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l antifascista fondato nel 1954 da Sandro Pertini e Umberto Terracini

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l’antifascista

fondato nel 1954 da Sandro Pertini e Umberto Terracini

Periodico degli antifascisti di ieri e di oggi • anno LXVII - n° 1 - 2 Gennaio - Febbraio 2020

Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento D.L. 353/2003 (conv.in. L. 46 del 27.02.2004) - Art.1, comma 2, DCB - Roma

Referendum

a pagina 16

Hammamet

a pagina 20

Pintor

a pagina 24

Ciao Agnese

a pagina 27

Regionali

a pagina 10

Conte

a pagina 12

EMERGENZA GLOBALE

CORONAVIRUS: PAURA, PANICO E MORTI METTONO IN GINOCCHIO MEZZO MONDO

Ritardi nella comunicazione e false notizie hanno aggravato il lavoro del settore scientifico e medico

di Alberto DI MARIA

N

elle scorse settimane il dibattito pubblico mondiale è stato dominato dal tema dell’epidemia da coronavirus, una famiglia di virus comuni che prendono il nome dalle punte presenti sulla loro superficie, che danno loro la carat- teristica forma di una corona. Questi virus sono causa di malattie che vanno dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più gravi come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave).

Quest’ultima, diffusasi in maniera epidemica nel 2003, con epicentro in Cina, fu causa di circa 800 vittime. Anche l’at- tuale epidemia, denominata COVID-19, è scoppiata in Cina - precisamente a Wuhan, una città di 11 milioni di abitanti nella provincia dello Hubei – ed è causata da un coronavirus finora sconosciuto, chiamato SARS-CoV-2.

L'Editoriale

Dare voce alla protesta dei ceti non privilegiati

di Giorgio GALLI

Dopo quasi mezzo secolo di stabilità, il nostro sistema politico è entrato nel 1992, con “mani pulite”, in una crisi che avrebbe trovato qual- che tipo di soluzione se non fosse coincisa con un’ondata populista che continua, dall’Irlanda con il sovranista Sinn Fein primo partito alle elezioni di febbraio, alla Turingia dove si è ten- tato un accordo tra democristiani e la sovranista AdF, mentre qualche bagliore dell’antico popu- lista anticapitalista nordamericano lampeggia attorno a Sanders nelle primarie democratiche.

Nell’odierno populismo è infatti presente una sia pur superficiale critica all’odierno capitalismo (quello globalizzato delle multinazionali), critica che la sinistra ha abbandonato, origine della sua

crisi che spiega quanto accade in Italia, dove il Pd è stato punito, nel marzo 2019, perché iden- tificato con una posizione conservatrice, mentre i populisti si presentavano come interpreti del cambiamento, con un linguaggio di destra la Lega e con uno “non di destra né di sinistra”, ma in realtà con elementi di entrambe i Cinque Stelle.

Nonostante questo, scrivevo qui che, nonostante l’insuccesso del 6 marzo, il Pd, con un quinto dei voti ereditati da un secolo e mezzo di tradizione socialista, dai primordi del movimento operaio, attraverso il Psi, sino al Pci di Berlinguer, era an- cora in grado di svolgere un ruolo di primo piano, come si è visto con la crisi di governo d’agosto e col voto in Emilia. segue a pag. 11

segue a pag. 2

Un ospedale di "campo" in provincia di Brescia

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Coronavirus

L’infezione può presentarsi in forma blanda, moderata o severa e i prin- cipali sintomi sono naso che cola, mal di gola, tosse, febbre e difficoltà respiratorie. Insomma, chi subi- sce il contagio può cavarsela con una polmonite leggera, ma l’ipotesi peggiore è una sindrome respiratoria acuta che può causare danni irreversi- bili ai polmoni o la morte.

Una delle più autorevoli riviste mediche mondiali, “The Lancet”, ha pubblicato i risultati di una ricerca durante la quale sono stati analizzati i dati relativi a 99 pazienti ricoverati all’ospedale Jinyintan di Wuhan tra l’1 e il 20 di gennaio 2020. Tra questi, 49 erano stati al mercato di Huanan a Wuhan, dove si vendono anche animali selvatici vivi. Per questo motivo si ipotizza, anche se non vi possono essere certezze al riguardo, che da quel luogo sia partito il conta- gio. A sostegno di questa ipotesi, una recente analisi genetica suggerisce che il SARS-CoV-2 somigli a dei virus che colpiscono pipistrelli e serpenti.

Gli esseri umani hanno sempre preso malattie infettive dagli animali selva- tici: la sopravvivenza degli agenti patogeni dipende dall’infezione di nuovi ospiti, e saltare da una specie all’altra, dall’animale all’uomo, è un modo per farlo.

IL CASO LI WENLIANG

Osserva il giornalista francese Pierre Haski: «Quando la Cina prende un raffreddore, il mondo intero ha paura di ammalarsi». È il paese più popoloso al mondo – circa 1,4 miliardi di abitanti – e un’epidemia che prende le mosse da lì rappresenta un rischio concreto per il pianeta. Bisogna dire poi che, nella gestione delle crisi sani- tarie, la Cina vanta un precedente poco incoraggiante: nel 2003 le auto- rità di Pechino minimizzarono la portata dell’epidemia di SARS, tanto da attirarsi le critiche dell’Organizza- zione Mondiale della Sanità in merito alla gestione e alla comunicazione della crisi.

Tornando ai giorni nostri, sembra che le autorità cinesi abbiano scoperto nella seconda metà di dicembre 2019

l’esistenza di un virus non identi- ficato che aveva colpito un numero significativo di persone, ma l’allerta è stata lanciata quasi un mese dopo. Nel frattempo si stima che circa cinque milioni di abitanti di Wuhan abbiano lasciato la metropoli: sono questi viag- giatori che hanno trasportato il virus nel resto del paese e all’estero.

È stato un medico, Li Wenliang, tra i primi a denunciare quanto stava acca- dendo. Il 30 dicembre, in una chat di gruppo condivisa con alcuni ex colle- ghi di università, il trentaquattrenne, impiegato come oculista in uno degli ospedali di Wuhan, esponeva le sue perplessità riguardo sette pazienti affetti da una polmonite che presen- tava caratteristiche simili a quelle della SARS.

Evidentemente tutto è arrivato sotto l’occhio delle autorità perché, qual- che giorno dopo, è stato fermato dalla polizia e accusato di avere fatto circo- lare, attraverso «discorsi mendaci su internet», informazioni allarmi- stiche che avrebbero potuto recare grave disturbo all’ordine sociale.

Anche altre sette persone sono state ammonite dalla polizia per le stesse motivazioni.

Il 20 gennaio il governo cinese ha ammesso la diffusione del nuovo virus e, solo allora, Li Wenliang ha raccon- tato la sua storia sui social network, svelando le censure e i ritardi con cui è stata affrontata la crisi.

A questo punto è praticamente impossibile non pensare alla recente serie televisiva “Chernobyl”, che denuncia i ritardi e le menzogne del sistema sovietico in occasione del disastro nucleare del 1986. Serie tele- visiva che le autorità cinesi hanno tempestivamente fatto ritirare da un sito che la offriva in streaming, dopo che online era nato un dibattito sulle similitudini nella gestione dell’emer- genza tra il governo cinese attuale e quello sovietico dell’epoca.

Li Wenliang, successivamente è stato contagiato ed è morto il 7 febbraio scorso, diventando il simbolo del risentimento della popolazione nei confronti delle autorità.

EMERGENZA SANITARA GLOBALE Dieci giorni dopo il riconoscimento del problema da parte del governo cinese, il 30 gennaio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato

che quella del coronavirus è un’emer- genza globale, al fine di sollecitare gli Stati ad alzare il livello di attenzione e migliorare il coordinamento inter- nazionale, per evitare che il contagio possa diffondersi. Contro il coronavi- rus, attualmente, non esistono vaccini, pertanto l’unico metodo efficace per bloccare l’epidemia è l’isolamento degli individui che presentano sintomi sospetti.

