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Ultrasuoni ad alta frequenza in Idrosadenite Suppurativa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE

TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRUGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

Ultrasuoni ad alta frequenza in Idrosadenite Suppurativa

High Frequency Ultrasound in Hidradenitis Suppurativa

Anno Accademico 2016/2017

Relatore

Chiar.ma Prof.ssa Valentina Dini

Candidato

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Tutte le cose sono belle in sé, e più belle ancora diventano quando l’uomo le apprende. La conoscenza è vita con le ali.

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RIASSUNTO ANALITICO

La Tesi Sperimentale Ultrasuoni ad alta frequenza in Idrosadenite Suppurativa si prefigge di esaminare le attuali conoscenze e tecnologie ecografiche per la diagnosi e la caratterizzazione delle lesioni tipiche della patologia nota come Idrosadenite Suppurativa (HS). Abbiamo incluso nel nostro studio 71 pazienti affetti da HS, nell’arco di tempo compreso tra Luglio 2016 e Settembre 2017. Le immagini ecografiche raccolte presso la UO Dermatologia di Pisa in tale periodo, permettono di osservare dettagliatamente le caratteristiche delle varie lesioni mediante l’utilizzo di tre sonde ad alta frequenza: 20, 48 e 70 MHz. E’ stato quindi possibile effettuare un raffronto tra la capacità risolutiva delle tre suddette sonde, ottenendo dati importanti per l’orientamento sull’utilizzo di queste tecnologie innovative e ancora oggi scarsamente sperimentate sul campo.

The experimental thesis High frequency ultrasound in Hidradenitis Suppurativa aims to examine current ultrasound knowledge and ultrasound technologies for the diagnosis and characterization of typical lesions of the pathology known as HS. We included in our study 71 patients with HS during the period between July 2016 and September 2017. The ultrasound images collected by the Dermatology Department of University of Pisa during that period allow us to observe in detail the characteristics of the various lesions by means of three high-frequency probes: 20, 48 and 70 MHz. It was thus possible to compare the resolution capacity of the three probes, obtaining important data for orientation on the use of these innovative technologies.

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SOMMARIO

1. Introduzione alla Idrosadenite Suppurativa………pag. 9

1.1. Definizione e storia………...pag. 9 1.2. Epidemiologia……….…...pag. 10 1.3. Eziologia……….………...pag. 11

1.3.1. Fattori ambientali………..…pag. 11 1.3.2. Fattori del paziente………..………..pag. 13

1.4. Complicanze………..pag. 16 1.5. Patogenesi……….. ………...pag. 17 1.6. Clinica………....pag. 20 1.7. Diagnosi……….pag. 25

1.7.1. Score clinici……….………...pag. 27 1.7.2. Questionnaire based diagnosis….………...pag. 33 1.7.3. Biomarker di HS……….………pag. 33 1.7.4. Biopsia cutanea………...pag. 34 1.7.5. Ecografia……….………pag. 34 1.7.6. Il ritardo diagnostico………...pag. 34 1.7.7. Diagnosi differenziale……….pag. 35 1.8. Cenni di terapia………..………...pag. 36

1.8.1. Trattamento preventivo e adiuvante...pag. 38 1.8.2. Terapia medica………..pag. 38

1.8.2.1. Farmaci ad uso topico………...pag. 39 1.8.2.2. Farmaci sistemici………...pag. 40 1.8.3. Terapia chirurgica………...………...pag. 44 1.8.4. Team multidisciplinare………...………...pag. 46

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2. Uso degli ultrasuoni in Dermatologia……….pag. 47

2.1. Principi di fisica degli ultrasuoni………pag. 47 2.2. Aspetto ecografico della cute………..pag. 52 2.3. Aspetto ecografico delle lesioni dell’HS………pag. 54 2.4. Ecografia: vantaggi e svantaggi………..pag. 57

3. Studio sperimentale ……….pag. 63

3.1 Obiettivo dello studio………...pag. 63 3.2 Materiali e Metodi………pag. 63

3.2.1 Inquadramento della coorte di pazienti………..pag. 63

3.2.2 Raccolta dei dati ………pag. 64

3.3 Risultati………...pag. 78

4 Conclusioni………pag. 99 5 Bibliografia………..………..pag. 102 6 Ringraziamenti………..………pag. 116

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE ALLA IDROSADENITE SUPPURATIVA

1.1 Definizione e Storia

L’etimologia del termine “Idrosadenite” deriva dal greco ιδρώς (acqua) e αδήν (ghiandola) uniti al suffisso –ιτις (infiammazione)1.

Storicamente la patologia fu documentata per la prima volta nel 1839 dall’anatomista e chirurgo parigino Alfred Armand Louis Marie Valpeau, il quale descrisse un paziente che mostrava un processo infiammatorio della pelle dei distretti ascellare, mammario e perianale.2

Ma il nome originario che rese noto tale quadro infiammatorio fu quello di “Malattia di Verneuil”, coniato nel 1854 da Verneuil stesso che ipotizzò per primo l’origine della patologia dalla ghiandola sudoripara.3

Tale ipotesi venne sviluppata poi da Brunsting nel 1939 tramite un’analisi istologica che evidenziò come evento scatenante della patologia l’ostruzione delle ghiandole apocrine4. La definizione più moderna fu elaborata nel corso del Simposio Internazionale di Ricerca sull’Idrosadenite Suppurativa, tenutosi a Dessau nel 2006.

La definizione che fu in tal sede elaborata recita:

“L’Idrosadenite Suppurativa (o HS dall’inglese “Hidradenitis Suppurativa”) è una malattia infiammatoria cronica della pelle, ricorrente e debilitante che solitamente si

presenta dopo la pubertà con lesioni dolenti, profonde e infiammate site nelle aree corporee delle ghiandole apocrine,

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Si può già da queste parole evincere la complessa struttura della patologia in esame e il vasto impatto sulla qualità della vita per i pazienti affetti.

Le conoscenze sempre maggiori nel campo della diagnostica clinica e strumentale hanno permesso una più profonda comprensione dell’entità in esame, delineandola come una patologia dell’unità follicolo sebacea e non come un’affezione della ghiandola sudoripara apocrina, come invece suggerirebbe il nome5.

In accordo con la sopra citata definizione è quindi più corretto parlare di “aree corporee ricche di ghiandole apocrine”, intese come quei distretti ove si ha una compartecipazione di stimoli che portano all’occlusione del follicolo pilifero e alla conseguente formazione di cisti ricorrenti in soggetti predisposti6.

1.2 Epidemiologia

L’epidemiologia dell’HS presenta stime di prevalenza che variano dallo 0.00033% al 4.1%7 in base al metodo di raccolta dei dati e ciò fa di essa una patologia non del tutto infrequente8. Bisogna sottolineare però alcuni dettagli che potrebbero falsare le

percentuali di prevalenza elaborate: la diagnosi è quasi esclusivamente di competenza specialistica dermatologica o chirurgica e si sta rivelando sempre più interconnessa ad una verifica ultrasonografica del sospetto clinico. Alla luce di quanto detto, una stima ragionevole della prevalenza potrebbe attestarsi intorno allo 0.7%9.

Possiamo apprezzare una distribuzione della sua prevalenza in base al sesso (F:M = 3:1) e all’età (insorgenza della malattia classicamente dopo la pubertà, frequentemente tra la seconda e la terza decade di vita con drastico decremento dopo i 50 anni)10.

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Interessanti studi sono stati recentemente condotti sui dati epidemiologici riguardanti la fascia pediatrica ed è stato evidenziato che, con ogni probabilità, siamo di fronte ad una forte sottostima della diffusione della patologia nel periodo prepuberale11.

Questa evidenza è degna di nota perché una delle strategie terapeutiche fondamentali per il controllo della malattia è proprio l’intervento precoce. Per renderlo possibile l’unica strada percorribile è quella della diagnosi anticipata per individuare con prontezza quella fascia tra il 2 e il 7,7% dei pazienti che ha un esordio clinico dei sintomi in età infantile12. L’HS spesso si accompagna ad una profonda compromissione della qualità della vita del paziente e ciò ha ripercussioni ancor più gravi nella popolazione pediatrica: il dolore, la depressione psicologica e la difficoltà nell’accettare lesioni cicatriziali estese comportano alterazioni nello sviluppo psico-fisico del bambino e difficoltà di integrazione sociale con tendenza all’isolamento13.

