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La formazione di un Gentleman of Science

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

La formazione di un Gentleman

of Science

Motivi del capitolo

Il fatto che siano già presenti un capitolo in cui sono stati proposti alcuni cenni biografici e una breve rassegna delle opere di Herschel potrebbe far sembrare superflua la presenza di un capitolo dedicato alla sua formazione scientifica. Questo, tuttavia, serve a chiarire i successivi sviluppi della sua astronomia. In un passo contenuto in uno scritto della maturità, dove Herschel spiegava i modi diversi in cui lui e gli altri astronomi avrebbero potuto partecipare al progredire di questa scienza, egli affermava che:

I do not imagine that I have pointed out the actual manner in which they are held together; but it will always be a desirable step towards information, if the possibility of such unions, in many different ways, can be laid before us, and very probably those who have more leisure to consider the different combinations of central forces, than a practical astronomer can have may easily enlarge on what has been laid down in the foreign paragraph184.

Si tratta di una caratterizzazione basata sulla differenziazione che lascia intendere come altri siano in possesso di quelle conoscenze necessarie a stabilire la dinamica dei moti delle stelle doppie, mentre Herschel avrebbe avuto competenze diverse. Questa particolarità del modo di fare astronomia non può essere spiegata ricorrendo esclusivamente alla mancanza di un’adeguata formazione. Nel corso degli anni egli dovette guadagnarsi la stima del resto della comunità astronomica creandosi una credibilità dapprima come costruttore, successivamente come osservatore e infine come astronomo. In sostanza il primo periodo dedicato all’attività scientifica è importante per comprendere le particolarità dell’astronomia praticata dal nostro autore. Nei cinquanta anni in cui si è occupato di astronomia, Herschel ha mantenuto un proprio stile che lo

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differenziò fortemente da un astronomo come Maskelyne. Allo stesso tempo non è possibile paragonare, per importanza e contenuto, gli scritti da lui presentati alla Royal Society a quelli di un qualunque astronomo dilettante.

In queste pagine intendo dimostrare:

• Che a Herschel non mancò in fase giovanile, e soprattutto durante i primi anni trascorsi in Inghilterra, la possibilità di formarsi un bagaglio di conoscenze filosofiche e matematiche.

• Che la diffidenza con cui gli astronomi professionisti accolsero i suoi scritti non riguardò tanto gli argomenti affrontati, che in quei primi anni furono anzi ordinari, quanto le vantate potenzialità degli strumenti da lui posseduti.

• Infine che, significativamente, in quel primo periodo, quando emergevano dubbi sulle sue osservazioni, Herschel tornava ad indossare i panni dell’insegnante proponendo analogie con la pratica musicale per spiegare come migliorare i propri risultati. Soltanto in un secondo momento i riferimenti musicali cedettero il posto ad esempi tratti dalla storia naturale, ma a quel punto lo scopo per cui il riferimento era stato inserito era ormai cambiato e non serviva più a giustificare un’affermazione ma a renderla più comprensibile.

Letture del giovane William

Herschel si interessò precocemente a molti aspetti della cultura del suo tempo. Oltre alla musica il padre Isaac insegnò ai figli anche alcuni rudimenti scientifici. La solita Caroline riferì, ad esempio, di un’eclissi che la famiglia osservò riflessa nell’acqua mentre lui spiegava il fenomeno. Gli aneddoti raccontati da Caroline raffigurano nell’insieme un quadro familiare vivace dove emerge la tenacia con cui il fratello affrontava le discussioni:

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My brother William and his father were often arguing with such warmth that my Mother’s interference became necessary, when the names of Leibnitz, Newton and Euler sounded rather too loud for the repose of her little ones, who ought to be in school by seven in the morning. But it seems that on the brothers retiring to their room, where they shared the same bed, my brother William had still a great deal to say, and frequently it happened that when he stopped for an assent or reply he found that his hearer had gone to sleep185.

Certamente quelle conversazioni non sono state sufficienti a preparare William alla carriera scientifica cui era destinato, ma senz’altro lo fornirono di una base di partenza. Ritengo che il periodo compreso fra il 1766 e il 1782 fu centrale per la preparazione e l’affermazione di Herschel come astronomo. In quel lasso di tempo avvennero, infatti, incontri importanti e alcuni episodi che serviranno a far luce sulle letture e le attività che hanno guidato la formazione di questo gentleman of science. Anche se gli aneddoti biografici relativi a William Herschel assumono spesso caratteri agiografici essendo per la maggior parte dei casi frutto dei ricordi della sorella Caroline, è innegabile che egli sin da giovane mostrò una curiosità che riguardò vari argomenti. Nel 1756, quando arrivò per la prima volta in Inghilterra, William, allora diciottenne, si procurò l’Essay on

human understanding di Locke allo scopo di migliorare la propria conoscenza

dell’inglese. Il libro suscitò l’entusiasmo del giovane e rimase una delle sue letture favorite; tanto che al momento di spedire al nipote quella stessa copia Caroline commentò:

I know you will prize the book when you know that it was one of your father’s earliest treasures purchased out of his own little savings, at the age of 18 years- when along with his father and eldest brother, he was in England with the Hanoverian Guard, which you will see by the date and name, written in his own beautiful handwritten.186

Anche le lettere che William, una volta rimasto solo in Inghilterra, spediva al fratello Jacob rivelavano l’ecletticità del giovane che parlava sia di temi filosofici o morali sia di questioni religiose, relative alla teoria musicale, usando, per quelle comunicazioni,

185C. Herschel, citato in C. Lubbock(1933), p.5.

186 Lettera di Caroline Herschel a John Herschel, 8 maggio 1827, citata in I. Herschel; S. Ross (ed.) The

catalogue of the Herschel Library : being a catalogue of the books owned by Sir William Herschel, Kt. and his son Sir John F.W. Herschel, Bart, Printed for the editor, Troy, N.Y. - t.p., 2001

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oltre al tedesco anche l’inglese e il francese187. Abbiamo già accennato nel capitolo precedente al disorientamento di Caroline al proprio arrivo in Inghilterra ed agli aneddoti raccontati dagli allievi di Herschel a proposito della sua dedizione all’astronomia e alla matematica. Se selezioniamo all’interno delle lettere raccolte nell’Herschel Archive quelle risalenti agli anni fra il 1774 e il 1781 vediamo che, escluse quelle destinate a Caroline, e quelle che seguirono alla scoperta di Urano già negli anni settanta abbiamo i primi contatti con astronomi, o uomini di scienza: Hornsby, Priestley, Michell, Maskelyne. La lettera di Hornsby del 22 dicembre 1774 riguardava l’osservazione di Saturno, dei satelliti di Giove e la strumentazione usata riguardo la quale erano chieste a Herschel informazioni sugli strumenti in suo possesso. Michell e Maskelyne indirizzarono le lettere a Watson, il primo dette istruzioni sulla costruzione degli specchi per i riflettori, mentre l’astronomo reale parlò della memoria presentata da Herschel alla Royal Society a proposito delle montagne lunari, consigliandogli di aggiungere che lui stesso aveva costruito i propri strumenti. Ciò che accomuna le due lettere non è solamente il fatto che fossero indirizzate a un intermediario188, in entrambi i casi è anche contenuta una critica al suo modo di fare astronomia. Michell avanzava dei dubbi sul fatto di trovare in Marte un valido riferimento per misurare la rotazione terrestre, mentre Maskelyne disapprovava i punti dell’articolo in cui Herschel ipotizzava l’abitabilità della Luna e gli suggeriva di usare un nuovo metodo per la misurazione delle montagne lunari che sebbene fosse più difficile in fase di osservazione avrebbe reso più facili i calcoli. “Account on a comet”, cui abbiamo accennato nei capitoli precedenti, non rappresentò, dunque, un episodio isolato nella vita di un dilettante. Abbiamo, anzi, già visto come tramite il solito Watson, Herschel si fosse introdotto nella Philosophical Society di Bath (alle cui attività contribuì frequentemente) e nella Royal Society cui fece pervenire fra il 1780 e il 1781, brevi memorie. Oltre a non essere interamente isolato Herschel poté approfittare di alcune letture che lo introdussero alle conoscenze scientifiche dell’epoca. Conosciamo il contenuto della biblioteca Herschel

187 Una buona selezione di quelle lettere sono contenute in C. Lubbock (1933)

188 Anche Priestley, di cui Herschel aveva letto l’Opticks e alla cui opera aveva dedicato alcuni interventi alla Philosophical Society di Bath, aveva svolto in quei primi anni il ruolo di tramite insieme a Watson per stabilire un contatto fra Herschel e Michell.

