• Non ci sono risultati.

Capitolo 6. La

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 6. La"

Copied!
27
0
0

Testo completo

(1)

61

Capitolo 6. La wilderness nel pensiero trascendentalista

In America, il romanticismo assunse le vesti del trascendentalismo, che si sviluppa a partire dai primi decenni del XIX secolo. Secondo tale filosofia, l’unica realtà è, seguendo Kant, quella trascendentale. Emerson, che si considerava diretto erede del pensiero kantiano, contempla la filosofia trascendentale attraverso le lenti interpretative del romanticismo, giungendo al riconoscimento dell’assoluta supremazia del sentimento su ogni facoltà conoscitiva. Il trascendentalismo è un sistema di credenze che sposa l’apprezzamento della natura in maniera “non tradizionale”: la

wilderness non è la sede del peccato, bensì è pervasa da Dio; la realtà può essere

compresa solamente attraverso lo studio dell’ambiente.

Il trascendentalismo ritrae il rapporto fra il divino e l’universo come non restrittivo, incommensurabile. Come il romanticismo, annunciava la superiorità dell’istinto e della libertà personale sulla ragione e su tutte le convenzioni sociali che per secoli avevano limitato lo sviluppo individuale. Ne deriva la possibilità, per l’individuo stesso, di instaurare un rapporto nuovo, non mediato e quindi più intimo e personale con Dio. L’ideologia trascendentale esalta l’individuo nei suoi rapporti con la natura e con la società; ma il trascendentalismo, in quanto movimento squisitamente americano, si afferma anche come dichiarazione dell’originalità della cultura autoctona, della cui nuova fioritura si fa rappresentante, nei confronti di quella europea: “Does not the New World clothe his form with her palm-groves and savannahs as fit drapery? Ever does natural beauty steal in like air, and envelope great actions”1.

Secondo il trascendentalismo, ogni essere umano possiede tutti i mezzi necessari al superamento dell’esperienza sensibile; partendo dall’immaginazione e dall’intuizione, che permettono di penetrare le verità spirituali, è possibile trascendere la ragione, con la conseguente possibilità di scoprire l’unione col divino e di migliorarsi eticamente. L’essere umano, nella concezione trascendentalista, si trova collocato in un universo diviso fra materia ed essenza; in conformità a questo, si postula l’esistenza di una realtà più elevata di quella meramente fisica. Il cuore del trascendentalismo è, difatti, la credenza che esista una corrispondenza fra il mondo dello spirito e il mondo

1

R. W. Emerson, “Nature”, in Brooks Atkinson (ed.), The Selected Writings of Ralph Waldo Emerson, New York (NY), The Modern Library, 1950, p. 12.

(2)

62

materiale. In virtù di ciò, gli elementi della natura rispecchiano le verità dello spirito, tanto che Emerson scriverà in “Nature” (1836, pubblicato anonimamente), ove formula il concetto stesso di trascendentalismo2, che “Nature is the symbol of spirit”3. In quanto filosofia che riflette sulle condizioni dell’uomo, della natura, e sul legame che viene a crearsi fra essi, il trascendentalismo ebbe una fortissima influenza sul significato e sul ruolo della wilderness nel pensiero americano, poiché espresse idee forti circa la possibilità di riscontrare la presenza di Dio nel mondo naturale, rifiutando però l’assioma deista della ricerca di Dio attraverso la ragione4

. Al contrario, i trascendentalisti riponevano la propria fede, negli impulsi morali residenti nella

wilderness. Citiamo di nuovo il primo libro di Emerson: “[…] I am part or parcel of

God. […]. I am the lover of uncontained and immortal beauty. In the wilderness I find something more dear and connate than in streets or villages. In the tranquil landscape, and especially in the distant line of the horizon, man beholds somewhat as beautiful as his own nature”5.

Emerson stesso osservò, sinteticamente, che le prime fasi della sua filosofia avevano a che fare con l’idealismo: “What is popularly called Transcendentalism among us, is Idealism; Idealism as it appears in 1842”6; più avanti, lo scrittore procede come segue:

It is well known […] that the Idealism of the present day acquired the name of Transcendental from the use of that term by Immanuel Kant, of Königsberg, who replied to the skeptical philosophy of Locke, which insisted that there was nothing in the intellect which was not previously in the experience of the senses, by showing that there was a very important class of ideas or imperative forms, which did not come by experience, but through which experience was acquired; that these were intuitions of the mind itself; and he denominated them Transcendental forms. The extraordinary profoundness and precision of that man’s

2

Emerson, in “Nature”, non usa mai il termine “trascendentalismo”. La valenza del termine è di probabile matrice denigratoria: “No one knows for sure who coined the term transcendentalist, but it had been used in Britain since the early nineteenth century, coined apparently in an attempt to describe the thinking of European philosophers such as Immanuel Kant. In January 1837, a Harvard tutor of philosophy wrote a review of Emerson’s Nature in which he criticized the new school of thinking and called it Transcendentalist.” La citazione è tratta da B. Hankins, The Second Great Awakening and the Transcendentalists, Westport (Conn.), Greenwood Press, 2004, p. 24.

3

R. W. Emerson, “Nature”, cit., p. 14.

4

R. Nash, Wilderness and the American Mind, cit., p. 86.

5

R. W. Emerson, “Nature”, cit., pp. 6-7.

6

(3)

63

man thinkin have given vogue to […] that extent that whatever belongs to the class of intuitive thought is popularly called at the present day Transcendental7.

Come detto sopra, l’accentuazione naturistica dona un’incisività specificatamente “americana” alla filosofia di Emerson; più in dettaglio, le immensità spaziali e le imponenti forme e proporzioni della natura americana rappresentano significativamente l’intera animazione divina. Ad ogni modo, ad eccezione di Thoreau, i trascendentalisti, prima di essere tali, sono i diretti discendenti dei puritani, poiché la loro concezione della natura non sarebbe con ogni probabilità potuta esistere, se non vi fosse mai stata una rappresentazione della wilderness come forza ostile all’uomo8; nello stesso Emerson, ad esempio, sono riscontrabili influssi del teologo Jonathan Edwards (1703-1758)9. Non a caso, Emerson, parlando della natura, non scarta niente, e in essa rinviene anche aspetti negativi:

For nature is not always tricked in holiday attire, but the same scene which yesterday breathed perfume and glittered as for the frolic of the nymphs is overspread with melancholy to-day. Nature always wears the colors of the spirit. To a man laboring under calamity, the heat of his own fire hath sadness in it. Then, there is a kind of contempt of the landscape felt by him who has just lost by death a dear friend. The sky is less grand as it shuts down over less worth in the population10.

Ciò che varia è, ovviamente, la percezione che l’individuo ha della wilderness; è ormai dunque evidente il legame che esiste fra uomo e ambiente, poiché la sua percezione da parte del singolo segue e plasma lo stato d’animo di questi.

7

Ibidem, p. 93.

8

L. Buell, Literary Transcendentalism: Style and Vision in the American Renaissance, Ithaca (NY), Cornell University Press, 1973, p. 146.

9

Cfr. U. Brumm, American Thought and Religious Typology, New Brunswick (NJ), Rutgers University Press, 1970, p. 102.

10

(4)

64

6.1 Il grande saggio sulla natura: “Nature” di Emerson

Lo scopo della creazione di una filosofia della natura non può che essere il medesimo della filosofia e della sua intera storia, ovvero cercare di comprendere il significato del mondo e trasmetterlo all’uomo; lo scopo ultimo del saggio di Emerson è stabilire il ruolo della natura nel mondo e nella vita degli esseri umani.

