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CAPITOLO IV GLI EFFETTI DELLA SENTENZA CEDU 4 MARZO 2014

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CAPITOLO IV

GLI EFFETTI DELLA SENTENZA CEDU 4 MARZO 2014 NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

1. Il ne bis in idem nel sistema del “doppio binario” dell’ordinamento giuridico italiano

Considerando che in base all’applicazione dei criteri di Engel1

l’illecito amministrativo previsto dall’art. 187-ter T.U.F. è stato riqualificato come “illecito penale” e quest’ultimo è venuto, di fatto, a coincidere con il delitto di “manipolazione del mercato” ex art. 185 T.U.F. , la pronuncia 4 marzo 2014 ha prodotto inevitabili conseguenze sul sistema del “doppio binario” dell’ordinamento giuridico italiano, il quale rischia di essere seriamente messo in crisi2.

Il principio di ne bis in idem sarà infatti violato ogniqualvolta che al soggetto saranno applicate, per uno stesso fatto, sanzioni penali e amministrative (quello che conta è cioè la sovrapponibilità dei fatti storici e non delle diverse conseguenze giuridiche).

1

GOISIS, Verso una nuova nozione di sanzione amministrativa in senso stretto: il

contributo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Rivista Italiana di diritto pubblico comunitario, fasc. 2, 2014, p. 337 ss.

2

ALESSANDRI, Prime riflessioni sulla decisione della Corte Europea dei diritti

dell’uomo riguardo alla disciplina italiana degli abusi di mercato, in Giurisprudenza Commerciale, fasc. 5, 2014, p. 855 ss.

(2)

85 Ne deriva che il ne bis in idem (che nel nostro ordinamento non è sancito a livello Costituzionale se non indirettamente laddove si richiamano fonti di diritto internazionale) così come previsto dall’ art. 649 c.p.p. risulta limitativo delle garanzie dell’imputato, rispetto all’interpretazione fornita dalla Corte Edu3

.

Mancherebbe la previsione, a questo punto determinante, dell’impossibilità di intraprendere un procedimento di natura penale nei confronti del soggetto che sia già stato oggetto di procedimento amministrativo teso all’adozione di un provvedimento sanzionatorio nei suoi confronti4. A parere di chi scrive questa tutela garantirebbe a quest’ultimo di essere protetto dall’attivazione dell’apparato sanzionatorio penale anche quando il procedimento amministrativo non sfociasse, perché non ne venissero riscontrati i presupposti, nella suddetta misura sanzionatoria.

Si riconosce così una tutela in astratto, cioè non dal pericolo di una seconda sanzione ma dal rischio che si attivi un secondo procedimento, senza tener conto dell’esito del primo. Peraltro,

3

COSTANZO, TRUCCO, Il principio del “ne bis in idem” nello spazio giuridico

europeo, in Consulta Online, fasc. 3, 2015, p. 855 ss.

4 FLICK, NAPOLEONI, A un anno di distanza dall’affaire Grande Stevens: dal bis in idem all’e pluribus in unum?, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, n. 3, 2015, p. 868 ss.

(3)

86 come è già stato detto, era proprio questo il punto focale su cui verteva dapprima la questione di Costituzionalità presentata al Tribunale di Torino e in seguito il ricorso al Tribunale di Strasburgo esperito da Grande Stevens.

Questa mancanza è giustificata dal fatto che il legislatore italiano ha tradizionalmente interpretato la garanzia qui in esame come una tutela tesa a precludere che per lo stesso fatto potesse essere instaurato nei confronti della medesima persona un nuovo procedimento penale. E’ fatto perciò divieto esplicito di “sottoporre a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze” l’ imputato che sia stato “prosciolto o condannato con sentenza o con decreto penale ritenuti irrevocabili”. Se il giudice ravvisasse una di queste evenienze pronuncerebbe “sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere” in “ogni stato e grado del processo”, il quale si concluderebbe quindi per ragioni di rito.

L’art. 649 c.p.p. offre quindi una tutela che per quanto ampia è limitata alle sole ipotesi di più procedimenti nei confronti dello stesso soggetto per il medesimo illecito, sempre si badi bene,

(4)

87 penale. Ma dal momento che però la sanzione amministrativa sarà riqualificata, applicando i criteri di Engel in sanzione penale, questa disposizione finirà per ricomprendere anche le fattispecie di illecito amministrativo5.