La malattia è stata documentata in tutte le razze, anche se la sua incidenza sembra più alta negli Africani e nei Caraibici rispetto ai Caucasici14.

1.3 Eziologia

Il ventaglio di fattori che predispongono allo sviluppo della malattia o la aggravano è molto ampio.

1.3.1 Fattori ambientali

Tra i fattori ambientali si annoverano15:

- Il fumo di sigaretta, che è stato dimostrato causa di iperplasia dei cheratinociti infundibolari e stimolo per l’attivazione delle cellule immunitarie con produzione di citochine proinfiammatorie (TNF, IL-1) e attivazione della linea Th17. Inoltre,

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sembra che la nicotina promuova la formazione di biofilm batterici poiché induce la diminuzione del rilascio di AMP16. E’ importante che sia eliminato questo fattore di rischio nel paziente con HS perché sembra oltretutto peggiorare la risposta al trattamento medico e chirurgico. E’ però interessante notare che i fumatori con Idrosadenite non peggiorano proporzionalmente al numero crescente di sigarette fumato.

- un’alimentazione ricca di caseina e carboidrati, i quali comportano l’aumento

rispettivamente di IGF-1 e di insulina, che sono fattori inducenti la sensibilizzazione dei recettori per gli androgeni circolanti.17 Inoltre, una dieta sregolata comporta l’insorgenza di obesità centrale e iperlipidemia18 ed esse

sono presenti nella maggioranza dei pazienti con HS. Questo perché l’aumento del BMI oltre i limiti fisiologici offre diversi input infiammatori e meccanici per l’innesco e il perpetrarsi della patologia: l’aumento della sudorazione e della frizione nelle pieghe cutanee comporta macerazione, proliferazione batterica e deformazione dei follicoli.

Lo stimolo frizionale meccanico può essere anche indotto dall’ utilizzo di indumenti troppo aderenti, dalla cintura o dalla pratica di sport come il ciclismo.

- L’utilizzo di deodoranti antitraspiranti o abiti sintetici e la consuetudine alla

depilazione aggressiva costituiscono uno stimolo che influisce negativamente

sulla sintomatologia in atto e che talvolta possono essere il trigger delle riacutizzazioni di malattia.

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13 1.3.2 Fattori del paziente

Nella eziologia si annoverano inoltre fattori del paziente:

- la familiarità per HS, positiva in 1/3 dei casi. Un esempio è il riscontro della mutazione in eterozigosi delle subunità geniche delle γ secretasi nella rara forma di HS autosomica dominante studiata in 53 famiglie cinesi19. In tali famiglie i soggetti portatori hanno sviluppato lo stesso fenotipo, che consiste in: prevalenza nei pazienti di sesso maschile, esordio precoce e coinvolgimento più grave di regioni atipiche come il collo e la schiena20. Ulteriori mutazioni nelle subunità delle γ secretasi sono state trovate in famiglie britanniche, cinesi, giapponesi e francesi21. La maggior parte delle mutazioni di questo enzima, in HS comporta la

riduzione dell’attività proteasica e l’attenuazione del segnale Notch22. È interessante notare che i topi con tali attività compromesse, hanno mostrato alterazioni cutanee simili a quelle osservate nei pazienti con HS, tra cui la cheratinizzazione follicolare, l'atrofia follicolare, la formazione di cisti epidermiche e l’iperplasia epidermica. La mutazione delle γ secretasi sembra che determini fino al 5% dei casi di idrosadenite23.

- il sesso femminile. La malattia risulta essere da 3 a 4 volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini, anche se nel sesso maschile spesso il quadro clinico è più grave.24

- le Sindromi Genetiche che predispongono ad una cheratinizzazione e ostruzione follicolare come la Sindrome di Dowling-Degos, la Pachionichia congenita di Jackson-Lawler, la Sindrome cheratite-ittiosi-sordità o la Sindrome di Fox-Fordice25.

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- la pregressa storia di acne conglobata e perifollicolite. In particolare, si ha spesso la presenza della HS nella cosiddetta tetrade dell’occlusione follicolare: idrosadenite suppurativa, acne conglobata, cisti pilonidale e cellulite dissecante del cuoio capelluto. Per quanto riguarda l’acne volgare, essa non sembra essere comorbidità della patologia in esame26 e non è detto che la gravità dell’acne implichi una conseguente gravità dell’Idrosadenite27. Nel sottocapitolo 1.5 dedicato alla patogenesi, verrà meglio approfondita la differenza tra acne volgare e HS.

- il diabete, la Sindrome metabolica, la Sindrome dell’ovaio policistico ed i conseguenti squilibri ormonali. In particolare, riferendosi alla HS del bambino, sembrano coinvolti setting endocrinologici alterati come l’adrenarca precoce e l’iperandrogenismo28. Più in generale, gli androgeni sembrano avere un ruolo

importante nell’innesco della malattia soprattutto in soggetti particolarmente sensibili che sono spesso di sesso femminile ed hanno l’esordio della malattia coincidente con il menarca, oppure sviluppano le riacutizzazioni in corrispondenza del ciclo mestruale e della gravidanza29.

Sabat et al. hanno riferito che i pazienti affetti da HS hanno una prevalenza significativamente maggiore della S.me metabolica (p <0.05, odds ratio (OR) 4.46) e di quasi tutte le sue componenti, vale a dire obesità centrale (OR 5.88), ipertrigliceridemia (OR 2.24), ipo-HDL-colesterolemia (OR 4.56) e iperglicemia (OR 4.09) 30 rispetto ai controlli sani.

Aspetto notevole da osservare è che la S.me metabolica colpisce un numero estremamente elevato di giovani pazienti con HS (pazienti <35 anni, OR 6.18)31.

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- Le malattie infiammatorie croniche intestinali e in particolare il Morbo di Crohn del quale l’Idrosadenite è stata ipotizzata essere una delle varie presentazioni cliniche32. La colite ulcerosa è invece meno frequentemente

associata alla HS33.

- L’artrite e la spondiloartropatia34. Le artropatie hanno prevalenza maggiore nei

pazienti con HS e spesso ne precedono la comparsa35,36. Alcune sindromi autoinfiammatorie che comprendono l’artrite sono connesse all’idrosadenite, per esempio la PAPA (artrite piogenica, acne e pioderma gangrenoso) e la SAPHO (sinovite, acne, pustolosi e osteite)37,38.

- la psoriasi, patologia spesso compresente all’Idrosadenite. Tale associazione è riscontrabile soprattutto nelle donne39. Da alcuni studi è stato osservato inoltre, che nella coorte di pazienti con HS e spondiloartrite, il 9% presenta anche placche psoriasiche e l’11% una pustolosi palmo plantare40.

- Più in generale tutti gli squilibri auto infiammatori, che possono essere anche sincroni in sindromi estremamente gravi, come la PASH (Pyoderma Gangrenoso, Acne, Idrosadenite Suppurativa)41. I pazienti con pathway di infiammazione alterati presentano esami laboratoristici che mostrano alti livelli di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e di TNF-α.

Il mantenimento del quadro infiammatorio e l’incapacità di sconfiggere le eventuali infezioni batteriche sono da afferire anche a squilibri immunitari come espressioni anomale delle proteine antimicrobiche, deficienza di IL-20 e IL-22 o

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eccesso di IL-10. Inoltre, sia l’immunità adattativa che innata regolano l’aterogenesi42 e questo ha dato il via a numerosi studi che hanno indagato la

correlazione tra aterosclerosi (e conseguente rischio cardiovascolare) e idrosadenite; tali approfondimenti hanno evidenziato il maggior riscontro di aterosclerosi subclinica in questi pazienti rispetto alla popolazione sana43. Il

rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti con HS è stato anche valutato in uno studio su una coorte danese di 5.964 soggetti utilizzando dati raccolti tra il 1997 e il 2011. Rispetto ai controlli, i pazienti con HS hanno un aumentato rischio di ictus ischemico e morte per eventi cardiovascolari maggiori44.

1.4 Complicanze

Complicanze acute45

Una Super-infezione acuta da S. aureus e / o S. pyogenes è estremamente rara.

Complicanze croniche locali46,47

La ostruzione linfatica e il linfedema, la elefantiasi scrotale possono complicare a lungo l’infiammazione della zona anogenitale.

Se la patologia non viene trattata per lungo tempo, si possono avere complicanze particolari e altrimenti infrequenti come: fistole uretrali, vescicali, rettali o peritoneali. Per considerarle complicanza di HS di lunga data è però necessario escludere la malattia di Crohn.

