RASSEGNA STAMPA 18-05-2017
1. QUOTIDIANO SANITÀ Gli europei e il cancro. Il sentimento più diffuso è la paura, poi tristezza e solitudine
2. GIORNALE Cancro, mille giorni di attesa per un farmaco salvavita 3. AVVENIRE Int. a Pier Mario Biava - «Contro i tumori programmo
cellule»
4. REPUBBLICA.IT TORINO Tumore curato con omeopatia: "Il medico sapeva delle cure inefficaci"
5. CORRIERE DELLA SERA L'Italia dei 35enni ancora con i genitori Soltanto il Giappone ha più anziani di noi
6. ILFATTOQUOTIDIANO.IT Istat: Italia divisa tra Nord e Sud, dal lavoro alla sanità
7. AVVENIRE La cannabis, il cervello e l'informazione «a spanne»
8. FOGLIO La scienza dei dati è la bellezza della medicina (no fake) 9. TEMPI La gaia scienza e il vaccino dell'anima
10. AVVENIRE Quante illusioni dalle «fake news» mediche
11. IL FATTO QUOTIDIANO La libertà di vaccinare: presidente ci ripensi!
12. CORRIERE DELLA SERA Il diritto alla Salute che ci protegge tutti 13. CORRIERE DELLA SERA Quel piano per unire Efsa ed Ema 14. GIORNO MILANO Corsa all'Ema, Pirellone sotto esame 15. LA VERITA' Basta un clic per togliersi la vita
16. GIORNALE I topi sterili diventano fertili grazie alle ovaie stampate in 3D 17. HEALTH DESK NEXT10: 4 sfide per coinvolgere i pazienti
nell’oncologia di precisione
quotidianosanità.it
Mercoledì 17 MAGGIO 2017
Gli europei e il cancro. Il sentimento più diffuso è la paura, poi tristezza e solitudine. Misurato
l’empowerment: gli inglesi i più attenti, spagnoli e italiani quelli meno convinti dell’importanza di partecipare alle scelte terapeutiche
L'indagine effettuata con pazienti oncologici o familiari italiani, francesi, spagnoli, tedeschi e inglesi. La partecipazione attiva alle proprie cure viene percepita come molto importante da 7 pazienti su 10. Tuttavia meno della metà (47%) dichiara di essere pienamente consapevole del proprio percorso terapeutico. E uno su quattro dichiara di essere poco o per nulla consapevole. A guidare il trend
dell’empowerment sono UK (75%) e Germania (72%), rispetto alla media del 68%.
All’ultimo posto la Spagna (58%). Anche l’Italia si attesta sotto la media (66%), mentre la Francia si colloca a metà (67%). L'INDAGINE.
Solo il 4% dei pazienti oncologici riferisce di aver scoperto la malattia durante una visita di controllo, segno che c’è ancora molto da fare in termini di campagne di informazione e screening e che, in ottica di patient
empowerment, in questa fase preventiva il paziente tende ad avere un approccio poco proattivo. Anche una volta ricevuta la diagnosi sono molte le carenze che il malato deve affrontare: quasi la metà dei pazienti vorrebbe di più da medici curanti e dalle strutture sanitarie e solo il 7% viene accompagnato nel percorso da uno psicologo, presenza invece richiesta a gran voce, almeno nei momenti iniziali, dal 79% degli italiani colpiti.
Questi alcuni dei dati emersi dal primo sondaggio internazionale sul tema, svolto da SWG prendendo a campione pazienti e familiari italiani, inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli, e presentato in occasione dell’International Forum on Cancer Patients Empowerment, il primo appuntamento promosso su questo tema a livello europeo, organizzato da l’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi in programma ieri e oggi a Milano.
Si tratta di patologie con un grande impatto sulla società, la cui gestione sta subendo una rivoluzione, sia dal punto di vista terapeutico, basti pensare alla medicina personalizzata, sia da quello di relazione con il malato.
La buona notizia è che nel nostro Paese la mortalità è diminuita (-23% tra il 1995 e il 2012), più velocemente rispetto agli altri paesi UE (-17%), grazie agli avanzamenti e progressi scientifici citati e nel complesso il tasso di sopravvivenza a 5 anni è superiore alla media Ue. Tuttavia in Italia l’incidenza del cancro è cresciuta del 15% in circa un ventennio raggiungendo quasi 600 malati ogni 100.000, e il nostro Paese occupa il terzo posto del triste podio dei livelli più elevati d’Europa.