Nella filosofia emersoniana, l’uomo ha la facoltà, grazie all’intelletto, dono divino, di comprendere il senso dell’esistenza umana trasmessogli da Dio attraverso la natura. Fra le problematiche che Emerson si prefigge di illustrare, vi è la cognizione dell’importanza della natura, che va oltre la mera accettazione e conoscenza delle leggi naturali, poiché “Nature is made to conspire with spirit”11. Le descrizioni raffinate di paesaggi sbalorditivi o di movimenti eleganti di animali non sarebbero ovviamente state sufficienti: doveva essere forgiata una filosofia della natura, che parlasse al mondo, in maniera sistematica, della possibilità che un rapporto stretto con essa restituisse come risultato l’occasione di stringere un rapporto benevolo anche col divino: “Is not the landscape, every glimpse of which hath a grandeur, a face of him?”12.

Per Emerson, mentre il poeta è alla perenne ricerca della bellezza, il filosofo è alla ricerca della verità che la natura può offrirci. Entrambi, ad ogni modo, collaborano all’elaborazione di una filosofia della natura, poiché giungono alle medesima conclusione: coniugare bellezza e verità13. Il compito dell’uomo, pertanto, non è conoscere

[…] all the individuals of the animal kingdom, as it is to know whence and whereto is this tyrannizing unity in his constitution, which evermore separates and classifies things, endeavoring to reduce the most diverse to one form. When I behold a rich landscape, it is less to my purpose to recite correctly the order and superposition of the strata, than to know why all thought of multitude is lost in a tranquil sense of unity14.

11 Ibidem, p. 28. 12 Ibidem, p. 36. 13

Emerson rimanda, senza nominarlo esplicitamente, al poeta inglese John Keats (1795-1821), il quale, nella poesia “Ode on a Grecian Urn” (1819), scrive: “Beauty is truth, truth beauty, - that is all / Ye know on earth, and all Ye need to know” (J. Keats, “Ode on a Grecian Urn”, vv. 49-50, in Elizabeth Cook (ed.), John Keats, Oxford, Oxford University Press, 1990, p. 289).

14

(5)

65

Nel suo saggio, Emerson spiega che, per sperimentare la pienezza della natura, verso cui l’uomo è incline, è necessario distaccarsi dalle distrazioni imposte dalla società moderna. La condizione basilare che permette agli individui di immergersi nel mondo della natura è la solitudine: “To go into solitude, a man needs to retire as much from his chamber as from society. I am not solitary whilst I read and write, though nobody is with me. But if a man would be alone, let him look at the stars”15.

Emerson fa della natura il vasto e molteplice campo in cui Dio e le idee si manifestano. Nella sua schiettezza e primitività originaria, la natura svolge le funzioni del divino, di cui diviene simbolo, poiché in essa tutto è collegato; la natura è uno specchio in cui tutti gli esseri umani hanno la possibilità di riflettere i pensieri più profondi e i sentimenti più intimi. Il legame fra la natura e la grandezza divina è immediato: l’uomo ha la possibilità di godere delle stelle, messaggeri di bellezza in grado di illuminare l’universo. Le stesse stelle, rappresentanti di Dio, sono inaccessibili, poiché più grandiose dell’uomo. La natura è la fonte della saggezza, di proprietà di nessuno, per quanto il poeta ne sia il proprietario simbolico, in quanto capace di intenderla spiritualmente e di parlarne con eloquenza, integrando differenze e somiglianze tra fiori, animali, piante:

The poet, the orator, bred in the woods, whose senses have been nourished by their fair and appeasing changes, year after year, without design and without heed – shall not lose their lesson altogether, in the roar of cities or the broil of politics. Long hereafter, amidst agitation and terror in national councils – in the hour of revolution – these solemn images shall reappear in their morning lustre, as fit symbols and words of the thoughts which the passing events shall awaken. At the call of a noble sentiment, again the woods wave, the pines murmur, the river rolls and shines, and the cattle low upon the mountains, as he saw and heard them in his infancy. And with these forms, the spells of persuasion, the keys of power are put into his hands16.

In “Nature”, Emerson espone e cerca di risolvere un problema astratto: gli esseri umani non riescono ad accettare pienamente la bellezza della natura. La natura si offre agli uomini, i quali, distratti dai doveri e dai richiami della società, non contraccambiano il dono. Ognuna delle otto sezioni in cui il saggio è suddiviso assume

15

Ibidem, p. 5.

16

(6)

66

una diversa prospettiva riguardo al rapporto fra l’uomo e la natura. Emerson esalta i boschi, poiché

In the woods is perpetual youth. […]. In the woods, we return to reason and faith. There I feel that nothing can befall me in life–no disgrace, no calamity (leaving me my eyes), which nature can repair. Standing o the bare ground–my head bated by the blithe air and uplifted into infinite space – all mean egotism vanishes. I become a transparent eyeball; I am nothing; I see all; the currents of the Universal Being circulate through me; I am part or parcel of God17.

Nella percezione puritana della wilderness, o, più in generale, antecedente al romanticismo, l’uomo che si ritrova in solitudine nei boschi tende a smarrirsi moralmente; nella percezione emersoniana, invece, esistendo “an occult relation between man and the vegetable”18, l’uomo non è mai solo; si trova, casomai, a contatto con la natura, che lo conosce e lo apprezza, essendogli fedele compagna, poiché uomo e natura si inviano segnali. Per Emerson, dunque, non è concepibile una vita al di fuori della natura; il rapporto fra i due soggetti è giocondo, e tale gioia deriva dalla perpetua armonia fra loro.

La natura acquisisce in Emerson un duplice significato. Da un lato, egli la concepisce, filosoficamente, come “all which Philosophy distinguishes as the NOT ME, that is, both nature and art, all other men and my own body, must be ranked under this name, NATURE”19, dall’altro, questa concezione si incrocia col significato comune, “essences unchanged by man; space, the air, the river, the leaf”20

. Con il termine “natura”, abbiamo appena notato che Emerson non necessariamente intende quel tipo di ambiente che nelle pagine precedenti abbiamo chiamato wilderness. Infatti, espressioni come wild nature o simili non occupano un posto di rilievo nel saggio; sia wild (come sostantivo o come aggettivo) che il sostantivo wilderness non ricorrono mai (wild, come aggettivo, ricorre una volta a specificare le proprietà di un’iperbole di William Shakespeare).

Fra i temi dominanti il saggio, vi è quello della spiritualità. Emerson concepisce il divino come grandioso e visibile, a cui si rivolge con l’appellativo di 17 Ibidem, p. 6. 18 Ibidem, p. 7. 19 Ibidem, p. 4. 20 Ibidem.

(7)

67

“natura”; tale idea è il trascendentalismo stesso, che Emerson individua nel divenire tutt’uno con l’ambiente: “From the earth, as a shore, I look out into that silent sea. I seem to partake its rapid transformations: the active enchantment reaches my dust, and I dilate and conspire with the morning wind”21. L’essere umano e il vento si fondono in un’unica entità. Emerson si riferisce alla natura come “Universal Being”, avvertendo, nel mondo attorno a lui, un profondo senso spirituale. Nella raffigurazione di tale senso di “Universal Being”, Emerson si esprime come segue: “The aspect of nature is devout. Like the figure of Jesus, she stands with bended head, and hands folded upon the breast. The happiest man is he who learns from nature the lesson of worship”22, evidenziando l’aspetto umile della natura, che dona agli uomini tutto quello di cui questi hanno bisogno per sopravvivere, senza pretendere niente in cambio.

