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I grandi poeti italiani del ʼ900, tra parole e musica

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Academic year: 2022

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Il Comitato di Genova della Società Dante Alighieri, in collaborazione con la Biblioteca Civica Berio e l’Associazione “Amici di Paganini” e con il patrocinio dell'Ufficio Scolastico Regionale, organizza a Genova, presso la sala dei Chierici della Biblioteca Berio, il ciclo d’incontri:

I grandi poeti italiani del ʼ900, tra parole e musica

Martedì I febbraio 2022, ore 16,30

Francesca Sensini, Université de Côte d’Azur di Nizza: Giovanni Pascoli

Giacomo Puccini, Sole e amore; F.P.Tosti, O falce di luna calante, Federica Salvi voce, Enrico Grillotti pianoforte

Martedì 15 febbraio 2022, ore 16,30

Francesco De Nicola, Universidad de Granada:

Dino Campana

Schubert,Der Wanderer, Fauré, Après une rêve,

Respighi Notte, Sofia Pezzi voce, Enrico Grillotti pianoforte

Martedì I marzo 2022, ore 16,30

Carla Boroni, Università di Brescia: Giuseppe Ungaretti

I. Pizzetti, Trasfigurazione per voce e pianoforte: Sofia Ferrari voce, Riccardo Pinna pianoforte

Martedì 15 marzo 2022, ore 16,30

Enrico Testa, Università di Genova: Eugenio Montale

G. Harbison, Mottetti (da Le occasioni) per voce e pianoforte: Sofia Ferrari voce, Riccardo Pinna pianoforte

Martedì 29 marzo 2022, ore 16,30

Pier Luigi Ferro, Liceo Chiabrera di Savona:

Camillo Sbarbaro

A. N. Skjabin, un brano per pianoforte eseguito da Michele B. Carraro

Martedì 5 aprile 2022, ore 16,30

Stefano Verdino, Università di Genova:

Giorgio Ca Caproni

G. Giacomo Cavo, Giorgio Caproni, con; Riccardo Cucciolla, vocvoce recitante, Elena Belfiore, canto,

Lorenza Vaccaro, violviolino, Caterina Picasso, pianoforte

Martedì 19 aprile 2022, ore 16,30

Simona Morando, Università di Genova:

Giovanni Giudici

A. N. Skjabin un brano per pianoforte eseguito da Michele Carraro

Martedì 3 maggio 2022, ore 16,30

Manuela Manfredini, Università di Genova:

Edoardo Sanguineti

Massimo Pastorelli, Besame mucho; A. Schoenberg dai

Tre pezzi op. 11, n.2: Valentina Messa pianoforte

Ciascun incontro sarà introdotto da brevi esecuzioni di brani musicali relativi all’Autore trattato eseguite da giovani cantanti e strumentisti del Conservatorio “N. Paganini” di Genova coordinati dal prof. Roberto Iovino, già Direttore del Conservatorio.

Gli incontri, rispettando le disposizioni governative anti-Covid, se possibile si svolgeranno in presenza con ingresso su prenotazione (sul sito bibliotechedigenova.it/berio nella sezione eventi) e saranno comunque registrati e messi in rete gratuitamente sul sito della Dante Alighieri di Genova: www.ladantegenova.it.

A richiesta, la Segreteria del Comitato di Genova della Dante Alighieri rilascia a Docenti e Studenti soci della Dante Alighieri un attestato di partecipazione al ciclo di incontri utile come aggiornamento riconosciuto dal MIUR come da protocollo del 16.12.2021 e per l’acquisizione di crediti spendibile presso gli Istituti scolatici o i Dipartimenti universitari frequentati. Per informazioni rivolgersi a segreteria@ladantegenova.it o al numero di telefono 346 6128011.

Il presidente del Comitato di Genova della Società Dante Alighieri prof. Francesco De Nicola

Genova, 2 gennaio 2022

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D O S S I E R

D I P R E S E N T A Z I O N E

Biobibliografie dei poeti, dei critici, del lettore, degli esecutori musicali e del loro direttore

L’asterisco * dopo il titolo del libro citato indica che questo è conservato presso la Biblioteca Berio

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La poesia in Italia nel Novecento

Che ruolo ha avuto e ha in Italia la poesia del Novecento? Possono fornire come indizi sufficienti alcuni dati non certo riferiti a situazioni consolanti, ma che sembrano molto significativi: quando il 18 febbraio 1907 si svolsero a Bologna i funerali di Giosue Carducci, vi parteciparono (oltre alle maggiori autorità nazionali) migliaia di persone: non tutte, credo, avevano letto le sue poesie, ma tutti riconoscevano in lui chi aveva rappresentato la nuova Italia nata dal Risorgimento nella quale, non sempre facilmente, essi stavano vivendo: quel poeta rappresentava un popolo. Quasi un secolo dopo, il 23 gennaio 1990, al funerale di Giorgio Caproni a Roma parteciparono poche decine di amici senza rappresentanze delle maggiori istituzioni: quel grande poeta era dunque quasi un estraneo per la società di allora che quasi venticinque anni dopo avrebbe invece partecipato numerosa e con grande tributi di onori alle esequie di un cantante popolare, nel quale evidentemente si riconosceva.

“Davvero conta solo lo spettacolo, il modello del successo?” si era domandato con indignazione il giornalista Andrea Barbato nell’osservare lo sparuto funerale di Caproni, ma poi aveva preconizzato che “i versi di questo poeta saranno ancora letti, amati, studiati, stampati, quando il potere attuale sarà ridotto in polvere e dimenticati gli uomini che lo detengono”. Così è stato per Caproni; e non è stata diversa la sorte di Dante, per secoli dimenticato e oggi amato in tutto il mondo?

