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Capitolo III La Famiglia

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Capitolo III

La Famiglia

“La famiglia è il motore del mondo e della storia. Ciascuno di noi costruisce la propria personalità in famiglia, crescendo con la mamma e il papà, i fratelli e le sorelle, respirando il calore della casa. La famiglia è il luogo dove riceviamo il nome, è il luogo degli affetti, lo spazio dell'intimità, dove si apprende l'arte del

dialogo e della comunicazione interpersonale”. Papa Francesco1

Introduzione

La sanità della famiglia deriva dalla sanità emotiva e dalla maturità dell’individuo, però, quest’ultima può essere acquisita nel modo migliore solo attraverso la famiglia in quanto ogni bambino ha, secondo Winnicott, una tendenza innata verso la crescita e l’integrazione che debbono essere però adeguatamente appoggiate dall’ambiente familiare. Alla nascita il bambino è in uno stato di assoluta dipendenza e solo la madre è capace, gradatamente, di conoscerne e

soddisfare i bisogni2. Essa lo introduce nella realtà esterna. In seguito la famiglia

compie un processo analogo introducendolo nel mondo esterno. La famiglia si pone, in questo modo, come un ponte gettato tra la madre e le più larghe unità

1 Alle ore 12.30 della mattina del 25 ottobre 2013, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla XXI Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

2

E. H. Erikson, Infanzia e società, Armando, Roma, 1982. Erik Erikson nella sua opera piú famosa, Infanzia e società (1950) considera il processo di sviluppo dell’individuo nel ciclo dell’intera vita, delineando otto tappe in ognuna delle quali si presenta un momento critico – il conflitto fra due opposte tendenze – il cui esito dipende dalla interazione dell’individuo con un determinato ambiente familiare e sociale, dalle risposte date dai diversi sistemi educativi. Le fasi dello sviluppo della personalità – individuate da Erikson – tengono conto degli stadi dello sviluppo psicosessuale definiti da S. Freud, mettendoli però in relazione con le altre componenti culturale e sociali ed estendendo fino all’età matura lo sviluppo e l’organizzazione dell’Io. In queste pagine Erikson schematizza attraverso la rappresentazione grafica gli otto stadi dello sviluppo psicosociale considerati in parallelo agli stadi freudiani dello sviluppo della libido: in ognuno di questi stadi viene presentata una coppia di opposizioni che individua il conflitto da superare in quel determinato periodo della vita. In successione le opposizioni sono: 1) fiducia/sfiducia, 2) vergogna, dubbio/autonomia, 3) spirito di iniziativa/senso di colpa, 4) industriosità/senso di inferiorità, 5) identità/dispersione, 6) intimità/isolamento, 7) generatività/stagnazione, 8) integrità dell’Io/disperazione.

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sociali, culturali, politiche e religiose. Il discorso si apre così al concetto della vita democratica e alla promozione di sviluppo di una società sana. Come affermava

Winnicott (1968)3, “lo sviluppo implica il retaggio di un processo di maturazione

e l’accumularsi di esperienze di vita; ma questo sviluppo non si attua se non in un ambiente che lo faciliti”.

Origine della famiglia

Il termine famiglia deriva dal latino familia, e nell’antica Roma stava ad indicare l’insieme dei servi e degli schiavi (i fàmulus) di proprietà di un dominus; per estensione viene considerata parte della familia anche la moglie del pater familias (a cui apparteneva legalmente) e i figli avuti con lei. Il modello familiare risale

comunque alle origini dell’umanità4

, inteso come l’unità minima di organizzazione sociale avente la funzione di riprodurre la specie e provvedere al suo sostentamento. Nelle civilità matriarcali preistoriche la famiglia coincideva in pratica con la tribù: i piccoli gruppi nomadi erano composti da consanguinei, e la riproduzione avveniva anche attraverso l’incesto; agli uomini spettavano la caccia e la raccolta del cibo, oltre ai compiti di controllo e difesa della tribù, mentre alle donne spettava l’organizzazione e la gestione del potere interno alla tribù.

Con l’avvento delle civiltà patriarcali avviene il rovesciamento del sistema di potere, l’abolizione dell’incesto per salvaguardare la certezza della discendenza, e vengono introdotti i riti matrimoniali che sanciscono l’ufficializzazione del nucleo familiare caratterizzato dall’esclusività della relazione tra uomo e donna (relazione che in realtà fino a poco tempo fa si riduceva a una forma di possesso da parte dell’uomo nei confronti della donna).

Con la trasformazione della società si è avuto anche il cambiamento della forma della famiglia in modo che l’organizzazione sociale e le necessità di sopravvivenza (in sostanza il sistema economico inteso in senso etimologico oikos

3 Donald W. Winnicott (1968), “La famiglia e lo sviluppo dell’individuo”. Armando Editore, Roma.

4 La più antica testimonianza finora trovata di una famiglia umana è la cosiddetta Famiglia di Eulau, che proviene da una tomba trovata a Eulau (Sassonia), datata 4600 anni fa, contenente i resti di un uomo, una donna (con una eta' stimata di circa trent'anni) e due bambini di circa 5 e 9 anni di vita. L'analisi del loro DNA ha confermato il legame di parentela familiare suggerito dalle peculiarità della sepoltura: i corpi erano abbracciati fra di loro. L'analisi sugli scheletri ha indicato, infatti, una causa di morte violenta, assieme a quella di altre nove persone nella medesima tomba, con i corpi ricomposti dopo il decesso.

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nomos, le “regole della casa”) si sono affiancate alla natura primordiale e istintiva

della riproduzione biologica. Evolvendo la società, la cultura, le modalità di produrre beni, denaro, cibo, cambiano le forme di aggregazione e organizzazione, e principalmente variano sui due assi del potere (patriarcale o matriarcale) e della residenza (patrilocale o matrilocale, cioè i figli maschi restano a vivere coi genitori e le figlie se ne vanno, o viceversa).

La famiglia è quindi un’istituzione che svolge un ruolo fondamentale nella società, ne rappresenta l’unità minima sociale, il gruppo primario quanto

all’apprendimento e alla formazione di base di ogni individuo5

. E’naturale quindi che i sociologi e gli psicologi vedano nel fenomeno della crisi della famiglia, che si presenta a partire dai primi decenni del XX secolo, la crisi della società stessa,

come degradazione del gruppo che ne costituisce l’elemento base6

. La famiglia come sistema di relazioni

La prospettiva sociologica considera la famiglia come “una piccola società” che può garantire la conservazione e la trasmissione dei valori sociali.

Parsons, parlando della famiglia nucleare e della specializzazione dei ruoli,

definisce il ruolo paterno “strumentale” e quello materno “espressivo”7

.

Per Levi-Strauss (1967) la famiglia è ” l’unione durevole, socialmente approvata,

di un uomo e di una donna e dei loro figli”8

: rappresenta una forma sociale primaria ed assicura la sopravvivenza della società.

5

L'art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo afferma:Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione.1 Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.2Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.3La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.L'art. 29 della Costituzione italiana "riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare"

6

Buona parte del mutamento della struttura parentale si deve all'emancipazione femminile che includeva oltre

all'indipendenza economica, anche uno spirito imitativo del comportamento sessuale maschile, distruggendo le differenze sociali tra uomo e donna anche nei costumi, nell'abbigliamento, nel rapporto tra vita privata (la casa) e la vita pubblica. Quindi il matrimonio perse il compito di rendere l'unione sessuale come esclusiva di una coppia. Nonostante alcuni sociologi ritengano «l'istituzione famigliare come modello garante della socielizzazione e dell'adattamento alle norme dei suoi componenti»[8], il modello tradizionale sta diminuendo in Europa.

7

T. Parsons, R. F. Bales, Family, Socialization and Interaction Process, The Free Press, New York, 1955 (trad. it. Famiglia e Socializzazione, Arnoldo Mondadori Editore, 1974).

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Secondo la prospettiva psicologico-sociale di Scabini (2000), la famiglia è un’organizzazione di relazioni primarie “fondata sulla differenza di genere e sulla

differenza tra le generazioni”9

, che ha come progetto la generatività, ed è intesa come relazione genitori-figli ed anche come relazione tra le generazioni.

