possiede;

» poiché la m aggior p arte de’ p rin -

» cipi non hanno m iglior titolo che

» quello del lungo possesso. » Le parole di Napoleone sono co­

nosciute; esse com parirono in m olti scritti che videro la luce ai dì nostri:

« L’au to rità del Papa sarebbe essa così forte, se il Papa vivesse in u n paese che non gli appartenesse e in presenza de’ poteri dello stato? »

« Il P apa non è a P arigi ed è un

» bene. Noi veneriam o la sua auto-

» rità spiritu ale, precisam ente perchè

» egli non è nè a Madrid n è a Vienna.

» A Vienna ed a Madrid dicesi la m e-

» desim a cosa. È un bene p er tu tti

» ch’egli non abbia la sua residenza

» nè presso i F rancesi nè presso i loro

» r i v a l i , m a n ell’an tica Roma lungi

» dalle m ani degli Im peratori Ale-

» m a n n i , lungi da quelle dei Re di

» F rancia e dei Re di Spagna, tenendo

» la bilancia uguale fra i re cattolici,

» inclinan dola alcun poco verso il più

» forte, m a rilevandosi sopra di lu i,

(44)

» quand’ egli diviene oppressore. È

» dessa l’istituzione de’ secoli, ed ella

» è b u o n a ; è l’istituzione la più sag-

» g ia e la più vantaggiosa che si possa

» im m aginare nel governo delle a-

» nim e. »

CAPO XV.

A che servono i beni della Chiesa.

I Papi hanno sem pre usato del loro potere tem porale e delle ricchezze considerevoli che i pietosi fedeli of­

frirono loro p er fare il bene, ogni sorta di b e n e , in tutte m aniere e sotto qualunque forma.

Le solennità religiose sono destinate ad insegnare e far progredire la m o­

ra le , la m agnificenza degli edifizi sacri e le pom pe del culto si sono elevati, sotto la loro direzione, ai più sublim i splendori. Nei secoli del m edio evo, la Chiesa sola possedeva le scienze, le arti e le lettere, ella era l’unica scuola dell’universo. I Sovrani Pontefici a­

(45)

privano i loro larghi tesori, e span­

devano l’oro a piene m ani p er fon­

dar m onasteri, e più tard i università che conservavano e propagavano i lum i delle arti e delle scienze. Le classi in­

feriori della società trovavano u n asilo ed un soccorso nella sola Chiesa.

I Papi aprivano le porte degli o- spedali costrutti con grandi spese p e r opera loro, p er ricevere gli inferm i e gli indigenti. E tale è diffatto nello spirito dei fedeli e n ella volontà della Chiesa, la destinazione di questi beni.

Difatto il clero francese in u n a circo­

stanza volgendosi a Luigi XIV gli te­

neva questo ling u ag g io :

« È u n ’em pietà che non am m ette

» scusa il non m ettere i beni della

» Chiesa nel num ero delle cose sacre.

» Essi sono come un fondamento re li-

» gioso, perchè ne sostengono il culto

» esterno che è un a delle sue p arti

» essenziali. La volontà della Chiesa

» deve essere la sola ed unica regola

» de’ suoi doni, coloro che violano i

» suoi privilegi su questo punto fu-

» rono colpiti d’anatem a dai Concilii.

(46)

» Tutte le m assim e co n tra rie a questi

» articoli di fede definiti dai Concilii

» generali, provengono dall’ignoranza

» sono conservati dall’interesse e p ro -

» ducono l’em pietà. »

Del resto questa d o ttrin a non è sol­

tanto quella del clero fra n c e se , m a ben sì la dottrina della Chiesa u n iv er­

sale. E ai no stri g io rn i Pio IX difen­

dendo i suoi d iritti tem porali contro l’am bizione, l’avidità, e l’em pietà, non difende solam ente i suoi beni, m a di­

fende eziandio il patrim onio dei po­

veri e dei deb oli, il patrim onio della religione e del culto, il patrim onio

del Cattolicismo intiero.

CAPO XVI.

I P a p i ed i dom in ii dei Re e s. Gregorio VI I .

S. Gregorio VII è celebre negli an ­ n ali dei Pontefici per le sue guerre col- l’ Im peratore dell’Allem agna, il p rin ­ cipe E nrico, e p er l’esercizio ch’egli

(47)

fece della sua au to rità deponendo i re e disponendo delle loro corone. Il ca­

ra tte re di questo gran Papa e le sue g u erre devono essere conosciute dai no stri lettori.

