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Il nuovo volto dell’udienza preliminare alla luce della c.d

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CAPITOLO SECONDO

NATURA E FUNZIONE DELL’UDIENZA PRELIMINARE

SOMMARIO: 2.1. La delega del 1987, il codice del 1988 e l’udienza preliminare . - 2.2. Il nuovo volto dell’udienza preliminare alla luce della c.d. Legge Carotti. - 2.3. Il ruolo attuale dell’udienza preliminare:la funzione deflattiva dell’udienza preliminare ed il controllo sulla sostenibilità dell’accusa in giudizio. - 2.4. L’instaurazione del contraddittorio tra le parti.

- 2.5. La scelta dei riti alternativi (cenni). - 2.6. L’udienza preliminare e le incompatibilità del giudice.

2.1 La delega del 1987, il codice del 1988 e l’udienza preliminare.

La non praticabilità delle soluzioni previste dal legislatore del 1974 e l’inutilità del progetto preliminare del 1978 portò il legislatore ad intervenire. Importanti passi furono fatti negli anni 80 con la preparazione di un nuovo codice di procedura penale che da una parte aboliva la fase degli atti d’istruzione e, con essa, sopprimeva la figura del giudice istruttore; dall’altra, si assegnava un ruolo importante all’udienza preliminare come fase intermedia fra le indagini preliminari e il dibattimento. In breve, venne rivisitato tutto il sistema.

Infatti, la fisionomia dell’udienza preliminare appariva omogenea a quella del progetto del 1978 solo nominalisticamente. L’udienza preliminare rimaneva la fase che raccordava la fase investigativa a quella dibattimentale; tuttavia essa non si configurava più né come un appendice delle indagini preliminari né come una fase preparatoria del giudizio dibattimentale. Al contrario l’udienza preliminare diventò un momento processuale autonomo, all’interno del quale l’organo procedente rivestiva la funzione tipica di vagliare la sussistenza delle

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35 condizioni per il passaggio al dibattimento, senza ingerirsi nell’attività d’indagine e senza essere impegnato ad assumere la decisione.

Nel Gennaio 1988 venne approvato dal Consiglio dei Ministri il

“progetto preliminare del codice di procedura penale” secondo la legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81 che si presenta come un testo nuovo a cominciare dalla sua articolazione sistematica32.

Il progetto era diviso in due parti e in undici libri, e già a prima vista si notava nella sua struttura il divario che lo separa dal codice del 1930.

Un divario importante riscontrabile soprattutto negli aspetti dinamici della disciplina processuale, cioè nei sette libri della seconda parte e in particolare, per questa trattazione, nell’udienza preliminare.

Infatti, con il deposito della richiesta di rinvio a giudizio, nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, risultano ormai poste le premesse per la fissazione dell'udienza preliminare, nell'arco dei successivi trenta giorni, e per il compimento degli atti introduttivi funzionali all'integrazione del contraddittorio. In questi casi, infatti, la celebrazione dell'udienza preliminare si configura come una conseguenza necessaria della richiesta formulata dal pubblico ministero, con la sola eccezione derivante dalla possibilità, per l'imputato, di rinunciare all'udienza stessa, richiedendo il giudizio immediato. Quindi l’udienza preliminare si viene a configurare come una sorta di “filtro” rispetto alla richiesta avanzata dal pubblico ministero, confermandone sotto questo profilo la funzione ordinaria di luogo di “smistamento” del processo, secondo l'impostazione già accolta nel progetto del 197833. Però la stessa udienza può fungere anche da sede di definizione anticipata del procedimento, ove le parti facciano richiesta di giudizio abbreviato, arricchendo, così, la complessa dimensione funzionale dell’udienza, ma non incidendo sulla sua originaria configurazione come momento di “filtro”, cioè di

32 Cfr. G.CONSO, V. GREVI, G. NEPPI MODONA, Il nuovo codice di procedura penale, volume IV, Padova, 1990, p. 30 ss.

33 G.CONSO, V. GREVI, G.NEPPI MODONA, Il nuovo codice di procedura penale, volume IV, Padova, 1990, p. 30 ss.

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36 preliminare controllo giurisdizionale sulla consistenza degli elementi addotti dal pubblico ministero a fondamento del dichiarato proposito di passare al dibattimento.

A questa finalità, dell'udienza preliminare corrisponde la disciplina riguardo al suo svolgimento in camera di consiglio, caratterizzato dalla partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore, che assume importanza specialmente per quanto attiene alla fase della discussione. Si tratta della fase di maggiore delicatezza, poiché in essa si riflette il problema nascente dalle situazioni nelle quali il giudice, a causa della inadeguatezza degli elementi sottoposti al suo vaglio non ritenga di potersi pronunciare sulla scorta di quei soli elementi. Si prevede che la fase della discussione si esaurisca, di regola, nell’esposizione dei risultati delle indagini preliminari, indicati dal pubblico ministero e l'esposizione delle ragioni addotte dai difensori dell'imputato e delle altre parti private. Sia il pubblico ministero, sia i difensori delle parti, nello svolgere le proprie argomentazioni e le proprie conclusioni, potranno basarsi soltanto sugli atti depositati in cancelleria insieme alla richiesta di rinvio a giudizio, nonché sugli atti e documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione. In particolare, non si prevede che altri elementi probatori possano venire acquisiti nel corso della suddetta udienza (tranne per quanto concerne l'interrogatorio dell'imputato, sempre che il medesimo ne faccia richiesta), e, quindi, in definitiva,è questa la base sulla quale il giudice dovrà decidere, ove si convinca di poterlo fare “allo stato degli atti”.

Nel caso in cui, al contrario, terminata la discussione, il giudice venga a trovarsi nell’impossibilità di decidere sulla base degli atti a sua disposizione, si riconosce al giudice il potere di «rinviare ad altra udienza, affinché le parti forniscano ulteriori elementi ai fini della decisione». Allorché il giudice si renda conto di non poter decidere allo stato degli atti, si prevede che sia egli stesso ad indicare alle parti i temi nuovi o incompleti sui quali ritenga necessario acquisire ulteriori

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37 informazioni ai fini della decisione, facendo si che l'udienza preliminare possa trasformarsi in una sede di, sia pur limitata, acquisizione di elementi probatori, comunque destinati ad assumere rilevanza, di per sé, soltanto ai fini dell'udienza stessa.