Per agire in tal senso, l’OMS ha raccomandato, tra le altre cose, lo screening dei viaggiatori in tran- sito e la quarantena per quelli che presentano sintomi riconducibili all’infezione da coronavirus.

Dalla Cina l’epidemia si è diffusa, inizialmente, alla Corea del Sud, al Giappone e ad altri paesi dell’area estremo orientale. Nel Sol Levante, la nave da crociera Diamond Princess è stata messa in quarantena all'inizio di febbraio nella baia di Yokohama, vicino a Tokyo, dopo che alcuni passeggeri sono risultati positivi al virus. A bordo i passeggeri sono stati costretti a passare le giornate chiusi in cabina anche durante i pasti - diversi italiani, tra i quali 25 membri dell’e- quipaggio e il comandante Gennaro Arma – in attesa della procedura per l’evacuazione graduale della nave.

Il governo di Pechino dal canto suo, nonostante il colpevole ritardo nel prendere atto dell’emergenza, ha preso misure senza precedenti per argi- nare il contagio, persino più rigorose di quelle consigliate dall’OMS, che ha in effetti confermato come la Cina stia operando con standard innovativi di risposta alle epidemie. Sono state prolungate le vacanze del capodanno cinese (che si tiene il 25 gennaio) e chiuse le scuole fino a nuovo ordine.

Sono stati sospesi i trasporti pubblici e il traffico privato. Oltre 56 milioni di persone, le città e le zone più colpite dal virus sono state messe in quaran- tena. Sono stati costruiti due ospedali per 10.000 pazienti in meno di dieci di giorni.

L’EPIDEMIA IN ITALIA

In Europa i casi di coronavirus confermati sono stati sporadici fino alla prima di metà di febbraio, fino alla notte tra giovedì 20 febbraio e venerdì 21, quando la regione Lombar- dia ha comunicato che un italiano di 38 anni della provincia di Lodi, era

segue dalla prima pagina

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Coronavirus

risultato positivo al test del coronavi- rus SARS-CoV-2. Da quel momento i casi confermati sono aumentati espo- nenzialmente, per la maggior parte al Nord Italia, portando il nostro paese al terzo posto nel mondo per contagi.

Dopo la scoperta del contagio in Italia, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che ha introdotto diverse misure urgenti per conte- nere e gestire la situazione, come la chiusura delle scuole e la sospensione degli eventi sportivi. La risposta del paese, al momento, è positiva. A parte alcune reazioni prevedibili (alcuni supermercati al Nord hanno esau- rito rapidamente le scorte di cibo), ed alcune iniziative discutibili della poli- tica locale (come quella del sindaco di Ischia che ha provato a vietare lo sbarco nell’isola di alcuni turisti lombardi e veneti), non ci siamo fatti prendere dal panico.

INFODEMIA

Non era scontato. Il rischio psicosi era stato ampiamente previsto dall’Or- ganizzazione Mondiale della Sanità, che infatti non si è limitata a racco- mandare di mettere in atto tutte le misure necessarie per arginare il coronavirus, ma ha denunciato espli- citamente quella che ha definito una

“infodemia” parallela all’epidemia: si tratta della «sovrabbondanza di infor- mazioni [sul coronavirus], alcune accurate e alcune no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno».

Scrive il professor Gianfranco Marrone su doppiozero.com: «Media- ticamente, l’epidemia è una manna.

Una notizia ghiotta che attira l’atten- zione del pubblico blasé, moltiplica l’audience e va avanti – ben più del suo oggetto – per contagio velocissimo:

tutti la vogliono, tutti la cercano». E

«così, a dispetto di medici e operatori sanitari, che invitano alla calma e alla ragionevolezza offrendo timidi argo- menti e qualche rapido calcolo delle vaghe probabilità, giornali e televi- sioni, blog e social vomitano pagine su pagine, trasmissioni su trasmissioni, post su post, amplificando angosce e speranze, timori e tremori, aumen- tando a dismisura lettori e spettatori».

Insomma «i media trasformano l’al- larme in allarmismo, generano ansie incontrollate, scatenano il panico».

In particolare quando si diffondono

contenuti basati su voci non accertate, se non fantasiose, si concorre a creare un clima di sospetto di cui le vittime principali sono i cittadini cinesi e tutti le persone dai tratti orientali sparse per il mondo.

LE BUFALE SUL CORONAVIRUS Ad alimentare questo clima di sospetto contribuiscono anche le cosiddette “bufale” che circolano sul web e vengono rilanciate dai media tradizionali.

Secondo una di queste bufale, il coronavirus sarebbe un’arma batterio- logica nata in un laboratorio militare di Wuhan e sfuggita di mano ai cinesi, finendo con il propagarsi dalla città al resto del paese. Paolo Liguori, diret- tore di “TGCom24”, ha rilanciato questa “notizia” in diretta televisiva, dichiarando di avere appreso da «una fonte attendibilissima» che nella città epicentro dell’epidemia si conducono

«esperimenti militari coperti dal più grande segreto».

Come ha rivelato uno dei più importanti siti italiani di fact- checking, pagellapolitica.it, l’origine di questa bufala è un articolo del Washington Times – un quotidiano americano decisamente poco attendi- bile – che attribuisce a un esperto di armi batteriologiche, Dani Shoham, dichiarazioni che confermerebbero il coronivirus essere originato da un esperimento militare finito fuori controllo. Tuttavia il fact checker Pavel Bannikov ha chiesto spiega- zioni allo stesso Shoham il quale ha smentito il Whashington Times, affer- mando che «ad oggi non c’è alcuna prova che ci sia stato un incidente» e che «l’intero contagio potrebbe avere ovviamente un’origine naturale, come sembra essere la via più probabile al

momento».

Tralasciando le altre panzane che continuano a circolare al riguardo, non prima di avere steso un velo pietoso su chi le fa circolare, biso- gna chiedersi il perché queste teorie trovino credito. Secondo lo storico Aldo Giannuli è il «carattere ansio- geno» che caratterizzerebbe la nostra società il motivo per cui la tendenza a credere al complottismo è molto diffusa: per placare questa ansia da catastrofe, amplificata in maniera dissennata da vecchi e nuovi media, l’uomo comune ha bisogno di trovare il “colpevole”.

L’ONDATA DI SINOFOBIA IN ITALIA E probabilmente è proprio questa ricerca del “colpevole” il motivo per cui, in Italia, si sono verificati diversi episodi di “sinofobia” che sono stati denunciati anche da Amnesty Inter- national. «Flussi incontrollati di affermazioni scientificamente infon- date o del tutto false, dichiarazioni irresponsabili di esponenti politici e un’informazione ossessivamente concentrata sul coronavirus hanno dato luogo a una vergognosa ondata di sinofobia nel nostro paese». Episodi di discriminazione, insulti e atti di violenza sono stati registrati tra fine gennaio e inizio febbraio. In un video girato a Firenze e poi condiviso online, l’autore insulta due turisti cinesi. Un consigliere comunale di Treviso, in quota Fratelli d’Italia, ha scritto in dialetto su Facebook di «sporchi cinesi che ci impestano». E così via. Oh, l’iro- nia della sorte! Tutto questo avveniva prima che si scoprisse che il principale veicolo del contagio nel nostro paese non erano cittadini di origine cinese, ma cittadini di origine italiana.

Disinfestazione nelle strade di Wuhan

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Approfondimento

Coronavirus (2019-nCoV): pandemia o razzismo?

Il nuovo virus raccontato tra fake news e dati scientificamente validati

Mercoledì 5 febbraio, ore 7.45.

Come ogni mattina l’altoparlante mi ricorda di non oltre- passare la linea gialla della banchina. Stazione di Romolo – M2 (Milano). Salgo sulla carrozza e assisto a una scena tragicomica: un ragazzo cinese tossisce coprendosi il viso.

