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composti intracellulari ad elevato

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Sardegna FESR 2014/2020 - ASSE PRIORITARIO I

“RICERCA SCIENTIFICA, SVILUPPO TECNOLOGICO E INNOVAZIONE”

Azione 1.1.4 Sostegno alle attività collaborative di R&S per lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili, di nuovi prodotti e servizi

Progetto COMISAR “COltivazione di ceppi MIcroalgali SARdi per applicazioni innovative nei settori agro- alimentare, nutraceutico, cosmetico e ambientale”

Relazione a cura di: Alessandro Concas

Organismo di Ricerca: Centro di Ingegneria e Scienze Ambientali (CINSA) e Centro di Ricerca Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna (CRS4)

Progetto Cluster Top Down: COltivazione di ceppi MIcroalgali SARdi per applicazioni innovative nei settori agro-alimentare, nutraceutico, cosmetico e

ambientale (COMISAR)

Rapporto tecnico sul WP-5 Sviluppo e ottimizzazione di

tecnologie di estrazione dei composti intracellulari ad elevato

valore aggiunto.

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WP-5. Sviluppo e ottimizzazione di tecnologie di estrazione dei composti intracellulari ad elevato valore aggiunto.

Il WP-5 riguardava i processi di downstream (a valle della coltivazione) e in particolare Io sviluppo e l’ottimizzazione tecno-economica dei processi di distruzione cellulare ed estrazione dei prodotti ad alto valore aggiunto dalle alghe, ossia i lipidi. Per perseguire tale obiettivo questo obiettivo realizzativo è stato articolato come mostrato nella Figura 1.

Figura 1. Schema a blocchi dell’articolazione dell’obiettivo realizzativo WP-5

In particolare, nell’ambito del primo sotto-obiettivo si è individuata la tecnica di distruzione cellulare e di estrazione e successivamente sono state individuate le condizioni operative che ne consentivano l’ottimizzazione in termini di resa lipidica. Successivamente, in fase di progetto si era deciso di mettere a punto tecniche per massimizzare la purezza del prodotto estratto. Come si potrà notare nel seguito però il prodotto estratto presentava già livelli di purezza molto elevati (80-99 %wt) per cui provare a incrementare ulteriormente la purezza avrebbe determinato un incremento dei costi del processo rispetto ai potenziali benefici (ossia incremnti molto limitati di purezza). Pertanto questo sotto-obiettivo non è stato ulteriormenet sviluppato. Infine, nell’ambito del sotto obiettivo WP- 5.3 sono state investigate in via preliminare le potenzialità di una tecnica di estrazione basata sull’utilizzo di solventi ambientalmente sostenibili quali la CO2 super critica.

Sviluppo e ottimizzazione di tecnologie di estrazione dei composti intracellulari ad elevato valore aggiunto.

WP.5.1

Sviluppare tecniche di estrazione dei composti utili

dalle alghe che consentano di perseguire il compromesso ottimale tra resa di estrazione, purezza finale del composto e costi

del processo di estrattivo

WP.5.2

Massimizzare la purezza del prodotto estratto in modo da incrementare il

prezzo di vendita

WP.5.3

Individuare solventi e/o miscele “environmental friendly” per limitare gli impatti ambientali di tale

fase operativa.

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WP-5.1. Sviluppare tecniche di estrazione dei composti utili dalle alghe che consentano di perseguire il compromesso ottimale tra resa di estrazione, purezza finale del composto e costi del processo di estrattivo.

Diversamente dalle cellule animali quelle vegetali da una parete cellulare particolarmente spessa, e quindi l’estrazione dei lipidi contenuti nel citoplasma delle alghe richiede una fase preliminare di distruzione della parete cellulare delle stesse. Infatti, questo consente ai solventi che formano complessi con i lipidi di diffondere più facilmente nel prodotto della ‘disruption’ e separarli dalla matrice acquosa. La tecnica sviluppata, basata su una fase disruption con reagente di Fenton, segue concettualmente le fasi mostrate nella figura seguente.

Figura 2. Schema dei meccanismi coinvolti nella tecnica di estrazione dei lipidi sviluppata.