I dati impietosi che ho sopra riportato fotografano il cambiamento culturale del nostro paese e, nello specifico, indicano il progressivo distacco dalla poesia che, per essere letta e amata, richiede quella sensibilità che oggi è difficile trovare. Ed è proprio per tentare di contrastare questa deriva che la Dante Alighieri di Genova si propone di favorire la conoscenza di otto nostri importanti poeti del Novecento, molto diversi tra loro, talora opposti, come i primi due della rassegna: Giovanni Pascoli, comunemente e impropriamente definito un poeta decadente ma di fatto iniziatore della nuova poesia italiana, e Dino Campana, il trasgressivo e irregolare autore di uno straordinario libro di versi e prose; e poi Ungaretti, testimone sofferto della brutalità insensata della guerra e anch’egli grande innovatore; e ancora Sbarbaro e Montale, interpreti di una società ormai priva di certezze nella quale gli uomini s’imbattono abitualmente nel male; e poi Caproni, che invece ama i luoghi che gli hanno insegnato a crescere e ad amare ciò che della vita si può apprezzare, per giungere a Giudici, che nei suoi versi narrativi esprime le contraddizioni di una società che vertiginosamente si trasforma e per finire con Sanguineti, che ostinatamente cerca di rinnovare il modo di esprimersi degli artisti. E così, questi otto incontri, avviati da una breve esecuzione musicale per collegare note e parole, intendono dimostrare che la voce della poesia può ancora rappresentare un’occasione unica per aiutarci a conoscere e a capire il nostro tempo e i nostri sentimenti e perfino, in questi tempi dominati dall’inseguirsi di migliaia d’immagini che subito si annullano, a fermarci un po’ per riflettere e forse per provare qualche inaspettata emozione.

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I P O E T I

Giovanni Pascoli, figlio dell’amministratore di una tenuta dei principi Torlonia, nasce – quarto di dieci figli - a San Mauro di Romagna nel 1855; a 12 anni il padre viene assassinato e l’anno seguente muore la madre. Interrotti gli studi avviati presso gli Scolopi, può riprenderli grazie a una borsa di studio e frequenta l’Università di Bologna (dove è allievo di Carducci), dalla quale viene allontanato per aver partecipato a una manifestazione studentesca; aderisce al movimento anarchico- socialista e nel 1879 viene arrestato con l’accusa di essere un sovversivo, è processato e assolto grazia anche all’intervento in sua difesa di Carducci. Nel 1882 conclude gli studi universitari laureandosi con una tesi sul poeta greco Alceo e inizia a insegnare latino e greco nei licei di Matera, Massa e dal 1887 al 1895 al “Guerrazzi- Nicolini” di Livorno, fino a che nel 1895 sostituisce Carducci nell’ Università di Bologna. Dedito anche alla scrittura di versi in latino (vincendo in più occasioni il concorso di poesia latina di Amsterdam) e agli studi danteschi (con la pubblicazione dei tre volumi Minerva oscura* nel 1898, Sotto il velame* nel 1900 e La mirabile visione* nel 1902), nel 1891 pubblica Myricae* (poi ampliata in sei successive edizioni fino al 1906) raccolta di poesie, ambientate per lo più nel mondo della natura, sulla purezza delle piccole cose; seguono altre raccolte, tra le quali le più importanti sono Canti di Castelvecchio* (1903), Primi poemetti* (1904), Poemi conviviali* (1904), Odi e inni* (1906) e Nuovi poemetti* (1909). Nel 1897 espone la teoria del fanciullino, sostenendo che in tutti è presente un qualcosa di misterioso che si confonde con le esperienze quotidiane e che il poeta è un fanciullino che deve liberarsi di ogni struttura mentale per poter scoprire le positività delle piccole cose.

Afferma che la poesia non è razionale ma intuitiva e per esprimersi ha bisogno di una lingua non letteraria, pur avendo egli creato nelle opere non giovanili un linguaggio di tipo sperimentale (come affermato dal Contini). Ritiratosi a vivere a nel 1895 a Castelvecchio di Barga con la sorella Maria, muore a Bologna nel 1912.

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Dino Campana nel paese di Marradi, in provincia di Firezne sull’Appennino toscano-romagnolo nasce nel 1885 figlio di un maestro elementare e di una casalinga, studia al liceo di Faenza e nel 1903 s’iscrive all’Accademia militare di Modena dalla quale dopo un anno viene espulso per aver partecipato ad una zuffa. Comincia allora il suo interesse per la lettura e la scrittura e si manifesta la tendenza alla solitudine nell’incertezza angosciosa delle sue decisioni che lo portano prima a iscriversi alla Facoltà di Chimica a Bologna passando poi a Bologna e cominciando nel 1906 la sua vita di vagabondo stagione che lo porta in Svizzera e a Parigi e, dopo un breve periodo di internamento nell’ospedale psichiatrico di Imola voluto dalla famiglia, forse in Argentina e, imbarcatosi come mozzo, ad Anversa andando a piedi a Bruxelles dove è imprigionato; tornato a Marradi il padre lo rinchiude in manicomio ma, subito liberato, riprende a viaggiare in Italia (nel 1912 e nel 1913 è a Genova) e intanto nel 1913 porta a termine il manoscritto dei Canti orfici*, il suo libro di poesie e di prose e lo consegna per la stampa ad Ardengo Soffici che però lo perde;

Campana, recuperando abbozzi e ricordi, lo riscrive e nel 1914 viene pubblicato. Due anni dopo conosce Sibilla Aleramo con la quale vive un’appassionata storia d’amore, raccontata nel film Un viaggio chiamato amore (2002, con Stefano Accorsi e Laura Morante) ma le sue condizioni psichiche peggiorano, tanto che nel 1918 viene internato nel manicomio di Castel Pulci dove muore nel 1932. Personaggio unico nella nostra storia letteraria, la cui vita è stata raccontato da Sebastiano Vassalli in La notte della cometa* (1984), ha scritto pagine originalissime, tra sofferenze ed entusiasmi, che affrontano i temi principali della donna, del tempo, del viaggio e delle città (con bellissime pagine ispirategli da Genova) con versi visionari e trasgressivi, lontano non sola dalla tradizione lirica italiana, ma anche dal futurismo e dai modelli allora prevalenti di d’Annunzio e Pascoli.