L’appiglio per questa soluzione sarà forse da ritrovarsi nel riferimento alla diversa “considerazione del titolo” (cioè il nomen e la relativa qualificazione che della fattispecie ha dato il legislatore), circa il medesimo fatto. Spetterà allora al giudice investito del potere di dirimere la controversia di svolgere questo delicato raffronto seguendo, si suppone, gli orientamenti fatti propri dalla Corte Edu.

Questo profilo è, come si capisce, estremamente critico poiché nel nostro ordinamento la coesistenza di sanzioni penali e amministrative,anche in uno stesso ambito, e la loro concorrenza è sempre stata del tutto naturale e fisiologica, non avvertendosi, di conseguenza, alcun tipo di accanimento o forzatura.

Come si concilierà questa espansione del ne bis in idem con l’ art. 112 Cost. (“il pubblico ministero ha l’ obbligo di esercitare l’

5

FIDELBO, Il principio del ne bis in idem e la sentenza “Grande Stevens”:

(5)

88 azione penale”)? L’obbligatorietà dell’azione penale rischia di essere frustata dalla rinuncia del giudice a procedere nei confronti un soggetto, anche quando ravvisasse gli estremi per la condanna, partendo dalla considerazione che per il fatto medesimo sia già stata applicata una misura sanzionatoria amministrativa6 che possa essere riqualificata in sanzione penale, alla luce di quanto affermato nella sentenza 4 marzo 2014 e in altri precedenti della Corte di Strasburgo7.

Svolgendo l’analisi cui si accennava in precedenza, il giudice, applicando dei criteri sostanziali (severità della sanzione, afflittività, finalità general-preventive) potrà riqualificare la sanzione amministrativa già irrogata. Se questo giudizio avrà esito positivo dovrà rinunciare, in ogni caso, a condannare il soggetto.

2. Preclusioni nel processo penale determinate dal giudicato amministrativo

6

BONTEMPELLI, Il doppio binario sanzionatorio in materia tributaria e le garanzie

europee (fra ne bis in idem processuale e ne bis in idem sostanziale), in Archivio Penale, n. 1, 2015, p. 5 ss.

7

MANETTI, Il paradosso della Corte Edu, che promuove la Consob (benché non sia

imparziale) e blocca il giudice penale nel perseguimento dei reati di market abuse, in Giurisprudenza Costituzionale, fasc. 3, 2014, p. 2942B ss.

(6)

89 La censura operata dalla Corte di Strasburgo con la sentenza 4 marzo 2014 non si ripercuote unicamente sul caso Grande Stevens e altri c. Italia, qui in esame, ma travolge l’intero sistema del “doppio binario”. Uno delle conseguenze principali di questa pronuncia sarà quella riguardante gli effetti del giudicato amministrativo nel processo penale che si svolge su un “binario parallelo”.

Si è infatti affermato che lo Stato Italiano dovrà vigilare affinché quest’ultimo si concluda nei tempi più stretti possibili e senza che ci siano conseguenze pregiudizievoli per i ricorrenti; tutto questo in ragione della già irrogata sanzione amministrativa “riqualificata”. Andando oltre il singolo caso di violazione del ne bis in idem si è quindi riconosciuta la presenza di un meccanismo sanzionatorio difettoso.

Si tratta cioè di un difetto strutturale dell’ordinamento che se non sanato rischierà di riproporre situazioni simili o identiche nel futuro prossimo.

Poiché il ne bis in idem opera in astratto, il semplice fatto che siano instaurati due procedimenti di diversa natura nei confronti dello stesso soggetto rivela una carenza funzionale del sistema: uno

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90 dei due sarà, ad oggi e per forza di cose, illegittimo. Anzi forse addirittura inutile, poiché il giudice ordinario (che si suppone interverrà in un secondo momento, dati i più lenti tempi del procedimento penale rispetto a quello amministrativo) non potrà fare altro che prendere atto del giudicato amministrativo.