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che è stata censita nel 1889 dalla figlia di John, Isabella, e in anni più recenti da Sydney Ross, che di quel catalogo ha curato la riedizione nel 2001. Pochi, fra i libri registrati, appartenevano senza ombra di dubbio a William. Possiamo ipotizzare che oltre al già citato Essay on Human Understanding, Herschel possedesse in quei primi anni anche

l’Opticks di Priestley, il Method of constructing Mural quadrant (Bird, 1768); Atlas Coelestis (Flamsteed, 1655); Dictionary of Chemistry (Macquer, 1777); Connoissance des Temps (1778); Dialogen Über die Mehrkeit der Welten (Fontenelle, 1780, con

un’introduzione di Bode189); The method of increments (Emerson, 1763); Treatise of

Fluxions (Maclaurin, 1742); Observations from 1765 to 1774 (Maskelyne, 1776); The Prismatic Micrometer (Maskelyne, 1777); Principia Mathematica Philosophiae Naturalis (Newton, 1726); Optice (Newton, 1706 e 1732); On Harmonics (Smith, 1749). Theory or New Hypothesis on the Universe (Wright, 1750). Questo elenco ci incoraggia

a fare alcune riflessioni. Non è facile ricostruire la parte di libri appartenuta a William Herschel e quali opere appartenessero, invece, al figlio John. Il criterio di selezionare le edizioni pubblicate precedentemente la nascita di John, o durante l’arco della vita del padre, oppure restringere la scelta a quelle comprese nel periodo che stiamo considerando, sono criteri puramente indicativi essendo, anzi, frequenti i casi che smentiscono queste ipotesi. Per limitarci a un esempio, John Herschel ricevette in dono da un amico un’edizione dei Principia di Newton del 1760, pubblicata, cioè, ben 32 anni prima della sua nascita. Ancora più difficile è stabilire se quei libri siano stati effettivamente letti e quanto sia stato recepito dalla loro lettura. A questo proposito è forse possibile escludere le riedizioni di classici e di poemi, sia perché non interessano le nostre questioni, sia, meno banalmente, perché alcuni riferimenti biografici permettono di ricostruire da un lato la passione di John Herschel per questo genere di letteratura, dall’altro l’avversione del padre per la poesia190, da queste premesse possiamo quindi attribuire il possesso di questi libri a John Herschel. Un altro esempio è An Original

Theory or New Hypothesis of the Universe. La presenza di alcune annotazione scritte da

189 Nella biblioteca degli Herschel era contenuta anche l’edizione del 1785 di Astronomy di James Ferguson che all’opera di Fontenelle era ispirata.

190 In un aneddoto raccontato da Burney si dice che lo stesso William Herschel gli avesse confessato di ritenere la poesia nient’altro che un insieme di parole ben accostate

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William nelle pagine iniziali di questo testo lasciano intendere, da un lato che Herschel ne abbia intrapresa la lettura, poiché aveva anche adottato provvisoriamente il valore di 95 milioni di miglia stimati da Wright per la distanza fra la Terra e il Sole, ma che egli abbia abbandonato il libro a un certo punto forse perché non condivideva alcune delle conclusioni in esso contenute191. Una situazione analoga è rappresentata dal Theory of

the Earth di James Hutton del 1785. Herschel ne aveva ricevuto una copia in dono

dall’autore, ma gli unici riferimenti alla teoria huttoniana presenti nel carteggio sono ben più tardi e rimandano all’esposizione che ne aveva fatto Playfair192.

In alcuni casi il catalogo della biblioteca posseduta dal nostro astronomo non riporta alcuni titoli di cui episodi biografici, o dichiarazioni dello stesso fanno, invece, presumere il possesso o almeno la lettura. Fra questi l’Opticks di Robert Smith e il

Ladies’ diary. Un caso a parte, ma rappresentativo delle difficoltà di interpretazione di

questo genere di cataloghi è la presenza nella biblioteca di Herschel della Theoria

philosophiae naturalis redacta ad unicam legem virium in natura existentium

nell’edizione ampliata del 1763. Da questa presenza, e dal fatto che Herschel si sia occupato nel 1780 di forze centrali proponendo una teoria alternativa a quella di Boscovich potremmo supporre che quell’opera sia stata effettivamente letta. Questa conclusione sarebbe però destinata ad essere smentita dalle parole dello stesso Herschel che nel corso delle comunicazioni alla Philosophical Society di Bath ammise di non aver letto l’opera di Boscovich a causa della ristrettezza della biblioteca della cittadina in materia di letteratura scientifica e di averlo conosciuto soltanto attraverso l’esposizione che ne aveva fatto Joseph Priestley, autore che al contrario aveva letto e apprezzato, ma di cui il catalogo riporta solamente un titolo quello dell’Optics omettendo ad esempio

191 Si veda in proposito M. Hoskin (1963)

192 Ad esempio in una lettera a Patrick Wilson Herschel afferma di aver ricevuto l’esposizione della teoria di Hutton di Playfair e la segnala all’amico dicendo di aver apprezzato sia le note di Playfair sia il fatto che la teoria riesca a spiegare facilmente anche fenomeni da lui non ancora osservati, proseguendo Herschel chiarisce di avere dei dubbi su quanto sia opera di Hutton, e su quanto, come lui invece crede, sia merito di Playfair. Nella lettera non è indicata la data ma il fatto che parli del lavoro di Playfair la pone nei primi anni del XIX secolo. RAS MS Herschel W.1\1 p.249-150. Inoltre Patrick Wilson nomina Playfair per la prima volta in una lettera del 20 giugno 1806 definendolo un amico comune, a questa segue una lettera del 22 giugno, ma in cui non è indicato l’anno, ma che presumibilmente sarà il 1806 in cui lo stesso Wilson parla della esposizione della teoria di Hutton fatta da Playfair. RAS MS Herschel W.1\13 W153 (3) (datata 20 giugno 1806) e RAS MS Herschel W.1\13 W154 (2) (datata 22 giugno).

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l’History of Electricity a cui Herschel aveva dedicato un’altra comunicazione alla Society di Bath193

Nel tentativo di ricostruire i primi anni della formazione di William Herschel come astronomo ho preferito integrare quanto contenuto nel catalogo con i riferimenti rintracciabili nei suoi scritti o nei ricordi di chi lo frequentava in quel periodo. La lettura accurata di Newton emerge dai riferimenti contenuti nelle comunicazioni presentate alla Philosophical Society di Bath, mentre alcuni episodi biografici raccontano la frequentazione con il Ladies’ Diary, o con le opere di Smith, e Ferguson. Ad esempio è molto citato l’aneddoto raccontato da Caroline a proposito del fratello che usava andare a dormire portando con sé le sue letture preferite ovvero gli scritti di James Ferguson e Robert Smith194. La tradizione newtoniana emerge, al di là dei riferimenti alle fonti primarie, attraverso la presenza della letteratura secondaria rappresentata da autori come Maclaurin ed Emerson, in particolare l’opera di quest’ultimo è annotata sia da William sia da John Herschel. Inoltre il Ladies’ Diary edito da Charles Hutton, era un periodico che prevedeva la divulgazione della matematica newtoniana attraverso esercizi e rompicapo proposti al lettore, la cui risoluzione avrebbe garantito la vincita di un premio. Anche se nel catalogo non troviamo menzionata nessuna copia di questa rivista, sappiamo che in un’occasione Herschel vinse il premio messo in palio dal giornale. Il

Ladies’ Diary aveva un buon successo nell’Inghilterra del XVIII secolo, tanto che

intorno alla sua lettura furono organizzate anche le sedute di alcune Societies filosofiche195. Lo stesso Charles Hutton fu una figura di primo piano nella comunità scientifica dell’epoca: professore di matematica all’accademia militare di Woolwich, Fellow della Royal Society, fu Foreign Secretary di questa società fra il 1779 e il 1783,

193“Remarks on a Passage in Dr. Priestley’s History of Electricity” del 22 dicembre 1780. 194 HSP (2003), vol. 1, p. xxiv

195 Ad esempio le attività della Spalding Society che si era formata per agevolare il dibattito incentrato sulla lettura del Tatler, prevedevano anche la soluzione degli enigmi proposti dal Ladies’ Diary, tanto che sono state rinvenute alcune delle soluzioni proposte dai membri di questa associazione.