La prospettiva sistemico-relazionale10 considera la famiglia come “il sistema

relazionale primario” nel processo di individuazione e sviluppo individuale in relazione con altri sistemi sociali. Questo approccio ha permesso di evidenziare

che ogni componente della famiglia non può essere considerato

indipendentemente dalle relazioni intrasistemiche e intersistemiche che vive con

altri sistemi. Brofenbrenner11 descrive un ambiente ecologico in cui l’individuo

è inserito, rappresentato da strutture concentriche. Lo sviluppo dell’individuo non è influenzato solo dall’ambiente più prossimo di cui ha direttamente esperienza (famiglia, gruppo dei pari), il microsistema, ma anche dai sistemi di cui non ha direttamente esperienza, il mesosistema e l’esosistema di cui fanno parte l’ambiente lavorativo dei genitori, la scuola, la televisione, concludendo con l’ambiente sociale che influenza lo sviluppo di tutti i soggetti che ne fanno parte. Bertalanffy (1971) indica che i principi che si riferiscono alla famiglia sono gli stessi di qualsiasi sistema interattivo, che può essere aperto o chiuso verso l’esterno. Le proprietà che caratterizzano la famiglia come sistema aperto sono:

 Totalità: qualsiasi cambiamento in una sua parte, causa cambiamenti nelle

altre e in tutto il sistema ;

 Non sommatività: la famiglia non può essere ridotta alla somma dei suoi

membri;

8 Horkheimer M.,AdornoT., Famiglia tr.it. Lezioni di sociologia, Einaudi, Torino 1970 9 Scabini E, Cigoli V., Il familiare. Legami, simboli e transizioni. Cortina, Milano, 2000. 10 Bertalanffy, 1971, Scuola di Palo Alto.

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 Causalità circolare: l’effetto influenza la causa, attraverso retroazioni o feedback che creano appunto una causalità circolare (in contrapposizione

alla causalità lineare)12.

 Equifinalità: le condizioni iniziali di un sistema non determinano

rigidamente lo stato finale13.

Il modello psicodinamico e multigenerazionale (Ackerman, 1999) analizza la famiglia da un punto di vista “simbolico” e dinamico, distinguendo tra la famiglia reale e affettiva, così come è pensata e voluta dai suoi membri, quelli presenti e quelli non più presenti e giungendo a considerare la famiglia come un sistema trigenerazionale, in quanto comprende le relazioni di almeno tre generazioni (nonni-genitori-figli).

Salvador Minuchin intraprende lo studio e l’analisi della famiglia da un punto di vista strutturale, concependo la famiglia come un sistema caratterizzato da una struttura ben definita; con il termine di struttura familiare si indica “l’invisibile insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono”. Per essere funzionale, un sistema deve essere sufficientemente flessibile e adattarsi ad eventuali richieste evolutive o ambientali, oltre ad avere una struttura sana sulla base di due aspetti fondamentali:

 la gerarchia, ovvero la struttura del potere, intesa come espletamento delle

competenze genitoriali: per il corretto funzionamento di una famiglia, occorre una solida gerarchia, in cui i genitori siano capaci di fare i genitori (questo è quello che Hellinger chiama l’Ordine);

 i confini, intesi come l’insieme di regole che definiscono il passaggio di

informazione, importanti soprattutto per il loro scopo protettivo nei

12 Per Aristotele, volendo indagare un evento, era opportuno conoscerlo e capirlo sotto 4 punti di vista: Causa materiale,

Causa formale, Causa efficiente, Causa finale. Democrito anticipò l’esigenza, poi sviluppata dalla scienza moderna, di restringere il campo di indagine alla sola “causa efficiente” finendo con l’espellere, dalla ricerca, le indagini attorno alla “causa finale”. Galileo recuperò e sviluppò l’intuizione di Democrito e tutta la concezione galileiana di scienza si concentra sulla ricerca delle “cause efficienti” e sul rifiuto di ritenere di pertinenza scientifica (ad eccezione di alcuni ambiti di studio della psicologia) lo studio delle “cause finali”. Questo tipo di concezione prende il nome di causalità lineare.

13 La scienza che ha avviato gli studi sui sistemi complessi è la cibernetica, parola che deriva dal greco cubernhtikή, che indica la tecnica, o meglio, l’arte del pilota; Norbert Wiener ne ha definito in una teoria unificata i principi. Il pensiero di Norbert Wiener e la cibernetica si fondano su un approccio, l’interdisciplinarità, e tre concetti che tuttora influenzano chi studia sistemi complessi: i concetti di olismo, comunicazione, non linearità.

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confronti dei bambini, che non dovrebbero avere accesso a contenuti e informazioni violente, ad esempio, o a problemi relazionali o economici degli adulti. I confini disfunzionali sono i confini diffusi che lasciano passare troppe informazioni, per cui i problemi di uno sono i problemi di tutti (e creano la famiglia “invischiata”), e i confini rigidi che non permettono la comunicazione, per cui si ha la percezione di non essere visti, accolti e ascoltati (e generano la famiglia “disimpegnata”).

Un altro elemento per definire la struttura familiare è osservare gli schieramenti al suo interno, cioè come le persone si posizionano rispetto agli altri quando si presenta un conflitto. Minuchin presenta tre soluzioni inadeguate che nel tempo possono cristallizzarsi (triade rigida), denominandole coalizione, triangolazione e deviazione. Nella coalizione due o più persone solidarizzano andando contro una terza: presenta confini molto diffusi e passaggio di informazioni non pertinenti. Nella triangolazione una persona viene coinvolta da due o più persone nei loro problemi perchè si schieri dalla loro parte. Anche questa è una relazione disfunzionale perché la persona schierandosi scontenterà comunque una delle parti. Nella deviazione due persone in disaccordo tra loro, indirizzano il loro conflitto su un terzo.

La famiglia, intesa come il sistema vivente di riferimento principale nell’esperienza emotiva di una persona, è il primo contesto esperienziale all’interno del quale i sintomi, le malattie, i problemi assumono una funzione precisa per il funzionamento relazionale del gruppo di persone che ne fanno

parte14. I conflitti che tendono a disgregare il sistema-famiglia, creano una

tensione emotiva che di solito viene vissuta in termini drammatici dal soggetto portatore del sintomo; egli si fa carico, attraverso la manifestazione dei sintomi, di distogliere i membri della famiglia dall’affrontare in modo manifesto le proprie difficoltà di relazione, accentrando l’attenzione su di sé. Il sintomo ha quindi una

14

Nella sua analisi, il gruppo di Palo Alto sostenne che molte famiglie disfunzionali delegano a un proprio membro il ruolo omeostatico di riportare il sistema al suo stato originario di equilibrio, ogni qualvolta una sua regola viene minacciata in qualche modo e misura. Ad esempio, quando un componente della famiglia manifesta un nuovo bisogno o esprime una maggiore necessità di svincolarsi dal nucleo, inizia un processo che tende a portare la famiglia a un nuovo stadio del suo ciclo di vita: è allora che il membro sintomatico manifesta un aggravamento o un incremento del sintomo. Tutti i problemi importanti possono così diventare secondari e regredire sullo sfondo della scena familiare (cibernetica di primo ordine).

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doppia valenza: segnala alla famiglia l’esistenza di un disagio e, nello stesso tempo, rende innocuo il suo potere distruttivo, accentrando su di sé tutte le preoccupazioni degli altri membri.

