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Academic year: 2021

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CAPITOLO III

Le Sinergie nei processi di disaggregazione

L’analisi fenomenologica degli effetti sinergici derivanti da processi di trasferimento aziendale trova il suo completamente nella trattazione di ciò che, precedentemente, abbiamo definito come dispersioni.

Le dispersioni individuano gli effetti derivanti dal venir meno di sinergie in atto, che quindi assumeranno valore positivo o negativo a seconda che la dissipazione coinvolga sinergie dell’uno a l’altro segno.

Le dispersioni, come le sinergie, sono strettamente connessa al grado di sistematicità aziendale:” non è pensabile un sistema che non sviluppi sinergie né sinergie senza la presenza di un sistema”1; quindi analizzare le disaggregazioni aziendali in un ottica di parte significa tener conto delle interrelazioni che tale enucleazioni dissolvono.

Fin qui la trattazione si è concentrata sugli aspetti rilevanti per l’acquirente della transazione in esame, manca quindi di illustrare la posizione speculare, l’ottica del cedente.

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La delineazione degli effetti dispersivi ci permetterà così di concludere questa preliminare analisi qualitativa, strumentale alla seguente valutazione del fenomeno in esame.

1. Profili giuridici del processo di disaggregazione aziendale

Le dispersioni, come perdita di sinergie, si presentano nei processi di disaggregazione aziendale, a carico dell’unità che effettua la disaggregazione stessa, il cedente per l’appunto.

Nel recente passato, anni ’80, il tema disaggregativo ha profondamente interessato le imprese statunitensi, proponendosi come una vera e propria messa in discussione del prolungato periodo di sostenuta crescita dimensionale che le aveva viste coinvolte fino a quel momento.

Nel nostro Paese, le tematiche della ristrutturazione aziendale sono oggetto di rinnovato e crescente interesse solo a partire dal decennio successivo, inoltre, hanno assunto per lo più connotazioni di fondo e modalità attuative sostanzialmente diverse da quelle osservate nella realtà anglosassone, a motivo della dissimile situazione in cui si vengono a trovare le imprese italiane.2

In Italia, infatti, i processi di ristrutturazione sono di solito messi in atto per contrastare crisi incipiente3; mentre, nel caso anglosassone, è possibile inquadrarli in un ottica dinamica, ovvero come un’effettiva scelta strategica di rifocalizzazione intorno al core business4, o come parte del consolidamento del

2

Tale evidenza è stata tratta da: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 2.

3

L’autore precisa però che, pur nell’ottica di ristrutturazione finalizzata al risanamento aziendale, non mutano i tipi di operazione che danno contenuto hai processi di Corporate Restructuring, sui quali si è focalizzata la letteratura statunitense ai fini delle formalizzazione del fenomeno ristrutturativo: M.REBOA,

Dismissioni, op. cit., pagg. 1-2.

4

“Increasingly, companies are selling non-core businesses to focus on core competences, divesting business units that no longer fit strategic goals and selling under-performing assets to generate cash. In fact, divestitures are becoming a preferred way to create and preserve shareholder value”, tratto da: Shaun T. Kelly, Corporate Divestitures Gains As Value Creator, in Financial Executive, December 2002, pagg. 40-42; ai fini delle comprensione delle tesi sostenuta si consiglia la lettura integrale dell’articolo.

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processo acquisitivo5, pur non mancando naturalmente i casi in cui, la cessione, viene posta in essere quale contromisura di errati investimenti di crescita6.

Parlare di disaggregazione, però, risulta piuttosto generico in quanto, tale nozione accoglie una grande varietà di istituti giuridici, funzionale alle molteplici finalità che la determinano.

Tre sono le forme tecniche più note:

• La prima, la cessione, consiste nel trasferimento di azienda o di un ramo d’azienda, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. Per il suo perfezionamento è necessaria la presenza di due soggetti: il cedente (venditore) e il cessionario (acquirente), che acquisisce l’entità ceduta pagandone il relativo prezzo. La dottrina è concorde nel ritenere che, oggetto del trasferimento deve essere un complesso di beni e risorse organizzati al fine della produzione di beni; non costituisce cessione d’azienda la cessione anche di pluralità di beni, che non configuri un coordinato autonomamente in grado di esercitare tale attività.7

• Una seconda forma tecnica con cui si sostanzia il trasferimento è il conferimento, che costituisce l’operazione con cui un’impresa (detta conferente) “scinde”un complesso produttivo funzionante e lo “apporta” in una terza società (detta conferitaria) già esistente o appositamente 5

“In our view, asset divestiture is a logical consequence of a process in which firms often use acquisitions to reconfigure the structure of resources within firms”:tratto da:Capron L., Mitchell W., Asset

divestitures following horizontal acquisitions: dynamic view, in Strategic Management Juornal, 2001,

n.22, pagg. 817-844; ai fini delle comprensione delle tesi sostenuta si consiglia la lettura integrale dell’articolo.

