CORSO ITS V Ciclo
“Tecnico Superiore in Marketing e Comunicazione dei Prodotti Vino e Olio
Docente: DOTT.ssa TEDESCHI VALERIA AREA: TRASVERSALE
UF: BUSINESS PLAN E CREAZIONE DI IMPRESA
IL BUSINESS PLAN
PARTE I: DEFINIZIONE E NECESSITA’
Uno degli impegni più gravosi per un imprenditore è esprimere e formalizzare, in uno schema organico, le idee innovative che possono essere sfruttate per creare il business. In pratica, il business plan serve a colmare questa esigenza, diventando quindi il punto di partenza indispensabile per qualsiasi impresa.
“Business plan” è un termine anglosassone di difficile traduzione letterale: se “plan”, ossia piano ci introduce subito al concetto di pianificazione (documento che contiene proiezioni economiche sul futuro), “business” è un termine alquanto generico, che potrebbe riferirsi all’azienda, ad un ramo della stessa, o anche ad un generico progetto di affari.
Il business plan ha quindi tre funzioni principali:
Serve per formalizzare le idee di gestione dell’impresa, soprattutto nella fase di avvio avrà l’obiettivo di:
1. Fornire informazioni fondamentali per l’avvio dell’attività, (quali e quante risorse economiche, finanziarie ed umane sono necessarie, le caratteristiche del prodotto e del mercato, etc...);
2. Consentire all’imprenditore una visione d’insieme dei fattori che caratterizzano l’azienda, fornendo una base sulla quale pianificare strategie ed azioni;
3. Illustrare la formula imprenditoriale (sistema di prodotto o servizio, mercato e settore, struttura organizzativa, risorse tecniche, umane e finanziarie necessarie);
4. Sottolineare l’originalità dell’idea imprenditoriale;
5. Definisce le possibilità di successo della propria idea, i punti deboli e quelli di forza;
6. Essere un utile indicatore di quali sono gli obiettivi che si intendono raggiungere e le modalità per perseguirli;
7. Verificare la coerenza tra le singole azioni indicate, ed in particolare tra descrizione dell’attività e conseguenti costi di investimento e di gestione;
8. Definire la forma giuridica in rapporto alle caratteristiche dell’impresa descritte;
9. Consentire previsioni attendibili simulando le varie ipotesi di sviluppo dell’attività dell’impresa;
Serve come strumento di verifica a consuntivo per valutare le performance dell’impresa in un determinato arco temporale
Serve come presentazione dell’azienda per la ricerca e l’ottenimento di finanziamenti
Il business plan, in sostanza, è un documento che serve a delineare il quadro di un’azienda nell’arco di un determinato orizzonte temporale (si va da tre/quattro anni ad un anno) consentendo di fornire una vera e propria “fotografia” della situazione dell’azienda nel suo complesso.
Proprio per questo la sua stesura deve essere particolarmente curata ed esaustiva, sia nel contenuto sia nella forma di presentazione: le notizie e le idee in esso contenute devono essere precise e dettagliate, ma al tempo stesso anche innovative ed accattivanti: un documento prolisso, lungo e noioso potrebbe disinteressare completamente.
Certamente da non sottovalutare è, poi, l’aspetto formale: l’impostazione grafica, la cura del layout di pagina, la forma grammaticale e ortografica, sono tutti aspetti che possono contribuire, anche in maniera determinante, a fornire un quadro positivo o negativo della realtà aziendale.
Scendendo sempre più nell’ambito operativo, è possibile analizzare nello specifico le diverse funzioni del business plan:
1) Il business plan come strumento di pianificazione e gestione di impresa
Uno degli aspetti più importanti da tenere in considerazione è che un business plan è un documento che deve sempre essere aggiornato. Esso deve costantemente essere sottoposto a revisione perché lo scenario interno all’azienda, così come le condizioni esterne, possono mutare da un momento all’altro.
Nella sua funzione di pianificazione e gestione di impresa il business plan serve soprattutto per stabilire una linea di orientamento unitaria e coerente con tutti i livelli dell’impresa.
2) Il business plan come strumento di verifica
La costante opera di verifica e aggiornamento del business plan è il presupposto indispensabile per la verifica dello scostamento tra i risultati attesi e quelli effettivamente raggiunti dall’azienda. In questo senso, sicuramente è fondamentale la sezione del business plan dedicata al piano finanziario: analizzando e misurando gli scostamenti per ciascuna business unit, il management può trarre fondamentali informazioni non solo sul semplice aggiornamento del business plan stesso, ma anche
sulle linee operative dell’impresa. Proprio per questi motivi risulta fondamentale fare delle proiezioni il più possibile “realistiche”, in modo da non deludere le aspettative. I possibili finanziatori, infatti, sono sicuramente più convincibili da risultati in linea con le previsioni o addirittura superiori alle previsioni rispetto a risultati distanti dalle performance previste.
3) Il business plan come strumento finanziario
La necessità del reperimento delle risorse finanziarie è forse la necessità più importante che spinge le imprese alla redazione di un business plan. Esso fornisce, infatti, una fotografia dell’impresa nel suo complesso sia dal punto di vista organizzativo e gestionale, sia dal punto di vista strategico, consentendo ai potenziali finanziatori di avere un quadro esaustivo delle possibilità di business.
1. I DESTINATARI DEL BUSINESS PLAN
Bisogna prestare attenzione a chi si rivolge il piano, perché forma e contenuto possono variare in funzione del destinatario.
Genericamente, il piano può essere rivolto:
Internamente: il primo interlocutore cui si rivolge è proprio l’imprenditore (o gli investitori dell’azienda), il quale può utilizzare il business plan come strumento di valutazione, di pianificazione e di gestione.
Esternamente (potenziali finanziatori): il piano rappresenta il biglietto da visita del progetto, in grado di descrivere le potenzialità dell’idea in termini economici e finanziari, e proponendosi in definitiva di attrarre capitali di rischio o di debito.
Come si è accennato in precedenza, infatti, uno dei principali obiettivi di un business plan è la definizione di un quadro preciso e accurato dell’impresa in tutte le sue componenti e business, in modo da reperire fonti di finanziamento.
PARTE II: LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN
Un business plan è formato da una serie di sezioni, ognuna delle quali è finalizzata all’analisi di un aspetto diverso del business e della società.
Le sezioni sono:
1. L’indice
2. La sintesi preliminare
3. La descrizione generale dell’impresa 4. La descrizione dei prodotti e dei servizi 5. Il piano operativo
6. Management e organizzazione 7. Il piano di marketing
8. Il piano degli investimenti 9. Il piano economico-finanziario 10.Appendici
Le diverse sezioni verranno di seguito esaminate nel dettaglio.
1. INDICE
Ogni business plan deve avere un indice, che ha la funzione di richiamare le varie sezioni del documento. In allegato al business plan devono poi essere inseriti tutti quei dati che possono servire alla valutazione del progetto, come il curriculum vitae dei soci, i preventivi d’acquisto, le ricerche di mercato, l’analisi dei profitti potenziali o dei flussi di cassa e così via.