Ovunque la diffusione è tale che l’impatto delle patologie oncologiche ha superato quello delle malattie cardiovascolari. "Si tratta di malattie che nel 75% dei casi generano paura, nel 52% tristezza, e in 3 su 10 solitudine e rabbia - sottolinea Guja Tacchi della SWG, commentando i risultati che emergono dal sondaggio condotto su uomini e donne, over 45, residenti in Italia, UK, Spagna, Francia e Germania, che sono entrati in contatto con una patologia oncologica (personalmente o assistendo un familiare) -. Alla comparsa dei sintomi 8 su 10 si rivolgono al medico, nel 60% la prima figura di riferimento è il curante, nel 47% dei casi l’oncologo è reputato il professionista più adatto a comunicare la diagnosi".
La partecipazione attiva alle proprie cure viene percepita come molto importante da 7 pazienti su 10.
Tuttavia meno della metà (47%) degli intervistati dichiara di essere pienamente consapevole del proprio percorso terapeutico, mentre ben un quarto del campione dichiara di essere poco o per nulla consapevole. A
guidare il trend dell’empowerment (con pazienti evoluti, che riconoscono un elevato valore alla partecipazione) sono UK (75%) e Germania (72%), rispetto alla media del 68%. All’ultimo posto la Spagna (con ben 10 punti sotto la media, 58%). Anche l’Italia si attesta sotto la media (penultimo posto della classifica, con il 66%), mentre la Francia si colloca a metà (67%).
Ci troviamo di fronte a un panorama europeo in cui medici, pazienti e istituzioni sono fortemente consapevoli che la salute non possa prescindere da un paziente informato e consapevole. I malati sono chiamati ad essere più coinvolti in ogni aspetto della loro salute, dal rimodellamento della
sperimentazione clinica alla legislazione e in tutte le questioni che li riguardano in prima persona, compresa quella della gestione dei dati genetici, al centro dei nuovi protocolli della medicina personalizzata.
Questo modo di agire porta non solo vantaggi in termini di salute, ma anche di prevenzione, diagnosi precoce e migliore compliance. In una parola: risparmio economico. Il concetto di patient empowerment, coniato e sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni ’70, si pone oggi come riferimento imprescindibile e unificante delle politiche a livello globale: la partecipazione dei pazienti ai processi decisionali è uno dei valori fondamentali su cui si basa la pianificazione delle nuove strategie sanitarie dell’UE.
"Il termine è utilizzato anche in Italia e sta a indicare il coinvolgimento del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute - chiarisce Gabriella Pravettoni, direttore della divisione di psiconcologia all’Istituto Europeo di Oncologia e ordinario di psicologia delle decisioni all’Università Statale di Milano -. Oggi, quando si
intraprende un percorso di cura, occorre condividerlo con la persona che si ha di fronte: a prescindere dal sesso, dall’età e dalle sue conoscenze in ambito medico. Comunicare è fondamentale, anche perché sempre più spesso dal cancro si guarisce. L’essere ascoltati, seguiti e accuditi dai propri familiari favorisce l’auto- efficacia e riduce i livelli di ansia e preoccupazione collegati alla malattia".
Troppo spesso, tuttavia, il “ patient empowerment” resta ancora relegato a una dichiarazione di intenti e raramente tradotto nella prassi medica e sanitaria quotidiana. Per concretizzare la teoria in azioni e indicazioni condivise questo primo Forum internazionale, intitolato “Shared decisions, one policy”, è stato dedicato interamente a questo argomento.
In occasione del forum è stato divulgato il "Patto per l'empowerement", con la richiesta ufficiale alla comunità scientifica, medica, agli operatori sanitari, alle autorità politiche e regolatorie, alle associazioni e all’industria, di adoperarsi concretamente affinché la centralità della persona malata e della sua dignità sia alla base di ogni intervento di ricerca, di formazione e di cura dei pazienti con tumore.
"Pensiamo che una Università con una forte componente dedicata alla formazione medica non possa sottrarsi
alla responsabilità di indicare questa come via necessaria e che lo debba fare coinvolgendo tutti gli attori che lavorano per sconfiggere la malattia oncologica, ma prima ancora i pazienti stessi - commenta Gianluca Vago, Rettore dell’Università degli studi di Milano.
In quest’ottica è stato creato ed opera il “Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia (DIPO) -. Si tratta di una rete multidisciplinare di 47 specialisti, tra docenti e ricercatori dall’elevato spessore scientifico, che rendono questa struttura della Statale di Milano il maggiore polo oncologico universitario, tra i più grandi a livello europeo, dedicato alla ricerca e cura oncologica. Si tratta di un modello di eccellenza italiano da esportare a livello internazionale", spiega Paolo Corradini, Direttore DIPO, Università degli Studi di Milano.
