Elettrosmog & Campi elettromagnetici in casa come in ufficio: decisamente meglio il Wi-Fi rispetto alla rete cellulare.
Iniziamo con alcune premesse. Ognuno di noi vive in un "mare" di radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti: esse permeano la nostra civiltà e l'inquinamento elettromagnetico, seppur con varie intensità, è diffuso oggi sia nelle aree densamente popolose così come in quelle meno urbanizzate.
Se si parla di campi elettromagnetici si pensa subito alle stazioni radio base per la telefonia cellulare e ai tralicci dell’alta tensione, dimenticando però che anche in ambito domestico tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche accese, quali ad esempio forno a microonde, piano cottura ad induzione, rasoi elettrici ma anche Wi-Fi e cellulari, emettono campi elettromagnetici.
Wi-Fi o rete mobile?
Le antenne Wi-Fi, infatti, emettono onde elettromagnetiche per 0,1 Watt di potenza contro i 3000 Watt delle antenne della rete mobile”.
Scegliere il Wi-Fi significa quindi diminuire drasticamente l’inquinamento elettromagnetico con la stessa qualità di navigazione. “Già a un metro di distanza dal modem Wi-Fi “il valore del campo elettromagnetico si riduce sensibilmente. È sufficiente quindi posizionarlo in un punto della casa in cui le persone non sostano a lungo per ridurre drasticamente l’esposizione personale alle radiazioni”.
Minor elettrosmog per la comunità.
Inoltre, non usando la rete cellulare si evita di aumentare inutilmente l’inquinamento elettromagnetico in un’ampia area per l’utilità di una singola persona. “Un minor carico della rete cellulare significa un minore inquinamento elettromagnetico per la comunità e di conseguenza una minore necessità di continui potenziamenti della rete cellulare
Collegandosi alla rete cellulare in ambienti chiusi come in casa (ma anche in auto, in treno ecc.) la qualità del segnale cellulare è peggiore. Di conseguenza sia il telefono che il ripetitore aumentano la potenza di trasmissione perché fanno più fatica a “collegarsi”.
“Usare la rete cellulare rispetto al Wi-Fi è come leggere un libro usando la luce del lampione stradale, invece che la lampada da tavolo.
Altro mito da sfatare: se si vede sul proprio cellulare le reti Wi-Fi dei vicini di casa, non significa che si è esposti a campi elettromagnetici elevati.
In realtà si vedono tanti segnali perché i ricevitori dei cellulari sono estremamente sensibili e mostrano tutte le reti disponibili, seppur debolissime. È possibile inoltre che nell’elenco delle reti Wi-Fi appaiano anche le reti degli ultimi collegamenti effettuati, pur non essendo raggiungibili in quel momento. Da queste non risulta alcun impatto elettromagnetico.
Con questa lettura torniamo a parlare su di un argomento delicatissimo che viene tuttavia universalmente valutato allo stesso modo dalla comunità scientifica.
Il WiFi non può essere pericoloso e non può essere causa di problemi di salute.
Nuove evidenze scientifiche mostrano come il WiFi non sia dannoso per la salute.
Quando si parla di “presunta intolleranza ai campi elettromagnetici”
Il disturbo a cui si fa riferimento si
chiama elettroipersensibilità (EHS) ma non esistono evidenze scientifiche che forniscano parametri in grado di dimostrare il rapporto di causa-effetto tra sintomi ed esposizione.
Anzi, le conclusioni di tutti gli studi vanno in direzione diametralmente opposta, compresi quelli svolti dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
È vero, i dispositivi WiFi contribuiscono - loro stessi - all'inquinamento elettromagnetico ma il loro apporto è da considerarsi talmente contenuto da essere sostanzialmente insignificante.
Nel caso dei router, degli access point e degli altri dispositivi WiFi le informazioni vengono trasferite usando lunghezze d'onda inferiori a quelle della luce (spettro ottico, visibile): in questi casi non vi sono rischi di alterazione delle molecole che compongono il tessuto del corpo umano (si parla infatti di radiazioni non ionizzanti).
Per capire realmente se il Wi-Fi sia pericoloso per la salute è necessario prendere in considerazione alcuni fenomeni fisici che sono alla base dello standard IEEE 802.11 (Wi-Fi) e di tecnologie di comunicazione similari.
I dati inviati e ricevuti via Wi-Fi, così come accade con le altre tecnologie WLAN, si propagano attraverso onde elettromagnetiche.
Queste provocano la variazione del campo elettrico e del campo magnetico nella zona circostante l'antenna.
Uno degli aspetti più importanti è quello relativo all'intensità dei campi elettromagnetici e quindi al tema delle potenze in gioco.