2. SINTESI PRELIMINARE
La sintesi preliminare ha lo scopo di definire sinteticamente l’idea imprenditoriale che si intende realizzare. Proprio per questo è buona norma preparare la sintesi preliminare solo dopo avere redatto il business plan, perché solo dopo avere studiato e approfondito al meglio l’intera situazione è possibile estrarre una sintesi. Bisogna inoltre tenere presente che la sintesi preliminare è il primo documento letto dai potenziali finanziatori e deve quindi assolutamente attirarne l’attenzione. Deve quindi suscitare interesse, essere scorrevole, interessante, trasmettere importanza, senza però cadere nell‘errore di essere prolissi, stucchevoli o peggio ancora di fornire informazioni non vere e dati gonfiati.
Molte volte può essere utile concludere la sintesi preliminare con una lettera di accompagnamento dei titolari dell’impresa, allo scopo di fornire una valutazione personale dell’azienda, delle sue radici e del suo futuro.
In che cosa consiste in breve il progetto (obiettivi economici e sociali)
Quali risultati economici competitivi può consentire di ottenere (opportunità offerte dal mercato)
Perché è innovativo (tecnologia disponibile)
Cosa si richiede al destinatario del business plan (proposta di finanziamento)
3. DESCRIZIONE GENERALE DELL‘IMPRESA
E’ la sezione con la quale si apre il business plan vero e proprio; essa ha lo scopo di illustrare la natura dell’impresa e descriverne le sue caratteristiche fondamentali.
In pratica, in questa sezione deve emergere, ad esempio, se l’impresa è industriale, di commercializzazione al dettaglio o di servizi, qual è il suo mercato, dove è collocata, cosa offre alla clientela, se è locale o multinazionale, il livello di sviluppo raggiunto. E’
in questa parte del business plan che si spiegano gli obbiettivi da raggiungere, che naturalmente devono essere realistici, realizzabili e al tempo stesso in grado di attrarre l‘attenzione dei potenziali finanziatori.
L’IMPRESA
Il nome dell’impresa (ragione sociale o denominazione)
La data di costituzione e la forma giuridica
Composizione societaria
Il capitale di impresa e la ripartizione tra i soci
L’oggetto della società
Campo di attività (elenco dei prodotti/servizi che si intende offrire)
Breve storia aziendale
Ubicazione (sede legale ed operativa, caratteristiche del sito, motivi di scelta della localizzazione)
Presenza di legami con altre imprese
o Sintesi delle alleanze e degli accordi già raggiunti con altre aziende o Identificazione di possibili alleanze future
o Le relazione industriali poste in essere
L’IMPRENDITORE o IL GRUPPO IMPRENDITORIALE
I componenti del gruppo imprenditoriale e le loro competenze, esperienze passate e motivazioni
Struttura organizzativa (elenco di quanti dipendenti e con quali funzioni – analizzare tutte le funzioni aziendali)
Vertice e management aziendale (chi sono i dirigenti e di cosa si occupano)
Quali sono le posizioni chiave, chi le ricopre, come s’intende agire per ricoprire le posizioni mancanti
LA FORMULA IMPRENDITORIALE
Descrizione sintetica della formula imprenditoriale e dei motivi per i quali essa dovrebbe risultare vincente
4. PRODOTTI E SERVIZI
La descrizione dei prodotti/servizi offerti dall’impresa è importantissima. Si parte dal presupposto, infatti, che un’impresa non possa avere successo senza una fama di prodotti/servizi all’altezza. La descrizione deve senz’altro evidenziare:
Caratteristiche fisiche del prodotto, magari includendo opuscoli informativi, disegni e fotografie. (qualità, affidabilità, prestigio, eleganza, sicurezza, livello tecnologico, design, confezione).
Servizi collaterali. (trasporto e tempi di consegna, assistenza post vendita, garanzie e assicurazioni, altri servizi).
Finalità. L’obiettivo è quello di spiegare nel dettaglio le possibilità di impiego e i vantaggi per il cliente.
Attrattiva e Innovatività. Si cerca di descrivere ciò che distingue il prodotto dell’impresa da quello degli altri.
Evoluzione. Può essere utile descrivere i passaggi evolutivi di sviluppo del prodotto e soprattutto le possibili evoluzioni future (crescita, maturità, declino).
Con la descrizione dello sviluppo del prodotto si cerca di far capire le politiche adottate dall’impresa finalizzate al miglioramento dei propri prodotti.
Questo aspetto, naturalmente, varia da impresa a impresa: più l’industria è ad alto contenuto tecnologico, infatti, e più diventa rilevante spiegare gli aspetti di ricerca e sviluppo.
Nel prendere in esame lo sviluppo del prodotto, occorre considerare diversi aspetti pratici:
Il grado di fattibilità dell’idea. Occorre sempre verificare il possibile divario tra l’idea/progetto e il prodotto finale
Spesso si corre il rischio di scrivere con un linguaggio molto tecnico e di conseguenza poco comprensibile per chi non è esperto della materia
Spesso può essere più vantaggiosa una descrizione minuziosa dei curricula dei ricercatori che non della ricerca stessa, in quanto per i potenziali finanziatori
“vedere” un team di qualità può essere sintomo di efficienza e capacità
I principali fattori di influenza esterna sullo sviluppo del prodotto riguardano in genere le risorse produttive (costi materie prime e manodopera), le innovazioni tecnologiche (che effetti possono avere e le conseguenti contromosse), i clienti (il mutamento delle loro esigenze), la normativa.
E’ comunque importante che per ogni fattore di influenza esterna l’imprenditore indichi anche gli effetti, i rischi e le opportunità conseguenti e il modo in cui reagire a tali fattori.
5. PIANO OPERATIVO
Il piano operativo riguarda le modalità con cui l’impresa intende realizzare i propri prodotti e fornire i propri servizi. Dovranno pertanto essere approfonditi e dipanati i problemi relativi all’organizzazione del lavoro e del capitale, all’approvvigionamento delle materie prime, alle tecniche di produzione, alle politiche da adottare con fornitori e venditori.
Al fine della sua formulazione, l’imprenditore dovrà prendere una serie di decisioni relativamente a:
1) definizione del processo di produzione: la sua scelta è molto importante in quanto uno degli aspetti significativi della capacità imprenditoriale risiede proprio nella capacità di produrre in modo diverso quello che altri già producono con sistemi tradizionali. I criteri che condizionano i modi di produrre sono qualità del prodotto, quantità del prodotto e tipo di materia prima che si intende utilizzare.
2) scelta della capacità produttiva: il dimensionamento del processo produttivo dipende fondamentalmente da due fattori:
La capacità di penetrazione nel mercato
La stagionalità della domanda
3) scelta della tecnologia: (competenze tecnologiche, Know-how, brevetti e licenze) va effettuata in considerazione di diversi parametri:
La capacità produttiva dell’impianto
Il costo (non solo d’acquisto ma esteso a tutte le spese fisse generato dal macchinario, in considerazione anche della sua durata media)
I costi variabili determinati dal suo impiego (mano d’opera, energie e materie prime)
I costi della struttura di ricerca e sviluppo
4) disegno del processo produttivo: permette di tener conto di tutte le attività che integrandosi tra loro danno vita al bene o servizio, individuando le aree di maggiore criticità
5) tempificazione del processo: al fine di definire il tempo di realizzazione del processo produttivo, si procede all’individuazione del tempo di esecuzione standard
6) identificazione dei punti critici: lo scopo è quello di individuare le fasi critiche al fine di gestirle adeguatamente
7) identificare il lay-out: per localizzare all’interno dell’azienda le diverse attrezzature previste, cercando di rendere fluido e razionale al massimo il processo di produzione.
