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ricorrente - contro COMUNE DI S

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICIRETTI Stefano - Presidente Dott. VIDIRI Guido - Consigliere Dott. MONACI Stefano - Consigliere Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A.E.C. soc. coop. (già C.A.E.C. s.c.r.l.) CONSORZIO ARTIGIANO EDILE COMISO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BERENGARIO 7, presso lo studio dell'avvocato FEDE ANGELO, rappresentato e difeso dall'Avv.to SALLEMI SEBASTIANO, giusta delega in atti;

- ricorrente - contro

COMUNE DI S. MARCO D'ALUNZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARCHIMEDE 122 presso l'avv. Fabio Micali, rappresentato e difeso dall'avvocato MONICI ALFREDO, giusta delega in atti;

- controricorrente - e contro

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MAGNA GRECIA N. 13, presso lo studio dell'avvocato SANTORO ALESSANDRO c/o SEBASTIANO DI LASCIO rappresentato e difeso dall'Avv.to BUCCA DOMENICO, giusta delega in atti;

- controricorrente - e contro

C.A.;

- intimato -

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avverso la sentenza n. 861/04 della Corte d'Appello di MESSINA, depositata il 16/11/04 - R.G.N.

728/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/08 dal Consigliere Dott.

Gianfranco BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1262/2002 il Giudice del Lavoro di Patti accolse la domanda proposta da C.B., con ricorso depositato ti 12.1.1995, nei confronti di C.A., del Consorzio Artigiano Edile di Comiso s.c. a r.l.

e del Comune di S. Marco d'Alunzio e diretta ad ottenere il pagamento delle retribuzioni non percepite, con la condanna in tal senso della ditta Cusimano, di cui era dipendente, nonchè, in solido, del Consorzio e del Comune, responsabili il primo come appaltatore dei lavori e il secondo come committente dei medesimi; ciò, in relazione all'attività lavorativa prestata nel periodo giugno - novembre 1994 in occasione dell'esecuzione di alcuni lavori di restauro dati in appalto dal Comune di S.

Marco d'Alunzio al Consorzio, aggiudicatario dei lavori, ed eseguiti dalla ditta Cusimano.

Proposto appello dal Consorzio e ricostituito il contraddittorio, la Corte d'Appello di Messina, con sentenza del 14.10 - 16.11.2004, confermo la sentenza impugnata e condannò l'appellante al pagamento delle spese del giudizio a favore di ciascun appellato.

La Corte territoriale, dichiarando espressamente di ritenere adeguatamente risolte dal primo Giudice le questioni riproposte dall'appellante, osservò quanto segue:

il Consorzio era una persona giuridica distinta dai singoli soci consorziati, costituiti a loro volta da imprese artigiane individuali;

un rapporto organico tra il Consorzio e i singoli soci consociati poteva avere rilevanza solo con riferimento ai rapporti intercorrenti con la pubblica amministrazione committente;

tuttavia, con riguardo ai rapporti correnti tra i singoli soci della società consortile e i lavoratori assunti per l'esecuzione dell'opera pubblica di cui era risultato aggiudicatario il Consorzio, trovava applicazione l’art. 1676 c.c., che consente una deroga ai principi generali in materia di responsabilità contrattuale;

pertanto, pur essendo il Consorzio rimasto estraneo ai rapporti tra questi terzi e la ditta individuata per l'esecuzione dell'opera (a maggior ragione per il fatto che era stata esclusa l'esistenza di un diretto rapporto tra la Stazione appaltante - il Comune di San Marco d'Alunzio - e l'impresa assegnataria - la ditta Cusimano), conseguiva l'assunzione nei confronti di questi terzi della responsabilità del Consorzio stesso, che aveva a sua volta assunto sostanzialmente la figura di committente dei lavori derivanti dal contratto di appalto stipulato con il Comune;

per quanto dovuto ai lavoratori per l'attività svolta per eseguire l'opera, il Consorzio se ne era quindi assunto le responsabilità quale subcommittente;

correttamente argomentando, il Giudice di primo grado aveva pertanto ritenuto che l'aggiudicazione dei lavori da parte de) Consorzio e l'assegnazione alla singola impresa consorziata costituivano un fenomeno di sub-derivazione del contratto d'appalto e, in definitiva, di "sostanziale subappalto”;

diversamente opinando, i lavoratori dipendenti dall'impresa consorziata non avrebbero potuto avvalersi della norma di garanzia dettata dall’art. 1676 c.c., per recuperare i loro crediti, in quanto, non avendo avuto rapporti con il Comune, non avrebbero potuto rivolgersi nei confronti di quest'ultimo e neppure