Giuseppe Ungaretti nato nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, dove il padre (che morirà nel 1890) è emigrato dalla Toscana per lavorare nella costruzione del porto della città, frequenta la scuola della Svizzera francese dove conosce e ammira le opere dei poeti simbolisti francesi, da Baudelaire a Mallarmé, e nel 1912, per studiare all’

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università della Sorbonne, si traferisce a Parigi; qui segue le lezioni di illustri studiosi ed entra in contatto con i maggiori esponenti delle avanguardie artistiche: da Apollinaire a Picasso, da Modigliani a De Chirico. Nel 1915 pubblica le sue prime poesie su “Lacerba” e a fine dicembre veste la divisa di soldato semplice sul fronte isontino; l’esperienza della guerra gli suggerisce le poesie che nel dicembre del 1916 usciranno nel volumetto Il porto sepolto. Combatte sul fonte italiano fino alla primavera del 1918, quando il suo reparto viene trasferito in Francia, dove rimane anche alla fine della guerra come corrispondente da Parigi del giornale “Il popolo d’Italia”. Pubblica la raccolta di poesie Allegria di naufragi* (Vallecchi 1919) e nel 1921 si trasferisce a Roma, dove vive di lavori saltuari e precari, compiendo numerosi viaggi all’estero per tenervi conferenze e parlare della sua poesia. Pubblica le poesie del Sentimento del tempo* (ivi 1933) e nel 1936 traduzioni da Blake, Gongora, Essenin e altri importanti poeti; nello stesso anno comincia ad insegnare letteratura italiana all’università di San Paolo del Brasile, dove si fermerà fino al 1942 quando rientra in Italia e Mondadori comincia a raccogliere tutte le sue poesie sotto il titolo Vita di un uomo*. Escono le raccolte Il dolore* (Mondadori 1947), suggeritagli dalla morte del figlio Antonello, La terra promessa* (ivi 1950) e Il Taccuino del vecchio* (ivi 1960), mentre riceve importanti riconoscimenti e svolge intensa attività di conferenziere con frequenti viaggi (raccontati nel libro di prose Il Deserto e dopo*, ivi 1961) anche negli Stati Uniti dove nell’inverno del 1970 a New York si ammala di broncopolmonite; rientra in Italia ma nonostante le cure non si riprende e muore a Milano. L’anno prima, con la raccolta di tutte le sue poesie curata da Leone Piccioni sotto il titolo Vita d’un uomo* Mondadori aveva dato inizio alla collana dei Meridiani, Grandi classici.

Camillo Sbarbaro nato nel 1888 a S. Margherita Ligure (Ge), rimane orfano di madre a cinque anni e col padre e la sorella si traferisce a Varazze e poi a Savona dove compie i suoi studi fino al liceo classico Chiabrera, i cui compagni di classe – tra i quali il futuro poeta Angelo Barile - nel 1911 gli fanno pubblicare a proprie spese il suo primo libro di poesie Resine*. Entra quindi in contatto con la prestigiosa

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rivista fiorentina “La Voce” presso le cui edizioni pubblica nel 1914 la silloge Pianissimo*. Dopo alcune esperienze impiegatizie presso la Siderurgica di Savona e l’Ilva di Genova, partecipa alla prima guerra mondiale come soldato semplice e dal fronte trentino scambia con Barile una fitta corrispondenza che poi raccolta nel volume Cartoline in franchigia* (Vallecchi, 1966). Tornato a Genova, è professore di greco all’istituto Arecco dei padri gesuiti, ma quando il fascismo imporrà anche agli insegnanti di prendere la tessera del Partito nazionale fascista egli si rifiuterà e perderà il lavoro, avviandosi così ad una vita travagliata da serie difficoltà economiche, cui cerca di far fronte dando lezioni provate e svolgendo attività di traduttore dal greco e dal francese. Intanto nel aveva pubblicato le prose liriche Trucioli* (ivi 1920) – argomento della prima recensione scritta da Montale – seguite da Liquidazione* (Ribet 1928). Alternando l’attività letteraria con quella di raccoglitore e studioso di licheni, le cui collezioni è costretto a vendere a importanti musei naturalistici stranieri, nel 1951 si stabilisce con la sorella a Spotorno e pubblica la raccolta di poesie Rimanenze (Scheiwiller 1956) e Primizie* (1958) e di prose liriche di Fuochi fatui* (ivi 1956) e Scampoli* (Vallecchi 1960). Muore a Savona nel 1967 e trascorrerà non poco tempo prima che la sua importanza e originalità venga apprezzata anche a seguito del suo carattere schivo e delle sue residenze liguri lontane dai centri di maggiore risonanza intellettuale. Parte della sua attività letteraria è raccolta in L’opera in versi e in prosa, a cura di Gina Lagorio e Vanni Scheiwiller, Garzanti, 1985 poi 1999*, mentre i suoi testi ispirati dal capoluogo ligure si leggono in Vedute di Genova*, a cura di Francesco De Nicola, De Ferrari 2018.

Eugenio Montale nato nel 1896 a Genova, si diploma ragioniere nel 1915 all’Istituto Vittorio Emanuele II di Genova (nella cui biblioteca storica ha ora la sede la Dante Alighieri genovese), trascorrendo la giovinezza tra il capoluogo e Monterosso, nelle Cinque Terre. Coltiva da autodidatta interessi letterari e la passione per il bel canto.

