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ALIQUOTA CONTRIBUTIVA APPLICABILE AGLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA SOTTOPOSTI AD UN REGIME DI PREVIDENZA OBBLIGATORIA IN UN PAESE STRANIERO

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XVII

PRASSI AMMINISTRATIVA

ALIQUOTA CONTRIBUTIVA APPLICABILE AGLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA SOTTOPOSTI AD UN REGIME DI PREVIDENZA OBBLIGATORIA IN UN

PAESE STRANIERO.

RISPOSTA DEL MINISTERO DEL LAVORO A INTERPELLO

Il Ministero del Lavoro, in risposta a una istanza di interpello, ha chiarito che, in assenza di una convenzione internazionale specificamente derogatoria, ai fini della determinazione dell’aliquota contributiva da applicare a un contratto di collaborazione, anche a progetto, svolto in Italia, è irrilevante la sottoposizione del lavoratore ad un sistema di previdenza obbligatoria in un Paese diverso dall’Italia38.

Dall’assunto ministeriale, basato sul principio di territorialità della legge applicabile, consegue pertanto che, al lavoratore assicurato presso un sistema di previdenza obbligatoria di uno stato estero, che intraprenda attività di collaborazione in Italia, dovrà sempre essere applicata l’aliquota contributiva maggiore, prevista per i soggetti iscritti alla gestione separata non assicurati ad altre forme di previdenza obbligatoria.

Riportiamo qui di seguito il contenuto della risposta del Ministero.

“Prot. 25/I/0011606

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – applicabilità dell’aliquota prevista per gli iscritti “ad altre forme di previdenza obbligatoria” per i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS che risultino contemporaneamente sottoposti in un Paese straniero ad un regime di previdenza obbligatoria.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato richiesta di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito alla possibilità di assoggettamento all’aliquota prevista per gli iscritti “ad altre forme di previdenza obbligatoria” del lavoratore iscritto alla gestione separata INPS, che risulti altresì sottoposto in un Paese straniero ad un regime di previdenza obbligatoria.

L’interpellante, in particolare, richiede se l’assoggettamento al regime di previdenza obbligatoria di uno Stato estero, combinato con l’iscrizione in Italia alla gestione separata INPS, possa essere considerato un presupposto assimilabile alla assicurazione previdenziale “presso altre forme obbligatorie” ai fini dell’applicazione dell’aliquota di contribuzione del 10% fino al 31 dicembre 2006 che, a partire dal 1 gennaio 2007 è pari al 16% (art. 1, comma 770, L. n. 296/2006) e, a partire dal 1° gennaio 2008, è pari al 17% (art. 1, comma 79, L. n. 247/2007).

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale per le Politiche Previdenziali e dell’INPS, si osserva quanto segue.

Per la soluzione del quesito proposto, che riguarda il caso di contemporanea iscrizione di un lavoratore sia alla gestione separata INPS in Italia, sia ad un regime previdenziale di un Paese straniero, è necessario richiamare le norme di diritto internazionale privato vigenti nel nostro Paese.

Sia per quanto riguarda la regolamentazione del contratto di lavoro individuale, sia per quanto riguarda la materia contributiva, al fine di individuare la norma nazionale applicabile, vale a dire se debba trovare applicazione il diritto italiano ovvero quello del Paese estero, si deve utilizzare il cd. principio di territorialità. Infatti, ai sensi dell’art. 57, L. n. 218/1995, la legge nazionale applicabile alle obbligazioni contrattuali in materia di lavoro è quella dell’esecuzione del

38 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpello n. 35/2008.

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XVIII

contratto, vale a dire la legge italiana, come disposto dall’art. 6 della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, ratificata dalla L. n. 975/1984 ed espressamente richiamata dal citato art. 57 della L. n. 218/1995.

Per quanto riguarda poi le “obbligazioni nascenti dalla legge”, tra cui naturalmente si collocano le obbligazioni nascenti dalle leggi in materia previdenziale, l’art. 61 della L. n. 218/1995 dispone a sua volta l’applicazione della normativa nazionale del luogo in cui avviene il fatto da cui deriva l’obbligazione, il che significa che anche in materia previdenziale si applica il diritto italiano.