Anche il carcinoma a cellule squamose può derivare da lesioni croniche (10-30 anni di evoluzione) in particolare nel sesso maschile (alcune segnalazioni isolate nelle donne) soprattutto nella regione glutea; è stata recentemente pubblicata una revisione di più di

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50 casi pubblicati. La diagnosi di carcinoma è di solito tardiva e quindi la prognosi è infausta; è per questo che dovrebbe essere eseguita una biopsia in ogni lesione duratura dell'area glutea.

Complicanze croniche sistemiche48,49

Si annoverano la suppurazione cronica a stadi gravi e diffusi, l’anemia, l’ipoproteinemia ed i disturbi reumatologici. L'amiloidosi è rimasta più come un retaggio storico poiché divenuta complicanza assai rara.

1.5 Patogenesi

Fondamentale è distinguere la patogenesi della malattia in esame da quella dell’acne, dal momento che in passato un erroneo appellativo coniato per indicare l’Idrosadenite Suppurativa è stato proprio quello di “acne inversa”.

L’acne volgare, vede collocato il primum movens dello sviluppo della patologia nell’iperproduzione di sebo da parte della ghiandola sebacea e questo è dovuto o ad una base genetica del soggetto o a fattori come l’IGF e i neuro peptidi. Seguono altri tre momenti patogenetici: la colonizzazione della ghiandola da parte del batterio Propionibacterium Acnes, lo sviluppo di un’alterata cheratinizzazione con occlusione del follicolo pilifero e in ultimo l’attivazione della cascata auto infiammatoria di NFκb. Nell’HS il processo auto infiammatorio cronico dell’unità pilo sebacea e l’occlusione dello sbocco del follicolo sembrano invece essere l’evento scatenante della patologia50.

L’infiammazione della ghiandola apocrina è invece un evento secondario all’occlusione. Innegabile anche nella HS la possibile compartecipazione infiammatoria di agenti infettivi come lo Stafilococco aureo e altri stafilococchi, soprattutto coagulasi negativi51

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(Tabella 1.1), anche se ad oggi sembra più probabile che rivestano solo un ruolo minore e tardivo nello sviluppo clinico della patologia52.

Tabella 1.1 Normale microflora batterica della pelle.

Microflora batterica fisiologica

Genitali

Staphylococcus hominis, Staphylococcus epidermidis e Staphylococcus haemolyticus

Ascella, perineo, inguine Micrococcus, il Micrococcus luteus, varietà di Micrococcus

Inguine e ascelle

Propionibacterium acnes, Propionibacterium granulosum, Propionibacterium avidum, Acinetobacter.

Tali agenti patogeni possono infatti essere la causa della suppurazione o del cattivo odore delle secrezioni ascessuali poiché i tessuti necrotici vanno incontro a sovra infezione batterica.

Oltre a tutto questo, non è da sottovalutare il ruolo dei biofilm batterici nel mantenimento della infiammazione: se si ha alterazione o deplezione della flora microbiologica fisiologica della pelle in un distretto, si può innescare una sregolata risposta infiammatoria immuno-mediata ad altri batteri normalmente innocui con attivazione dell’inflammosoma.

I biofilm sono osservati in una varietà di malattie e sono associati a lesioni infiammatorie croniche che vanno in contro ad eventi di riacutizzazione. Spesso il biofilm si denota come un distretto sequestrato, e quindi resistente ai trattamenti antibiotici con estrema difficoltà nella gestione. Gli adattamenti metabolici batterici spesso riducono l'efficacia

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degli agenti antimicrobici, rendendo le lesioni più difficili da trattare53. Lo sviluppo del

biofilm produce anche una barriera fisica, contribuendo ulteriormente alla diminuzione dell'efficacia antibiotica. I tre ceppi di batteri più comunemente implicati nei biofilm sono Pseudomonas aeruginosa, Enterococcus faecalis e S. aureus54.

Un recente studio ha valutato le biopsie perilesionali di 42 pazienti con HS cronica ed ha scoperto che il 67% dei campioni ha mostrato prove di biofilm. Biofilm più grandi sono stati associati ad una patologia più estesa55. È interessante notare che un altro studio che

ha avuto come oggetto le lesioni acute in 10 pazienti, ha trovato prove di biofilm56. Anche

se la dimensione del campione è piccola, questa constatazione supporta la teoria attuale che i biofilm si sviluppano in lesioni croniche.

La patogenesi della Idrosadenite Suppurativa non è ancora stata descritta nella sua interezza, ma ci è nota in alcune parti grazie a reperti bioptici di lesioni precoci che hanno evidenziato una infundibolofollicolite cronica con circostante linfocitosi. Questa infiammazione precede l’occlusione del follicolo pilifero e la sua conseguente dilatazione57. Tale caratteristica dilatazione dei follicoli con morfologia detta “a bottiglia di champagne” è talune volte rilevabile all’indagine ultrasonografica anche nella cute clinicamente sana.

In seguito, la lesione evolve e si crea una breccia nell’epitelio del follicolo dilatato con conseguente liberazione nel tessuto circostante di fibre di cheratina, frammenti di pelo e batteri. Questo evento induce una reazione infiammatoria simile a quella da corpo estraneo, con afflusso per chemiotassi di istiociti e neutrofili e formazione di cellule giganti multinucleate. Questo pool di cellule immunitarie è la causa della presenza di alti livelli di citochine pro-infiammatorie nel tessuto lesionale e perilesionale: IL-1β, IL-6, IL-8, IL-17 e TNF α sono significativamente più alti nei pazienti con idrosadenite che

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nella popolazione di controllo58,59,60 . L’ infiammazione profonda delineatasi può esitare nella formazione di un ascesso con eventuale risoluzione e cicatrizzazione. Le lesioni mature sono popolate da numerose mastcellule che secernono abbondante istamina, la quale riesce ad attraversare la membrana basale per giungere a stimolare i cheratinociti, che sono così indotti a implementare la propria produzione di TNF-α e metalloproteinasi61. Le metalloproteinasi, o collagenasi, sembrano essere la spiegazione all’osservazione della vasta perdita di tessuto alla quale vanno in contro alcuni pazienti62.

In associazione a ciò, i cheratinociti non fagocitati e le cellule staminali follicolari possono epitelizzare il derma profondo e la cavità risultante dalla necrosi dell’unità pilo sebacea creando tramiti fistolosi che sboccano sulla superficie dell’epidermide sovrastante.63,64

1.6 Clinica

Clinicamente la patologia ha un esordio insidioso, infatti il paziente presenta sintomi aspecifici come una sensazione di disagio e dolore moderato con eritema, prurito, bruciore e iperidrosi65.

L’andamento della sintomatologia è ricorrente e si riacutizza periodicamente, talvolta in seguito a determinati stimoli (stagionalità, attività fisica, fumo, cibi ricchi di zuccheri e grassi…). In seguito, però compaiono le lesioni elementari patognomoniche di HS, che sono noduli profondi sottocutanei infiammatori, ascessi, fistole drenanti o doppi comedoni (tombstone), il tutto accompagnato da dolore spontaneo e/o provocato dei distretti interessati.

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21 Le tipiche lesioni cutanee si possono suddividere in:

• Primarie: noduli e ascessi;

• Secondarie: tunnel e fistole drenanti; • Terziarie: doppi comedoni e cicatrici66.

In base alla gravità della malattia si può avere un numero maggiore o minore di lesioni ed un coinvolgimento più o meno diffuso della superficie corporea, tenendo conto che il loro tipico pattern di localizzazione segue l’andamento delle “milkline” (linee di localizzazione del tessuto mammario correlato alle ghiandole apocrine nei mammiferi) (Fig 1.1). L’evoluzione delle lesioni spesso esita in una cicatrizzazione estesa, deturpante ed invalidante, che può essere ipertrofica (cheloidi) o atrofica. La retrazione epiteliale che ne consegue e la considerevole perdita di sostanza che taluni pazienti riportano sono causa di limitazioni motorie degli arti o fonte di disagio e isolamento sociale67. Anche il dolore e il cattivo odore che può scaturire dalle lesioni con suppurazione contribuiscono allo stato di prostrazione ed al decadimento della qualità della vita dei pazienti affetti.

