Bruno Vaerini.
L’arte
in cammino verso l’uomo
Mantova,
16 ottobre
2021
Voglio celebrare il sessantennale della prima mostra
monografica su Mantegna, che ha avuto luogo a Mantova nel 1961, con una processione.
Mi metterò alla testa di un corteo che sfilerà lungo un percorso cittadino
a tappe e che porterà in trionfo, come delle icone laiche, le riproduzioni a stampa su tela della Pala Montefeltro di Piero della Francesca e della Madonna della Vittoria del Mantegna. Come sigillo prezioso, sfilerà anche Oculum Angelorum, il grande disco su cui danzano
gli angeli che ho ripreso dalla Pala di San Bernardino di Lorenzo Lotto.
Il corteo sarà composto da tutti quanti vorranno prendere parte a questa liturgia.
Ad ogni tappa prenderò la parola e mi rivolgerò ai partecipanti.
Le tappe saranno presso alcuni dei luoghi eminenti del Rinascimento mantovano,
scelti perché capolavori di Leon Battista Alberti, di Andrea Mantegna e di Giulio Romano.
Bruno Vaerini
Il racconto del cammino
Mantova - piazza Sordello Sabato 16 Ottobre 2021 ore 15.00
Per le riproduzioni fotografiche si ringraziano:
Paolo Imperatore, per la Pala Montefeltro;
Marco Mazzoleni e la Fondazione Bernareggi per Oculum Angelorum
Qui, alle ore 15.00, avverranno la composizione del corteo e la prima ostensione delle opere. E’ il luogo dal quale i Gonzaga esercitavano il loro potere e stabilirono come rendere Mantova una capitale della cultura: chiamando i più grandi artisti del tempo.
Palazzo Ducale
La Pala Montefeltro verrà momentaneamente collocata presso l’ingresso del tempio:
il gesto sarà volto a stabilire un confronto fra la concezione spaziale che presiede alla scena dipinta e quella che struttura gli ambienti dell’edificio dell’Alberti. Verrà chiarito il ruolo del silezio quale primum inter pares nella ferma liturgia
rappresentata nella Pala del Piero ed in quella salmodiata nella penombra della navata.
Basilica di
Sant’Andrea
Qui mi soffermerò sul ruolo che Giulio Romano ha avuto nell’orizzonte del Rinascimento mantovano e proverò ad identificare poeticamente i punti di contatto, pur a distanza nel tempo, con le altre grandi figure che il corteo intende celebrare.
Casa di
Giulio Romano
Qui mi soffermerò sul tema del donare nuova anima ad un edificio privato della voce, degli occhi, della bocca.
Chiesa
sconsacrata di
S. Cristoforo
Qui, muovendo dalla eccelsa qualità spaziale dell’edificio sottaciuta dalla penombra della loggia di ingresso, parlerò del Respiro, solo vero principio vitale in Arte e Architettura.
Tempio di
San Sebastiano
Qui, luogo di conclusione della processione, nel cortile interno, la Madonna della Vittoria, la Pala Montefeltro ed Oculum Angelorum verranno deposti in un allestimento che li accomunerà in un unico abbraccio.
Casa del
Mantegna
Il silenzio è primum inter pares nella ferma linturgia che riposa sotto gli archi e dinanzi al catino absidale le cui membrature di marmo tengono ferma l’aria e il respiro.
Sono però gli sguardi, o meglio, i pensieri traditi da quegli sguardi ad esprimere i battiti dei cuori. La Madonna è fissata nell’atto come di chiudere gli occhi per timore di figurarsi il destino del Figlio, la cui tragedia umana è tutta nel rosso del corallo che pende dal collo del Bambino.
Il tappetto si increspa impercettibilmente per dare respiro al grande blu che drappeggia il corpo della Madre di Cristo.
Gli angeli , quasi normali esseri umani, assistono a tratti assenti, tuttavia, nella loro natura totalmente celeste.
L’architettura è purissima; è mossa sottilmente dai pannelli in marmo colorato, memoria della varietà del mondo; si concentra sull’uovo sospeso, perla di conchiglia, al quale converge la fuga dei cassettoni della volta; abbraccia
maternamente la vicenda umana ed eterna di Nostro Signore.
Pala
Montefeltro
Piero Della Francesca 1472, Milano, Pinacoteca di Brera
Vi sono tutti i suoni, i colori ed i sapori del mondo intrecciati nelle membrature che compongono l’abside che accoglie la scena. La conchiglia traforata che apre al cielo, punteggiata di frutti, foglie, gioie ed uccelli è un inno festoso alla varietà della vita e dischiude, col lieve gesto di una mano che si apre, il delicatissimo cenno di benedizione che la Vergine accorda a Sigismondo Gonzaga.
