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Corrispondenza: prof. Ferdinando Carlo Sasso, Policlinico Universitario dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Medicina Interna, Padiglione 2, lato ovest, terzo piano, piazza Miraglia, 80131 Napoli • e-mail: ferdinando.sasso@unicampania.it

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CASO CLINICO

Un diabete di tipo 1 inatteso fa fare una diagnosi complessa

Sasso FC, Salvatore T, Venafro M, Altruda C, Adinolfi LE

UOC di Medicina Interna, AOU Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli

Corrispondenza: prof. Ferdinando Carlo Sasso, Policlinico Universitario dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Medicina Interna, Padiglione 2, lato ovest, terzo piano, piazza Miraglia, 80131 Napoli • e-mail: ferdinando.sasso@unicampania.it

Pervenuto il 26-01-2017 • Accettato il 07-02-2017

Parole chiave: diabete di tipo 1, sindrome polighiandolare autoimmune, interferone • Key words: type 1 diabetes, autoimmune poly- glandular syndrome, interferon

Abbreviazioni: Ab, anticorpi; AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco; AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato; APS, sindrome po- lighiandolare autoimmune; BMI, body mass index, indice di massa corporea; DAA, directly acting antivirals, farmaci antivirali ad azione diretta; FC, frequenza cardiaca; FSH, ormone follicolo stimolante; GADA, anticorpi acido glutammico decarbossilasi; GFR, glomerular filtration rate, volume di filtrazione glomerulare; HbA

1c

, emoglobina glicata; IA-2A, anticorpi anti-tirosina fosfatasi IA-2; ICA, anticorpi anti-cellule delle isole pancreatiche; IFN, interferone; LH, ormone luteinizzante; MHC, major histocompatibility complex, complesso maggiore di istocompatibilità; PA, pressione arteriosa; TPO, anti-perossidasi tiroidea.

35 G It Diabetol Metab 2017;37:35-38

Storia clinica

Una donna di 51 anni, R.P., operaia tessile, con ipertran- saminasemia nota da circa 10 mesi (AST 2x, ALT 3x) e positività per Ab anti-HCV, veniva sottoposta in regime di Day Service Epatologico presso la nostra UOC di Medi- cina Interna della Seconda Università degli Studi di Na- poli a studio con Fibroscan, per valutare il grado di fibrosi epatica, che identificava uno score di 7, pertanto un grado di fibrosi inferiore a F2. Lo studio con test di nuova generazione consentiva di determinare il genotipo virale dell’HCV identificandolo come di genotipo 2.

La paziente non presentava alcun segno di deficit della fun- zione biosintetica epatica: albumina, fibrinogeno, PT, aPTT, pseudo-colinesterasi, bilirubina normale e frazionata, gamma-GT e fosfatasi alcalina erano tutte nel range della norma. Come atteso vi era al QPE un incremento poli- clonale delle gamma globuline (29%), ma con piastri- ne (180.000/ml), globuli bianchi (7650/ml) e HbA

1c

(13,1 g/dl) nella norma, oltre a un aspetto ecografico leg- germente megalico, ma con un eco-pattern di tipo “bril- lante”. Tutti questi elementi laboratoristici e strumentali, insieme al riscontro del basso grado di fibrosi, facevano escludere un’evoluzione cirrotica dell’epatopatia cronica.

La paziente presentava una funzione renale buona (GFR calcolata con MDRD 91 ml/min/1,73 m

2

). Glicemia a di- giuno 80 mg/dl. La funzione tiroidea, investigata di routine in previsione della terapia antivirale, era normale e gli an- ticorpi anti-TPO non raggiungevano livelli patologici. Al- l’ECG: ritmo sinusale, tracciato nei limiti della norma.

Lo specialista epatologo, sulla base del genotipo 2 e del grado di fibrosi < F2, decideva, nel rispetto delle indica- zioni dell’Associazione italiana per lo studio del fegato (AISF), di avviare terapia con peg-interferone alfa-2a alla dose di 180 µg sc alla settimana, in associazione alla te-

rapia con ribavirina (800 mg per os), con l’obiettivo di continuare per 24 settimane tale terapia per ottenere l’eradicazione del virus dell’HCV.

La paziente, come da protocollo terapeutico antivirale, ve- niva sottoposta a controlli clinici e laboratoristici ravvici- nati durante i 6 mesi previsti di terapia e nel periodo post-trattamento, con allestimento anche di una sieroteca per i dosaggi dell’HCV-RNA.

A un mese dall’inizio della terapia, si riscontrava elevazione degli anticorpi TPO (250 UI/ml), senza alcun disturbo fun- zionale della tiroide (FT3, FT4 e FTH nella norma).

