DAI GIACIMENTI AL DISTRIBUTORE: IL PETROLIO RACCONTA
Fare il pieno di benzina è un atto banale, ma il liquido che mettiamo nel serbatoio ha una storia geologica che risale a milioni di anni fa
I trenta litri di benzina che forse ieri abbiamo immesso nel serbatoio della nostra automobile potrebbero venire dall'Iran dopo un viaggio in mare di 8000 chilometri e potrebbero avere 30-40 milioni di anni. Il liquido che abbiamo ricevuto da una delle 20.000 stazioni di rifornimento distribuite sul territorio italiano è il prodotto di un processo di distillazione del petrolio avvenuto 10-15 giorni fa in qualcuna delle nostre 15 grandi raffinerie.
Entrando in raffineria il greggio (ne importiamo dall'estero più di 80 milioni di tonnellate all'anno), grazie ad una sequenza di torri di distillazione a temperatura e pressione diverse, si fraziona (si chiama: processo di "topping" o raffinazione primaria) in nafta, cherosene, gasolio, gas di petrolio (o GPL) e benzina, più i residui pesanti. In parte i nostri 30 litri di benzina potrebbero provenire da altre torri della raffineria, dove si esegue il trattamento di “cracking termico”. Per tale operazione vengono impiegati appunto i “residui pesanti”.
Il “cracking termico” consiste in una lavorazione dei residui in condizioni di alta temperatura (fra 450 e 600 gradi centigradi) tale per cui le molecole più pesanti di idrocarburi si spezzano e si riaggregano in molecole di dimensioni minori. La benzina così ottenuta è persino migliore di quella proveniente dalla semplice distillazione. Il greggio che viene dall'Iran, uno dei maggiori fornitori di petrolio dell'Italia (dal 15% al 20% delle importazioni totali) deve essere trasportato via mare perchè per ora non esiste un collegamento con il Golfo Persico via oleodotto.
Le navi destinate al trasporto del greggio (le petroliere) hanno raggiunto capacità fino a 500.000 tonnellate. Si è anche ipotizzato di costruire navi da un milione di tonnellate ma il loro limite è di tipo ambientale (se si spezza una di esse i danni ecologici sono enormi) e di transito (il loro pescaggio a pieno carico potrebbe essere di 20-25 metri) e non tutte le rotte e i porti sarebbero agibili. Oggi una superpetroliera può trasportare fino a 1,5 milioni di barili di petrolio greggio (un barile contiene 159 litri di liquido) e può viaggiare a 10-16 nodi, cioè a 20-30 km/ora. La nostra petroliera potrebbe aver caricato il greggio al terminale dell'isola Kharg, in Golfo Persico a sud-est di Abadan. In tal caso avrebbe coperto la distanza dall'Italia in 12-15 giorni o in 25-30 giorni se, a causa del suo pescaggio, non avesse potuto transitare attraverso il canale di Suez (che ha un pescaggio massimo di 17 metri) e avesse dovuto fare il periplo dell'Africa.
Se il greggio di cui parliamo è iraniano, è molto probabile che esso provenga da uno dei più ricchi e più antichi campi petroliferi del mondo che stanno sul versante occidentale della grande catena dei Monti Zagros. Uno di questi, quello di Gach Saran fu scoperto quasi 100 anni fa dagli inglesi della Anglo-Persian Oil Company e tuttora produce. Che la zona fosse ricca di petrolio (il termine viene da "olio di pietra" e fu usato per la prima volta dallo scienziato tedesco Agricola nel 1546 nella sua opera "De natura Fossilium") e di gas naturale già si sapeva da millenni. Zoroastro (o Zarathushtra), che visse in Persia fra il mille e il 600 avanti Cristo, lo scelse come fonte del fuoco, il cui culto si diffuse in questa regione. Ci furono momenti negli Anni 60 in cui la produzione da questo giacimento riempiva una media petroliera in due giorni. Il giacimento di Gach Saran è lungo 80 chilometri e largo 7, con una superficie di circa 500 chilometri quadrati (il doppio del lago Maggiore).
A differenza dei laghi, il petrolio però si trova in profondità e non si presenta come una superficie liquida contenuta in un invaso. Il greggio si trova all'interno degli interstizi del terreno, come l'acqua versata in un mucchio di sabbia. Gli interstizi costituiscono la porosità della roccia che, nella maggior parte dei giacimenti ha un valore del 5-15% sul totale del volume di roccia. Se lo spessore della roccia imbevuta di petrolio fosse stato di 60 metri con una porosità del 10%, il giacimento di Gach Saran all'origine avrebbe contenuto 30 miliardi di metri cubi di liquido e gas pari a circa 200 miliardi di barili (circa 130 - 150.000 petroliere come la nostra). In parte quel petrolio è già stato prodotto (forse il 50%) e in parte non verrà
prodotto (forse il 40%) perchè con le tecniche di estrazione attuali non tutti gli idrocarburi possono essere portati in superficie.
Il giacimento di Gach Saran si trova a 2600 metri di profondità in una roccia formatasi nell'era geologica del terziario miocenico inferiore (tra 7 e 26 milioni di anni fa), quando si verificò il più imponente parossismo della orogenesi alpino - himalaiana. Al giacimento, il petrolio arrivò dopo un lungo viaggio provenendo dalla "roccia madre" dove è stato generato.
I giacimenti attuali sono il punto di arrivo oltre il quale il petrolio non può più migrare; ma il punto di partenza è la "roccia madre", il terreno sedimentario costituito da particelle terrose mescolate con una biomassa di sostanze organiche che, per trascinamento dalle acque della crosta terrestre e successiva sedimentazione, si depositò sul fondo di bacini lacustri o marini. Quando uno di questi bacini sedimentari, per spinte orogenetiche venne portato in profondità, si verificò la trasformazione della sostanza organica in idrocarburi. Il tempo di questa trasformazione dipende dalla temperatura e dalla pressione ma di solito va da 10 a 50 milioni di anni.
VARVELLI RICCARDO (Tratto da Tuttoscienze - La Stampa)