6

“ Si tratta in genere di iniziative originariamente ispirate a una logica di diversificazione di portafoglio, che sono sfociati in un insuccesso per gli ostacoli che così frequentemente sorgono con l’ingresso in segmenti di business dominati da regole strategiche non familiari all’azienda nuova entrante”: M.REBOA,

Dismissioni, op. cit., pag. 42.

7

Definizione tratta da: R.ANTIFORA,R.PROVASI , Cessioni d’azienda conferimenti e scorpori, Napoli, Esselibri S.p.A., seconda edizione, 2003, pag. 87.

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costituita, in cambio di azioni o quote di quest’ultima. È altresì indicato con numerosi termini fra cui apporto, scorporazione o scorporo, a seconda che ci si riferisca all’impresa che riceve il conferimento o a quella che lo effettua. Per quanto attiene al “complesso produttivo funzionante”esso può essere costituito dall’intera azienda o dai suoi singoli rami, dato che trattasi di un insieme coordinato di beni materiali e immateriali che dal punto di vista organizzativo costituisce un’azienda indipendente, cioè capace di funzionare autonomamente.8

A differenza della cessione, non prevede quindi un corrispettivo in denaro, ma al conferente, spettano partecipazioni nel capitale della conferitaria. Si conserva quindi un rapporto più o meno stringente tra le parti che invece viene a mancare nel caso precedente.9

• Infine la scissione operazione con cui, la società scissa, trasferisce il suo patrimonio, in tutto o in parte, a una o più società beneficiarie, con contestuale assegnazione di azioni o quote emesse dalla seconda ai soci della prima. La differenza più significativa rispetto alla forme precedenti è che quest’operazione interviene solo nel caso di enucleazione di rami; non coinvolge mai l’azienda per intero.10

Si è scelto di utilizzare, nella successiva trattazione, il termine cessione, pur riferendoci indistintamente a una delle tre tipologie in quanto, ai fini della nostra analisi, le operazioni sopra riportate rilevano solo per il comune effetto che prevedono: l’enucleazione di una parte da un tutto. È proprio l’enucleazione infatti che, originando la rescissione di preesistenti interrelazioni con la restante parte del complesso aziendale o di gruppo, provoca l’insorgenza del fenomeno dispersivo a carico del soggetto che effettua l’operazione in parola.

8

Definizione tratta da:ANTIFORA,PROVASI , Cessioni d’azienda, op. cit., pag. 3.

9 Per quanto tale affermazione risulti evidente confrontando le definizione date, si ritiene comunque

corretto specificare che è stata tratta da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 146-156.

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2. Tipologie

È possibile rintracciare diverse classificazioni del fenomeno in esame, distinguendole a seconda del riferimento preso a fini classificatori.

Una prima distinzione è legata alla natura dell’oggetto disaggregato: si parla in tal caso di dispersioni che interessano l’enucleazione di un ramo, parte di una singola azienda, o enucleazioni di una società, parte di un gruppo.

Altra distinzione interessa invece l’effetto che tale fenomeno genera: si parla quindi di dispersioni positive quando, a carico del cedente, interviene la dispersione di precedenti sinergie negative; viceversa, per quelle negative, la dissipazione interessa precedenti interrelazioni che permettevano di implementare effetti sinergici positivi.

Infine, replicando la distinzione fatta nel caso sinergico, si parla di dispersioni di mercato, operative, finanziarie e fiscali, a seconda dell’area a cui si riferisce le perdita, da parte del cedente, delle sinergie precedentemente in essere.

2.1. Dispersione generate dall’enucleazione di un ramo e dispersione a carico di un gruppo cedente

Definendo i possibili profili giuridici dell’operazione era già stata messa in luce tale distinzione, in quanto, le tipologie enucleative descritte in precedenza, possono interessare indifferentemente sia un ramo aziendale sia una società facente parte di un gruppo.