Un modello sistemico-familiare per la comprensione dell’attaccamento

Bowlby ha sostenuto che la famiglia con le sue numerose relazioni di cura e di attaccamento, è l’unità di base per lo studio di attaccamento. L’ipotesi è che tutte le relazioni di attaccamento e di cura si sviluppano all’interno di una rete di relazioni ordinate che non possono essere completamente comprese al di fuori di

questo contesto15. In un nucleo familiare con un figlio e senza altre parentele, le

relazioni includono la relazione madre-bambino, padre-bambino, madre-padre, madre-bambino-padre. Quando sono presenti altri figli, nonni, zii, le relazioni aumentano e la rete diviene più complessa: questa è stata resa più chiara dai lavori di Minuchin dove è emerso il ruolo di primo piano giocato soprattutto dalla nonna materna, nelle relazioni di attaccamento e di cura. Le relazioni diadiche, asimmetriche nell’età infantile, diventano simmetriche o quasi simmetriche nell’età giovanile-adulta e tornano in parte, nell’età adulta, nuovamente asimmetriche conseguentemente all’inversione dei ruoli tra genitore e figli. Se l’importanza della relazione madre-bambino è ormai nota e documentata, anche quella con il padre ha ricevuto attenzione mettendo in chiaro la sua funzione di care giver che rappresenta per il bambino una figura di attaccamento, anche se spesso secondaria e con caratteristiche diverse rispetto a quella materna. Esistono prove dirette delle implicazioni che il sistema coniugale e quello genitoriale comportano per lo sviluppo dell’attaccamento: la soddisfazione coniugale ed il supporto paterno per l’attività di care giving della madre sono positivamente

correlate con un attaccamento sicuro16. Il comportamento di attaccamento di un

bambino, frequentemente si attiva e si conclude davanti a tutti i membri della

15 il sistema può essere descritto come un complesso circolare di causazione reciproca (causalità circolare) in cui non esiste un inizio e una fine, una causa e un effetto, ma solo un insieme di reciproche influenze tra le variabili (feedback,

retroazione). I sistemi in cui ci muoviamo sono virtualmente infiniti, come incastonati in una sorta di struttura a cipolla, dove ogni strato costituisce un livello che ne racchiude altri sottostanti ed è a sua volta compreso da un livello superiore: da questo punto di vista occuparsi del solo sistema familiare appare come una scelta, una decisione arbitraria ma consapevole. 16

Crnic, K.A., Greenberg, M.T., & Slough, N.M. (1986). Early stress and social support influences on mothers’ and high-risk infants’ functioning in late infancy. Infant Mental Health Journal

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famiglia e le interazioni di attaccamento e di cura spesso interessano tutti o molti sottoinsiemi della famiglia, i quali, a loro volta, almeno per un periodo di tempo, subiranno cambiamenti in conseguenza del comportamento di attaccamento del bambino. Questi cambiamenti possono assumere forme diverse e possono presentarsi anche come interruzione dell’interazione che può provocare conseguenze significative: questa interrruzione può riguardare l’interazione nel sottosistema coniugale o quello madre-fratelli più grandi. Uno degli strumenti principali attraverso cui viene mantenuta la coesione familiare è costituito dalle aspettative e dai piani condivisi, ovvero dai modelli operativi (Bowlby, 1969,

1973)17 attraverso cui la famiglia regola il contatto e la prossimità. Certamente

esistono differenze nel modo e nel grado in cui le famiglie ricercano o interrompono il contatto fisico, attivano o fanno cessare il comportamento di attaccamento e di cura sugli altri sottosistemi. Ogni membro della famiglia sviluppa un modello operativo del proprio e dell’altrui contributo ai pattern di interazione, grazie al quale sarà in grado di anticipare e prevedere i risultati del comportamento proprio e degli altri e quindi di selezionare i propri piani. Questo, applicato al livello della famiglia come sistema, equivale al concetto di

partnership regolata secondo uno scopo, elaborato da Bolwby18. L’esperienza

infantile di essere stato amato, tradotta nella aspettativa di essere accettato, favorisce la graduale rinuncia all’attaccamento verso i genitori e la progressiva attribuzione della funzione di rifugio e base sicura, in parte ai legami tra i pari e in particolare al partner che riveste il ruolo principale per garantire benessere e sicurezza.

17Nel primo volume “Attaccamento e Perdita. L’attaccamento alla madre”, pubblicato nel 1969, Bowlby tratta del legame di attaccamento madre-bambino. Nel secondo volume “Attaccamento e Perdita. La separazione dalla madre”, pubblicato nel 1972, Bowlby, mantenendo alcune idee freudiane, presenta le sue riflessioni sull’ansia che scaturirebbe in un bambino nel momento in cui vive la separazione da una figura di attaccamento. Nel terzo volume “Attaccamento e Perdita. La perdita della madre”, pubblicato nel 1980, si tratta invece di come i bambini possano incorrere in un profondo lutto e dolore, prolungato anche nella vita adulta, se privati strutturalmente di un legame materno primario (ad esempio, per il decesso precoce della stessa). Nell’immediato, la maggioranza dei suoi colleghi psicoanalisti non compresero il valore delle idee di Bowlby, poiché la sua teoria poggiava su criterimolto innovativi.

18 “partnership orientata allo scopo”, quando il bambino e il genitore negoziano obiettivi comuni e li pianificano usando simboli condivisi. Le interazioni tra il bambino e il contesto, generalmente con gli insegnanti o i genitori, devono essere reciproche e devono condividere significati o percezioni simili riguardo alla situazione.

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La figura paterna nella famiglia: dalla diade alla triade

Mentre le funzioni femminili all’interno della famiglia, attraverso i ruoli di moglie e di madre, sono state molto studiate, quelle maschili sono tuttora poco

conosciute. La funzione del padre era stata molto valorizzata da Freud19, che

individuò la sua importanza soprattutto nei processi legati alla costituzione e

all’elaborazione del conflitto di Edipo20, allo sviluppo dell’identità sessuale21

,

all’interiorizzazione di un codice etico e morale e allo sviluppo del Super-Io22

. Tuttavia, al momento, ancora pochissimo si è scritto riguardo alle funzioni svolte dal padre nei primi tre anni di vita del bambino, cioè nel periodo pre-edipico. La maggior parte degli studi si è limitata a considerare il bambino nell’interazione con un solo genitore, all’interno di una diade.

I dati delle ricerche sull’attaccamento depongono per il fatto che il padre è estremamente importante anche nei primi anni della vita infantile, ma il suo ruolo va studiato non tanto nel rapporto diretto con il figlio, ma all’interno di una triade. Se consideriamo il padre in questa prospettiva, potremmo riconoscere la sua funzione in almeno tre momenti dello sviluppo del ciclo familiare: la prima

19

La figura paterna elaborata dal pensiero freudiano rimane estremamente attuale ed un valido punto di rifermento, connota il padre come colui che incide sull'evoluzione dell'identità personale del figlio. Sia attraverso una presenza costante, sia attraverso l'assenza, la figura del padre resta sempre presente a livello esperienziale e fantasmatico. 20 Se la nostalgia consiste, essenzialmente, nella intensa bramosia della madre,allora possiamo capire l’importanza di un padre che trascina via da tale nostalgia, l’importanza, cioè, di un padre che in un certo senso “costringe” (tramite il “divieto” edipico) a non voltarsi indietro a guardare, spingendo così a guardare avanti, a crescere: possiamo capire il significato della funzione paterna in senso anti-nostalgico.

21

Dopo la perdita di “madre-Euridice”, Orfeo, figlio di Apollo, le rimane totalmente fedele, “fonda” l’omosessualità e si circonda di soli uomini, rimanendo vincolato unicamente alla madre-Euridice (identificandosi con lei) e permanendo, così, in una condizione di perenne stasi nostalgica. Forse a Orfeo è mancato un padre, e in effetti suo padre, Apollo, “non è un dio padre ma è l’eterno figlio appena cresciuto”, scrive Downing (1989, 255) secondo la quale il padre di Orfeo “è certamente anche un padre ma non lo è nell’essenza [perchè con i suoi figli più conosciuti, Orfeo e Asclepio] non ha relazioni personali [...]”: la maancanza di un’adeguata funzione paterna sembra significativamente correlata ad una scelta d’oggetto di tipo omosessuale. Freud, in una nota aggiunta nel 1914 ai “Tre saggi sulla teoria sessuale” (1905), affermerà ancora: “La mancanza di un padre forte nella prima infanzia favorisce non di rado l’inversione”.

22 Il Super-Ego è costituito da un insieme eterogeneo di modelli comportamentali, oltre che di divieti e comandi, e rappresenta un ipotetico ideale verso cui il soggetto tende con il suo comportamento. «È una sorta di censore che giudica gli atti e i desideri dell'uomo». Attraverso tale istanza si determina un meccanismo che porta alla frantumazione dell'Io ed alla sua successiva modificazione, in quanto vengono da esso assimilati modelli derivanti da imposizioni altrui. Il Super-Ego, infatti, scaturisce dal bagaglio culturale e formativo acquisito sin dall'infanzia dai genitori ed in seguito da altri eventuali educatori.