Le potenze in gioco, nel caso del WiFi, sono davvero molto contenute: il segnale emesso da un router WiFi o da una scheda wireless installata in un PC è solitamente dell'ordine dei 100 milliwatt, valore che è ampiamente al di sotto della soglia considerabile come potenzialmente pericolosa. Non solo! Un router Wi-Fi, inoltre, utilizza basse tensioni, trasmette in tutte le
direzioni e su distanze relativamente lunghe. Dal momento che le onde radio seguono la legge dell'inverso del quadrato (come la luce, il suono e la gravità), ogni volta che si raddoppia la distanza dalla fonte emissiva, si riceve solamente un quarto dell'energia “prodotta”.
Ciò significa che se “vicino” al router Wi-Fi l'assorbimento possa essere pari ad appena 0,1 Watt, a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt e così via. In altre parole, la potenza del segnale Wi-Fi decresce molto rapidamente mano a mano che ci si allontana dal router o dall'access point. Alle normale distanze “operative”, quindi, l'intensità del segnale Wi- Fi è talmente bassa da non esser fonte di alcuna preoccupazione. Il segnale wireless viene insomma a far parte di quel normale inquinamento elettromagnetico di fondo che è generato, ad esempio, dai segnali radio e TV. Nel nostro Paese, come in Europa, qualunque privato può allestire un hotspot WiFi a patto di rispettare le potenze massime consentite ovvero 20 dBm EIRP o 100 mW.
Via a via che ci si allontana dal router o dal dispositivo WiFi la potenza del segnale decresce rapidamente: basti pensare che se un router trasmette con una potenza pari a 100 mW (0,1 W), a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt; a quattro metri 0,00625 Watt e così via.
Quella che viene seguita è infatti la legge dell'inverso del quadrato (così come nel caso della luce, del suono, della gravità). La formula da applicare è molto semplice: 1/d2 dove d è la distanza dal router o dell'access point WiFi.
Quanto riassunto dovrebbe già far decadere i sospetti che, a torto, in molti continuano ad avere sul WiFi.
Spegnere un router WiFi perché si hanno dubbi sulla sua potenziale pericolosità non ha senso se, ad esempio, non si spengono definitivamente il cellulare o lo smartphone: l'assorbimento di onde elettromagnetiche generate da un hotspot WiFi in un intero anno può essere paragonato ad una chiamata su telefonia mobile di appena 20 minuti.
Qualunque "precauzione" assunta in materia di WiFi, quindi, viene automaticamente annullata con l'utilizzo dei normali cellulari.
Gli studi accademici pubblicati fin quì ad oggi scagionano il WiFi: non fa male alla salute.
Tra le domande più ricorrenti vi sono indubbiamente quelle relative alla presunta pericolosità delle reti Wi-Fi attive sul posto di lavoro oppure a casa. Quanto il Wi-Fi è pericoloso per la salute e davvero ci sono rischi nell'utilizzare connessioni senza fili?
È proprio l'OMS ad affermare come non vi siano evidenze scientifiche di possibili danni alla salute in seguito all'esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza generati da sistemi di comunicazione Wi-Fi.
Kenneth R. Foster, professore emerito dell'Università della Pennsylvania (USA), ha pubblicato un nuovo interessante studio sul WiFi con cui fornisce alcune evidenze scientifiche per confutare i
dubbi di coloro che ancor oggi considerano router e access point wireless come un pericolo.
Foster conferma quanto illustrato in apertura spiegando che le radiofrequenze (RF) sono radiazioni non ionizzanti.
I dispositivi WiFi in particolare lavorano nello spettro delle microonde, in generale compreso tra 300 MHz e 300 GHz. Questa stessa ragione dello spettro delle frequenze è utilizzata per ogni genere di attività legata alla telecomunicazione. Per tipologia degli impulsi utilizzati e per le potenze in gioco, un router o un access point che funzionano alla loro massima capacità possono essere paragonati, al massimo, all'attività di un singolo telefono mobile in uso all'interno del medesimo ambiente.
L'esperto cita anche lo studio del 2017 elaborato da Lena Hedendahl e dai colleghi svedesi in ambienti scolastici. Le conclusioni hanno dimostrato come il livello di esposizione a radiofrequenze dei singoli individui all'interno della scuola con l'utilizzo continuo di un router WiFi fosse esattamente identico a quello rilevato all'esterno degli ambienti scolastici.
Più di recente un gruppo di studiosi capeggiato da Elisabeth Cardis (Università di Barcellona) ha verificato i livelli di esposizione di circa 530 ragazzi di età comprese tra 8 e 18 anni in diverse nazioni. Il risultato? Le esposizioni da RF nelle scuole erano generalmente paragonabili o inferiori a quelle registrate in altri ambienti: Il 95% dei bambini aveva il WiFi a casa, e tre quarti di loro usavano telefoni cellulari, con più di un terzo degli studenti che accedono a Internet tramite telefoni cellulari per più di 30 minuti al giorno.
In conclusione, le esposizioni ai segnali WiFi sono molto al di sotto dei limiti di sicurezza e generalmente inferiori alle esposizioni da altre fonti RF. E mentre il nostro mondo è letteralmente inondato di radiofrequenze provenienti dalle sorgenti più disparate, il WiFi rappresenta solo una piccolissima parte del totale.