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nei confronti del Consorzio;

apparivano prive di fondamento le lamentele proposte avverso il comportamento del Comune, il quale, con provvedimento giudiziale, era stato sostituito nell'azione diretta da parte del lavoratore nei confronti del Consorzio nel pagamento delle somme dovute da questi al lavoratore e per le quali era debitore nei confronti del Consorzio stesso.

Avverso l'anzidetta sentenza il CAEC soc. coop. (già CAEC se. a r.l.) - Consorzio Artigiano Edile Comiso ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi.

C.B. si è costituito con controricorso, resistendo. Il Comune di San Marco d'Alunzio si è costituito con controricorso, resistendo; ha inoltre instato per la declaratoria del suo difetto di legittimazione passiva.

C.A. non si è costituito.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con i primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente siccome fra loro strettamente connessi, il Consorzio ha dedotto l'erronea e falsa applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 10, lett. b), della L. n.

443 del 1985, art. 6, dell'art. 1676 c.c., e del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 141, n. 4 (rectius: comma), nonchè omissione di motivazione, in relazione alla doglianza incentrata sul combinato disposto del D.P.R. n. 554 del 1999, anzidetto art. 141, comma 4, e L. n. 109 del 1994, art. 10, lett. b), siccome non presa in esame dalla Corte territoriale.

1.2 Sotto quest'ultimo profilo il motivo è inammissibile, poichè la violazione o falsa applicazione di una norma non può essere denunziata come vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, che è invece riferito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, alla ricostruzione della concreta fattispecie e può dare luogo solo al controllo della giustificazione del giudizio sulla ricostruzione del fatto (cfr, ex plurimis, Cass., nn.

228/1995; 3464/1998; 5271/2002; 13773/2006).

1.3 Quanto alla pretesa violazione di legge, la stessa non è certamente riferibile al combinato disposto della L. n. 109 del 1994, art. 10, lett. b), (Legge quadro in materia di lavori pubblici) e L. n. 443 del 1985, art. 6, (Legge quadro per l'artigianato), atteso che:

- la prevista ammissione alle procedure di affidamento dei lavori pubblici dei consorzi tra imprese artigiane di cui alla L. n. 443 del 1985, non qualifica di per sè la natura del rapporto intercorrente, ad appalto aggiudicato, tra il consorzio e l'impresa artigiana consorziata assegnataria dei lavori appaltati;

- la Corte territoriale ha avuto ben presente che il Consorzio era una persona giuridica distinta dai singoli soci consorziati, costituiti a loro volta da imprese artigiane individuali;

- è pacifico in punto di fatto che il Consorzio ricorrente ha sottoscritto il contratto d'appalto con il Comune di San Marco d'Alunzio e che l'impresa artigiana consorziata di C.A. è stata assegnataria dei relativi lavori;

- l'aggiudicazione dei lavori da parte del Consorzio e l'assegnazione all'impresa consorziata costituisce effettivamente una forma di sub-derivazione del contratto d'appalto;

- la legittimazione passiva del Consorzio è stata ritenuta sulla base della qualificazione del negozio di assegnazione in termini di sub-appalto e sulla conseguente applicabilità alla fattispecie dell’art. 1676 c.c..

1.4 Ne consegue che il preteso vizio di violazione di legge si risolve nella dedotta contrarietà tra la

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ricordata qualificazione giuridica in termini di sub-appalto del rapporto intercorso tra il Consorzio e l'impresa consorziata assegnataria e il disposto del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 141, comma 4, prima parte, (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n.