D’obbligo è quindi intanto precisare cosa s’intende per ramo aziendale: un complesso dotato di piena funzionalità (capacità di svolgimento dell’intero processo produttivo) e, conseguentemente, dotato di autonoma capacità di

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reddito11. Deve infatti trattarsi di un complesso funzionante, altrimenti non sarebbe possibile definire l’operazione in parola con il termine cessione12.

Per quanto concerne l’effetto dispersivo, il fenomeno si ripropone in modo pressoché identico nei due casi, ovvero, si presenteranno dissipazioni a carico dell’entità enucleante sia che si tratti di un’azienda sia che si tratti di un gruppo, in quanto la dissipazione è motivata dal venir meno di precedenti sinergie che possono derivare sia da interrelazioni infra-gruppo, sia tra ASA di un’azienda diversificata.

Occorre però sottolineare che, nel caso di enucleazione di un ramo d’azienda le dispersioni interessano soprattutto l’aspetto operativo, mentre parlando di disaggregazione da un gruppo, si rileva il venir meno di sinergie interessa anche l’ambito finanziario e fiscale13.

2.2. Dispersioni positive e dispersioni negative

Altra distinzione, speculare a quella fatta per le sinergie è tra dispersione positive e dispersioni negative. Con il venir meno delle esistenti interrelazioni e sinergie molte delle componenti patrimoniali, e non solo, possono subire una diminuzione dei loro valori, altre potrebbero al contrario manifestare un incremento della loro utilità. Come è ovvio dal momento che le dispersioni individuano il venir meno di sinergie, il fenomeno assumerà valore positivo nel caso in cui la dissipazione si riferisca a sinergie negative, viceversa per il segno opposto.

11

La dottrina fornisce varie definizioni, le quali, individuano i caratteri essenziali del ramo: natura sistemica; separabilità; piena capacità operativa e autonomia reddituale; per questo si è scelto di inserire nel testo la definizione fornita in aula dal professor Enrico Gonnella, ritenendola sinteticamente completa e esaustiva.

12 “… secondo il punto di vista aziendale sarebbe più opportuno definire l’operazione come “cessione

d’impresa”proprio a sottolineare come l’oggetto del trasferimento sia rappresentato da un complesso di elementi materiali e immateriali idonei a esprimere un complesso economico funzionante.”, tratto da: ANTIFORA,PROVASI , Cessioni d’azienda, op. cit., pag. 87.

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Per quanto concerne l’effettiva manifestazione di dispersioni positive a carico dell’unità cedente, uno studio a cura di Robert C. Hanson e Moon H. Song dimostra che l’enucleazione migliora l’efficienza operativa dell’entità cedente in quanto l’unità rimossa generava sinergie negative.14

Allo stesso modo, Abdul-Magid Gadad, Andrew W. Stark, Hardy M. Thomas, eseguendo uno studio sugli effetti delle dismissioni sulle performance aziendali, ne hanno comprovato l’effettivo incremento, accreditabile appunto all’implementazione di dispersioni positive a carico dell’unità cedente15.

Le dispersioni negative, invece, di fatto individuano i benefici che, a seguito dell’operazione di enucleazione, vengono a mancare; un breve excursus circa i vantaggi che un complesso produttivo trae dall’appartenenza a un sistema più ampio, sia nel caso di un ramo d’azienda, sia nel caso di un’azienda operante in un gruppo,ci permette di individuare, in prima battuta,le possibili tipologie di dispersioni negative che possono insorgere a carico del cedente.

I vantaggi poc’anzi nominati possono riguardare: l’organizzazione, in quanto, le aziende, utilizzano servizi comuni (ricerca e sviluppo, ricerche di mercato, manutenzione e riparazione, reclutamento, selezione ed addestramento del personale, consulenza contabile, finanziaria e fiscale ecc..), il marketing (pubblicità di gruppo, marchio di gruppo, comunanza dei canali di distribuzione, vendite reciproche ecc..), la produzione (economie di scala produttive, possibilità di acquisire commesse/ordini che sarebbero precluse alla singola azienda ecc..), la finanzia (possibilità di ottenere dalla società capogruppo buone condizioni di

14 “We study the long-term of firms that divest assets….Theory suggest that asset sales create improve the

operational efficiency of the divesting firm by eliminating negative synergies…the empirical result is consistent with the view that gains arise from removing assets that cause negative synergies” tratto da: Robert C.Hanson, Moon H. Song, Long-Term Performance of Divesting Firms and the Effect of

Managerial Ownership, in Juornal of Economics and Finance, Vol. 27, N°3, 2003, pagg. 321-334; si

consiglia la lettura integrale dell’articolo al fine di comprendere la tesi sostenuta.