La vicenda processuale Grande Stevens era terminata con la dichiarazione d’intervenuta prescrizione da parte della Corte di Cassazione ancor prima che la Corte Edu si pronunciasse. Sebbene fossero stati instaurati due procedimenti (e già questo, come già detto, basterebbe di per sé per configurare una violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 6 della CEDU), non si è giunti all’applicazione di due sanzioni cumulative. Quindi in questo caso uno degli obbiettivi indicati dal giudice di Strasburgo è stato raggiunto: il processo penale si è concluso in tempi ragionevoli e anche (casualmente, va detto) senza l’adozione di una ulteriore misura sanzionatoria oltre le sanzioni della Consob.

Dal punto di vista degli “effetti pregiudizievoli” per i soggetti imputati anche questa soluzione, che tutto sommato è per loro favorevole, risulta insoddisfacente. Se avesse ragionato in termini di

(8)

91 ne bis in idem processuale, la Suprema Corte avrebbe pronunciato sentenza di proscioglimento degli imputati ai sensi dell’art. 649, comma 2, c.p.p, indipendentemente dalla dichiarazione di intervenuta prescrizione (che risulta più pregiudizievole per i soggetti coinvolti).

Avvalora questa soluzione il fatto ex art. 673 c.p.p. il giudice debba revocare, in caso di abrogazione del reato (abolitio criminis), anche la sentenza di proscioglimento, non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità e non solo la sentenza o decreto penale di condanna.

E se entrambi i procedimenti riguardanti un qualche tipo di market abuse si fossero già conclusi in modo definitivo con sentenze passate in giudicato?

Le più grandi difficoltà nel rispondere a questo interrogativo stanno nel fatto che, in queste ipotesi di rapporti ormai conclusi, ci si verrebbe a scontrare con il principio d’intangibilità del giudicato. Posto che questo limite possa essere superato, le soluzioni che potrebbero essere adottate sono essenzialmente due.

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92 La prima è aver riguardo della regola dettata dall’art. 669 c.p.p. (“se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza con cui si pronuncia la condanna meno grave, revocando le altre”), la seconda, tutta da verificare, è di tentare una “disapplicazione manipolativa” della norma interna (anche tramite la proposizione di un incidente di legittimità costituzionale) che renda questo sistema sanzionatorio “convenzionalmente conforme”8

. Si interpreterà così le norme sanzionatorie in un modo tale che risultino rispettose dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU9.

3. Insufficienza delle garanzie del giusto processo nei procedimenti sanzionatori della Autorità Indipendenti

Uno dei punti salienti della sentenza 4 marzo 2014 è stato verificare la tenuta del procedimento sanzionatorio delle Autorità Amministrative rispetto alle garanzie del giusto processo di cui

8

VIGANO’, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta

applicazione dell’art. 50 della Carta? (a margine della sentenza Grande Stevens della Corte Edu), in Diritto Penale Contemporaneo, n. 3, 2014, p. 219 ss.

9

FLICK, Cumulo tra sanzioni penali e amministrative: doppio binario o binario

morto? (“materia penale”, giusto processo e ne bis in idem nella sentenza della corte Edu, 4 marzo 2014, sul market abuse), cit.

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93 all’art. 6 CEDU. Questa è una conseguenza della riqualificazione delle sanzioni della Consob.

Tra le varie garanzie ivi riconosciute due in particolare sono state oggetto dell’analisi della Corte: il diritto di ciascun soggetto di veder esaminata l’accusa penale che lo riguarda da un giudice indipendente e imparziale, entro un tempo ragionevole e il diritto, strettamente connaturato a questo, ad una pubblica udienza. Le censure operate dal Tribunale di Strasburgo sono già state affrontate nel capitolo precedente, quello che qui interessa è vedere le ripercussioni pratiche di queste ultime.

Il procedimento sanzionatorio di fronte alla Consob è, come si è detto, “essenzialmente cartolare”. L’art. 6 della CEDU potrà essere ugualmente rispettato anche qualora ci si affidi, unicamente o quasi, alla scrittura.

Come è stato rilevato dalla Corte però, poiché in questi casi la sanzione va ad incidere o sul patrimonio o sull’onorabilità del soggetto destinatario della contestazione degli addebiti, la garanzia

(11)

94 della pubblica udienza, di fronte ad un organo di piena giurisdizione, sarà indispensabile10.