6.1.1 Funzioni della natura

Emerson individua quattro caratteristiche della natura, vale a dire utilità, bellezza, linguaggio, disciplina, che palesano l’uso che l’essere umano fa di essa alla ricerca del piacere, sia fisico che estetico, e della possibilità di comunicare e comprendere il mondo. La natura, che, “in its ministry to man, is not only the material, but is also the process and the result”23, è definibile come “tutto”; per Emerson, niente esiste senza la presenza costante della natura, poiché “All the parts incessantly work into each other’s hands for the profit of man. […] the rain feeds the plant; the plant feeds the animal; and thus the endless circulations of the divine charity nourish man”24.

L’uomo contemporaneo deve ritrovare il proprio posto nel mondo. Per farlo, egli ha una sola possibilità: ripristinare un dialogo col creato, pervaso da Dio, e dunque con questi; vi è l’invito a ristabilire un equilibrio che può darsi soltanto nella comunione con la natura. L’uomo, l’individuo adulto in particolare, è fuggito da tutto ciò; pertanto deve riconoscere i segni della natura, leggerla dentro di sé col medesimo spirito che 21 Ibidem, p. 10. 22 Ibidem, p. 34 23 Ibidem, p. 8. 24 Ibidem.

(8)

68

permea l’universo. In questo percorso l’uomo è assistito dalla natura, ma solo se si abbandona a una congiunzione originale e veritiera con l’universo, se torna a guardare Dio e la natura faccia a faccia.

Nell’introduzione al saggio, il popolo americano viene invitato a liberarsi dai fardelli del passato e dai debiti morali verso le generazioni precedenti allo scopo di vivere un rapporto intimo con la natura, ascoltando in primis la propria voce interiore:

OUR age is retrospective. It builds the sepulchers of the fathers. It writes biographies, histories, and criticism. The foregoing generations beheld God and nature face to face; we, through their eyes. Why should not we also enjoy an original relation to the universe? Why should not we have a poetry and a philosophy of insight and not of tradition, and a religion by revelation to us, and not the history of theirs? Embosomed for a season in nature, whose floods stream around and through us, and invite us, by the powers they supply, to actions proportioned to nature, why should we grope among the dry bones of the past, or put the living generation into masquerade out of its faded wardrobe? The sun shines to-day also. There is more wool and flax in the fields. There are new lands, new men, new thoughts. Let us demand our own works and laws and worship25.

Nel dialogo tra uomo e natura interviene l’arte: se è vero che la natura ha leggi proprie, allora vi è in essa una componente dinamica con cui l’uomo può interagire. In particolar modo il poeta, che interpreta la natura, adegua le cose ai suoi pensieri e vi imprime il suo essere: “This relation between the mind and matter is not fancied by some poet, but stands in the will of God, and so is free to be known by all men. It appears to men, or it does not appear. When in fortunate hours we ponder this miracle, the wise man doubts, if, at all other times, he is not blind and deaf”26. È evidente che l’espressività non può che essere di tipo simbolizzante, metaforico, emblematico. Charles Feidelson27 ci fa notare che, affermando che “The sensual man conforms things to his thoughts”28, Emerson rovescia il paradigma kantiano secondo cui sono i pensieri a conformarsi alle cose. Una parola è un esponente della natura; in essa occorre ricercare

25 Ibidem, p. 7. 26 Ibidem, p. 18. 27

C. Feidelson, Symbolism and American Literature, Chicago (Ill.), University Chicago Press, 1953, p. 121.

28

(9)

69

quanto vi è, appunto, di natura, di carica d’energia. Ma senza che si distolga mai l’occhio dalle cose, il simbolo deve diventare tutt’uno con la cosa.

In “Nature”, Emerson afferma che Dio si rivela ovunque e in ogni tempo; che la Natura è la manifestazione di Dio; che l’intuizione è la facoltà con cui l’uomo osserva direttamente lo spirito nella natura; che la comunione della ragione con la natura, intesa come spirito, può redimere l’uomo stimolandone le affinità spirituali. La natura non deve tuttavia essere ridotta a mera bellezza, operazione che, casomai, potremmo fare con l’arte: “The shows of day, the dewy morning, the rainbow, mountains, orchards in blossom, stars, moonlight, shadows in still water, and the like, if too eagerly hunted, become shows merely, and mock us with their unreality”29. La bellezza della natura consiste nella sua stessa armonia:

The standard of beauty is the entire circuit of natural forms–the totality of nature; which the Italians expressed by defining beauty “il piu nell’ uno.” Nothing is quite beautiful alone: nothing but is beautiful in the whole. A single object is only so far beautiful as it suggests this universal grace. The poet, the painter, the sculptor, the musician, the architect, seek each to concentrate this radiance of the world on one point, and each in his several work to satisfy the love of beauty which stimulates him to produce. Thus is Art, a nature passed through the alembic of man. Thus in art, does nature work through the will of a man filled with the beauty of her first works30.

6.1.2 Le corrispondenze uomo-natura

Allo scopo di mostrare l’eterno legame fra uomo e ambiente, Emerson individua una serie di corrispondenze fra la natura e certe attività antropiche, come l’agricoltura; addirittura parla di come la vita stessa non sarebbe possibile senza gli elementi della natura. Le occupazioni umane imitano, in maniera più o meno perfetta,

29

Ibidem, p. 11.

30

(10)

70

tutta una serie di fenomeni preesistenti in natura: il vapore31 ripropone il vento, il cittadino in carrozza attraversa la città come gli uccelli attraversano l’aria. Il ricalco della natura è ciò che ha portato, nel corso dei secoli, a tutta una serie di comodità di cui l’uomo moderno gode; prima di Emerson, tali comodità erano state elogiate in quanto conquiste della civiltà, ma mai in quanto riconducibili ad elementi primordiali.

Al di là delle comodità, la natura ha la capacità di soddisfare un bisogno umano più elevato, quello della bellezza. Partendo dall’ideale di bellezza greco, per cui è “bellezza” il mondo intero, Emerson eleva la magnificenza della natura al di sopra di ogni cosa, poiché provata istintivamente, grazie alle capacità dell’occhio umano, “the best of artists”32, di ravvisare gli splendori del cielo o degli alberi, illuminati dalla luce,

“the first of painters”33

, la quale possiede il dono di rendere piacevole anche un oggetto ripugnante: la natura possiede la capacità di stimolare i sensi e rendere gioiosa tutta la materia.

Fra gli aspetti della bellezza della natura su cui Emerson riflette, vi è quello meramente estetico, ma egli si propone di superare questa prospettiva, oltrepassando la semplice corrispondenza fra forme riscontrabili in natura e forme riscontrabili in attività antropiche, poiché la natura permette alle persone di tornare a essere “umani”, nella calma e nel silenzio dei boschi:

But in other hours, Nature satisfies by its loveliness, and without any mixture of corporeal benefit. I see the spectacle of morning from the hill-top over against my house, from day-break to sun-rise, with emotions which an angel might share. The long slender bars of cloud float like fishes in the sea of crimson light. From the earth, as a shore, I look out into that silent sea. I seem to partake its rapid transformations: the active enchantment reaches my dust, and I dilate and conspire with the morning wind34.

Emerson, inoltre, rivendica il primato della natura sull’arte; per quanto questa sia l’espressione massima dell’intelletto umano, nei suoi sforzi di riproporre alcune delle forme naturali in diversi modi, ad esempio tramite la celebrazione poetica, “Art

31

Emerson non sceglie il vapore a caso. Il vapore acqueo permise la creazione del motore a vapore, che ebbe un ruolo di protagonista nella rivoluzione industriale, poiché facilitò il trasporto del carbone, diminuendone il costo.

32

R. W. Emerson, “Nature”, cit., p. 9.

33

Ibidem.

34

(11)

71

cannot rival this pomp of purple and gold”35. La natura è inoltre legata all’arte, poiché esercitano entrambe una funzione morale36.