Dopo di che, qualora per l'assenza delle persone di cui sia stata ammessa l'audizione o l'interrogatorio, non sia possibile procedere a tali atti nella medesima udienza, si prevede esplicitamente la fissazione di una nuova udienza (al più tardi entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari, ove tale termine già fosse decorso) per l'espletamento della relativa attività probatoria, prescrivendosi ovviamente gli adempimenti formali necessari allo scopo.

L'assunzione delle prove orali ammesse in sede di udienza preliminare è affidata alla gestione del giudice: al quale è, infatti, attribuito il potere di condurre gli atti di audizione e di interrogatorio, mentre al pubblico ministero ed ai difensori è consentito soltanto di porre domande, a mezzo del giudice per sottolineare, dal punto di vista tecnico-formale, come si tratti di atti che ( sebbene qualificati come

«prove», in quanto assunti dinanzi al giudice nel contraddittorio tra le parti ) non sono di regola idonei ad assumere efficacia probatoria oltre i confini dell'udienza preliminare.

Passando al momento conclusivo dell'udienza, si pone al giudice l'alternativa tra la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere e quella del decreto che dispone il giudizio. Per quanto riguarda i contenuti della sentenza di non luogo a procedere, il progetto prevede una serie di ipotesi tra le quali quella in cui, in sede di udienza preliminare risulti evidente che il fatto non costituisce reato, ovvero che l'imputato è persona non imputabile o non punibile per qualsiasi altra causa.

Tutte le volte in cui il giudice, al termine dell'udienza preliminare, non possa emettere una sentenza di non luogo a procedere, si prevede che

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38 venga pronunciato il decreto diretto a disporre il giudizio recante in particolare, a pena di nullità, l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora di comparizione di fronte al giudice competente per il giudizio.

Tra gli altri elementi contenuti in tale decreto viene inoltre prescritta, sempre a pena di nullità, l’enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti, nonché di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza. Importante è il fatto che non risulta richiesta alcuna esplicitazione dei motivi che abbiano determinato la decisione di rinvio a giudizio, al di là della prevista indicazione sommaria delle fonti di prova. In questo modo il progetto preliminare ha voluto sottolineare l'esigenza di evitare che il giudice del dibattimento potesse venire influenzato prima del giudizio da una esposizione articolata e orientata dalle ragioni poste a sostegno dell'accoglimento della richiesta formulata dal pubblico ministero.

In merito, va sottolineata l'importanza che, una volta disposto il giudizio, assume, ai fini del successivo impiego del materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, la costituzione dei due fascicoli, nei quali tale materiale è destinato ad essere raccolto. Seguendo le indicazioni fornite dalla legge delega, all'insegna del criterio del “doppio fascicolo”, il progetto prevede, infatti, prima la formazione di un “fascicolo per il dibattimento” contenente tra l'altro i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero, oltre ai verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio, e, in secondo luogo, la formazione di un “fascicolo del pubblico ministero” nel quale dovrebbero venire inseriti tutti gli atti relativi alle indagini preliminari, non compresi nel fascicolo per il dibattimento, nonché quelli acquisiti nell'udienza preliminare, gli atti concernenti le indagini compiute dal pubblico ministero dopo la tempestiva richiesta di rinvio a giudizio, dei quali è previsto il previo deposito presso la cancelleria del giudice ai fini dell'udienza preliminare e gli atti corrispondenti alle indagini che il

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39 medesimo pubblico ministero abbia compiuto in via integrativa, successivamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio. La formazione dei due fascicoli assume valore in rapporto alla diversa destinazione degli atti e alla loro rilevanza probatoria e dovranno essere trasmessi alla cancelleria del giudice competente per il giudizio e rimanervi depositati a disposizione dei difensori durante il termine per comparire: si tratterà degli unici atti, tra quelli compiuti nelle fasi anteriori, destinati ad essere direttamente conosciuti da quel giudice, che infatti, non a caso, potrà farne dare lettura, anche d'ufficio, in sede dibattimentale. Al contrario, gli atti raccolti nel fascicolo del pubblico ministero sono destinati ad essere conosciuti in via ordinaria soltanto dalle parti, a disposizione delle quali rimarranno depositati nella cancelleria dello stesso pubblico ministero e quindi ad essere di regola sottratti alla sfera di cognizione del giudice dibattimentale.

Tutto questo fa capire quanto sia importante la responsabilità affidata al giudice dell’udienza preliminare sulla selezione degli atti, (in particolare, degli atti «non ripetibili») da inserire nel fascicolo per il dibattimento, tenendo conto delle conseguenze a seconda dell’utilizzabilità probatoria o meno.

Il titolo X del libro V è dedicato alla revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa in sede di udienza preliminare. Per dare all’imputato “idonee garanzie per l'imputato”, previste dalla specifica direttiva della legge delega il progetto ha previsto un controllo giurisdizionale del giudice, che decide in camera di consiglio, previo contraddittorio tra le parti, se accogliere o meno la richiesta di revoca avanzata dal pubblico ministero. La valutazione del giudice ha per oggetto le nuove fonti di prova, che devono essere indicate dal pubblico ministero nella richiesta di revoca e che devono essere tali, da sole o unitamente a quelle già acquisite, da determinare il rinvio a giudizio. Il giudice provvede sulla richiesta di revoca con ordinanza, con la quale ( nel caso di accoglimento) se il pubblico ministero ha

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40 chiesto il rinvio a giudizio, fissa la data dell'udienza preliminare, ovvero, se il pubblico ministero ha chiesto la riapertura delle indagini, provvede in tal senso, stabilendo per il loro compimento un termine improrogabile non superiore a sei mesi.