Previsioni circa la possibilità di ampliamento degli spazi, di incremento degli impianti e delle attrezzature e quindi un possibile aumento della necessità di risorse finanziarie
8) quantificare la produzione (in numero di pezzi)
9) quantificare il fabbisogno di materie prime: occorre cercare il giusto equilibrio tra quantità acquistata e tempi di consumo, cercando di colmare il trade-off tra minor costo sostenuto per l’acquisto di grossi quantitativi e i relativi maggiori oneri di magazzino
10) controllo del processo produttivo: tenendo ben presenti i processi di produzione ed il calcolo dei tempi di esecuzione. Il controllo implica: il controllo delle scorte, la manutenzione e l’affidabilità del sistema, controllo della qualità e della manodopera, il controllo e miglioramento del livello dei costi.
11) make or buy. Descrizione di eventuali fasi produttive esternalizzate e le motivazioni.
Vantaggi del MAKE:
Maggior economicità (economie di scala)
Maggiore qualità (maggior controllo)
Sicurezza della fornitura
Stabilità delle condizioni di fornitura
Controllo del Know How
Vantaggi del BUY:
Minor criticità economico-finanziaria
Maggiore flessibilità
Attenuazione della presenza di “colli di bottiglia”
Attenuazione del rischio di aggiornamento tecnologico
Attenuazione del rischio “moda”
Minor esposizione ad eventi imprevisti o perturbanti
Per la descrizione bisogna considerare che in un processo produttivo vi sono elementi in entrata (input), che possono essere costituiti sia da beni (materie prime, documenti, ecc.) che da servizi (trasporti, accoglienza ai clienti, ecc.).
Gli elementi in entrata subiscono un trattamento in base ad una serie di operazioni, di cui sono predefiniti numero e sequenza. Nel caso di un negozio, ad esempio, la prima operazione è l’entrata del cliente all’interno del locale; nel caso della produzione di un prodotto, invece, l’arrivo in azienda delle materie prime da trasformare. Il numero di operazioni di un processo produttivo può variare da una sola a un numero molto elevato.
Gli elementi in uscita di un sistema produttivo (output) possono quindi essere sia prodotti finiti (composti chimici, autovetture, ecc.), che servizi (ai clienti, ai pazienti, ecc.).
Tra le fasi indicate, poi, possono essere previste anche una o più fasi di immagazzinaggio, p. es. dopo l’arrivo degli elementi in entrata, o tra operazioni successive.
Tutte le operazioni produttive sono in genere seguite da un sistema informativo strutturato, che fornisce dati e informazioni in grado di indirizzare i responsabili della
funzione produttiva nel formulare le decisioni. L’apporto della tecnologia e dell’informatica ad un sistema produttivo può essere molto rilevante, tanto che si può arrivare all’automazione del sistema produttivo.
A) Tipologie di sistemi produttivi
Per ogni bene o servizio esistono molti sistemi produttivi possibili. Essi possono essere:
Sistemi in serie: ad esempio, quando i prodotti finiti partono dalla fabbrica e giungono al magazzino, essi lasciano il sistema di produzione della fabbrica per entrare nel sistema di produzione del magazzino. I due sistemi, fabbrica e magazzino, sono quindi in serie, all’interno di un sistema più grande.
Sistemi in parallelo: ad esempio, quando più fabbriche costruiscono prodotti simili per approvvigionare zone del mercato diverse. E’ il caso delle multinazionali, che spesso possiedono strutture produttive in più Paesi, per risparmiare sui costi di trasporto o di approvvigionamento delle materie prime.
Sistemi per produzioni su commessa: si struttura un processo produttivo appositamente per creare un determinato prodotto, su richiesta del cliente e secondo le specifiche da lui fornite.
Sistemi organizzati per lotti di produzione. Si mette in lavorazione solo un lotto di produzione per volta, fino all’ottenimento del prodotto finito di quel singolo lotto; solo allora, viene posto in lavorazione un altro lotto di materiali.
B) Approvvigionamento delle materie prime
Identificazione delle principali fonti di approvvigionamento (acquisti all’estero?)
Descrizione delle principali caratteristiche delle fonti di approvvigionamento (costanza dell’offerta, affidabilità dei fornitori, ecc.)
Fonti chiave di approvvigionamento
Criticità e potere contrattuale dei fornitori
C) Assistenza post-vendita
La crescita della concorrenza ha spostato la competizione dalla variabile marketing mix prezzo al servizio offerto al cliente. Ecco quindi che dedicare una parte del business plan all’assistenza post-vendita può essere indispensabile.
Occorre pertanto tenere presente una serie di aspetti di primaria importanza:
Spesso nel caso di una nuova impresa è preferibile dare in appalto a terzi il servizio di assistenza, in modo da ridurre i costi e la complessità delle operazioni. Inoltre la collaborazione con una società di assistenza rinomata e apprezzata può servire ad accrescere la credibilità della nuova impresa sul mercato.
Seguire bene il cliente nella fase immediatamente successiva all’acquisto aumenta il grado di fidelizzazione della clientela.
6. MANAGEMENT E ORGANIZZAZIONE
Spesso i potenziali finanziatori valutano le proposte che ricevono non sull’idea o sul prodotto, ma sulle qualità e capacità del team che deve svilupparle.
L’organizzazione può essere definita come l’insieme delle risorse di persone e di mezzi, uniti da rapporti e da interrelazioni. I requisiti che deve possedere l’organizzazione affinché la serie di interrelazioni che la contraddistinguono siano efficienti sono:
Avere uno scopo comune e rivolgersi in armonia verso l’obiettivo prefissato;
Il numero, il tipo e le caratteristiche di uomini e di mezzi, devono essere stabiliti in funzione dell’obiettivo, in termini di adeguatezza;
E’ necessario sviluppare una chiara definizione dei compiti e delle competenze, secondo una gerarchia e un insieme di norme per il mantenimento dell’insieme dei rapporti costituiti.
I passi da seguire per la sua elaborazione sono:
1) Individuare le aree necessarie al raggiungimento dell’obiettivo strategico 2) Definire il fabbisogno di personale per ogni area aziendale
3) Formulare l’organigramma dell’azienda
4) Identificare i profili professionali necessari a ricoprire ogni posizione 5) Definire le politiche retributive
Definire l’organizzazione significa individuare le funzioni svolte dai vari collaboratori con le rispettive responsabilità, individuando la persona giusta per ciascun ruolo. Nel business plan andranno descritte competenze e compiti dei vari collaboratori (di cui si allegheranno i curricula), e l’insieme di regole e procedure dell’impresa. Se necessario, si farà menzione in questa sezione anche delle eventuali assunzioni future, con indicazione dei criteri di selezione, addestramento e retribuzione.
Nella definizione dell’organizzazione la prima fase del lavoro consiste nell’identificazione delle funzioni aziendali in base all’attività che vogliamo svolgere;
ecco quali possono essere:
Funzione personale: selezionare e assumere le risorse umane, con criteri di coerenza, non dimenticando mai che il personale va incentivato e motivato, per far sì che sia più produttivo.
