SCHMACK
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uello delle emissioni odo- rigene è un problema che non va sottovalutato, in quanto la presenza di odori sgra- devoli costituisce una innegabile fonte di fastidio e viene spesso as- sociata a una situazione di non sa- lubrità, sempre meno accettata da un’opinione pubblica molto più at- tenta alla qualità della vita e del- l’ambiente. In realtà gli odori pro- dotti dagli allevamenti noncostituiscono un problema tossi- cologico, in quanto i composti re- sponsabili sono dei metaboliti della degradazione microbica delle deiezioni, presenti in concentra- zioni molto basse (con l’eccezione dell’ammoniaca).
Da dove originano gli odori negli allevamenti I composti odorigeni individuati negli
allevamenti sono oltre il centinaio e derivano dai mangimi, dalla cute degli animali, ma prevalentemente dagli effluenti. Gli odori originano dagli elementi nutritivi della dieta non utilizzati dall’apparato digerente degli animali e sono il prodotto in- termedio o finale dell’azione demo- litiva dei batteri, che può avvenire all’interno dell’organismo dell’animale (conversione del cibo) o all’esterno, nel corso della degradazione delle
deiezioni (feci + urine). Composti particolarmente offensivi sono asso- ciati ai processi di decomposizione che avvengono in condizioni anae- robiche. La produzione di odori è influenzata da numerosi fattori, in particolare dalla composizione della dieta e da diversi fattori ambientali (Figura 1).
I principali gruppi di composti odo- rigeni sono quattro: composti dello zolfo (fra i quali particolarmente of-
Allevamenti zootecnici ed emissioni di odori
L’intensificazione della produzione zootecnica, da un lato, e l’estensione delle aree residenziali verso aree rurali a tradizione agricola e zootecnica, dall’altro, danno origine a situazioni conflittuali fra allevatori e popolazione residente, il cui motivo scatenante è in genere legato alle molestie olfattive.
di Laura Valli - Centro Ricerche Produzioni Animali - Reggio Emilia
fensivo è l’idrogeno solforato), indoli e fenoli, acidi grassi volatili, ammo- niaca e ammine volatili.
Numerosi sono gli studi volti a indi- viduare e quantificare i composti odorigeni negli allevamenti. O’Neill
& Phillips (1992) ad esempio, ne hanno individuati 168, tuttavia la correlazione fra i vari composti e l’effetto odorigeno complessivo che essi, da soli o in miscela, producono sulla percezione umana è tutt’altro che stabilita. Non è, in sostanza, possibile individuare in modo univoco composti chimici indicatori dell’im- patto olfattivo, che siano facilmente quantificabili per via analitica.
Il modo più affidabile per misurare gli odori è ancora basato sull’olfatto umano, mediante tecniche sensoriali.
A questa categoria appartiene l’unica metodologia di misura che ad oggi è stata codificata in una norma europea:
la misura della concentrazione di odore mediante olfattometria dina- mica (UNI EN 13725:04).
La concentrazione di odore viene misurata come numero di diluizioni necessarie per rendere il campione di aria odorosa appena percettibile per il 50% dei soggetti che effettuano la misura olfattometrica in veste di valutatori e viene espressa in Unità Odorimetriche Europee per m3 di aria (ouE/m3). Ad esempio, se un campione di aria ha una concentra- zione di odore pari a 500 ouE/m3
vuol dire che è necessario diluirlo 500 volte con aria “neutra” perché il suo odore diventi non più percetti- bile per la maggioranza dei valuta- tori.
Le fasi emissive in allevamento Negli allevamenti zootecnici gli odori si possono produrre in tutte quelle fasi in cui vi è presenza e movimen- tazione degli effluenti: ricovero degli animali, stoccaggio, trattamento e utilizzazione agronomica degli ef- fluenti stessi. Anche se l’applicazione sul suolo delle deiezioni zootecniche è l’attività che più frequentemente può dar luogo a lamentele da parte della popolazione residente nei pressi delle aree di spandimento, si tratta di una attività concentrata in alcuni periodi dell’anno e la cui offensività si riduce abbastanza rapidamente.
Per contro, la presenza delle strutture di ricovero degli animali e di stoc- caggio delle deiezioni è permanente ed è quindi possibile che il fastidio olfattivo persistente e prolungato at- tribuibile a queste fasi risulti più im- pattante sui residenti. L’attenzione alla riduzione delle dispersioni odo- rigene deve quindi essere mantenuta in tutte le fasi della produzione zoo- tecnica.