La natura ci parla sempre. Comunica con noi, ponendosi come ispiratrice per i capolavori dei padri della letteratura: “Was there no meaning in the live repose of the valley behind the mill, and which Homer or Shakespeare could not reform for me in words?”37.

La natura trova la sua perfezione nella presenza della spiritualità, vivendo armonicamente con gli alti pensieri dell’umanità:

Homer, Pindar, Socrates, Phocion, associate themselves fitly in our memory with the geography and climate of Greece. The visible heavens and earth sympathize with Jesus. And in common life, whosoever has seen a person of powerful character and happy genius, will have remarked how easily he took all things along with him – the persons, the opinions, and the day, and nature became ancillary to a man38.

La bellezza della natura è oggetto privilegiato dell’intelletto; i due elementi vivono in un rapporto di complementarità, poiché essa esiste sempre, senza necessità di ricerca alcuna, giacché viene percepita spontaneamente e perseguita dall’intelletto. Infatti, l’uomo imita la natura sotto forme artistiche proprio perché viene colpito da essa: “The production of a work of art throws a light upon the mystery of humanity. A work of art is an abstract or epitome of the world. It is the result or expression of nature, in miniature”39.

La preminenza della natura sugli individui è evidente nello scorrere del tempo, poiché muta e autorizza svariate sensazioni. Emerson crede fortemente, dunque, che esista un legame indissolubile fra il procedere delle stagioni, evidente nella wilderness ma schiacciato nelle città, e il pensiero umano, senza necessità che se ne vada alla ricerca: “Crossing a bare common, in snow puddles, at twilight, under a clouded sky, without having in my thoughts any occurrence of special good fortune, I have enjoyed a perfect exhilaration. I am glad to the brink of fear”40. L’uomo si vede costretto ad

35

Ibidem, p. 11.

36

J. Porte, Emerson and Thoreau: Trascendentalists in Conflict, Middletown (Conn.), Wesleyan University Press, 1966, p. 13.

37

R. W. Emerson, “Nature”, cit., p. 10.

38 Ibidem, pp. 12-13. 39 Ibidem, p. 13. 40 Ibidem, p. 6.

(12)

72

adattarsi ai cambi di stagione. Ad esempio, nell’agricoltura, non è possibile nutrirsi di prodotti estivi in inverno e viceversa; si devono rispettare i tempi imposti dalla natura; il risultato delle fatiche di ogni individuo dipende anche dagli agenti atmosferici e della fertilità del terreno.

In Emerson la natura diviene una disciplina da studiare (si veda anche 5.1), poiché in grado di comprendere e rispecchiare le verità intellettuali e molte delle attività umane. La perfezione della natura, ove niente è casuale, è riscontrabile nel fatto che ogni elemento svolge una o più funzioni, ma non si adatta ad altre; l’uomo, dotato di saggezza, è in grado di cogliere questo aspetto e di servirsi di determinati elementi per specificate funzioni, non servendosi di quello stesso elemento per attività diverse da quelle per cui tale elemento è indicato. Se l’uomo non fosse stato in grado di vivere in armonia con la natura, non sarebbe mai riuscito, a dispetto della sua intelligenza, a estrarre benefici dai vari elementi.

La natura è maestra di vita, come già lo era stata in Bryant, poiché le sue forme e le sue caratteristiche forniscono all’essere umano modelli di comportamento: l’uomo imita, nella sua condotta morale, molti aspetti della natura, come la fermezza della roccia durante la pesca: “The moral influence of nature upon every individual is that amount of truth which it illustrates to him”41.

Le parole sono segni naturali, giacché ogni parola trova, nella sua ricostruzione genealogica, una corrispondenza con un fatto naturale. La portata spirituale delle parole è tale che esse divengono emblematiche, rendendo tali anche gli oggetti che designano: “Light and darkness are our familiar expression for knowledge and ignorance”42

. Queste analogie sono costanti e pervadono il linguaggio umano. Prima di Emerson, mai nessuno era riuscito a scovare attinenze così pregnanti. Il fatto che l’uomo utilizzi queste corrispondenze inconsciamente significa che esse sono radicate in maniera profonda nel nostro modo giornaliero di comunicare tanto i pensieri alti, quanto quelli bassi, incidendo dunque su un inevitabile rapporto vitale con la natura.

41

Ibidem, p. 24.

42

(13)

73 6.2 Conclusioni

La relazione fra uomo e natura che Emerson descrive è di origine spirituale. Nell’ambiente vergine, il singolo può trovare il proprio spirito e accettarlo come “Universal Being”: “Then shall come to pass what my poet said: ‘Nature is not fixed but fluid; to a pure spirit, nature is everything. Spirit alters, moulds, makes it. The immobility or bruteness of nature is the absence of spirit; to pure spirit it is fluid, it is volatile, it is obedient’”43. La natura è un indicatore che svela la presenza o l’assenza del sentimento divino riscontrabile in ognuno di noi44.

Non a caso, il linguaggio umano è simbolico, allude alla presenza del divino nelle cose, ma al tempo stesso è anche, poiché deve esserlo, concreto e realistico, data la manifestazione divina nella materia. La natura esprime la sua spiritualità anche attraverso gli esseri umani: “Therefore, that spirit, that is, the Supreme Being, does not build up nature around us, but puts it forth through us”45. Per Emerson, dunque, ogni cosa deve coniugare spiritualità e morale, al fine di creare un rapporto fra essere umano e natura sulla base di bontà e purezza. L’essere umano è l’unico essere vivente in grado di percepire tale spiritualità: è dunque suo dovere morale non ignorarla e vivere appieno la natura in tutte le sue forme.

In definitiva, Emerson non rifiuta la scienza o la filosofia, così come non disdegna il commercio o il progresso, ma invita a gestire questi campi del sapere seguendo le leggi morali dettateci dalla natura, terreno privilegiato delle idee nobili di etica e giustizia. Nessuna verità ci viene rivelata da Dio; è semmai compito di ogni individuo cercarla, il che è possibile solo direttamente attraverso la natura, che svolge anche funzioni pedagogiche.

43

Ibidem, p. 42.

44

J. L. Duncan, The Power and Form of Emerson’s Thought, Charlottesville (VA), University Press of Virginia, 1973, p. 3.

45

(14)

74 6.3 Quali prospettive dopo “Nature”?

Le idee promosse dal libro d’esordio di Emerson non riscossero un immediato successo: una parte degli intellettuali americani mise in discussione molti dei concetti base del saggio46. Fra coloro che vennero particolarmente colpiti e influenzati da “Nature” vi è Thoreau. I due si conobbero presso l’Università di Harvard nel 1835, ma amicizia e stima reciproca sbocciarono solo due anni più tardi. Fu la lettura del libro di Emerson che illuminò Thoreau sull’assenza, a Concord, la sua città natale, di quella

wilderness genuina in cui tanto confidava e che iniziò a coltivare mediante

l’associazione diretta fra l’uomo e la natura fisica47

. “Nature” risvegliò in Thoreau, tornato a Concord dopo aver completato gli studi, l’attrazione per i campi e i boschi, di cui si era innamorato e che aveva studiato prima di seguire i corsi universitari. Da giovane laureato, egli si dedicò immediatamente al lavoro nei campi, zappando e misurando, e a quello nei boschi, tagliando la legna48.