Come abbiamo visto, la Commissione Parlamentare istituita ai sensi della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, che aveva espresso un parere sul progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale, ha iniziato l’iter del progetto definitivo del nuovo codice fino ad arrivare all’emanazione del d.p.r. 22 settembre 1988, n. 447, che ha elaborato il testo definitivo del codice di procedura penale, entrato in vigore un anno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale34. Nel passaggio dal progetto preliminare al progetto definitivo, e poi al testo definitivo del codice, la struttura originaria del nuovo processo penale non è mutata. Si è provveduto ad un attenta ricognizione delle lacune strutturali, e ad alcune imperfezioni per introdurre emendamenti modificativi o sostitutivi.

Per quanto riguarda la parte dell’udienza preliminare, la struttura è rimasta nel complesso immutata, ma sono state colmate delle lacune.

Infatti tra i soggetti a cui deve essere notificato l’avviso almeno dieci giorni prima dell’udienza sono stati inseriti anche il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Inoltre viene riconosciuta al giudice la facoltà di redigere i motivi della sentenza di non luogo a procedere entro trenta giorni da quello della pronuncia, quando non sia possibile provvedere all’immediata redazione della motivazione.

Un elemento nuovo rispetto al progetto preliminare è l’art. 426 c.p.p.

con il quale si è cercato di colmare la mancanza di requisiti della sentenza di non luogo a procedere modellandoli sulla base dei requisiti previsti dall’art. 546 comma 1 c.p.p. per la sentenza emessa in dibattimento.

34 G.CONSO, V. GREVI, G. NEPPI MODONA, Il nuovo codice di procedura penale, dalle leggi delega ai decreti legislativi, volume V, Padova, 1990, p. 6 ss.

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41 Un aspetto molto importante riguarda le formule della sentenza di non luogo a procedere. Infatti sono state aggiunti casi in cui risulti evidente che il fatto non costituisce reato ovvero che si tratti di persona non imputabile o non punibile. Questa estensione corrisponde all’indirizzo di fondo del nuovo processo, cioè di facilitare le forme di definizione anticipata del processo, senza passare attraverso il dibattimento.

Alcune modifiche hanno riguardato il passaggio dal progetto definitivo al testo finale del codice, come ad esempio per gli atti destinati a far parte del fascicolo per il dibattimento che sono stati specificati meglio nella lettera e) che li indica come gli “altri documenti”, prima chiamati genericamente “documenti”.

La norma fondamentale per comprendere quale fosse la natura dell’udienza preliminare nel codice di procedura penale del 1988 è quella prevista dall’art. 425 c.p.p. che, nella sua formulazione originaria, prevedeva che il giudice di quell’udienza dovesse prosciogliere l’imputato, e cioè emettere una sentenza di non luogo a procedere, oltre che nei casi in cui avesse accertato l’esistenza di una causa di estinzione del reato ovvero di non procedibilità dell’azione penale, oppure che il fatto non fosse previsto dalla legge come reato, ma anche quando fosse risultata “evidente” che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato, o che si tratti di persona non imputabile o non punibile per qualsiasi altra causa. Quindi importante era il requisito dell’evidenza della prova, e di conseguenza dell’evidenza dell’infondatezza dell’accusa.

Parte della dottrina lo considerava come una “regola di giudizio”

contraria alla logica di tale fase di deflazione rispetto ai procedimenti nei quali fosse stata esercitata l’azione penale. D’altro canto, altra parte della dottrina aveva riconosciuto in questa impostazione una coerenza intrinseca basata su differenti criteri di giudizio affidati a differenti organi dell’autorità giudiziaria: mentre il pubblico ministero doveva chiedere l’archiviazione se gli elementi di prova fossero stati

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42 insufficienti a dimostrare la colpevolezza dell’imputato o avesse deciso di promuovere l’azione penale avanzando richiesta di rinvio a giudizio, il giudice dell’udienza preliminare doveva prosciogliere solo in caso di chiara infondatezza dell’ipotesi accusatoria.

Su queste posizioni contrastanti si pronunciò la Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 425 comma 1 c.p.p.

nella parte in cui stabiliva che il giudice pronunciava sentenza di non luogo a procedere quando risultava evidente che l’imputato era persona non imputabile. Infatti la Corte Costituzionale nella sentenza del 10 febbraio 1993 n. 41, descrivendo la particolare fase del nuovo processo rappresentata dall’udienza preliminare, ha affermato che, se la finalità delle indagini è esclusivamente quella di consentire al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, neppure l’udienza preliminare è sede di acquisizione probatoria destinata “all’accertamento della verità”.

L’intervento del giudice è teso ad apprezzare il fondamento dell’accusa non in termini di positiva verifica della colpevolezza dell’imputato, ma nella ben diversa prospettiva di scongiurare la celebrazione di un dibattimento superfluo35.

Inoltre il legislatore delegato ha introdotto un modello “forte” di contraddittorio all’interno dell’udienza preliminare che impone la presenza indefettibile delle parti (art. 420 comma 1 c.p.p.). In più, è significativo, che il legislatore regolamentando analiticamente il contenuto delle comunicazioni e degli avvisi ex art. 419 c.p.p., abbia approntato un contradditorio non limitato alle sole parti antagoniste del processo, ma esteso a tutti i soggetti che appaiono coinvolti nella definizione del giudizio: così partecipano all’udienza preliminare pure soggetti (come il civilmente obbligato al pagamento della pena pecuniaria) la cui partecipazione non è, di per sé, necessaria.

35 V. sentenza C. Cost., 10 febbraio 1993, n. 41.

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43 Per questo, per dare piena attuazione al contraddittorio, bisognava allestire una disciplina strutturalmente coerente: in particolare, non bastava regolamentare gli avvisi (art. 419 c.p.p.), ma occorreva mettere i vari soggetti nelle condizioni di conoscere il materiale probatorio su cui si articola il contraddittorio. Da questo ne deriva la scelta del legislatore delegato di imporre il deposito degli atti d’indagine preliminari contestualmente a quello della richiesta di rinvio a giudizio ex art. 419 c.p.p. Questo deposito si saldava con lo svolgimento

dell’udienza preliminare, costituendone un’attività propedeutica.