A quattro settimane dall’inizio della terapia antivirale il li- vello delle transaminasi sieriche era rientrato nella norma (< 40 UI/ml) e in particolare l’HCV-RNA ematico era di- ventato non dosabile (risposta virologica rapida), dato che persisteva fino alla 24

a

settimana di terapia, a con- ferma di un completo successo terapeutico.

Nel contempo però insorgevano alcune manifestazioni cliniche: a quattro mesi dall’inizio della terapia, la paziente ha riferito scomparsa delle mestruazioni, fino al- lora regolari, e l’insorgenza di astenia lentamente ingra- vescente.

A 12 mesi dall’inizio della terapia, quindi 6 mesi dopo la fine del ciclo con peg-interferone, la paziente riferiva com- parsa di polidipsia, poliuria e perdita di peso per circa 3- 4 settimane. A seguito di controlli ematochimici veniva evi- denziata un’iperglicemia severa (692 mg/dl) e presenza di marcata chetonuria (++++) allo stick urinario. Pertanto era ricoverata presso la nostra UOC di Medicina Interna.

Anamnesi

La paziente negava familiarità per malattie del metaboli- smo. La sorella era affetta da tiroidite di Hashimoto.

Negava nell’anamnesi patologica remota condizioni

(2)

degne di particolare rilievo tranne un intervento di ap- pendicectomia a 21 anni e l’epatopatia cronica nota.

Nonostante l’età, riferiva cicli mestruali regolari per fre- quenza e durata fino alla brusca interruzione nel corso della terapia con IFN. Alvo nella norma. Riferisce poliuria e polidipsia accompagnate a calo ponderale (5-6 kg) da circa un mese. Negava assunzione cronica di farmaci.

Esame obiettivo

All’esame obiettivo la paziente si presentava leggermente obnubilata ma collaborante e orientata nel tempo e nello spazio.

Sui focolai cardiaci toni puri e pause libere. Sul torace FTV normo-trasmesso, alla percussione suono chiaro polmo- nare con basi normo-espansibili, all’ascoltazione mur- mure vescicolare con assenza di rumori respiratori patologici. Addome trattabile, piatto, cicatrice ombeli- cale normointroflessa, assenza di reticoli venosi superfi- ciali, alla palpazione margine epatico debordante di circa due dita trasverse dall’arcata costale destra, con superfi- cie epatica liscia e consistenza nella norma, assenza di liquido libero o saccato in cavo peritoneale. Milza palpa- toriamente e percussoriamente nella norma. Cute rosee e mucose rosee ma ipoumidificate. Sottocutaneo normo- rappresentatato. Riflessi osteotendinei normoelicitabili.

PA 100/60 mmHg, FC 85 b/min, ritmico, peso 55 kg, altezza 168 cm, BMI 19,6 kg/m

2

.

Esami di laboratorio e trattamento

Un EGA documentava un’acidosi metabolica (pH 7,14;

HCO

3

14; anion gap 18) che era gradualmente corretta se- condo il protocollo della nostra UOC (infusione di insulina alla velocità di 0,1 UI/kg/h, reidratazione in rapporto al de- ficit idrico calcolato con soluzione fisiologica NaCl 0,9%

oppure 0,45% se l’osmolarità > 320 mOsm/mol, KCl in funzione della kaliemia e del deficit calcolato di K). Appena la glicemia raggiunge 250 mg/dl l’infusione di fisiologica viene sostituita con glucosio isotonico al 5% per evitare il rischio di edema cerebrale. In 48 ore la paziente passava a uno schema insulinico sottocute basal bolus che inizial- mente con 0,6 UI/kg/die di insulina le garantiva un ade- guato controllo glicemico sia a digiuno sia postprandiale.

I dosaggi sierici evidenziavano: C-peptide a digiuno 0,5 mU/ml; HbA

1c

10,6%; ipogonadotropismo con ormone follicolo stimolante (FSH) 3,5 UI/l e ormone luteinizzan- te (LH) 2,5 UI/l; cortisolo sierico basale e ACTH erano 2,4 mg/dl (range normale 4,1-22,4) e 2,5 pg/ml (range normale 6,1-55,0); positività degli autoanticorpi anti- ipofisi dosati mediante test all’immunofluorescenza (po- sitivo per 1:16 di diluizione); positività degli anticorpi anti-cellule delle isole pancreatiche (ICA), anticorpi acido glutammico decarbossilasi (GADA) e anticorpi anti-

tirosina fosfatasi IA-2 (IA-2A) (rispettivamente 38 JDFU/ml, 33 UI/ml e 48 UI/ml).

Non erano presenti nel siero anticorpi anti-surrene, anti- transglutaminasi, anti-mucosa gastrica, anti-nucleo, anti- paratiroidi, né il fattore reumatoide. La paziente non presentava vitiligine, né alopecia, né candidiasi mucocu- tanea cronica.