Le emissioni di odori dipendono for- temente dalle condizioni climatiche e sono quindi estremamente variabili
non solo nel corso delle stagioni, ma anche durante le singole giornate.
Nel caso dei ricoveri, ad esempio, esse dipendono dalla variazione nei regimi di ventilazione, che nel periodo estivo possono essere anche di 10 volte superiori a quelli del periodo invernale.
Anche la dieta ha la sua influenza.
Alterare la composizione dell’ali- mento, specialmente il tipo e il livello di proteine e di carboidrati fermen- tescibili, sembra un approccio pro- mettente per ridurre gli impatti ol- fattivi.
Le tecniche di mitigazione delle emissioni odorigene
Le strategie più efficaci per il controllo degli odori nel settore zootecnico
sono quelle di tipo preventivo e ge- stionale. Le tecniche di abbattimento a valle, con appositi dispositivi di trattamento, presentano invece pro- blemi tecnici, gestionali ed economici che ne rendono problematica l’ap- plicazione.
Tecniche di riduzione delle emissioni nei ricoveri Gli interventi gestionali che possono consentire un efficace contenimento dell’impatto olfattivo dei locali di allevamento riguardano soprattutto il mantenimento di un buon livello igienico e di pulizia della stalla, as- sociato a sistemi di rimozione rapida delle deiezioni e a un’efficace venti- lazione. Sistemi di rimozione rapida evitano l’instaurarsi, all’interno delle
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Carrobotte con dispositivo per l’applicazione dei liquami raso terra a bande.
Grafico 1 – Concentrazione ed emissione di odore in ricoveri suinicoli con diverse modalità di stabulazione
fosse di raccolta, di processi di de- gradazione anaerobica delle deiezioni, che sono sicuramente responsabili della produzione di odori sgradevoli.
Anche l’utilizzo di lettiere, ove il si- stema di produzione lo consenta, si dimostra in generale efficace nella riduzione delle emissioni odorigene.
La riduzione della superficie emissiva delle fosse di raccolta delle deiezioni (il pavimento parzialmente fessurato rispetto al pavimento totalmente fes- surato) può essere una misura efficace
di contenimento delle emissioni. Ciò a patto che una eccessiva densità degli animali o elevate temperature non inducano gli animali a non ri- spettare le aree funzionali (alimen- tazione, riposo, defecazione). I suini, infatti, per combattere il caldo, pos- sono eleggere come zona di riposo la parte fessurata del box sporcando quella piena.
Il CRPA ha condotto, nell’ambito di un progetto della regione Emilia- Romagna, campagne di monitoraggio
per valutare l’efficacia di alcune tec- niche considerate MTD (Migliori Tecniche Disponibili) ai sensi della Direttiva IPPC, nella riduzione delle emissioni di odori dai ricoveri zoo- tecnici. In Tabella 1 vengono mostrati i risultati medi sia della concentrazione di odore che dell’emissione di odore (concentrazione moltiplicata per por- tata di aria estratta), relativi a diverse categorie zootecniche.
I valori misurati mostrano grande variabilità, ma è possibile osservare
valori sia di concentrazione che di emissione di odore inferiori nel caso delle tecniche di stabulazione che comportano sistemi di rimozione ra- pida o superfici fessurate ridotte, confermando che le MTD risultano efficaci, oltre che nella riduzione delle emissioni ammoniacali, anche in quella dei composti odorigeni.
Nel Grafico 1 sono illustrati i risultati relativi ai ricoveri suinicoli con diversi sistemi di stabulazione: pavimento totalmente fessurato con rimozione frequente del liquame in tubi (PTF- LS); pavimento totalmente fessurato con rimozione del liquame con va- cuum system (PTF-VS); pavimento totalmente fessurato con fossa a tra- cimazione (PTF-FT); pavimento par- zialmente fessurato con fossa a tra- cimazione (PPF-FT).
Il massimo di emissione si riscontra nel caso del pavimento totalmente fessurato con fossa di stoccaggio sot- tostante (PTF-FT), ossia quello che è considerato il sistema di riferimento per la valutazione delle MTD. Ana- loghi risultati sono stati ottenuti anche nei monitoraggi effettuati nei ricoveri avicoli.
Tecniche di riduzione
delle emissioni dallo stoccaggio dei liquami
La riduzione delle emissioni odorigene dalle vasche di stoccaggio degli ef-
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Figura 1 - Fonti di odore e fattori di influenza.