Non c’è traccia della sofferenza cui Cristo andrà incontro, se non nel rosso del corallo che pende dall’alto e che comunque ha le fattezze opulente di un gioiello e nulla dell’astrattezza del simbolo. Nussun angelo, ma santi guerrieri: la scena è carica della tensione della vita e l’architettura si accorda nel tono alla sua multiforme ricchezza.
Madonna della Vittoria
Andrea Mantegna 1496, Parigi, Louvre
Nella pala di Lorenzo Lotto che ancora oggi si trova presso la chiesa di San Bernardino, quattro angeli tengono sospeso sulla Vergine un drappo verde che, con la sua concavità, crea lo spazio entro cui la Madonna, chinandosi, allude alla divinità del Bambino benedicente. Tale spazio, aggiungendosi a quello della navata, ne moltiplica la profondità nel senso della Sacra Rivelazione.
Imprimendo a quegli angeli un moto rotatorio intorno ad un oculus che allude al cielo e ricombinandoli in un girotondo felice, ho inteso stabilire un contatto fra lo spazio della Terra e lo spazio del Cielo.
Voglio che questa idea di continuità fra umano e divino arrida anche alla processione che vedrà sfilare la Pala Montefeltro e la pala della Madonna della Vittoria e che siano compresenti le idee di spazio diversamente declinate in quei capolavori della pittura e, per associazione e confronto, nei monumenti che costituiranno le tappe del corteo.
Oculum Angelorum
2020, Bergamo, Portico del Sentierone
Immagine tratta da Archivio Bruno Vaerini
Palazzo Ducale
Mantova Percorso
della Processione
Basilica di Sant’Andrea
Casa
di Giulio Romano
Chiesa
di San Cristoforo Casa
del Mantegna
Chiesa
di San Sebastiano
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ANDREA MANTEGNA E LA SUA CASA
Bruno Vaerini
Ho iniziato a fare architettura con gli occhi pieni delle costruzioni pittoriche formulate dai grandi Maestri del Quattrocento Italiano, con l’intima coscienza che queste fossero, prima ancora che pittura, spazio prestato al piano pittorico. Lì spazio e narrazione vengono a trovarsi in una così intima relazione, che quasi sembra che quello sia presupposto di questa. L’efficacia, l’intensità della pittura giottesca trova il proprio fondamento nell’espediente che io chiamo della
“narrazione per interni abitati da gesti”: così, gli episodi del ciclo di Assisi del Sogno di Innocenzo III, dell’Approvazione della Regola o le Apparizioni in punto di morte.
Ciascun momento della vicenda umana di San Francesco, ospitato in un interno o in un semi-esterno o in un esterno che, per la densità degli “oggetti” che lo popolano, che siano figure umane o architetture o brani di paesaggio, non faccio fatica ad accostare a degli interni, assurge, grazie alla spinta della concentrazione spaziale, a simbolo.
Nella pittura di Masaccio è la disposizione delle figure umane che crea spazio: nel Tributo, gli Apostoli circondano il Cristo in una costruzione che ha l’imponenza di un anfiteatro e che, quindi, fonda l’istanza narrativa nella coappartenenza con l’istanza spaziale. La figura virile seminuda in primo piano nel Battesimo dei Neofiti risolve la propria potenza simbolica nella sintesi offerta dall’imponenza fisica, spaziale, dalla mistica concentrazione e dalla propria sensualità a malapena domata dall’intima disposizione a ricevere lo Spirito Santo.
Ciò che accade nella pittura di Andrea Mantegna ed in quella di Piero della Francesca ha segno identico. La disposizione ad attestare sul piano della pittura in un unico gesto il moto interiore e la dimensione spaziale è il portato di una concezione, se vogliamo, dell’esistenza che vede Anima e Mondo come espressione dello Stesso, di un unum cunctum la cui rappresentabilità avviene sotto la delicata signoria dello strumento prospettico. Opere quali la Morte della Vergine ed il ciclo della Camera Picta mi comunicano da sempre questa idea di unità, di coappartenenza, fra moto dell’animo, fra vicenda umana, e spazio inteso come tutto ciò che si estende oltre il soma , il corpo dell’uomo, in una sintesi che somatizza lo spazio e spazializza il corpo e la Psiche, al fine di consegnare la narrazione ad una medietas emotiva i cui fautori sono in egual misura Anima e Mondo, in cui non vi è spazio più che tanto per il dramma nè spazio più che tanto per il riso. Piuttosto, per il sereno. Ecco che il potenziale drammatico della morte della Vergine viene neutralizzato dalla serenità del paesaggio fluviale oltre la finestra; anzi, la morte della Vergine diventa episodio minore, relegato in basso e nella penombra, rispetto allo spledore ed alla ridente e placida irruzione della vista sul Mincio, che arriva ad occupare oltre la metà della parete contro la quale giace la Madre di Nostro Signore. Ricorre la ricerca del cielo. Esattamente come accade presso la Camera Picta, ove, direi, la ricerca del cielo diventa, forse il tema, il perno narrativo dell’intero ciclo, al punto che Mantegna non perde occasione di aprire sul paesaggio e di chiosare quell’interno, trattato come una loggia aperta su tutti i lati, con l’evento dello straordinario oculus che sancisce la fame d’aria, di luce, di azzurro, di Mondo, il quale viene chiamato a farsi persona e personaggio dell’intero allestito narrativo.