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Una volta separata la fase solvente in cui si sono concentrati i lipidi dalla fase acquosa è poi possibile concentrare i lipidi facendo evaporare i solventi mediante fornitura di calore. Rispetto poi alle fasi mostrate in figura, nel presente progetto è stata aggiunta una fase preliminare costituita da un ciclo di congelamento/scongelamento che aveva come obiettivo quello di produrre una sollecitazione meccanica sulla parete cellulare dovuta all’espansione del ghiaccio citoplasmatico che aveva come effetto l’indebolimento della stessa e la facilitazione delle successive fasi di disruption. Il dettaglio delle metodologie sperimentali adottate per lo sviluppo di questa tecnica è mostrato nella Figura 3 (cfr. pagine seguente).

Nello specifico, una volta che la coltura nel fotobioreattore aveva raggiunto la fase di crescita stazionaria, le microalghe venivano prima raccolte e poi centrifugate per ottenere un pellet concentrato di biomassa umida. Il peso esatto della biomassa secca contenuta nei pellet umidi veniva valutato mediante opportuna retta di calibrazione ottenuta valutando per gravimetria il peso umido della biomassa ottenuta dopo la centrifugazione e il corrispondente peso secco dopo l'essiccazione a 105 °C per 24 ore. Dopo essicazione la biomassa secca poi veniva congelata a – 25°C per almeno due giorni e poi ri-scongelata a temperatura ambiente.

Successivamente, la biomassa secca veniva sottoposta alla procedura di interruzione cellulare che consisteva nel metterla in contatto con volumi selezionati della soluzione di ‘disruption’ all'interno di un ‘falcon’ che veniva poi sigillato e continuamente agitato a 300 giri/min per determinati periodi di tempo a temperatura ambiente. La soluzione di ‘disruption’ consisteva in una soluzione acquosa di H2O2 con, in alcuni casi, aggiunta di FeSO4, in modo da realizzare il cosiddetto reagente di Fenton.

Un certo numero di esperimenti è stato eseguito variando la concentrazione di H2O2 nell'intervallo compreso tra zero e 6 mol L-1. Laddove era utilizzato FeSO4 la sua concentrazione era invece mantenuta a 0,025 mol L-1 . I tempi di contatto variavano da 0 a 5 minuti. Una volta trascorso il tempo di contatto desiderato, la reazione di distruzione cellulare veniva interrotta diluendo l'intera miscela reagente dieci volte del suo volume originale attraverso l'aggiunta di etanolo in modo che la concentrazione di reagenti di interruzione, e quindi la velocità di reazione, fosse drasticamente abbassata fino a valori molto vicini allo zero.

L'estrazione dei lipidi intracellulari veniva poi eseguita mediante etanolo ed esano secondo il metodo proposto da Steriti et al. (2014). In breve, tale tecnica consiste in una prima fase in cui l'etanolo viene

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aggiunto alla soluzione di ‘disruption’ per promuovere il trasferimento dei prodotti di reazione (clorofille ed altri composti intracellulari) e dei lipidi liberati, nella soluzione idroalcolica risultante.

Figura 3. Fasi operative del processo di estrazione e purificazione dei lipidi dalle alghe

Successivamente, veniva aggiunto l'esano al fine di promuovere il trasferimento dei soli lipidi idrofobici dalla fase idroalcolica a quella esanica da cui i lipidi possono essere raccolti evaporando il solvente. Pertanto, utilizzando l'esano, i lipidi neutri possono essere separati da tutti gli altri composti derivanti dalla procedura di disruption, che, a causa della loro idrofilia rimangono nella soluzione idroalcolica, es. clorofille, pigmenti e altre proteine. Come si può notare dalla figura 3, poi i cicli di estrazione con soluzione idroalcolica ed esano erano ripetuti più volte in modo da massimizzare la resa distrazione e la purezza dei lipidi ottenuti. Il peso percentuale dei lipidi estratti dalla biomassa secca veniva poi valutato come rapporto tra il peso dei lipidi ottenuti e il peso secco originale delle microalghe che era stato sottoposto al processo di estrazione.

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In Figura 4 si mostrano i risultati ottenuti implementando la tecnica sull’alga sarda Coccomyxa melkonianii con particolare riferimento all’effetto dell’aggiunta dei cicli di congelamento/scongelamento prima della disruption. Come si può notare l’aggiunta della fase di congelamento porta i lipidi estratti da valori molto bassi (ca 2 %wt) a valori del 14 %wt e quindi determina un importante miglioramento della tecnica.