15 “ We conclude that divestitures lead to real economic gains and not merely a zero-sum transfer between

firms”, tratto da: Gadad A., Stark A.W., Thomas H. M., Divestitures: wealth transfers or real economic

gains?, in Applied Financial Economics, 2009, n.19, pagg. 1073-1081; si consiglia la lettura integrale

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finanziamento per quanto riguarda i tempi di reperimento del denaro, il costo e la quantità ecc..).16

2.3. Analisi qualitativa del fenomeno dispersivo

Un’analisi attenta e completa delle possibili dispersioni che potrebbero intervenire carico del cedente a seguito delle dismissione dell’unità prescelta, risulta necessaria per non sottovalutare alcuni pericoli insiti nel processo di ristrutturazione, legati a una lettura troppo restrittiva delle interrelazioni di fatto in essere tra il complesso cedente e l’unità di business prescelta.

Si osserva infatti come talvolta sia difficile misurare correttamente il contributo offerto da un’area strategica d’affari al vantaggio competitivo del gruppo17. A ben vedere, il rischio aumenta quando si passa dal riconoscimento delle interrelazioni tangibili a quelle intangibili. Le prime, infatti, presentano una buona visibilità poiché sono riconducibili alla condivisione, per lo più manifesta, di attività comuni alle diverse unità di business ( si pensi ad esempio all’unificazione delle rete commerciali op di assistenza, all’accorpamento di lavorazioni in un’unica struttura produttiva ecc.); le seconde, invece, non sono sempre adeguatamente percepite o percepibili poiché associate al trasferimento di competenze tra le distinte ASA ( al riguardo si pensi alla traslazione di conoscenze tecnico – produttive, alla diffusione di know how in materia di marketing, tecniche promozionali e così via).

Per una trattazione più chiara e dettagliata, è necessario ricorre, a questo punto, alle quattro categorie già utilizzate per il fenomeno sinergico (dispersioni di

16 Tratto da: G.ZANDA,M. LACCHINI, La valutazione delle aziende operanti in un gruppo: tassonomia e

problemi metodologici in Rivista Italiana di Ragioneria e Economia Aziendale, luglio-agosto 1990, pag.

300.

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Si ritiene tale riflessione particolarmente importante e di certo non scontata in quanto permette

d’inquadrare le difficoltà insite nella definizione e delineazione del fenomeno dispersivo che si manifesta a carico del cedente. Tratta da: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 50.

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mercato, operative, finanziarie e fiscali), di modo da entrare nel dettaglio di quelle dispersioni che, negative o positive, derivanti da cessione di un ramo o di una società, interessano in vario modo l’entità cedente.

Essendo le dispersioni definite come il venire meno di effetti sinergici, scontata è la replica della scissione fatta nel capitolo precedente.

2.3.1 Dispersioni di mercato

L’impatto del trasferimento sull’economia del complesso enucleante risulta in parte analogo, benché speculare, a quello sviluppato dalla prospettiva dell’azienda inglobante. Trattando quindi di dispersioni di mercato, si fa riferimento alla rescissione di quei rapporti che determinano la dissipazione, da parte del complesso cedente, di sinergie di mercato. Avendo le sinergie natura sia positiva sia negativa, anche l’esposizione delle dispersioni in esame si scinde nelle trattazione delle due fattispecie.

In primo luogo, dispersioni negative si manifestano quando, la perdita di precedenti sinergie positive, determina la conseguente contrazione dei volumi di vendita e riduzione della forza di mercato dell’azienda enucleante.