Ascolto aberranti commenti sinofobi e percepisco una visi- bile esitazione tra i passeggeri. Poco dopo un’elegante signora, dai tratti sicuramente europei, starnutisce senza preoccuparsi di coprire il volto con un fazzoletto. Questa volta nessuna esitazione tra i passeggeri.

La storia ci insegna che da sempre si cerca un colpevole per giustificare una catastrofe. Davanti a un evento che spaventa trovare “il responsabile” aiuta a trasformare la paura in rabbia.

Il coronavirus, ribattezzato n-CoV dal 20 gennaio 2020, sta alimentando il razzismo contro la popolazione cinese e parte della responsabilità va attribuita al modo in cui si sta trattando il tema sui media.

Un caso diplomatico è avvenuto in Danimarca dove l’am- basciata cinese ha chiesto le scuse ufficiali del quotidiano Jyllands-Posten, il quale ha pubblicato una vignetta intito- lata “Coronavirus”, raffigurante la bandiera cinese con una modifica: le cinque stelle sono state sostituite da cinque immagini del patogeno mortale. O ancora: in Inghilterra il direttore del Evening Standard ha twittato con orgoglio una vignetta raffigurante un topo con una maschera per commemorare il nuovo anno lunare cinese.

La psicosi da coronavirus ha colpito anche su Tik Tok – social diffusosi in maniera capillare negli ultimi tempi tra giovanissimi e non – dove una coppia di giovani fidanzati, italiana lei e cinese lui, sono stati vittima di insulti razzi- sti. “Siete voi, cinesi, a diffondere il virus”, “In Italia gli immigrati non ci dovrebbero proprio essere”, “Siete voi che mangiate quegli animali portatori di virus”, “Non è razzi- smo, è un dato di fatto”: sono solo alcuni tra i numerosi commenti offensivi ricevuti dai due ragazzi, i quali invitano a non credere nella psicosi da diffusione del coronavi- rus e a non puntare il dito contro una comunità, in questi tempi, offesa a più riprese. Cresce l’ondata di diffidenza

nei confronti del popolo cinese, tra sguardi circospetti e aggressioni verbali o fisiche, come nel recente episodio accaduto a Venezia dove una gang di giovanissimi ha insul- tato e sputato a una coppia di cinesi in vacanza.

La “febbre cinese” colpisce anche le scuole. Il 31 gennaio il Preside del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, dopo aver consultato l’ambasciata, ha messo in quarantena tutti i ragazzi orientali. O a Canda, un paese di mille abitanti nel Rodigino, dove il sindaco ha dovuto sedare la prote- sta delle famiglie italiane che, via chat, minacciavano di non mandare più i figli a scuola per paura di due fratellini tornati dalla Cina. Anche sui social network dove i post si affrontano a colpi di fake news: “È colpa delle aziende farmaceutiche finanziate da Bill Gates che vogliono lucrare su un vaccino”,

“È una guerra batteriologica”, “Lettere e pacchi in arrivo dalla Cina trasmettono il virus”.

L’epidemia del coronavirus 2019-nCoV è stata accompa- gnata da una massiccia infodemia ovvero “un’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno” – così riporta l’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineando di essere al lavoro “per rintrac- ciare e rispondere a falsi miti e voci” sul virus di Wuhan.

È necessario fare ordine tra le informazioni, è dove- roso informarsi per mezzo di fonti ufficiali, come riviste che riportano dati scientificamente validati, dando istru- zioni concrete e veritiere sulle precauzioni da prendere a riguardo.

Per concludere: quando ci si trova davanti a una pande- mia niente deve essere lasciato al caso né sottovalutato, ma è un momento di prova, di discrimine, tra umanità e disu- manità, quando la paura sembra distruggere il vivere civile.

Lo sapevano bene Boccaccio che visse la Grande Peste e Manzoni che la raccontò ne I Promessi Sposi. Entrambi, attraverso le loro opere, risposero alla loro maniera, con la volontà di trasmettere alle genti del loro tempo che bisogna restare “uomini” anche quando il mondo impazzisce. (m.b.)

Coronavirus 2019-nCoV: è un nuovo ceppo di coronavirus.

È stato isolato lo scorso 7 gennaio 2020 e la sua sequenza genetica diffusa il 12 gennaio; ribattezzato Coronavirus 2019-nCoV il 20 gennaio 2020. Incerta è l’origine del focolaio: molti dei casi iniziali hanno riferito un’esposizione al Wuhan’s South China Seafood City Market. Il virus potrebbe aver avuto origine nei pipistrelli o nei serpenti per poi passare all’uomo. Le teorie di basano sull’esame della sequenza del genoma del virus e due studi indicano il ruolo probabile dei pipistrelli nella sua origine. Potrebbe esserci stato un “ospite intermedio” e uno studio del Journal of Medical Virology identifica i serpenti come il possibile colpevole.

(Fonte: “Coronavirus 2019-nCoV, come evitare il contagio del virus cinese?”, racco- mandazioni dell’OMS, aggiornamento del 4 febbraio 2020).

Il Ministero della Salute ha realizzato un sito dedicato: www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e attivato il numero di pubblica utilità 1500. Altre informazioni sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità – Epicentro.

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Coronavirus

Tre scienziate italiane isolano il virus cinese

«A Roma il ceppo di Wuhan»

L’annuncio del ministro Speranza e dei medici dello Spallanzani Con questa scoperta si può combattere e battere il virus letale.

In soli due giorni i ricercatori italiani hanno «catturato» il co- ronavirus. A meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti ricoverati in Italia, i virologi dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive «Lazzaro Spallanzani» sono riusciti ad isolare l'agente patogeno responsabile dell'epidemia che sta spaventando il mondo ed ha già ucciso oltre mille persone.

«Sono sinceramente molto orgoglioso anche a nome di tutto il governo», ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza che ne ha dato l'annuncio ufficiale. «Il coronavirus è stato isolato e ne è stata ricostruita la sequenza genomica. I nostri medici sono un valore straordinario». I dati saranno subito messi a disposizione di tutta la comunità internazionale. «Un grande plauso ai ricer- catori e allo staff medico dello Spallanzani», si è congratulato su Twitter il premier Giuseppe Conte. «Siamo orgogliosi del nostro servizio sanitario nazionale, tra i migliori a livello mondiale».

Un successo per la nostra ricerca scientifica, come sottolinea Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani. «Siamo stati tra i primi in Europa ad isolare il virus». Dopo Cina, Australia, Giappone, Usa e Francia, con l'istituto Pasteur, appena due giorni prima di noi. «Si aprono spazi per nuovi test di diagnosi e vaccini.

L'Italia diventa interlocutore di riferimento per questa ricerca.

Noi ne abbiamo ora tre sequenze ed è lo stesso ceppo di Wuhan».

La comunità scientifica esulta. «Grazie all'ottimo lavoro dello Spallanzani da oggi anche l'Italia potrà cominciare a lavorare di- rettamente per cercare una terapia», dichiara Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità. Anche Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell'Iss, sot- tolinea l’importanza di questa scoperta, fondamentale per poter sconfiggere il virus killer: «Potremo confrontarlo con i ceppi già isolati per valutare eventuali mutazioni, mettere a punto i metodi diagnostici e testare l'efficacia di molecole antivirali».

Il sequenziamento del coronavirus «è un successo dello Spallanzani e della ricerca italiana», ha detto la virologa Ilaria Capua che però avverte: «Il vaccino non è dietro l'angolo, ci vorranno almeno sei mesi». Un commento «da sciacallo della domenica», lo cataloga il collega salviniano Claudio Durigon. E il vicepresidente leghista del Senato, Roberto Calderoli aggiunge:

«Trovo ridicolo che esponenti della maggioranza si siano intestati questa scoperta, come se potessero avere qualche merito».

Il senatore forzista Maurizio Gasparri accusa: «Lo Spallanzani merita elogi, ma la Cina ha messo in difficoltà il pianeta non con- dividendo in modo tempestivo informazioni essenziali».