Dopo essere stato dichiarato inizialmente inidoneo alla vita militare, nel 1917 partecipa alla guerra come ufficiale in Vallarsa e poi in val Pusteria. Nella sua città

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conosce e frequenta i poeti antidannuziani come Camillo Sbarbaro, Angelo Barile e Adriano Grande al quale porta in lettura le sue prime poesie e che lo guiderà nei suoi primi passi, tanto che a lui dedicherà il suo primo libro di poesie, Ossi di seppia*

(Gobetti 1925). Nello stesso anno firma il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce e, sentendosi a disagio a Genova per la sua scarsa sensibilità culturale, nel 1927 si trasferisce a Firenze, dove dapprima lavora come redattore presso la casa editrice Bemporad e quindi, dal 1929 al 1938, come direttore del Gabinetto Vieusseux, dal quale dieci anni più tardi sarà allontanato per non avere la tessera del Partito Nazionale Fascista. Nel capoluogo toscano conosce i numerosi scrittori (da Vittorini a Gadda e a Landolfi) e pubblica suoi scritti sulle riviste che vi si stampano come “Solaria”, raccogliendo le poesie che daranno vita alla raccolta Le occasioni* (Einaudi 1939). Nel dopoguerra si trasferisce a Milano, dove nel 1948 viene assunto come redattore dal “Corriere della Sera” (inviato spesso all’estero raccoglierà 40 prose di viaggi in Fuori di casa*, Ricciardi 1969) ed è nominato critico musicale del “Corriere d’informazione”; pubblica la terza raccolta di versi La bufera e altro* (Neri Pozza 1956) e il libro di prose d’arte e articoli vari La farfalla di Dinard (ivi 1956) e negli anni seguenti torna alla poesia con Satura* (Mondadori 1971), Diario del ’71 e ’72* (ivi 1974) e Quaderno di quattro anni* (ivi 1977). I suoi scritti sono raccolti in sei volumi col titolo Opera completa* nei Meridiani Mondadori (1986). Nominato senatore a vita nel 1967, nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura e nel 1981 muore a Milano.

Giorgio Caproni nato nel 1912 a Livorno, vi frequenta le scuole elementari, ma nel 1922 la sua famiglia (padre impiegato, ma rimasto senza lavoro al ritorno dalla guerra, e madre sarta) si trasferisce a Genova dove s’iscrive alla scuola complementare e insieme all’istituto musicale “Verdi”, dove studia composizione, solfeggio e violino. Sfumato il proposito di fare il musicista, nel 1931 lavora come commesso in uno studio legale, nella cui biblioteca scopre le poesie di Montale e di Sbarbaro e, frequentando alcuni intellettuali genovesi comincia a dedicarsi alla poesia, esordisce nel 1933 sulla rivista “espero” e nel 1936 pubblica il suo primo

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libro di versi Come un’allegoria* nelle pregevoli edizioni di Emiliano degli Orfini, presso le quali uscirà nel 1938 la seconda silloge Ballo a Fontanigorda. Intanto nel 1934 aveva cominciato a studiare privatamente per conseguire il diploma magistrale, che otterrà nel 1935, quando nell’autunno comincerà la sua carriera di maestro nel paese di Loco, in provincia di Genova nell’alta val Trebbia; e qui conosce Rina Rettagliata che sposa nel 1938 (dalla quale avrà i figli Attilio Mauro e Silvana) lo stesso anno in cui viene trasferito a Roma. Richiamato alle armi nel 1939, partecipa alla guerra e dopo l’8 settembre 1943 torna a Loco dove insegna nella scuola elementare. Dal 1945 vive e fa il maestro a Roma (dove morirà nel 1990), collabora a numerosi giornali e periodici (tra i quali “Il politecnico”) con racconti (poi in parte raccolti in Il labirinto*, Garzanti 1992 e Racconti scritti per forza* a cura di Adele Dei, ivi 2008), ma soprattutto si dedica con assiduità alla poesia, componendo opere fondamentali per il nostro Novecento: Il passaggio di Enea* (Vallecchi 1956), Il seme del piangere* (Garzanti 1959), Congedo del viaggiatore cerimonioso (ivi, 1965), Il muro della terra (ivi, 1975), Il franco cacciatore (ivi, 1982) e Il conte di Kevenhuller* (1986): postumi escono la raccolta Res amissa (ivi, 1991), il Meridiano Mondadori Opera in versi*, a cura di Luca Zuliani (1998), seguito dal volume Tutte le poesie* (Garzanti 2016) a cura di Stefano Verdino, già curatore, tra l’altro, dei carteggi con Mario Luzi (Scheiwiller 2004) e con la moglie (Manni 2006). Attivo anche come traduttore dal francese (Quaderno di traduzioni*, a cura di Enrico Testa, Einaudi, 1998).