Il Wi-Fi è pericoloso per la salute? I falsi miti da sfatare.
Come rileva anche l'Istituto Superiore di Sanità, i livelli di esposizione (si pensi ad esempio ai comuni router od access point Wi-Fi installati in ufficio o a casa) sono poi molto inferiori ai limiti di esposizione raccomandati a livello internazionale e a quelli in vigore in Italia.
Per capire realmente se il Wi-Fi sia pericoloso per la salute è necessario prendere in considerazione alcuni fenomeni fisici che sono alla base dello standard IEEE 802.11 (Wi-Fi) e di tecnologie di comunicazione similari.
I dati inviati e ricevuti via Wi-Fi, così come accade con le altre tecnologie WLAN, si propagano attraverso onde elettromagnetiche. Queste provocano la variazione del campo elettrico e del campo magnetico nella zona circostante l'antenna.
Uno degli aspetti più importanti è quello relativo all'intensità dei campi elettromagnetici e quindi al tema delle potenze in gioco.
Wi-Fi e frequenza del segnale
In fisica lo spettro elettromagnetico riassume l'insieme di tutte le possibili frequenze delle radiazioni elettromagnetiche. Le varie frequenze sono suddivise in bande e lo spettro ottico indica quelle radiazioni che sono visibili all'occhio umano.Oltre i limiti inferiore e superiore dello spettro ottico, vi sono bande di frequenze non percepibili dall'occhio umano con cui però ci troviamo ad interagire ogni giorno. Si parte dai segnali radio con lunghezza d'onda più ampia (dell'ordine dei metri) per poi passare alle microonde, all'infrarosso, allo spettro visibile, fino all'ultravioletto, ai raggi X ed ai raggi gamma (lunghezza d'onda infinitesimale, dell'ordine dei picometri e frequenza invece elevatissima;
Le radiazioni caratterizzate da una lunghezza d'onda molto contenuta sono le più pericolose e sono dette ionizzanti (si pensi all'ultravioletto, ai raggi X e ai raggi gamma).
Tali radiazioni, infatti, trasportano sufficiente energia per ionizzare atomi o molecole (ovvero, in fisica, per rimuovere completamente un elettrone da un atomo o molecola).
I router Wi-Fi trasmettono informazioni utilizzando radiazioni non ionizzanti: ciò significa che la lunghezza d'onda è inferiore a quella della luce (spettro ottico, visibile) ed, in questi casi, non vi sono rischi di alterazione delle molecole. Un'analoga osservazione può essere quindi fatta non soltanto per le microonde (caso del Wi-Fi) ma anche per l'infrarosso e le onde radio.
Per quanto sin qui illustrato, allo stato attuale l'utilizzo di connessioni Wi-Fi non sembra poter avere alcuna conseguenza negativa sulla salute.
Precauzioni maggiori dovrebbero essere poste in esse, piuttosto, sull'utilizzo dei telefoni cellulari, soprattutto in considerazione del fatto che – normalmente – si tratta di oggetti che vengono mantenuti per lungo tempo a contatto con la testa e quindi a brevissima
distanza da un organo vitale qual è il cervello. Basti pensare che la
“dose” di radiazioni assorbita dal corpo umano durante una chiamata di 20 minuti è pari a quella che si assorbirebbe in un intero anno ponendosi in un'area coperta da una rete Wi-Fi Le radiazioni complessivamente emesse da venti notebook con Wi- Fi attivato e due router wireless possono essere paragonate, più o meno, a quelle propagate da un unico telefono cellulare. Un router Wi-Fi non è mai posto troppo vicino al corpo e spesso, addirittura, si trova in un altro locale (basti ricordare la legge dell'inverso del quadrato e tenere in considerazione il fatto che, ad esempio, le pareti riducono di molto la potenza del segnale).
A scopo meramente precauzionale, può essere ragionevole non sedersi a meno di un metro di distanza dal router Wi-Fi e non tenere, ad esempio, il portatile appoggiato sulle gambe mentre lo si utilizza.
In definitiva, allo stato attuale, non vi sono motivi per ritenere che le connessioni Wi-Fi possano avere un impatto negativo sulla salute. I router Wi-Fi, le schede wireless, le antenne Wi-Fi installate negli smartphone e nei tablet, come precedentemente evidenziato, emettono radiazioni non ionizzanti: non modificano cioè la struttura delle molecole né tanto meno alterano cellule e DNA ma interagiscono con i tessuti umani solamente attraverso la generazione di calore. Ad un'intensità bassa, insomma, le onde elettromagnetiche non ionizzanti non rappresentano alcun pericolo perché ingenerano troppo poco calore per scaldare in modo significativo un tessuto.
Aumentando l'intensità posso aumentare i danni da surriscaldamento ma quelli dovuti alla ionizzazione rimangono sempre assenti nel caso di radiazioni non ionizzanti come quelle di un cellulare, di un router Wi-Fi o di un'antenna WLAN.
LO STAFF HOUSTON