Il complesso trasferito può infatti incidere in vario modo sulla concorrenzialità dell’azienda madre18; si pensi al caso in cui l’entità enucleata si ponga in concorrenza diretta con l’azienda d’origine, limitandone la quota di mercato e impedendo eventuali comportamenti collusivi precedentemente possibili;

altro caso di diseconomia da disaggregazione può manifestarsi quando l’enucleazione risulta a carico di un complesso che realizza prodotti o servizi complementari all’azienda madre, con conseguente perdita del così detto “effetto traino”,che i suddetti prodotti esercitavano a carico dei prodotti dell’azienda d’origine.

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L’esemplificazioni della tipologia dispersiva trattata sono tratte da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 252-253.

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Il complesso trasferito può inoltre causare il venir meno di relazioni interne al complesso originario19 con conseguenti effetti negativi in termini di volumi di vendite e marginalità.

È il caso della cessione di un complesso che operi a valle o a monte della combinazione produttiva che impone, innanzitutto, un riassetto sicuramente oneroso.

In primo luogo, si assiste a un incremento dei costi di transazione a seguito della necessità di doversi rivolgere al mercato esterno ai fini dell’acquisizione delle risorse che in precedenza erano cedute dall’entità che si trovava a monte del processo produttivo, o ai fini della collocazione degli output che in passato erano assorbiti dall’unità che si trovava a valle del citato processo.

Inoltre è necessario tener presente che, in caso di cessione di attività operante a valle, si perdono gli eventuali benefici dovuti a relazioni consolidate con il mercato di vendita, che vengono meno con il venir meno dei legami con il ramo, così come può accadere, in caso di trasferimento di unità operanti a monte, che si perda il controllo dell’intera filiera produttiva e, in particolare, si disperdano relazioni particolarmente preziose ai fini, ad esempio, del mantenimento di livelli qualitativi dei prodotti particolarmente elevati; sono infatti proprio le unità di business a monte, a differenza di quelle a valle, a disporre di norma delle conoscenze e delle tecnologie che, incorporate nei principali componenti di base ( esempio sono i motori dell’industria automobilistica), determinano l’effettiva concorrenzialità del prodotto finale e, non da ultimo, fanno si che anche la successiva generazione di prodotti sia altrettanto concorrenziale.20 Con la loro dismissione ed il conseguente ricorso a fornitori esterni, si corre il rischio di compromettere seriamente la competitività nel medio - lungo termine, che, diversamente da quella a breve basata sul rapporto prezzo/prestazione dei

19 Il successivo approfondimento circa i possibili casi di relazioni rescisse a seguito dell’enucleazione del

complesso in esame sono state tratte da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 252-253.

20 Approfondimento sull’importanza strategica delle unità operanti a monte tratto da: M.REBOA,

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prodotti esistenti, dipende in buona sostanza dalla capacità di acquisire, più rapidamente ed a costi inferiori, le competenze di base. Sono infatti queste ultime che, in prospettiva, permetteranno alla diverse aree d’affari di sviluppare prodotti innovativi e di adeguare tempestivamente l’offerta aziendale alle mutevoli opportunità di mercato.

La cessione di unità operanti a monte del processo produttivo, inoltre, può determinare la perdita dei vantaggi ritraibili dall’approvvigionamento interno di fattori produttivi. In caso di acquisto interno degli stessi, infatti,si applicano prezzi di trasferimento interno,solitamente più bassi di quelli di mercato.21

Si segnala inoltre il pericolo di un eccessivo restringimento del campo d’attività aziendale entro gli attuali “confini visivi” dei settori in cui si è già presenti, prestando poca attenzione al comportamento di competitor determinati a superare i limiti in parola22. È tipico il caso d’imprese statunitensi che hanno erroneamente deciso di ritirarsi da settori ritenuti ormai maturi, ma successivamente rivitalizzati da competitor in grado d’imprimere un consistente impulso alla domanda, sia applicando diverse competenze di base per migliorare i prodotti esistenti ( esempio, nel settore dei televisori, le formidabili prospettive offerte ai produttori di televisori ad alta definizione), sia ricercando nuovi mercati e nuovi canali di vendita sino a quel momento inesplorati.

In modo speculare a quelle negative, le dispersioni positive, come ovvio, si sostanziano con il venir meno di effetti sinergici negativi, determinando il conseguente rafforzamento della pozione competitiva o incremento del volume fatturato a carico del complesso cedente.

21 Il riferimento è al fenomeno del trasfert pricing. Sono debitrice di tale concetto al professor Enrico

Gonnella il quale ha trattato tale pratica durante le sue lezioni.