Giovanni Giudici nato nel 1924 a Porto Venere, presso La Spezia, e trascorsi i primi anni nel vicino borgo marinaro delle Grazie, dal 1933 al 1955 vive a Roma dove scopre l’attrazione per la poesia, e per quella del Pascoli in particolare, si laurea in Lettere e dove negli anni della guerra, quando il suo antifascismo lo avvicina al Partito d’azione, comincia a scrivere racconti; nel 1948 viene assunto come giornalista da “L’Umanità”. Passa poi a Ivrea per lavorare alla direzione pubblicità e stampa dell’Olivetti, uno dei rari e proficui connubi tra industria e cultura nel Novecento italiano per conto del quale Giudici lavorerà fino al 1980, svolgendo

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contemporaneamente intensa attività giornalistica, collaborando a “l’Unità”, “Paese Sera”, “Rinascita” e “L’Espresso”. Nel 1953 pubblica il suo primo libro di poesie Fiori d’improvviso (Edizioni del canzoniere), cui seguiranno numerose sillogi, tra temi sociali, morali e autobiografici dall’andamento spesso narrativo e, sull’esempio del tanto apprezzato Saba, di diretta comunicativa, tra le quali si ricordano La vita in versi* (Mondadori 1965), Autobiologia* (ivi 1969), O beatrice* (ivi 1972), Il male dei creditori (ivi 1977), Il ristorante dei morti* (ivi 1981), Lume dei tuoi pensieri*

(ivi 1984), Salutz (Einaudi 1986), Fortezza (Mondadori 1990), raccolte poi tutte nel 2000 nel Meridiano Mondadori I versi della vita*. Oltre ad un’intensa attività giornalistica, si è dedicato al teatro (Il Paradiso. Perché mi vinse il lume d’esta stella.

Satura drammatica (Costa & Nolan 1991) e alla traduzione (da Pound, Puskin e Ignazio di Loyola tra gli altri) con i volumi Addio, proibito piangere* (Einaudi 1982) e A una casa non sua* (Mondadori 1997), mentre la sua produzione in prosa è pubblicata in Frau Doktor (ivi 1989) e quella saggistica, segnata da un forte impegno politico espresso con vigore, in La letteratura verso Hiroshima (Editori Riuniti 1976), Andare in Cina a piedi (e/o 1992) e Per forza e per amore (Garzanti 1996) Dopo alcuni anni vissuti a Torino, si stabilisce a Milano nel 1959, ma torna spesso in Liguria nel paese della sua nascita, dove soggiorna sempre più spesso fino al 2011, anno della sua scomparsa.

Edoardo Sanguineti nato nel 1930 a Genova, a quattro anni si trasferisce con la famiglia a Torino dove frequenta la facoltà di Lettere laureandosi nel 1956 con una tesi sulle Malebolge. Già nel 1951 aveva cominciato a frequentare intellettuali non solo torinesi e a praticare una poesia di impronta sperimentale, avviando la stesura di Laborintus (Magenta 1956), senza tralasciare però gli studi letterari e la carriera universitaria che nel 1968 lo porterà a insegnare a Salerno come professore incaricato e quindi nel 1974 come ordinario a Genova dove insegnerà a Lettere fino al 2000.

Fortemente impegnato nel campo del rinnovamento delle arti-dalla letteratura al teatro (con una riduzione dell’Orlando furioso con regia di Luca Ronconi)-e alla

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musica (collaborando con Luciano Berio), che avrà in lui il maggiore punto di riferimento nella seconda metà del 900, vanta un’attività poliedrica difficilmente riassumibile in breve: a cominciare dall’ambito letterario che nel 1961 lo vede tra gli autori della sperimentale antologia I Novissimi* (Einaudi), uno dei punti di partenza del progetto di avanguardia del “Gruppo 63”, per passare alle raccolte di versi Triperuno (Feltrinelli 1964), Wirrwarr (ivi 1972), Postkarten (ivi 1978), Segnalibro*

(ivi 1982), Novissimum testamentum (Manni 1986), Senzatitolo (Feltrinelli 1992) e Corollario (ivi 1997), ai libri in prosa Capriccio italiano (ivi 1963), Il gioco dell’oca (ivi 1967) e Smorfie (Etruscoludens 1986) e all’antologia Poesia italiana del Novecento* (Einaudi 1969). Collaboratore assiduo di quotidiani-“Paese sera”,

“l’Unità” e “Il lavoro” tra gli altri-raccoglie parte degli articoli nei volumi Giornalino* (Einaudi 1976), Giornalino secondo* (ivi 1979) e Scribilli (Feltrinelli 1985), così come altri suoi libri di saggistica sono Ideologia e linguaggio* (ivi 1965) e La missione del critico* (Marietti 1987). Partecipe della vita politica nelle file del PCI, dal 1976 al 1981 è consigliere comunale a Genova e dal 1979 al 1983 deputato alla Camera. Nel 2007 si candida a sindaco di Genova, dove muore nel 2010.

I R E L A T O R I

Francesca Sensini è professoressa associata in Italianistica presso l'Université Côte d’Azur di Nizza e membro del CMMC (Centre de la Méditerranée moderne et contemporaine) della stessa università. Classicista di formazione, dedica prevalentemente le sue ricerche alla letteratura italiana tra Otto e Novecento, agli studi della ricezione classica e agli studi di genere in ambito letterario. Tra le sue pubblicazioni si segnalano i saggi Dall’Antichità classica alla poesia simbolista: i

“Poemi conviviali” di Giovanni Pascoli, Pàtron 2010; Una donna moderna del secolo trascorso: Marise Ferro giornalista, Aracne 2020 (con Federica Lorenzi);

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Pascoli maledetto*, il Nuovo Melangolo, 2020 e La lingua degli dei. L’amore per il greco antico e moderno*, ivi 2021. Ha curato la ristampa dei libri di Marise Ferro La guerra è stupida*, Gammarò 2020 e Le romantiche, SuccedeoggiLibri 2021. In uscita prevista per aprile 2022, "Non c'è cosa più dolce": Le lettere di Giovanni Pascoli ed Emma Corcos, per i tipi del Nuovo Melangolo.