Figura 4. Effetto dell’aggiunta della fase di congelamento sui lipidiestratti da Coccomyxa melkonianii

Nella figura 5 sono invece mostrati i risultati ottenuti in relazione all’ottimizzazione del peso di biomassa secca, e quindi del rapporto solido/liquido utilizzato durante la fase di estrazione.

Figura 5. Effetto del peso di biomassa e quindi del rapporto solido liquido sulla resa di estrazione lipidica da Coccomyxa melkonianii

Sono state eseguite delle prove di estrazione dei lipidi da quantitativi di biomassa umida decongelata pari rispettivamente alla metà e ad un quarto del quantitativo impiegato nel precedente protocollo (Concas et al., 2015), al fine di massimizzare la resa estrattiva minimizzando la quantità di matrice

Biomassa fresca Dopo trattamento termico 0

2 4 6 8 10 12 14 16

Lipidi estratti, % wt

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da sottoporre ad estrazione. Si può notare che riducendo il peso di biomassa e quindi il rapporto solido/liquido, i lipidi estratti aumentavano in maniera significativa fino a raggiungere valori pari al 22

%wt circa quando il peso era ridotto ad ¼ di quello previsto nel protocollo originale (Concas et al., 2015). Tale valore è molto vicino a quello rilevato mediante tecniche colorimetriche (ca 24%wt).

Questo indica che le rese di estrazione ottenute col protocollo ottimizzato possono arrivare a valori superiori al 90%.

WP-5.2. Massimizzare la purezza del prodotto estratto in modo da incrementare il prezzo di vendita.

Al fine di valutare la purezza dei lipidi estratti, questo sono stati sottoposti prima e transesterificazione mediante metanolo e cloruro di acetile. Il prodotto di transesterificazione è poi stato analizzato mediante gas-cromatografia per definire al composizione in acidi grassi dei lipidi.

L'analisi cromatografica degli acidi grassi dell'olio microalgale estratto da C. melkonianii è stata eseguita con un gascromatografo Trace (Thermo Finnigan, Rodano, Milano, Italia) dotato di un rilevatore FID, un autocampionatore AS 800 e un iniettore split-splitless. La colonna capillare era una CP-WAX 57CB di Varian (60 m di lunghezza, 0,25 mm di diametro e 0,25 mm di spessore del film, Varian Inc., Palo Alto, CA) operante da 50 a 220 ° C (13 min) a 3 ° C / min. L'iniettore e il rivelatore erano impostati rispettivamente a 200 e 280 ° C; è stato iniettato un volume di 1 μl di ciascun campione in modalità split (1:20). È stato utilizzato l’elio come fluido di trasporto e l'azoto per la replica a 120 e 80 kPa. I composti standard in olio estratto sono stati identificati confrontando i loro tempi di ritenzione relativi con quelli della miscela FAME MIX C4-C24 CRM47885 utilizzata come riferimento.

I risultati dell’analisi effettuata sulla biomassa di C. melkonianii coltivata con diverse concentrazioni di azoto del mezzo sono riportati nella figura seguente. Da tali analisi si può osservare che i composti presenti nei lipidi non ascrivibili ai lipidi (categoria NF=not fatty acids in Figura) e pertanto considerabili impurezze del prodotto ottenuto, sono presenti in contenuti molto bassi. In particolare nel caso dei lipidi estratti dalle alghe coltivate con BBM puro il contenuto di impurezze era prossimo allo 0.1% e pertanto il prodotto era caratterizzato da una purezza prossima al 99%. Nel caso dei lipidi estratti dalle alghe coltivate in mezzo arricchito (5N) o impoverito (1/5N) d’azoto le impurezze

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arrivavano al massimo al 15% e pertanto i relativi prodotti erano caratterizzati da purezze prossime all’85%.

Figura 6. Composizione in esteri degli acidi grassi (FAMEs) dei lipidi estratti dalle alghe. La categoria NF è ascrivibile a impurezze

Tali valori sono già di per sé molto alti e quindi l’aggiunta di una ulteriore fase di purificazione risulterebbe poco vantaggiosa perché a fronte di un costo aggiuntivo rilevante si potrebbero avere incrementi di purezza poco significativi (essendo questi già molto alti). Questo andrebbe ad inficiare la sostenibilità economica del processo e quindi non sono state svolte ulteriori attività in questo senso.