Per colmare questa carenza strutturale del procedimento potranno, a parere di chi scrive, essere aumentate le possibilità di audizione di fronte alla Consob (ad oggi molto limitate), del soggetto nei cui confronti il procedimento si svolge.

Dal momento in cui, come è stato affermato, il principio della “parità d’armi” tra accusa è difesa è leso in ragione del fatto che il rapporto dell’Ufficio Sanzioni Amministrative, che la Commissione utilizza per fondare la propria decisione non sia conoscibile dal soggetto cui vengono contestati gli addebiti11, perché non prevedere una ulteriore audizione di fronte a quest’ultima, che per di più è anche l’organo decidente?

In questo modo, il soggetto oltre a presentare eventuali nuovi elementi in propria difesa, potrebbe venir informato (anche senza l’esibizione diretta del rapporto dell’Ufficio Sanzioni

10

FERRARO, L’applicazione del principio del giusto procedimento all’attività

sanzionatoria delle autorità indipendenti alla luce della più recente giurisprudenza della Corte Edu, in Diritto Pubblico Europeo Rassegna Online, 2015, p. 9.

11

BERTO, Il procedimento e la sanzione dopo la sentenza Grande Stevens: il travaso

(12)

95 Amministrative) di eventuali indagini svolte dalla Consob, anche a mezzo di interrogatori o audizioni svolte dagli uffici competenti.

Dovrebbe, per una piena attuazione della “parità d’armi”12

, venir data la possibilità a quest’ultimo di poter svolgere in forma privata, qualora lo ritenesse necessario, le medesime interrogazioni. Si vedrebbero così realizzate, anche all’interno del procedimento sanzionatorio della Autorità Amministrative, una sorta di indagini difensive come, del resto, avviene nell’ ambito della procedura penale. Questa conclusione sembra avvalorata proprio dalla “riqualificazione penale” della sanzione irrogata dalla Consob.

Ora, come si comprenderà, il punto critico sta nel conciliare le esigenze di snellezza e celerità del procedimento amministrativo con il rispetto delle garanzie del “giusto processo”. Se dovrà esserci una sbilanciamento in un senso piuttosto che nell’altro questo non potrà che essere a vantaggio del soggetto imputato; a maggior ragione in seguito alle sentenza 4 marzo 2014.

Si obbietterà che all’eccessiva cartolarità del procedimento si può rimediare in sede di giudizio di opposizione. Il giudice di

12

AA. VV. , Qualche perplessità sulla nuova disciplina (in consultazione) del

(13)

96 opposizione è stato infatti riconosciuto anche dalla Corte di Straburgo come organo “di piena giurisdizione”13

, cioè capace di conoscere la controversia non solo dal punto di vista della legittimità del provvedimento ma anche del merito di quest’ultimo14.

Tutto questo è stato affermato già nel “caso Menarini” (ma, al tempo, il giudizio di opposizione era affidato in primo grado al TAR e in secondo grado al Consiglio di Stato15) e poi ribadito anche nel “caso Grande Stevens” (a patto che il giudizio di opposizione preveda pubbliche udienze e non il semplice svolgimento in camera di consiglio, nel caso in cui ci fosse disaccordo sui fatti verificatisi in concreto).

A quest’obiezione si può rispondere che le garanzie dell’art.6 CEDU debbano essere assicurate fin dall’inizio del procedimento, quindi già dal momento dell’invio della lettera di contestazione

13

COLAVECCHI, La sentenza “Grande Stevens” quando il giudice diventa

legislatore, in www.FCHub.it, 2015, p. 2 ss. 14

NASCIMBENE, Le sentenze Grande Stevens e Menarini. Problemi e prospettive, in

www.eurojus.it, 2014 p. 10 ss.

15

GRÜNER, Note minime sul riparto di giurisdizione e sulla tutela giurisdizionale in

materia di sanzioni delle Autorità amministrative indipendenti, in ALLENA e CIMINI

(a cura di), Il potere sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti, RULES (Research Unit Law and Economics Studies), in Il diritto dell’economia, n.1, 2013, p. 332 ss.