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anno in cui fu costretto a dimettersi dall’incarico196, a partire dal 1795 pubblicò il

Mathematical and Philosophical Dictionary, a valuable contribution to scientific biography197. Hutton fu anche corrispondente di Herschel, le lettere contenute

nell’archivio Herschel coprono un arco temporale fra il 1784 e il 1792, ed in alcune di queste Hutton si mostrò interessato a pubblicare una biografia di Herschel nell’European Magazine. La grande diffusione fece del Ladies’ Diary un valido strumento didattico, molti studenti e matematici si formarono sugli esercizi in esso contenuti, e non deve stupire che nella biografia scritta da Arago si citasse l’episodio della sua risoluzione di uno dei quesiti proposti a riprova del fatto che Herschel non fosse completamente digiuno di conoscenze matematiche:

Je profiterai de l’occasion pour rectifier une erreur dont l’ignorance et la paresse veulent se faire une arme victorieuse, ou qu’elles présentent tout au moins en leur favour, comme une justification irrésistible. On répète à satiété qu’au moment où il entra dans sa brillante carrière d’astronome, Herschel n’avait pas de connaissances mathématiques. J’ai déjà dit que pendant son séjour à Bath, l’organiste de la chapelle octogone s’était familiarisé avec les principes de la géométrie et de l’algèbre; mais voici qui est plus positif: une question difficile sur les vibration des cordes chargées de petits poids, avait été mise au concours en 1779; Herschel entreprit de la résoudre, et sa dissertation fut insérée dans plusieurs recueils scientifiques de l’année 1780.198

Del resto è proprio da una lettera a Hutton, che del Ladies’ Diary fu l’editore fra il 1773-4 e il 1817, che possiamo ricostruire il percorso, che portò il musicista a interessarsi di astronomia che abbiamo citato all’inizio del primo capitolo. In un altro appunto autobiografico, questa volta destinato a Lalande nel 1782, leggiamo che:

My veneration for Newton lead me soon to cultivate the simplest of all instruments which owes its construction to that great man. And Dr Smith in his Optics pointed out the way to

196 Questo episodio determinò un periodo di crisi nella presidenza Banks che si guadagnò l’ostilità dei matematici. Si veda An authentic narrative of the dissensions and debates in the Royal Society. Containing

the speeches at large of Dr. Horsley Dr. Maskelyne Mr. Maseres Mr. Poore Mr. Glenie Mr. Watson and Mr. Maty, London : printed for J. Debrett; and sold by R. Baldwin, and J. Bew; and J. Sewell, 1784.

197 Nel 1795 fu pubblicato il secondo volume e nel 1796 il primo

198 F. Arago, Analyse de la vie et des travaux de Sir William Herschel, Paris, 1843, Bachelier Imprimeur-libraire, p. 6-7

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make them. My success has been such that I have never had any reason to alter my choice199.

L’appunto ci riporta una venerazione che emerge anche in tante altre lettere in cui erano affrontati temi legati alla matematica e alla filosofia naturale newtoniana. Per quanto riguarda l’ambito matematico sono particolarmente interessanti le lettere scambiate con Otias Linley, figlio di quel Thomas che aveva rivaleggiato con Herschel per la preminenza nella scena musicale di Bath. Otias fu allievo di Herschel, ma le lezioni non riguardarono esclusivamente la musica, giacché una volta che il maestro ebbe abbandonato Bath e la carriera musicale, l’ex allievo mantenne i contatti con lettere dedicate esclusivamente alla teoria delle flussioni. Negli anni 1783-1786, riprendendo probabilmente le discussioni che avevano animato i loro incontri, Linley sottopose a Herschel alcuni quesiti, e alcune soluzioni a problemi ricavati dall’opera di Simpson. In una prima lettera (che possiamo far risalire al 1783- 1784 poiché la lettera è indirizzata a Datchet) Linley propose a Herschel un argomento nuovo per le loro conversazioni: le equazioni biquadratiche tratte dall’Algebra di Simpson. Lo stesso autore ritorna nelle due lettere di Linley del 1785 e nella risposta di Herschel, che trattava della dimostrazione della prima e della seconda proposizione contenuta in un’opera di quest’autore sulle flussioni. Il giovane Linley sottopose le proprie soluzioni ai problemi proposti e avanzava dubbi su alcune dimostrazioni contenute negli scritti studiati, da parte sua Herschel correggeva gli errori e proponeva nuove dimostrazioni per le proposizioni di Simpson, che venivano subito accettate da Linley. Al di là dello spaccato sui rapporti e gli interessi coltivati da Herschel in quegli anni, queste lettere ci permettono di integrare il contenuto del catalogo della biblioteca degli Herschel con un altro autore. Anche se non viene citato il titolo per esteso, ma solo come Simpson’s Algebra, e Simpson’s Fluxions credo che possiamo restringere il dubbio su quale fosse questo libro dedicato alle flussioni al New treatise of Fluxions (1737), oppure al The

Doctrine and Application of Fluxions (1750) che ebbe maggiore diffusione. Entrambe

queste opere erano corredate da problemi relativi alle diverse aree della matematica,

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dell’astronomia e della fisica e, in particolare, il secondo titolo ebbe una riedizione arricchita nel 1776. Nel 1794 Herschel si trovò a difendere alcune conclusioni riguardanti la teoria della gravitazione di Newton dalle obiezioni di un certo reverendo W. Smith. Questo scambio epistolare mi sembra particolarmente interessante. Nella prima lettera, datata 8 febbraio 1794 il reverendo Smith, nell’impossibilità di compiere alcune osservazioni, gli chiedeva di osservare in sua vece un evento e di fornirgli i dati. La rottura del suo migliore telescopio gli avrebbe, infatti, impedito di osservare un’eclissi lunare che lui aveva aspettato a lungo perché con alcuni dei dati reperibili durante quell’evento avrebbe potuto sciogliere alcuni suoi dubbi riguardo il moto lunare, ovvero se la Luna si avvicini alla Terra durante l’eclissi, e se al momento in cui essa entra nel cono d’ombra il moto del pianeta sia rallentato, come lui sospettava, oppure accelerato. Probabilmente nell’archivio Herschel non sono conservati alcuni passaggi intermedi di questo scambio, oppure ci fu un incontro fra i due di cui si è persa la traccia, fatto sta che la risposta, datata 27 febbraio 1794, ha tutt’altro tono e prende in considerazione posizioni di Smith non contenute nella lettera citata sopra. Herschel considerò, infatti, alcune critiche mosse da Smith alla teoria della gravitazione. Riguardo il giudizio che questa sia mal calcolata perché viene supposta agire in un vuoto perfetto, ad esempio, rispose che alcune approssimazioni dovevano essere concesse ai matematici, e che quella era un’approssimazione comunemente usata, come quando nel calcolare il moto di un pendolo la resistenza dell’aria viene trascurata. Smith dubitava anche che la Luna si muovesse in un fluido composto da aria e luce disseminato nell’intero universo dal centro alla circonferenza, Herschel rispose di non essere sicuro che l’universo avesse un centro o una circonferenza e che comunque non si poteva ammettere né che fosse pieno di aria né tantomeno che la luce potesse essere definita un fluido. Inoltre Herschel accusò Smith di sostenere che tutti i dati relativi ai moti planetari fossero errati, senza fornire una qualunque ragione a sostegno. Altre obiezioni riguardavano la presunta incompatibilità di alcune proposizioni contenute nei Principia,