Prim a che ascendesse al Pontificato chiam avasi Ildebrando. Il suo m erito che l’ aveva in n alza to , m algrado l’u ­ m iltà de’ suoi n a t a l i , fin da giovane alle più alte dignità, gli dava tale u n ’influenza negli affari, che parecchi Papi suoi predecessori gli dovevano la tia ra , che egli stesso aveva più volte rifiutata. Fu anche suo m algrado che venne poi innalzato davvero alla catte­

dra di P ie tro ; egli scrisse tosto all’Im­

peratore Enrico per pregarlo di op­

porsi alla sua elezione, dichiarandogli per anim arlo vieppiù ad ascoltarlo, che se egli fosse diventato Papa non avrebbe lasciato im puniti i suoi d iso r­

dini. Ma questa volta Ildebrando fu obbligato ad accettare.

Questo santo Papa era divorato dallo zelo per la casa di Dio; ciononostante i più empi scandali, cagionati sop ra­

tutto dai re, affliggevano la Chiesa.

(48)

Questi m a li p ro v en iv an o p a r tic o la r ­ m en te d all’Allemagna e d all’I m p e ra to re E n ric o . G regorio VII che am ava t e n e ­ r a m e n te questo p rin c ip e com inciò a d u ­ sa re tu tti q u ei mezzi di dolcezza p ro p rii a c o m m uoverlo ed a r ic h ia m a rlo ad u n a vita p iù d eg n a di u n c ristia n o e di u n m o n a r c a ; m a tutto fu vano. I delitti di E n ric o g iu n s e ro ad u n tale eccesso che il P a p a fu obbligato ad u s a r e c o n tro questo p rin c ip e di tutti i fulm in i della Chiesa, ed ei p ro n u n z iò contro di lu i la scom unica e la deposizione. Questa deposizione dei p rin c ip i p e ll’a u to r ità pontifi c i a , e r a il diritto pu b b lico r i ­ conosciuto a llo ra in t u t t a E u ro p a . I r e stessi e r a n così co n v e n u ti. I popoli n o n in ten d ev an o d ’o b b e d ir loro, nè lo ro p restavano g iu r a m e n to di fedeltà che pel tem po in cu i c o n tin u a v a n o ad e ssere c ristia n i e cattolici, e sommessi figliuoli della Chiesa. Ed i r e confessa­

vano di n o n r e g n a r e che a questa co n ­ dizione. Difatto E n rico e i suoi difensori n o n ad ducevano p e r iscusa che u n r e scom unicato n o n p e rd a la c o ro n a, m a si lim itavano a d ire che la Chiesa n o n

(49)

h a il diritto di colpire della s c o m u ­ n ic a un sovrano. G regorio VII m o ­ stra v a agevolm ente che l ’ a u to r ità di sciogliere e di legare e ra stata data agli Apostoli g e n e ra lm e n te, senza a m m e t­

tere distinzione di p e rso n e , e che essa co m p re n d e v a tan to i p rin c ip i quan to i lo ro sudditi.

Q uante trib o la z io n i n o n ebbe a sof­

frire Papa Gregorio da questi em pii pel suo zelo a d is tr u r r e il vizio, ed a far r e g n a r e la virtù! E n rico p e r v e n d i­

c arsi della su a s c o m u n ic a , aveva fatto eleggere u n a n tip ap a di n o m e Gui- b e rto , arcivescovo di R a v e n n a , che e r a stato a n c h ’egli s c o m u n ic a to p e r i suoi d e l i t t i , e che p rese il n o m e di Clemente III. L’ I m p e r a to r e volendo m e tte re ad ogni costo il suo a n tip a p a sul tro n o di Pietro, m a rc iò c o n tro R o m a con u n esercito e forzò Gregorio ad u scire dalla città e t e r n a , donde n o n potè fuggire che con p ena.

Guiberto ebbe l ' a u d a c ia di salire sul tro n o p apale, e Gregorio fuggitivo si salvò a Salerno piazza fortificata, e quivi m o r ì .

(50)

P r im a di s p irare r i u n ì attorno al suo letto di m orte i c a rd in a li e r a c ­ com an d ò loro colle vive istanze di n o n iscegliere p e r suo successore che colui che essi c redevano più degno appo Dio. Egli tolse tutte le sentenze di s co m u n ica che aveva d a t e , eccet­

tu a te q u e lle dell’im p e r a to r e e del­

l ’a n tip a p a , e q u in d i rese p lacidam ente lo spirito a Dio p ro n u n z ia n d o queste p a ro le del salm ista: ho amato la giusti­

zia, ed ho odiato il vizio ed aggiu g n en - dovi ed è perciò che muoio in esilio.