Funzione produzione: individuare la tecnologia più idonea a produrre, controllare le macchine e la struttura necessaria per garantire un buon processo di lavorazione.
Funzione approvvigionamenti: assicurare gli acquisti delle materie prime e di tutto ciò che è necessario alla produzione, definire le scorte e i tempi di acquisto ottimali.
Funzione marketing.
Funzione vendite: intesa non solo come distribuzione del prodotto ma anche come assistenza al cliente nella fase post-vendita.
Funzione amministrazione: contabilità, aspetti fiscali, controllo economico- gestionale.
Funzione ricerca e sviluppo: assicurare un vantaggio competitivo continuo, individuando periodicamente nuovi processi e nuovi prodotti.
Funzione qualità: in quanto la qualità totale garantisce un maggior vantaggio competitivo.
In secondo luogo, dopo aver individuato le varie funzioni, per ciascuna di esse occorre individuare le caratteristiche e le competenze che dovrebbero possedere le persone preposte, spiegandone il perché, facendone quindi dei criteri di selezione.
Specificare eventualmente, un probabile ampliamento dell’organico nel futuro, chiarendone le motivazioni.
a) struttura semplice
Direzione
Contabilità Segreteria Magazzino Venditori
Le funzioni specifiche sono gestite dai singoli operatori, non ci sono organi direttivi, ad eccezione della direzione (titolare). Struttura semplice e snella, con una buona comunicazione interna, ideale per le imprese neonate, di piccole dimensioni, ma meno adatta alle situazioni complesse.
b) struttura funzionale
Direzione Generale
Amministrazione Produzione Personale Marketing Finanza
Contabilità Previsioni Vendita Ricerche
Reparto A Reparto B
Rispetto alla struttura semplice ha una più chiara identificazione delle responsabilità e delle specializzazioni. Oltre alla direzione presenta anche organi direttivi di primo livello specializzati nelle varie funzioni (marketing, produzione, vendite, ecc).
C) Struttura divisionale
Direzione Generale
Personale Produzione Marketing Finanza
Divisione Divisione Divisione Divisione Prodotto A Prodotto B Prodotto C Prodotto D
Rispetto alla struttura funzionale rimangono pressoché inalterati gli staff centrali (Direzione Generale, Personale, Produzione, Marketing e Finanza), mentre vengono inserite le divisioni prodotto, con singole competenze sui prodotti.
7. PIANO DI MARKETING
Il piano di marketing ha lo scopo di illustrare le strategie dell’impresa e di mettere in relazione i suoi prodotti/servizi con il mercato, per individuare le varie opportunità.
Come per le altre sezioni del business plan, occorre stare attenti a fornire un documento appetibile e attrattivo, in modo da “vendere” l’impresa come un’opportunità che porta vantaggi ai potenziali finanziatori.
Un piano di marketing deve assolutamente contenere:
Definizione del mercato e opportunità di inserimento
Concorrenza e fattori endogeni
Strategie di marketing e definizione del marketing mix
Ricerca di mercato
Previsioni di vendita
Materiale di supporto
A) Definizione del mercato e opportunità di inserimento
Analisi della domanda quantitativa e qualitativa
Segmentazione del mercato
Prospettive di sviluppo della domanda
B) Concorrenza e fattori esogeni
Analisi della struttura dell’offerta
Situazione e grado di turbolenze e competitività del settore
Barriere all’entrata
Prodotti/servizi sostitutivi
C) Strategia di marketing
Punti di forza e punti di debolezza
Strategie di penetrazione nel mercato
L’attuazione della strategia consiste nell’identificazione delle modalità attraverso le quali l’azienda intende raggiungere la missione, fissando le politiche di marketing mix e le risorse necessarie per realizzarle: cioè prendendo scelte in merito ai seguenti elementi:
Politica di prodotto (product)
Politica di prezzo (price)
Politica di distribuzione (place)
Politica di comunicazione (promotion)
Politica di servizio al cliente
Politica di servizio al canale.
La determinazione della politica di prodotto che si intende seguire comporta la descrizione analitica delle caratteristiche di:
Prodotto
Linea (intesa come l’insieme dei prodotti che presentano caratteristiche merceologiche e funzionali omogenee)
Gamma (intesa come assortimento di linee di prodotti)
Il posizionamento del prodotto rispetto a quello dei concorrenti
Servizi connessi
La fissazione degli obiettivi di prodotto in termini di:
o volumi di vendita o quota di mercato o redditività
La politica di prezzo rappresenta l’insieme delle decisioni che l’impresa deve prendere per fissare i prezzi dei prodotti/servizi della gamma offerta.
Nella fissazione del prezzo l’impresa dovrà considerare:
La sua posizione nel mercato
La domanda (intesa come elasticità al prezzo)
La concorrenza (livello medio dei prezzi dei concorrenti)
Eventuali politiche di sconti, premi, abbuoni
Tempi e modalità di pagamento
La determinazione della politica di prezzo dovrà permettere all’impresa di coprire sia i costi fissi che i costi variabili, al fine di trarre una remunerazione dallo svolgimento della propria attività.
A tal fine l’imprenditore per la determinazione del prezzo minimo, sotto il quale non scendere, potrà utilizzare il criterio del punto di pareggio. Tale criterio presuppone l’uguaglianza tra il totale dei costi di produzione (costi fissi + costi variabili) e il totale dei ricavi di vendita in termini di quantità prodotte. La definizione del prezzo dovrà poi tener conto di altri fattori (concorrenti, qualità, etc.).
La politica di distribuzione riguarda le decisioni che l’impresa deve prendere per far arrivare il prodotto al consumatore finale, identificando quindi il canale distributivo più adatto per raggiungere il mercato obiettivo.
Canale distributivo: insieme degli operatori che partecipano al trasferimento della proprietà dei beni e servizi dal produttore al consumatore-utilizzatore. Esso è costituito dal produttore, dal consumatore e da tutti gli intermediari commerciali che intervengono.
La determinazione della politica di distribuzione che si intende seguire comporta:
Scelta dei canali distributivi
Descrizione dei canali utilizzati e delle funzioni svolte da ciascuno di essi
Intensità distributiva (fissazione degli obiettivi per canale in termini di volumi di vendita, quota di mercato, e redditività)
Organizzazione delle forze di vendita (rete vendita, eventuali accordi di commercializzazione, esportazione/importazione)
Nelle decisioni sulla politica di distribuzione, occorre scegliere in quanti punti vendita distribuire il prodotto, tra:
Vendita estensiva; il prodotto è disponibile all’acquisto nel maggior numero possibile di punti vendita, senza alcuna limitazione. Questa strategia è tipica dei beni di largo consumo: l’obiettivo è coprire il più possibile il mercato.
Vendita selettiva; il prodotto è offerto in un numero limitato di punti vendita, che contribuiscono a creare l’immagine del prodotto stesso. Per esempio, nel settore dell’abbigliamento i punti vendita, boutique, sono spesso localizzati in zone prestigiose della città, di forte immagine.