Naturalmente, il principio generale di territorialità può essere derogato per via pattizia, qualora vengano stipulate convenzioni internazionali tra l’Italia e uno o più Paesi stranieri (ad es. tra i Paesi della Comunità Europea vige il Regolamento CEE 1408/71 in materia di distacco, che deroga al principio di territorialità).

Con riferimento al caso in esame, si osserva che costituisce applicazione del principio di territorialità la previsione della circolare INPS n. 164/2004, la quale assoggetta alla legge italiana i redditi da collaborazione prodotti in Italia qualora gli stessi siano corrisposti dallo Stato italiano o da soggetti residenti nello Stato italiano, ovvero da stabili organizzazioni presenti nel territorio dello Stato italiano riconducibili a soggetti non residenti.

In particolare l’INPS ha stabilito che i redditi da collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nell’attuale qualificazione di redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente (art. 50 TUIR) che siano percepiti da soggetti non residenti sono sottoposti alla legge italiana e pertanto devono essere considerati imponibili ai fini contributivi, “se l’attività è svolta in Italia o, comunque, se il committente è italiano”.

Per tali motivi, sempre sulla base del principio di territorialità, si ritiene che l’applicazione della legge italiana – ed in particolare dell’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, che prevede differenti aliquote contributive – trovi i propri naturali limiti in senso territoriale nelle attività svolte nel territorio italiano sottoposte alla legge italiana stessa. Da ciò consegue l’irrilevanza delle attività svolte all’estero con riferimento alla questione oggetto del quesito.

Dunque, la previsione dell’aliquota del 17% per i titolari di assicurazione ad altre forme obbligatorie è una norma di diritto interno e, sulla base del principio di territorialità, è applicabile solo per le attività lavorative che si svolgono in territorio italiano. Entrambe le attività, cioè sia quella che comporta l’iscrizione alla gestione separata INPS, sia quella che comporta l’assicurazione ad altre forme obbligatorie, devono riferirsi a rapporti per cui si applica il diritto italiano.

Infatti, quale conseguenza dell’applicazione del principio di territorialità, deriva che agli eventi che si svolgano in Italia si applica il diritto italiano e che agli eventi che si svolgano in un altro Paese si applica invece il diritto di quel medesimo Paese, senza che vi siano conseguenze giuridiche che connettano le norme dei diversi ordinamenti rispetto ad attività lavorative tra loro indipendenti e che si svolgano in Paesi diversi.

Sulla base di quanto sopra argomentato, pertanto, si ritiene irrilevante per il diritto italiano – in mancanza di una convenzione di diritto internazionale specificamente derogatoria – la sottoposizione di un lavoratore ad un sistema di previdenza obbligatoria in un Paese diverso dall’Italia ai fini del computo dell’aliquota contributiva da applicarsi, sulla base del diritto italiano, al contratto di collaborazione, anche a progetto, che il medesimo lavoratore abbia in Italia”.

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XIX

ASSUNZIONI AGEVOLATE DALLA MOBILITA’ E TRASFERIMENTO D’AZIENDA

La Direzione generale per l’attività del Ministero del lavoro, con risposta a interpello n. 18/200939, ha avvalorato la legittimità della fruizione delle agevolazioni contributive40 in caso di riassunzione di personale posto in mobilità anche in ipotesi di trasferimento, purché siano decorsi 6 mesi dalla data del licenziamento.

Il genuino ricorso alle agevolazioni contributive ha alcune limitazioni volte a evitare comportamenti fraudolenti da parte dei datori di lavoro:

• i benefici contributivi sono esclusi per le imprese che procedano entro sei mesi dal licenziamento all’assunzione dei lavoratori precedentemente collocati in mobilità in forza di una norma che riserva loro un diritto di precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro lo stesso semestre41;

• i benefici non sono ammessi con riferimento a quei lavoratori collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Un’ipotesi sottratta al riconoscimento delle agevolazioni per assunzioni dalla mobilità è quella relativa al trasferimento d’azienda, in quanto, l’art. 2112 del Codice civile, prevede che il rapporto di lavoro continui con il cessionario e vi sia, per tutti i lavoratori, la conservazione di tutti i diritti già acquisiti.

Nell’interpello in esame, l’interprete ministeriale ha evidenziato l’ampio significato che ha assunto il concetto di trasferimento d’azienda.