CAPO XVII.

Sentim enti di due autori protestanti rispetto alla questione precedente.

Il celebre filosofo L e ib n itz , p r o t e ­ stante, diceva le seg u en ti cose:

« Bisogna confessare che la v ig i­

» l a nza dei Papi p e r l’osservanza dei

» canoni e pel m a n te n im e n to della

» disciplina ecclesiastica, h a p ro d o tto

» di tanto in tanto dei buonissim i

» effetti, e che lavorando a tem po e

(51)

» talvolta anche contro tem po presso

» i re sia colle a m m o n iz io n i che l ’au-

» t o r ità della loro c arica dava diritto

» di fare, sia pel tim ore delle cen-

» su re ecclesiastich e, essi h a n n o a r-

» restato m olti disordini. Niente e ra

» p iù c o m u n e che ved ere i r e n e i

» lo ro trattati, sottom ettersi alla cen -

» s u ra ed alla co rrezione dei Papi. » E altrove lo stesso Leibnitz va p iù a- vanti a n c o r a e soggiunge: « lo sarei

» d’ avviso di stab ilire a R om a u n

» trib u n a le p e r g iu d ic a re le dispute

» dei p rin c ip i, e di farne p resid en te

» il Papa come a ltra volta egli figu-

» rav a difatto il giudice t r a i diversi

» p rin cip i cristiani. Ma sa re b b e n e -

» cessario che nello stesso tem po gli

» ecclesiastici rip re n d e sse ro la lo ro

» an tica a u to r ità e che u n ’in te rd i-

» zione ed u n a scom unica facessero

» tr e m a r e p iù di un re e più di u n

» r e g n o , come al tem po di Nicola

» I e di Gregorio VII. »

Il s ig n o r Coquerei, insigne s critto re, a ltresì pro testan te, si esprim eva così :

« Il p o te re p apale, disponendo delle

(52)

» c orone, im pediva che il dispotismo

» divenisse atroce; difatto in quei

» tem pi di te n e b re noi n o n vediamo

» nessu n esempio di t i r a n n ia p a r a g o ­

» nab ile a quella dei Domiziani a

» Roma. Un nuovo T iberio e r a im-

» possibile, Rom a l ' avrebbe schiac-

» ciato. I g ra n d i dispotism i h a n n o

» luogo q u a n d o i re si p e rsuadono

» che n o n v’ h a n ie n te al di s o p r a di

» l o r o ; è allora che l ’ ebbrezza di u n

» potere illimitato p a rto risc e i p iù a-

» troci misfatti. »

CAPO XVIII.

R itra tto dell’Imperatore Enrico.

Ecco il ritra tto che F leury fa del- l ' im p e ra to re Enrico scom unicato e deposto dal p a p a Gregorio VII.

« Il re di A llem agna e ra fin dal-

» l ’età di diciotto a n n i un uo m o dei

» più em p i. I suoi delitti lo spinsero

» a p arecchi om icidi, ed egli divenne

» crudele perfino verso de’ suoi confi-

(53)

» denti. I complici de’ suoi delitti gli

» divenivano sospetti; e p e r p e rd erli

» bastava che essi testim oniassero o

» con u n a p a ro la o con u n gesto, di

» d isapprovare le sue o p e r e . . . . Egli

» dava i Vescovadi a coloro che gli

» davano p iù d e n a ri o che sapevano

» meglio a d u lare i suoi vizi e dopo

» aver così venduto u n vescovado, se

» u n altro lo pagava di più , o ppure

» lodava m a g g io rm en te i suoi delitti,

» egli faceva dep o rre il p rim o vescovo

» come sim oniaco, ed am m etteva l’al­

» tro a suo luogo; da ciò accadeva

» che p a re c c h ie città avevano due ve-

» scovi nello stesso tem po e n tra m b i

» in d eg n i. »

CAPO XIX.

Urbano I I predica la prim a crociata a Clermont.

Eravi n ella diocesi dì Amiens u n sem plice p re te chiam ato P ietro e so­

p r a n n o m in a to l’erem ita, a cagione della vita solitaria ch’egli m e n a v a edifican­

(54)

tem ente. Era u n uomo di g ra n d e v irtù e che viveva in u n ’estrem a p o v e r tà ; e r a piccolo di s ta tu r a , m a g ro e n e ­ gletto nel suo esterno; cam m inava coi piedi scalzi, n o n e ra coperto che di u n a m is e ra tu n ic a e n o n aveva al­

t r a cav a lc atu ra che qu ella di u n asi­

n e l lo. Egli andò p er divozione a G eru ­ salem m e a visitare il santo Sepolcro e fu sensibilm ente commosso al vedere i Luoghi Santi sotto il do m in io degli infedeli, la piazza del Tempio occu­

p a ta dalle m oschee, e le scu d erie u - nite colla chiesa del santo Sepolcro.