Parlare di “influenza” di Emerson su Thoreau è riduttivo: ciò che quest’ultimo ha ereditato dal primo è la consapevolezza dei tratti educativi della natura, la quale, oltre a essere esteticamente splendida, acquisisce alti valori morali per le idee che riesce a esprimere. Thoreau si distaccherà, ad ogni modo, da alcuni aspetti della concezione emersoniana della natura. Mentre in “Nature” il discorso mantiene sempre una certa distanza col lettore, Thoreau, in Walden; or, Life in the Woods, parla di sé con toni personali, coinvolgendo maggiormente il fruitore dell’opera49

.

La natura, per Thoreau, non si limita a essere un semplice mezzo per il raggiungimento di conoscenze ideali di elevazione superiore, bensì l’oggetto ultimo dell’attività filosofica, fonte di benessere e guida esistenziale. L’attività filosofica deve trovare anche una pratica. E Thoreau, di fatto, decise di vivere a stretto contatto con la natura, lontano e svincolato da tutti gli obblighi e legami imposti dalla società, per non esserne contaminato. Si allontanò da Concord e visse per due anni, due mesi e due giorni (precisamente dal 4 luglio 1845 al 6 settembre 1847) in una piccola casa di legno costruita di persona, presso il lago di Walden, non troppo distante dalla città. Il

46

Si veda, fra gli altri, J. L. Duncan, The Power and Form of Emerson’s Thought, cit., pp. 6-8.

47

J. W. Krutch, Henry David Thoreau, New York (NY), William Sloane Associates, 1948, p. 49.

48

G. Ferrando, H. Thoreau e il trascendentalismo americano, Venezia, La Nuova Italia, 1928, p. 11.

49

(15)

75

resoconto dell’avventura di Thoreau è divenuto il suo libro più importante50

e famoso:

Walden. La scintilla che convinse Thoreau a compiere la sua scelta fu di radice

filosofica, più che religiosa o antisociale. Lo scrittore di Concord si mise alla ricerca, attraverso una vita semplice e d’abnegazione, della consapevolezza, delle potenzialità e dei limiti del proprio spirito.

6.4 Il significato della natura in Thoreau

Thoreau aveva un’opinione negativa della civiltà. Non della civiltà in senso assoluto, ma di quella a lui contemporanea. La stessa scrittura è d’altronde frutto del progresso umano e strumento atto a permettere la comunicazione fra i membri della società. In Walden, sono lunghe le descrizioni che egli fa del processo di costruzione della casa in legno in cui vivrà, attraverso l’uso delle pialla e di altri strumenti; sia l’esposizione che l’edificazione sono possibili perché egli ha ereditato una serie di conoscenze che gli permettono di fare ciò. Quel che Thoreau rifiuta è l’economia come sistema che, per lui, oltre a creare disuguaglianze e ingiustizie sociali, allontana il singolo da se stesso, rendendolo insicuro, con una vita incline al materialismo e al conformismo.

Thoreau iniziò a formulare le sue idee sul valore della natura incontaminata a partire dalla necessità di conoscere se stesso. Vagò nei boschi fin da bambino, apprezzando tutto quanto fosse selvaggio. Lo interessavano gli alberi, gli animali che vivono nelle profondità dei boschi, gli oggetti di primitiva fattura, come le punte delle frecce degli indiani51. Si rese ben presto conto che la wilderness era quanto di più bello e importante il mondo offrisse.

A differenza di molti degli intellettuali suoi contemporanei, Thoreau non si sarebbe mai potuto dichiarare soddisfatto di mere dichiarazioni d’amore per la

wilderness: egli desiderava capirne il valore52 e, per fare ciò, scelse di viverci a stretto contatto. Partendo dalla filosofia di Emerson, per il quale “Nature is the symbol of

50

Ibidem, p. 27.

51

B. Tedeschini Lalli, Henry David Thoreau, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1954, pp. 9-23.

52

(16)

76

spirit”53, Thoreau sosteneva che la natura selvaggia rappresentasse quanto d’inesplorato vi fosse nell’essere umano, e che solo studiandola, amandola, vivendola fosse possibile rispondere a quesiti esistenziali riguardanti l’essere umano. Fino all’avvento del romanticismo, l’uomo aveva sempre rinunciato a vivere in armonia con la natura, riducendola a nemica e ostacolo, a luogo in cui egli rischia di degenerare a bestia. Come poteva conoscere se stesso, o meglio, quella parte di sé che sempre si era rifiutata di stringere con la natura un rapporto di armonia, quando essa è parte integrante del mondo a cui egli stesso appartiene? Esiste dunque un legame fra la conoscenza di sé, intesa anche come conoscenza fisica e padronanza del proprio corpo, e l’ambiente selvaggio, che mette alla prova il fisico e che, di conseguenza, coinvolge anche aspetti di natura psicologica. La conoscenza del proprio io interessa anche l’aspetto corporeo; l’ambiente ci offre quest’opportunità, ovvero misurarsi con se stessi in modo completo. Tanto il contatto con la natura quanto il viaggio attraverso essa favoriscono un percorso interiore. Esclusivamente nella solitudine, svincolati da coercizioni sociali e nella condotta di una vita ridotta all’essenziale, è possibile capire se stessi. La solitudine è condizione primaria per trascendere l’esistenza in una società che non rispecchia l’animo umano. La necessità di vita sociale è, per Thoreau, un sentimento indotto, poiché l’aggregazione nega al singolo la possibilità di maggior concentrazione sulle proprie pulsioni, passioni e abilità:

Most of the luxuries, and many of the so called comforts of life, are not only not indispensable, but positive hindrances to the elevation of mankind. With respect with the luxuries and comforts, the wisest have ever lived a more simple and meager life than the poor. […] None can be an impartial or wise observer of human life but from the vantage ground of what we should call voluntary poverty. […] [We should] live […] a life of simplicity, independence, magnanimity, and trust. It is to solve some of the problems of life, not only theoretically, but practically54.

Il lusso di una casa grande o di un maggiordomo, della carriera in ambito lavorativo sono sontuosità che Thoreau connota di volgarità55.

53

R. W. Emerson, “Nature”, cit., p. 15.

54

H. D. Thoreau, Walden; or, Life in the Woods, cit., p. 334.

55

Anonymus, “Thoreau’s Walden”, in Walter Harding (ed.), Thoreau: A Century of Criticism, Dallas (Tex.), Southern Metodist University Press, 1954, pp. 8-11.

(17)

77

6.5 Le esperienze di Thoreau nella wilderness: un breve excursus

Prima di parlare di Walden, vorremmo fare alcune considerazioni, le quali ci permetteranno di capire più a fondo e correttamente il tipo di affinità esistente fra Thoreau e la natura. Il lago di Walden, presso cui egli dimorò, si trova a poco più di due chilometri da Concord. Thoreau si concede visite non occasionali al paese, vanificando quella solitudine tanto osannata: “Every day or two I strolled to the village […]. As I walked in the woods to see the birds and squirrels, so I walked in the village to see men and boys; instead of the wild among the pines, I heard the carts rattle”56. L’ambiente in cui Thoreau visse, descritto dettagliatamente nei capitoli “Where I Lived, and What I Lived for” e “The Ponds”, non può essere considerato wilderness.

Quando Thoreau decise che era giunto il momento di conoscere la natura primitiva, intraprese lunghe escursioni con l’obiettivo di immergersi nella wilderness e vivere l’America primordiale e più genuina. Fece tre viaggi nei boschi del Maine, ma l’eccessiva durezza dell’esperienza lo scioccò. Non trovò quel territorio così ospitale, e sviluppò per esso paura e antipatia. Il primo dei tre lunghi cammini risale al 1846 (nel pieno del “periodo Walden”), gli altri due al 1853 al 1857. Nella vera wilderness provò smarrimento (“more lone that you can imagine”57

), si sentì impotente, col conseguente risultato che, invece di uscire dalle foreste selvagge con un’opinione positiva di esse, ne uscì con l’idea opposta, deluso, come se l’idealizzazione teorica della wilderness fosse stata cancellata dall’esperienza: “It was a savage and dreary scenery enough, so wildly rough […]”58. Savage e wild non assumono qui quella valenza di bontà come avviene, invece, in Walden.