Inoltre, l’evoluzione fistolosa delle lesioni soprattutto perineali e perianali può portare a esiti invalidanti come fistole e stenosi uretrali e anali68 con conseguenti incontinenza urinaria e fecale69.

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Se l’infezione è particolarmente grave e diviene sistemica, possono manifestarsi febbre e setticemia oppure infezione dei tessuti profondi come il tessuto osseo e conseguente osteomielite70.

Raramente possiamo addirittura assistere ad una degenerazione in lesioni carcinomatose a cellule squamose71,72 o ad una comparsa di elefantiasi scrotale73.

Di seguito un riassunto74 delle diciture corrette per riferirsi alle lesioni nella HS, revisionate da Freystz, Jemec e Lipsker e pubblicate sul British Journal of Dermatology nel 2015:

Lesioni Palpabili

Lesioni generalmente in rilievo A contenuto solido

Papula: lesione in rilievo dai contorni netti di diametro < o = 10 mm; Placca: lesione in rilievo di diametro > 10 mm, più estesa che rilevata; Nodulo: lesione in rilievo, tondeggiante, di diametro > 10 mm;

Cresta: lesione palpabile allungata e sottile;

Cordone: lesione lineare che alla palpazione fa supporre una corda. Variazioni morfologiche della corda:

Briglia: striscia di pelle che può o meno essere una corda, che connette due zone anatomiche causando delle aderenze;

Filo: corda sottile, stretta. A contenuto liquido

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23 Lesioni depresse

Aggettivi che descrivono la morfologia delle lesioni depresse della pelle: Superficiale

Profonda Erosa Puntata

Cribriforme: con molteplici piccole, superficiali, depressioni circolari cutanee punteggiate sulla superficie della pelle;

Honeycomb: con molteplici depressioni uniformi a favo – è una variante del cribriforme;

Cripta: con depressioni irregolari della pelle con crepe e fissurazioni.

Alterazioni della superficie della pelle

Superficie assottigliata

Atrofia: assottigliamento del tegumento; perdita di elasticità; dall’aspetto liscio e perlaceo.

Superficie rotta

Tunnel: apertura di lunghezza e profondità variabili, che termina alla superficie epiteliale, e che talvolta stilla secreto fluido.

Aggettivi che descrivono più minuziosamente un tunnel Drenante

Non drenante

Poro: aperture che non si estende oltre l’epidermide e spesso collegata a una struttura della pelle come l’unità pilosebacea o il dotto delle ghiandole sudoripare; per esempio un comedone è un tipo speciale di poro.

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Aggettivi che descrivono più minuziosamente un comedone Poro unico;

Interconnesso (tombstone). Perdita di superficie epiteliale

Ulcerazione: complete perdita di sostanza profonda.

Lesioni interconnesse

Ponte: un cordone posto a ponte su una depressione cutanea e che connette i due bordi della depressione.

Le aree corporee più frequentemente interessate dalle lesioni sono le aree frizionali come ascelle, inguine, pieghe sottomammarie, pieghe intermammarie e le regioni perineale e perianale, ove si ha una copresenza di stimolo lesivo meccanico, grande concentrazione di ghiandole apocrine e permanenza di sudore con correlata macerazione dei tessuti e possibile proliferazione e infezione batterica75. Se le pieghe cutanee a cui ci stiamo riferendo sono pari (come le inguinali), spesso si ha un loro coinvolgimento bilaterale. Zone di meno frequente interessamento e quindi denominate siti atipici di lesione sono: il petto, il cuoio capelluto, la schiena, l’addome (soprattutto nella zona frizionale della cintura), le gambe, il viso e le porzioni retroauricolare o nucale76.

E’ osservabile un coinvolgimento diverso dei distretti in base al sesso del paziente: • il sesso femminile vede più spesso coinvolte primariamente le pieghe sotto e

intermammarie, le ascelle e l’inguine;

• il sesso maschile ha frequente interessamento posteriore perianale o delle sedi atipiche77.

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Anche la localizzazione delle lesioni sottolinea quanto l’Idrosadenite Suppurativa possa essere condizionante nella vita quotidiana: le lesioni (soprattutto perianali e perineali) sono spesso dolorose, drenanti pus malodorante e deturpanti. Ne consegue una incapacità del paziente a stare seduto, a camminare, ad accettare la propria immagine corporea, a socializzare o vivere serenamente la propria vita sessuale78. Ecco che prende forma così

uno stile di vita isolato79, di assenteismo e improduttività sul lavoro (o addirittura di disoccupazione80), di ansia e di depressione mentale (che sfociano spesso nell’abuso di droghe o alcool)81,82. In particolare le comorbidità psichiatriche sembrano di prevalenza maggiore nel sesso femminile.

1.7 Diagnosi

La diagnosi di Idrosadenite Suppurativa non può prescindere dall’indagine anamnestica del paziente e dall’osservazione di segni e sintomi. E’ importante andare a ricercare le lesioni tipiche della malattia (noduli, ascessi, fistole, tombstone, cicatrici depresse), esaminando tutti i distretti corporei partendo da quelli più frequenti in HS.

Le linee guida per l’HS del 2017 individuano dei criteri diagnostici primari e secondari a cui attenersi83 (Tabella 1.2; Tabella 1.3).

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Tabella 1.2 Criteri diagnostici primari per la diagnosi di HS.

Criteri primari

Anamnesi

Lesioni dolorose o suppuranti ricorrenti per più di due volte nell’arco di 6 mesi.

Segni

Coinvolgimento di ascella, area genito-femorale, perineo, area glutea e zona inframammaria nelle donne. Presenza di noduli (infiammati o non infiammati). Sinus tract (infiammati o non infiammati), ascessi, cicatrici (atrofiche, rosse, ipertrofiche o lineari).

Tabella 1.3 Criteri diagnostici secondari per la diagnosi di HS.

Criteri secondari

Anamnesi Storia familiare di HS Microbiologia

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27

Per ottenere una diagnosi di certezza, il Dermatologo potrà avvalersi di ulteriori strumenti da integrare all’osservazione clinica del paziente: calcolo di score, questionari da somministrare al paziente, indagine del setting autoinfiammatorio tramite biomarker, biopsia cutanea, ecografia.

1.7.1 Score Clinici

Vengono elaborati dal Medico Specialista: sono necessari per stabilire grading e staging e vengono frequentemente utilizzati nella pratica clinica.

Vediamone alcuni:

▪ Score di Hurley  Proposto da Hurley nel 1989, serve a stadiare la malattia secondo tre livelli di gravità (Tabella 1.4)84 .

E’ il più utilizzato poiché semplice e fruibile anche se presenta delle limitazioni: è statico e puramente qualitativo-descrittivo, in quanto da uno stadio II non è possibile tornare ad uno stadio I, nemmeno a fronte di una remissione della patologia. Questo perché nei criteri per l’inclusione nello stadio II è compresa la presenza di esiti cicatriziali ed essi permangono immutati anche se lo stato infiammatorio viene risolto.

Lo score di Hurley è però utile per valutare quale terapia mettere in atto, poichè per uno stadio I (Fig. 1.2) sarà sufficiente la terapia medica topica o sistemica, per uno stadio II (Fig. 1.3) si dovrà aggiungere eventuali terapie chirurgiche locali (come per esempio la terapia laser) con guarigione per seconda intenzione, mentre per lo stadio III (Fig. 1.4) la gravità della patologia potrà essere fronteggiata solo con interventi chirurgici estesi ed invasivi85 e con prolungate terapie mediche sistemiche.

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28

Tabella 1.4 Score di Hurley

Hurley Score

Stadio I Formazioni ascessuali singole o multiple senza tramiti fistolosi e senza esiti cicatriziali.

Stadio II

Ascessi ricorrenti con fistole e cicatrici; lesioni estese separate singole o multiple.

Stadio III

interessamento diffuso o abbastanza esteso, o Tratti con interconnessioni multiple e ascessi nell’intera area coinvolta.

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Fig. 1.3 Ascessi ascellari e cicatrici a ponte in pz Hurley II.

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▪ Sartorius Score  è lo score per l’idrosadenite modificato (HSS) creato nel 2003 da Sartorius et al86; aggiunge all’Hurley una valutazione dell’attività di

malattia.

E’ inoltre sensibile alla evoluzione delle lesioni a seguito della terapia e prende in considerazione la gravità delle lesioni singole87.

E’ stato il primo score malattia-specifico e presenta una maggior dinamicità rispetto all’Hurley, anche se comporta l’impiego di più tempo per formularlo e una maggior complessità di calcolo (Tabella 1.5)88.