La disciplina dell’art. 416 c.p.p., in definitiva, evidenzia una lontananza dal modello statunitense della preliminary hearing, per quanto concerne il momento e l’ampiezza del deposito degli atti d’indagine36. In linea con la tradizione continentale che vuole che il difensore sia posto in grado di conoscere tutto ciò che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria hanno raccolto nel corso delle indagini, la Corte Costituzionale, sin dal 1991, ha confutato i pretesi dubbi di costituzionalità dell’art. 416 c.p.p. in rapporto alla possibilità che la norma consentisse un deposito non integrale della documentazione delle indagini preliminari, rendendo esplicito che il pubblico ministero è tenuto al deposito integrale di tutti gli atti al

36 Nel modello statunitense la discovery attuata nella preliminary hearing consente una non completa condivisione del sapere fra le parti e il giudice. Ciò appare come una scarsa formalizzazione del deposito degli atti. Essa si configura come l’attività strumentale a consentire al prosecutor di soddisfare al burden of proof circa la sussistenza della probable cause richiesta per il bindover, ossia l’instaurazione del trial. Da qui un meccanismo di rivelazione selettivo degli atti d’indagine. La discovery è imposta solo per i c.d. Brady materials, cioè per gli atti d’indagine contenuto favorevole all’indagato, e per i verbali di perquisizione e sequestro o per la documentazione degli accertamenti tecnico-scientifici svolti dal prosecutor. Occorre poi sottolineare che la pretrial discovery statunitense, a differenza del deposito ex art.

416 comma 2 c.p.p., si realizza pure attraverso la cross-examination dei testi d’accusa da parte della difesa nella preliminary hearing: di conseguenza, essa non prevede necessariamente l’udienza, come avviene nel nostro sistema, ma si risolve nello stesso esercizio del contraddittorio. Inoltre, la discovery attuata nella preliminary hearing non è posta a presidio del diritto di difesa: il magistrate gode del potere di interrompere l’escussione del teste quando nella condotta della difesa si palesi l’intento di approfittare dell’esame per finalità di discovery.

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44 momento di richiedere il rinvio a giudizio37. Una conoscenza solo parziale del contenuto del fascicolo delle indagini preliminari avrebbe impedito all’udienza preliminare di adempiere ai suoi scopi e l’imputato avrebbe visto compromesso il suo diritto di difesa, mentre il giudice non avrebbe potuto controllare la sussistenza delle condizioni per instaurare il dibattimento.

L’udienza preliminare restava e resta lo sbocco “naturale” del procedimento se il pubblico ministero si decide a proseguire con l’esercizio dell’azione penale e caratterizza quello che viene definito il procedimento “ordinario”: tale fase manca, infatti, oltre nei casi in cui sia lo stesso imputato a rinunciarvi (artt. 419 comma 5 e 453 comma 3 c.p.p.), nei procedimenti speciali quali il giudizio direttissimo (artt. 449 e ss. C.p.p.) ed il giudizio immediato (artt 453 e ss. C.p.p.) nei quali viene favorito il transito alla fase del giudizio dibattimentale, nonché nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati di minore gravità, nei quali l’esercizio dell’azione penale avviene mediante l’emissione da parte del pubblico ministero di un decreto di citazione diretta a giudizio (artt. 550 e ss. c.p.p.)

La disciplina dell’udienza preliminare è stata fortemente condizionata dall’intento di evitare che l’organo procedente si riappropriasse delle vesti del giudice istruttore.

In primo luogo, la figura del giudice che presiede all’udienza preliminare appare debole sul piano ordinamentale non essendo stato introdotto un ufficio autonomo, distinto da quello del giudice per le

37 Cfr. C. Cost., sent. 5 aprile 1991 n. 145, in Giur. Cost., 1992, p. 1314 ss.: nel rigettare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 416 comma 2 c.p.p., sollevata in rapporto ad una pretesa violazione degli art. 24, 101 e 102 Cost., la Corte Costituzionale afferma che la previsione, “ nella sua corretta lettura, non conferisce al pubblico ministero un potere di scelta degli atti da trasmettere al giudice per le indagini preliminari insieme alla richiesta di rinvio a giudizio, imponendo allo stesso pubblico ministero l’obbligo di trasmettere l’intera documentazione raccolta nel corso delle indagini… La trasmissione dell’intero fascicolo processuale da parte del pubblico ministero comporta … che nessun atto attinente alle indagini espletate fino all’udienza preliminare possa essere sottratto alla piena conoscenza delle parti e che nessuna indebita limitazione possa essere apposta alla cognizione del giudice per le indagini preliminari ai fini dell’adozione delle determinazioni allo stesso spettanti”.

In senso analogo, C.Cost., ord. 12 giugno 1991 n. 273, ivi, 1991, p. 2175 ss.

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45 indagini preliminari. Di conseguenza la scarsa autorevolezza del giudice per le indagini preliminari ha finito con il ripercuotersi sul giudice dell’udienza preliminare e lasciare troppo potere al pubblico ministero.

In secondo luogo, sul piano processuale, il legislatore del 1988 scelse la via di non assegnare al giudice dell’udienza preliminare un potere probatorio esercitabile anche d’ufficio. Egli non poteva emettere un provvedimento con cui ordinare al pubblico ministero di svolgere un supplemento di indagini, sul presupposto che quelle già compiute fossero incomplete, per evitare la reviviscenza del giudice istruttore.

L’acquisizione delle prove poteva avvenire solo a richiesta di parte, in modo tale che la sfera dei poteri del giudice dell’udienza preliminare veniva costruito in sintonia con quella del giudice per le indagini preliminari.

Alla fine risultava una disciplina non appagante, che denunciava un forte deficit di funzionalità, essendo inidonea a garantire il completamento del quadro probatorio necessario per la decisione.

Con la sentenza della Corte Costituzionale 10 febbraio1993, n. 41, il legislatore ordinario con la l.8 aprile 1993, n. 105 art. 1 soppresse il requisito dell’evidenza, parificando sia il criterio di giudizio sia del pubblico ministero per l’archiviazione sia il giudice dell’udienza preliminare: in entrambi i casi il giudicante è tenuto ad effettuare una valutazione prognostica circa i possibili sviluppi del procedimento nella fase del giudizio dibattimentale.