Solo nel caso in cui si voglia vendere i singoli acidi grassi separati dagli altri si potrebbe utilizzare una fase di cromatografia liquida (HPLC) preparativa. Poiché però, come riportato negli altri rapporti tecnici, nell’ambito di questo progetto si è deciso di puntare sui lipidi algali indifferenziati (non frazionati), tale fase operativa è stata ulteriormente considerata.

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WP-5.3. Individuare solventi e/o miscele “environmental friendly” per limitare gli impatti ambientali di tale fase operativa.

Al fine di verificare la possibilità di utilizzare solventi ambientalmente sostenibili, in collaborazione col Dipartimento di Chimica dell’Università di Cagliari, è stata effettuata una sperimentazione ‘spot’

di estrazione con CO2 supercritica da un campione di biomassa algale di Chlorella pulver (Chlorella vulgaris). La CO2 infatti si comporta come un solvente in condizioni di temperatura e pressione supercritiche mentre in condizioni standard è un gas che non crea particolari problemi anche perché nell’impianto di estrazione sarebbe completamente riciclata. La scelta di utilizzare Chlorella pulver invece è scaturita dal fatto che la biomassa prodotta mediante C. melkonianii era già stata utilizzata per le prove appena descritte e quindi non era disponibili per le prove di estrazione. La procedura e i risultati ottenuti sono riportati nel seguito.

La matrice costituita da Chlorella vulgaris acquistata dall’azienda Algova (Figura 7) una volta ricevuta è stata conservata in luogo fresco ed asciutto ad una temperatura non superiore ai 25 °C. Il diossido di carbonio (purezza, v/v > 99.7 %) in bombole da 30 kg dotate di tubo pescante, era invece fornito dalla Air Liquide – Italia.

Figura 7. Fotografia della biomassa di Chlorella vulgaris utilizzata per le prove.

L’estratto è stato ottenuto utilizzando un impianto da laboratorio di Estrazione in Fase Supercritica, SFE, impiegando del diossido di carbonio, CO2, come solvente. Lo schema è riportato in Figura 8.

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L’apparecchiatura non commerciale - pressione massima di esercizio di 350 bar - è stata progettata dal gruppo di ricerca della Dott.ssa Procedda del dipartimento di Chimica di Caglairi. Essa è dotata di un estrattore di capacità 0.32 dm3 e di due separatori in serie, di volume rispettivamente di (0.40 e 0.30) dm3.

Figura 8. Schema dell'impianto di estrazione da laboratorio con fluidi supercritici: B bombola di CO2

con tubo pescante; M1 - M5 manometri; BT crio-termostato; H pre-riscaldatore; P pompa per liquidi;

RD disco di scoppio; D, polmone; Tc1 - Tc3 termocoppie; E estrattore; Vm1, Vm2 valvole micrometriche; S1, S2 separatori; FM flussimetro; CdF misuratore di portata.

Il secondo separatore è dotato, sul fondo, di valvola micrometrica che consente – anche grazie al battente di pressione esistente, in qualunque momento dell’estrazione – lo spillamento degli estratti liquidi che vi si accumulano durante l’esperimento. Il CO2 viene fatto circolare nell’impianto tramite l’uso di una pompa per liquidi ad alta pressione (LEWA EL 1) mentre la regolazione fine della pressione, nelle principali sezioni dell’impianto, è realizzata con valvole micrometriche e di regolazione – di tipo pressure regulator e back pressure della TESCOM (non riportate in Figura 8).

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La misura delle pressioni è effettuata mediante manometri, mentre le temperature sono rilevate da termocoppie Fe/Costantana da 1/8”. La portata istantanea del CO2 è misurata tramite rotametro calibrato posto a valle dell’impianto, mentre la quantità totale è valutata mediante un contatore ELSTER HANDEL.