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infanzia, il periodo edipico e l’adolescenza. Nella prima infanzia il rapporto diretto del padre con il neonato è secondario rispetto a quello della madre, ma la qualità della relazione con la propria compagna è fondamentale per consentire alla madre e al bambino di svolgere adeguatamente il proprio compito evolutivo. Nel periodo edipico il coinvolgimento tra i tre componenti della triade è ugualmente intenso. Durante l’adolescenza, la relazione del padre con la propria compagna e quella con il figlio sono entrambe molto importanti. Un compito fondamentale del padre durante la prima infanzia è quello di favorire le condizioni perché la relazione privilegiata tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo adeguato: garantire una dimora confortevole e sicura, fornire un sostegno economico, procurare il cibo e gli altri beni necessari alla famiglia, rappresentare e proteggere i propri cari nella relazione con l’ambiente esterno occupandosi di eventuali problemi e conflitti. Una seconda funzione maschile di grande importanza ma sottovalutata, è quella di proteggere la propria compagna nei periodi in cui è maggiormente esposta a condizioni di potenziale pericolo e a problemi emotivi, particolarmente alla depressione. Questi momenti critici, nel ciclo vitale della donna, sono in particolare quello relativo alla gravidanza e ai primi mesi dopo il parto, e quello dell’adolescenza e dell’emancipazione dei figli quando le donne sono maggiormente esposte a difficoltà emotive e reazioni di carattere depressivo legate non solo ai mutamenti fisici e ormonali, ma anche ai cambiamenti del proprio ruolo sessuale femminile di donna e di madre. La funzione del maschio, in questi casi, è quella di aiutare la propria compagna a superare le difficoltà mantenendo la sofferenza e la problematicità a livelli tollerabili. Infatti, durante la gravidanza e nei primi mesi successivi alla nascita del bambino sono frequenti le reazioni emotive di carattere ansioso e depressivo,

che possono andare dalla semplice disforia post-partum o maternity blues23

(un’alterazione transitoria dell’umore che si manifesta nel 60-70% delle puerpere

23 l sintomo più frequente è il pianto, anche se questo non può costituire l'unico criterio per stabilire la presenza del maternity blues. Il pianto apparentemente ingiustificato, deve presentarsi associato ad irritabilità, stanchezza, tristezza con sentimenti di fallimento, autoaccuse, distacco dalle persone, eccessi di preoccupazione per il bambino, facile esauribilità attentiva, variabilità dell'umore, che in certi momenti può farsi improvvisamente euforico. Il quadro non ha un preciso giorno di insorgenza, anche se affiora quasi sempre nei primi dieci giorni dal parto. Le condizioni di disforia in gravidanza e nel puerperio possono essere correlate a variazioni nel tasso di progesterone. appare di maggior interesse la teoria che identifica nello stress dovuto alle forti risonanze emozionali del parto, amplificate dal contesto ambientale in cui la donna si trova inserita, l'innesco della risposta disfunzionale.

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nei giorni immediatamente successivi al parto) fino alle vere e proprie depressioni post-partum, causate dalle modificazioni corporee dovute alla gravidanza e al parto e dai cambiamenti ormonali legati alla montata lattea. Donald Winnicott definisce questa condizione “preoccupazione materna primaria” (1956) intenendo che, se si manifestasse al di fuori della maternità, sarebbe considerata uno stato psichiatrico, mentre nei primi mesi dalla nascita del bambino è uno stato

fisiologico e normale di regressione utile per l’accudimento del bambino24

. In questi momenti, la funzione del padre sembra essere quella di fornire alla propria compagna supporto psicologico e sicurezza proteggendola da un’eccessiva sofferenza emotiva. Questa funzione può essere interpretata in termini di base sicura. I padri preoccupati, troppo emotivi o depressi sembrano costituire uno svantaggio per l’equilibrio emotivo della propria compagna e per il buon

andamento del rapporto tra madre e bambino 25. Una tendenza attuale della nostra

società è quella di valorizzare nei padri lo svolgimento di funzioni sostanzialmente materne, come l’accudimento fisico del bambino, l’alimentazione o il cambio del pannolino: è sempre più frequente assistere, durante la gravidanza, alle manifestazioni preoccupate e ansiose dei padri che in alcuni casi arrivano ad accusare sensazioni corporee e disturbi simili a quelli della moglie

(fenomeno noto come “sindrome della couvade”26

). Questi atteggiamenti

24

Winnicott è convinto che manchi, o sia carente, una trattazione approfondita della funzione materna nella fase precoce dello sviluppo del bambino. La madre attraversa uno stato particolare in tale fase primitiva, una condizione psicologica denominata “preoccupazione materna primaria”. Essa emerge durante la gravidanza, e si protrae ancora per poco, fino a poche settimane dopo la nascita del bambino. La particolarità di tale condizione è che essa risulta essere inconscia e la tendenza della madre sarà quella di rimuoverne il ricordo. Winnicott parla di “ritiro”, “dissociazione”, “fuga” e, addirittura, di “disturbo profondo”, di una fase schizoide nella quale un aspetto della personalità prende il sopravvento, temporaneamente. Queste considerazioni ci portano a definire la fase di “preoccupazione materna primaria” come una condizione necessaria di elevata sensibilità che ha bisogno di emergere, stabilirsi e cessare in un arco di tempo determinato. Winnicott parla anche di fase di “malattia normale” e, dunque, di “guarigione”: la madre deve essere sufficientemente sana per “ammalarsi” e altrettanto abile nel “guarire” una volta che il bambino non ha più bisogno di tale stato di cose. La madre sviluppa dunque una sensibilità particolare, una “malattia”, che le permette l’adattamento sensibile, delicato e “devoto” ai primi bisogni del bambino.

25

Marianne S. De Wolff, Marinus H. van Ijzendoorn Sensitivity and Attachment: A Meta-Analysis on Parental Antecedents of Infant Attachment, in Child Development Volume 68, Issue 4, pages 571–591, August 1997

26

Uno studio dell’università neozelandese di Waikatoha, condotto dalla ricercatrice Irene Lichtwark, ha scoperto come gli uomini, mariti e partner, la cui donna è incinta, provano sensazioni molto simili a quelle che tipicamente caratterizzano le donne gravide. La sindrome della couvade sembra tuttavia essere molto di più di un semplice contagio psicosomatico, affondando le sue origini in riti tribali antichissimi sulla paternità. In molti popoli della terra, come in Sud America e in India, la sindrome della couvade rappresenta un insieme di rituali tribali che prescrivevano a livello sociale e collettivo determinate norme comportamentali per gli uomini che li collegavano sia al nascituro che alla compagna da un intimo legame di empatia fisica.La compartecipazione fisica e comportamentale della sindrome della couvade sembra quindi ricondurre la costruzione sociale della paternità ad origini antichissime e ormai radicate profondamente nella cultura umana tanto da riproporsi, anche se spogliate dalla componente rituale e collettiva, nelle società postmoderne. La cultura, in altre

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eccessivi, simili per certi aspetti alla condizione di preoccupazione materna primaria descritta da Winnicott e da lui considerata uno stato normale e utile nella donna, quando si manifestano nel maschio dovrebbero essere considerati con attenzione, in quanto compromettono la funzione maritale e paterna di base sicura. Il compito protettivo antidepressivo dell’uomo nei confronti della propria compagna si rivela anche in un altro momento del ciclo vitale della famiglia: durante l’adolescenza e la graduale emancipazione dei figli. In questo periodo la madre deve saper rinunciare alla funzione svolta durante l’infanzia e prepararsi a vedere il figlio uscire dalla famiglia. La funzione del padre, in questo caso, non è solo quella di sostenere il giovane in questo processo (fornendogli una base sicura), ma anche proteggere la compagna dalla sofferenza psicologica legata alla perdita della propria funzione materna e al cambiamento concomitante del proprio ruolo affettivo e sessuale. Un padre troppo apprensivo, invadente o iperprotettivo, che si sovrappone alle preoccupazioni materne aggravandole, può limitare il processo di autonomizzazione del figlio, ostacolando il superamento di questa fase del ciclo vitale e favorendo nella propria compagna lo sviluppo di una sintomatologia depressiva.

Il ciclo vitale familiare

Il ciclo vitale familiare rappresenta un modello evolutivo che esamina e descrive i cambiamenti che tipicamente avvengono in una famiglia nel corso degli anni. Il concetto di vita di una famiglia è uno strumento concettuale utile in quanto mette in evidenza la continuità della famiglia nel corso del tempo e delle generazioni e consente di vedere la famiglia come un’entità che, inserita in un flusso di continuo cambiamento, incessantemente vive e si evolve. Il ciclo vitale familiare si articola in una serie di fasi, ognuna delle quali deve essere superata perchè si possa passare con successo alla successiva. In occasione di ciascuna fase del ciclo vitale, un sistema familiare si trova a confrontarsi con una situazione nuova, che richiede un cambiamento nell’organizzazione del sistema stesso, poichè le precedenti modalità di funzionamento non risultano più adeguate. Debbono cioè avvenire

parole, sembra tentare di colmare il divario sancito dalla natura per la nascita psicologica del padre chiamato poi, con la paternità, a svolgere un ruolo in realtà complementare a quello della madre.