L’industria è un partner chiave per la ricerca e l’area dell’oncologia è una di quelle di punta: molti sono i successi archiviati nelle ultime decadi, e la terapia di precisione e l’empowerment del paziente rappresentano sfide aperte. "Si vive di più e meglio - conclude Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria -. Oggi 2 persone su 3 con una diagnosi sopravvivono dopo 5 anni. Trent’anni fa non arrivavano a 1 su 3. Un
progresso che si deve per l’83% ai nuovi farmaci. E grazie proprio alle terapie innovative è stato possibile ridurre la spesa sanitaria totale in oncologia, tra le più basse a livello europeo. E il maggior numero di farmaci oggi in sviluppo è contro il cancro, sempre più con un modello di medicina personalizzata che rende le cure più efficaci. Benefici incalcolabili per la salute e per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale, che rimane un’eccellenza del made in Italy".
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Torino, tumore curato con omeopatia: "Il medico sapeva delle cure inefficaci"
Le motivazioni della sentenza con cui è stata condannata a 2 anni e 6 anni Germana Durando che seguiva una donna ammalta che morì nel settembre 2014
Germana Durando
Un melanoma maligno curato con "la medicina omeopatica e con altre indicazioni di nessun fondamento scientifico e di riconosciuta inefficacia curativa rispetto alla patologia da cui la paziente era affetta" come le controverse teorie del tedesco Hamer. E' questo ad avere portato il medico torinese
Germana Durando ad essere condannata a 2 anni e 6 mesi di carcere per omicidio colposo. Lo scrive il giudice Ilaria Guarriello nelle motivazioni della sentenza.
Durando aveva consigliato alla paziente di non seguire la medicina tradizionale. La morte arrivò nel settembre 2014, dopo anni di terapie alternative,
a seguito delle molteplici metastasi sviluppatesi dal melanoma. "A fronte delle sue competenze scientifiche - scrive la giudice a proposito dell'imputata - doveva essere ben consapevole che le
indicazioni terapeutiche non avrebbero avuto alcuna efficacia e che, anzi, avrebbero privato la paziente di importanti chance di guarigione, prima, e di sopravvivenza, poi, in condizioni migliori rispetto alle sofferenze che la paziente fu costretta a subire fino alla morte".
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Istat: Italia divisa tra Nord e Sud, dal lavoro alla sanità. E i pensionati
garantiscono il welfare
di Luisiana Gaita | 17 maggio 2017 SOCIETÀ
Secondo il Rapporto annuale della situazione del Paese
invecchiamento della popolazione e immigrazione straniera sono gli elementi principali che emergono nell'analisi delle famiglie italiane. E alla fine del lungo periodo di crisi la diseguaglianza è aumentata nella maggior parte dei Paesi europei
L’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione straniera sono i due fenomeni demografici che più di tutti emergono analizzando la composizione delle famiglie italiane. Il Paese si caratterizza non solo per le differenze tra Nord e Sud, ma anche per quelle tra gruppi sociali. Si va dal mercato del lavoro alle cure sanitarie. La capacità redistributiva dell’intervento pubblico è tra le più basse in Europa e nel corso della recessione è aumentata meno che altrove mostrando la difficoltà del nostro sistema di welfare. Questi alcuni degli aspetti analizzati nella 25esima edizione del Rapporto annuale della situazione del Paese dell’Istat, presentato oggi alla Camera dei Deputati. Il dossier sottolinea come la redistribuzione delle risorse sia attribuibile ai pensionati senza altra fonte di reddito che ne
assicurano uno disponibile a persone con reddito nullo (ad esempio a figli e nipoti), mentre un ruolo modesto è ricoperto dai
trasferimenti di sostegno al reddito quali gli assegni al nucleo familiare o i sussidi di disoccupazione. Di fatto, dopo l’aumento dell’incidenza della povertà assoluta, in Italia sale anche l’indicatore di grave deprivazione materiale (11,9% da 11,5%
del 2015). Particolarmente critica la condizione dei genitori soli, soprattutto se hanno figli minorenni, e quella dei residenti nel Mezzogiorno.
