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Impugnazione licenziamento

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Impugnazione licenziamento

written by Redazione | 21/03/2019

Termini per contestare il licenziamento, sia esso disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) sia esso per motivi aziendali (giustificato motivo oggettivo).

Per contestare un licenziamento non ti basta dare un mandato a un avvocato, ma devi prestare particolare attenzione al rispetto di due termini previsti dalla legge;

in caso contrario la tua domanda verrà rigettata anche se dovesse risultare che hai piena ragione. C’è peraltro un modo per “avere più tempo” per difendersi e quindi allungare il tempo a propria disposizione. Una recente sentenza della Cassazione fa luce sui criteri di calcolo di tali termini [1]. È l’occasione per spiegare come deve avvenire l’impugnazione del licenziamento.

Vediamo dunque tutti i passaggi che deve svolgere un dipendente che intende fare causa al proprio datore di lavoro perché ritiene illegittimo il licenziamento disciplinare (ossia per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) o quello per ragioni aziendali (ad esempio per riduzione del personale, cessazione della mansione, cessione o chiusura del ramo d’azienda, ristrutturazione, ecc.).

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Ti spiegheremo non solo come impugnare il licenziamento ma anche e soprattutto come si calcolano i termini per la contestazione dello stesso, cosa delegare all’avvocato e cosa è possibile fare personalmente. Ma procediamo con ordine.

Chi impugna il licenziamento?

Per impugnare il licenziamento c’è innanzitutto bisogno di inviare all’azienda una lettera di contestazione della risoluzione del rapporto di lavoro.

Questa lettera – di cui parleremo a breve – deve essere spedita entro 60 giorni da quando si è venuti a conoscenza formale del licenziamento (non è sufficiente quindi un’anticipazione a voce da parte di un superiore gerarchico, ma è necessario aver ricevuto la comunicazione ufficiale).

La lettera di contestazione del licenziamento (cosiddetta impugnazione stragiudiziale) può essere scritta e spedita dallo stesso lavoratore. Questo non toglie però che l’interessato possa delegare tale attività a un legale o a un sindacalista dal quale è rappresentato. In tali casi però dovrà controfirmare la lettera per accettazione e ratifica prima della sua spedizione, al di sotto della sottoscrizione dell’avvocato.

In secondo luogo è necessario depositare il ricorso in tribunale, alla sezione lavoro, entro 180 giorni dalla spedizione della lettera precedente (è la cosiddetta impugnazione giudiziale del licenziamento). Quest’ultimo adempimento può essere eseguito unicamente da un avvocato che abbia ricevuto un mandato formale dal dipendente licenziato.

Vediamo singolarmente queste due fasi del procedimento di contestazione del licenziamento.

La lettera di contestazione del licenziamento

Come detto, il lavoratore o un suo difensore deve, entro 60 giorni dal ricevimento della lettera di licenziamento, inviare a sua volta una raccomandata (o una Pec) in cui dichiara di impugnare il licenziamento.

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Si tratta di una comunicazione molto semplice e stringata, che non deve necessariamente contenere le motivazioni dell’impugnazione; è sufficiente che, in essa, sia espressa in modo chiaro la volontà di opporsi al licenziamento. Ad esempio, una possibile formula può essere la seguente: «Io sottoscritto… nato a … e residente in…, premesso che in data… ho ricevuto la lettera di licenziamento e di risoluzione del rapporto di lavoro con qualifica di … presso l’azienda …., con la presente dichiaro formalmente e a tutti gli effetti di legge di voler contestare detto licenziamento e di oppormi ad esso. Con riserva, nei termini di legge, di depositare in tribunale il relativo ricorso».

I 60 giorni decorrono dal ricevimento della comunicazione del recesso presso l’indirizzo del lavoratore e non dal momento, eventualmente successivo, di cessazione dell’efficacia del rapporto di lavoro come nel caso in cui il licenziamento sia avvenuto con il preavviso.

Il lavoratore può comunque dimostrare che egli, senza sua colpa, è stato impossibilitato ad avere conoscenza della lettera di licenziamento.

Il deposito del ricorso in tribunale

Il secondo atto necessario a contestare il licenziamento è il deposito del ricorso in tribunale. Questo adempimento deve essere effettuato dall’avvocato difensore entro 180 giorni che decorrono dalla data di spedizione della lettera di contestazione del licenziamento (la cosiddetta impugnazione stragiudiziale).