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in particolare la 1° e la 70° proposizione del primo libro200, che secondo Smith si sarebbero falsificate l’una con l’altra. Per Herschel, al contrario, il reverendo aveva frainteso il senso della proposizione 70, e aggiungeva che secondo lui le due proposizioni si sostenevano vicendevolmente. Lo stesso poteva essere detto per le obiezioni riguardanti la 22° proposizione del 2° libro e la 10° del 3° libro dei Principia201. Il reverendo proseguiva chiedendo se l’attrazione fosse materiale oppure immateriale, e se fosse proporzionale al cubo della distanza. Herschel rifiutò la possibilità che l’attrazione potesse essere materiale e, quanto alla seconda domanda, affermò che la gravitazione doveva essere considerata proporzionale alla massa degli oggetti e non alla loro distanza. Infine Smith obiettava all’uso degli stessi concetti di gravità e proiezione perché non avrebbero fornito una spiegazione del moto di rotazione intorno all’asse. La risposta di Herschel è a mio avviso indicativa dell’umore con cui aveva accolto le argomentazioni del corrispondente: la stessa critica avrebbe dovuto essere mossa alle scarpe perché non coprono le mani come i guanti. Proseguendo egli aggiunse che il moto di proiezione poteva spiegare quello di rotazione poiché meccanicamente è pressoché impossibile imprimere l’uno senza causare l’altro, ad

200 Rispettivamente

Le aree che i corpi ruotanti descrivono, condotti i raggi verso il centro immobile delle forze, giacciono sugli stessi piani e sono proporzionali ai tempi.

I. Newton, Principi matematici della filosofia naturale, Utet, Torino 1989, p. 159 e

Se verso i singoli punti di una superficie sferica tendono uguali forze centripete che decrescono proporzionalmente al quadrato delle distanze dai punti, dico che un corpuscolo posto dentro tale superficie non è attratto da queste forze verso alcuna parte

I. Newton (1989), p. 346. 201 Rispettivamente:

Sia la densità di un fluido qualsiasi proporzionale alla compressione, e le sue parti siano attratte verso il basso per effetto di una gravità inversamente proporzionale ai quadrati delle loro distanze dal centro, dico che se si assumono le distanze in progressione armonica, le densità del fluido a queste distanze staranno in progressione geometrica

I. Newton (1989), p. 480 e

Il moto dei pianeti nei cieli può essere conservato molto a lungo. I. Newton (1989), p. 639.

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esempio lanciando una palla si può notare come questa tenda ad assumere un moto di rotazione nonostante tutte le precauzioni prese per evitare l’impressione di quel moto. Concludendo la lettera, Herschel spiegò le proprie convinzioni ribadendo la propria adesione alla filosofia della natura di Newton:

It is certainly a very laudable thing to receive a instruction from the great workmaster of nature, and for that reason all experimental philosophy is instituted, but why is it so but that we may investigate the causes of things. This is what Newton has done, and he has been successful. The theory of gravitation is no conjecture, and therefore you may safely admit it202.

Queste riflessioni sulla ricezione da parte di Herschel dell’opera di Newton e dei suoi maggiori divulgatori, ci hanno portato ben oltre il limite temporale che ci eravamo imposti per questo capitolo, le mie intenzioni erano comunque quelle di dimostrare come ciò rappresentasse non soltanto una parte importante nella sua formazione ma che rimase una costante nelle riflessioni e nei dibattiti a cui partecipò203.

Un tema che sarà fondamentale per lo sviluppo della cosmologia di Herschel, e che lo interessò sin dalla fine degli anni settanta, fu la riflessione sulle forze centrali, argomento che si inserisce all’interno di quella tradizione newtoniana di cui abbiamo parlato fin qui e che coinvolge un altro degli autori che secondo una buona parte degli storici maggiormente influenzarono Herschel nelle proprie riflessioni, ovvero Ruggero Boscovich. Negli anni 80 del diciottesimo secolo, Herschel presentò alla Philosophical Society di Bath due memorie dal titolo: “On the Central Powers of the Particles of Matter”, comunicato il 18 febbraio 1780 e “On the Central Powers”, comunicato nel gennaio 1781. Questi due scritti si inserivano in un più ampio dibattito scaturito dalla lettura dell’Optics di Priestley, e dal quesito che se ne poteva ricavare su cosa accadesse

202 Lettera di W. Herschel a W. Smith, 27 febbraio 1794, RAS MS Herschel W.1\1 p.201

203L’adesione di Herschel alla filosofia della natura newtoniana emerge anche dalla sua corrispondenza con Patrick Wilson che toccò molti argomenti di ottica, come gli anelli di Newton cui Herschel aveva dedicato anche alcune memorie presentate alla Royal Society.

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alla luce al momento di essere sottoposta alle operazioni di riflessione e di rifrazione204. Gli autori citati in quell’opera erano Newton, Boscovich e Michell; dai brani considerati emergeva l’inserimento della rifrazione e della riflessione in un contesto di forze attrattive e repulsive che agivano alternandosi a determinate distanze. Per Herschel una supposizione simile era da abbandonare in quanto contraria al concetto stesso di regolarità della natura205. Egli ipotizzò la presenza di quattro forze centrali in aggiunta alla forza di attrazione newtoniana. In questo modo si otteneva un’alternanza di forze attrattive e repulsive, che agivano in maniera inversamente proporzionale a diverse potenze della distanza. La coesione attrae secondo potenze molto alte di quella grandezza, la forza repulsiva della emissione (o riflessione) della luce secondo potenze alte, così come la forza attrattiva della rifrazione, mentre la forza repulsiva della deflessione agisce secondo potenze minori ma comunque superiori al quadrato, infine la forza di attrazione è inversa al quadrato della distanza. Il comportamento di un raggio di luce che si trovi a passare attraverso il centro di una particella di vetro dotata di queste forze può mostrare come la luce sia catturata al suo interno. Nel percorso il raggio di luce dovrà attraversare questa successione di strati di forze, ed in prossimità del centro il potere centripeto della forza di coesione basterà a fermare il suo tragitto e a bloccarlo all’interno della particella di vetro. L’impegno a proposito delle forze centrali non rappresentò un caso isolato nella sua collaborazione con la Philosophical society, egli fece anzi seguire altre due comunicazioni questa volta in difesa della propria teoria: “On the Central Powers of the Particles of Matter” e “On the Central Powers”. Nel primo Herschel rispose a chi riteneva eccessiva la presenza di cinque forze centrali. Questo

204 Il titolo di quella prima memoria era “Observations on Dr. Priestley’s Optical Desideratum- What becomes of Light?” Comunicato il 4 febbraio 1780, cui seguì “Addition to Observations on Dr. Priestley’s Desideratum &c.” Comunicato l’11 febbraio 1780

205

Now it appears to me that this Hypothesis of Powers of attraction and repulsion taking place at different distances, is not philosophical nor consistent with that regularity and systematical manner in which Nature seems to act, to suppose a power of attraction to extend to a certain distance, there to cease at once, and at that place another power totally opposite namely repulsion to begin, (which also is to have its limits), - and to suppose perhaps many more such alternate hollow spheres of powers one within the other, according as there shall be occasion for them, has too much the appearance of an arbitrary Hypothesis to give satisfaction. W. Herschel (1780) in HSP (2003), vol. 1, pp.lxix-lxx.

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scritto fu anche l’occasione per presentare una prima riflessione sull’estensione della forza di gravità e sugli effetti della sua azione sul nostro sistema solare206. Il secondo di questi contributi riguardava le obiezioni relative alla scarsa originalità della teoria delle forze centrali presentata da Herschel. Ciò che mi interessa in queste righe è, proprio, stabilire se ci sia stata realmente una filiazione di questa dagli scritti di Boscovich, come spesso viene sostenuto. Le ragioni del mio dubbio in merito sono da ricercare in alcune affermazioni in cui Herschel tentava di sottolineare i punti di rottura della propria teoria rispetto alle precedenti, nell’atteggiamento che egli mostrò nei confronti degli altri autori, e infine in alcune mie impressioni personali. Prima di iniziare è importante ricordare come lo stesso Herschel avesse ammesso spontaneamente di non aver letto le opere di Boscovich e di averle conosciute soltanto attraverso quanto riportato da Priestley. Noi con lui riprendiamo questo brano:

Mr. Boscovich supposes that matter is not impenetrable as has been, perhaps universally taken for granted, but that it consists of physical points only, endued with powers of attraction and repulsion, taking place at different distances; that is surrounded with various spheres of attraction and repulsion in the same manner as solid matter supposed to be.207

Il modo in cui era concepita la materia racchiude le differenze più salienti che Herschel individuò fra la propria teoria e l’altra e che espresse attraverso scelte terminologiche, per esempio l’uso di “Particle” in luogo di “Atom” doveva indicare la qualità della divisibilità della materia, proprietà, questa, che al contrario era stata esclusa dall’altra teoria. Lo scopo di Herschel era, dunque, garantire alla materia quelle qualità che funzionano con la gravità e che quindi dovevano essere estese anche alle altre forze

206Su questo punto ritorneremo nei prossimi capitoli quando quelle riflessioni potranno essere inserite all’interno della cosmologia herscheliana.