I gruppi sociali – Nel rapporto, le famiglie residenti nel nostro Paese sono state suddivise in nove gruppi sociali. Questo tipo di
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classificazione è dovuta alla condivisione delle risorse economiche disponibili proprio all’interno delle famiglie. Alla componente economica (reddito, condizione occupazionale) sono state associate quella culturale (titolo di studio posseduto) e quella socio-demografica (cittadinanza, dimensione della famiglia, ampiezza demografica del comune di residenza). Dei nove gruppi, due possono definirsi a reddito medio: i giovani blue-collar, ossia 2,9 milioni di famiglie, l’11% di quelle residenti in Italia, per un totale di 6,2 milioni di individui e le famiglie degli operai in pensione, il gruppo più corposo, composto da 5,8 milioni di nuclei (22,7%), nel 76,8% dei casi composte da una persona o da coppie senza figli e 10,5 milioni di individui. Quattro gruppi sono, invece, a basso reddito: le famiglie (1,8 milioni) a basso reddito con stranieri, per un totale di 4,7 milioni di persone, quelle
(generalmente numerose) a basso reddito di soli italiani, che sono 1,9 milioni e comprendono 8,3 milioni di individui, le famiglie tradizionali della provincia, il gruppo più esiguo con meno di un milione di nuclei e 3,6 milioni di persone e, infine, anziane sole e giovani disoccupati (sono 3,5 milioni di famiglie, composte per il 60% da persone sole e 5,4 milioni di individui). Gli ultimi tre gruppi fanno parte delle famiglie benestanti: quelle di impiegati sono 4,6 milioni per un totale di 12,2 milioni di persone, le ‘pensioni d’argento’, gruppo composto da 2,4 milioni di famiglie e 5,2 milioni di persone e la cosiddetta ‘classe dirigente’ che include 1,8 milioni di famiglie per un totale di 4,6 milioni di individui.
Persiste il dualismo territoriale del Paese: nel Mezzogiorno sono più presenti gruppi sociali con profili meno agiati, al Centro- nord gruppi sociali a medio o alto reddito, anche se le famiglie a basso reddito con stranieri, per scelte lavorative e minori legami territoriali, risultano prevalentemente residenti al Settentrione. La spesa mensile per consumo, pari in media a 2.499 euro nel 2015, va da un minimo di 1.697 euro per le famiglie a basso reddito con stranieri a un massimo di 3.810 euro mensili per la classe dirigente.
Le condizioni di vita degli italiani – L’invecchiamento della popolazione e l’immigrazione straniera sono i fenomeni
demografici maggiormente evidenti nella composizione dei gruppi:
tre su nove, infatti, sono caratterizzati da una elevata presenza di persone anziane. Le famiglie degli operai in pensione (64,6% di persone con 65 anni e più), anziane sole e giovani disoccupati (42,7%) e pensioni d’argento (40,1%). Al 1° gennaio 2017 la quota degli ultra sessantacinquenni raggiunge il 22%. Un dato che va aggiunto a un nuovo minimo delle nascite (474 mila) registrato nel 2016. Il numero medio di figli per donna, infatti, si attesta a 1,34 (1,95 per quelle straniere e 1,27 per le italiane). Il saldo naturale (cioè la differenza tra nati e morti) segna nel 2016 il secondo maggior calo di sempre (-134 mila), dopo quello del 2015, ma è soprattutto la dinamica demografica dei cittadini italiani a essere negativa. Perché se il saldo naturale è -189mila, quello migratorio con l’estero è a -80mila. La percezione dello stato di salute mostra un lieve miglioramento al netto degli effetti dell’invecchiamento: si dichiara in buone condizioni il 67,7% della popolazione nel 2016 rispetto al 64,8% del 2009.
Per quanto riguarda, invece, l’accesso ai servizi sanitari, la quota di persone che hanno rinunciato a una visita specialistica negli ultimi 12 mesi, perché troppo costosa, è cresciuta tra il 2008 e il 2015 da 4,0 a 6,5% della popolazione ed il fenomeno è più
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di Luisiana Gaita | 17 maggio 2017
accentuato nel Mezzogiorno. Tra i gruppi sociali le diseguaglianze nelle condizioni di salute sono notevoli. Nel gruppo della classe dirigente tre quarti delle persone si dichiarano in buone condizioni di salute, mentre in quello più svantaggiato di anziane sole e giovani disoccupati la quota scende al 60,5%. E se nel 2015 le persone a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 28,7%, tra coloro che vivono in famiglie con almeno un cittadino straniero la quota è quasi doppia (49,5%) rispetto a chi vive in famiglie di soli italiani (26,3%). Al 1° gennaio 2017, i cittadini stranieri residenti in Italia sono pari a poco più di 5 milioni, prevalentemente insediati al Centro-nord. La collettività rumena è di gran lunga la più numerosa (quasi il 23% degli stranieri in Italia); seguono i cittadini albanesi (9,3%) e quelli marocchini (8,7%). Nel 2016 l’incremento degli stranieri residenti risulta molto modesto, 2.500 in più rispetto al 2015, ma questo è dovuto soprattutto all’aumento delle acquisizioni di cittadinanza (178 mila nel 2015).