Vendita esclusiva; l’impresa rende disponibili i prodotti soltanto attraverso uno o pochissimi rivenditori. Questa modalità è tipica di prodotti esclusivi o di alto costo, come auto, gioielli e barche.
La scelta del canale distributivo è tra:
Canale diretto (produttore-consumatore): è il tipico canale dei beni industriali;
è meno utilizzato, invece, per i beni di consumo, anche se il recente sviluppo della vendita via telefono e on-line sta aumentando la sua importanza. La distribuzione diretta può avvenire anche con negozi propri, con vendite a domicilio, via telefono o via internet, con vendite per corrispondenza, con macchine distributrici automatiche.
Il canale diretto è, invece, la modalità di distribuzione obbligata per i servizi.
Infatti, non avendo essi caratteristiche materiali, non vi è possibilità né di trasporto né di conservazione. Il servizio, quindi, viene di norma erogato direttamente dal produttore, senza la presenza di intermediari. Possono, però, esistere più luoghi di erogazione del servizio del produttore: ad esempio, il
servizio postale si attua in una serie di sportelli distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Canale lungo (produttore-grossista-dettagliante-consumatore): ha il suo principale vantaggio nei modesti investimenti necessari e nei bassi rischi per il produttore. Alle aziende medio-grandi, inoltre, consente di coprire zone e clienti marginali, troppo costosi da raggiungere direttamente.
Per contro, in questa modalità di distribuzione il grossista ha grande potere, sia nella negoziazione delle condizioni con il produttore, sia nei rapporti con i punti vendita. Questo spesso costituisce un ostacolo per l’attuazione delle politiche di marketing del produttore.
Canale corto (produttore-dettagliante-consumatore): consente, al contrario del canale lungo, un immediato e accurato controllo della situazione di mercato dell’impresa, grazie al contatto diretto con i dettaglianti.
Necessita, però di forti investimenti per costruire filiali, uffici di vendita o depositi, e per la formazione e l’addestramento del personale di vendita.
Appare, quindi, adatto soprattutto per aziende di medio-grandi dimensioni.
La politica di comunicazione riguarda la scelta delle forme di comunicazione per informare e persuadere il mercato con riguardo alle caratteristiche ed alle opportunità di acquistare i prodotti/servizi dell’impresa. I canali sono gli strumenti usati per diffondere il messaggio:
Personali: la trasmissione del messaggio avviene di presenza tra una persona che è, o rappresenta il comunicatore, e le persone riceventi. Ad esempio, canali personali sono amici o colleghi (canali sociali), venditori o commessi di negozio (canali aziendali), consulenti o esperti (canali tecnici);
Impersonali: non si ha alcun rapporto diretto tra chi comunica e chi riceve il messaggio. I canali impersonali possono essere mezzi di comunicazione di massa (stampa, TV, affissioni…), eventi (inaugurazioni, feste, ricevimenti..) e atmosfere (uffici lussuosi, negozi di classe…).
La determinazione della politica di comunicazione che si intende seguire comporta:
Identificazione del pubblico da raggiungere;
Individuazione dei contenuti della comunicazione;
Determinazione dei mezzi da impiegare.
L’insieme dei mezzi che sono utilizzati per comunicare con un pubblico, con l’obiettivo di convincerlo ad acquistare determinati prodotti o servizi, viene definito mix di comunicazione o promotion mix, ed è composto da:
Pubblicità (canali, media, messaggi)
Pubbliche relazioni e propaganda
Contatto personale
Promozione delle vendite
Sono quattro inoltre i fattori fondamentali da prendere in considerazione per determinare il mix di comunicazione:
Somma di denaro disponibile
La natura del mercato
La natura del prodotto
Lo stadio del ciclo di vita del prodotto.
La politica del servizio mira, indipendentemente dal fatto che oggetto della produzione sia un prodotto o un servizio, ad individuare tutte le strategie accessorie rispetto ad esso che possano in qualche modo aumentare il livello di soddisfazione dei bisogni da parte dei clienti serviti. Gli interventi riguardano sia i consumatori finali che i canali di distribuzione utilizzati.
La determinazione della politica del servizio che si intende seguire comporta la definizione di:
Scopo del servizio al cliente ed al canale;
Iniziative per la formazione del personale;
Strumenti per misurare le inefficienze del servizio;
Strumenti per identificare le esigenze dei clienti e dei canali;
Livello di servizio offerto al cliente e al canale.
D) Ricerca di mercato
Inserire nel business plan i dati di una ricerca di mercato, oltre a dare maggiore credibilità al piano, permette di aumentare la conoscenza del mercato da parte dell’imprenditore e dei potenziali finanziatori.
Non va sottovalutata, inoltre, la possibilità di sfruttare la ricerca di mercato per iniziare a far conoscere l’impresa e il prodotto ai potenziali clienti intervistati.
Va sottolineato che la ricerca di mercato da inserire in un business plan non deve essere sofisticata e particolarmente elaborata. Essa, infatti, viene effettuata con lo scopo di rendere completo e più accattivante il progetto, non comportando quindi la necessità di ottenere dei dati campione statisticamente validi con tecniche di ricerca sofisticate.
E) Previsioni di vendita
In questa sezione può essere utile inserire un’analisi previsionale di flussi di vendita.
Tale analisi può essere redatta in diversi modi:
Vendite per periodo, in modo da evidenziare le variazioni stagionali per comprendere meglio i flussi di cassa e il conseguente fabbisogno di capitale
Vendite per segmento di mercato: separando le vendite per ogni segmento il dettaglio è maggiore
Quote di mercato: per quota di mercato si intende la percentuale del mercato globale che la futura impresa prevede di conquistare.
Bisogna naturalmente tenere presente che parlare di quota di mercato è inutile quando le dimensioni del mercato rendono irrilevante il peso delle singole imprese.
F) Materiale di supporto
Anche se bisogna stare attenti a non inserire nel piano di marketing troppe informazioni, questa sezione è particolarmente adatta per inserire la documentazione giustificativa o di supporto, come lettere di intenti, articoli di riviste di settore con commenti favorevoli, relazioni e brochure.
8. PIANO DEGLI INVESTIMENTI
Se il piano d’impresa ha la finalità del reperimento dei finanziamenti, la descrizione del piano degli investimenti assume un’importanza rilevante; bisogna cercare, infatti, di quantificare con esattezza l’ammontare di denaro necessario per avviare l’attività. In esso è contenuta quindi la programmazione dell’acquisizione di beni di investimento, nonché la quantificazione degli immobilizzi di capitale da destinare a capitale circolante operativo (magazzino e crediti).
La formulazione del piano di investimenti è basata sul consolidamento delle necessità individuate nell’ambito degli altri piani operativi, in particolare in quello produttivo e quello commerciale. Gli elementi di capitale fisso da riepilogare in questa sede sono relativi a:
IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
Immobili
Automezzi
Impianti e macchine
Mobili
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
Licenze, marchi, brevetti
Spese di costituzione
IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
Cauzioni per affitto immobili
Gli elementi del capitale circolante operativo sono invece:
Crediti verso clienti
Scorte di magazzino
Il capitale circolante operativo, al netto di quanto finanziato dai debiti verso fornitori, costituisce l’investimento netto cui far fronte nel corso della gestione. Tenendo conto anche degli investimenti in capitale fisso si determina il fabbisogno finanziario globale dell’impresa.
9. PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO
La sezione finanziaria del business plan mira a fornire una serie di proiezioni realistiche ed organiche che confermino i risultati finanziari previsti per l’impresa e costituiscono uno dei fattori critici per la valutazione dell’impresa da parte dei potenziali finanziatori. Talvolta può essere utile, vista l’incertezza dell’analisi dei dati finanziari, ipotizzare diverse situazioni finanziarie, basate su ipotesi “prudenti “ o che rispecchiano il pieno potenziale dell’impresa. E’ inoltre molto importante sottoporre tali previsioni a delle rivisitazioni periodiche e dove necessario modificarle.
Non bisogna poi dimenticare che la sezione finanziaria del business plan deve essere coerente con le altre. Gli esborsi previsti per le campagne pubblicitarie o per il personale, oltre che nel piano di marketing e in quello operativo devono essere spiegati ed evidenziati anche nel piano finanziario. Le fasi da considerare sono:
Definire l’ammontare dei capitali necessari per costituire e avviare l’impresa:
PIANO DEGLI INVESTIMENTI
Individuare le fonti di finanziamento: FONTI DI COPERTURA
o INTERNE: capitale fornito dall’imprenditore, capitale di rischio (in denaro e natura); Prestiti senza interessi; Riserve
o ESTERNE: Prestiti bancari; Prestiti concessi dai fornitori
Valutare la profittabilità del progetto nei primi anni di vita dell’impresa: CONTO ECONOMICO PREVISIONALE
o Valorizzazione del costo del lavoro dei soci o Budget dei costi fissi
o Calcolo del costo variabile e totale per unità di prodotto
Valutare la situazione patrimoniale dell’impresa nei primi anni di vita con un occhio particolare all’indebitamento: STATO PATRIMONIALE PREVISIONALE
Verificare se la futura impresa sarà capace di produrre la liquidità necessaria:
PIANO DEI FLUSSI (cash flow)
o Determina entrate ed uscite finanziarie: è importante la loro previsione in quanto è uno strumento in grado di informare l’imprenditore circa i bisogni di denaro. Le previsioni devono essere effettuate per periodi brevi (mese, trimestre, semestre) e devono essere continuamente aggiornate.
IL SISTEMA DI INDICI E L’ANALISI DEL PUNTO DI PAREGGIO
9.1 IL CONTO ECONOMICO
Il conto economico definisce i ricavi conseguiti e i costi sostenuti dall’impresa in un certo periodo di tempo, indicando come il patrimonio si è accresciuto o si è ridotto per effetto della gestione d’impresa mettendo così in evidenza il risultato economico dell’esercizio, cioè l’utile conseguito o la perdita sofferta.
I costi si dividono in:
Costi variabili: sono quelli che variano al variare della produzione come ad esempio materie prime, manodopera, utenze, provvigioni di vendita, trasporti.
Costi fissi: sono quelli che l’impresa deve sostenere per costituire e far funzionare l’impresa. Non variano al variare della produzione, ad esempio affitti, ammortamenti, personale fisso, assicurazioni. Questo discorso vale ovviamente fin quando l’aumento della produzione non è così marcato da richiedere dei nuovi investimenti.
Costi totali: somma tra costi fissi e variabili.
Costi Costi Costi CF CV CT
cf
Volumi di vendita Volumi di vendita Volumi di vendita
La costruzione del Conto Economico è basata sul consolidamento, in un prospetto sintetico, di alcune informazioni provenienti dai piani operativi:
Dal piano commerciale:
o ricavi / sconti commerciali / costi di vendita /costi di distribuzione
Dal piano produttivo:
o rimanenze iniziali / acquisti / rimanenze finali / costi di produzione
Dal piano organizzativo:
o costi del personale produttivo / costi del personale amministrativo- contabile
o costi generali e amministrativi
Dal piano degli investimenti:
o ammortamenti
Dal piano di marketing:
o costi di comunicazione
CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO
Ricavi di vendita o complementari (-) Costi variabili (o COSTO DEL VENDUTO):
Materie prime e materiali Rimanenze (iniziali - finali)
Manodopera diretta Lavorazioni esterne Provvigioni di vendita
Trasporti Forza motrice Altri costi variabili
= MARGINE DI CONTRIBUZIONE (-) Costi fissi (o COSTI DI STRUTTURA):
Manutenzioni, pulizie, vigilanza Personale amministrativo
Ammortamenti Pubblicità e promozione Spese postali, cancelleria
Affitti e leasing Utenze Assicurazioni Spese generali
Altri costi fissi
= RISULTATO OPERATIVO
(Risultato della gestione caratteristica)
(+/-) Proventi e oneri finanziari (interessi passivi e spese) (area finanziaria)
(+/-) Componenti straordinari, cioè a carattere episodico (furti, incendi) (area straordinaria)
= RISULTATO AL LORDO DELLE IMPOSTE (-) Imposte
= UTILE (O PERDITA) D’ESERCIZIO (Risultato netto d’esercizio)
Dove:
I ricavi misurano la qualità del prodotto e l’efficacia delle azioni di marketing sul mercato
I costi registrati nel conto economico vengono sostenuti a fronte di beni che saranno utilizzati e consumati nel singolo esercizio, la cui utilità si esaurisce quindi nell'anno.
Il margine di contribuzione misura la qualità e l’efficienza del processo di produzione e di vendita.
Il risultato operativo permette di valutare la bontà della gestione caratteristica, cioè dell’operato dell’imprenditore.
L’area caratteristica fa riferimento a costi e ricavi relativi alla realizzazione e commercializzazione della produzione. Un suo risultato positivo indica la produzione di redditività, che però da sola non basta ad indicare una buona salute dell’impresa, infatti può accadere che ad un’alta redditività si accompagni una perdita d’esercizio.
L’area finanziaria fa riferimento a costi e ricavi relativi al finanziamento dell’impresa. Bisogna sempre tenere sotto controllo il finanziamento esterno dell’impresa, che se troppo alto va diminuito.
L’area straordinaria fa riferimento ad eventi una tantum.
9.1.1 IL MARGINE DI CONTRIBUZIONE
Indica il contributo che la vendita di ogni singola unità di prodotto apporta alla copertura dei costi.
E’ uno strumento che ci permette di identificare quali sono i prodotti più redditizi, ed è uguale alla differenza tra prezzo unitario del prodotto e il costo variabile unitario necessario per la produzione e la vendita del bene:
MdC = Pu – Cvu
MdC = 0
Il prezzo unitario è esattamente uguale al costo variabile, cioè il ricavo di vendita unitario del bene è in grado di coprire solo i costi variabili ma non i costi fissi.
MdC < 0
Il prezzo unitario è più basso del costo variabile, cioè il ricavo di vendita unitario del bene non è in grado di coprire tutti i costi variabili e i costi fissi.
MdC > 0
Il prezzo unitario è più alto del costo variabile, cioè il ricavo di vendita unitario del bene è in grado di coprire tutti i costi variabili e anche parte dei costi fissi.
Sulla base di queste premesse, per ciascun prodotto bisogna valutare il contributo alla copertura dei costi fissi e variabili. I prodotti più profittevoli sono quelli con il margine di contribuzione più elevato. Si cercherà comunque di scegliere il mix di prodotti più profittevoli.