(14)

97 degli addebiti. Si aggiunga poi che l’opposizione non può che essere proposta in un momento in cui il provvedimento sanzionatorio è già stato adottato.

E’ vero che quest’ultimo ancora non è definitivo ma, già di per sé, produce degli effetti pregiudizievoli (si pensi, ad esempio, all’eventuale pubblicazione della sanzione può che colpire l’onorabilità del sanzionato) che il procedimento di opposizione tenta di contrastare.

L’art. 6 della CEDU richiede che l’organo giudicante abbia i requisiti di imparzialità e indipendenza, i quali, dalla Corte Edu, non sono stati ritenuti presenti nel caso della Commissione (“branca dell’organo amministrativo”) oltre al fatto che non esiste sufficiente separazione tra divisioni competenti e Presidente. Non esiste cioè separazione tra i soggetti che svolgono attività in sede inquirente e soggetti che svolgono attività in sede giudicante16. Chi si troverà a giudicare non potrà essere, ipso facto, indipendente e imparziale.

16

BINDI, L’incidenza delle pronunce della Corte Edu sui procedimenti sanzionatori

delle Autorità amministrative indipendenti, in Giurisprudenza Costituzionale, fasc. 3,

(15)

98 Questo sistema è stato ritenuto adeguato sempre che nel giudizio di opposizione vengano riconosciute le garanzie dell’art.6. Incredibilmente e paradossalmente verrebbe da dire. Il giudizio di opposizione, in questo caso funzionerebbe da “sanatoria” delle carenze strutturali dal punto di vista delle garanzie del procedimento sanzionatorio della Consob.

L’opposizione è però sempre eventuale e determinata da una scelta del soggetto sanzionato. Come è mai possibile dunque che per ottenere il rispetto di queste garanzie ( che sono violate nel procedimento sanzionatorio della Consob) si debba pretendere che il soggetto sia obbligato a dare avvio al giudizio di opposizione?

Se quest’ultimo non esperisse questo rimedio (che è pur sempre eventuale) si arriverebbe al paradosso in cui lo stesso vi rinuncerebbe. Trattandosi però di diritto umani, tra cui rientra quello appunto quello ad un giusto processo, come è possibile ammettere una rinuncia?

Questi diritti sono connaturati allo “status” stesso di essere umano e sono pertanto garantiti sempre e comunque: per questo non

(16)

99 è pensabile che debbano necessitare di una condotta attiva di chi vi abbia interesse, diretta a farli valere.

Ne consegue che il processo è “giusto” dal momento dell’opposizione in poi. Il fulcro del procedimento si colloca però ovviamente in un momento antecedente: di fronte alla Consob; è qui infatti che viene irrogata la sanzione contro la quale potrà essere proposta opposizione di fronte al giudice ordinario.

Come si potrà allora lasciare il soggetto “scoperto” da queste garanzie in una fase così delicata, tanto più a seguito alla riqualificazione delle sanzioni amministrative?

Poiché, applicando i criteri di Engel, la sanzione della Consob è risultata “penale” allora anche il relativo procedimento “assomiglierà” per molti versi ad un procedimento penale17

. Senza attendere il giudizio di opposizione, già durante il procedimento sanzionatorio amministrativo dovrebbero essere allora assicurate tutte le garanzie dell’art. 6 CEDU18.

17

BRIZZI, Sentenza Grande Stevens e processo di prevenzione: prime indicazioni del

giudice di Legittimità, in Archivio Penale, n. 3, 2014, p. 1 ss.

18

RAGANELLI, Procedimento sanzionatorio Consob e giusto processo, in Rivista

(17)

100 Il fatto che il Tribunale di Strasburgo abbia ritenuto adeguato il sistema sanzionatorio a patto che le carenze dello stesso vengano sanate di fronte ad un giudice di “piena giurisdizione” in sede di opposizione appare, a parere di chi scrive, paradossale. Anche tenendo conto (più che giustamente) delle esigenze di snellezza e celerità del procedimento amministrativo, si è ammesso, in sostanza, che sia legittimo che non vengano assicurate le garanzie dell’art. 6 in un procedimento sanzionatorio che sfocia nell’adozione di una sanzione di fatto penale.