L’ormone della crescita, la prolattina, l’aldosterone e il paratormone erano normali.

Il livello sierico di cortisolo saliva a 23,2 mg/dl dopo test di stimolazione con ACTH, suggerendo una recente in- sorgenza di deficit di corticotropina.

La risonanza magnetica della sella turcica evidenziava una sella vuota parziale, compatibile con l’esito di un’ipofisite autoimmune.

La valutazione retrospettiva di campioni di siero conser- vati a –80 °C, raccolti per titolazione virale durante e dopo trattamento con IFN, documentava che gli auto- anticorpi anti-pancreas, anti-ghiandola pituitaria e anti- TPO erano assenti prima della terapia con IFN.

La tipizzazione molecolare degli antigeni di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità rivelavano omo- zigosi per l’aplotipo associato al diabete di tipo 1 DQB1*0201 e DQA1*0501, dimostrando un background genetico suscettibile per le malattie autoimmuni.

A 16 mesi dall’inizio della terapia con IFN il paziente pre- sentava ancora normale funzione tiroidea, test di funzio- nalità epatica nella norma e HCV-RNA assente nel sangue, ma rimaneva insulino-dipendente con amenor- rea ipogonadotropa e insufficienza surrenalica seconda- ria. Gli autoanticorpi anti-insula pancreatica, GAD, IA-2 e ghiandola pituitaria rimanevano positivi (53 JDF-U ml, 84 IU ml, 44 IU ml e 1:16 di diluizione, rispettivamente).

Questi risultati suggeriscono una sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 4, secondo la classificazione di Neu- feld

(1)

.

Una terapia insulinica basal bolus e la terapia sostitutiva surrenalica con cortone acetato (25 mg/die per os) hanno garantito, fin dall’esordio della sintomatologia, un adeguato controllo clinico del deficit ormonale.

Discussione

Per molti anni il trattamento dell’epatite cronica C con IFN da solo o con ribavirina è stato raccomandato per i pazienti con livelli persistentemente elevati di amino- transferasi sierica e titolo rilevabile di HCV-RNA

(2)

. Più re- centemente l’introduzione in commercio di antivirali diretti di seconda generazione contro l’HCV ha limitato, ma non eliminato, l’utilizzo di IFN nella pratica clinica della terapia dell’epatite virale cronica.

L’impiego clinico appropriato dei farmaci ad azione an- tivirale diretta di seconda generazione (DAA) nelle cate- gorie di pazienti affetti da epatite C cronica, deve tenere Sasso FC et al.

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(3)

conto dei criteri di rimborsabilità approvati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ribaditi dall’Associazione ita- liana per lo studio del fegato (AISF)

(3)

. In particolare, l’uti- lizzo dei nuovi farmaci anti-HCV è subordinato alla corretta definizione del genotipo e del sottotipo virale.

Si sconsiglia l’uso di test di prima generazione basati sul- l’analisi di una sola regione genomica (UTR) di HCV in quanto si sono dimostrati scarsamente attendibili in ter- mini di predizione del genotipo, in particolare dei sotto- tipi del genotipo 1.

A tal fine si consiglia l’utilizzo di test di nuova generazione che abbiano come target due regioni genomiche di HCV simultaneamente. In caso di risultato non chiaro (geno- tipo 1 non specificato, genotipo misto o genotipo inde- terminato) si consiglia di ricorrere al sequenziamento di HCV nella regione NS5B o al test di resistenza genotipica.

Pertanto, in accordo con il recente documento di indi- rizzo dell’AISF

(3)

per la gestione terapeutica dei pazienti con epatite cronica da HCV, e nel rispetto delle indica- zioni di rimborsabilità dell’AIFA, l’utilizzo dell’IFN è oggi ancora inserito negli schemi terapeutici dei pazienti con genotipo 2 e fibrosi di grado inferiore a F2 (da solo con ribavirina), e nei pazienti con genotipo 1a e 4 con fibrosi inferiore a F2 (con ribavirina e antivirale diretto di se- conda generazione).

Quindi, nonostante gli eccellenti risultati terapeutici ot- tenuti con gli antivirali di seconda generazione, l’AIFA norma con precisione la loro rimborsabilità sulla base del genotipo virale lasciando ancora un discreto spazio tera- peutico alla classica terapia con IFN.

D’altra parte, in virtù della sua azione immunomodula- trice, la terapia con IFN rappresenta ancora oggi un im- portante presidio terapeutico per numerose patologie, con specifici utilizzi per le tre classi di IFN: alfa (2a e 2b), beta (1a e 1b) e gamma.

Oltre che per le forme di epatite cronica HCV e HBV correlate, l’IFN alfa ha difatti numerosi utilizzi clinici.