Francesco De Nicola ha svolto la sua attività didattica all’Università di Genova (dove si è laureato in Lettere moderne) per quasi mezzo secolo: dal 1972 al 2020 quando ha terminato come Professore associato i suoi corsi di Letteratura Italiana Contemporanea. All’Università di Genova ha fondato e diretto dal 2010 al 2019 la Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri e, dopo aver insegnato nel 2000 all’Università di Aix-en-Provence, dal 2015 è docente nel master Lenguas Y culturas modernas dell’Università di Granada. Studioso soprattutto di scrittori e problemi della letteratura italiana dell’’800 e del ‘900, è autore di numerosi saggi monografici (Introduzione a Fenoglio*, Laterza 1989, Introduzione a Vittorini*, ivi 1993, Neorealismo*, Bibliografica 1995, Gli scrittori italiani e l’emigrazione, Ghenomena 2008 e Dante tra noi*, De Ferrari 2020), di antologie (La Liguria dei poeti*, ivi 1996, 43 poesie per Genova*, Gammarò 2018) e ha curato l’edizione di importanti opere rare di Fenoglio, Venturi, De Amicis, De Sanctis e le poesie di Bruno Lauzi.

Ha pubblicato con M. T. Caprile Gli scrittori italiani e la Grande Guerra (Ghenomena, 2014) e le Lettere dal fronte a Mario Puccini* di Ungaretti (Archinto 2015). Dal 1974 svolge attività giornalistica e dal 2001 è Presidente della “Dante Alighieri”di Genova.

Carla Boroni, è professore associato di Letteratura Italiana Contemporanea all’Università Cattolica di Brescia. Ha pubblicato numerosi libri di saggistica tra i quali Dall’Innocenza alla Memoria: Giuseppe Ungaretti* (Corbo & Fiore 1992), Giuseppe Ungaretti. Amore e Morte, un percorso lirico (Compagnia della stampa 1999); ha curato la raccolta in due volumi di racconti di Enrico Morovich già usciti sul “Giornale di Brescia” Le parole legate al dito (De Ferrari 2009 e 2010) e nel 2015

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la nuova edizione aggiornata in volume unico I racconti per il “Giornale di Brescia”

per Massetti Rodella. Sul rapporto tra sport e letteratura ha scritto Lo sport nella letteratura del Novecento. Il mondo dello sport raccontato dagli scrittori (Vannini 2005) e Gli scrittori italiani e lo sport (Ghenomena 2012). Per l’editrice Gammarò è uscito Letteratura fra i banchi di scuola* (2018), Figure bresciane nella cultura e nella letteratura tra Otto e Novecento* (2019) e Lo sguardo di Ungaretti (2021). E’

stata Consigliere comunale a Brescia e Presidente della Commissione Pari Opportunità. Dal 2011 al 2016 è stata presidente del Teatro Stabile di Brescia C.T.B.

ed è membro del Comitato scientifico di Fondazione Civiltà Bresciana. Ha collaborato con numerose testate giornalistiche.

Pier Luigi Ferro, professore di Lettere al Liceo Chiabrera di Savona, ha esordito come critico letterario su «La Rassegna della Letteratura italiana» e su «Esperienze Letterarie». Ha curato il volume Adriano Spatola poeta totale*, Costa & Nolan 1992 e ha collaborato alla rivista “Il Ponte” con scritti sulla poesia, narrativa e teatro italiano, raccolti in Attestature. La letteratura italiana tra Novecento e nuovo millennio*, Il Ponte, 2002. Ha curato la ristampa del Verso Libero* di Gian Pietro Lucini, Interlinea 2008 e del Poema del Candore Negro di Farfa, viennepierre, 2009, nonché alcuni fascicoli monografici di “Resine” dedicati a Germano Lombardi, a Nanni Balestrini, al movimento futurista in Liguria e a Lucini. Nel 2010 è uscita la monografia Messe nere sulla Riviera. Gian Pietro Lucini e lo scandalo Besson (Utet) con prefazione di Edoardo Sanguineti. Il suo saggio La penna d’oca e lo stocco d’acciaio (Mimesis, 2014) ha vinto il Premio Feronia Bettini per la saggistica nel 2015. Ha curato (con Stefano Verdino) gli atti del convegno Sbarbaro e gli altri, San Marco dei Giustiniani, 2019 e la voce dedicata ad Adriano Spatola nel Dizionario Biografico degli Italiani.

Enrico Testa è professore ordinario di Storia della lingua italiana all’Università di Genova, dopo aver insegnato come associato la stessa materia all’Università di Siena.

Ha studiato la novella rinascimentale, l’italiano pratico e di comunicazione attraverso

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i secoli e la ricezione del parlato nello scritto e nella lingua letteraria dell’800 e del

‘900 ed è autore dei saggi Il libro di poesia (il Melangolo 1983), Lo stile semplice.

Discorso e romanzo (Einaudi 1997), Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento* (Bulzoni 1999), Montale* (Einaudi 2000 e poi Le Monnier 2008), Eroi e figuranti-Il personaggio nel romanzo* (ivi 2009), L’italiano nascosto.

Una storia linguistica e culturale (ivi 2014) e ha curato il Quaderno di traduzioni*

(ivi 1998) di Caproni, l’antologia Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000* (ivi 2005) e il Quaderno di traduzioni* di Montale (Mondadori 2021). Collabora ad alcuni quotidiani ed è autore di sei raccolte di poesie comprese tra l’esordio con Le faticose attese (San Marco dei Giustiniani 1988) e le più recenti, uscite presso Einaudi: In controtempo* (1994), La sostituzione* (2001), Pasqua di neve (2008), Ablativo (2013, premio Viareggio) e Cairn (2018); ha tradotto il Filottete di Sofocle (Il Mulino, 2021) preceduto da un ampio e profondo saggio introduttivo.