4. La crisi del sistema del “doppio binario” alla luce della riqualificazione giuridica delle sanzioni irrogate dalle Autorità

indipendenti. Oltre il criterio nominale

Rimangono da vedere le ripercussioni della sentenza 4 marzo 2014 sul funzionamento del “doppio binario”. Quest’ultimo permette che si svolga un procedimento sanzionatorio amministrativo e un procedimento penale parallelamente e indipendentemente l’uno rispetto all’altro, nei confronti di uno stesso soggetto. Gli illeciti sanzionati sono quindi diversi ma,

(18)

101 possono, anzi accade di frequente nell’ambito della disciplina dettata dal T.U.F. , essere riconnessi ad uno stesso fatto.

Con la riqualificazione della sanzione amministrativa cambiano ovviamente le prospettive di questo meccanismo sanzionatorio: la sanzione amministrativa che oggi è “penale” va ad assommarsi alla sanzione penale vera e propria, ledendo il principio di ne bis in idem di cui all’art. 7 del Protocollo n. 4 della CEDU. Il sistema del “doppio binario” entra in un’inevitabile crisi, posto che potrà essere irrogata solamente una tra le due possibili sanzioni.

Non è da escludersi che la sorte dell’art. 187-ter T.U.F. a seguito della pronuncia 4 marzo 2014 possa accadere anche ad altri illeciti amministrativi che abbiano un “corrispondente” penale. Due sanzioni “penali” quindi, di cui solo una potrà venire applicata. A questo punto come è possibile parlare ancora di “doppio binario” ?

L’impianto potrà ancora continuare ad esistere ma, i suoi intenti vengono frustrati. Nella disciplina degli abusi di mercato ci troveremo di fronte alla previsione di una serie di illeciti penali e di una serie di “doppioni amministrativi” di quest’ultimi, soggetti allo stesso destino di riqualificazione. E allora i problemi più complicati

(19)

102 ma interessanti riguardano il futuro del “doppio binario” : dovranno essere ideate delle soluzioni per non applicare le norme che determinano l’inizio di due procedimenti diversi per un fatto medesimo.

Le norme sanzionatorie amministrative in materia di market abuse sono introdotte dalla clausola di riserva “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”. Proprio questa riserva favorirebbe l’applicazione della sanzione penale in sostituzione di quella amministrativa, che avrebbe solo carattere sussidiario (si applicherebbe solo in mancanza della previsione penale). Questo tipo d’impostazione non appare convincente.

La volontà del legislatore è palesemente nel senso di “integrare” la sanzione penale con quella amministrativa; il che è perfettamente congruo con l’idea del “doppio binario”. Depongono in questo senso l’art. 187-duodecies T.U.F. (“il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione di cui all’art 187-septies non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione”) e il

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103 successivo art. 187-terdecies (“quando per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 187-septies, la esazione della pena pecuniaria e della sanzione pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall’Autorità Amministrativa).

La difficoltà di trovare appigli normativi al “nuovo doppio binario” hanno fatto supporre la necessità di un intervento del legislatore.

Seguendo un’interpretazione “convenzionalmente orientata” si dovrebbe stabilire che la sanzione amministrativa debba essere applicata allorquando il fatto non sia previsto anche come illecito penale. Questa soluzione in passato avrebbe cozzato con la disciplina, oggi abrogata, della Direttiva 2003/06/CE (Market Abuse Directive) che affidava la repressione dei market abuses al diritto amministrativo senza vietare però che gli Stati Membri prevedessero anche un intervento di natura penale.

Il 16 aprile 2014 sono stati adottati il Regolamento n. 596/2014 e la Direttiva n. 2014/57/UE, detta MAD2 che richiede agli stati membri di reprimere con sanzioni penali i reati di insider

(21)

104 trading e market manipulation nei casi più gravi e dolosi. Viene comunque ancora previsto che in casi diversi da questi siano applicate sanzioni amministrative.

Nulla vieta un concorso di sanzioni: gli Stati Membri possono però astenersi dall’irrogarne una quando il loro diritto interno preveda già sanzioni penali19.