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centrali208. Dopo aver sottolineato che l’esistenza di almeno cinque forze era stata dimostrata dagli esperimenti da lui condotti, Herschel elencò le differenze fra la propria teoria e quelle dei predecessori, in particolare quella di Boscovich. La prima innovazione si ha con l’introduzione del termine “forza centrale”, che non era stato usato né da Boscovich, né da Priestley e Michell. Ciò che Herschel voleva indicare con quell’espressione era il modo in cui quelle forze si propagano dal centro della particella all’infinito209. Inoltre la sua teoria prevedeva che esse agissero secondo gradazioni infinitamente piccole di intensità, Boscovich avrebbe, invece, previsto un’azione uniforme delle forze all’interno del proprio raggio d’azione, ovvero dal punto in cui esse compaiono a quello in cui sono sostituite da altre forze. A mio avviso in questo caso si ha una grave distorsione della teoria di Boscovich che, come Herschel, prevedeva una variazione dell’intensità della forza in relazione sia della distanza, sia del tempo d’azione. Questa accusa è tanto più infondata se pensiamo come alla base della teoria boscoviciana ci fosse la volontà di descrivere l’alternanza di forze attrattive e repulsive garantendo la legge di continuità della natura, che altrimenti sarebbe stata violata dall’impatto di due corpi con velocità diversa. Un tale impatto avrebbe, infatti, provocato un salto nelle qualità naturali violando quella legge; per questo motivo Boscovich affidava alle forze centripete e centrifughe il compito di bilanciare le due velocità fino a renderle uguali. Herschel sembra ignorare questa parte della teoria affermando che la propria teoria, a differenza delle altre, garantiva il carattere di omogeneità della natura

208

If it [ the particle] be divided in two parts for instance, and these set at a distance, each half will carry along with it the same spheres of central powers the whole was possessed of, but with half the energy only. Nor can this be more difficult to comprehend than it is, that when another particle equal to the former, and possessed of the same powers, is added to it, the whole will become doubly powerful: this law is known to obtain in Gravity- where is the difficulty to admit it in cohesion?

W. Herschel (1780) in HSP (2003), vol. 1, p.lxxv. 209

In the first place I must observe that the various sphere of attraction and repulsion, mention’d by Mr Boscovich, Mr Michell, or Mr Priestley are never called central powers; and tho’ they might surround physical points as a center, it does not appear that they are meant to act all along from the center on to infinity according to one universal law, as I would be understood to mean when I call them central powers.

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a supposition of central forces existing in the manner here explained, and shewn to be consistent with mathematical reasoning will account for all phenomena of alternate attractions and repulsions taking place at different distances from the centers of material particles without any necessity of admitting arbitrary hypothesis of rings or hollow spheres of powers; the idea of which seems to revolt against that beautiful simplicity we find in all principles of Nature.210

Il richiamo alla semplicità e alla regolarità della natura contraddistinse la sua critica delle precedenti teorie delle forze centrali che agiscono sulle particelle di materia sia nella parte iniziale che in quella finale del ragionamento condotto da Herschel attraverso le comunicazioni alla società di Bath. Adesso veniamo alle due impressioni personali che mi fanno dubitare della possibilità di stringere un rapporto, più o meno stretto, di parentela fra le teorie di Herschel e Boscovich. Lo schema disegnato da Herschel per illustrare la successione delle forze attraversate da un raggio di luce prevede sì un’alternanza di forze attrattive e repulsive ma poneva in prossimità del centro la forza attrattiva della coesione che sarà in grado di bloccare il passaggio della luce grazie alla grande intensità dovuta alla legge cui ubbidisce. La forza di coesione è, infatti, inversamente proporzionale a una grande potenza della distanza. Quest’ultima sarà particolarmente piccola visto che questa forza occupa la posizione più vicina al centro, e di conseguenza la coesione avrà un’intensità tale da fermare il passaggio del raggio di luce. Nella stessa posizione Boscovich poneva invece una forza repulsiva che, sempre lavorando su grandi potenze inverse della distanza, garantiva l’impenetrabilità della materia poiché determinava una sorta di moto asintotico nella sua vicinanza. Un’altra differenza importante fra le due teorie emerge considerando uno scritto di Herschel non datato ma che un riferimento al secondo catalogo di nebulose permette di collocare in anni successivi al 1789. In questo brano dal titolo On central Powers, Herschel dopo un iniziale riferimento alle sue comunicazioni presentate alla Society di Bath considerò come le diverse forze centrali possano interferire con la stabilità dell’universo. Ciò che ritengo importante è il punto in cui egli si soffermava sulle differenti modalità d’azione delle forze attrattive e repulsive:

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It must be remembered that not only the force of repulsion will be extremely weakened by the immense distance, but that there is a striking difference in the exertion of the two powers: the longer attraction is at work, upon a system of bodies the stronger will grow its efficacy to destroy that system; while on the contrary the tendency to danger of repulsion is gradually weakened by the continuance of its exertion.211

La conclusione di Herschel si poggia sul fatto che una forza repulsiva farà allontanare i corpi in proporzione alla durata della sua azione, e poiché la maggiore distanza fra i due corpi determinerà una diminuzione dell’intensità si può concludere che la forza repulsiva avrà effetti inversamente proporzionali alla durata della sua azione. Viceversa l’attrazione, facendo avvicinare i corpi, avrà effetti direttamente proporzionali alla durata della propria azione poiché con il diminuire della distanza, che nella formula si trova al denominatore, aumenterà di conseguenza il valore del rapporto. Boscovich , al contrario, considerava gli effetti delle forze, anche di quelle repulsive, proporzionali alla durata, poiché riteneva che un maggior intervallo di tempo avrebbe determinato una maggiore durata dell’azione della forza, favorendo la diminuzione della differenza di velocità fra i corpi preservando così la legge di continuità della natura. Fino ad ora abbiamo parlato delle differenze fra le due teorie così come erano state esaminate dallo stesso Herschel. Tuttavia non è stato ancora citato il fatto che i due autori non condividevano il significato del termine “Forza”. Boscovich considerando solamente punti geometrici protetti da sfere di forze escludeva di fatto l’esistenza della massa e della forza. In questo modo i concetti erano definiti secondo la sola velocità, ad esempio l’attrazione diventava l’accelerazione della velocità di approccio mentre la repulsione era l’accelerazione della velocità di allontanamento. Al contrario Herschel manteneva il significato ordinario dei punti materiali e del termine forza. Curiosamente egli non nominò questa differenza nel tentativo di rispondere a chi vedeva una forte somiglianza fra le due teorie. In quelle righe emergevano fraintendimenti di quello che Boscovich aveva voluto dimostrare. Sostanzialmente Herschel non si accorse che le due teorie parlavano di grandezze diverse, da un lato la forza dall’altro la velocità. Forse questo basta a testimoniare che la sua conoscenza di quanto detto da Boscovich fu solamente

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parziale , e che quindi non si può stabilire una relazione fra le due ipotesi , o addirittura ipotizzare che ci sia stato un condizionamento.