109, e successive modificazioni), secondo cui "L'affidamento dei lavori da parte dei soggetti di cui all'art. 10, comma 1, lettere b) e c), della legge ai propri consorziati non costituisce subappalto".

Osserva al riguardo la Corte che la disposizione in parola deve essere letta e interpretata avendo riguardo, anzitutto, al contesto normativo in cui è inserita, ossia ad un regolamento emanato in forza di una legge quadro che delegava il Governo a regolamentare "....la materia dei lavori pubblici con riferimento: a) alla programmazione, alla progettazione, alla direzione dei lavori, al collaudo e alle attività di supporto tecnico-amministrativo con le annesse normative tecniche; b) alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici, nonchè degli incarichi di progettazione;

c) alle forme di pubblicità e di conoscibilità degli atti procedimentali, anche mediante informazione televisiva o trasmissione telematica, nonchè alle procedure di accesso a tali atti; d) ai rapporti funzionali tra i soggetti che concorrono alla realizzazione dei lavori e alle relative competenze" (L. n. 109 del 1994, art. 3, comma 1) e, più nello specifico, per quanto qui particolarmente rileva, a definire: ".... d) i requisiti e le modalità per l'iscrizione, all'Albo nazionale dei costruttori, dei consorzi stabili di cui all'art. 12, nonchè le modalità per la partecipazione dei consorzi stabili alle gare per l'aggiudicazione di appalti di concessioni di lavori pubblici;... v) la quota subappaltabile dei lavori appartenenti alla categoria o alle categorie prevalenti ai sensi della L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 18, comma 3), come sostituito dall'art. 14, comma 1, della presente legge;..." (art. 3, comma 6, legge ult. cit.);

dunque, certamente, non a fornire la qualificazione giuridica di determinati atti negoziali.

Sulla base di tali premesse e tenuto conto delle disposizioni che precedono la disposizione che ne occupa, in particolare i commi 1, ("La percentuale di lavori della categoria prevalente subappaltabile è stabilita nella misura del 30 per cento dell'importo della categoria") e 3 ("L'appaltatore che intende avvalersi del subappalto o cottimo deve presentare alla stazione appaltante apposita istanza con allegata la documentazione prevista dalla L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 18, commi 3 e 9, e successive modificazioni...."), deve ritenersi, secondo un'interpretazione sistematica, che intenzione del legislatore non è stata quella di fornire una sorta di qualificazione in negativo della natura giuridica del negozio di affidamento dei lavori da parte dei consorzi ai propri consorziati, ma, piuttosto, quella, in considerazione della peculiare qualità dei soggetti aggiudicatari contemplati, di escludere che a tale affidamento fossero applicabili le disposizioni precedentemente dettate per le ipotesi di ricorso al sub- appalto.

Il che non impedisce dunque di qualificare il negozio di affidamento in termini di sub-derivazione dal contratto di appalto (e, dunque, di sub-appalto) per ciò che concerne la speciale tutela prevista dall’art.

1676 c.c., a favore dei lavoratori dipendenti dall'impresa dell'appaltatore nei confronti del committente e, quindi, per il caso che qui rileva, dei dipendenti dell'impresa sub-appaltatrice nei confronti del sub- committente, giusta il condiviso principio, già enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la previsione contenuta nell’art. 1676 c.c., in base alla quale i lavoratori dipendenti dell'appaltatore hanno, nei confronti del committente, un'azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all'attività lavorativa prestata per eseguire l'opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto - tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della ratio della norma, che è ravvisabile nell'esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell'appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell'inadempimento di questi - esigenza che ricorre identica nell'appalto e nel subappalto (cfr Cass., n. 12048/2003).

1.5 I motivi di ricorso all'esame devono dunque essere disattesi.

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2. Con il terzo motivo il Consorzio ricorrente denuncia insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla intervenuta reiezione della doglianza inerente il comportamento del Comune di San Marco d'Alunzio, consistito nell'avvenuto pagamento al C.B. di quanto a lui spettante mentre ancora pendeva il giudizio in ordine alla fondatezza della pretesa.