Egli s’in form ò dal suo ospite, che e r a cristian o , e da p arecchi altri fedeli, no n solo della lo ro m ise ria p r e s e n t e , m a a n c o ra di q u e lla che avevano sofferto i lo ro a n te n a ti da più secoli, e andò a co n fe rirn e con Sim eone, p a tr ia r c a di G erusalem m e; d ip in g en d o g li la p o ­ te n za ed il valore dei p rin c ip i d ’E u ­ r o p a e lo zelo e l’a u to rità del paese, gli disse che se avesse im plorato il loro soccorso eglino a v re b b e ro c e r t a ­ m en te rotto il d uro giogo sotto al quale g em evano. Sim eone rin g raziò g r a n d e ­

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m ente P ie tro e gli diede le ttere pel sommo Pontefice, sollecitando p e r suo intervento il soccorso dei p r i n cipi c r i ­ stiani.

P ietro si im barcò con sollecitudine p er l’Italia; rim ise la le tte ra del p a ­ tria r c a di Gerusalem m e a P ap a U r­

b a n o ; essendo già m olto in c lin a to alla spedizione che la le ttera r a c c o m a n ­ dava. P ietro n o n ris p a r m iò fatica n è p e r affrettarne l ’esecuzione, nè p e r p ro c u ra rg li dei mezzi fo rm id a b ili. E ­ gli n o n solo perco rse l’Italia, m a a t ­ traversò a n c o ra le Alpi p re p a ra n d o la stra d a al sommo Pontefice, ed a n d ò a tro v are l’u n o dopo l’altro tu tti i prin c ip i del di là dei m o n ti, cercando di far p e n e tra re nei loro c u o ri le sue p ro p rie convinzioni. Q uando gli s p i­

riti dei g ra n d i e del popolo furo n o così entusiasm ati, s o p ratu tto in F r a n ­ cia, il P ap a vi andò tosto e convocò u n concilio a Clermont. I p re la ti ed i signori si m isero in m ovim ento in tutte le provincie del m ondo cristian o p e r r e c a rs i a questa assemblea che fu n u m e ro s is s im a e dopo qualche r e g o ­

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lam en to c o n c e rn e n te certi affari eccle­

siastici, si v en n e all’oggetto principale del concilio: la lega disegnata contro i m u su lm a n i. Il P a p a alzando gli oc­

chi al cielo e im p o n en d o silenzio con u n segno di m an o , fece u n discorso dei p iù patetici, esponendo il lagrim e- vole stato dei luoghi consecrati dalla presenza del Salvatore, ove si eran o op e ra ti i più augusti m isteri della n o ­ s tra sa n ta re lig io n e ; esortò tu tti i fedeli a p r e n d e r e le a rm i p e r lib e ra re i Luoghi Santi. Alla voce del P ap a u n entusiasm o quasi divino c o m p r e ­ se tutta l ' a s s e m b l e a , e nello stesso te m p o questo grido, quasi u n a ispi­

ra z io n e , p a rtì da tutte le bocche: Dio lo vuole, Dio lo vuole. La p r im a c r o ­ ciata è stab ilita: tutto si m ette in m ovim ento n e ll’in tie r a E u ro p a , ogni classe di società, gli u o m in i di ogni c o n d i z i o n e , gli ab ita n ti delle città e delle cam pagne, n o b ili e p l e b e i , ric c h i e poveri, servi e sig n o ri, tutti si segnano della croce e p arto n o p e r la c onquista dei L uoghi Santi.

(57)

CAPO XX.

Riflessioni di due scrittori sulle crociate.

Servizi ch e , secondo questi a u to ri, esse hanno reso alla società europea.

« Bisogna n o ta re , dice il sig. Guizot

» p r o t e s t a n t e , che il ca ra tte re che

» spicca m a g g io rm e n te nelle c ro ciate

» è la loro u n iv ersità. P r i m a di esse

» l ’E u ro p a n o n aveva mai o p erato p e r

» l ' im pulso di u n solo sentim ento,

» u n a sola causa n o n l ' aveva com -

» m ossa ed ag itata in tutte le sue

» p a rti com e all’epoca delle crociate.