La Cassazione, dando continuità a consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadisce che «il termine di decadenza previsto dalla legge decorre appunto dalla trasmissione dell’atto scritto di impugnazione del licenziamento e non dal momento del perfezionamento dell’impugnazione stessa per effetto della sua ricezione da parte del datore di lavoro né dallo spirare del termine di sessanta giorni».

Risulta dunque indifferente il momento in cui l’azienda ha ricevuto la lettera di contestazione da parte del dipendente.

Il che significa anche che, indipendentemente dal perfezionarsi dell’atto (ossia della sua conoscenza da parte del destinatario), il lavoratore deve attivarsi per la promozione del giudizio nei 180 giorni successivi a quando ha inviato la

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contestazione.

Appare evidente che la volontà del legislatore è stata quella di subordinare l’efficacia dell’impugnazione al rispetto di un doppio termine di decadenza, rimesso al controllo di chi impugna. Quest’ultimo infatti deve fare in modo che il destinatario riceva l’atto entro i termini ed attivare, sempre entro il termine prefissato, la fase giudiziaria.

La conciliazione e l’arbitrato

In alternativa al ricorso in tribunale entro 180 giorni, il lavoratore può promuovere nello stesso termine il tentativo di conciliazione e arbitrato. In quest’ultima ipotesi, se il tentativo di conciliazione e arbitrato sia rifiutato dalla controparte o non sia raggiunto un accordo in merito al suo svolgimento, la parte ha 60 giorni per il deposito del ricorso in Tribunale.

Il Codice di procedura civile stabilisce che la richiesta di effettuare il tentativo di conciliazione e arbitrato sospende il decorso di ogni termine di decadenza per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi.

Vediamo che succede se, a seguito della richiesta del lavoratore di un tentativo di componimento stragiudiziale, la procedura di conciliazione ed arbitrato pervenga ad un esito negativo.

Se la procedura promossa dal lavoratore è accettata dal datore, ma si conclude con un mancato accordo (primo caso), il termine di 60 giorni non opera. Resta efficace unicamente l’originario termine di 180 giorni, al quale si aggiunge il periodo di sospensione dei 20 giorni previsto dal codice di procedura civile.

Se, invece, il datore di lavoro rifiuta esplicitamente la richiesta di conciliazione e arbitrato promossa dal lavoratore (secondo caso), si applica il termine successivo di 60 giorni per il deposito del ricorso al giudice del lavoro, ma non quello di 20 giorni di sospensione del termine di decadenza (vanificato dall’immediato “niet”

datoriale alla procedura stragiudiziale).

Infine, qualora la controparte non abbia depositato la propria memoria di difesa nei 20 giorni dalla richiesta di attivare il tentativo di conciliazione e arbitrato (terzo caso), si devono conteggiare sia il termine di sospensione di 20 giorni, il cui spirare costituisce evento significativo di non accettazione della procedura, sia il

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successivo termine di 60 giorni per il deposito del ricorso in Tribunale.

Qualora alla richiesta del lavoratore di svolgere il tentativo di conciliazione e arbitrato consegua il mancato accordo al suo svolgimento per effetto dell’inerzia del datore protrattasi per tutto il termine di sospensione di 20 giorni, residuano ulteriori 60 giorni per attivare il giudizio in Tribunale.

Come allungare i termini per l’impugnazione del licenziamento

Se è vero che il termine di 180 giorni per l’impugnazione giudiziale del licenziamento decorre non già dallo scadere dei 60 giorni necessari all’invio della contestazione stragiudiziale, ma dalla sua materiale spedizione, sarà anche possibile allungare questo termine a proprio piacimento e, comunque, non oltre 60 giorni. Difatti se il dipendente attende la scadenza dei 60 giorni per l’invio della contestazione avrà altri 180 giorni di tempo per decidere la linea difensiva da adottare contro l’azienda. Viceversa, se il dipendente dovesse spedire la raccomandata di contestazione il giorno stesso in cui ha ricevuto il licenziamento, il termine dei 180 giorni inizierebbe a decorrere subito, con conseguente minor tempo per l’avvocato per redigere l’atto di ricorso.

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