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all’interno del sistema alcuni cambiamenti nelle relazioni interpersonali, in modo che le modalità di funzionamento possano adeguarsi alla nuova fase. E’ possibile distinguere, nella tradizionale famiglia occidentale moderna, cinque stadi principali legati a cinque diversi eventi critici: in seguito ad un matrimonio o ad una convivenza, si ha la formazione della coppia; successivamente, con la nascita dei figli, si entra nello stadio della famiglia con bambini; quindi, quando i figli entrano nell’adolescenza, si ha la fase della famiglia con adolescenti; a quella segue con lo svincolo dei figli e la loro uscita da casa, la fase della famiglia

trampolino di lancio27, infine il pensionamento e la malattia o la morte della prima

generazione caratterizzano la fase dell’età anziana. In linea generale, nel passaggio attraverso le varie fasi gli individui dovrebbero progredire nel processo di individuazione e raggiungere un sufficiente livello di differenziazione dalle famiglie di origine, creandosi un proprio spazio personale e accrescendolo, sperimentando nuove modalità relazionali, e divenendo sempre più autonomi dal

punto di vista emotivo e cognitivo28. Un individuo ben differenziato può

appartenere a diversi sottosistemi, sia all’interno che all’esterno della famiglia, rispetto ai quali può partecipare e separarsi senza perdere il senso della propria continuità personale. La prospettiva trigenerazionale, tenendo conto della dimensione storico-evolutiva della famiglia, integra la dimensione orizzontale

delle relazioni con quella verticale29. Quando un uomo ed una donna formano una

27

Stadio della famiglia trampolino di lancio: è una fase contraddistinta dallo svincolo e dall'allontanamento dei figli, necessita di un ulteriore aumento della flessibilità familiare per far fronte all'uscita dei figli e all'entrata dei generi, delle nuore e dei nipoti oltre ad una rinegoziazione e ad un reinvestimento, da parte dei genitori, nel rapporto di coppia. Il processo della regolazione delle distanze impegna, in questa fase, il sistema familiare contemporaneamente a più livelli. I figli giovani adulti si devono staccare dai loro genitori; i genitori, a loro volta, si devono separare dai figli e si devono preparare al distacco dai propri genitori, oramai anziani; i genitori anziani, infine, si staccano definitivamente dal ruolo attivo e da dirette responsabilità nei confronti della società. Il compito comune a tutte e tre le generazioni in questa fase è quello di progredire verso una sempre maggiore differenziazione e una più profonda individuazione.

L'incapacità dei genitori di riorganizzare i rapporti all'interno della coppia e di accettare l'uscita dei figli può portarli a sperimentare la cosiddetta "sindrome del nido vuoto": quando per il genitore il confine tra il sè e il figlio giovane-adulto è indistinto; l'oggetto perso viene sentito come il proprio io, e la separazione dal figlio viene percepita come un'angosciosa minaccia alla propria sopravvivenza e perciò ostacolata.

28 Secondo McGoldrick M. e Carter E. A. (1980) il verificarsi della separazione e del divorzio altererebbero il "normale" evolversi del ciclo vitale della famiglia secondo le fasi precedentemente riportate. Per questo motivo essi affermano che: dal momento della separazione della famiglia unita fino alla eventuale ricostituzione di un nuovo nucleo, da parte di uno o entrambi i coniugi, nuovi stadi del ciclo vitale devono essere percorsi per ristabilire l'equilibrio e consentire l'evoluzione del sistema familiare. Questi autori hanno individuato tre stadi principali, aggiuntivi, con relative sottofasi, che

caratterizzerebbero il ciclo vitale delle famiglie coinvolte in un processo di ricomposizione:

1) Stadio della pianificazione e attuazione del divorzio; stadio del post divorzio; stadio della famiglia ricostituita. 29

La coppia infatti è il punto di incontro tra due assi immaginari: uno verticale, il vincolo di filiazione e uno orizzontale, quello di alleanza (Canevaro, 1999).

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coppia, in realtà uniscono i due sistemi familiari di appartenenza, i quali interagiscono attraverso questo vincolo, lo influenzano e lo modificano in un patto sancito dalla società. Questo vincolo di alleanza ha un valore antropologico culturale, ed è diverso dal vincolo di filiazione che unisce i coniugi con i propri genitori e con i figli che insieme a loro formeranno una famiglia. Si può dire che questi due vincoli siano essenzialmente antitetici e allo stesso tempo complementari fra loro: uno è biologico ed endogamico, l'altro è culturale ed exogamico e sono legati da una relazione inversamente proporzionale, cioè più il vincolo di alleanza si consolida creando una serie di regole proprie, transazionali in un certo clima di complicità propria di quella coppia, più tendono a indebolirsi i legami che uniscono i due coniugi ai rispettivi sistemi familiari di origine e la complicità sviluppata con questi attraverso tanti anni di convivenza. Con la nascita dei figli si estende il vincolo di filiazione in un asse diacronico che consente il passaggio transgenerazionale di quel filo conduttore biologico e culturale che permette la sopravvivenza della specie. La tensione dinamica che esiste tra questi due assi, in una complementarità degli opposti, costituisce il punto

nodale del sistema trigenerazionale30. Quello che non è stato risolto o elaborato

nelle generazioni precedenti, può riproporsi assumendo il carattere di obbligo, vincolo o debito non pagabile per le generazioni successive. L’interiorizzazione da parte del bambino piccolo di legami positivi con le figure genitoriali, gli

permette di trasferire la fiducia e la speranza nelle relazioni future. Stierlin31

identifica tre modalità di trasmissione intergenerazionale: legare, delegare, rifiutare. Mentre nel primo caso i legami sono troppo stretti, nell’ultimo sono troppo labili; la delega, invece, è una modalità che lascia al figlio uno spazio di autonomia all’interno del mandato familiare, in modo che possa allontanarsi dalla famiglia per adempiere al suo mandato e poi renderne conto (legame di lealtà). Per evidenziare le configurazioni relazionali che caratterizzano la famiglia ai

30 U

n sistema funzionale e armonico a livello intergenerazionale è quello in cui ciascun individuo compie il ruolo assegnato dal suo momento evolutivo: i figli possono essere figli e non vengono utilizzati nella gestione delle

problematiche di coppia o in quelle con la famiglia di origine dei genitori; i valori e le tradizioni di ciascun partner sono una “dote” da condividere con l’altro e non un campo di battaglia sul quale fronteggiano per la supremazia le due famiglie di origine; i partner rimangono all’interno della relazione di coppia sullo stesso piano generazionale, cioè si considerano membri alla pari di un team che funziona grazie alle risorse emotive e psicologiche di ciascuno.

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diversi livelli generazionali, in ambito terapeutico e di ricerca è utilizzato il

genogramma32. Si tratta di uno strumento per mezzo del quale il soggetto è

invitato a rappresentare con carta e matita la propria struttura familiare. L'interazione tra i sistemi familiari coesivi e dispersivi.

Molti ricercatori dei sistemi familiari hanno studiato iI modo di organizzarsi dei diversi membri di un gruppo familiare e lo stile di relazione che li caratterizza. Molti di loro sono stati terapeuti familiari che, sviluppando le loro concezioni circa le disfunzioni familiari e il loro specifico trattamento, delineavano modelli sottostanti di normalità: sono classici concetti come divorzio emozionale e fusione

emozionale di Bowen33 (1960), famiglie invischiate o disimpegnate di Minuchin

(1977) e forze centripete e centrifughe di Stierlin (1974). Modelli più sofisticati di valutazione familiare come il modello di competenza familiare di Beavers (1981),

il modello circonflesso di adattabilità familiare di Olson34, Sprenkle, Russel

(1979,1985) sono stati creati più recentemente. Questi modelli studiano e distinguono vari tipi di organizzazione familiare che variano tra funzionalità e

disfunzionalità. Olson, Sprenkle, Russel35 definiscono la coesione familiare: “[...]

il legame che i membri hanno reciprocamente e il grado di autonomia individuale che una persona sperimenta nel sistema familiare. All'estremo dell'alta coesione familiare, l'invischiamento, c'è una iperidentificazione con la famiglia che si

32 Il genogramma è una specifica “versione” dell’albero genealogico utilizzato dai terapeuti familiari; può essere definito come la rappresentazione grafica della struttura di una famiglia accompagnata dalle verbalizzazioni che colui che compila il genogramma fa rispetto alle relazioni tra i soggetti rappresentati, alla comunicazione tra essi, alle somiglianze o differenze, ai miti o ai rituali che caratterizzano parti del sistema rappresentato (o il sistema intero). Alla semplice descrizione dei legami di parentela si aggiunge, dunque, l’analisi degli elementi relazionali, emotivi e affettivi. In base alla teoria di riferimento di chi utilizza questo strumento, in base dunque all’epistemologia in cui si inserisce questa tecnica, il genogramma può focalizzarsi su alcuni elementi piuttosto che su altri; tra i rami dell'albero pare celarsi il segreto o la spiegazione di un comportamento.