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31

▪ HS-PGA  Physician Global Assessment in HS. Prevede sei stadi dinamici, in cui il paziente può essere ricollocato in base alla sua evoluzione clinica a seguito di terapia. E’ quindi utile per il follow-up89, anche se per i pazienti ubicati nel

sesto stadio (quello a gravità maggiore) talvolta risulta insufficiente poiché non rende giustizia ai loro progressi dopo terapia ed è difficile che tornino classificabili in uno stadio quinto nonostante gli eventuali miglioramenti sostanziali90. I sei stadi sono riportati nella Tabella 1.6.

Tabella 1.6 HS PGA

HS PGA

Libero da malattia zero ascessi, fistole drenanti, noduli infiammatori e non.

Minimo zero ascessi, fistole drenanti, noduli infiammatori ma presenza di noduli non infiammatori.

Lieve zero ascessi e fistole drenanti ma con noduli infiammatori da 1 a 4 oppure 1 ascesso o fistola drenante e 0 noduli infiammatori.

Moderato

zero ascessi e fistole drenanti ma con 5 o + noduli infiammatori, oppure 1 ascesso o fistola drenante e 1 o + noduli infiammatori, oppure da 2 a 5 ascessi o fistole drenanti con meno di 10 noduli infiammatori.

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32

▪ AISI  Acne Inversa Severity Index. Score non ancora validato, è interessante perché contempla la valutazione della scala VAS del dolore.

▪ HSSI  HS Severity Index. Indica la gravità della malattia aggiungendo come dato il numero di cambi delle medicazioni. Introdotto da Kerdel et al.91, analizza parametri oggettivi e soggettivi ed è stato impiegato per valutare l’efficiacia della terapia con Infliximab92.

▪ HiSCR  HS Clinical Response. Esprime la risposta del paziente alla terapia in atto. E’ l’indice di più recente introduzione clinica e prende efficacemente in considerazione il numero di noduli infiammatori, ascessi e fistole drenanti presenti allo stadio basale e dopo un periodo di terapia, al fine di elaborare la percentuale di miglioramento della condizione del paziente.

Per decretare raggiunto il cut off dello score, devono essere contemporaneamente soddisfatte tre condizioni:

Almeno una riduzione del 50% del totale fra ascessi e

noduli infiammatori Nessun aumento del numero di

ascessi Nessun aumento del numero di fistole drenanti rispetto al basale

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33 1.7.2 Questionnaire based diagnosis

La “Questionnaire based diagnosis” di Idrosadenite è stata approfondita da Esmann, Dufour e Jemec per sondare l’efficacia e l’accuratezza diagnostica di alcune semplici domande che si sono dimostrate sensibili e specifiche per la patologia in esame93. E’ stato

appurato che una risposta positiva alla domanda :

“Ha avuto eruzione di bolle negli ultimi sei mesi (con un minimo di due bolle) in una delle seguenti regioni: ascellare, inguinale, genitale, sottomammaria e in altre non specificate (come perianale, nucale, addominale)?”

identificherebbe i pazienti affetti da Idrosadenite con una senibilità del 90% e una specificità del 97%94.

1.7.3 Biomarker di HS

Indubbiamente la Proteina C reattiva può essere utile, ma purtroppo è molto aspecifica e necessita di ulteriori test di convalida95. Invece i livelli di recettore solubile per la IL-2 sembrano sufficientemente sensibili e specifici, anche se non rispecchiano la gravità di malattia: non è detto che ad alti livelli di recettore corrisponda una maggior severità del quadro96,97. Questa corrispondenza biunivoca sembra essere valida se analizziamo un altro biomarker, l’ S100A8/A9 il quale, oltre ad essere sensibile e specifico, mostra anche una relazione “dose-effetto” 98.

Ad oggi molte citochine sono candidabili a marker di HS: IL-17, IL-23, IL-12, IL-10, IL-1β, TNF-α risultano tutte aumentate nei pazienti con idrosadenite, ma non è ancora chiaro quale di esse poter eleggere marcatore ottimale, specifico e sensibile.

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34 1.7.4 Biopsia cutanea

Non è necessaria per la diagnosi ma, soprattutto se la presentazione è atipica, può essere utile nella diagnosi differenziale con altre lesioni, come il carcinoma a cellule squamose. Reperti bioptici tipici in Idrosadenite sono:

▪ ipercheratosi follicolare; ▪ occlusione follicolare; ▪ dilatazione follicolare;

▪ perifollicolite con linfocitosi99.

1.7.5 Ecografia

Valido supporto e integrazione per gli score clinici, indaga in tempo reale ed in maniera non invasiva i distretti corporei permettendo l’identificazione anche di lesioni precoci o subcliniche.

L’ultrasonografia con sonde ad alta frequenza sarà approfondita nei Capitoli 2 e 3.

1.7.6 Il ritardo diagnostico

Il sospetto diagnostico dovrebbe poter sorgere anche al Medico di Medicina Generale (consultato come prima risorsa dal 40-70% dei pazienti), ma ciò purtroppo si verifica di rado a causa della elitaria conoscenza della malattia. Il paziente entra così in un circolo vizioso di diagnosi incerte o addirittura errate100.

Ed ecco subito evidenziato uno dei gravi problemi della patologia in esame: il ritardo diagnostico, lasso di tempo in cui il paziente vede ricorrere i sintomi con progressivo accentuarsi della gravità delle lesioni e della resistenza alle terapie.

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35

Esso è stimato essere un periodo che varia da 0 a 4 anni nel 59% dei casi, da 5 a 10 anni nel 15.9%, da 11 a 15 anni nel 9% e più di 15 anni nel 15.9%101; tutto questo in un ambito in cui già un ritardo di 2 anni è considerato significativo102.

Particolare è il risultato di uno studio in cui si è mostrato evidente il maggior ritardo nel presentarsi all’osservazione del medico soprattutto nei pazienti con familiarità positiva per la malattia103. Strategia terapeutica fondamentale per la buona riuscita dei trattamenti ed il controllo di malattia è infatti l’intervento precoce, che purtroppo raramente può essere messo in atto. Il paziente stesso inizialmente è solito sottovalutare le lesioni, giungendo all’osservazione del medico quando ormai il quadro è avanzato e la qualità della vita del soggetto compromessa.

1.7.7 Diagnosi Differenziale

Sovente l’idrosadenite viene confusa con altre affezioni, anche a causa delle sue molteplici e variegate manifestazioni cliniche.

Una diagnosi differenziale deve essere condotta con104:

▪ Piodermite follicolare (carbonchio, foruncolosi, follicolite; recedono rapidamente dopo adeguata terapia antibiotica sistemica o locale poiché dovuti a infezioni batteriche come quelle da Stafilococco; in particolare le infezioni da Stafilococco sono caratterizzate da lesioni pustolose senza predilezione delle pieghe cutanee come localizzazione)105;

▪ Linfogranuloma venereo87 (dovuto a infezione da Chlamydia trachomatis) e

Granuloma inguinale (dovuto ad un’infezione sessualmente trasmessa da Klebsiella Granulomatis, che però si presenta come un’ulcera), Sifilide noduloulcerativa;

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36 ▪ Tubercolosi cutanea87,106;

▪ Crohn Cutaneo87 (anche se non bisogna dimenticare che un paziente che da lungo

tempo presenta il morbo di Crohn può andare in contro a sviluppo sovrapposto di idrosadenite107,108);

▪ Actinomicosi cutanea87;

▪ Ascesso semplice perirettale o in altra sede87;

▪ Neoplasie primarie o secondarie87;

▪ Tularemia109.

1.8 Cenni di terapia

Non esiste una terapia definitiva per l’HS poiché la malattia è cronica e recidivante. Gli obiettivi che quindi si prefigge la terapia sono: scongiurare le riacutizzazioni e la comparsa di nuove lesioni, risolvere le lesioni presenti e portare in remissione la sintomatologia dolorosa e l’infiammazione110.

Con l’utilizzo di farmaci di ultima generazione e di tecniche chirurgiche sempre più raffinate, oggi è possibile mandare in remissione e tenere sotto controllo molti pazienti affetti.