La donna che lavora con i virus non ama ritrovarsi sotto i riflet- tori anche se ammette di essere riuscita a fare con la sua squadra

«quello di cui pochi sono capaci». Isolarne uno non è roba da poco.

Soprattutto se non è conosciuto, lo hanno fotografato in pochi, ed ha sul collo il fiato di tutti i migliori gruppi di ricercatori del mondo. Maria Rosaria Capobianchi, 67 anni, di Procida, è la coor- dinatrice del team quasi interamente rosa che ha stanato l’agente infettivo responsabile di migliaia di contagi e circa 300 morti.

«Quando lo abbiamo visto al microscopio e abbiamo capito che era proprio lui, in reparto ci sono stati salti di gioia», ricorda l'an- nuncio in notturna delle colleghe Francesca Colavita e Concetta Castilletti, presenti nel laboratorio di massima sicurezza dello Spallanzani, il BL3, nel momento in cui il microrganismo impor- tato dalla Cina si è rivelato. Il 2019-nCov, preso dal liquido del

paziente cinese tuttora ricoverato in ospedale, ha cominciato a replicarsi velocemente e si è dimostrato capace di danneggiare le cellule aggredite, alterandone la forma. La prova schiacciante che fosse proprio lui il grande ricercato. Maria Rosaria dirige da 20 anni il laboratorio di virologia dell'Istituto nazionale per le malattie infettive. Altri venti ne ha passati china sui banconi dell’università la Sapienza dove ha imparato a diventare una vi- rologa «artigiana». Laureata in genetica umana, specializzata in virologia, decise di trasferirsi a Roma per realizzare i sogni di ri- cercatrice e, soprattutto, per seguire nella capitale Felice Cerreto, l'uomo che ha sposato nell`80, con il quale ha due figli. Dice che è merito suo se è arrivata a questo livello: «Ha tollerato le mie assenze, i continui viaggi, il ritorno a casa in orari improbabili.

Ha capito quanto fosse importante per me poter coccolare le mie cellule». Già perché così è. Descritte da questa virologa schiva e poco avvezza a interventi mediatici i virus sono dei «tipetti»

da maneggiare con le dovute cautele, rispettando i loro tempi di risposta, quasi vezzeggiandoli con dei trucchetti.

Ha le stesse frasi carezzevoli nei confronti dei suoi perfidi sfi- danti Concetta Castilletti, 56 anni, due figli, orgogliosa di essere ragusana («ho concittadini accoglienti, come me»), soprannomi- nata «mani d'oro» per la capacità di sfruculiare i microbi sotto la cappa. Ha alle spalle una famiglia unita che è sua grande alleata:

«A casa sono abituati a vedermi impelagata nelle emergenze.

Non ricordo una vita diversa da questa. È stato sempre così». Ha l'hobby del basket. Non lo gioca ma con marito e figli si occupa di una società romana con squadra in serie B e C. Lei accompagna i bimbi ai campi estivi. Come responsabile del laboratorio virus emergenti, Concetta ha vissuto l'esperienza della Sars, Ebola, pandemia da H1N1 (la cosiddetta influenza suina), del brasiliano Zika e della chikungunya, il virus trasportato dalla zanzara che due estati fa ha imperversato anche a Roma. La più giovane è Francesca Colavita, 30 anni, in squadra da quattro, molisana di Campobasso. Durante l'epidemia di Ebola è partita diverse volte per la Liberia e la Sierra Leone, dove il virus della febbre emor- ragica ha colpito duramente. Non si è tirata indietro quando si è trattato di partecipare a progetti di sicurezza e cooperazione al termine dell'emergenza in quei Paesi. Allo Spallanzani Francesca ha un contratto a tempo determinato in scadenza. Era lei di turno quando il coronavirus si è infine lasciato isolare: «Che emozione, è stato meno difficile del previsto. Ora mi scusi devo lasciarla, mi chiamano per un'urgenza». Quando c'è stato bisogno di raddop- piare i turni dell'h24 normalmente utilizzato per i test su sospette meningiti, malaria e trapianti, hanno chiamato lei. Non se lo è fatto ripetere due volte. (j.m.)

L’Istituto Spallanzani venne inaugurato nel 1936 come pre- sidio destinato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive. Detiene l’unico laboratorio italiano di livello di biosi- curezza 4.

Foto delle tre ricercatrici dello Spallanzani

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Coronavirus

COVID-19: il Direttore generale dell'OMS dichiara la pandemia

“Quarantena psicologica” per sfuggire al contagio emotivo

P

oche settimane fa ho scritto un articolo sulla diffu- sione del nuovo Coronavirus (COVID-19) in Cina. Un testo che se riletto oggi risulterebbe del tutto anacronistico: a quel tempo tutto questo ci sembrava remoto, impossibile, “affare d’altri”. Venerdì 21 febbraio si è registrato il primo contagio in Italia, precisamente a Codogno, nella zona del lodigiano, ma, come tanti sosten- gono, probabilmente il virus in Italia stava già circolando da diverse settimane.

Emergenza sanitaria, contagio, epidemia, prevenzione, terapia intensiva, ricoveri: sono solo alcune delle parole che ricorrono in questo periodo e che ieri, mercoledì 11 marzo 2020, sono state raccolte sotto l’ombrello di una parola che ormai è parte del nostro lessico quotidiano: “PANDEMIA” , intesa come diffusione mondiale di una nuova malattia.

Il Direttore generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus durante la conferenza stampa ha segnalato come il numero di casi di COVID-19 al di fuori della Cina sia aumentato di 13 volte e il numero di Paesi colpiti si sia triplicato.

“Nei giorni e nelle settimane a venire, prevediamo che il numero di casi, il numero di decessi e il numero di paesi colpiti aumenteranno ancora di più. L'OMS ha valutato questo focolaio 24 ore su 24 e siamo profondamente preoc- cupati sia dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dai livelli allarmanti di inazione. Abbiamo quindi valutato che COVID-19 può essere caratterizzato come una pande- mia. Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione."

Italia, Iran e Repubblica di Corea sono i Paesi che hanno adottato più drastiche misure per rallentare la diffusione del virus e limitarne l’impatto sui Sistemi Sanitari, già oggi al limite delle risorse: sono misure che stanno duramente mettendo alla prova società ed economie, esattamente come è successo in Cina – dove oggi, per fortuna, si registra una regressione della malattia.

Da giorni, numerosi esperti hanno rilasciato interviste a telegiornali, trasmissioni televisive e radiofoniche. Hanno spiegato il fenomeno nuovo Coronavirus dal punto di vista scientifico cercando di dispensare ai cittadini consi- gli sempre più mirati. Ci troviamo immersi in una vera e propria bulimia informativa, altrimenti detta “infodemia”:

per questo è non soltanto necessario ma anche indispen- sabile raccogliere informazioni affidabili utilizzando fonti ufficiali come il sito internet dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, del Ministero della Salute o dell’Assessorato alla Salute. In questi giorni difficili di emergenza sanitaria e di grande incertezza sul futuro, tutti noi cittadini siamo chiamati ad un forte atto di responsabilità individuale e sociale. Cambiando le nostre abitudini e i nostri compor- tamenti possiamo dare un fondamentale contributo per limitare la diffusione del Nuovo Coronavirus.

Illuminanti sono le parole di Guendalina Graffigna, Direttora del Centro di Ricerca EngageMinds HUB – Consumer, Food & Health Engagement Research Center- la quale ha definito il coronavirus un vero e proprio banco di prova “per la scienza in una lotta contro il tempo per combattere il virus. Per il sistema sanitario, che deve far fronte alla diffusione del contagio. Per la politica chia- mata ad atti di responsabilità. Ma anche e soprattutto per tutti noi cittadini”. E continua sottolineando un principio fondamentale che si concretizza nel rendere i cittadini- consumatori consapevoli, coinvolti, impegnati (engaged):

dobbiamo sentirci parte del sistema sanitario. Questo avrà un impatto positivo non solo sulla salute individuale ma anche su quella collettiva.