22 Tipologia dispersiva e successivo esempio tratto da: M.R

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Esempi si osservano quando, la cessione, interessa un complesso generatore di fenomeni di cannibalismo tra i prodotti offerti dalle due unità considerate; non di rado infatti può capitare che lo sviluppo di un nuovo prodotto da parte di una specifica unità aziendale, eroda la quota di mercato di un bene similare venduto del complesso stesso; l’eliminazione di tale unità, genera, come ovvio l’insorgenza di vantaggi economici a carico del complesso cedente.

Altro esempio di dispersione positiva a carico del complesso cedente si manifesta quando azioni intraprese dall’unità in esame, hanno causato il peggioramento dell’immagine aziendale percepita dall’esterno; l’enucleazione di tale unità andrà a giovare all’immagine aziendale precedentemente compromessa. 23

2.3.2. Dispersioni operative

Anche nel caso operativo, si ripropone la scissione tra effetti dispersivi positivi ed effetti dispersivi negativi.

Per quanto concerne gli effetti dispersivi negativi, la perdita di sinergie di efficienza operativa determina impatti sui costi e sui ricavi dell’azienda enucleante, a seguito del trasferimento del ramo.

Una prima conseguenza, si lega alla riduzione della dimensione del complesso che viene a formarsi. Il ridimensionamento, infatti, può provocare il venir meno di economie di scala24, con conseguente peggioramento delle condizioni di impiego delle risorse disponibili o la riduzione dei volumi di output su cui ripartire i costi fissi. Le diseconomie di scala, inoltre, possono agire, non solo con riferimento ai processi di produzione in senso stretto, ma anche a livello di

23 I due esempi di dispersioni positive sono stati tratti da: F. BERNINI , I pacchetti azionari. Analisi del

fenomeno e aspetti valutativi, Milano, Giuffrè Editore S.p.a, 2011, pag. 79.

24 Dettagliata trattazione delle diseconomie di scala tratta da: G

ONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg.

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altre attività che venivano svolte in modo accentrato dal complesso originario. Va poi considerato che, ove si verifichi una diminuzione del volume di produzione, si ridurranno anche i volumi di acquisto. Ne deriva una perdita di potere contrattuale dell’azienda madre la quale dovrà sottostare a condizioni meno vantaggiose negli acquisti, sia in termini di tempi medi di dilazione, sia in termini di prezzi.

Altre ipotesi di dispersione a carico del complesso cedente, sono riconducibili alla perdita di economie di scopo25. Si propone, a titolo di esempio, l’aggravio di costi che comporta il venir meno della condivisione delle rete distributiva da parte dell’entità enucleata e dell’azienda madre e di quelli connessi alla distribuzione e al marketing.

Altro effetto dissipativo che l’enucleazione può determinare è la perdita di risorse distintive quali: competenze strategiche, know-how specifico nella realizzazione di output particolari ecc26., che possono essere fonte di vantaggio competitivo in termini sia di maggiori ricavi, legati alla differenziazione, sia di minor costi, connessi, ad esempio, a una superiore efficienza sotto il profilo organizzativo. Gli intangibile oggetto di trasferimento possono essere rappresentati non solo dalle risorse invisibili sopracitate ma anche da risorse visibili quali marchi o brevetti. In casi tali e quanto più fondamentale calcolare l’effettiva dissipazione al fine di richiedere un’adeguata remunerazione dell’operazione27.

Nei casi in cui venga meno, in tutto o in parte, la strategia di diversificazione posta in essere dall’azienda madre, si possono riscontrare , inoltre, effetti negativi

25 “Si pensi, come esempio di dispersione negative, alla cessazione di un rapporto sinergico, generato

dalla possibilità di beneficiare di un medesimo servizio da parte di due unità aziendali, che consentiva il conseguimento di risparmi di costo”BERNINI , I pacchetti azionari, op. cit., pag. 79.

26

“Il problema si pone in particolare quando l’aree strategica d’affari candidata al trasferimento è in qualche misura portatrice di conoscenze tecnologiche o capacità produttive”: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 50.

