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View of UN EPISODIO DI COLERA A SAMPTERDARENA (1856)

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Pregledni rod Acto med-hisl Adriot 2OO3; I :2

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UN EPISODIO DI COLERA A SAMPTERDARENA (1856)

AN EPISODE OF CHOLERA AT SAMPIERDARENA

(ITAL\') IN 1856 Angelo Stefanelli*

Suuuenv

In the incredible setting of a church in Sampierdarena, already used on previous occasions as a quarantine hospital for those suffering from plague, smallpox and similar illnesses, a young woman was examined by dr. P. P. Parodi and diagnosed as having "eclampsia with albumin- uria following cholera morbus". Having survived the remedies typi- cally administred at the time, the first one unfortunately being bleed- ing, in her seventh month of pregnancy she ceased to feel any foetal movement, raising for the onlookers a real and serious moral question concerning the survival ofthe unborn child. Exhorted by them to car- ry out a ceaserian birth, the doctor tried to examine the subject in all its various aspects: medical, legal, moral and religious. Finally, in view of the risk it represented to the mother's survival, he decided not to go ahead with the operation unless he had the support of fellow doc- tors. Surprised by the contemplation he had given the matter, the on- lookers had a complete change of mind and at the same time, quite unexpectedly, the young woman started to feel the foetus moving in- side her againl After having slowly regained her strength, Marina C.

finally left the church-hospital as a mother. There follow some con- siderations by the author concerning the conduct of the doctor in question, making use above all of a text by P. Arata who, during the cholera epidemic, argued in favour of premature childbirth.

Key words: Cholera, history of medicine, l9th century, Italy ' PedaSotista a riposo, studioso di stori! local€. Correspondence: Angelo Stefanelli, via Cur.o'4-5, I

-

l615l Cenove, Italia

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Teatro indiscusso delle vicende epidemiche locali e stata soprat-

tutto la chiesa di San Gaetano-Don Bosco (denominazione attuale), adattata a lazzaretto occasionale per colerosi per ben quattro volte consecutive: 1835, 1841, 1856 e 1866-67. I religiosi della magnifica costruzione secentesca [] si prodigarono senza risparmio in tutte

queste occasioni allo scopo di soccorrere i malcapitati. Nella rievo- cazione presente, relativa al 1856, ebbe a verificarsi anche un delica- to episodio altamente significativo, oltre che sotto il profilo umano, sotto quello morale o meglio, come si direbbe oggi, bioetico. Esso vede come protagonisti una giovane donna gravemente inferma ed il

suo curante, dottor Pier Paolo Parodi.

La signora Marina C., sempre stata sana e normalmente coniugata, risiedeva in una zona piuttosto degradata dell'estrema periferia sampierdarenese, zona allora palesemente misera e insalubre. La con- vivenza di una persona sostanzialmente sana con un ambiente malsano si configura notoriamente come una situazione a rischio, dall'equilib- rio estremamente precario e soggetto a rompersi non appena si mod- ificano bruscamente certe condizioni abituali: in questo caso e stato il

"morbo asiatico" a spezzare un equilibrio cosi traballante. Insieme ad

altri compagni di sventura la giovane venne accolta nell'improwisato nosocomio per venire sottoposta ai primi prowedimenti: il dott. Par-

odi la trova in uno stato piuttosto deplorevole, caratterizzato essen- zialmente da vomito e diarrea con tendenza allo svenimento. Egli ten- ta di farle assumere una bevanda medicamentosa, chiamata "pozione di fuverio", ma con ben scarso successo. Seguono altri tentativi ma la paziente, al settimo mese di gravidanza, non riesce piu a percepire i movimenti fetali e a un certo punto si fa strada la diagnosi di "eclamp- sia con albuminuria successiva a cholera morbus" [2]. I prowedimen- ti adottati lasciavano un po a desiderare, come e facile immaginare se

si tiene presente la situazione terapeutica nella seconda meta dell'ot- tocento. Si aggiungono delle mignatte a scopo salassatorio, in quanto

il salasso era un po considerato la panacea di tutti i mali dai migliori clinici del tempo. Il nascituro pero non accennava a dare segno di se