In tale prospettiva, questa riforma legislativa non aveva snaturato l’udienza preliminare, che conservava il suo carattere di “filtro” tra la precedente fase delle indagini e quella successiva del giudizio, ma l’effetto era quello di un’omologazione della regola di giudizio dell’udienza preliminare rispetto a quella del procedimento di archiviazione.

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2.2 Il nuovo volto dell’udienza preliminare alla luce della c.d. Legge Carotti.

Le più importanti innovazioni dell’udienza preliminare sono state apportate con la l. 16 dicembre 1999, n. 479 (c.d. l. “Carotti”). Questa legge ha recepito le indicazioni contenute in un articolato e approfondito progetto di legge n. 1182 presentato il 23 maggio 1996 alla Camera dei Deputati dall’onorevole Saraceni. Con questo progetto di legge, per garantire una posizione di maggiore autonomia e terzietà del giudice dell’udienza preliminare rispetto al pubblico ministero, si proponeva la trasformazione dell’udienza preliminare in udienza predibattimentale e un nuovo inquadramento ordinamentale e processuale del giudice per le indagini preliminari all’interno della sezione dibattimentale, con la conseguente previsione dello svolgimento di entrambe le funzioni, ovviamente in diversi procedimenti, da parte di tutti i magistrati di quella sezione. Tale soluzione, basata sulla nuova figura di un giudice “fortemente responsabilizzato verso le esigenze del dibattimento”, necessitava che tutta una serie di istituti propri del giudizio dibattimentale ( tra i quali artt. 485, 486, 487 e 488 c.p.p.) fossero operanti anche in tale nuova udienza predibattimentale.

Però il legislatore con la l.1999/479 ha operato scelte diverse. È rimasta ferma l’udienza preliminare e le ragioni connesse al bisogno di maggiore terzietà del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare.

Una novità importante ha comportato l’abrogazione espressa degli art.

485 c.p.p. (rinnovazione della citazione), art. 486c.p.p. (impedimento a comparire dell’imputato o del difensore), art. 487c.p.p. (contumacia dell’imputato)e art. 488c.p.p. (assenza e allontanamento volontario dell’imputato) anticipando queste discipline all’udienza preliminare e

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47 inserendo nell’art. 484 c.p.p.38 un richiamo alle nuove norme relative appunto all’udienza preliminare agli articoli 420bis (assenza dell’imputato), 420ter (impedimento a comparire dell’imputato o del difensore),420quater ( sospensione del processo per assenza dell’imputato) e 420quinquinquies (nuove ricerche dell’imputato e revoca della sospensione del processo) del c.p.p. .

Particolare attenzione va posta sull’art. 420ter c.p.p.39 che riguarda l’impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, soprattutto in riferimento alla numerosa giurisprudenza che è intervenuta in questo argomento. Per quanto concerne l’impedimento dell’imputato in generale, ci sono stati diversi interventi giurisprudenziali. Una volta accertata l’esistenza dell’impedimento dell’imputato a comparire al dibattimento e la sua assolutezza, il giudice è obbligato a disporre il rinvio ad altra udienza. Secondo la Corte di Cassazione, il legittimo impedimento a comparire dell’imputato, oltre che grave e assoluto, deve presentare il carattere dell’attualità e cioè deve sussistere in relazione all’udienza per la quale egli è stato citato, in quanto l’impossibilità a presenziare alla stessa deve risultare dagli elementi

38 L’art. 484 c.p.p. recita così al comma 2-bis: Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies.

39 Art. 420-ter: 1.quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato, a norma dell’articolo 419, comma 1. 2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione. 3. Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d’ufficio l’udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all’imputato. 4.

In ogni caso la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. 5. Il giudice provvede a norma del comma 1nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purchè prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

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48 addotti40. Quindi, la “assoluta impossibilità di comparire” come causa legittima di sospensione o rinvio del dibattimento, deve essere attuale , nel senso che deve sussistere al momento d’inizio dell’udienza e non può ritenersi integrata da un evento futuro e incerto, come ad esempio l’eventualità che uno stato emotivo indotto dalla partecipazione al processo possa nuocere alla condizione di salute dell’imputato.

Un’importante innovazione è stata l’introduzione dell’art. 415bis c.p.p., nella fase conclusiva delle indagini preliminari, connotandola di una funzione propedeutica in vista dell’udienza preliminare. L’avviso ex art. 415bis c.p.p. è inteso a permettere l’instaurazione di un

contraddittorio fra l’organo dell’accusa e la difesa anteriormente all’esercizio dell’azione penale. La disciplina dell’art. 415bis c.p.p.

spiega una finalità deflattiva dell’esercizio dell’azione penale, dal momento che la ratio dell’istituto è di consentire alla difesa di interloquire con l’organo dell’accusa, anche depositando nel fascicolo delle indagini preliminari il materiale probatorio, per indurlo a desistere dal proposito di esercitare l’azione penale. Tuttavia, la maggiore incidenza dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari si ravvisa sulla fase dell’udienza preliminare, rispetto alla quale l’avviso ex art. 415bis c.p.p. assume un ruolo decisivo in rapporto al dovere del pubblico ministero di formulare un’imputazione, da un lato, chiara e precisa sul piano contenutistico e dall’altra supportata da un panorama investigativo completo. La difesa può sollecitare il pubblico ministero a compiere ulteriori indagini, quando il quadro probatorio raccolto da quest’ultimo appaia lacunoso. Si comprende così, perché l’avviso di conclusione delle indagini preliminari viene notificato alla persona sottoposta alle indagini e al suo difensore e non anche alla persona offesa : è la difesa a vantare un interesse contrapposto a quello del pubblico ministero, cosicchè su di

40 Cass., sez. V, 14 dicembre 2004- 2 febbraio 2005, n. 3392, CED 231406

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49 essa incombe l’onere di attivarsi sul terreno probatorio per non incappare nella richiesta di rinvio a giudizio.