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dovuti alla perdita delle interrelazioni che sussistevano tra le diverse aree strategiche d’affari e all’indebolimento del patrimonio strategico del complesso risultante.28

D’altra parte però, gli effetti del trasferimento possono coinvolgere, non solo la perdita di benefici economici legati all’unità operativa, ma bensì, anche eventuali condizioni sfavorevoli derivanti dalla stessa condizione. Ecco che si parla in tal caso di dispersioni positive, in quanto il venir meno dell’unità enucleata dissolve sinergie negative precedentemente svantaggiose per il complesso originario.

A titolo di esempio si considerano i benefici che si generano a seguito dell’enucleazione di rami che producevano effetti negativi sull’economia dell’azienda madre come, cessione di rami in perdita29, o di unità acquisite in precedenza con operazioni dagli esiti negativi30, o al trasferimento, unitamente la ramo, di personale inadatto al ruolo ricoperto o intollerante al clima aziendale, la cui cancellazione dall’organico produce un miglioramento delle prestazioni del personale restante31.

In aggiunta la riduzione delle dimensioni nonché del grado d’integrazione a seguito del trasferimento di unità che operano a monte o a valle dell’azienda enucleante può permettere di beneficiare di una maggior flessibilità in precedenza assente, con conseguente riduzione dei costi di coordinamento delle

28 “..la proliferazione di sinergie tra aree d’affari storicamente distanti può realizzarsi anche in settori

consolidati, per iniziativa di concorrenti che ridefiniscono l’ambito competitivo originario, estendendo interrelazioni tra unità di business per realizzare ex novo strategie orizzontali tese a sfruttare un vantaggio complessivo( cioè di gruppo) che sia superiore a quello delle singolo ASA”: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 52.

29

Tratto da: M.PETROCCHI, Cessioni, conferimenti e scissioni d’azienda. Gestione contabile – tecnica

finanziaria – obbiettivi strategici, Milano, Ergon Business Comunication S.p.A., seconda edizione, 1993,

pag. 132.

30

“…other examples include assets from failed acquisition, or operations that continually lose money under the current organizational structure and increasingly draw valuable resources from other parts of the firm.”: R. C.Hanson, M. H. Song, Long-Term Performance, op. cit., pag. 323.

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varie unità e, in certi casi, superamento di determinanti problemi organizzativi32. In particolare, quando l’operazione è finalizzata alla rifocalizzazione sul core business, si possono produrre vantaggi anche in termini di razionalizzazione dei processi, a beneficio delle funzioni più importanti33.

Non è raro che i principali margini di miglioramento realizzabili mediante le operazioni di dismissione siano riconducibili proprio all’eliminazione di oneri addizionali di struttura e coordinamento, quand’anche questi ultimi siano comprensivi non solo dei costi esplicitamente legati all’unità dismessa, ma anche di quelli meno evidenti, ma altrettanto rilevanti, rappresentati dagli aggravi che inevitabilmente fanno seguito ai vincoli decisionali, agli obblighi amministrativi, ai ritardi temporali e quant’altro necessario per adempiere ed ottemperare alle direttive ed alle procedure imposte a livello centrale.34

Può accadere infine che, qualora le unità fossero in competizione per l’allocazione delle risorse, il trasferimento può permettere una più efficace gestione delle stesse.35

2.3.3. Dispersioni finanziarie

Il ridimensionamento o la rifocalizzazione possono generare effetti anche sul piano finanziario. Anche in questo caso detti effetti possono avere natura positiva o negativa.

32

L’enucleazione permette di conseguire, mediante la separazione di fasi operative o parti di processo, un utilizzo maggiormente flessibile di forza lavoro e assetti impiantistici. Tratto da: M.PETROCCHI, Cessioni, op. cit., pag. 132.

33

“Eliminating an under-performing assets permits management to concentrate on – and free up capital – its core competences and businesses.” Tratto da: S. T. Kelly, Divestitures Gain, op. cit., pag. 40.

34

Tratto da: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 46.

35 “ ...firms engaging in divestitures may decrease the resources misallocation and re allocate these

resources to valuable segment”:MEIJUI SUN,MING CHUAN UNIVERSITY, Impact of divestiture activities

on corporate performance: evidence from listed firms in Taiwan, in International Journal of Business and

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Si qualificano come dispersioni finanziarie negative quando comportano la scomparsa di preesistenti sinergie finanziarie positive. Un esempio può chiarire le idee; prendiamo il caso della cessione di un’unità capace di generare liquidità. Le risorse finanziarie mancanti dovranno essere reperite sul mercato esterno con conseguenti costi. Inoltre, l’operazione in parola può, a date condizioni, incrementare il livello del rischio finanziario percepito dai terzi finanziatori, provocando un incremento dei tassi e limitando l’accesso a fonti finanziarie più convenienti.36

Caso analogo ma speculare è la cessione di un ramo d’azienda che assorbiva liquidità: classico esempio di dispersione finanziaria positiva.