» Ed è in questo senso che si p o treb b e

» d ire che p r im a delle crociate l’E u -

» ro p a n o n esisteva. Esse sono il p rim o

» atto della su a esistenza, da esse

» com m ossa in tie ra m e n te l’ E u r o p a si

» rialzò tutto in u n m o m e n to cristiana.

» I popoli cristian i n o n avevano visto

» m a i u n o spettacolo così a n im ato e

» così glorioso. Ma non b a s t a a n c o r a :

» m e n tre le crociate divenivano così

» u n avvenim ento eu ro p e o , esse era n o

(58)

» eziandio, p e r ciascuna nazione, u n

» avvenim ento v eram en te nazionale.

» Una stessa idea, u n solo sentim ento

» anim ava tutte le classi di ogni n a -

» zione, tutti obbediscono alla stessa

» ispirazione, tu tti si slan cian o u n i -

» ta m e n te n ella stessa c a r r i e r a . Re,

» S i g n o r i , p r e t i , cittad in i, p o p o l i ,

» tutti gli uni p e r gli altri si dispu-

» tano l ’o n o re di p r e n d e r e l’interesse

» il p iù vivo, la parte p iù attiva alla

» c o n q u ista de’ Luoghi Santi. F in a l-

» m ente fra questi gloriosi splendori

» com parisce a n c o ra l’u n ità m o r a l e ,

» ce rta m e n te tanto nu o v a q u a n to l’u-

» n ità europea.

L’altro scrittore, a u to re cattolico, si esprim e così : « L’E u ro p a , il m o n d o

» in tie ro d ovranno se m p re ai Papi

» questa im m e n sa rivoluzione che fu

» così utile a tutte le civilizzazioni.

» Si può dire che a llo ra p e r la p r im a

» volta l’E u ro p a si formò e si m ostrò

» come u n a società; a llo ra apparvero

» in mezzo all’isolam ento dei popoli

» e de’ loro m iseri sistemi di località,

» le sublim i idee di fratellanza di po-

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» polo con popolo, di nazio n e con

» n a zio n e, di p rin c ip e col su d d ito ...

» Q uando popoli di u n c a ra tte re così

» diverso si accorsero che potevano

» vivere u n iti e felici n e ’ loro accam -

» p a m e n ti, si r i g u a r d a r o n o tosto com e

» fratelli. Ora questo se n tim e n to di

» fratellanza, questa a b itu d in e della

» vita in com une abolendo poco a

» poco i r e s i d u i della b a r b a r i e , furo n o

» i p rin c ip a li risu ltati delle crociate,

» e fecon d aro n o il g e rm e delle idee

» civilizzatrici alle qu ali l ’E u ro p a do-

» vette ben to sto im m en si pro g ressi

» nell’ordine politico e m ora le. »

CAPO XXI.

I P api protettori delle scienze, delle lettere, delle belle arti, e dell’indu­

stria.

I P ap i si m o s tra ro n o sem p re zelanti p ro p a g a to ri del vero progresso. Negli stessi secoli dell’ig n o ra n z a esistevano

(60)

in diversi l u o g h i , sotto la protezione dei P a p i , floride scuole che avevano prodotto d ottori quali sono Pietro Lom ­ b a rd o , s. Tom m aso d’Aquino, s. Bo­

n a v e n tu r a ed a ltri u o m in i celebri.

Queste scuole nel secolo XIII p resero il n o m e di u n iv e rsità . Sotto Bonifa­

cio VIII il c a rd in a le L em oine suo le ­ gato a P a rig i fondò u n collegio che p e r m olto tem po p o rtò il suo nom e. P iù ta r d i Martino V con u n a bolla del 9 d icem b re 1425 conferm ò la celebre u n iv e rs ità di Lovanio da cui in diversi te m p i u sciro n o dottori e professori de’

p iù insigni. E u g en io IV nel 1437 a p ­ p rovò quella di Caën , e sotto lo stesso Pontefice e c irc a nello stesso tem po ebbe luogo in A llem agna l’invenzione della stam pa, ed abili o p e ra i in q u e ­ st’arte a ccorsero da ogni p a r t e a Rom a, a Venezia ed in a ltr i luoghi d ’ Italia ove le le ttere sotto la pro tezio n e dei Papi era n o specialm ente coltivate.

I P a p i , che certi spiriti ig n o ran ti o p r e v e n u ti h a n n o osato accusare di oscurantism o, non ris p a r m ia r o n o nè cu re, nè spese, n o n in d ie tre g g ia ro n o

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