In effetti, esso si realizza mediante qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata che conserva nel trasferimento la propria identità, indipendentemente dalla tipologia ne goziale utilizzata.

La giurisprudenza prevalente afferma che i benefici contributivi sono legittimamente riconosciuti solo nel caso in cui il personale in esubero sia effettivamente sussistente e pertanto si sia verificata l’effettiva cessazione dell’impresa originaria e le nuove assunzioni da parte di altra impresa siano l’effetto di una libera scelta imprenditoriale42.

Dalla normativa esaminata e dalla giurisprudenza richiamata, il Ministero ha confermato quanto aveva già chiarito con una risposta a un interpello del 200643: le disposizioni prevedono che le agevolazioni contributive vengano riconosciute esclusivamente per assunzioni date da reali esigenze economiche e non finalizzate al solo godimento di incentivi attraverso fittizie interruzioni come nel caso di trasferimento del lavoratore già precedentemente deciso.

E’ bene quindi ribadire che l’impresa, che ha collocato in mobilità i lavoratori, può riassumerli godendo dei benefici contributivi ed economici dopo che siano passati almeno sei mesi dal licenziamento.

39 Interpello n. 18 del 20 marzo 2009, prot./I/0003905.

40 Legge 23 luglio 1991, n. 223,art. 8, c. 2 e 4.

41 Legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 15, c. 6.

42.Cassazione n. 15207/2002; Cassazione n. 15652/2001.

43 Interpello del 13 luglio 2006, prot. 000/I/1564.

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XX

ESTENSIONE DEL DIRITTO AL CONGEDO STRAORDINARIO Art. 42 del Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 5 dell’art.42 del Decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non include, nel numero dei soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario, il figlio convivente qualora non vi siano altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave44.

In seguito alla predetta sentenza, l’INPS ha fornito istruzioni precise individuando i soggetti che hanno il diritto a godere del congedo straordinario e l’ordine di priorità in base al quale si può essere ammessi allo stesso.

I soggetti che possono godere del congedo di cui all’art. 42, D.lgs.151/2001 sono, nell’ordine:

a) coniuge della persona gravemente disabile qualora convivente con la stessa;

b) genitori, naturali o adottivi e affidatari, del portatore di handicap grave;

c) fratelli o sorelle – alternativamente - conviventi con il soggetto portatore di handicap grave;

d) figlio convivente con la persona in situazione di disabilità grave.

I predetti parenti del soggetto con grave disabilità possono godere del congedo solo se vengono rispettate determinate condizioni che l’Istituto ha espressamente indicato nella circolare allegata45.

44 Corte Costituzionale, sentenza n. 19 del 30 gennaio 2009.

45 INPS, circolare n. 41 del 16 marzo 2009.

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Direzione Centrale

Prestazioni a Sostegno del Reddito Direzione Centrale

Sistemi Informativi e Tecnologici

Ai Dirigenti centrali e periferici Ai Direttori delle Agenzie

Ai Coordinatori generali, centrali e Roma, 16 Marzo 2009 periferici dei Rami professionali

Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici

Circolare n. 41 e, per conoscenza,

Al Commissario Straordinario

Al Presidente e ai Componenti del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza

Al Presidente e ai Componenti del Collegio dei Sindaci

Al Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo

Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse

Al Presidente della Commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati Ai Presidenti dei Comitati regionali Ai Presidenti dei Comitati provinciali

OGGETTO: ||Estensione del diritto al congedo di cui all’ art. 42, comma 5, D.Lgs.

151/2001 al figlio convivente con la persona in situazione di disabilità grave.|||

SOMMARIO: La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 42, comma 5, del D.L.gs 151/2001 nella parte in cui non prevede per il figlio convivente con la persona in situazione di disabilità grave, il diritto a fruire del congedo indicato in assenza di altri soggetti idonei a prendersene cura.

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 19 del 26 gennaio 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del D.L.gs 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) nella parte in cui non include, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.

Secondo il dispositivo della sentenza, pertanto, il congedo di cui trattasi può essere riconosciuto al figlio convivente del portatore di handicap grave, qualora non vi siano altri soggetti idonei a prendersene cura.

Ai fini dell’erogazione dell’indennità connessa alla fruizione del congedo di cui trattasi, si forniscono le indicazioni che seguono.