Stefano Verdino (Genova 1953) è professore ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Genova. Si è occupato di poesia contemporanea (Montale, Luzi, Caproni, De Angelis, De Signoribus, Viviani), di autori di Primo Ottocento (Manzoni, Leopardi, Romani, Scrittori reazionari) e del Tasso. Ha curato per i Meridiani l’opera poetica di Mario Luzi* (1998) e ha pubblicato i saggi Anceschi, esperienza della poesia e metodo (il Melangolo 1987), Storia delle riviste genovesi*

(La Quercia 1993), Il racconto della poesia* (De Ferrari 2003), La poesia di Mario Luzi (2006), Il Torrismondo del Tasso* (Dell’Orso 2007); Genova reazionaria. Una storia culturale della Restaurazione* (Interlinea 2012). Nel 2014 per il centenario di Luzi ha curato l’edizione delle Prose (Aragno) e delle Poesie ultime e ritrovate*

(Garzanti). Dirige “nuova corrente”e collabora a “Poesia” e ”L’indice”. E’ membro delle Fondazioni Carlo e Marise Bo dell’Università di Urbino e Giorgio e Lilli Devoto di Genova e dell’Accademia ligure di Scienze e Lettere. Ha vinto i premi per la critica del Centro studi sul teatro medievale (Viterbo 1977), Ossi di seppia (Monterosso 1993), Val di Comino (2004) e Benedetto Croce (Pescara-Sulmona 2005).

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Simona Morando ha studiato nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova dove si è laureata, ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Venezia con borsa postdottorato al Collége de France di Parigi e ora, dopo aver anche insegnato nelle Università di Bergen e di Oslo, è professore associato di Letteratura italiana e Letteratura teatrale nell’Università di Genova. Si occupa prevalentemente di letteratura del Seicento (di Chiabrera, del quale ha curato l’edizione delle Lettere.

1595-1638, Olschky 2003 e, con Luca Beltrami dei Poemetti sacri* (1627-28), Marsilio 2007, di Luca Assarino e di altri e ha pubblicato il volume Il sogno di Chirone. Letteratura e potere del primo Seicento, Argo, 2012), del Novecento, con saggi su Montale e Valéry, Sbarbaro, Pavese, De Signoribus e Benzoni, e di testi teatrali. Di Giovanni Giudici si è occupata, a partire dalla tesi di laurea, poi divenuta un libro (Vita con le parole. La poesia di Giovanni Giudici*, Campanotto, 2001).

Manuela Manfredini è professore associato di Linguistica italiana all’Università degli Studi di Genova, dove dal 2019 è anche responsabile dei corsi di italiano per gli studenti internazionali. Si occupa prevalentemente di lingua letteraria dell’ Ottocento e del Novecento e collabora alla redazione del Sabatini-Coletti. Dizionario della lingua italiana*, Rizzoli-Larousse 2005 e successive edizioni. E’ autrice di numerosi saggi pubblicati in volume e su rivista e delle monografie Oltre la consuetudine.

Studi su Gian Pietro Lucini (SEF 2014) e L’aspra disarmonia. Lingua e scrittura in Edoardo Sanguineti (il Mulino 2020). Ha curato l’edizione critica commentata di Gian Pietro Lucini Il libro delle figurazioni ideali (Salerno editrice 2005) e ha scritto anche sulla lingua poetica di Farfa (in “Resine”, 2009)* e di Remigio Zena (in AA.VV., Le scritture di Remigio Zena, 2018).

Il lettore

Fabio Contu, laureatosi in Storia del Teatro e dello Spettacolo alla Facoltà di Lettere dell’Università di Genova nel 1999, insegna Italiano e Storia nelle scuole superiori

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genovesi dall’anno scolastico 2001-2002. Nel 2017 ha conseguito il Dottorato di Ricerca, con menzione internazionale, presso l’Università di Siviglia, con una tesi sull’attività teatrale e politica di Franca Rame, intitolata Zona Franca (Rame).

Attualmente le Università di Siviglia e di Salamanca in qualità di esperto di Teatro Italiano Contemporaneo. È autore di numerose pubblicazioni e di interventi a congressi, in Italia e all’estero, sul Teatro contemporaneo italiano Dall’anno scolastico 2002-2003 al 2013-2014, presso l’I.P.S.S.A. “Nino Bergese” di Genova Sestri Ponente, ha diretto il Laboratorio di Teatro-Educazione, da lui stesso fondato e con il quale ha partecipato a vari Festival nazionali di Teatro scolastico con numerose collaborazioni con l’Unicef e con l’ANPI di Genova Sestri Ponente e partecipazioni al “Festival Pop della Resistenza” del Teatro della Tosse. Nel 2012 ha fondato, con gli attori Davide Mancini e Angela Ciaburri e col musicista Guglielmo Cassinelli, la Compagnia Teatrale “Randevù”, con cui ha lavorato fino al 2014 e che ha esordito con lo spettacolo Happy New Fear, replicato in diversi teatri. Attualmente dirige, insieme a Marco Pasquinucci e Alberto Lasso, i Laboratori di Teatro-Educazione della scuola primaria “Da Verrazzano” e della scuola secondaria “Durazzo” di Genova Quinto.

Gli amici di Paganini

Roberto Iovino (Genova, 1953), laureato in matematica e diplomato in Musica Corale e Direzione di Coro, dal 1982 al 2018 è stato docente di Storia della musica al Conservatorio “N. Paganini” di Genova, Istituto nel quale ha anche ricoperto la carica di direttore dal 2014 al 2018. Insegna Educazione musicale presso il DISFOR dell’Università di Genova. Critico musicale, scrive per “La Repubblica”, per l’Ansa e, sin dalla sua fondazione, per “Il Giornale della musica”. Per circa vent’anni, a partire dal 1977, ha collaborato con la Rai (Rai 3 e Radio 3) per programmi radiofonici e televisivi, nazionali e regionali. Componente del Comitato artistico del

“Premio Paganini”, ne è stato per alcuni anni “direttore artistico ad interim” e nel 2002 ne ha presieduto la giuria. E’ Presidente dell’Associazione “Amici di Paganini”

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di Genova. Per i suoi studi musicologici ha ricevuto nel 1998 il “Premio internazionale Luigi Illica”. Tra le sue pubblicazioni: Mascagni, l’avventuroso dell’opera* (Camunia 1987), Gli Strauss, una dinastia a tempo di valzer (Giunti 1998), Musica e musicisti nella Storia (Frilli 2002), Sinfonia gastronomica (con Ileana Mattion, Sagep 2006), Conversazioni musicali* di Edoardo Sanguineti, a cura di R. Iovino, il Melangolo 2011 e Marco Sciaccaluga e il Teatro (De Ferrari 2019).