I cittadini oggi più che mai devono essere responsabili, devono rispettare le indicazioni, evitando di abbandonarsi a quella folle corsa ai supermercati che non fa che aumen- tare il rischio di contagio.

Dobbiamo fare appello alla nostra maturità personale cercando di restare lucidi mentre i media trasmettono ora dopo ora la drammaticità delle notizie sul nuovo coronavi- rus aggiornando di tanto in tanto sui numeri del contagio.

“Decodificare le proprie paure, pesarle, contenerle in una sorta di “quarantena psicologica” è la prima via per evitare il contagio emotivo, quello che più di tutto rischia di far collassare il sistema” – prosegue la Professoressa Guendalina Graffigna. Il coronavirus ci sta fornendo l’oc- casione per ritrovare quel senso di appartenenza alla nostra comunità e di comprensione reciproca che non solo può preservarci dal contagio, ma può anche salvare vite.

Promuovere una “pandemia di empatia” potrebbe essere una misura utile per contrastare la paura e l’incertezza di questi giorni. (m.b.)

Tedros Adhanom Ghebreyesus

Ospedali costruiti in dieci giorni a Wuhan

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Coronavirus SI FERMA ANCHE LO SPORT

S

ono state settimane confuse - tra partite rinviate e disputate a porte chiuse, polemiche e minacce di scio- peri da parte dei calciatori - quelle che hanno prece- duto la decisione del CONI che il 9 marzo scorso ha imposto allo sport italiano di fermarsi almeno fino al 3 aprile a causa dell’emergenza coronavirus. Si tratta di una decisione storica: per quanto riguarda il calcio, la Serie A è stata sospesa soltanto durante le due guerre mondiali.

Dopo la sospensione di tutte le attività sportive impo- sta dal CONI e confermata da un decreto del governo, la Federazione italiana gioco calcio ha cominciato a chiedersi come portare a termine le competizioni. Trovare una solu- zione non sarà semplice, considerando che nel frattempo vengono alla luce i primi casi di positività al coronavirus che, al momento in cui scriviamo, in Serie A, riguardano poco meno di una decina decina di atleti, tra i quali Daniele Rugani della Juventus. Una ulteriore diffusione del contagio tra i calciatori potrebbe allungare i tempi della sospensione o addirittura portare a uno stop definitivo.

In caso di stop bisognerà adottare una soluzione del tutto inedita, perché non esistono norme specifiche sulla gestione della classifica in caso di una interruzione defini- tiva dei campionati legata a motivi di forza maggiore.

Tocca alla FIGC trovare la soluzione. Una delle ipotesi è quella di congelare le classifiche così come sono, anche perché ci sono impegni internazionali tassativi. La Feder- calcio ha infatti l’obbligo di individuare e ufficializzare una classifica da consegnare all’UEFA che stabilisca quali club di Serie A, nella prossima stagione, avranno il diritto di partecipare alle coppe europee.

Inoltre bisogna decidere le squadre che retrocederanno in Serie B e le promosse in Serie A. Nella competizione cadetta, il Benevento ha fin qui dominato il campionato e potrebbe essere promosso d’ufficio senza scatenare polemi- che, ma questo non vale per gli altri due posti disponibili.

I club professionistici, tuttavia, hanno dichiarato di non essere d’accordo con la stop definitivo, anche se potrebbero cambiare idea in caso di ampio contagio tra i tesserati.

La Federcalcio dal canto suo, prima di prendere una deci- sione, sta cercando di capire se l’UEFA concederà del tempo per portare a termine la stagione durante l’estate. Secondo gli addetti ai lavori, si tratta dello scenario più probabile. I principali campionati calcistici europei sono fermi.

La Liga spagnola si è fermata dopo la decisione del Real Madrid di mettere la squadra di calcio in quarantena in seguito alla positività di un giocatore della squadra di palla- canestro. La Federazione spagnola ha anche rinviato la finale della Coppa di Spagna che si sarebbe dovuta giocare il 18 aprile tra la Real Sociedad e l’Atletico Bilbao.

La Premier League si è fermata dopo i casi di conta- gio da coronavirus che hanno visto coinvolti l’allenatore dell’Arsenal Mikel Arteta e il calciatore del Chelsea Callum Hudson-Odoi. Insieme alla Premier, si fermano tutte le altre competizioni inglesi almeno fino al 4 di aprile. L’obiet- tivo è quello di riprogrammare le partite rinviate e finire di disputare il campionato quando sarà possibile.

Anche la Bundesliga è ferma e ha l’obiettivo di portare a termine la stagione entro l’estate.

Alla luce di tutto questo, è dunque probabile che la UEFA decida di rimandare il Campionato Europeo di Calcio per squadre nazionali all’estate 2021, per permettere la conclu- sione delle competizioni nazionali e delle coppe europee per club tra giugno e luglio.

Ma l’emergenza coronavirus non ha messo in ginocchio solo le competizioni calcistiche.

L'Association of Tennis Professionals (ATP) ha deciso di sospendere tutta la programmazione fino al 26 aprile.

In Formula 1, la scuderia McLaren ha annunciato che non parteciperà al Gran Premio d'Australia. La decisione è stata presa dopo che un membro del team è risultato positivo al tampone per il COVID-2019. Per questo motivo la gara, prevista per domenica 15 marzo, è stata annullata e riman- data a data da destinarsi insieme alle gare in Bahrein (in programma il 22 marzo) e Vietnam (prevista per il 5 aprile ad Hanoi). Anche il Giro d'Italia di ciclismo è stato riman- dato. L’edizione numero 103 della prestigiosa competizione organizzata dalla Gazzetta dello Sport, doveva partire il 9 maggio da Budapest, ma il governo ungherese si è detto in difficoltà ad organizzare l’evento a causa della diffusione del coronavirus. D’altronde il mondo del ciclismo era già in allarme per la positività al COVID-2019 di uno dei migliori ciclisti al mondo, Fernando Gaviria, vincitore due volte del Mondiale di ciclismo su pista. Anche l’NBA, la più impor- tante competizione di pallacanestro degli Stati Uniti (e del mondo), è stata sospesa fino a data da destinarsi. La deci- sione è stata presa dopo che un giocatore degli Utah Jazz, il francese Rudy Gobert, è risultato positivo al coronavirus, poco prima della partita contro gli Oklahoma City Thunder.

Pochi giorni prima, durante una conferenza stampa, Gobert aveva ironizzato sulle misure anticoronavirus toccando tutti i microfoni dei giornalisti presenti. Grottesco. Infine è a rischio anche la più antica e gloriosa competizione spor- tiva mondiale, le Olimpiadi, che si dovrebbe tenere a Tokyo tra luglio e agosto 2020. La tradizionale cerimonia di accen- sione della fiaccola olimpica si è regolarmente tenuta il 12 marzo nell’antica Olimpia, in Grecia, ma a porte chiuse.

Interpellati, gli organizzatori di Tokyo 2020 hanno detto detto che la preparazione delle Olimpiadi va avanti rego- larmente, ma hanno anche ricordato che la decisione finale aspetta al Comitato olimpico internazionale (CIO). (Al.Di.)

Partita a "San Siro" giocata a porte chiuse

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Coronavirus

LE RIVOLTE NELLE CARCERI ITALIANE: UN EPILOGO SCONTATO?

Tra domenica 8 e lunedì 9 marzo, diverse carceri italiane sono state scenario di proteste da parte dei detenuti. Se nella maggior parte dei casi il dissenso è stato manifestato con la semplice battitura delle sbarre, in circa trenta istituti ci sono stati disordini, incendi e violenze, diversi i detenuti saliti sui tetti, mentre altri hanno dato vita a scontri con gli agenti di pubblica sicurezza, e poi furti, aggres- sioni tra reclusi, sequestri di persona ed evasioni. Il tragico bilancio finale: 14 detenuti morti, stando alle versioni ufficiali (tutte da verificare), «per abuso di sostanze sottratte alle infermerie», e circa 40 agenti feriti.