9.2 LO STATO PATRIMONIALE
Indica la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa, in particolare la provenienza dei capitali (fonti) e la loro destinazione (impieghi). Attraverso la lettura dello stato patrimoniale, è possibile valutare se a fronte degli investimenti necessari per dar vita alla società, sono sufficienti i capitali di cui la stessa può disporre al momento dell’avvio.
I capitali necessari a dare avvio all’attività provengono da diverse fonti di finanziamento:
Capitale proprio, cioè dell’imprenditore
Capitale di terzi, cioè di altri soggetti (banche, fornitori, …).
L’imprenditore deve far sì che ci sia un giusto rapporto tra capitale proprio e di terzi, sia nel periodo dell’avvio sia durante la futura gestione della società.
Con i mezzi raccolti l’imprenditore effettua degli investimenti e quindi degli impieghi di capitali, facendo fronte al fabbisogno finanziario dell’impresa, che può essere di due tipi:
Fisso (coperto con finanziamenti a medio-lungo termine: capitale proprio, mutui bancari, finanziamenti agevolati,…): rappresentato dagli investimenti che servono per costituire l’impresa e che saranno utilizzati nel lungo periodo.
Circolante (coperto con finanziamenti a breve termine: crediti commerciali e bancari): rappresentato dal fabbisogno che l’impresa avrà quando inizierà a svolgere l’attività, ad esempio spese per il personale o acquisti di materie.
Stiamo parlando di investimenti destinati a tradursi in denaro liquido a breve termine. In questa fase può capitare che l’imprenditore debba sostenere delle spese prima di percepire degli utili, prima cioè che i clienti paghino. In questa circostanza è possibile che l’impresa si trovi ad avere scarso capitale circolante.
Anche per lo stato patrimoniale si procede all’aggiustamento dei valori, riclassificando il passivo in base al tempo di presumibile estinzione e l’attivo in base al tempo di presumibile realizzo, cioè il momento in cui l’attivo si trasforma in liquidità.
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO
Impieghi di capitale (attività)
Fonti di finanziamento (passività)
ATTIVO CIRCOLANTE
Liquidità immediate Cassa
Banca c/c
Liquidità differite Crediti vs/clienti Altri crediti a breve
Rimanenze (finali) di magazzino Materie prime, sussidiarie e di consumo Prodotti in corso di lavorazione
Prodotti finiti
ATTIVO FISSO
Immobilizzazioni materiali Terreni e fabbricati
Impianti e macchinari Attrezzature
Altre
Immobilizzazioni immateriali Costi di impianto e ampliamento Costi di ricerca, sviluppo e pubblicità Diritti di brevetto e opere dell’ingegno Avviamento
Altre
Immobilizzazioni finanziarie Partecipazioni
Crediti finanziari a medio-lungo termine Altre
PATRIMONIO NETTO (fonti permanenti)
Capitale sociale Riserve
Versamento soci in conto capitale Utile o perdita d’esercizio
PASSIVO CORRENTE
(debiti a breve scadenza: <12 mesi) Debiti vs/fornitori
Debiti bancari a breve Altri debiti a breve termine
PASSIVO CONSOLIDATO
(debiti a lunga scadenza: >12 mesi) Mutui
TFR
Altri debiti a lungo termine
Nello stato patrimoniale deve sussistere la relazione impieghi di capitale = fonti di finanziamento
Il contenuto della sezione di sinistra (Attività) può essere interpretato in due modi:
Da un punto di vista giuridico le attività indicano il valore di tutti i beni materiali ed immateriali di proprietà dell’azienda;
Da un punto di vista finanziario le attività sono tutti gli impieghi di risorse finanziarie fatte dall’azienda fino a quella data in beni materiali ed immateriali, ancora di proprietà.
o Dove ha messo i soldi un’azienda?
o Quanti ne ha messi?
Il contenuto della sezione di destra (Passività) può essere interpretato in due modi:
Da un punto di vista giuridico le passività indicano il valore di tutti i diritti che i finanziatori hanno verso l’azienda;
Da un punto di vista finanziario le passività sono tutte le fonti di finanziamento utilizzate dall’azienda alla data dell’analisi.
o Dove ha preso i soldi l’azienda?
o Quanti ne ha utilizzati?
9.3 IL PIANO DEI FLUSSI
Permette di completare l’analisi economico-finanziaria dell’iniziativa, fornendo informazioni sulla liquidità che l’attività stessa, in considerazione delle decisioni gestionali e della struttura patrimoniale adottata, è in grado di generare.
L’individuazione di un avanzo o disavanzo di cassa, avviene attraverso il confronto tra il valore del fabbisogno complessivo dell’azienda per l’esercizio dell’attività e il valore delle coperture a cui si intende ricorrere per soddisfarlo. Qualora queste ultime si dimostrassero insufficienti, si otterrebbe un disavanzo.
L’avanzo/disavanzo viene determinato come differenza tra i fabbisogni finanziari rilevati e le previste coperture. L’avanzo/disavanzo ha natura di saldo di cassa della gestione al termine del periodo considerato.
Il cash flow (indicato immediatamente dopo il prospetto di conto economico) dà invece una misura dell’autofinanziamento della gestione stessa come somma di reddito netto e ammortamenti/accantonamenti (componenti di costo a cui non corrisponde una effettiva uscita monetaria e che rappresentano quindi una forma di risparmio interna).
9.4 IL SISTEMA DI INDICI
Anche gli indici di bilancio servono a fare delle previsioni, verificando se la nuova iniziativa è correttamente impostata e correggendo eventuali sfasature prima che si verifichino.
L’analisi condotta dagli indici può essere fatta:
A consuntivo, per cogliere eventuali squilibri in cui è incorsa l’impresa durante l’anno, individuandone le causa.
A preventivo, per individuare in anticipo le giuste connessioni tecniche, commerciali, economiche e finanziarie, che devono sussistere all’avvio di un’attività.