Tabella - Concentrazione ed emissione di odore in ricoveri zootecnici.
Categoria animale Sistema di stabulazione Concentrazione Emissione
di odore di odore
[ouE/m3] [ouE/s/t peso vivo]
media min-max media min-max
Vacche da latte Stalla fissa 47 9-151 22 11-36
Cuccette 53 13-163 30 11-82
Lettiera permanente 52 10-98 32 10-101
Suini all’ingrasso PTF-LS 301 62-614 52 33-105
PTF-VS 474 164-975 102 44-132
PTF-FT 896 367-2541 142 90-247
PPF-FT 620 163-2000 98 40-195
Galline ovaiole Gabbie piani sfalsati 641 113-2534 361 142-1335
Fossa profonda 143 20-479 145 24-258
Nastro ventilato 233 22-1694 158 30-444
Polli da carne Controllo ambientale automatico 442 96-1296 126 43-276 Controllo ambientale manuale 658 127-2138 152 50-330
Note: PTF = pavimento totalmente fessurato; PPF = pavimento parzialmente fessurato; FT = fossa a tracimazione; VS = vacuum system; LS = Lusetti System (rimozione in tubi).
fluenti può essere efficacemente ot- tenuta diminuendo la circolazione dell’aria sulla superficie esposta, me- diante varie forme di copertura.
Le soluzioni possibili vanno dalle più semplici (favorire la formazione di croste superficiali naturali, coper- ture flottanti) alle più “ingegneriz- zate”, come le coperture fisse.
Nel caso di strutture di stoccaggio esistenti, specie nel caso dei lagoni, questi interventi risultano tecnica- mente ed economicamente proble- matici. Nel caso, invece, di vasche di stoccaggio di nuova realizzazione la copertura della struttura è una op- zione praticabile ed efficace non solo per la mitigazione delle emissioni odorigene, ma anche di quelle del- l’ammoniaca, che costituisce un altro importante inquinante.
Alcune regioni (ad esempio l’Emilia- Romagna nel Regolamento regionale 28 ottobre 2011, n.1) hanno già in- serito, nelle normative relative alla utilizzazione agronomica degli ef- fluenti, prescrizioni che richiedono di realizzare le nuove strutture di stoccaggio con tecniche che consen-
tano la riduzione delle emissioni am- moniacali, con coperture fisse o flot- tanti, con serbatoi chiusi in materiale elastomerico, con vasche caratterizzate da un basso rapporto superficie/vo- lume (< 0,2). Merita infine ricordare che in caso di digestione anaerobica, lo stoccaggio del digestato comporta problematiche molto inferiori relati- vamente all’impatto odorigeno, per la forte stabilizzazione subita dalla sostanza organica dell’effluente. La copertura della vasca del digestato è comunque raccomandabile per evitare emissioni residue di metano, che è un potente gas serra.
Tecniche di riduzione delle emissioni nello spandimento delle deiezioni Gli interventi di mitigazione delle emissioni dallo spandimento dei li- quami comportano l’utilizzazione di mezzi di spandimento che riducano sia il livello di nebulizzazione del li- quame, sia l’estensione della superficie di liquame esposta, sia il tempo di contatto del liquame applicato al
campo con l’aria. Le tecniche utiliz- zabili sono lo spandimento con mezzi a bassa pressione; l’interramento ra- pido o immediato; l’applicazione dei liquami non a tutto campo ma solo in bande; l’applicazione di liquami sottoposti a processi di separazione, tali da infiltrarsi più rapidamente nel terreno. Alcune normative re- gionali relative all’utilizzazione agro- nomica degli effluenti (ad esempio il già citato regolamento della Regione Emilia-Romagna) richiedono già la distribuzione dei liquami con erogatori a bassa pressione e l’incorporazione nel terreno (con esclusione dei suoli inerbiti) entro 24 ore dalla distribu- zione di liquami, letami e ammendanti organici. Per ridurre il rischio di mo- lestie è opportuno considerare anche la situazione meteorologica. Condi- zioni climatiche in cui si verifica un buon rimescolamento dell’aria al di sopra del suolo, favorendo una rapida diluizione degli odori sono da preferire rispetto a situazioni di calma di vento con conseguente ristagno dei composti odorigeni. Anche accorgimenti di buon senso, quali tenere conto della
direzione del vento, evitare di spandere nei week-end o alla sera, in corri- spondenza, cioè, dei periodi in cui i residenti si trovano in casa, possono contribuire in modo non trascurabile ad evitare lamentele per gli odori sgradevoli prodotti.