Dunque è cambiato l’approccio del legislatore comunitario: oggi la repressione dei market abuses è affidata al diritto penale cui si aggiunge la facoltà di applicare anche sanzioni amministrative. In passato lo strumento da utilizzarsi era quello del diritto amministrativo, senza che si facesse divieto agli Stati Membri di prevedere sanzioni penali. Rimane comunque il limite insuperabile del ne bis in idem.

La risposta sanzionatoria rimarrà in ogni caso duplice cioè penale e amministrativa ma, gli Stati membri dovranno evitare una sovrapposizione dei procedimenti (double jeopardy). Questa

19

DE AMICIS, Ne bis in idem e “doppio binario” sanzionatorio: prime riflessioni

sugli effetti della sentenza “Grande Stevens” nell’ordinamento italiano, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 3, 2014, p. 201 ss.

(22)

105 soluzione appare piuttosto intricata e non così facilmente praticabile.

E allora nel nostro ordinamento non si potrà far altro che utilizzare la facoltà prevista dall’art. 30 del Regolamento n. 596/2014 rendendo le sanzioni amministrative sussidiarie rispetto a quelle penali, ovvero non in sostituzione di quest’ultime ma a copertura degli spazi vuoti che le stesse inevitabilmente lasciano20.

Non è più ipotizzabile però un sistema di concorrenza tra sanzione amministrativa e penale: o si applicherà la prima o si applicherà la seconda.

Questa dicotomia tuttavia può essere influenzata da fattori piuttosto casuali e quindi difficilmente controllabili, uno su tutti le tempistiche dei rispettivi procedimenti. La prospettiva è che la sanzione amministrativa (che difficilmente arriverà dopo la sanzione penale) finisca per determinare una preclusione che non possa essere oltrepassata nel procedimento penale, tale da rendere quest’ultimo assolutamente inutile. Quindi oltre al danno

20

BASILE, Verso la riforma della disciplina italiana del market abuse: la

legge-delega per il recepimento della direttiva 57/2014 UE, in

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106 all’economia processuale determinato dall’instaurarsi di un processo di cui già si conosce l’esito, anche la beffa di vedere frustrata la funzione della sanzione e del processo penale.

Le valutazioni svolte in quella sede, che possono avere anche una notevole complessità, potranno essere sostituite da quanto stabilito (forse semplificando per ragioni di celerità) in sede amministrativa e eventualmente nel conseguente giudizio di opposizione.

5. Prospettive di riforma del sistema delle sanzioni

amministrative e illeciti penali alla luce degli orientamenti della Corte Edu

Il caso Grande Stevens ha determinato una serie di conseguenze su tutto il settore del diritto penale e amministrativo. Occorrerà infatti ripensare completamente le due categorie di sanzioni, cioè penali e amministrative, che se in passato apparivano separate e oggi hanno un confine molto più sfumato. Anzi in molti casi questa separazione, che si reggeva sul nomen della sanzione non potrà più esistere.

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107 Questo assunto impone l’adozione, anche nell’ordinamento italiano, di criteri per la qualificazione della pena che non siano più nominali ma che, così come quelli di Engel siano sostanziali. Questo porta a riconsiderare completamente gli illeciti e le relative sanzioni.

Questo rischia di essere un punto di forte frizione proprio perché tradizionalmente, nell’ordinamento giuridico italiano, l’illecito è qualificato formalmente così come la pena. Quindi è penale la sanzione e l’illecito denominato come tale.

L’introduzione di criteri sostanzialistici sconvolge l’intero sistema poiché anche norme concepite da sempre come amministrative finiscono per essere “penali”. Il diritto penale “invade” quindi la sfera del diritto amministrativo e viceversa. Le difficoltà maggiori staranno allora nell’adattare i meccanismi e le garanzie del diritto penale al diritto amministrativo21. Questa sarà però la direzione da percorrere per potersi adattare al dettato del giudice di Strasburgo.

21

LANZAFAME, Il ne bis in idem vale anche per le sanzioni amministrative di

natura afflittiva: la Corte di Strasburgo conferma l’approccio sostanzialistico e traccia la strada per il superamento del doppio binario, in www.leggioggi.it, 2014, p.

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108 Come si è avuto modo di vedere il caso Grande Stevens, almeno al giorno d’oggi, ha lasciato più dubbi che soluzioni.

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