Per il teatro ha scritto e rappresentato: Davanti a lui tremavan le biscrome: il critico in musica (1988), La folle giornata (con A. Milano, 1995), A proposito di Amadeus...

(1999), Paganini, l’ultimo viaggio (con A. Bagnasco, F. Oranges, 2007), Telecamere su Verdi (con A. Nicolini, 2013).

Michele Carraro (Genova 1995) ha iniziato gli studi di pianoforte a quattro an- ni, ha poi studiato privatamente sotto la guida di Gianfranco Carlascio che lo ha seguito fino all'ammissione presso il Conservatorio Paganini, dove si è diploma- to in pianoforte con il massimo dei voti e la lode. Ha terminato gli studi accade- mici di secondo livello sotto la guida di Cesare Castagnoli diplomandosi ancora con il massimo dei voti e la lode. Si è esibito in numerosi concerti sia solistici, sia cameristici, ha frequentato vari corsi di perfezionamento e Masterclass ed è sta- to selezionato come pianista accompagnatore sia per le classi di strumento, sia per il coro del conservatorio. Ha collaborato come membro dell'Orchestra della Cappella Musicale Sauliana in veste di clavicembalista e organista. E' stato scelto, con Gabriele Paiato, quale solista con orchestra con il Concerto per due Pianofor- ti e Orchestra di Mozart e ha poi debuttato, sempre con Gabriele Paiato, presso il Teatro Carlo Felice. Attualmente frequenta i corsi di perfezionamento della Scuola di musica di Fiesole con Bruno Canino in duo pianistico con Clarissa Cara- fa.

Sofia Ferrari, mezzosoprano, giovane artista ventitreenne inizia i suoi studi con il soprano Sara Cappellini Maggiore e prosegue i suoi studi accademici presso il

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Conservatorio Niccolò Paganini di Genova. Oltre ad un’ampia attività concertista, sia in campo sacro che profano, nel 2019 interpreta il ruolo di Cherubino da Le Nozze di Figaro di W.A.Mozart. Nel novembre 2018 debutta la “Petite Messe Solennelle” di G. Rossini come contralto solista.

Valentina Messa si diploma nel '99 al Conservatorio di Venezia con il massimo dei voti, lode e menzione speciale e nel 2007 consegue il Diploma accademico di II livello presso il Conservatorio di Genova con 110, lode e menzione speciale.

Vincitrice di varie borse di studio e premiata in numerosi concorsi nazionali e in- ternazionali, tiene concerti dall'età di tredici anni in sale e per prestigiose socie- tà concertistiche italiane e straniere e ha suonato come solista con l'Orchestra di Padova e del Veneto e la Philarmonische Orchester der Stadt Trier. Svolge inten- sa attivita' cameristica in varie formazioni, è membro stabile di Eutopia Ensem- ble e dal 2009 si dedica all’accompagnamento pianistico, in particolare degli strumentisti ad arco. E’ stata collaboratrice in numerosissime masterclass e cor- si annuali di eminenti artisti ed ha svolto ruolo di pianista ufficiale del concorso violinistico Postacchini di Fermo, nelle ultime due edizioni del Premio Paganini di Genova e del Concorso Violoncellistico Internazionale Mazzacurati di Torino.

Attualmente insegna Pratica e lettura pianistica presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Reggio Emilia, ricopre il ruolo di pianista di sala presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ed è accompagnatrice delle classi di strumento presso il Conservatorio Paganini e presso l'Accademia di Mu- sica di Pinerolo.

Sofia Pezzi consegue il diploma di secondo livello in canto con il massimo dei voti presso il Conservatorio N.Paganini di Genova nel 2016. Frequenta numerose masterclass con cantanti di livello internazionale, quali Sonia Prina, Roberta Mameli, Jill Feldman, Rinaldo Alessandrini, Roberta Invernizzi e Vivica Genaux con

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la quale si sta perfezionando. E’ vincitrice del Concorso Fatima III 2017. Nel giugno 2018 partecipa a Roma al progetto “Enea in Caonia” su un’opera inedita di J.A.Hasse in qualità di cover, sotto la guida del mezzosoprano Vivica Genaux.

Nell’ottobre 2018 debutta nel ruolo di Sesto nel “Giulio Cesare in Egitto” di G.F.Haendel e nel ruolo di Zerlina nel “Don Giovanni” di W.A.Mozart. E’ vincitrice del Concorso internazionale di Canto “Lirica sul Tevere”, presieduto da Katia Ricciarelli, per il ruolo di Tisbe per la messa in scena dell’opera “La Cenerentola”

di G. Rossini nel 2020 a Orte. Nel 2021 ha partecipato al progetto Massenzio 2035, promosso dall’associazione MareNostrum, sotto la direzione del M°

Andrea De Carlo. Svolge un’intensa attività solistica e corale, collaborando con diverse realtà genovesi specializzate nella musica antica, quali l’ensemble Vox Dogalis, orientato prevalentemente verso il repertorio sacro del ‘600-‘700.

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