L’alfa-2a ha indicazione nella leucemia a cellule capel- lute, leucemia mieloide cronica Philadelphia positiva in fase cronica, linfoma cutaneo a cellule T, linfoma non- Hodgkin follicolare, sarcoma di Kaposi asintomatico progressivo associato a sindrome da immunodeficienza acquisita, carcinoma renale avanzato, melanoma mali- gno di stadio II.

L’interferone alfa-2b si utilizza per le stesse indicazioni, ma in più anche per il trattamento di mantenimento del mieloma multiplo e nella terapia del tumore carcinoide.

L’interferone beta-1a si utilizza nel trattamento della scle- rosi multipla recidivante-remittente ma non progressiva.

Mentre l’interferone beta-1b si usa inoltre anche nel trat- tamento della sclerosi multipla secondaria progressiva in fase attiva (recidive).

L’interferone gamma è usato nelle granulomatosi croni- che.

Esistono inoltre alcuni utilizzi off-label di alcune classi di interferone per talune patologie quando queste sono re- frattarie alle comuni terapie: malattia di Behçet, trombo- citemia essenziale, micosi fungoide, fibrosi polmonare idiopatica.

È ben documentato che circa il 2-3% dei pazienti trattati con IFN sviluppa una malattia tiroidea isolata, dei quali circa il 20-30% ha un’elevazione isolata degli anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPO)

(4)

. Inoltre, alcuni casi iso- lati di diabete mellito di tipo 1 sono stati descritti durante il trattamento con IFN in pazienti geneticamente predi- sposti

(5,6)

. Sono stati descritti solo due casi di ipopituita- rismo isolato IFN-correlati, uno dei quali risolto dopo 11 mesi

(7)

.

L’insorgenza di una sindrome polighiandolare autoim- mune (APS) in corso o a seguito di terapia con peg-IFN alfa-2a (né con altri tipi di IFN) non era stata mai descritta in precedenza.

37 Un diabete di tipo 1 inatteso fa fare una diagnosi complessa

Flow-chart diagnostico-terapeutica

Paziente di 51 anni con chetoacidosi diabetica esordita 6 mesi dopo ciclo terapeutico di 24 settimane con peg-IFN

Nega familiarità per diabete Familiarità per tiroidite

Storia di epatopatia cronica HCV-correlata Per il genotipo 2 e il basso grado di fibrosi (< F2) inizia terapia antivirale Anamnesi con peg-interferone alfa-2a e ribavirina Comparsa durante la terapia con IFN di amenorrea e astenia

Dopo 6 mesi dalla fine della terapia comparsa di poliuria e polidipsia con calo ponderale

Chetoacidosi diabetica e

ipocorticosurrenalismo secondario Esame a ipofisite con comparsa di

di laboratorio autoimmunità poliendocrina (Ab anti TPO, ICA, GADA, IA2A e Ab anti-ipofisi) Predisposizione genetica per DM1

Preesistenti patologie autoimmuni Diagnosi subcliniche

differenziali Patologie autoimmuni isolate LADA

Terapia sostitutiva con insulina e cortisolo Monitoraggio della glicemia e degli ormoni Strategia Follow-up clinico laboratoristico per terapeutica evidenziare modifiche insorgenza

o modifiche dell’autoimmunità

e dell’assetto ormonale

(4)

Peg-IFN alfa-2a aumenta l’espressione di MHC e può cau- sare, in pazienti geneticamente predisposti, l’insorgenza di autoimmunità organo-specifica e le conseguenti ma- nifestazioni cliniche, come si è verificato nella nostra pa- ziente.

Conclusioni e take home message

L’originalità del caso clinico consiste nella contempora- nea “deflagrazione” di più condizioni autoimmuni ascri- vibili nel quadro clinico di una APS a seguito di terapia con IFN.

L’insegnamento del caso è che l’assenza di autoanticorpi al baseline non fa escludere la successiva insorgenza di autoimmunità, con i corrispettivi quadri clinici, durante o dopo il trattamento con IFN.

Pertanto, alla luce di questa esperienza e dei dati in let- teratura, si consiglia uno stretto monitoraggio clinico du- rante, e dopo trattamento con IFN, al fine di rilevare tempestivamente eventuali sintomi e segni di malattie autoimmuni isolate o anche in associazione. Il sospetto clinico dovrà essere confermato da appropriati dosaggi ormonali e auto-anticorpali.

Conflitto di interessi Nessuno.

Bibliografia

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4. Lisker-Melman M, di Bisceglie AM, Usala SJ, Weintraub B, Mur- ray LM, Hoofnagle JH. Development of thyroid disease during therapy of chronic viral hepatitis with interferon alpha. Gastroen- terology 1992;102:2155-60.

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Lancet 1995;345:1305.

Sasso FC et al.

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