33 “Murray Bowen era un insegnante dei Sistemi Familiari la cui scuola di pensiero si perpetua perché lui era

estremamente chiaro ed i suoi metodi tanto facili da imparare od insegnare. Lo stile di Bowen era più simile a quello di un coach moderno che a quello di uno psico terapeuta. Egli dapprima aveva degli incontri con il paziente da solo cui affidava dei compiti per provocare il cambiamento e solo dopo lo faceva ritornare nella sua situazione familiare. Un altro vantaggio della teoria di Bowen è che si può usare il suo sistema lavorando con qualsiasi altro sistema: dagli individui alle

organizzazioni complesse”. Da “L’enneagramma e i sistemi familiari” di C.Bartlett.

34 Olson analizza il funzionamento della famiglia attraverso tre dimensioni: coesione, adattabilità comunicazione. La coesione è la dimensione che indica la lontananza o la vicinanza dal punto di vista psicologico; l’adattabilità indica la capacità di cambiare la struttura familiare in base agli eventi; la comunicazione, infine, è intesa non soltanto come modalità che i membri della famiglia utilizzano per esprimere i loro bisogni, ma anche come elemento che facilita il movemento dinamico della famiglia.

Olson ha individuato 16 tipi di funzionamento familiare, a seconda del posto che una famiglia occupa in ciascuno delle dimensioni, che possono essere ridotti a tre modelli principali: bilanciato, medio raggio, estremo.

35 OLSON D., SPRENKLE D., RUSSELL C. (1979), Circumplex of Marital and Family Types, and Clinical Applications, in "Fam. Proc.", 18,i.

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esprime con un legame coesivo e limita l'autonomia individuale. L'estremo limite inferiore, disimpegno, è caratterizzato da un basso legame e da una alta autonomia dalla famiglia. [...] Questa analisi concettuale della letteratura derivante da differenti campi dimostra che l'elemento coesione è un'importante dimensione sia per i gruppi familiari che per quelli secondari (non familiari). Il rapporto con differenti scienze e discipline sociali fornisce un tipo di valutazione incrociata (cross- valulation) di grande importanza e significato”. Mentre numerosi autori definiscono concetti teorici in relazione con la dimensione di coesione familiare senza tuttavia prendere in considerazione le famiglie d'origine, Beavers in un articolo scritto nel 1981 dice: "Da un punto di vista sistemico tutte le famiglie iniziano con il comportamento e le abitudini di almeno una famiglia di origine e abitualmente due. La famiglia di origine è il modello conscio e inconscio di ciò che ci si aspetta dalla vita familiare". Entrambe le famiglie sono considerate come aventi lo stesso livello di influenza sebbene apparentemente una di loro, come dice Beavers, imporrà il suo stile transazionale sull'altra. L'unione tra due famiglie di origine sarà lo sfondo nel quale una nuova famiglia si evolverà delineando il suo stile, sia normale che patologico. Queste due famiglie di origine esisteranno sempre nella configurazione e anche quando ci sia un solo rappresentante, si avrà questo campo virtuale che bisogna indagare definendo innanzitutto le loro caratteristiche:

a) i sistemi familiari coesivi sono più orientati verso l'interno e l'esterno si presenta più minaccioso. I confini tra gli individui non sono netti. Si enfatizzano i valori di vicinanza e di espressione degli affetti, i figli si staccano relativamente tardi dal nucleo familiare;

b] i sistemi familiari dispersivi sono più indirizzati verso l'esterno. I valori non sono riferiti tanto alla famiglia quanto al mondo sociale. I limiti tra gli individui sono netti e c'è più distanza interpersonale; c'è maggior rifiuto della vicinanza fisica e resistenza all'espressione degli affetti. I figli si staccano relativamente presto dal nucleo familiare.

La configurazione sc+sc si ha quando entrambi i coniugi appartengono a sistemi coesivi. Essi tendono a considerarsi simili ed in generale c'è di fatto molta

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similitudine per quanto riguarda i valori familiari, la classe socio-economica, la religione, l'educazione ecc. La dipendenza dei due coniugi dalle rispettive famiglie d'origine è molto grande e la relazione tra loro tende ad essere intensa, fragile e inversamente proporzionale alla vicinanza con la famiglia di origine. L'intensità della relazione può essere molto alta soprattutto per quanto riguarda l'espressione emozionale dei conflitti, ma il grado di solidarietà della coppia è basso. In questo tipo di coppia abitualmente chiamata "immatura", i rischi di separazione e di divorzio sono maggiori che nelle altre configurazioni. Ogni coniuge affronta l’altro con l'appoggio della propria famiglia di origine. L'invischiamento tra questa e la giovane coppia è costante e circolare.

Nella configurazione SC+SD coesistono entrambi i tipi di sistemi familiari, coesivo e dispersivo. Essa è molto frequente, la relazione di coppia si dimostra più stabile rispetto alla precedente e dipende molto dall’integrazione del coniuge del sistema dispersivo nel sistema coesivo. Questo coniuge dispersivo si è staccato molto presto dal suo sistema familiare originario ed ha stabilito maggiori connessioni con l'esterno. Le caratteristiche personali lo inducono ad una maggiore distanza nelle relazioni oggettuali e a una apparente maggiore autonomia nelle relazioni sociali e familiari, ma implicitamente aspira a relazioni emozionali più strette e si lega ad una famiglia con caratteristiche centripete perché è cresciuto senza di esse. Quando c'è una disfunzione evidente nella relazione coniugale e con l'altro SFO, tende ad isolarsi emozionalmente e a sviluppare una patologia psichica o a stabilire relazioni iper-compensatorie con l'interno del sistema, triangolando uno dei figli, o con l'esterno lavorando eccessivamente (work-addict) o coinvolgendosi in relazioni extraconiugali. In questo tipo di configurazioni la coppia tende ad una insoddisfazione cronica, con una simmetria occulta, e "vive separandosi" anche se raramente effettua la separazione. In questa struttura i figli giocano un ruolo stabilizzatore molto forte. Nella terza configurazione (SD+SD) ambedue i coniugi appartengono a sistemi dispersivi. Essi costituiscono una coppia in cui ciascuno tende a vedere l'altro come padre-marito-fratello o madre-moglie-sorella, cercando di compensare le carenze di relazione con il sistema familiare esteso. In questa formula il vincolo si

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sovraccarica emozionalmente e le frustrazioni sono molto intense, anche se generalmente i coniugi non si separano, data la grande necessità reciproca. Abitualmente stabiliscono con i figli un sistema familiare coesivo.