L’esperienza del Maine lo aiutò, ad ogni modo, a mettere a fuoco le sue idee. Aveva sempre lodato la natura a discapito della civiltà, la vita primitiva degli indiani a discapito dell’America del suo tempo. Questa dicotomia doveva essere smontata. Thoreau apprese che la wilderness e la civiltà americana lontana dalla natura erano due poli che dovevano essere evitati. La vitalità e il candore della natura impervia dovevano essere bilanciati dall’intelletto, in grado di emergere esclusivamente nella civiltà.

56

H. D. Thoreau, Walden; Or, Life in the Woods, cit., p. 456.

57

H. D. Thoreau, The Maine Woods, in A Week, Walden, The Maine Woods, Cape Cod, cit., p. 640.

58

(18)

78 6.6 La vita nei boschi di Walden

Il capolavoro di Thoreau rappresenta uno spartiacque: i trascendentalisti connotarono la wilderness di una potenza d’attrazione senza precedenti, contrastando in maniera nettissima la visione preromantica della natura. La differenza sostanziale fra

Walden e “Nature” risiede nell’immediatezza. Mentre quest’ultimo, essendo un saggio

filosofico, è scritto col linguaggio dell’esposizione, non possiede una fluidità tale da giungere rapidamente al lettore; l’altro, un’opera comunque non interamente comprensibile d’acchito, dove argomentazione, narrativa e descrittivismo si intervallano, scorre in maniera molto più diretta, esprimendo i concetti con più semplicità.

Walden testimonia la presa di distanza dalla società, nella speranza di poter

prendere contatto con una dimensione più autentica, raggiungibile costruendosi una capanna praticamente da solo, attraverso l’indipendenza raggiunta con la coltivazione della terra senza aiuto alcuno, mediante l’immersione nella natura. Thoreau affronta e sviluppa la sua concezione di natura attraverso una serie di argomenti, che suddividerà nei capitoli che compongono il libro. Il libro è divenuto, col passare dei decenni, il testo sacro della contemplazione della natura come preliminare alla conduzione di una vita sobria. Walden è, per contrasto, anche un atto d’accusa contro l’economia, la politica, le ingiustizie degli Stati Uniti, che proprio in quegli anni si stanno formando come potenza industriale a livello mondiale.

Prima di addentrarsi nella narrazione vera e propria, Thoreau ci informa che “Some have asked what I got to eat; if I did not feel lonesome; if I was not afraid, and the like”59; la difficoltà a procacciarsi il cibo, la paura e la solitudine associate ai boschi è quanto Thoreau desidera scardinare. Le domande sono giustificate dal fatto che i cittadini di Concord hanno introiettato quella visione della wilderness come essere tirannico, discussa nelle pagine precedenti, e dal cui fardello ancora non si erano liberati.

La ricerca di uno stile di vita sostenibile, la possibilità di dialogare e di instaurare un rapporto paritario con la natura, oltre alla critica all’opulenza della società, sono fra i temi che emergono già dalle prime pagine del libro. Si viene immediatamente

59

(19)

79

sedotti dalla capacità retorica di Thoreau nel presentarci un mondo, quello della natura incontaminata, dominato dalla spiritualità. Il contatto e la vicinanza sono possibili solo attraverso il mondo fisico; nel pensiero di Thoreau, questo è percepito come un limite: “What distant and different beings in the various mansions of the universe are contemplating the same one [the same star] at the same moment. Nature and human life are as various as our several constitutions”60. L’americano dell’Ottocento, impossibilitato a conciliare spirito e materia, può sperimentare, in una vita adiacente alla natura, un senso di unità fra questi due aspetti in apparenza incompatibili, giungendo così alla condizione di primitivo, oltre che all’elevazione del spirituale.

Il rapporto vissuto da Thoreau con l’ambiente che lo ha ospitato per oltre due anni è di natura carnale: “Early in the morning I worked barefooted, dabbing like a plastic artist in the dewy and crumbling sand, but later in the day the sun blistered my feet”61. Lo scrittore dedicò buona parte del suo tempo a piccoli lavori agricoli, necessari a sfamarsi; le dure ore di lavoro sotto il sole cocente, con la zappa in mano, prono sul solco fra un filare e l’altro non sono sforzi indesiderati, bensì movimenti piacevoli atti al raggiungimento di uno stato di benessere mentale ancor prima che fisico.

Thoreau vede nel contatto con la natura la consapevolezza della propria identità e quelle della storia e della nazione americana. Si era reso conto che la natura è il “raw material of life”62

; Nash affermerà, riprendendo l’espressione di Thoreau, che “[…] wilderness was the basic ingredient of American civilization. Form the raw materials of the physical wilderness Americans built a civilization; with the idea or symbol of wilderness they sought to give that civilization identity and meaning”63.

Thoreau, sulla scorta del pensiero di Emerson, parte alla scoperta della purezza, vuole sperimentare in prima persona il contatto con la natura, che è l’essenza della vita; senza di essa, la vita fisica non sarebbe possibile, la sua assenza precluderebbe la conduzione di un’esistenza completa.

È inevitabile che, in maniera persistente nell’arco della narrazione, i benefici della natura sull’uomo emergano in contrasto con le comodità delle città. Thoreau necessita di tali scontri per spiegare come l’ambiente sia un balsamo per la mente, stordita dal lavoro estenuante delle città. La prima opposizione ad emergere riguarda 60 Ibidem, p. 331. 61 Ibidem, p. 447. 62

H. D. Thoreau, “Walking”, in Oscar Cargill (ed.), Selected Writings on Nature and Liberty, New York (NY), The Liberal Art Press, 1952, p. 124. La pubblicazione fu postuma, ma la stesura risale al 1850.

63

(20)

80

l’economia: mentre il cittadino è continuamente costretto a lavorare, l’uomo dei boschi ha la possibilità di essere molto più indipendente, sia perché ha bisogno di meno oggetti materiali, sia perché è più libero. Per vivere, l’uomo delle città si vede costretto a rispettare le regole dell’economia, accettate implicitamente; allo stesso modo, Thoreau onora le leggi della natura, contro cui non si ribella mai: “I turned my face more exclusively than ever to the woods, where I was better known. I determined to go into business at once, and not wait to acquire the usual capital, using such slender means as I had already got”64.

Evidenziata la differenza fra la città e il bosco, Thoreau spiega il perché della superiorità del secondo. Mentre le strade carrabili della piccola Concord guidano in maniera sicura gli abitanti verso le proprie case, Thoreau preferisce rischiare di perdersi, nelle buie notti nei recessi dei boschi, e lasciarsi guidare “rather by his feet than his eyes”65. La consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante passa anche attraverso questo: mentre a Concord è possibile orientarsi per mezzo di segnali ben visibili e distinguibili, nei boschi, il ritorno verso casa è possibile grazie all’armonia con l’ambiente circostante. Una volta che uomo e alberi possono dirsi uniti, allora il primo sarà lieto di camminare attraverso i secondi: “Not till we are lost, in other words, not till we have lost the world, do we begin to find ourselves, and realize where we are and the infinite extent of our relations”66. Il Thoreau che ci restituisce il libro è un uomo che ha trovato la propria strada, lontano dalla frenesia della vita artificiale delle città; il lettore che porta a termine Walden non è certamente rimasto indifferente alle descrizioni di animali o piante, né alle digressioni filosofiche o alle critiche sociali. Lo scopo principale di Thoreau era la forgiatura della sua stessa persona, che il mondo conosce grazie alle sue abilità scrittorie; il punto di partenza non poteva essere l’idea, prodotto dell’intelletto umano, ma l’istinto, da razionalizzare successivamente67

.