Ancora più pregnanti sono le modifiche introdotte dagli artt. 22 e 23 della l. n. 479/1999 con l’introduzione dell’art. 421bis c.p.p. e la sostituzione dell’art. 422 c.p.p. irrobustendo la funzione di filtro dell’udienza preliminare, a proposito dei poteri istruttori del giudice dell’udienza preliminare, il quale, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti per incompletezza delle indagini già espletate, ha oggi due possibilità: o indica al pubblico ministero le ulteriori indagini da compiere entro un determinato tempo, fissando la data della nuova udienza preliminare con un provvedimento comunicato al procuratore generale, che può avocare a se le indagini (ex art. 421bis), oppure può disporre anche d’ufficio l’assunzione delle nuove prove laddove le stesse risultino prognosticamente decisive ai fini dell’emissione della sentenza di non luogo a procedere (ex art. 422 c.p.p.).

La finalità di tali modifiche è stata quella di rafforzare i poteri di intervento del giudice dell’udienza preliminare per consentirgli di giungere, direttamente o indirettamente, ad una integrazione del materiale probatorio messogli a disposizione dal pubblico ministero e dalle parti se ritenuto dallo stesso giudice insufficiente o inadatto per poter formulare una decisione. In questo modo si è inteso evitare anche che il giudice dell’udienza preliminare, pur in presenza di carenze riferibili alla fase delle investigazioni, disponga il rinvio a giudizio nella convinzione che sarà il giudice del dibattimento a colmare le già riconosciute lacune istruttorie.

Il sistema previsto dai nuovi artt. 421bis e 422 c.p.p.appare bilanciato, nonostante le aspre critiche di chi ha visto nelle soluzioni offerte dalla legge “Carotti” il tentativo di reintrodurre nel nuovo codice di procedura penale l’abrogata figura del giudice istruttore. E infatti la condizione per l’esercizio dei poteri istruttori previsti dall’art. 421bis c.p.p. rimane l’impossibilità per il giudice di decidere allo stato degli

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50 atti: una situazione che può derivare solo da un’incompletezza delle indagini preliminari quindi addebitabile al pubblico ministero, che non ha verificato tutte le ipotesi di ricostruzione del fatto suggerite dagli elementi già acquisiti. In questo modo, il giudice dell’udienza preliminare, ordinando l’integrazione delle indagini, si inserisce nelle strategie del pubblico ministero, perdendo di fatto quell’imparzialità che si è tentato di salvaguardare con l’introduzione dell’art. 34 comma 2bis, laddove stabilisce l’incompatibilità tra giudice dell’udienza preliminare e il giudice delle indagini preliminari.

Inoltre, a differenza di quanto stabilito dal previgente art 422 c.p.p., secondo il quale il giudice poteva , sia pur su sollecitazione di parte, svolgere una sommaria attività istruttoria, disponendo l’assunzione di prove che fossero risultate decisive ai fini tanto dell’accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio quanto della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il nuovo articolo propone un’alternativa più equilibrata. Laddove il giudice dell’udienza preliminare reputi gli elementi raccolti nella fase dell’indagine incompleti e comunque insufficienti per poter adottare una decisione, indica al pubblico ministero le ulteriori indagini, fissando un termine per il loro compimento: in questa maniera si evita che il giudice, al quale spetta esclusivamente un ruolo di verifica, partecipi direttamente e rimanga

“coinvolto” nello svolgimento di un’attività investigativa che è propria della pubblica accusa. Se, invece, il giudice, anche su richiesta delle parti, rileva che vi sono prove la cui assunzione potrebbe risultare determinante ai fini della sola emissione di una sentenza di non luogo a procedere, dispone egli stesso l’assunzione di quelle prove, purchè

“manifestamente idonee a neutralizzare l’apparente fondamento dell’accusa e a determinare, quindi il proscioglimento”: quindi un potere istruttorio attribuito in vista dell’eventuale proscioglimento, che appare omogeneo ai compiti di controllo e garanzia che spettano al giudice nel processo di tipo accusatorio. Si realizza così un efficace

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51 controllo sulla completezza delle indagini, senza che ciò comporti un diretto coinvolgimento del giudice in attività investigative o una sua ingerenza nelle strategie del pubblico ministero. Il giudice dell’udienza preliminare deve, infatti, limitarsi a verificare se le fonti di prova addotte dal pubblico ministero, proiettate nello sviluppo del dibattimento, siano idonee a sostenere l’accusa oppure comportino il proscioglimento dell’imputato e di conseguenza l’inutile passaggio alla fase del giudizio dibattimentale.

Gli epiloghi dell’udienza preliminare possono essere due:

1) La sentenza di non luogo a procedere. Un’altra modifica introdotta dalla l. n. 479/1999 è stata inserita nell’art. 425 c.p.p., riguardante la sentenza di non luogo a procedere, in particolare con la riscrittura dei commi 2 e 3, con lo scopo di favorire la definizione dei procedimenti con la sentenza di non luogo a procedere, per evitare inutili rinvii a giudizio e, quindi, per deflazionare i carichi di lavoro. Nel comma 2 è ora stabilito che, al fine della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il giudice dell’udienza preliminare deve tenere conto anche dell’effetto di riduzione della pena dovuto al riconoscimento delle circostanze attenuanti e di quello derivante dal giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti ai sensi dell’art 69 c.p. . In questo modo si è inteso ampliare e rendere più incisivi i poteri di controllo del giudice dell’udienza preliminare e attribuendogli di conseguenza il potere di pronunciare sentenza di non luogo a procedere qualora sia possibile anticipare il riconoscimento di una causa di estinzione del reato per effetto di circostanze attenuanti o del giudizio di comparazione tra circostanze dell’art. 69 c.p.. Questo significa riconoscere al giudice dell’udienza preliminare una giurisdizione piena, di cui si era ritenuto in precedenza fosse sfornito. Nel comma 3 si è stabilito

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52 che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Il legislatore ha codificato il principio giurisprudenziale secondo il quale in tema di sentenza di non luogo a procedere, a seguito della modifica apportata all’art.

425 c.p.p. dell’art. 1della l. n. 105/1993 (soppressione del requisito dell’ ”evidenza” dei presupposti per l’emissione del provvedimento), va affermato il principio della necessità di pronunziare sentenza di non luogo a procedere sia nel caso di prova positiva dell’innocenza, sia del caso di mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova di colpevolezza, sempre che essa non appaia integrabile nella successiva fase del dibattimento.