Dalla terapia familiare alla terapia sistemica

La terapia della famiglia36, alla base della terapia sistemica, ha un'origine

multicentrica radicata in teorie, ambienti e personalità differenti. La prassi dell'affrontare i problemi psicologici nel contesto familiare emerse sulla scena americana nel secolo scorso, intorno alla metà degli anni cinquanta ed è

caratterizzata culturalmente dal pragmatismo e dalla fiducia nella fondamentale

sanità e capacità di autorealizzazione dell’individuo. Lo sviluppo della terapia della famiglia prese inizio dal paradigma predominante della psicanalisi e dal modello medico psichiatrico per trovare soluzione al bisogno di trattamento di pazienti i cui problemi non trovavano risposte in un trattamento individuale. Infatti i primissimi approcci psicoterapeutici del 20imo secolo si sono focalizzati sulla terapia individuale e sulla relazione paziente-terapeuta, ed anche Freud scoraggiava fermamente ogni forma di analisi simultanea ritenuta inutile, ricercando la soluzione del problema nella psiche dell’individuo. Il complesso di Edipo che rappresenta il nucleo relazionale della psicoanalisi, venne considerato da Freud solo per le sue conseguenze sulla psiche individuale senza divenire la base per lo sviluppo di una teoria interpersonale e interazionista. I terapeuti familiari hanno sviluppato l’idea che i problemi psicologici nascono e vivono nel contesto familiare inaugurando quindi un modo nuovo di osservare il comportamento umano, spostando il focus del trattamento dall’individuo alla famiglia intera e rendendo possibile il passaggio dall’intrapsichico al relazionale, tanto che nella teoria sistemica l’intrapsichico appare fondamentalmente

36 La terapia familiare interviene attraverso varie tecniche di lavoro sulle famiglie, operando su 4 livelli principali di osservazione: la storia trigenerazionale della famiglia (nonni-genitori-figli); l'organizzazione relazionale e comunicativa attuale della famiglia; la funzione del sintomo del singolo individuo nell'equilibrio della famiglia; la fase del ciclo vitale della famiglia in cui si presenta il sintomo del singolo (ciclo vitale: rappresenta una tappa delle varie fasi evolutive attraversate da un sistema-famiglia; si parla, ad esempio dell'uscita da casa dei figli a seguito del matrimonio, del decesso di un genitore o della nascita di un figlio, etc.; questi eventi costringono il sistema a riorganizzarsi, e quindi ad evolvere verso nuovi assetti relazionali). Le tecniche, attraverso l'utilizzo di compiti ("homeworks") da attuare sia nelle sedute terapeutiche che a casa, si articolano intorno alle problematiche dei ruoli, della gerarchia, delle alleanze, e della qualità della

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inverificabile. I terapeuti familiari hanno sostenuto l’idea che i problemi psicologici possono essere spiegati più facilmente come eventi circolari, che si ripresentano periodicamente e si influenzano reciprocamente e come sistema. Alla

teoria cibenetica della conoscenza come indicata da Heinz Von Foester37, che

include l’osservatore, e all’idea di sistema, si affianca nella moderna terapia sistemica, l’epistemologia costruttivista per la quale non esiste un'unica realtà ontologicamente vera, ma tante realtà soggettive che variano a seconda del punto di vista adottato. La realtà è considerata il prodotto della prospettiva, degli strumenti conoscitivi e del linguaggio attraverso i quali la possiamo percepire e

comunicare: come dice Maturana38, ci sono tante realtà (multiversi) quanti sono i

linguaggi e ogni sistema vivente è fondamentalmente chiuso e ripiegato su sé stesso nel generare la propria organizzazione. Linguaggi diversi e costruzioni diverse della realtà possono condurre a differenti rappresentazioni della realtà e a realtà differenti. L'immagine del mondo di un individuo si limita solitamente a una singola interpretazione statica che gli appare l'unica possibile, ragionevole o consentita, e questo fatto è considerabile come un riflesso del sistema culturale predominante. La terapia sistemica è stata introdotta da Gregory Bateson sviluppandosi attraverso la rielaborazione dell'epistemologia cibernetica, che ne è alla base, in tre fasi:

la cibernetica di primo ordine è la fase caratterizzata dallo studio delle idee della teoria dei sistemi e della cibernetica e dalla loro applicazione al trattamento delle famiglie. Salute mentale e patologia diventano una caratteristica del sistema

37

Von Foerster Heinz, Sistemi che osservano, 1987 Astrolabio Ubaldini, Collana Psiche e coscienza Von Foerster ha lavorato nel campo della cibernetica (sua è la distinzione tra macchine banali e macchine non banali) ed è stato essenziale per lo sviluppo del costruttivismo radicale e della cosiddetta seconda cibernetica (che estende e complessifica la tradizionale prima cibernetica di Norbert Wiener e John von Neumann).

38

Humberto Maturana ha elaborato le sue teorie proseguendo il percorso già battuto da G.Bateson, L.Wittgenstein col concetto di “concordanza delle forme di vita”, e significato come uso sociale, G.B. Vico con la sua teoria dei Corsi e Ricorsi, Paul Weiss con la nozione di Autoproduzione, e di molti altri. Ha trascorso la sua carriera elaborando queste teorie attraverso un programma di ricerca biologica nel suo laboratorio di Santiago del Cile (sulla cui entrata è scritto

“Laboratorio sperimentale di epistemologia”).insieme a Varela, elaborano l’idea che gli esseri viventi possano essere classificati come “macchine autopoietiche”, ovvero una classe particolare di macchina che “...produce continuamente se stessa, per mezzo di produzione continua e ricambio dei suoi componenti, quello che caratterizza gli esseri viventi è quello che si perde nel fenomeno della morte”.

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familiare ed i sintomi sono considerati funzionali per scopi secondari o per mantenere l'omeostasi (equilibrio) familiare;

la cibernetica di secondo ordine introduce la considerazione di problemi come la modalità di osservazione o la punteggiatura degli eventi e il concetto di riflessività: il terapeuta e l'èquipe sono solo creatori di idee sulle dinamiche familiari e queste idee non sono nient'altro che ipotesi di lavoro e non esiste alcuna realtà oggettiva che attende di essere scoperta. Il terapeuta deve riflettere continuamente sulle proprie percezioni e i propri pregiudizi, accettando l'idea di una realtà soggettiva la cui essenza può essere descritta solo in modo limitante e fuorviante;

la cibernetica di terzo ordine pone attenzione al significato delle dinamiche della famiglia e della sua esperienza. I significati sono personali e idiosincratici ma derivano dalle realtà culturali in cui sono immersi. Pur non essendo possibile conoscere il mondo esterno alla persona definitivamente, il costruzionismo sociale suggerisce una realtà del mondo in termini di strutture, comportamenti e discorsi

prevalenti e di sistemi condivisi di significati39. Le idee condivise di una cultura

sono quindi reali e d'importanza vitale per l'esperienza familiare. I sistemi umani sono orientati a esprimere pattern di comportamenti e di credenze derivati dalla cultura, che si modificano in modo unico nel flusso comunicativo quotidiano. Lo sviluppo della sistemica con i dibattiti e gli studi che sono nati ha portato ad allargare i confini speculativi fino ad includere forme di organizzazioni di diverso grado di complessità. L’intervento sistemico nell'organizzazione umana è caratterizzato da un livello di analisi che riguarda l'osservazione dei significati e della qualità della comunicazione e della relazione, che è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi di cambiamento. Gli approcci fondamentali della terapia familiare che non si pongono come obiettivo principale la crescita finale dell'individuo ma il cambiamento del contesto del problema

39 Seguendo quanto asseriscono Edwards e Potter (1992), «noi viviamo nelle (e attraverso le) identità narrative che sviluppiamo nella conversazione con gli […] altri»: risulta chiaro come questa prospettiva sia interessata a sottolineare il ruolo, o meglio, il “protagonismo”, del linguaggio e delle relazioni sociali nei processi di anticipazione delle esperienze; la conoscenza ed i significati ad essa connessi si vengono così a tratteggiare come distribuiti: non risiedono né nelle persone né nella loro cornice culturale, quanto nell’incontro situato tra partecipanti impegnati in un’ azione (Salomon, 1993).

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posto, assumendo, in un'ottica circolare, che, una volta ottenuto il risultato, gli individui cresceranno e raggiungeranno un maggior grado di libertà, sono:

strutturale: termine coniato da Salvador Minuchin nel 1972. Utilizzando riferimenti dell'approccio sistemico applica solo marginalmente la metodologia

cibernetica, usando un linguaggio che fa riferimento alle teorie

dell'organizzazione e dei ruoli. Minuchin iniziò a lavorare in America in un'istituzione residenziale per giovani delinquenti nel 1954, dove sperimentò terapie alternative, fondate più sull'azione che sulla parola e iniziò a costruire e a

for40malizzare un proprio modello di terapia della famiglia;

strategico: termine coniato da J. Haley (MRI) nel 197341. Fa riferimento ai

principi teorici concernenti lo studio pragmatico della comunicazione umana esposti dalla scuola di Palo Alto, fondata nel 1959 ed erede dell'esperienza fondamentale del gruppo di ricerca Bateson; applica la metodologia cibernetica nello studio delle relazioni faccia a faccia. Capiscuola sono P. Watzlawick, J. Weakland, J. Haley; in Italia Giorgio Nardone;

sistemico (Milan Approach): fa riferimento ai principi teorici dell'approccio sistemico; applica la metodologia cibernetica nell'analisi sincronica (punto di vista della contemporaneità) e diacronica (punto di vista dello sviluppo nel tempo) della circolarità delle interazioni. Capiscuola sono M. Palazzoli Selvini, L. Boscolo, G. Cecchin, G. Prata. Sotto l’impulso del pensiero di Gregory Bateson il gruppo milanese superò l'iniziale visione strategica del modello della scuola di Palo Alto abbracciata dal 1971, per sviluppare un originale purismo sistemico, conosciuto oggi come modello di Milano.