Additivi per la riduzione delle emissioni di odori
Molti sono gli additivi, proposti agli allevatori, che vantano la capacità di abbattere le emissioni di odori sgradevoli provenienti dagli effluenti.
Tali prodotti, miscelati opportuna- mente alle deiezioni, dovrebbero esplicare la loro azione inibendo, rallentando o modificando i processi chimici, fisici e biologici responsabili della produzione degli odori.
La loro efficacia è stata indagata in diversi studi a livello internazionale, con risposte in generale contraddit- torie, che non consentono di giungere a conclusioni univoche. Per tale mo- tivo i prodotti da addizionare agli effluenti non sono stati ad oggi con- siderati, nei diversi documenti di ri-
ENVITEK
ferimento internazionali, come una opzione di mitigazione consolidata e consigliabile. Ciò non significa che, data la varietà di prodotti disponibili sul mercato, non vi siano casi in cui la loro utilizzazione possa comportare una soddisfacente riduzione dell’im- patto olfattivo dell’insediamento.
Una diversa categoria di additivi è quella dei prodotti da integrare nei mangimi. Appartengono a questa ti- pologia le zeoliti che, grazie alla loro elevata selettività nei confronti dello ione ammonio, contrastano la vola- tilizzazione dell’ammoniaca dalle de- iezioni mediante il processo fisico di adsorbimento. Altre sostanze seque- stranti da introdurre nella dieta, che riducono la liberazione di azoto am- moniacale dalle deiezioni, sono gli estratti di Yucca schidigera o l’acido benzoico, ma attualmente non vi sono sufficienti evidenze scientifiche sulla loro efficacia per la riduzione anche delle emissioni odorigene.
La normativa sugli odori
Non esiste ad oggi una legislazione
nazionale che affronti in modo or- ganico il problema delle emissioni odorigene e tanto meno delle mo- lestie olfattive. Il testo unico sul- l’ambiente, il Dlgs 152/06, fornisce una definizione di inquinamento che, nella sua ampiezza, può inclu- dere anche i composti odorigeni (“l’introduzione di agenti fisici, nel- l’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute uma- na o alla qualità dell’ambiente, cau- sare il deterioramento di beni ma- teriali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi”). Tuttavia la legge, nella parte quinta “Norme in materia di tutela dell’aria e di ri- duzione delle emissioni in atmo- sfera”, considera la prevenzione e la limitazione delle emissioni di so- stanze rilevanti dal punto di vista tossicologico, ma non fa riferimento in modo esplicito ai composti odo- rigeni. Solo recentemente la Regione Lombardia ha emanato una linea guida per la caratterizzazione e l’autorizzazione delle emissioni gas- sose in atmosfera delle attività ad
impatto odorigeno. La normativa si applica a tutte le attività che danno luogo ad emissioni odorigene e che sono soggette ad autorizza- zione integrata ambientale o ad au- torizzazione alla gestione dei rifiuti o a valutazione d’impatto ambien- tale. Vale, quindi, anche per alcuni allevamenti intensivi. La linea guida prevede che per i nuovi impianti debba essere eseguita una valuta- zione del potenziale disturbo olfat- tivo su un raggio di 3 km dai confini dello stabilimento attraverso una caratterizzazione delle emissioni odorigene, associando ad esse una portata di odore, e stimandone la ricaduta sui recettori attraverso l’utilizzo di un modello di disper- sione.
Per impianti esistenti, in caso di con- clamate problematiche di disturbo olfattivo, deve essere attuata una strategia a quattro fasi, così articolate:
il sindaco avvia un monitoraggio si- stematico effettuato mediante schede di segnalazione da parte dei residenti e di alcuni altri strumenti e criteri.
Se dal monitoraggio gli episodi di
molestia non superano una definita soglia la situazione viene considera tollerabile, altrimenti si passa a un monitoraggio più puntuale effettuato misurando le emissioni dell’insedia- mento mediante olfattometria dina- mica e le ricadute sui recettori me- diante modelli di dispersione. Se i criteri di accettabilità (quantitativa- mente definiti) sono superati deve essere riesaminata l’autorizzazione, prevedendo prescrizioni più stringenti.
Effettuati gli adeguamenti viene ri- petuta la procedura di valutazione.