Il motivo deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse, non risultando in alcun modo pregiudicata la posizione del Consorzio da tale intervenuto pagamento, stante la definitività - per effetto della reiezione dei due primi motivi di gravame - della statuizione di condanna in solido pronunciata nei confronti del Consorzio stesso, di C.A. e del Comune di San Marco d'Alunzio.

3. il quarto motivo di gravame (con cui è stata dedotta erronea e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., e contraddittorietà della motivazione) resta assorbito per ciò che concerne la statuizione sulle spese in relazione al C.B. e al Comune di San Marco d'Alunzio (nei riguardi dei quali il motivo è svolto sul presupposto della fondatezza degli altri motivi di ricorso), mentre dev'essere rigettato per ciò che riguarda la relativa pronuncia nei confronti del C.A. (in ordine al quale il ricorrente ha inteso valorizzare l'avvenuta proposizione di appello incidentale sostenente le ragioni già addotte da Consorzio); ed invero a sentenza impugnata ha evidenziato che il C.A., costituitosi in appello, aveva chiesto la conferma della responsabilità solidale del Consorzio, onde le ragioni della pronuncia di condanna di quest'ultimo risulta coerente con il criterio della soccombenza e immune da vizi di contraddittorietà, nel mentre, per ciò che riguarda la mancata compensazione, deve rilevarsi come, secondo la consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte regolatrice, rientri nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione in ordine all'opportunità o meno di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca sia nell'ipotesi di concorso di altri giusti motivi, e come tale valutazione non sia sindacabile in cassazione anche se priva di motivazione (cfr, ex plurimis, Cass., n.

18236/2003).

4. La richiesta avanzata dal Comune di San Marco d'Alunzio di declaratoria di carenza di legittimazione passiva, svolta con i controricorso, va qualificata come ricorso incidentale, contenendo i requisiti di cui all’art. 371 c.p.c., in relazione agli artt. 365, 366 e 369 c.p.c..

La doglianza è svolta sotto il profilo che esso ricorrente incidentale sarebbe carente di legittimazione passiva "con riferimento all'accertamento del diritto alla retribuzione spettante al ricorrente", posto che la previsione della responsabilità solidale prevista dall’art. 1676 c.c., per le retribuzioni dei dipendenti dell'appaltatore non giustificherebbe "la chiamata in giudizio per l'accertamento del diritto"; pertanto, sempre ad avviso del ricorrente incidentale, solo dopo l'accertamento del diritto il dipendente potrebbe agire ex art. 1676 c.c., direttamente nei confronti del committente ed entro i limiti del credito vantato.

Osserva la Corte che lo stesso ricorrente incidentale riconosce che la sua evocazione in giudizio, in una con il Consorzio aggiudicatario della gara, era avvenuta per sentirlo condannare in solido ai sensi dell'art. 1676 c.c..

Ne consegue che, tale essendo stata la causa petendi della domanda svolta nei confronti del Comune committente, deve senz'altro riconoscersi, secondo la prospettazione dell'attore, la sua legitimatio ad causam, stante la diretta proponibilità di tale domanda nei confronti del committente in forza della norma invocata. Dal che consegue l'infondatezza della doglianza svolta.

5. Per gli esposti motivi, il ricorso principale e quello incidentale devono essere respinti.

6. Le spese del presente giudizio di cassazione, in relazione ai soggetti costituiti, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente principale nella misura indicata in dispositivo, con distrazione, quanto al C.B., a favore del suo difensore, avv. Domenico Bucca, dichiaratosi anticipatario.

Non è luogo invece a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nei riguardi dell'intimato C.A.,

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non avendo quest'ultimo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; condanna il ricorrente principale alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione nei confronti di C.B. e del Comune di San Marco d'Alunzio, che liquida, per ciascuno, in Euro 29,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre a spese generali, IVA e CAP come per legge, con distrazione, quanto al C.B., a favore del difensore antistatario avv. Domenico Bucca; nulla per le spese quanto a C.A..

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2008.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2008

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