Lo strumento della prospettiva, qui impiegato ai suoi vertici espressivi,
si incarica di fare da mediatore fra le vicende umane ed i sentimenti (come non menzionare la tenerezza con cui si tengono per mano il cardinal Francesco, suo fratello Ludovico ed il piccolo Sigismondo?) rappresentati al di sotto di quel disco azzurro, i cui bordi sono popolati di morbidi putti e di una varietà umana che allude a quella del creato. Qui Tutto è Uno.
Mantegna riesce ad esprimere questa medesima idea anche, forse soprattutto, nella concezione compositiva che presiede all’immagine di quella Casa costruita sul suolo che nel 1476 il marchese Ludovico Gonzaga gli dona. E’ muta all’esterno, affinchè la concezione poetica che fonda, secondo il mio sentire, il pensiero del pittore possa manifestarsi all’interno con la chiarezza della dimostrazione di un teorema di geometria. Qui letteralmente Mantegna porta il Cielo in Terra. Il volume edilizio allude al cubo, solido generato dal quadrato, che, di tradizione, simboleggia la Terra, il luogo abitato dagli uomini.
Al piano terra egli “scava”
questo cubo sottraendogli una forma cilindrica (e ricavandone lo stupefacente cortile), volume, a sua volta, generato dalla figura del cerchio, che tradizionalmente simboleggia il Cielo. Al di sopra del marcapiano circolare che conclude il primo piano si imposta il grande vuoto a base quadrata (ancora un cubo) che si apre definitivamente al cielo. Mantegna torna ad esprimere l’idea di unità fra Terra e Cielo, fra l’uomo, le sue vicende ed i suoi moti interiori, e lo spazio in quanto res extensa oltre il suo corpo, in quanto continuum avvolto dall’abbraccio del cielo, proiettando il cielo sulla terra e la terra nel cielo. La Madonna della Vittoria conferma quella che a me è sempre parsa come una
propensione di Mantegna al fascino per la soglia, a determinare lo spazio dedicato al gesto centrandolo entro dispositivi che, grazie alla loro permeabilità, lo tengono collegato alla più ampia vicenda cosmica. Così la varietà mondana che alberga nell’esedra di verzura alle spalle della Madonna (tra frutti , foglie, gioielli e uccelli) sembra quasi avere dignità pari a quella del gesto benedicente e pieno di grazia di Maria e conserva memoria della propria provenienza dal mondo naturale proprio in quell’affaccio sul cielo mediato da quel verde e lussuregginte diaframma. Il confronto con Piero della Francesca a questo punto viene naturale. Nella pittura di Piero questo amore per la resa dell’unità fra gesto e spazio tocca vertici di trasognata poesia. Così nel pannello centrale del Polittico della Misericordia, che è tutto gesto, grazie al fondo oro che allontana il mondo entro una distanza incommensurabile ed avvicina l’atto protettivo della Madonna, ingigantendolo nel volume del suo manto.
Così nel Battesimo di Cristo, in cui lo spazio è somatizzato a tal punto , che le stesse nuvole mutano fino a farsi colomba e a celebrare la discesa dello Spirito Santo, e l’albero in primo piano ha lo stesso pallore ultraterreno di Cristo e degli angeli alla sua destra, colti nell’attimo di prendersi amorevolmente per mano, come a celebrare col sentimento questo continuum fra Divino, Umano e Natura.
Così, infine, nella Pala Montefeltro, vertice nel senso dell’astrazione massima di questa poetica dell’unità: sotto quelle perfette volte bianche, alveo totale, il silenzio sublima e parifica ogni possibile pensiero o battito di cuore, perchè Tutto giace già in Cristo.