La protesta è scoppiata, nel primo pomeriggio di domenica, nel carcere Sant’Anna di Modena, quando un gruppo di detenuti ha provato a scap- pare dall’edificio, mentre altri si sono barricati nella portineria dell’istituto. Il tentativo di evasione non è riuscito per l’intervento degli agenti in tenuta anti- sommossa, cui sono seguite diverse ore di guerriglia che hanno causato gravi danni strutturali alla struttura penitenziaria. È stato anche appiccato un incen- dio. In serata la rivolta è terminata. Ma nelle ore successive, si è registrata un’escalation di rabbia e violenza che ha investito altri istituti penitenziari italiani.

Al San Vittore di Milano, dove la rivolta ha avuto il sostegno esterno di un gruppo di anarchici e parenti dei detenuti, diversi uomini, a più riprese, sono saliti sul tetto del carcere. È stato esposto uno striscione con scritto “indulto” e ci sono stati dei principi di incendio.

Anche a Foggia alcuni detenuti sono saliti sul tetto del carcere, mentre circa

un’ottantina sono riusciti ad evadere, tra questi diversi esponenti della mafia locale. Mentre scriviamo si contano sulle dita di una mano quelli ancora a piede libero, mentre tutti gli altri sono stati riacciuffati dalla polizia.

Un tentativo di evasione è andato in scena anche a Palermo, tutta- via l’intervento della polizia è stato tempestivo ed è riuscito a evitare che i detenuti tagliassero la recinzione del carcere dell’Ucciardone per provare a scappare. Nello stesso istituto, la gran parte dei reclusi ha iniziato a battere le stoviglie contro le sbarre delle celle chiedendo a gran voce l’indulto, e alcuni di loro hanno iniziato uno scio- pero della fame e della sete.

All’interno del carcere della Dozza, a Bologna, sono stati incendiati dei materassi e sono state occupate alcune sezioni della struttura. È avve- nuto anche nelle carceri di Rebibbia e Regina Coeli, a Roma. A Rebibbia la polizia ha sparato lacrimogeni all’in- terno, mentre all’esterno del carcere si radunavano i parenti dei detenuti per unirsi alla protesta.

Ad innescare le rivolte sono state le nuove misure imposte dal governo italiano per contrastare la diffu- sione del coronavirus e contenute nel decreto in materia, approvato nella notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo. Ma è indubbio che le ragioni sono varie e sono correlate sia all’e- mergenza sanitaria attuale, che ai

Detenuti protestano sopra il tetto di San Vittore a Milano

interno delle celle del carcere di Modena dopo la protesta

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Coronavirus

problemi che affliggono storicamente le strutture penitenziarie italiane.

Per quanto riguarda le carceri - al fine di limitare i contatti con l’esterno e ridurre le possibilità di contagio da coronavirus - il governo ha deciso di sospendere i permessi premio, la possibilità di godere del regime di semilibertà, il lavoro all’esterno e i colloqui con i familiari. Fino a nuovo ordine, le uniche comunicazioni consentite tra dentro e fuori sono le telefonate e le videochiamate Skype, negli istituti attrezzati per garantirle.

Le misure sono state interpretate da una parte della popolazione carce- raria come l’ennesima limitazione dei propri diritti, visto che il contagio potrebbe diffondersi anche attraverso i contatti con gli operatori e la polizia penitenziaria.

Ha scritto su “Internazionale”

Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti dei detenuti: «Quando un dete- nuto sente dire in TV che per via del coronavirus bisogna tenere una distanza di sicurezza tra le persone o che bisogna evitare i luoghi affol- lati, quando gli si dice che un suo parente non può andarlo a trovare ma lui vede l’operatore entrare e uscire, allora gli basta poco per percepirsi come ancora più escluso dal resto del mondo». «Chi si trova in un carcere si sente senza scampo» scrive, sempre su “Internazionale”, Ornella Favero, presidente della Conferenza nazio- nale volontariato giustizia. «Provate a immaginare di essere rinchiusi in una galera sovraffollata, sentir parlare della necessità di stare almeno a un metro di distanza l’uno dall’altro e sapere che il tuo vicino di branda sta a pochi centimetri da te; sentir dire che il virus può diventare mortale se attacca persone indebolite dalla malattia e vedere che chi hai intorno è spesso debilitato da un passato di tossicodipendenza e da altre gravi patologie; avere una vita povera di relazioni e vedere dapprima “sparire”

tutti i volontari, di colpo non più auto- rizzati a entrare in carcere, e poi improvvisamente anche i familiari.

Dover riempire le giornate con il nulla e la paura. C’è di che perdere davvero la testa».

Ed è quello che è accaduto: i dete- nuti hanno perso la testa, forse anche perché non hanno ottenuto rassicu- razioni e informazioni certe sulle misure restrittive che li riguardano e

perché, come tutti noi, anzi più di noi, hanno paura del virus. E non hanno torto.

Secondo le stime dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie del sistema penale, il carcere è un luogo in cui gli agenti patogeni si propagano più facil- mente che all’esterno. Un esempio: in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latente tra l’1 e il 2% , nelle strutture penitenziarie il dato sale al 25-30%. Questo è dovuto alle condizioni di degrado e sovraffollamento in cui versano i 189 penitenziari italiani, all’interno dei quali vivono 61.230 persone a fronte di una capienza di 50.931 posti (tasso di sovraffollamento medio del 120%). In questa situazione, l’approdo del virus all’interno sarebbe devastante perché prolifererebbe a causa degli spazi ristretti e dell’inevitabile promiscuità cui sono costretti i detenuti. Tra questi il 50% circa ha una età compresa tra i 40 e gli 80 anni, e oltre il 70% presenta almeno una malattia cronica e il sistema immunitario compromesso, caratteristiche che rendono loro potenziali vittime degli effetti mortali del COVID-2019.

Alla luce di tutto questo, è evidente che le misure messe in atto dal governo per evitare la diffusione del virus all’interno delle carceri sono del tutto insuffi- cienti, perché non risolvono la questione del sovraffollamento, il terreno fertile sui cui proliferano gli agenti patogeni che potrebbero essere introdotti dagli addetti ai lavori. Sono ben altre le misure che andrebbero prese, servendosi di tutte le possibilità che il nostro codice penale concede se motivate da effettive ragioni di necessità e urgenza. Invece di sospendere la semilibertà ai detenuti che lavorano all’esterno, si dovrebbe concedere loro il permesso di non rientrare in cella. Si potrebbe sospendere e differire l’esecuzione della pena per i condan- nati a pene inferiori a due o tre anni (con eventuali eccezioni): tutte persone di pericolosità ridotta, il cui rinvio della detenzione non creerebbe particolare allarme sociale. Si potrebbe concedere la detenzione domiciliare a chi deve scon- tare un residuo di pena inferiore ai due anni. Si potrebbe affidare in prova ai servizi sociali chi ha ricevuto una pena o deve scontare un residuo di pena infe- riore ai tre anni (inferiore ai quattro quando si tratta di persone con dipendenze da alcol o droga). Si potrebbe concedere la libertà condizionale a chi ha scon- tato almeno metà della pena (e almeno trenta mesi), quando la pena residua non supera i cinque anni.

Più in generale si dovrebbero ridefinire le politiche penali e le modalità di controllo dei fenomeni che riempiono le nostre prigioni. Ma non accadrà.