2) Il decreto che dispone il giudizio. La l. n. 479/1999 ha disposto che l’imputazione oggettiva contenuta nel decreto che dispone il giudizio (art. 429 c.p.p.) deve essere enunciata in

“forma chiara e precisa”. Con questa precisazione il legislatore ha voluto mitigare quell’indirizzo rigoroso giurisprudenziale di self-restraint che arginava il fenomeno delle nullità entro limiti circoscritti, ponendo spesso in crisi le garanzie di intervento, assistenza e rappresentanza dell’imputato41.

L’art. 425 c.p.p. deve oggi essere necessariamente coordinata con quella prevista dall’art 421bis c.p.p. che riconosce al giudice dell’udienza preliminare, in caso di incompletezza delle indagini, il potere di sospendere l’udienza e di emettere un’ordinanza con la quale indica al pubblico ministero ulteriori indagini da compiere entro un termine prestabilito. Di conseguenza l’incompletezza, contraddittorietà

41 G. GARUTI, L’udienza preliminare: la nuova cadenza valutativa tra indagini e processo, in Rivista Penale, 2000, p. 969 e ss.

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53 o inidoneità a sostenere l’accusa in giudizio, degli elementi acquisiti durante la fase delle indagini preliminari deve indurre il giudice dell’udienza preliminare ad un’attenta valutazione per verificare se ci siano o no margini per disporre un’integrazione delle indagini: all’esito di questa eventuale attività di integrazione, il giudice deve fare una valutazione su quale conclusione potrebbe avere il dibattimento, esaminando anche i limiti o i possibili sviluppi dell’accertamento giudiziale demandato a tale successiva fase del processo; quindi disponendo il rinvio a giudizio laddove per il processo siano ancora prospettabili soluzioni aperte che necessitano della verifica dibattimentale.

Con la l. 7 novembre 2002 n. 248, si è riconosciuto all’udienza preliminare una considerazione sostanzialmente paritaria a quella del processo di merito, in particolare stabilendo che, in conseguenza della presentazione dell’istanza di rimessione, il processo debba essere obbligatoriamente sospeso prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione, e che il giudice non possa comunque pronunciare il decreto che dispone il giudizio o la sentenza.

2.3 Il ruolo attuale dell’udienza preliminare: la funzione deflattiva dell’udienza preliminare ed il controllo sulla sostenibilità dell’accusa in giudizio.

Dopo queste riforme, il nostro sistema processuale penale, prevede l’udienza preliminare come una fase con un valore fondamentale.

La prima esigenza cui risponde la previsione dell'udienza preliminare è di evitare i processi sicuramente inutili. Il concetto di inutilità del dibattimento ha subito nel corso degli anni dall’entrata in vigore del codice del 1988 notevoli modifiche, con importanti innesti legislativi e con un'interpretazione giurisprudenziale che ne hanno

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54 progressivamente ampliato i confini trasformando sensibilmente il ruolo dell'udienza preliminare42.

Si è passati da un'interpretazione prudente e conservatrice dell'istituto, visto come mero "filtro per le imputazioni azzardate" all'attuale concezione che estende il controllo sugli esiti delle indagini sino alla verifica prognostica della sostenibilità dell'accusa in giudizio. Tale verifica si concentrerà in primo luogo sull'eventuale presenza di motivi formali ostativi ad una pronuncia di condanna (quali la mancanza di una condizione di procedibilità, e simili): in casi siffatti la celebrazione del processo chiesto dal pubblico ministero si presenta immediatamente come inutile, e costituirebbe un inutile fastidio sia per l'imputato che per lo Stato che ne sopporta i costi. A queste ipotesi vanno aggiunte quelle in cui il processo non potrà comunque pervenire ad una pronuncia di condanna per ragioni oggettive ed inequivoche (morte del reo, non imputabilità, estinzione del reato ed altre): anche in queste ipotesi la celebrazione del processo non risponde ad alcuna esigenza di accertamento della verità processuale ed il processo è dunque, nel senso sopra precisato, "inutile".

Infine, devono ritenersi "inutili" i dibattimenti in cui il compendio probatorio presenta tali difetti strutturali (per insufficienza o contraddittorietà degli elementi di accusa) da rendere la parte accusatoria priva di elementi che possano sostenere la loro tesi d’accusa.

In tutti i casi sopra sommariamente individuati si sostanzia la funzione deflattiva della fase dell’udienza preliminare, la cui espressione codicistica è data dalla norma che disciplina i casi in cui è possibile emettere sentenza di non luogo a procedere (art. 425 c.p.p.): maggiore è la facoltà di intervento, anche sul merito, del giudice dell'udienza preliminare e più si realizza il principio della separazione delle fasi ed in definitiva si ha la piena attuazione del sistema accusatorio.

42 C. DE ROBBIO, L’udienza preliminare, Milano, Giuffrè, 2013, p. 19.

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55 La dottrina ha rilevato che l'innalzamento della soglia probatoria necessaria per emettere il decreto che dispone il giudizio non ha comportato un innalzamento statistico delle pronunce di condanna in rapporto ai dibattimenti instaurati: il giudice dell’udienza preliminare.

dovrà emettere un giudizio prognostico sulla possibilità di sviluppo del thema decidendum in dibattimento e sulla astratta possibilità che 1a

ricostruzione accusatoria giunga a buon fine, al solo scopo di eliminare i casi in cui tale possibilità si presenti ab initio carente per le ragioni anzidette ed indipendentemente dalla probabilità di una pronuncia di condanna.

Oggi, a seguito delle modifiche che hanno sensibilmente ampliato il potere di intervento del giudice nel corso dell'udienza preliminare la dottrina è giunta a chiedersi se la verifica demandata al giudice in questa fase conservi natura esclusivamente processuale, nell'originaria versione oppure possa essere assimilata ad un accertamento nel merito.

Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell'art. 423 c.p.p., ha incidentalmente rilevato che, la l. 1999 n. 479 ha apportato diverse modifiche e innovazioni, ma non ha mutato le connotazioni prevalentemente processuali che la caratterizzano; infatti la funzione dell’udienza preliminare resta quella di verificare (sia pure alla luce di una valutazione contenutistica più penetrante rispetto al passato) l’esistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero e il giudice deve prendere una decisione di uguale natura, anch’essa calibrata sulla prognosi di non superfluità del passaggio alla fase dibattimentale43.