L’esperienza di Walden aiutò Thoreau a capire che i tratti maligni della natura sono mere costruzioni sociali, atte ad aggregare gli uomini e a farli stare uniti; per lo scrittore la natura è compagna, madre, maestra di vita, nutrice. Egli si lascia guidare da tutti i suoi elementi in un rapporto armonico. Diviene figlio delle stelle, quando traccia la rotta osservando gli astri: “It is darker in the woods, even in common nights, than

64

H. D. Thoreau, Walden; Or, Life in the Woods, cit., p. 338.

65

Ibidem, p. 458.

66

Ibidem, p. 459.

67

(21)

81

most suppose. I had frequently ha to look up at the opening between the trees above the path in order to learn my route […]”68; si lascia cullare e ammaestrare dalla natura, grazie a essa si sostenta.

Le meravigliose descrizioni del lago Walden e del paesaggio che lo circonda si caricano di significati specifici. Thoreau, con un linguaggio liscio e piacevole, riesce a trasportare il lettore in un paradiso in miniatura, in cui questi s’innamora dell’armonia fra i laghi e i piccoli promontori, delle corse dei piccoli animali selvatici, del colore cristallino delle acque del lago, che in un gioco di luci si vivificano rapidamente in una moltitudine di sfumature splendenti, acque in cui pescare o navigare d’estate o sdraiarsi sullo spessore di ghiaccio che viene a crearsi in inverno. Risulta impressionante la facilità con cui Thoreau descrive nel dettaglio esseri minuscoli come funghi, bacche, insetti, che accompagnano il lettore in un delizioso mondo colorato e vivace. È il suo modo di manifestare la propria ammirazione per un mondo più autentico di quello di Concord. Ci parla gioiosamente delle abitudini delle tortore, dei procioni, degli scoiattoli, osserva con reverente attenzione l’eterna lotta fra le formiche rosse e quelle nere. Parla del suo rapporto di fiducia con gli animali, come quella volpe che si costruì la tana sotto il pavimento della casa di legno, dei rumori nelle notti di luna piena, della caccia alle pernici ad opera delle volpi. Ritrae un universo idilliaco, dove regna la pace, in cui ogni organismo vivente dà il proprio contributo a rendere sempre più incantevole l’ambiente circostante e a non alterare mai l’equilibrio dell’ecosistema che, col passare delle stagioni, degli anni, dei secoli, mantiene immutata la sua purezza e la sua innocenza. Ogni essere è parte di quel paesaggio di luci e ombre e di suoni melodici, gradevoli all’occhio e all’orecchio. Il ciclo della natura è più bello dell’esistenza umana, più nobile di tutte le azioni compiute in nome della civiltà. È sempre piacevole la lettura delle decine e decine di pagine che divengono un inno alla vita. Ci parla intimamente di sé, poiché intimo fu il suo rapporto con la natura, racconta al mondo la sua esperienza, che non fu certamente l’esperienza più sociale mai esistita, non per egocentrismo, ma per illuminarci sulla natura stessa e, in ultima analisi, su noi stessi69.

L’armonia raggiunta con l’ambiente è “anti-antropocentrica”. Thoreau non privilegia in alcun modo le relazioni con i suoi vicini o coi viaggiatori di passaggio alle

68

H. D. Thoreau, Walden; Or, Life in the Woods, cit., p. 458.

69

(22)

82

passeggiate o all’osservazione degli animali: “[…] I frequently tramped eight or ten miles through the deepest snow to keep an appointment with a beech-tree, or a yellow-birch, or an old acquaintance among the pines […]”70.

Egli non si dichiarò mai un guru da ammirare, seguire e imitare. Thoreau, semmai, si servì della natura con l’auspicio che il popolo americano si liberasse dalle catene delle convenzioni sociali e prestasse ascolto al proprio cuore.

Accanto ad argomentazioni di questo tipo, sono innumerevoli i discorsi di valenza “neutra”, descrizioni di taglio oggettivo:

Of five coves, three, or all which had been sounded, were observed to have a bar quite across their mouths and deeper water within, so that the bay tended to be an expansion of water within the land not only horizontally but vertically, and to form a basin or independent pond, the direction of the two capes showing the course of the bar. Every harbor on the sea-coast, also, has its bar at its entrance71.

Nonostante un cambiamento interiore non possa che avere inizio nel profondo di ognuno di noi, Thoreau parla di uomini, cacciatori, boscaioli, contadini, essi stessi parte integrante della natura (fintantoché non divengono commercianti), e di come la natura sia parte integrante della loro persona: il loro carattere è stato forgiato da una vita in mezzo alle foreste, che non temono e che osservano attentamente, come richiesto dall’attività che svolgono, approcciandosi all’ambiente in maniera più fiduciosa “[…] than philosophers or poets even, who approach her with expectation. She is not afraid to exhibit herself to them”72.

La natura, in Walden, acquisisce valore permanente e universale: Thoreau si eleva a rappresentante di popoli primitivi che la credono sacra e cara alle divinità.

L’inverno, per antonomasia stagione delle fatiche infinite e della morte, viene attraversato dalla narrazione con estremo calore e notevole empatia. Thoreau descrive le piacevoli passeggiate nella neve profonda, contempla per intere mattinate la bellezza del fenomeno fisico che trasforma l’acqua in ghiaccio in inverno e il fenomeno contrario quando ormai si è giunti alla primavera. Nella natura, l’uomo impara a non lamentarsi e ad abituare il proprio corpo alle condizioni climatiche.

70

H. D. Thoreau, Walden; Or, Life in the Woods, cit., p. 533.

71

Ibidem, p. 553.

72

(23)

83

La natura descritta da Thoreau non è un sistema caotico in cui sono assenti regole, bensì, con una forte vicinanza al pensiero di Emerson, un sistema organizzato; è compito dell’uomo, attraverso l’osservazione, scoprire le regole che governano la natura:

If we knew all the laws of Nature, we should need only one fact, or the description of one actual phenomenon, to infer all the particular results at that point. Now we know only a few laws, and our result is vitiated, not, of course, by any confusion or irregularity in Nature, but by our ignorance of essential elements in the calculation. Our notions of law and harmony are commonly confined to those instances which we detect; but the harmony which results from a far greater number of seemingly conflicting, but really concurring, laws, which we have not detected, is still more wonderful. The particular laws are as our points of view, as, to the traveller, a mountain outline varies with every step, and it has an infinite number of profiles, though absolutely but one form. Even when cleft or bored through it is not comprehended in its entireness73.

6.6.1 L’esaltazione della semplicità

Già nelle prime pagine di Walden, troviamo una presenza che diventerà una costante durante la lettura del libro: quella dei fagioli, a cui Thoreau dedica un intero capitolo. Al di là delle tantissime ricorrenze, i legumi acquisiscono una valenza particolare nel significato globale del libro. Essi e il campo in cui sono coltivati sono il simbolo della genuinità. Li troviamo a fianco degli altri argomenti più “alti” trattati da Thoreau – il contatto con la natura, la libertà, l’auspicio di una civiltà di uomini, donne e bambini leggano i capolavori delle letterature greca e inglese, fra i tanti.

Thoreau eleva i fagioli a elemento di contatto fra sé e la natura: “They attached me to the earth, and so I got strength like Antæus”74. Impossibilitato a toccare fisicamente tutta la natura, si crea per Thoreau, nel relazionarsi intimamente col seme del fagiolo, un’unione con il creato; intenzionato a stringere un rapporto fraterno con gli

73

Ibidem, pp. 553-554.