Nel nostro paese i detenuti, per troppa gente, non sono persone e meritano le drammatiche condizioni in cui scontano la pena. Specchio del paese, il nostro Parlamento, nei giorni scorsi, ha visto le opposizioni reclamare pene esem- plari contro i rivoltosi dell’8 e del 9 marzo. In una situazione del genere, una maggioranza debole come quella che ci governa al momento non avrebbe grandi margini di manovra (nè sembra interessata) ad una profonda riforma della giustizia in questo senso. L’unica possibilità concreta è allora quella di battersi per una nuova concessione dell’amnistia e dell’indulto e porre fine, almeno per un certo lasso di tempo, all’inaccettabile sovraffollamento delle carceri italiane.

(al.di)

Corridoio di un carcere italiano

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EMILIA ROMAGNA, SALVINI SCONFITTO DAL PD SI CONSOLA CON IL VOTO IN CALABRIA DOVE HA VINTO LA COALIZIONE DI DESTRA

Il presidente del consiglio Conte: il capo della Lega è il vero perdente di queste elezioni

di Marina BARELLO

I

n Emilia Romagna i risultati elet- torali hanno premiato il Pd e la coalizione di centrosinistra che ha raggiunto il 48%, mentre le liste di destra il 45,4% frustrando le attese di Salvini e della Lega che, dopo unaa martellante campagna elettorale, si consideravano i conquistatori della Regione. Stefano Bonaccini è stato riconfermato presidente, in netto vantaggio sulla candidata leghista Lucia Borgonzoni. Si è inoltre regi- strato un boom di affluenze: 67,7%, 30 punti in più del 2014 quando il dato si era fermato al 37,7%.

Diverso il responso delle urne in Calabria dove la destra ottiene un vero e proprio trionfo. La forzista Jole Santelli raggiunge il 55,3%, mentre

il candidato del centrosinistra Pippo Callipo solo il 30,1%. Il Pd, comunque, è il primo partito in quella Regione.

Le riflessioni di Matteo Salvini partono dai risultati in Calabria: “Per la prima volta nella storia di un’elezione regionale al Sud siamo determinanti ed entriamo con forza nel Consiglio Regionale. Vedremo di unire il Paese nel nome dello sviluppo”. All’indomani della sconfitta in Emilia Romagna, e ai dati consolidati, Matteo Salvini, accompagnato dalla sua candidata, Lucia Borgonzoni, rilascia dichiarazioni mantenendo il profilo sportivo: “Siamo la prima coalizione e a livello nazionale avremmo stravinto. Questa è comunque una giornata di festa e non di polemica. Anche se l’arroganza e la violenza che abbiamo visto in certi contesti non ce la saremmo mai aspettata”. Matteo Salvini evita la parola scon- fitta e, a chi glielo chiede, risponde “assolutamente no”, non si sente sconfitto, ma il distacco dal governatore uscente Stefano Bonaccini sulla sfidante leghi- sta si è fatto sentire: un risultato lontano dalle aspettative dei leghisti e dello stesso Salvini. “Avere una partita aperta in Emilia Romagna per me è un’emo- zione, dopo settant’anni per la prima volta c’è stata una partita” , afferma il capo della Lega in conferenza stampa a Bologna dopo aver sottolineato la vittoria in Calabria. La campagna elettorale dell’ex Ministro degli Interni in Emilia Roma- gna nelle ultime settimane ha fatto molto discutere: non solo per aver condotto circa 150 comizi in soli venti giorni, per aver visitato pochi capoluoghi e moltis-

simi paesini -perché si sa, uno dei segreti dell’ex Ministro è proprio quello di fare selfie con chi non ha mai visto passare una cele- brity per le strade del proprio paese -, ma anche per la mal riuscita

“gag del cito- fono”. Non c’è

giornale, post, talk o rubrica che non abbia raccontato l’episodio: il volto proteso verso il citofono per “stanare”

un presunto spacciatore, mostrandosi all’Italia intera come un alfiere dei cittadini perbene. Salvini ha il vento in poppa e gode di ampio consenso, ma ci pare grave che una figura poli- tica abbia inscenato una specie di spot a fini elettorali ostinandosi ad etichet- tare presunti trasgressori solo perché appartenenti a particolari gruppi etnici. Non si dimostra affatto pentito il leader della Lega e, dopo la scon- fitta alle Elezioni Regionali dichiara:

“Rifarei tutto quanto, anche il cito- fono, il radiotelefono, il grammofono.

Qualcuno mi ha detto di non attaccare così sulla droga e che ho perso lo zero virgola, ma non mi frega”. In seguito alla pubblicazione dei risultati elet- torali nelle due Regioni, tra il leader della Lega e il Presidente del Consiglio Conte si è verificato un vero e proprio scontro, un clima di aperta rivalità e di accuse dirette.

Giuseppe Conte ha sottolineato a più riprese la sua netta distanza da Salvini, condannandone esplicita- mente la politica. “Matteo Salvini è il vero sconfitto delle elezioni regionali”

– dichiara Conte, definendo la famosa scena del citofono una vera pratica oscurantista.

Elezioni Regionali

Stefano Bonaccini

Salvini con Lucia Borgonzoni

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GREGORETTI: SÍ DEL SENATO A PROCESSARE SALVINI

Accusa pesante: sequestro di persona, ma a decidere sarà il giudice per le indagini preliminari

di Jean MORNERO

C

aso Gregoretti: il Senato ha autorizzato i giudici a proces- sare l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per i 131 emigranti rimasti per 4 giorni sulla nave militare italiana prima dello sbarco ad Augusta. L’ordine del giorno presen- tato da Forza Italia e da Fratelli d’Italia, che puntava a ribaltare la decisione della Giunta per le immunità e quindi a negare la richiesta dei magi- strati siciliani, è stato respinto con 152 no, 76 sì e nessun astenuto. La Lega non ha partecipato al voto, uscendo dall’Aula. Matteo Salvini, con la solita arroganza, in un messaggio ai suoi ha detto: “Presto ci saranno le elezioni, tornerò al potere e rifarò queste stesse cose”.

Nel finale di seduta si è verificato un accenno di rissa tra pentastellati e senatori della Lega.

Il senatore Pier Ferdinando Casini, a sorpresa ha difeso Salvini, ma in molti hanno visto in questa mossa un tentativo di accattivarsi i voti della Lega quando ci sarà da eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Dopo il voto dei senatori ora la parola passa al procuratore di Catania Zuccaro.

L’esito finale non è scontato. Si dovrà stabilire se quella di Salvini sia un’im- putazione “coatta” per cui i magistrati devono chiedere il rinvio a giudizio obbligatoriamente oppure richiedere nuovamente l’archiviazione. Comunque a decidere sarà questa volta il giudice per le indagini preliminari.

Ma quale ruolo? In quello stesso agosto, con un lucido articolo sul “Corriere della sera”, Galli della Loggia aveva paragonata il Pd al “partito costituzionale” liberale, che dal trasformismo di Depretis al giolittismo aveva garantito il funzionamento del nostro sistema politico come regno d’Italia dal mezzo secolo della “rivoluzione parlamentare”

del 1876, con l’avvento al governo della sinistra moderata risorgimentale, garanzia venuta meno con lo sconvolgimento del dopoguerra “diciannovista”. E allora, che ruolo per il Pd odierno? Si parla di un nuovo centro-sinistra, ma a me pare inadeguato. Il centro-sinistra fu un generoso tentativo di grande riforma attraverso il partito socialista, progetto piut- tosto di Lombardi che di Nenni, tentativo che non riuscì per l’opposizione della Dc e di un capitalismo italiano più orien- tato al parassitismo della rendita che all’innovatività impren- ditiva del capitalismo alla Schumpeter. Nenni ridusse poi il centro-sinistra alla difesa della democrazia rappresentativa contro il pericolo destra della “strategia della tensione”, più o meno il ruolo istituzionale di cui parla Galli della Loggia, progetto sostanzialmente poi ripreso da Renzi e da Calenda, intesi a trasformare da dentro il Pd in un partito liberale, e che oggi pensano di farlo dal di fuori.