e una parte dei presenti nella chiesalazzaretto solleva una questione

morale inerente alla sorte del feto: il medico e caldamente esortato al-

l'esecuzione di un cesareo, finalizzato chiaramente alla salvazione del

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piccolo essere. Alla presenza del canonico Figoli, il Parodi si appresta ad approfondire [a tematica nei suoi aspetti peculiari (medicoJegale e morale-religiosoJ onde cavarsi d'impaccio nel migliore dei modi. Egli peraltro insisteva sul fatto che non sembravano percettibili i movi- menti fetali e nemmeno il soffio placentare, per cui l'intervento si

prospettava come estremamente rischioso e magari perfino inutile.

Una riserva ulteriore investe il rischio di affrettare il trapasso di una giovane madre che, in ultima analisi, avrebbe anche potuto scamparla dal colera per poi soccombere durante l'intervento. Infine, sul piano religioso, egli si sottrae all'esigenza di salvare il nascituto a tutti i costi, mettendo cosi in forse la possibilita stessa di garantire la mamma:

"Ola, chi mi assicura che il feto sia vivo? In quanto poi alla donna fu scritto nel decalogo Non uciderel" Conclude il Parodi che si sarebbe rassegnato all'atto operatorio solo in piena corresponsabilita con dei suoi colleghi e a questo punto si verifica un retromarcia istantaneo nei presenti, ora non piu interventisti. All'improwiso, contro ogni aspet- tativa, Marina awerte dei rumori insoliti al ventre: e proprio il feto che scalpital Gradatamente le cose vanno di bene in meglio: dappri- ma scompare la febbre e qualche giorno dopo comincia ad alzarsi dal letto, per lasciare infine Ia chiesa-lazzaretto.

Direi che una considerazione s'impone subito evidentissima: aven- do agito con estrema circospezione, il dottor Parodi riusci a cavarsela salvando per cosi dire capra e cavoli, cosa che non awiene tanto spes- so, specialmente quando l'operatore si trova a fare i conti col ritmo convulso delle urgenze, oppure rimane gravato dallo stress di un atto estremamente impegnativo. Sta di fatto che in quel terrificante sce- nario di chiesa adibita a ospedale prowisorio, nessuno, in tutta la mas- sa di interventisti, si preoccupo, stando sempre alla versione del nar- ratore, di ascoltare il piu diretto interessato alla questione, ossia la fu- tura madre. Quest'ultima infatti, a eccezione della prima parte del ri- covero, non risultava poi cosi gravemente colpita da venire impedita ad esprimere un suo parere in merito, a meno che non fosse so-

prawenuta una compromissione della sfera psichica tale da spiegare un simile modo di procedere da parte dei presenti. Oppure non avesse

ritenuto di farlo, pur avendola constatata, magari per un eccesso di

riguardo o di riservatezza nei confronti di una paziente gia duramente

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provata dal malessere dovuto all'eclampsia di origine colerosa. In og- ni caso va detto, in base alle risultanze che emergono dalla narrazione, che l'accaduto non rivestiva alcun carattere di emergenza; infatti il

sanitario ha avuto tutto il tempo di esaminare Ia tematica inerente al cesareo da tutti i punti di vista possibili e da lui stesso elencati nella successiva rievocazione, apparsa in una rivista di settore. Va ritenuto infine che il curante, pur non citandole espressamente, abbia fatto tesoro delle precedenti esperienze di un suo stimato collega genovese,

il prof. P.Arata, dal quale mi sembra opportuno stralciare Ie seguenti memorie: "Nel 1854-55 infieri il colera; feci studi sulle partorienti colerose, praticando 14 operazioni cesaree per estrarre il feto post- mortem. E poiche si estraevano sempre i feti morti si penso a procu- rarne il parto prematuro." [3].

Norr

I. Ossia i padri Teatini e le suore del Conservatorio della presen- tazione, meglio conosciute col nome di "Pietrine" (Sampierdare- na).

2. P.P.Parodi, Eclampsia con albuminuria successiva a cholera mor- bus, in "Liguria medica", anno lo

3. Autobiografia di P.Arata in "La biblioteca Canevari" di F.Cirinei, pag.85 (corsivo nel testo).

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