Nemmeno un mese dopo, tuttavia, la stessa Corte , giungeva a conclusioni solo parzialmente sovrapponibili, aprendo ad una valutazione dell'udienza preliminare come giudizio di merito. La

43 V. C. Cost. ord. N. 185 dell’8 giugno 2001.

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56 Corte, ripercorrendo le innovazioni legislative in materia, rilevava infatti che si trattava di elementi di novità che prevedono, all’interno dell’udienza preliminare, da un lato, un contraddittorio più esteso rispetto al passato, e, dall'altro, un incremento degli elementi valutativi, cui necessariamente corrisponde ( quanto alla determinazione conclusiva) un apprezzamento del merito ormai privo di quei caratteri di "sommarietà" che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo "stato degli atti".

Accanto a questo, si affiancano in considerazione i nuovi “contenuti”

che, sempre alla stregua degli riforme legislative, può assumere la decisione con la quale il giudice è chiamato a definire l'udienza preliminare. In base alla nuova formulazione dell'art. 425 del codice di procedura penale, infatti, la regula iuris posta a fondamento del rinvio a giudizio, si radica (in positivo) sulla sufficienza, non contraddittorietà e, comunque, idoneità degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, imponendosi, in caso di diverso apprezzamento, l'adozione della sentenza di non luogo a procedere44. Quindi l'alternativa decisoria che si offre al giudice come epilogo dell'udienza preliminare, si basa, dunque, su una valutazione del merito della accusa ormai non più distinguibile (quanto ad intensità e completezza del panorama delibativo) da quella propria di altri momenti processuali45.

Non è facile conciliare le due articolate pronunce evidenziate e provare a procedere ad un'unitaria ricostruzione, poiché affermare che l'udienza preliminare non è un'udienza di merito ma un 'udienza processuale che contiene valutazioni di merito appare più un escamotage linguistico che una rappresentazione effettivamente significativa.

Probabilmente l'unica conclusione che si può trarre è che 1' attuale assetto dell'udienza preliminare, pur non avendo implicato la

44 V. Sentenza n. 41 del 10 febbraio 1993.

45 V. Corte Cost. ord. n. 224 dell’6 Luglio 2001.

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57 trasformazione della fase processuale in esame in una vera e propria fase di merito, ha operato una contaminazione tra i due tipi di decisione, sicché, pur essendo ancora oggi 1a verifica demandata al giudice dell'udienza preliminare inequivocabilmente di tipo processuale, l'esame prognostico degli sviluppi dibattimentali implica una valutazione (parziale e finalizzata ai soli scopi "interinali" che sono propri dell'udienza preliminare) del merito della vicenda.

2.4 L’instaurazione del contraddittorio tra le parti.

Tra le funzioni inizialmente assegnate all'udienza preliminare vi era quella di costituire il momento iniziale della discovery degli atti raccolti dal pubblico ministero.

II principio di separazione delle fasi, caposaldo del sistema accusatorio, implica che nella fase delle indagini preliminari l'organo dell'accusa è libero di ricercare elementi a riscontro della notizia di reato da cui è scaturita l'iscrizione del soggetto denunciato o querelato nel registro degli indagati. Tale ricerca è compiuta di regola senza la collaborazione dell'accusato, e non di rado nonostante la sua volontà contraria. Pertanto, costituisce caratteristica imprescindibile della fase delle indagini preliminari la segretezza delle stesse, sancita esplicitamente dall'art. 329 c.p.p. primo comma46. L'esigenza menzionata va armonizzata con il diritto dell'indagato di conoscere gli elementi di accusa a suo carico, oggi tutelati costituzionalmente dal nuovo art. 111 Cost. sul "giusto processo".

È fondamentale dunque che, prima dell'inizio della fase dibattimentale, il pubblico ministero compia una completa discovery degli atti a carico dell'imputato, evitando le cosiddette "prove a sorpresa". L'originaria

46 Art. 329 c.p.p. primo comma: gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

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58 impostazione del codice di procedura penale prevedeva che tale momento di discovery avvenisse in udienza preliminare, che costituiva dunque il primo momento in cui l'imputato ed il suo difensore potevano conoscere il contenuto del fascicolo del pubblico ministero. Oggi questa funzione è tendenzialmente venuta meno, perché con l'introduzione del 415 bis c.p.p. e dei relativi adempimenti si è anticipato tale momento al termine della fase delle indagini preliminari, per consentire un primo contraddittorio quando il fascicolo è ancora nella piena disponibilità del pubblico ministero, il quale potrà così eventualmente integrare le proprie indagini con le richieste dell'indagato di acquisizione di nuovi ed ulteriori elementi di indagine o direttamente con le indagini difensive. La difesa può dunque cercare di evitare, intervenendo tempestivamente previa conoscenza degli atti, non più solo il dibattimento, ma addirittura l'esercizio dell'azione penale.

L'udienza preliminare mantiene tuttavia una limitata funzione di discovery nei confronti della persona offesa.

Anche dalla modifica degli articoli 420 e seguenti del codice di procedura penale si coglie la funzione di momento di instaurazione del contraddittorio tra le parti assegnata alla fase processuale in esame. Le recenti modifiche legislative che hanno previsto l'anticipazione della disciplina degli avvisi relativi alla costituzione delle parti dal dibattimento all'udienza preliminare ha fatto sì che devono essere considerati potenziali partecipanti a questa fase anche soggetti non strettamente interessati alla valutazione della sostenibilità dell'accusa in giudizio come la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, prevista dall'art. 89 c.p.p.47. Il legislatore richiede oggi la presenza completa di tutte le parti sin dall'udienza preliminare, proprio

47 Art. 89 c.p.p.: 1. La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è citata per l’udienza preliminare o per il giudizio a richiesta del pubblico ministero o dell’imputato. 2. Si osservano in quanto applicabili le disposizioni relative alla citazione e alla costituzione del responsabile civile. Non si applica la disposizione dell’art. 87 comma 3.

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