Una prima precisazione nell’ambito del percorso terapeutico si basa sul concetto di “diagnosi ritardata” già esposto nel sottocapitolo 1.7.6: a causa della difficoltà nella formulazione della diagnosi corretta, spesso il paziente è sottoposto a diversi cicli di terapie (soprattutto antibiotici a somministrazione locale o sistemici a cicli brevi) che si rivelano insufficienti nel controllo della malattia e talvolta dannosi poiché portano allo sviluppo di resistenze batteriche e riduzione del pool farmacologico efficace per i trattamenti successivi.

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37

Ecco quindi evidente che possiamo in primis identificare un trattamento pre-diagnosi e un trattamento post-diagnosi di certezza111.

Dopo aver raggiunto una diagnosi corretta e certa, la terapia viene impostata in base allo score di Hurley e ad una eventuale valutazione ecografica delle lesioni. Indubbiamente bisogna anche tener conto delle esigenze di ciascun caso specifico per meglio conformarsi alle sfaccettature del paziente: la sua volontà e affidabilità, la tolleranza alle medicazioni frequenti, le comorbidità associate, i costi e la reperibilità dei farmaci112, le esigenze lavorative, l’età, etc…

Le possibili strategie perseguibili sono varie e spesso si compenetrano (Fig. 1.5)113: apportare modifiche alla dieta ed allo stile di vita come strategia preventiva delle riacutizzazioni, attuare un trattamento medico ed eventualmente uno chirurgico, avvalersi di ulteriori strumenti come la radioterapia, la fototerapia114,115 e la luce pulsata ad alta

intensità116.

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38 1.8.1 Trattamento preventivo e adiuvante

Dovrebbe essere intrapreso da tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità degli score clinici.

Consiste nella cessazione del fumo, nella limitazione del consumo di alcool e nel mantenimento di una dieta sana ed equilibrata con regolarizzazione del BMI.

Inoltre, il paziente dovrebbe prediligere l’utilizzo di abbigliamento non aderente e di cotone per diminuire lo stress meccanico e la sudorazione e dovrebbe avvalersi di saponi antibatterici117 delicati per una detersione della cute più efficace ma non aggressiva. Anche il supporto psicologico rappresenta una risorsa importante e dovrebbe poter essere offerto a tutti i malati di HS118.

1.8.2 Terapia medica

Le terapie farmacologiche possono essere locali o sistemiche e si utilizzano in fase attiva acuta per la gestione delle lesioni infiammatorie, o in fase di stato per il mantenimento dei periodi intercritici.

Talvolta è possibile optare per non somministrare terapie croniche e trattare solo le eventuali riacutizzazioni.

Sono impiegati in diverse formulazioni antibiotici, retinoidi, immunosoppressori, antidolorifici, ansiolitici e terapie ormonali119.

I farmaci ad uso locale sono utilizzati o per gli stadi lievi di malattia, o in aggiunta ad una terapia sistemica intrapresa per lesioni estese e casi refrattari.

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39 1.8.2.1 Farmaci ad uso topico

Fenoli resorcinolo 15% (unico esfoliante documentato da uno studio, che ha

preso in considerazione 12 donne trattate con resorcinolo topico 15% ed ha descritto un buon effetto del trattamento rispetto all'esperienza precedente, che comprendeva l'intervento chirurgico (12/12) e gli antibiotici (8/12)120. Il resorcinolo è un peeling chimico cheratolitico e antinfiammatorio efficace negli Hurley I e II121);

Antibiotici clindamicina 1% (spesso utilizzata come farmaco di prima linea per

lo stadio I o lieve stadio II di malattia e soprattutto su lesioni superficiali 122, da applicare 2 volte al giorno sulle lesioni per 3 mesi.

È stata testata in un trial randomizzato a doppio cieco di 27 pazienti con stadio I o lieve stadio II di Hurley123. I pazienti sono stati trattati con clindamicina topica 0,1% o placebo. I pazienti e i medici hanno fatto valutazioni mensili dell'effetto complessivo su ascessi e noduli. Tutte le valutazioni dei pazienti erano in favore della clindamicina (p <0,01); l'effetto più significativo è stato osservato su lesioni superficiali, cioè follicolite, papule, pustole; l'effetto sulle lesioni profonde, ovvero noduli ed ascessi, è risultato invece basso);

Corticosteroidi intralesionali triamcinolone acetonide intralesionale (5-10

mg/ml comporta la rapida riduzione dell'infiammazione associata a riacutizzazioni e la gestione dei noduli recidivanti e dei sinus tract124. Viene utilizzato sia in monoterapia, che in modo additivo alle terapie sistemiche. Quando efficace, si osserva una risposta clinica (appiattimento, risoluzione o

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40

drenaggio spontaneo dei noduli) entro 48-72 ore. La terapia è controindicata se esiste un sospetto clinico di infezione batterica.

Le complicanze locali includono atrofia, cambiamento della pigmentazione e telangectasia. Effetti indesiderati sistemici a dosi raccomandate sono rari125. La superinfezione come complicanza è riportata come rara126.

1.8.2.2. Farmaci sistemici

Antibiotici abbiamo diverse possibilità in monoterapia o in associazione:

tetraciclina (500 mg due volte al giorno per quattro mesi127);

clindamicina + rifampicina (tre studi che hanno coinvolto 114 pazienti hanno esplorato l’uso combinato di questi due farmaci nel trattamento dell’HS concludendo unanimi riguardo la loro efficacia se somministrate con i seguenti dosaggi: clindamicina 300 mg 2 volte al giorno per tre mesi e rifampicina 600 mg una o due volte al giorno128,129,130.

Non tutte le scuole di pensiero sono concordi sulla gestione farmacologica del paziente: in Francia, ad esempio, non prescrivono antibiotici come la clindamicina per lunghi periodi per paura di complicanze come la proliferazione del Clostridium difficile e le relative sequele gastrointestinali131,132);

rifampicina + moxifloxacina + metronidazolo (è stata descritta come associazione efficace in uno studio retrospettivo su 28 pazienti con stadio II e III di Hurley resistente al trattamento tradizionale. Gli effetti negativi principali sono stati i disturbi gastrointestinali (64% dei pazienti) e candidosi vulvovaginale (35% dei pazienti)133);

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41

dapsone (utilizzato soprattutto negli Hurley I e II134,135, la sua azione antibatterica e antinfiammatoria sembra essere migliore nelle fasi di mantenimento e di prevenzione).

Agenti immunosoppressori ciclosporina A (2-6 mg/kg al giorno per un

periodo che va da 6 settimane a 7 mesi136,137) e prednisone (0.5-0.7 mg/kg al giorno per pochi giorni al fine di sfiammare le riacutizzazioni138).

Retinoidi orali acitretina ad alto dosaggio (0,6 mg/kg al giorno per un anno

può portare in remissione i sintomi anche per alcuni mesi dal termine della terapia139. La sua efficacia è dovuta al fatto che influenza il ciclo di crescita delle cellule cutanee assottigliando lo strato corneo140).

Terapie ormonali antiandrogeni come ciproterone acetato141 (100 mg al giorno), finasteride142,143 (5 mg al giorno), norgestrel contenuto nella pillola anticoncezionale144 (da utilizzare almeno per 6 mesi) sono stati oggetto di studio e ne è stata dimostrata l’efficacia.

Farmaci biologici sono farmaci anti TNF-α o anti recettore per l’IL-1 e sono

destinati ai casi in stadio di malattia moderato/grave che non rispondono alle terapie convenzionali. Gli anti TNF-α devono essere utilizzati per lunghi periodi o a vita, poiché la loro cessazione comporta la ricorrenza della malattia145,146. Inoltre, proprio per l’azione depressiva sulla risposta immunitaria, i pazienti candidati all’utilizzo di questi farmaci devono essere sottoposti ad un approfondito

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42

screening per possibili infezioni attive o condizioni a rischio come: epatite virale, HIV, tubercolosi, infezioni acute e gravidanza147.