L’estratto è stato ottenuto, a partire dall’alga Chlorella vulgaris, utilizzando l’impianto appena descritto con l’allestimento a singolo separatore. Le condizioni operative sono indicate nel seguito:

300 bar e 40 °C nella sezione di estrazione; 20 bar e 40 °C nella sezione di separazione; portata del CO2, pari a 1.2 kg h-1 per una durata di 4 h. A 300 bar e 40 °C il CO2 possiede un’elevata densità e potere solvente mentre a 20 bar e 40 °C il CO2 ritorna allo stato di gas sub-critico, perde il suo potere solubilizzante e rilascia l’estratto all’interno del separatore. Aprendo la valvola inferiore del separatore è possibile raccogliere l’estratto finale da cui, a pressione e temperatura ambiente il CO2

gassoso si allontana spontaneamente. Nella prova effettuata, nell’estrattore sono stati caricati 278 g di matrice. L’estratto ottenuto, 3.4 g (resa 1.2 %, w/w) era costituito da una fase semisolida di colore verde scuro. Il campione è stato trasferito in una boccetta e conservato in frigorifero a +4 °C.

Nonostante la resa sia apparente molto bassa è necessario precisare quanto segue:

• L’alga era diversa da C. melkonianii e quindi poteva essere intrinsecamente caratterizzata da un contenuto lipidico più basso.

• La biomassa non era stata sottoposta a precedenti operazioni di disruption e pertanto la parte cellulare risultava intatta impedendo l’estrazione.

• Non c’è stato tempo a sufficienza per ottimizzare il processo in termini di variabili operative.

Alla luce di questi aspetti le rese ottenute sembrano invece abbastanza elevate e quindi l’estrazione supercritica, anche in virtù della maggiore sostenibilità ambientale del solvente e della maggiore purezza del prodotto (non possono rimanere tracce residue di solvente) costituisce a nostro avviso il metodo migliore per effettuare l’estrazione lipidica su scala produttiva.

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Conclusioni

È stata messa a punto una tecnica di estrazione basata su una fase preliminare di cell disruption ed una fase successiva di estrazione vera e propria. La fase di “cell disrutpion” è stata ottimizzata introducendo un’operazione ciclo di congelamento/scongelamento prima della reazione con radicali indotta da H

2

O

2

. L’inserimento di tale ciclo ha consentito notevoli miglioramenti delle rese di estrazione. La fase di estrazione dei solventi è invece stata basata su sull’utilizzo alternato di solventi polari (etanolo) e apolari (esano). Anche questa è stata ottimizzata individuando il peso di biomassa secca che doveva essere sottoposto alla procedura al fine di massimizzare la resa di estrazione lipidica. L’analisi cromatografica del contenuto lipidico ha dimostrato che le purezze dei lipidi estratti era molto alte e pertanto non risultava necessaria un ulteriore purificazione. Per quanto concerne il test di solventi sostenibili dal punto di vista ambientale è stata testata la CO

2

supercritica. I risultati ottenuti, sebbene preliminari, sono promettenti sebbene suscettibili di ulteriore miglioramento.

Pertanto, a nostro avviso, la tecnica di estrazione migliore da utilizzare su scala industriale consiste proprio nell’estrazione con CO

2

supercritica.

Bibliografia

A. Concas, M. Pisu, and G. Cao, “Disruption of microalgal cells for lipid extraction through Fenton reaction: Modeling of experiments and remarks on its effect on lipids composition,” Chemical Engineering Journal , vol. 263, pp. 392–401, Mar. 2015.

S. Soru, V. Malavasi, A. Concas, P. Caboni, and G. Cao, "A novel investigation of the growth and lipid production of the extremophile microalga Coccomyxa melkonianii SCCA 048 under the effect of different cultivation conditions: Experiments and modeling," Chemical Engineering Journal, vol.

377, 120589, (2019,)

S. Soru, V. Malavasi, A. Concas, P. Caboni, and G. Cao, “Effect of nitrogen starvation and pH variation on the cultivation of the extremophile microalga Coccomyxa melkonianii SCCA 048.,”

Chemical Engineering Transactions., vol. 76, In press, 2019.

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A. Steriti, R. Rossi, A. Concas, and G. Cao, “A novel cell disruption technique to enhance lipid extraction from microalgae,” Bioresource Technology., vol. 164, 2014.

Il sottoscritto ______________________________________ in qualità di Responsabile scientifico del progetto Cluster Top Down

Timbro e Firma_________________________________ Data __________________________

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