INDICI DI STRUTTURA FINANZIARIA
I principali indici di struttura finanziaria sono:
Grado di elasticità del capitale investito: CAPITALE D’ESERCIZIO/
IMMOBILIZZAZIONI
Quoziente di indebitamento: PASSIVO COMPLESSIVO/CAPITALE DI RISCHIO indica in che percentuale i mezzi di terzi concorrono al finanziamento nel capitale investito nell’azienda. (Passività correnti + Passività a m-l / Capitale investito netto)
Rigidità delle fonti: CAPITALE ACQUISITO/PASSIVITA’A BREVE
Indice di copertura delle immobilizzazioni: permette di verificare se le fonti a minore grado di esigibilità sono in grado di coprire il fabbisogno generato dagli impieghi a minore grado di liquidità (Mezzi propri + Passività a medio-lungo termine / Attivo fisso netto)
INDICI DI SITUAZIONE FINANZIARIA
I principali indici di situazione finanziaria sono:
Indice di liquidità: (LIQ. IMMEDIATE+LIQ. DIFFERITE)/PASSIVITA’ CORRENTI è un indice più cautelativo del precedente, in quanto elimina dalle attività correnti le rimanenze (Attività Correnti -Rimanenze / Passività correnti)
Indice di disponibilità: CAPITALE CIRCOLANTE/PASSIVITA’ CORRENTI misura la capacità di onorare i debiti che maturano nel corso del periodo (Attività correnti/
Passività correnti)
INDICI DI REDDITIVITA’
I principali indici di redditività sono:
ROE: Utile d’esercizio netto/Equity (Cap. Sociale + Riserve + Utile) misura la remunerazione dei mezzi propri, indicando a quanto ammonta il reddito prodotto dall’azienda per ogni lira investita in azienda dai soci (Reddito netto / Mezzi propri)
ROI: ROP/Capitale investito (deb. Fin. + equity) misura il rendimento della gestione tipica in rapporto al totale delle risorse investite (Reddito operativo / Capitale investito netto)
ROI = ROS * RA
ROS (Tasso di redditività delle vendite): ROP/Fatturato misura quante lire rimangono all’azienda (sotto forma di reddito operativo) a fronte di 100 lire di ricavi (Reddito operativo/Ricavi netti)
RA (Rotazione del capitale investito): Fatturato/Capitale investito
INDICI DI CAPITAL BUDGETING
I principali indici di capital budgeting sono:
NPV (Net Present Value): sommatoria dei flussi di cassa e del valore finale attualizzati, scontati dell’investimento iniziale. Si basa sull’assunto che attualizzando i flussi di cassa generati da un progetto, se si ottiene un importo pari ad almeno l’esborso iniziale necessario ad avviarlo, tale progetto è valido.
IRR (Internal Rate of Return): valore del tasso di sconto visto come costo opportunità per cui NPV = 0. In pratica è il tasso di attualizzazione che rende la sommatoria dei flussi di cassa attualizzati generati da un progetto uguale a zero.
PBT (Pay Back Time): è il tempo in cui la sommatoria dei flussi di cassa attualizzati pareggia l’investimento iniziale
9.4.1 IL BREAK EVEN POINT
L’analisi di break even o del punto di pareggio serve ad evidenziare in quale momento e per quale volume di vendita la nostra azienda raggiunge il pareggio tra costi e ricavi.
Sarebbe a dire individuare il momento in cui la nostra azienda smette di essere in perdita ed inizia a realizzare un profitto riuscendo a coprire con i propri ricavi sia i costi fissi che i costi variabili connessi alla produzione.
Il break-even point, o punto di pareggio, è uno strumento che ci permette di sapere quanto produrre e vendere per cominciare a guadagnare, quindi ci indica quali sono i volumi di produzione che copriranno i costi e ci garantiranno un guadagno.
Una formula e un grafico aiuteranno a capire meglio:
Q BEP = Cf / (Pu – Cvu)
Ricavi
Utile Costo
BEP (rt=ct)
CT= cf+(cvu*q)
Perdita CF
Volume vendita
Si tratta in sostanza, di valutare la convenienza economica individuando le interconnessioni tra costi, volumi di produzione e ricavi.
10. ESEMPIO: IL BILANCIO PREVISIONALE
Di seguito è riportato un esempio di bilancio previsionale:
INVESTIMENTI Valore totale anni amm.to
quota amm.to
ADEGUAMENTO LOCALI 26.000,00 3 8.666,67
CONTRATTI UTENZE 1.000,00 3 333,33
SOFTWARE 3.500,00 3 1.166,67
ATTREZZATURE 1 7.000,00 3 2.333,33
ATTREZZATURE 2 1.000,00 3 333,33
ARREDI 5.000,00 3 1.666,67
PUBBLICITA' 4.000,00 3 1.333,33
COMPUTER 3.000,00 3 1.000,00
TOTALE 50.500,00 16.833,33
CONTO ECONOMICO Parziali Totali Margini
RICAVI 100.000,00
FATTURATO 100.000,00
ACQU. LAV. PRESSO TERZI ACQU. MAT. DI CONSUMO
TOTALE ACQUISTI 0
MARG.OPERATIVO LORDO 100.000,00
UTENZE 6.800,00
COMPENSO AMM.RI 25.000,00
CONSULENZE VARIE
CONSULENZE CONTABILI 2.000,00
ASSICURAZIONI 3.000,00
ENTI PREVIDENZIALI 4.000,00
SPESE VARIE
AMMORTAMENTI 16.833,33
AFFITTI PASSIVI 32.400,00
TOT. SPESE GENERALI 90.033,33
PROMOZIONE
PUBBLICITA' 4.000,00
TOT. SPESE COMMERCIALI 4.000,00
CANCELLERIA 800,00
POSTALI 200,00
TOT. SPESE
AMMINISTRATIVE
1.000,00
TOTALE SPESE 95.033,33
MARGINE OPERATIVO 4.966,67
ONERI FINANZIARI BANCHE ONERI FINANZIARI DIVERSI
ONERI FINANZIARI TOTALI 0
UTILE LORDO 4.966,67
IMPOSTE E TASSE 0
UTILE NETTO 4.966,67
CASH FLOW *
Voci di uscita I trim II trim III trim IV trim
USCITE PER SPESE
CORRENTI 26.900,00 18.300,00 18.800,00 18.300,00
CAUZIONE AFFITTI 8.100,00
UTENZE 1.700,00 1.700,00 1.700,00 1.700,00
AFFITTI PASSIVI 8.100,00 8.100,00 8.100,00 8.100,00
CANCELLERIA 200,00 200,00 200,00 200,00
ASSICURAZIONE 1.500,00 1.500,00
MATERIALI DI CONSUMO 0 0 0 0
POSTALI 50,00 50,00 50,00 50,00
CONSULENZE VARIE 0
SPESE CONTABILI 1.000,00 1.000,00
SPESE VARIE 0 0 0 0
ENTI PREVIDENZIALI 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.000,00
COMPENSO AMMINISTR. 6.250,00 6.250,00 6.250,00 6.250,00
USCITE PER
IMMOBILIZZAZIONI 50.500,00 0 0 0
ADEG. LOCALI 26.000,00
CONTRATTI UTENZE 1.000,00
SOFTWARE 3.500,00
ATTREZZATURE 1 7.000,00
ATTREZZATURE 2 1.000,00
ARREDI 5.000,00
PUBBLICITA' 4.000,00
COMPUTER 3.000,00
TOTALE USCITE
77.400,00
18.300,00
18.800,00
18.300,00 ENTRATE VENDITA 25.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00
TOTALE ENTRATE 25.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00
SALDO DI PERIODO -52.400,00 6.700,00 6.200,00 6.700,00
SALDO ANNO
-32.800,00
11. APPENDICI
Curricula dei componenti il team imprenditoriale
Schede tecniche del prodotto o del processo produttivo
Ricerca di mercato comprensiva dell’indicazione del metodo della ricerca, dei questionari somministrati e dei risultati dettagliati che giustificano le scelte strategiche
Analisi della concorrenza
Offerte dei fornitori di impianti e macchinari
Eventuali contratti di affitto o planimetrie e computo metrico opere murarie
Eventuali lettere di intenti con i clienti
Accordi strategici, reti tra imprese, persone, strutture
Dettaglio delle proiezioni economico-finanziarie
12. ESEMPIO DI APPENDICI: dettaglio delle proiezioni economico-finanziarie