Abbiamo accennato nelle pagine precedenti alla possibilità di dividere i libri contenuti nella biblioteca Herschel in diversi argomenti. Dell’ambito newtoniano abbiamo già detto, prima di concentrarci sulle letture riguardanti l’astronomia vorrei dedicare poche righe agli scritti riguardanti altre discipline scientifiche. Per fare un esempio, abbiamo visto che Herschel partecipò alle sedute della Philosophical Society di Bath presentando alcune riflessioni sulle forze centrali, un argomento che poteva riguardare gli studi sull’ottica, la fisica, e come vedremo l’astronomia. Nell’elenco dei volumi della biblioteca di Herschel è nominato il Dictionary of chemistry di Maquer, pubblicato nel 1777, firmato da lui e Watson e forse potremmo azzardare che i due amici se ne siano serviti nel periodo della loro comune partecipazione a quella società212. Nello stesso contesto possiamo inserire il On elective attraction di Bergmann pubblicato nel 1785. Anche se esterno ai limiti temporali che ci eravamo imposti, la presenza di questo volume credo possa illustrare la costanza con cui Herschel si dedicò allo studio delle forze centrali213, fermo restando la cautela con cui si deve interpretare un elenco di libri come questo, e i dubbi che dobbiamo sempre avere riguardo l’effettiva fruizione di un testo. Per quanto riguarda le opere di carattere astronomico credo che su tutti siano degni di nota i testi divulgativi di Smith e Ferguson, l’Atlas Coelestis di Flamsteed di cui Herschel possedeva l’edizione del 1729, l’Uranometria di Bayer, i Dialoguen über die

Mehrkeit der Welten di Fontenelle, pubblicato nel 1780 con una prefazione di Bode.

Inoltre Herschel era in possesso di una serie di volumi dedicati alla costruzione di strumenti di osservazione come il Method of Constructing Mural quadrants di Bird (1768). Da questi pochi titoli è possibile ricostruire l’immagine di un personaggio pieno

212 Herschel cessò di partecipare alle attività di quella società poco dopo essere stato eletto fellow della Royal Society, e dopo essersi avvicinato a Windsor per volere di Giorgio III. In quello stesso periodo la Società di Bath si sciolse a causa della lontananza di molti dei suoi componenti. Nel corso dei primi anni del nuovo secolo Watson, dopo essersi dimesso dalla Royal Society, cercò di riformare una società culturale a Bath; purtroppo i risultati furono inferiori alle aspettative.

213 Un richiamo alle affinità elettive appare anche in una delle memorie sulle forze centrali dove Herschel cita questo termine criticandone l’uso in quanto rimanda a qualità occulte, e dichiarò di preferirgli il termine central power.

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di interessi che cercava di formarsi un proprio bagaglio di conoscenze attraverso la lettura delle maggiori opere di divulgazione dell’epoca e attraverso l’intreccio di contatti con i protagonisti della vita scientifica del periodo in Europa. Dal momento in cui la fama di Herschel oltrepassò i confini nazionali i contatti aumentarono, portando allo scambio di opere in dono. Grazie al carteggio è possibile ricostruire la maggior parte di questi doni, come è possibile ricostruire la diffusione degli strumenti da lui costruiti, ma non saremmo comunque in grado di stabilire quanti di quei volumi siano stati letti, compresi e apprezzati dal destinatario, come non è sempre possibile dal carteggio appurare quanti di quei telescopi abbiano avuto effettivamente un ruolo nella storia dell’astronomia214. Durante i primi anni trascorsi a Bath, Herschel si dedicò a una serie di argomenti che spaziarono dalla musica all’ottica, dalla matematica all’astronomia, passando con disinvoltura attraverso tutti gli intrecci che le sue letture gli suggerivano. Ciò che in questa tesi cercherò di fare sarà dimostrare che alcuni di questi interessi giovanili si mantennero anche nell’età matura, rappresentando una costante necessaria a rendere la coerenza della biografia scientifica di quest’astronomo. La teoria delle forze centrali, la teoria della luce, la costruzione degli strumenti, la tradizione newtoniana, non rappresentarono momenti isolati del suo percorso formativo ma si inserirono in un quadro coerente di studi e di interessi in cui ciascun argomento trascendeva gli ambiti delle singole discipline scientifiche, il disegno cosmologico sviluppato in età avanzata fu frutto di quegli intrecci.

L’aspetto osservativo dell’affermazione di Herschel.

Un secondo motivo per cui gli anni considerati in questo capitolo sono interessanti riguarda il superamento della diffidenza degli astronomi di fronte alla presunta

214 Per quanto riguarda gli strumenti siamo in grado di stabilire, grazie a altre fonti, lo scarso utilizzo dei telescopi herscheliani per le osservazioni astronomiche, si veda in proposito: J. A. Bennett, ‘“On the power of penetrating into space”: the telescopes of William Herschel’, Journal for the History of

Astronomy, 7 (1976), 75–108; T.Spaight “Alexander Herschel as telescope maker” Journal for the History of Astronomy, 7 (2003),95–96 e W. H. Steavenson, Trans. Optical Society 26, 210-238 (1924-1925).

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superiorità dei telescopi costruiti da Herschel rispetto a quelli comunemente posseduti dai vari osservatori. Non soltanto sappiamo che dopo quel momento iniziale cessarono le difficoltà per la ricezione delle sue osservazioni, ma anche che la richiesta di telescopi herscheliani divenne pressante sia da parte di astronomi, sia di gentlemen of science, sia infine di nobili e corti. Sapendo quale fu la conclusione della storia, è per noi difficile comprendere la fatica con cui Herschel, e i suoi amici, riuscirono a far accettare i dati contenuti nelle comunicazioni presentate alla Royal Society. In alcuni casi egli fu accusato di vera e propria millanteria, e dovette faticare non poco per accattivarsi la fiducia degli altri membri della Royal Society. Il momento di difficoltà è ben raccontato dalle lettere di Watson che in quel periodo era l’intermediario fra Herschel e la Società. Da quelle righe trapela l’apprensione di questo gentiluomo per il fatto che l’amico non venisse stimato come a suo avviso avrebbe dovuto essere. Ci sono frequenti riferimenti all’invidia e alla malafede degli oppositori, e suggerimenti su come superare questa impasse, su tutti quello di fare replicare le osservazioni ad altri astronomi stimati che con la loro testimonianza favorevole avrebbero potuto aiutarlo. Per limitarci a un esempio nella lettera del 25 dicembre 1781, pochi giorni dopo l’elezione di Herschel a fellow della Royal Society, Watson scrisse:

Those who are not very much conversant in these studies have in general united their suffrages in your favour. I wish I could say the same with respect to those who are well acquainted with these matters. Of these I am sorry to say, few are inclined to give you credit for your assertions. Some however I have found among these, who from what you have already done and from their personal knowledge are much inclined in your favour. What say your opposers Opitcians think it no small matter, if they sell a Telescope which will magnify 60 or 100 times, and here comes one who pretends to have made some, which will magnify above 6000 times is this credible? So that by what I can learn the trade as well as astronomers oppose your pretensions. 215

Come è possible dunque che un dilettante potesse raggiungere risultati difficili da ottenere anche per i migliori ottici? Questo sembra essere stato il maggiore ostacolo

215 Lettera di William Watson a Herschel, 25 dicembre 1781, RAS MS Herschel W.1\13 W.13 (1) Sottolineato nel testo.

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all’affermazione di Herschel all’interno della Royal Society. Possibile che egli fosse in grado di ottenere ingrandimenti più di 100 volte maggiori rispetto a quelli dei migliori costruttori strumenti? Per questo motivo Watson suggerì all’amico di far usare i propri telescopi ad altri astronomi e descrivere il modo in cui le stelle cambiavano aspetto in relazione allo strumento e all’ingrandimento usato in modo di dimostrare di non essere né un pazzo né tanto meno in malafede. Il confronto più importante avvenne nel corso dell’affaire che portò Herschel a ricevere la pensione reale. Nel corso del suo soggiorno a corte, durante il 1782, il 7 piedi con cui era stato scoperto Urano venne portato a Greenwich e sottoposto all’esame di Maskelyne, allora Royal Astronomer, e Alexander Aubert (anche lui astronomo e fellow della Royal Society), e confrontato con gli strumenti in loro possesso e sembra che quel telescopio si fosse rivelato migliore degli altri, tanto che Maskelyne richiese uno strumento simile per l’osservatorio. Nello stesso periodo Herschel pubblicò sulle Philosophical Transactions una sua lettera a Joseph Banks dal titolo “A letter to obviate some Doubts concerning the great Magnifyng Powers used”. In questa comunicazione Herschel attuò una strategia già messa in pratica in alcune lettere ad altri astronomi, cioè spiegò il metodo di costruzione dei propri strumenti, e quello di misurazione del potere di ingrandimento. In alcune di quelle lettere egli introdusse anche una nuova interpretazione dell’osservazione. L’occhio umano non era concepito soltanto come il ricettore degli stimoli visivi, cosa che avrebbe permesso a chiunque di ottenere risultati eccellenti semplicemente procurandosi i migliori strumenti, divenne bensì un organo che doveva essere educato. Nel biennio 1780- 1782 i riferimenti a un’artisticità delle osservazioni furono espressi senza sottintesi soprattutto nel carteggio con Watson e Aubert. In quelle lettere Herschel paragonò più o meno esplicitamente l’osservazione a una forma d’arte e tentò di spiegare quale atteggiamento dovesse essere adottato per migliorare i risultati. In un caso egli scrisse:

Seeing is in some respect an art, which must be learnt. To make a person see with such a power is nearly the same as it were asked to make him play one of the Haendel's fugues

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upon the organ. Many a night have I been practising to see, and it would be strange if one did not acquire a certain dexterity by such constant practice216

In una lettera ad Aubert spiegò che:

When you want to practice seeing (for believe me Sir- to use a musical phrase- you must not expect to see at sight or à livre ouvert) apply a power something higher than what you can see well with, and go on encreasing it after you have used it some time217.

Chi avesse preteso di osservare con ingrandimenti particolarmente potenti senza prima aver fatto pratica, sarebbe stato simile a chi avesse voluto suonare una fuga senza avere la benché minima competenza musicale. A queste affermazioni Herschel affiancò stime del tempo da lui trascorso al telescopio. Quest’ultimo, almeno in un caso, venne dotato di comportamenti simili a quelli umani, come emerge dalla lettera di Herschel a Aubert del 9 gennaio 1782:

I have tortured them [telescopes] with powers, flattered them with attendance to find out the critical moments when they would act, tried them with specula of a short and long focus, a large aperture and a narrow one, it would be hard if they had not proved kind to me at last218

Ciò che mi interessa dimostrare è che il tema della visione, o meglio delle reazioni dell’occhio umano alle estenuanti sedute di osservazione fu una costante nell’opera di questo astronomo, anche se la connotazione artistica si esaurì con il superamento delle difficoltà relative alla ricezione delle sue opere. L’osservatore doveva imparare a vedere soprattutto se era in possesso dei migliori telescopi. In questo modo si veniva a creare un’arte del vedere, in cui le possibilità di miglioramento erano legate agli sforzi e all’esercizio cui l’occhio dell’osservatore era stato sottoposto. Nelle comunicazioni ufficiali la connotazione dell’osservazione come forma d’arte emerse soltanto in

216 Lettera di Herschel a William Watson 7 gennaio 1782, RAS MS Herschel W.1\1 p.17-18 217 Lettera di Herschel a Aubert 28 gennaio 1782 RAS MS Herschel W.1\1 p.27

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un’occasione, nell’“On the Parallax of the Fixed stars” letto da Joseph Banks il 6 dicembre 1781 lo stesso giorno dell’elezione di Herschel a fellow:

Observations of the relative distance of the two stars that make up a double star, being thus cleared of every impediment, are capable of being continually improved by every degree of perfection the telescope may acquire: we can chuse stars that may be viewed sufficiently high to be clear of the vapours that swim near the horizon, and consequently employ the greatest powers our instruments are capable of. From experience I can also affirm, that the stars will bear a much higher degree of magnifying than other celestial objects. Too much has hitherto been taken for granted in opticks: every natural philosopher is ready enough to allow the necessity of making experiments, and tracing out the steps of nature; why this method should not be more pursued in the art of seeing does not appear219.

I tempi in cui questa analogia è stata adottata da Herschel sono quindi limitati al periodo compreso fra il dicembre 1781 e il gennaio 1782. Nelle comunicazioni e nelle lettere successive si mantenne comunque la propensione a spiegare i metodi osservativi e la costruzione dei suoi strumenti, mentre la consapevolezza dell’adattabilità dell’occhio e della necessità dei un esercizio costante continuò ad essere affermata. Leggendo le opere successive di Herschel incontriamo spesso riferimenti alla possibilità di educare il proprio occhio, di esercitarlo, oltre alla descrizione delle sue reazioni alle tante ore di osservazioni. Un luogo comune è la consapevolezza delle straordinarie capacità di adattamento dell’occhio umano nel reagire alle diverse condizioni di luce e temperatura. Riflessioni a questo riguardo sono presenti sia nei primi anni220, sia successivamente nel periodo della sua massima affermazione. Due esempi su tutti: le riflessioni contenute in una lettera a Watson scritta alla fine del 1784 e il “On the Power of Penetrating into Space by Telescopes; With a Comparative Determination of the Extent of That Power in Natural Vision, and in Telescopes of Various Sizes and Constructions; Illustrated by

219 W. Herschel (1782) in HSP (2003), vol. 1, p. 44

220 Ad esempio nella già citata lettera a Aubert del 28 gennaio 1782 si legge:

The eye is one of the most extraordinary Organs. I remember the time when I could not see with a power above 200 with the same instrument which now gives me 460 so distinct that in fine weather I can wish for nothing more so. (…) The consequence of this was that every time I tried again my eyes acquired more practice,& I can now see with powers that I used to neglect for a long time Lettera di Herschel a Aubert 28 gennaio 1782 RAS MS Herschel W.1\1 p.27

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Select Observations” apparso nelle Philosophical Transactions del 1800. La lettera di Herschel a Watson del 12 ottobre 1784 si inserisce nel carteggio relativo alla stesura del

Treatise on Time che quest’ultimo intendeva dedicare all’amico e che fu pubblicato nel

1785. Herschel ebbe un ruolo attivo nella scrittura del trattato, leggendone le bozze e effettuando in prima persona alcune esperienze necessarie alle argomentazioni. Watson riportò nella versione pubblicata, un lungo stralcio di una lettera in cui Herschel riferiva un esperimento. La collaborazione fra i due amici riguardava, in particolare, la stima del numero massimo di sensazioni che si possono avere in sequenza osservando un corpo in rapido movimento. Per Watson era possibile stabilirlo dividendo lo spazio percorso per un valore precedentemente determinato che loro avevano definito il minimo angolo visibile, ovvero 33”. Non mi interessa delineare qui le varie fasi della stesura del trattato di Watson, ciò che mi interessa è mostrare come nelle lettere che ne precedettero la pubblicazione, Herschel avesse tentato di far ravvedere l’amico sulla variabilità dei risultati che si sarebbero potuti ottenere. Già durante la prima risposta il modo per calcolare la stima del numero di sensazioni era stato complicato, poiché essa non era ottenuta dividendo l’arco percorso per il minimo angolo visibile come riteneva Watson ma considerando anche la posizione dell’osservatore rispetto l’oggetto in moto. Successivamente Herschel propose due nuovi argomenti che potevano interessare l’amico: suggerì che il calcolo del numero massimo di sensazioni visibili potesse avere qualche attinenza con i gages che egli proprio in quei mesi aveva iniziato a praticare, inoltre lo avvertì di un ostacolo che avrebbe sempre impossibilitato la stima del minimo angolo visibile. Lo stesso Watson si era detto consapevole di come persone diverse, o addirittura lo stesso soggetto in momenti diversi della propria vita, possano avere risultati differenti, a questo Herschel aggiunse che:

There is, however a circumstance in vision, not generally attended to, which seems to promise no great success in this investigation. We should add to the wonderful capacity of the eye to adapt itself to any degree of light and distance of an object, another power, which is- that impressions, much too faint & small to be immediately perceived, when often repeated or continued become visible at least. This is evidently exerted not only with the minima visibilia but also with objects not nearly so small. Admitting this

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circumstance, which is too well attested by experience to be doubted, it will follow that the absolute minimum visibile cannot furnish us with the means of coming at the slowest perceptible motion221.