Quello della regione Lombardia è il primo tentativo, a livello nazionale, di definire un corpo normativo or- ganico e articolato per affrontare la problematica delle molestie olfattive.
Altre Regioni stanno muovendosi in questa direzione con proprie linee guida, anche se sarebbe auspicabile un’elaborazione concordata e attuata omogeneamente a scala nazionale.
Per quanto riguarda la modalità di misura delle emissioni odorigene ci si deve riferire alla già citata norma UNI EN 13725, che stabi- lisce la metodologia di misura
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della concentrazione di odore me- diante olfattometria dinamica. Ri- ferendosi agli allevamenti zootec- nici le normative che, pur non es- sendo specificamente rivolte al contenimento degli odori, hanno avuto il maggiore impatto su una loro mitigazione sono la Direttiva IPPC e la Direttiva Nitrati: la prima imponendo agli allevamenti intensivi suinicoli ed avicoli l’ado- zione delle cosiddette Migliori Tec- niche Disponibili, ossia quelle tec- niche che consentono la riduzione delle emissioni inquinanti nelle varie fasi della produzione zoo- tecnica; la seconda richiedendo, attraverso i Programmi di Azione, un’efficiente utilizzazione agrono- mica degli effluenti di allevamento e il loro rapido interramento dopo lo spandimento. Fra le norme tec- niche di settore che hanno rilevanza per il comparto zootecnico vanno ricordate le linee guida della Re- gione Emilia-Romagna relative agli impianti di biogas (Delibera- zione della Giunta Regionale 24 ottobre 2011, n. 1495 Criteri tec-
nici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a biogas), che stabiliscono una serie di criteri costruttivi e gestionali per la limi- tazione dell’impatto odorigeno dell’impianto e richiedono al- l’azienda un piano di monitoraggio delle emissioni da effettuarsi me- diante olfattometria dinamica (UNI EN 13725).
Va poi ricordato che le attività di al- levamento vengono incluse nell’elenco delle “industrie insalubri di I classe”
(DM 5 settembre 1994) e che quindi devono essere adottate particolari cautele nella loro collocazione nel contesto territoriale. In questa ottica esistono normative tecniche regionali o regolamenti comunali di igiene che fissano distanze di rispetto, in parti- colare per quanto riguarda le strutture di stoccaggio dei liquami.
Anche molti altri Paesi europei, quali Germania, Olanda, Svizzera e Austria, hanno adottato il cri- terio delle distanze di rispetto, emanando specifiche linee guida che tengono conto delle caratte-
ristiche della fonte emissiva (nu- mero dei capi, tipo di animale e caratteristiche del ricovero), ma anche di quelle del sito circostante (collocazione orografica dell’alle- vamento, venti prevalenti, condi- zioni di dispersione più frequenti) e delle modalità di fruizione del territorio (aree residenziali, a de- stinazione mista, rurali). Una pro- grammazione edilizia che eviti la collocazione di insediamenti zoo- tecnici in vicinanza di aree resi- denziali, ma anche il progressivo avvicinamento delle aree residen- ziali agli allevamenti, resta co- munque la più efficace misura per evitare che si producano situazioni conflittuali dovute alle molestie olfattive.
Conclusioni
Le attività di allevamento sono una fonte innegabile di episodi di mo- lestia olfattiva, che tendono a pro- dursi con crescente frequenza con l’intensificarsi delle produzioni zoo- tecniche e con il diffondersi delle
abitazioni residenziali verso le zone rurali.
Per fronteggiare il problema occor- rono sia tecniche di mitigazione so- stenibili che metodi standardizzati di valutazione dell’impatto odorigeno, che consentano di stabilire l’efficacia delle tecniche e di individuare le stra- tegie di gestione. Il problema è com- plesso e presenta una pluralità di aspetti, ma un ventaglio di metodi di quantificazione degli odori è oggi disponibile, anche se occorre avere ben presente i limiti di applicazione dei diversi approcci.
Anche se non esistono normative che impongono provvedimenti spe- cifici gli allevatori, per poter con- vivere senza troppi contrasti con gli abitanti degli insediamenti più vicini, sono indotti a porre sempre maggiore attenzione alla riduzione dell’impatto olfattivo della propria attività. Le tecniche disponibili sono essenzialmente di tipo gestionale e i vantaggi che ne derivano ricadono comunque sull’attività agricola e non solo sulle popolazioni circo- stanti all’allevamento. •