In tale occasione, l’ azienda enucleante può allentare la propria dipendenza dalle fonti esterne di finanziamento riducendo, oltre agli oneri finanziari, anche la rigidità da essi generata.

Gli oneri finanziari, infatti, apportano un elemento di forte rigidità nei conti economici aziendali, costringendo di conseguenza il management a cogliere sistematicamente tutte le opportunità di contenimento dei costi meno produttivi e di ridimensionamento dei fondi aziendali in attività scarsamente redditizie.37 In caso di complessi aziendali in crisi, inoltre, l’innesto di risorse finanziarie può allontanare il rischio di dissesto fornendo disponibilità di mezzi monetari utili per la gestione dei costi di dissesto.38

L’enucleazione può permettere inoltre di isolare rami di attività che più di altri risentono dell’instabilità del mercato, e che, presentando un rischio specifico notevolmente maggiore, incidono pesantemente sulla rischiosità complessiva

36 Tratto da:GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 255.

37 Tale precisazione circa gli oneri finanziari è stata tratta da: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 34. 38 Al riguardo si veda: M.REBOA, Dismissioni, op. cit., pag. 55.

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aziendale. La loro disaggregazione comporta un evidente beneficio in termini finanziari.39

2.3.4. Dispersioni fiscali

In modo speculare a quanto detto per le sinergie fiscali, è evidente che, la categoria in esame, assuma un minor peso relativo nei confronti delle altre tipologie di fenomeni dispersivi.

Le dispersione fiscali negative si legano alla dissipazione di sinergie fiscali positive quali:

• finanziamenti agevolati, ovvero possibilità di accedere a finanziamenti agevolati in conseguenza della localizzazione dell’unità acquisita;40 • transfert pricing fenomeno che si manifesta qualora le società

coinvolte nell’operazione appartengo a paesi diversi in cui si riscontra una diversa imposizione fiscale e, tra le stesse, sussistono rapporti di fornitura; in tal caso è possibile spostare quote di utile a favore della società operante nel paese a pressione fiscale minore41.

Per quanto concerne invece le sinergie fiscali positive ,la letteratura in materia nonché l’esperienza empirica non mostrano casi degni di nota.

3. Pianificazione e gestione del processo di disaggregazione: costi dismissione.

Il trasferimento di un ramo d’azienda produce ulteriori effetti economici, oltre a quelli sopracitati, riconducibili sia al sostenimento di costi connessi agli aspetti

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Tratto da: M.PETROCCHI, Cessioni, op. cit., pag. 132.

40 Tratto da: ZANETTI, Valutazione delle acquisizioni, op. cit., pag. 177. 41

Fenomeno già citato in precedenza e di cui sono debitrice al prof. Gonnella che ne ha parlata in una delle sue lezioni.

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legali dell’operazione e all’advisor sia alla necessità di gestire oculatamente la fase successiva all’enucleazione.

Non vanno sottostimati, infatti, i costi di dismissione determinati dalla gestione della fase post-enucleazione, fase particolarmente delicata poiché finalizzata al mantenimento o ripristino dell’economicità del complesso enucleante.

Si pensi alle conseguenze del trasferimento di dipendenti presso il ramo. L’ operazione esige, da parte dell’enucleante, un sensibile impegno, volto a mantenere un buon clima aziendale e ripristinare i precedenti livelli di produttività, che comporterà verosimilmente un aggravio di costi. 42

Tale caso costituisce solo un esempio della complessità che si lega alla fase analizzata; solo un’attente programmazione e preparazione dell’operazione in parola permetterà di raggiungere i risultati prefissati.43

42 Nel dettaglio si veda: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag.255. 43

“The research indicates that successful divestitures are a product of well-conceived and thorough planning and preparation.”Tratto da: S. T. Kelly, Divestitures Gain, op. cit., pag. 40. Se ne consiglia la lettura completa in quanto viene presentato nel dettaglio l’iter gestorio del processo disaggregativo

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