Questi avvertimenti dovettero passare inascoltati o forse giunsero troppo tardi, tant’è vero che nel trattato di Watson non compaiono riflessioni in merito. Il fatto però che Herschel avesse avvertito l’amico riguardo all’adattabilità dell’occhio e a come l’osservazione abbia risultati proporzionali alla quantità di tempo ad essa dedicato è un fatto, a mio avviso, che merita la nostra massima attenzione. Frasi del genere comparvero anche nelle comunicazioni fatte alla Royal Society. Probabilmente non è una semplice coincidenza il fatto che proprio poco prima di scrivere quella lettera a Watson, Herschel avesse cambiato il proprio metodo di osservazione impiegando la sorella Caroline come assistente con il compito di registrare i dati osservativi, poiché il continuo passaggio dal buio alla luce, ovvero dall’oculare alla scrivania per annotare quanto visto avrebbe comportato, oltre alla perdita di tempo, la diminuzione di quella sensibilità che l’occhio aveva acquisito durante i minuti, o le ore, passati nell’oscurità. Nel corso della vita Herschel ritornò più volte su questo punto; ad esempio nella comunicazione sullo Space Penetrating Power ricordò come già nel 1780 si fosse accorto che la dilatazione della pupilla esercitava un ruolo importante nella percezione e ricordava come entrando in una stanza tenuta oscurata per compiervi degli esperimenti sulla luce222 egli dovesse aspettare mezzora per far abituare gli occhi a quella condizione e riuscire a percepire qualcosa. Un altro requisito importante è la “Tranquillity of the retina”, condizione che si adatta bene alle osservazioni compiute con il telescopio. Questa si ottiene quando l’occhio non è disturbato dall’osservazione di oggetti estranei. Herschel descrisse accuratamente questo genere di circostanze:

It has often happened to me, in a fine winter evening, when, at midnight, and in the absence of the moon, I have taken sweeps of the heavens of four, five, or six hours

221RAS MS Herschel W.1\1 p.124 sottolineato nel testo.

222 Questi esperimenti sono raccontati nella comunicazione alla Philosophical Society di Bath “Addition to Observations on Dr. Priestley’s Desideratum,&c.“ letta l’11 febbraio 1780

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duration, that the sensibility of the eye, in consequence of the exclusion of light from surrounding objects (….) has been very great and it is evident that the opening of the iris would have been of no service in these cases (…).And I remember, that a considerable sweep with the 40 feet instrument, the appearance of Sirius announced itself at a great distance, like the dawn of the morning; and came on by degrees, encreasing in brightness, till this brilliant star at last entered the field of view of the telescope, with all the splendor of the rising sun, and forced me to take the eye from that beautiful bright. Such striking effects are a sufficient proof of the great sensibility of the eye, acquired by keeping it from the light.223

Possiamo concludere che il tema della visione rimase costante nell’opera di Herschel assumendo di volta in volta connotazioni diverse, da quella artistica, che caratterizzò soprattutto le lettere scritte fra la fine del 1781 e l’inizio del 1782, alle riflessioni sulle straordinarie qualità di adattabilità e sensibilità possedute dall’occhio umano. L’attenzione rivolta da Herschel agli ostacoli relativi alla pratica osservativa lo aiutò a superare il problema della difficile replica dei propri risultati, favorendo la ricezione delle sue comunicazioni e creando un clima di aspettativa e di fiducia verso i suoi strumenti. Questa aspettativa fu probabilmente di breve durata se è vero che ben pochi dei telescopi da lui costruiti furono effettivamente usati per la pratica astronomica e se divulgatori come Kitchiner durante la prima metà del XIX secolo dichiararono che, malgrado gli strepitosi risultati ottenuti da Herschel, i telescopi riflettori di grandi dimensioni erano da considerare un lusso superfluo per l’astronomia224. La fiducia nei suoi strumenti inoltre non dovette essere del tutto cieca se gli astronomi italiani interpellati da Luciano Bonaparte si rifiutarono di osservare con un telescopio herscheliano perché non capivano cosa fosse il Power of penetrating into space e preferirono rimanere in quella che lo stesso principe di Canino definì la loro Dotta ignoranza225. Soffermandoci ancora una volta sul lato strumentale dell’osservazione possiamo ricordare che Herschel era solito annotare le condizioni atmosferiche, gli

223 RAS MS Herschel W.5\3.1 p.6-7

224 Si veda di William Kitchiner: Practical observations on telescopes , London : S. Bagster, 1815 e dello stesso autore The economy of the eyes, London, 1824-1825;

225 Lettera di Luciano Bonaparte a Herschel del 29 febbraio 1818 RAS MS Herschel W.1\4, 4.16 (2)

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ingrandimenti usati, il telescopio con cui quelle osservazioni erano compiute, e qualunque altro fattore avrebbe potuto influenzare l’esito di quell’attività. Talvolta quegli appunti registrarono la sua frustrazione per l’impossibilità di vedere al meglio a causa della presenza di fattori di disturbo, in altre circostanze i buoni risultati ottenuti lo avevano trascinato in commenti entusiastici; su tutti ritengo appropriato ricordare la nota del 7 marzo 1783 in cui commentando una stella doppia Herschel scrisse:

I never saw so well, the night is beautiful my telescope is the best in the world.226

Le condizioni ambientali e soprattutto la ricettività dell’occhio si rivelarono fondamentali per quegli oggetti che, come le nebulose non si mostravano chiaramente a causa della fievolezza della luminosità e la vaghezza dei contorni. Proprio le osservazioni di questi oggetti possono aiutarci a mostrare che pur essendo scomparsi i riferimenti all’artisticità dell’osservazione, rimase costante l’attenzione per il lato soggettivo, ovvero per l’influenza dell’abilità e della pratica dell’osservatore sui risultati ottenuti.

Ad esempio in una nota del gennaio del 1784 egli commentò:

When I began this sweep there appeared a great deal of resolvable nebulosity in the field but I have already before suspected this to be owing to the eyes coming out of the light & not seeing the small stars distinctly. Accordingly I attended particularly to this circumstance & found that the nebulosity went off by degrees as I remained in the dark.227

Queste parole mostrano ancora una volta l’importanza dell’adattabilità dell’occhio umano, ed in particolare di quella situazione che altre volte egli aveva definito la tranquillità della retina. Quest’ultima si ottiene quando non ci sono altri elementi che possano irritare l’occhio e disturbare la ricezione dell’immagine. L’osservazione viene compiuta al meglio dopo che il soggetto è rimasto in precedenza al buio, in modo che la

226 RAS MS Herschel W.2\1. 5 p. 42.

Il telescopio cui si accenna in questa nota è probabilmente il 20 piedi che proprio quell’anno era stato terminato.

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pupilla si sia dilatata per raccogliere tutta la luce necessaria, e quando non ci sono altri elementi che possano eccitare l’occhio e distrarlo dalla percezione dei corpi celesti. Anche negli scritti pubblicati compaiono ampiamente riferimenti a questi aspetti dell’osservazione, e come siano presenti annotazioni in cui anche la comparsa di stelle particolarmente luminose possano danneggiare l’osservatore facendogli perdere la condizione della “tranquillità” della retina. In un passaggio della comunicazione dedicata allo Space penetrating power Herschel riferì di come la maggiore sensibilità dell’occhio acquisita restando nell’oscurità per un periodo potesse essere danneggiata dall’entrata di stelle particolarmente luminose nel campo di osservazione:

the effect of this increased sensibility was such, that if a star of the 3rd magnitude came

towards the field of view, I found it necessary to withdraw the eye before its entrance, in order not to injure the delicacy of vision acquired by long continuance in the dark.228

La stessa situazione è ancora più frequentemente negli Astronomical Journals in cui era riportato quanto avveniva durante le sessioni di osservazione, ad esempio nel 1784 parlando della comparsa di Arcturus Herschel scrisse:

Arcturus too bright to keep the eye at the telescope without injury after having been so long in the Dark. I look the number at the margin when it entered & the passage at the bottom.229

La continuità dell’esercizio interessava l’aspetto puramente fisiologico riguardante l’adattabilità dell’occhio ma sotto certi aspetti riguardava anche la sensibilità dell’osservatore nel cogliere fenomeni che già sapeva essere presenti in quella zona del cielo. Per quanto riguarda l’adattabilità dell’occhio non credo si possano trovare riferimenti più chiari di questo:

228 W. Herschel (1800) in HSP (2003), vol. 2, p.34 229 RAS MS Herschel W.2\1. 8 p. 14.

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