Le influenze psicoanalitiche sulla terapia sistemica si possono individuare in molti e diversi contributi. All’interno della scuola americana che prese il nome di culturalismo neofreudiano, Harry Stack Sullivan rielaborò il discorso di Freud, in

40 termine coniato da Lynn Hoffman nel 1980.

41

Haley J.,Terapie non comuni. Tecniche ipnotiche e terapia della famiglia. Roma: Astrolabio, 1976. Haley è stato per lungo tempo allievo e collaboratore di Milton Erickson e a lui si deve la denominazione di "terapia strategica". Il primo capitolo di "Terapie non comuni" (1973), titolato appunto La terapia strategica, riporta: "Si parla di terapia strategica quando il terapeuta mantiene l'iniziativa in tutto quello che si verifica nel corso della terapia ed elabora una tecnica particolare per ogni singolo problema"

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una teoria e in una pratica che mettevano l'accento sulla interdipendenza dei comportamenti umani e sulla necessità di lavorare, per ottenere modificazioni significative dei comportamenti, a livello del contesto interpersonale di appartenenza. L'individualità stessa appare, a Sullivan, la configurazione, relativamente durevole, delle situazioni interpersonali che caratterizzano l'esistenza umana. Società e cultura appaiono determinanti fondamentali per il costituirsi della psiche e la prima infanzia cessa di essere, nell'impianto teorico, l'origine unica della personalità. Per Sullivan obiettivo primario della psicoterapia non è costruire o riparare il Sé, ma decostruire il sistema del Sé. John Bowlby pubblicò, nel 1949, un articolo, in cui descrisse il caso di un ragazzo, seguito come analista senza successo per due anni, che lo portò alla decisione di

sperimentare una seduta familiare. Nathan Ackerman42 affinò un metodo di lavoro

con le famiglie, che progressivamente divenne centrale nell’impostazione di diagnosi e terapia e promosse una posizione attiva e direttiva del terapeuta in quanto riteneva che la posizione di ascolto puro è inutilizzabile per il terapeuta della famiglia, che si troverebbe ad assistere al conflitto familiare senza influenzarlo. Helm Stierlin in Europa iniziò a manifestare interesse e ad

avvicinarsi alla terapia familiare. Salvador Minuchin43 in America, a partire dal

suo lavoro con le famiglie problematiche, diede corpo, come già detto, a quello

che diventò l'approccio strutturale. Iván Böszörményi Nagy44 occupandosi di

psicoterapia della schizofrenia, nell'istituto psichiatrico di Filadelfia, di cui era

42

Nathan W. Ackerman ,Psicodinamica della vita familiare Diagnosi e trattamento delle relazioni familiari, Bollati Boringhieri 1968. Ackerman è stato negli anni cinquanta uno dei fondatori e forse la figura più rappresentativa del movimento di terapia della famiglia. Lo Ackerman Institute di New York è tuttora uno dei centri di terapia familiare più autorevoli al mondo.

43

Mentre gli altri terapeuti lavorano con famiglie tipiche della middle class americana, con soggetti capaci di espressione verbale articolata e di insight, Minuchin si trova ad affrontare individui e gruppi appartenenti all’ambiente del ghetto nero, dove l’interazione tende ad essere connotata da un atteggiamento concreto e orientato all’azione più che astratto e verboso. È necessario escogitare forme diverse di terapia, usare uno stile di comunicazione più vicina alle caratteristiche dei suoi pazienti; giochi di ruolo, interventi a domicilio e la “formulazione recitata” o “recitazione” (non solo dire qualcosa, ma rendere in messaggio più incisivo, facendo anche qualche cosa … mettendo in scena la comunicazione verbale ) saranno dunque le forme tipiche di intervento che lo definiranno.

44 Ivan Nagy nasce in Ungheria dove si forma come psichiatra per poi spostarsi negli Stati Uniti, dove nel 1957 è nominato direttore dell’unità di ricerca per il trattamento della schizofrenia all’ Eastern Pennsylvania Psychiatric Institute (EPPI). Nagy, come Ackerman è l’ amministratore di un istituto multi professionale e interaccademico di ricerca e grazie a questa posizione riesce a riunire un gruppo molto corposo di collaboratori che renderanno il centro di Filadelfia uno dei punti di riferimento per tutto il pensiero sistemico; l’impostazione teorica è di stampo psicoanalitico e risente dell’influenza della teoria delle relazioni oggettuali di Fairbairn e delle teorie interpersonali di Fromm-Reichmann e Sullivan.

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direttore, introdusse le famiglie negli incontri di gruppo con i pazienti trasformando questa presenza da intrusione in risorsa a favore del cambiamento

terapeutico dei pazienti. Murray Bowen45 elaborò i concetti di massa

indifferenziata dell'Io familiare e di differenziazione (processo di uscita dalla

fusione familiare46). Per Bowen i sintomi erano il risultato di un processo

multigenerazionale sviluppando l'idea della famosa formula: ci vogliono tre generazioni per fare uno schizofrenico. Theodore Lidz studiò la dinamica interpersonale degli schizofrenici, individuando nelle loro famiglie i pattern definiti scisma coniugale, in cui è presente conflitto e divisione tra i partner e matrimonio obliquo, in cui c'è collusione con il partner dominante che mostra una chiara psicopatologia e di cui si condivide l'ideazione distorta. Nel 1952 Gregory

Bateson avendo ricevuto un finanziamento dalla Rockefeller Foundation47 per uno

studio della natura e dei livelli della comunicazione, formò un gruppo di ricerca eclettico ed eterogeneo: John Weakland, ingegnere chimico, Jay Haley, a quell’epoca un giovane scrittore e William Fry, unico medico, interno alla scuola di psichiatria.

Il gruppo Bateson

45

Nel 1954 si trasferisce al NIMH di Washington dove inizia progetti di osservazione familiare ricoverando intere famiglie. Il lavoro sulla diade madre figlio e sull’influenza degli altri familiari porta Bowen ad alcune intuizioni

fondamentali: Il rapporto madre figlio non è statico ma fluttuante, l’ansia passa liberamente dall’uno all’altro; La diade non è che una parte del triangolo, che comprende anche il padre. Bowen concluderà che il triangolo è l’elemento costitutivo di tutte le relazioni umane; Bowen sviluppa il concetto di massa e indifferenziata: il concetto definisce il grado di fusione relazionale nelle famiglie in cui i singoli membri sono incapaci di definirsi rispetto agli altri e quindi di mantenere un punto di osservazione obiettivo. Il processo di uscita dalla fusione prende invece il nome di differenziazione, concepita come una costante lotta per autodefinirsi e individualizzarsi; I sintomi nascono come risultato di un processo multi generazionale, ci vogliono tre generazioni per fare uno schizofrenico. Nel 1958, Bowen abbandona il NIMH e si trasferisce a Washington dove lavorerà fino alla morte.

46

Murray Bowen, noto soprattutto per aver fatto del genogramma familiare lo strumento principale di comprensione delle dinamiche familiari, lavora prevalentemente sulla necessità di differenziare il più possibile i singoli membri del sistema-famiglia. Secondo Bowen, infatti, le principali cause di comportamenti distonici all'interno di una famiglia derivano dalla mancata realizzazione del così detto "svincolo" di uno o più membri. Una delle tecniche messe a punto da Bowen consiste nell'individuare un singolo membro della famiglia, con lo scopo che questi possa cambiare le "regole" familiari fino a quel momento adottate.

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E’ in questo periodo che concepisce l’idea di usare il concetto di “idee gerarchiche ” appartenente alla filosofia di Bertrand Russell e applicarlo non più alla logica, ma alla comunicazione.

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