SOGGETTI AVENTI DIRITTO

Alla luce della sentenza in oggetto, hanno titolo a fruire del congedo in argomento i lavoratori dipendenti secondo il seguente ordine di priorità:

a) coniuge della persona gravemente disabile qualora convivente con la stessa;

b) genitori, naturali o adottivi e affidatari, del portatore di handicap grave nel caso in cui si verifichi una delle seguenti condizioni:

• il figlio non sia coniugato o non conviva con il coniuge;

• il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;

• il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame;

c) fratelli o sorelle – alternativamente - conviventi con il soggetto portatore di handicap grave, in caso si verifichino le seguenti due condizioni:

1) il fratello portatore di handicap grave non sia coniugato o non conviva col coniuge, oppure, laddove sia coniugato e convivente col coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni:

• il coniuge non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;

• il coniuge abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame;

2) entrambi i genitori siano deceduti o totalmente inabili;

c) figlio convivente con la persona in situazione di disabilità grave, in caso si verifichino le seguenti quattro condizioni:

1) il genitore portatore di handicap grave non sia coniugato o non conviva col coniuge, oppure, laddove sia coniugato e convivente col coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni:

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• il coniuge non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo,

• il coniuge abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame;

2) entrambi i genitori del portatore di handicap siano deceduti o totalmente inabili;

3) il genitore portatore di disabilità grave non abbia altri figli o non conviva con alcuno di essi, oppure laddove abbia altri figli conviventi, ricorra una delle seguenti situazioni:

• tali figli (diversi dal richiedente il congedo) non prestino attività lavorativa o siano lavoratori autonomi;

• I figli conviventi (diversi dal richiedente il congedo) abbiano espressamente rinunciato a godere del congedo in esame per il suddetto genitore nel medesimo periodo;

4) il portatore di disabilità grave non abbia fratelli o non conviva con alcuno di essi, oppure, laddove abbia un fratello convivente, ricorra una delle seguenti situazioni:

• il fratello convivente non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;

• il fratello convivente abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame.

MODULISTICA

Sono in corso di aggiornamento su “modulistica on line” i modelli di domanda che terranno conto delle innovazioni introdotte dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 19/2009.

AMBITO DI APPLICAZIONE

Le sedi potranno riesaminare le richieste già pervenute relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto. L’indennità si prescrive nel termine di un anno (art. 2963 C.C.) decorrente dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile a titolo di congedo.

Il Direttore generale Crecco

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XXIV

INCENTIVI ECONOMICI IN CASO DI TRASFORMAZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO DI INSERIMENTO IN CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO

Il Ministero del Lavoro, con interpello n. 14/200946 in risposta ad apposita istanza avanzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, si è pronunciato sul tema degli incentivi economici riconosciuti al datore di lavoro in caso di assunzione tramite contratto di inserimento.

Nello specifico, l’istante si è rivolto al dicastero per chiedere se, nel caso in cui il datore provveda a trasformare il contratto di inserimento in un cont ratto a tempo indeterminato in via anticipata (cioè prima della scadenza del termine apposto in origine al contratto di inserimento) pur continuando a svolgere l’attività formativa in favore del lavoratore, lo stesso datore possa, o meno, mantenere il diritto di beneficiare degli incentivi economici fino al termine originario del contratto d’inserimento.

In premessa, il Ministero accenna brevemente alla cornice normativa che disciplina il contratto di inserimento.

A tal proposito viene richiamato il d.lgs. 276/200347 che, tra le varie misure adottate per la promozione dei tassi di occupazione e della stabilità del lavoro, agli artt. 54-59 introduce la nuova fattispecie del contratto di inserimento.

Il legislatore del 2003, nella convinzione che questa nuova tipologia contrattuale potesse agevolare l’inserimento (o reinserimento) nel mondo del lavoro di soggetti in difficoltà occupazionale tassativamente indicati dalla legge, decise di incentivare il ricorso ad essa con l’introduzione di appositi benefici economici da concedere ai datori in caso di assunzione attraverso contratti di inserimento48.

Di questi benefici si occupa l’art. 59, 3° comma del d.lgs. 276/2003, il quale richiama “gli incentivi economici previsti dalla disciplina vigente in materia di contratto di formazione e lavoro” per le categorie di lavoratori indicate dall’art. 54, comma 1, lettere b), c), d), e) e f) d.lgs. 276/200349.