Il mercato del lavoro e la capacità distributiva – Per il terzo anno consecutivo scende il tasso di disoccupazione nell’Unione europea, e per il secondo, anche in Italia, ma a livello nazionale il calo è stato lieve (11,7% da 11,9% del 2015) mentre è aumentato di due decimi nelle regioni meridionali e insulari (19,6%). Nel 2016 la crescita del numero di occupati in Italia è proseguita a ritmi più sostenuti rispetto a un anno prima (293mila in più, +1,3%), raggiungendo quota 22,8 milioni, un livello ancora inferiore di 333mila unità se confrontato con quello del 2008. Eppure l’aumento del tasso di occupazione, che va avanti a un ritmo simile a quello dell’Ue, è al 57,2% nel 2016, un valore lontano dalla media europea, soprattutto per la componente femminile.
Alla fine del lungo periodo di crisi la diseguaglianza è aumentata nella maggior parte dei Paesi europei. Le difficili condizioni dell’economia hanno influito in particolare sui livelli di diseguaglianza dei redditi di mercato (lavoro e capitale). A mitigare questo effetto è stato solo l’intensificarsi dell’azione redistributiva pubblica, che in Italia però non ha accelerato.
Inevitabili le conseguenze dato che, secondo i dati del 2015, il 55%
del reddito disponibile delle persone è composto, in media, dai redditi da lavoro che contribuiscono a spiegare il 64% della diseguaglianza. Dall’altra parte dipende dalle pensioni erogate, che rappresentano il 22% dei redditi e contribuiscono al 20% della diseguaglianza (in forte crescita rispetto al 12% del 2008). Sono le famiglie a basso reddito con stranieri le più colpite dagli effetti della recessione, ma anche le famiglie tradizionali della provincia registrano un peggioramento delle condizioni
economiche, mentre si contrae fortemente (-8%) anche la quota di persone del gruppo della classe dirigente nella fascia di reddito più alta.
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IL MANIFESTO
NEXT10: 4 sfide per coinvolgere i pazienti nell’oncologia di precisione
Personalizzazione, condivisione, pari diritti. Sono i principi, riconosciuti da tutti gli specialisti, su cui si basa la nuova cultura della medicina peresonalizzata. Tuttavia una recente ricerca condotta da GfK Eurisko ha dimostrato che la maggior parte delle persone non cosa esattamente sia la medicina di precisione e fa fatica a destreggiarsi in un fiume di informazioni complesse. Basti pensare che oggi in ambito onco-ematologico conosciamo 67 tipologie di linfomi e 53 di leucemie, mentre solo un secolo fa si parlava genericamente di malattie del sangue. Il coinvolgimento del paziente è invece fondamentale per il progresso della ricerca. Da questa convinzione nasce il Manifesto NEXT10. Redatto da esperti di diverse discipline, dall’oncologia alla sociologia, dalla filosofia al management, questo documento è stato creato all’interno del Progetto NEXT10, che ha preso vita nel 2014 grazie al contributo di un team multidisciplinare di esperti e al supporto di Novartis.
Secondo il Manifesto sono quattro le principali 4 sfide che, nel prossimo decennio, dovranno essere affrontate per il pieno coinvolgimento del paziente:
1. mantenere la centralità del rapporto umano con il paziente 2. non sollevare false speranze
3. garantire un dialogo trasparente e genuino tra paziente e specialista
4. garantire il diritto del paziente di comprendere la propria situazione di malattia e di ricevere informazioni complete e preziose
«Il coinvolgimento del malato sarà vitale per il futuro dell’oncologia di precisione. Sono ambiti in cui la nostra azienda è impegnata da anni, sviluppando farmaci sempre più efficaci contro il cancro, per migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti – afferma Gianluca Fincato, Direttore medico di Novartis Oncology Italia – Novartis da sempre lavora a fianco di medici e Associazioni dei pazienti per affrontare le sfide della medicina di precisione dal punto di vista del malato. Per questo motivo riteniamo sia fondamentale intraprendere programmi educativi ad ampio raggio, anche grazie a progetti come NEXT10».
È interamente dedicato al coinvolgimento dei pazienti l’International Forum on Cancer Patients Empowerment, organizzato dall’Università degli Studi di Milano in cooperazione con la Fondazione Umberto Veronesi (Milano 16-17 Maggio).