Nella categoria degli anti TNF-α si annoverano:

o adalimumab (farmaco che ha una buona efficacia che permette quasi sempre un dimezzamento del numero di noduli e ascessi148. Due studi randomizzati

open label di fase II, hanno determinato che la somministrazione settimanale di adalimumab ha migliorato la sintomatologia clinica rispetto ai controlli ai quali è stato somministrato un placebo149,150. In seguito a questi, due studi di fase III, PIONEER I e II, hanno evidenziato una risposta clinica migliore nel gruppo in trattamento con adalimumab rispetto al placebo dopo 12 settimane. In particolare, in PIONEER I il 41,8% del gruppo trattato ha raggiunto l’HiSCR paragonato al 26,0% del gruppo placebo (p = 0,003); in PIONEER II il 58,9% dei trattati ha raggiunto l’HiSCR rispetto al 27,6% dei placebo (p <0,001). PIONEER II ha mostrato anche un miglioramento statisticamente significativo nel Sartorius Score, da una media di 81,4 prima del trattamento a 52,5 alla settimana 12 (p <0,001)151. La somministrazione di adalimumab (Humira®) è settimanale sottocutanea);

o infliximab (di seconda linea perché, nonostante i buoni risultati ottenuti, è reso poco fruibile dalla sua via di somministrazione infusionale endovenosa152,153. Infliximab è stato uno dei primi inibitori del TNF-α

valutati per HS. In uno studio di fase II di otto settimane riguardante 20 pazienti con HS da moderata a grave trattati con infliximab, sono stati riportati significativi miglioramenti nel dolore, nella gravità della malattia clinica e nella qualità della vita rispetto ai controlli154. Successivamente, Moriarty et al. hanno ottimizzato i dosaggi somministrando infliximab ogni

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43

quattro settimane155. Anche se l’efficacia di infliximab è evidente, adalimumab offre una maggiore facilità di somministrazione in confronto ed è quindi da preferire156);

o etanercept (con risultati non dissimili al placebo157, quindi la sua efficacia è

dubbia158);

o ustekinumab (A causa del coinvolgimento delle vie IL-12/Th1 e IL-23/Th17 nella patogenesi dell'HS, è stato proposto come terapia in HS un anticorpo monoclonale umano che mira appunto a IL-12 e IL-23: ustekinumab. Il primo studio open label ha usato 45 o 90 mg di ustekinumab a 0, 4, 16 e 28 settimane, e ciò ha determinato un miglioramento del Sartorius Score nell'82% di 17 pazienti totali159);

o come anti IL-1 si ricorda anakinra (somministrato per iniezione sottocutanea giornaliera al dosaggio efficace più basso possibile per scongiurare l’esaurimento della sua azione160,161. I suoi risultati sembrano molto

promettenti, con una diminuzione sia degli score oggettivi che soggettivi a seguito di trattamento162. Due studi hanno riportato l'efficacia di anakinra per HS; il primo è uno studio open-label, in a cui cinque pazienti a cui sono stati somministrati 100 mg di anakinra sottocutanea hanno mostrato un miglioramento del Sartorius Score dopo 8 settimane163. Il secondo studio ha convalidato questi risultati nei pazienti Hurley II e III trattati con anakinra per 12 settimane. L’attività della malattia e i livelli di IFN-γ sono emersi significativamente diminuiti rispetto ai controlli164,165);

o ertapenem (farmaco oggetto di uno studio che ha valutato l'uso di ertapenem in pazienti con HS grave, somministrando 1 g di farmaco per via endovenosa (IV) per un ciclo di sei settimane. Questo ha determinato un miglioramento

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44

del Sartorius. Altri miglioramenti sono stati osservati durante i trattamenti di consolidamento successivi al ciclo di sei settimane. I pazienti che non hanno potuto completare il trattamento, hanno smesso di migliorare e alcuni sono tornati alla loro grave malattia di base166).

1.8.3 Terapia Chirurgica

Il trattamento chirurgico è sinergico alla terapia medica. Non esiste una procedura chirurgica standardizzata, dipende dalla sede interessata, dal paziente, dall’avanzamento della malattia.

L’obiettivo è quello di eliminare in toto i cheratinociti ed i loro frammenti nei noduli, negli ascessi e nelle fistole; questo può essere fatto rimuovendo la singola unità pilo sebacea interessata o effettuando una escissione in blocco dell’area cutanea coinvolta. Le resezioni estese sono riservate ai casi intrattabili di Hurley III167 ove ci si avvale anche di innesti o lembi cutanei168.

Ciò che modifica notevolmente l’outcome è la profondità di escissione, in quanto la guarigione per prima intenzione è la scelta preferibile, ma spesso bisogna ricorrere alla seconda intenzione, che ha ugualmente risultati soddisfacenti purché guidata nel modo corretto.

Vediamo di seguito elencate le diverse opzioni chirurgiche secondo le Linee Guida del 2017:

➢ Drenaggio degli ascessi e Curettage delle lesioni singole (procedura non raccomandata frequentemente a causa dell’alto tasso di recidive che implica169);

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45

➢ Elettrocoagulazione degli sbocchi cutanei (strategia talvolta curativa per le lesioni in stadio iniziale);

➢ Escissione totale delle lesioni e delle aree ad esse limitrofe (prima scelta nel trattamento chirurgico della idrosadenite poiché correlata ad un tasso di recidiva inferiore);

➢ Deroofing (tecnica di guarigione lenta per seconda intenzione con buona compliance; prevede la rimozione del tetto lesionale lasciando in sede il pavimento nell’attesa che esso si rigeneri. E’ una procedura rapida, economica e poco invasiva170 che esita in cicatrici dal risultato estetico accettabile nel rispetto della cute integra perilesionale171);

➢ Laser CO2 (vaporizzazione focale interna ed esterna di ciascun nodulo, ascesso o fistola risparmiando il tessuto sano interlesionale. E’ una procedura di escissione radicale per trattare aree piccole o estese in modo meno invasivo172, con rischio

di complicanze minimo, buona emostasi e cicatrici più contenute della chirurgia standard);

➢ NdYAG Laser (utilizzato negli Hurley I e II per diminuire il numero di follicoli piliferi e di ghiandole sebacee. La fototermolisi selettiva dei follicoli avviene quando si applica il laser per 40-100 msec con lunghezza d’onda come quella del range d’assorbimento della melanina (400-1000 nm)173).

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46 1.8.4 Team multidisciplinare

Come abbiamo visto in precedenza, la malattia ha ripercussioni vaste su salute e vita del soggetto.

Un indice attendibile della qualità della vita del paziente con HS è rappresentato dal

DLQI (Dermatology Quality of Life Index). E’ l’indice dermatologico della qualità di

vita nel paziente in esame. E’ importante da valutare e tenere in adeguata considerazione, in modo da poter strutturare un piano terapeutico che coinvolga un team di specialisti: dermatologo, chirurgo, psicologo, nutrizionista. Questa collaborazione multidisciplinare può permettere al paziente di meglio controllare la patologia e di mantenere un livello di qualità della vita soddisfacente174.

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47

CAPITOLO 2

USO DEGLI ULTRASUONI IN DERMATOLOGIA

2.1 Principi di fisica degli ultrasuoni175

L’ecografia (o ultrasonografia) è una tecnica di diagnostica per immagini basata sugli echi prodotti da un fascio di ultrasuoni che attraversa un organo o un tessuto. Per comprendere il suo funzionamento, bisogna richiamare i principi fisici degli ultrasuoni. Si definisce ultrasuono una onda meccanica sonora di frequenza superiore ai 20.000 Hz, valore che rappresenta la più alta frequenza percepibile dall’orecchio umano176.

Essendo onde meccaniche, hanno bisogno di un mezzo per propagarsi. Come tutte le onde sonore, possono essere descritte come dei fenomeni di compressione e rarefazione della materia, ovvero, su un piano cartesiano, come una linea sinusoidale in cui i picchi

Fig. 2.1: Rappresentazione di onde meccaniche longitudinali: principio di rarefazione e compressione e andamento sinusoidale su un piano cartesiano.

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positivi coincidono con la massima compressione e quelli negativi con la massima rarefazione177 (Fig. 2.1).