Insisto nel dire che la strada è un'altra, quella della ripresa di una posizione critica nei confronti del capitalismo, oggi

espresso dalle multinazionali che vengono in Italia non per investire, ma per speculare, come dimostrano l’Ancelor- Mittal, la Whirpool, l’Embraco, la Vivendi che insidia la berlusconiana Mediaset. Si tratta, per il Pd, di riprendere la posizione critica, a tutela dei lavoratori subordinati e del ceto medio oggi impoverito, che si riallaccia alla tradizione socialista, ora che il populismo italiano è messo in crisi dalla caratteristica dei Cinque Stelle di cui ho qui già detto: più che di un soggetto politico strutturato, con una tradizione culturale e un insediamento sociale e territoriale, è quello che il sociologo nordamericano Neil Smelser definisce “com- portamento collettivo”, meglio paragonabile (come forse le sardine) a una moda o a un orientamento di emozione passeg- gera che a una precisa scelta politica, in Italia quel desiderio di ricambio della classe politica che Renzi aveva espressa col termine “rottamazione” e al quale Grillo e Caseleggio hanno dato un mezzo di espressione più moderno. Il 6 marzo 2019 questo comportamento collettivo da “one issue movement”

(movimento a un solo scopo) sembrava averlo raggiunto col governo detto ”giallo verde”, la cui rottura riconferma come populismo di destra la Lega di Salvini, con l’aggiunta com- petitiva di Fratelli d’Italia, mentre l’elettorato pentastellato sembra allo sbando.

Se il Pd si identifica ancora con la sinistra, la via da percor- rere è chiara: dare voce alla protesta dei ceti non privilegiati, proteggendoli dal prepotere del capitalismo globalizzato delle multinazionali in modo più efficace del verbalismo, su- perficialmente anticapitalista, dei populisti.(g.g.)

Politica

segue dalla prima pagina

L'Editoriale

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Politica

G

iuseppe Conte è il presidente del Consiglio da 22 mesi. E questa è già una notizia per uno che la politica non l’aveva mai neppure sfiorata. Certo, è un periodo diviso tra due governi diversissimi, ma questo potrebbe essere addirittura una virtù, in tempi politici in cui il bipolarismo trova poco spazio e non appare più convincente come all’alba della seconda repubblica. Se questo è l’assunto, si può dire che al suo esordio era stato ampiamente sottovalutato da tutti: politici di lungo corso, analisti e giornalisti.

“Non chiedetemi se sono garan- tista o se sono giustizialista, sono contrapposizioni manichee che vanno bene per i titoli dei giornali”. È una delle ultime dichiarazioni all’inse- gna della sua “duttilità politica”, che non è solo una nuova formula del cerchiobottismo semmai ne raffina le sue caratteristiche. Nell’ambito del dibattito acceso sulla prescrizione, l’avvocato del popolo, (nomignolo da lui stesso coniato), per troppi ha compiuto un azzardo, subito dopo argomentato: “ai cittadini non interes- sano formule astratte, schieramenti

pregiudiziali ma interessa che il sistema giustizia offra un servizio efficiente”. Spiegazione che forse non convince il ceto politico ma di certo trova terreno fecondo nell’immagina- rio pubblico e più popolare.

Alla fine dell’estate più pazza del

2019 è passato da destra al centro- sinistra ma ciò non inganni, non è il servitore di due padroni. Forse più animale mutante, paracadutato in un’arena politica, sempre più sangue e merda (cit. Rino Formica), si è trovato a sperimentare la sua virtù migliore ,

CONTE, L'ALIENO DELLA POLITICA CHE SFIDA IL VIRUS

di Nicola CORDA

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Politica

quella di mediatore. In questo senso,

“avvocato degli italiani” è proba- bilmente l’abito che più gli calza, specie per quegli italiani per i quali la rissa è uno stato d’animo quoti- diano: convince gran parte di loro che vogliono essere divisi dalla zuffa e quegli altri che, della stessa zuffa continua, si sono stufati. Protagonista di quel centro ragionevole, bilan- ciato quando serve, ancorato sempre a quei principi costituzionali frutto delle mediazioni delle famiglie poli- tiche cattoliche e antifasciste del dopoguerra repubblicano.

A differenza di molti altri politici neofiti è più accorto: quando non sa, pattina sugli argomenti ed evita di infilarsi in vicoli ciechi che lo inchio- dano a una posizione definita. Anche la frase più infelice alla quale rimane tuttora impigliato, “sarà un anno

bellissimo”, appartiene ormai ad un tempo passato, reciso con il nuovo corso.

Motivi che lo mettono nelle condi- zioni di essere il politico adatto a gestire il presente incerto della poli- tica italiana in fase di stallo. Una caratteristica ben compresa dal Pd che, in assenza di una leadership capace di coagulare intorno a sé una vera maggioranza, ne ha fatto il suo premier provvisorio. Appare per questo sempre più distante da chi paradossalmente gli ha aperto la porta di Palazzo Chigi (M5S e Lega). Ma Giuseppe Conte non viene dai piani bassi. Seppur lontano dalla politica, fa pienamente parte dell’establishment, inteso come quel contesto e ambiente

di classe dirigente che supporta potere e istituzioni ai livelli più importanti.

L’ultimissima emergenza della crisi sanitaria per il Covid-19 lo sta mettendo alla dura prova dell’equi- librio, tra interventi draconiani e tenuta dell’economia, già condizionata da una crescita debolissima. Ci sono state delle scivolate mediatiche, forse a causa del troppo presenzialismo e debole autocompiacimento, riuscendo poi a trovare un posizionamento di buon senso, in equilibrio tra consape- volezza e rassicurazione degli italiani.

È altrettanto probabile che i diversi errori di comunicazione compiuti, sono da attribuire alla difficile emer- genza (una crisi epidemiologica che attraversa tutto il Paese) che è certa- mente molto difficile gestire.

I dossier precedenti che gli sono piombati addosso non sono stati certo

di facile gestione, uno su tutti la trat- tativa con la Commissione europea all’inizio della scorsa estate per evitare la procedura per deficit eccessivo. In quell’occasione il ‘Conte difensore’ fu protagonista di un disimpegno non facile, e che ci salvò da una decisione che sarebbe stata drammatica per il Paese. Con gli altri leader europei è riuscito in breve tempo a stabilire una relazione positiva, aiutato anche dall’aver dovuto recitare il ruolo di front man di un governo poco amico dell’Europa, a cui è stato necessario fornire una buona dose di rassicura- zioni. Rapporti migliorati con il nuovo esecutivo, e con le nuove compagnie come quella del ministro dell’Econo- mia Roberto Gualtieri che a Bruxelles

gode di molta stima.

Su alcuni temi come la giustizia o le politiche sui migranti è più in diffi- coltà ma certo non si può fargliene una colpa perché la distanza tra i due alle- ati che lo sostengono Pd e M5S, rende complicata la mediazione.

Per quanto possibile, evita di entrare in polemica sulle quotidiane criti- che dell’opposizione ma non si sottrae quando deve replicare con vigore agli attacchi personali. Comportamento che sostiene negli innumerevoli duelli con Salvini fin dalla rottura del prece- dente esecutivo, così come con Matteo Renzi al quale contesta l’insolenza poco consona a un leader di maggio- ranza.

Ci si chiede a questo punto quale può essere il suo orizzonte futuro.

Difficilmente potrà diventare il rife- rimento della forza politica che lo ha

messo in sella, il Movimento 5 Stelle, per quanto nella squadra parlamen- tare goda di prestigio e una parte lo riconosca come il proprio leader. Natu- ralmente dipenderà dalla durata della legislatura ma se l’attuale maggio- ranza dovesse trovarsi ad affrontare le elezioni anticipate, Giuseppe Conte potrebbe avere ancora un ruolo di primo piano. Naturalmente senza l’appoggio di Renzi e Italia viva, già indirizzati verso un progetto di centro non ancora definito. Alla poli- tica italiana rimarrà forse un vestito bipolare che però nasconde un’anima proporzionale e in questo scenario si troverebbe certamente a suo agio.

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