Una volta evidenziata l’esistenza di questo espresso rinvio, il Ministero prosegue la propria esposizione analizzando la normativa sul contratto di formazione e lavoro richiamata che, come noto, è contenuta nell’art. 3 del d.l. 726/198450, nonché nell’art. 16 del d.l. 299/199451.

46 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, interpello n. 14 del 20 febbraio 2009.

47 Decreto Legislativo di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (c.d. Legge Biagi).

48 Oltre ai benefici economici sopra riportati, per completezza informativa ricordiamo che il D.lgs. 276/2003, all’art. 59 1° e 2° comma, riconosce (sempre in caso di assunzione con lo strumento del contratto di inserimento) la fruizione di tutta una serie di altri incentivi che vengono definiti come normativi. Tuttavia, sia l’istanza di interpello avanzata dal Consiglio dell’Ordine, sia la relativa risposta del Ministero, si occupano esclusivamente dei primi.

49 Le categorie in questione, sono le seguenti: b) disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni; c) lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro; d) lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni; e) donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro sessanta gio rni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile; f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

In sostanza, gli incentivi economici sono accordati per le assunzioni di tutte le categorie per le quali è ammesso il ricorso a questo particolare tipo di contratto, ad eccezione della categoria di cui alla lettera a) soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni.

50 D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863.

51 Decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, “ Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali”.

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XXV

In particolare, al centro dell’attenzione viene posto l’art. 3, comma 11, d.l. 726/1984 che, nel prevedere il caso in cui il rapporto di formazione e lavoro venga convertito in un rapporto a tempo indeterminato in via anticipata, decreta il diritto del datore a continuare a fruire dei benefici economici fino alla scadenza del termine originariame nte previsto dal contratto di formazione e lavoro.

Fatte le considerazioni di cui sopra, e posto che: a) al contratto di inserimento si applica la normativa sui benefici economici prevista per il contratto di formazione e lavoro; b) nell’ipotesi di trasfo rmazione anticipata del contratto di formazione e lavoro in contratto a tempo indeterminato i benefici economici continuano ugualmente a valere fino alla data originariamente stabilita come termine per il primo contratto; si poneva il problema (per la risoluzione del quale è, appunto, stato interpellato il dicastero) di capire se, per analogia, anche nell’ipotesi di trasformazione anticipata del contratto di inserimento in contratto a tempo indeterminato, i benefici economici potessero continuare ugualmente a valere fino alla data originariamente stabilita come termine per il contratto di inserimento.

In proposito, il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno mantenere separate le due forme contrattuali, sottolineando che: “nonostante ricorra una parziale sovrapposizione di disciplina normativa, il contratto di inserimento costituisce una tipologia contrattuale autonoma e distinta rispetto al contratto di formazione e lavoro”. Infatti, nel primo caso, “il legislatore ha privilegiato la finalità di inserimento o reinserimento piuttosto che la finalità meramente formativa, tanto che il contratto d’inserimento non può essere annoverato tra i contratti a contenuto formativo, quanto piuttosto tra i contratti a termine “di tipo soggettivo”, ossia diretti all’inserimento di soggetti in difficoltà occupazionale espressamente indicati dalla legge”.

Alla luce di queste valutazioni, giunge alla conclusione che: “in caso di trasformazione anticipata del contratto d’inserimento in contratto di lavoro a tempo indeterminat o, gli incentivi economici di cui all’art. 59, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 non potranno più essere fruiti, quand’anche prosegua lo svolgimento dell’attività di formazione”.

Il dicastero sottolinea, altresì, che questa sua presa di posizione non costituisce una novità assoluta, bensì si allinea ad un orientamento interpretativo già tracciato dallo stesso con una precedente circolare n. 31 del 21 luglio 2004, seguita, a sua volta, da un’interpretazione fornita dall’INPS52 di identico tenore.

52 Ci si riferisce alla circolare n. 74 del 19 maggio 2006. Essa è piuttosto significativa in quanto, al paragrafo n. 2, l’INPS afferma inequivocabilmente che: “il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha ribadito infine che le agevolazioni contributive ex art. 59, c. 3, del D. Lgs. n. 276/2003 trovano applicazione esclusivamente per la durata dei contratti di inserimento o reinserimento”.

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