Di un’onda sonora (e quindi anche di un ultrasuono) possiamo definire:

- frequenza: numero di cicli al secondo, in Hertz. Gli ultrasuoni utilizzati in

diagnostica presentano frequenze nell’ordine di milioni di Hz ed hanno di conseguenza lunghezze d’onda di frazioni di millimetro;

- lunghezza d’onda: la distanza, in metri, tra due picchi di compressione o di

rarefazione;

- velocità di propagazione: frequenza × lunghezza d’onda = metri al secondo. La

velocità di propagazione degli ultrasuoni è costante in un mezzo omogeneo e proporzionale alla densità dello stesso. Le onde sonore si propagano meglio e più velocemente nei liquidi piuttosto che nell’aria. Quindi, i tessuti molli, che sono costituiti per la massima parte di acqua, si prestano in maniera particolare allo studio ecografico. Tuttavia, ogni mezzo oppone una certa resistenza alla propagazione di un’onda sonora. Questa resistenza è detta impedenza. L’impedenza rappresenta una proprietà fondamentale della materia ed è alla base della formazione degli echi. L’impedenza è direttamente proporzionale alla densità del materiale attraversato ed alla velocità del suono. La sua unità di misura è il Rayl;

- intensità: ovvero l’ampiezza delle onde, in watt/cm2, in Pascal o, più comunemente, in deciBel. Gli ultrasuoni utilizzati in diagnostica per immagini hanno un’intensità inferiore alla soglia in grado di provocare modificazioni permanenti nel mezzo attraversato;

- periodo: tempo che intercorre tra il passaggio di due fronti d’onda nello stesso

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49

Nella ultrasonografia il componente principale è detto trasduttore o sonda. Esso consta di una serie di cristalli piezoelettrici (con struttura molecolare tale per cui le cariche elettriche sono disposte in maniera ordinata e polarizzata a dare un piccolo dipolo) in grado di generare onde acustiche in risposta ad uno stimolo elettrico. Tali onde si propagano nei fluidi o nei tessuti circostanti (riflettori) venendo assorbite, riflesse o disperse.

La deformazione dei cristalli piezoelettrici è un fenomeno che può avvenire in ambedue le direzioni: l’impulso elettrico applicato alla sonda viene trasformato in deformazione/vibrazione dei cristalli (energia meccanica) e ciò genera l’onda incidente; a sua volta, se il cristallo viene investito dall’onda meccanica di ritorno, entra allo stesso modo in risonanza e quindi la deformazione/vibrazione che ne consegue causa una perturbazione nel suo campo elettro-magnetico generando una piccola corrente elettrica. Questa proprietà dei materiali piezoelettrici fa sì che le sonde funzionino sia da emittenti che da ricettori.

In particolare, le onde riflesse sono dette echi di ritorno; esse quindi vengono nuovamente lette dal trasduttore che le converte in energia elettrica. Sarà proprio questo segnale elettrico a venire processato da un sistema computerizzato e trasformato in un’immagine visibile sul monitor dell’ecografo 178,179,180.

L’intensità degli echi è chiamata ecogenicità ed è espressa visivamente sul monitor dell’ecografo attraverso l’elaborazione di un’immagine in scala di grigi:

- immagini con echi intensi (quindi più bianche) vengono definite ecogene o iperecogene;

- immagini con echi poco intensi (grigio scuro), ipoecogene;

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50

L’ecogenicità dipende dalla quantità e dalla velocità con cui le onde di ritorno raggiungono il trasduttore 181 e questi fattori sono in funzione della densità del tessuto colpito dall’onda incidente. Gli ultrasuoni emessi dalla sonda attraversano i tessuti con una velocità e, soprattutto, con un’impedenza che sarà quindi caratteristica di ogni tessuto. Durante l’attraversamento delle varie strutture tissutali, l’energia posseduta dall’ultrasuono viene progressivamente attenuata.

L’attenuazione si verifica principalmente per:

riflessione, trasmissione (rifrazione) e riflessione diffusa (scattering).

La riflessione (Fig. 2.2) avviene con un angolo che sarà equivalente a quello incidente dell’ultrasuono. Tuttavia, i tessuti presentano delle superfici di interfaccia complesse e di dimensioni inferiori a quelle della lunghezza d’onda per cui, oltre alla riflessione principale, vi saranno multipli piccoli echi riflessi secondo angoli molteplici (echi diffusi) (Fig. 2.3), la

maggior parte dei quali non ritorna verso la sonda e, quindi, non viene registrata.

Per la formazione dell’immagine sono importanti solo gli echi che tornano verso la sonda. Gli ultrasuoni residui o non riflessi proseguiranno il loro

Fig. 2.2 Riflessione e rifrazione di una onda incidente che passa da un mezzo 1 ad un mezzo 2 con densità differente.

Fig. 2.3 Riflessione diffusa di un raggio incidente su una superficie irregolare.

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percorso nei tessuti con un’intensità ridotta (trasmissione) e con angolo leggermente modificato (rifrazione) (Fig. 2.2).

La riflessione e la diffusione degli ultrasuoni avvengono in corrispondenza dei punti in cui si ha il passaggio tra due tessuti con diversa impedenza.

Si viene a delineare così il concetto di interfaccia acustica: zona in cui avviene un cambiamento nell’impedenza acustica (ad esempio tra cute e sottocute).

Maggiore è la differenza di impedenza tra i due mezzi, maggiore è la riflessione.

Tra la sonda ecografica e la superficie cutanea viene interposto un gel acquoso attraverso il quale l’onda sonora si propaga senza generare echi di ritorno, fenomeno che invece si verificherebbe se interponessimo l’aria tra la sonda e l’epidermide proprio a causa della presenza di una differenza di impedenza tra i due mezzi molto spiccata182.

L’attenuazione del fascio ultrasonoro avviene secondo la relazione: 1dB/cm/MHz, per cui aumenta all’aumentare del percorso ed all’aumentare della frequenza.

Siccome in ecografia le immagini sono ottenute in sezioni verticali, dalla relazione suddetta consegue che più alta è la frequenza, minore è il potere penetrante dell’onda. Questo si concretizza in una migliore risoluzione delle sonde ad alta frequenza, ma anche in una loro maggiore superficialità.

La risoluzione spaziale del fascio ultrasonoro emesso dalla sonda determina la qualità di un’immagine e presenta tre dimensioni183,184,185:

▪ Assiale: concorde all’asse maggiore della sonda. Corrisponde al più piccolo spessore misurabile in direzione verticale ed è correlata alla frequenza dell’ultrasuono in modo inversamente proporzionale;

▪ Laterale: perpendicolare alla sonda. Corrisponde alla più piccola larghezza visibile in direzione orizzontale;

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La risoluzione laterale ed azimutale dipendono direttamente dal diametro della sonda ecografica, mentre la risoluzione assiale dipende dalla frequenza delle onde186.

Frequenze comprese tra 20 e 100 MHz permettono una risoluzione assiale da 80 a 16 µm con una profondità di penetrazione che diminuisce da 15 mm a 2 mm. Ecografi che utilizzano frequenze minori, 7.5-20 MHz, invece hanno una risoluzione assiale minore, di 0.2-0.1 mm, ma riescono ad evidenziare alterazioni a diversi centimetri di profondità187.

Frequenze superiori a 20 MHz sono definite “alte frequenze” e risultano essere più indicate per lo studio di epidermide e derma, poichè caratterizzate da un’altissima risoluzione a discapito però del potere penetrante che è infatti molto basso188.

2.2 Aspetto ecografico della cute

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Le tre sonde ad alta frequenza utilizzate in dermatologia (20, 48 e 70 MHz) non sono alternative l’una alle altre, ma si usano anzi in sede congiunta poiché complementari: evidenziano lesioni diverse dal momento che il loro potere risolutivo ottimale può essere esplicitato più o meno superficialmente nella cute o nel sottocute. Sono in grado di creare un’immagine della cute costituita da tre livelli: l’epidermide (più superficiale), il derma (intermedio) ed il tessuto sottocutaneo, più profondo189 (Fig. 2.5)190.

A livello della cute ogni strato ha una propria ecogenicità in base alla propria componente principale: la cheratina nell’epidermide, il collagene nel derma e i lobuli adiposi nel tessuto sottocutaneo.

L’epidermide si presenta come

una sottile linea iperecogena che a livello palmo-plantare appare più spessa e con un aspetto bilaminare. Questo aspetto brillante è dovuto all’abbondante presenza di cheratina191. Lo spessore che può essere misurato, varia da 0.06 a 0.6 mm 192.

Il derma appare invece come una banda di spessore ed ecogenicità variabile a seconda dell’età del paziente e della quantità di fibre collagene (da 1 a 4 mm, più sottile a livello della fronte ed invece più spessa a livello lombare).

Il sottocute è caratteristicamente ipoecogeno per la presenza di lobuli di grasso, scarsamente riflettenti, circondati da setti fibrosi che invece risultano iperecogeni. I follicoli piliferi e le ghiandole sebacee appaiono anecogene, ben demarcate. I follicoli inoltre hanno un’angolazione di 30-50° rispetto allo strato corneo della cute193.

Fig. 2.5 Aspetto ecografico della cute. EPIDERMIDE

DERMA

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