74

(24)

84

elementi, lo scrittore dichiara il proprio amore ai fagioli: “[…] my beans […] were impatient to be hoed […]. I came to love my rows, my beans […]”75

, presentandoceli come se fossero dotati di volontà propria e, quindi, in grado di comunicare con lui, richiamandolo col desiderio di venir zappati. I fagioli rappresentano la necessità di conoscere la natura, poiché richiedono certe quantità d’acqua e specifiche tecniche di lavorazione. Nel momento in cui Thoreau si gusta il frutto dei suoi sforzi, comprende di aver rispettato il ciclo naturale richiesto dai fagioli, come egli stesso dichiara: “It was a singular experience that long acquaintance which I cultivated with bean, what with planting, and hoeing, and harvesting, and threshing, and picking over […]. I was determined to know beans. When they were growing, I used to hoe from five o’clock in the morning till noon […]”76.

6.6.2 La natura come maestra: le necessità della vita e il percorso della storia

Thoreau aveva capito che l’uomo, per migliorare se stesso nel trambusto della modernità, doveva abbandonare le proprie preoccupazioni77, economiche o sociali che fossero. L’inquietudine dell’uomo schiacciato dal mercantilismo permeante la società spinge a vedere il denaro come unità di misura di ricchezza e povertà, senza però considerare il tempo sottratto allo sviluppo del proprio io. Nella natura, è la prodigalità con cui si spendono le ore di sole o quante giornate si destinano all’osservazione degli uccelli in volo ciò che più si avvicina a un metro di giudizio:

By the words, necessary of life, I mean whatever, of all that man obtains by his own excretions, has been from the first, or from long use has become, so important to human life that few, if any, whatever from savageness, or poverty, or philosophy, ever attempt to do without it. […] The necessaries of life for man […] [have to] be distributed under the several heads of Food, Shelter, Clothing, and Fuel […]78 . 75 Ibidem, p. 446 76 Ibidem, pp. 450-451. 77

B. Tedeschini Lalli, Henry David Thoreau, cit., p. 139

78

(25)

85

Soddisfatti i requisiti fisiologici basilari, l’essere umano è finalmente pronto a elevarsi.

È evidente, in Walden, l’idea che la natura sia in grado di spiegare il percorso di nascita e crescita di ognuno di noi. Thoreau vede, nella vita di ogni singolo americano, il riflesso della storia, concentrata in un periodo di tempo notevolmente più breve. La fanciullezza rispecchia l’alba dell’uomo; crescendo, il fanciullo diviene adulto, allontanandosi dalla condizione di essere puro. Dedicare il proprio tempo alla conoscenza della natura, che altro non è che la conoscenza di se stessi, favorirebbe una maggiore consapevolezza del proprio percorso di nascita e sviluppo:

We may imagine a time when, in the infancy of the human race, some enterprising mortal crept into a hollow in a rock for shelter. Every child begins the world again, to some extent, and loves to stay outdoors, even in wet and cold. It plays house, as well as horse, having an instinct for it. Who does not remember the interest with which, when young, he looked at shelving rocks, or any approach to a cave? It was the natural yearning of that portion, any portion of our most primitive ancestor which still survived in us. From the cave we have advanced to roofs of palm leaves, of bark and boughs, of linen woven and stretched, of grass and straw, of boards and shingles, of stones and tiles79.

Il discorso verrà abbracciato anche più avanti nel libro, quando Thoreau ci fornisce una chiave per interpretare, almeno in parte, il perché di un suo così forte apprezzamento della natura, sostenendo che, ad ogni modo, l’ambiente in cui cresciamo ci influenza inesorabilmente: “Perhaps I have owed to […] hunting, even quite young, my closest acquaintance with Nature”80.

79

Ibidem, pp. 344-345.

80

(26)

86 6.7 Conclusioni

Col testo di Thoreau, l’America letteraria spalanca le proprie porte all’apprezzamento della wilderness, annientando una insistita posizione di rifiuto. Thoreau fu con ogni probabilità il primo a perorare la preservazione della wilderness, che stava scomparendo, il che lo preoccupava81. In Walden possiamo leggere quanto segue: “I should be glad if all the meadows of the earth were left in a wild state, if that were the consequence of man’s beginning to redeem themselves”82

. L’eco dei suoi scritti e delle sue idee raggiungerà, fra gli altri, il pittore George Catlin (1796-1892)83, che condivideva le apprensioni di Thoreau, e John Muir, il cui impegno a protezione del patrimonio naturale, grazie alla fondazione del Sierra Club, è risultato fondamentale per la costituzione e la conservazione dei parchi nazionali, oltre che per la salvaguardia dell’idea stessa di wilderness84

.

Fra i motivi atti a spiegare la concentrazione di Thoreau sull’esigenza di una vita ridotta all’essenziale (“Simplicity, simplicity, simplicity!”85

) vi è anche la necessità di far comprendere ai suoi contemporanei e alle future generazioni, a cui ha lasciato un messaggio preziosissimo, che il lusso e l’eccesso di comodità sono dannose. “Semplicità” non è in alcun modo sinonimo di “privazione”; è, invece, il punto di partenza per una nuova consapevolezza. Le continua ricerca di comodità e la presenza di oggetti lussuosi già nelle prime colonie servivano a ergere un muro simbolico con la natura selvaggia, emblema del male e di un passato da cui liberarsi. Più netto era il contrasto con la nemica wilderness e, conseguentemente, più forte ed evidente era la distanza che da essa era doveroso mantenere. Thoreau, nella celebrazione della purezza della natura primitiva, demolisce tutto ciò.

Lo scrittore di Concord sarà la base per tutta o quasi la successiva produzione letteraria con un approccio alla natura simile al suo. Proponiamo come esempi lampanti i già citati Into the Wild e l’omonimo film da esso tratto. In entrambi, la conduzione di una vita semplice, il distacco da una società in cui esistono dominanti e dominati e il rifiuto del consumismo conducono alla purificazione dell’anima e all’elevazione

81

R. Nash, Wilderness and the American Mind, cit., p. 102.

82

H. D. Thoreau, Walden; Or, Life in the Woods, cit., p. 486.

83

R. Nash, Wilderness and the American Mind, cit., p. 102.

84

Cfr. R. Nash, Wilderness and the American Mind., cit., pp. 96-121, 379-388.

85

(27)

87

morale. Thoreau è infatti citato da Alexander Supertramp (all’anagrafe Christopher Johnson McCandless, 1968-1992), l’avventuriero protagonista delle due opere, il quale considera lo scrittore un eroe moderno, un modello anticonformista da ammirare. Sulla base di Walden, egli deciderà di abbandonare la società per andare a vivere, dopo un vagabondaggio per gli Stati Uniti di circa due anni, in Alaska, il territorio americano più selvaggio in assoluto.

Fino agli inizi del XIX secolo, la civiltà ha docilmente riposato nell’immaginario collettivo come il bene assoluto, risultato di infinite lotte e sforzi fisici contro la wilderness, il male assoluto. A partire dal romanticismo vi fu un’inversione di rotta; giungiamo in tal modo a Emerson prima e a Thoreau successivamente. In entrambi, la natura è l’entità che permette all’intelletto umano di elevarsi e a ognuno di noi di migliorarsi moralmente. Nel secondo, in particolare, la natura diviene uno strumento di critica sociale, poiché consente di mettere a nudo l’ipocrisia e le contraddizioni della società moderna – sul piano economico, sociale, e, in genere, relazionale. Il processo di civilizzazione, che ha portato all’America dell’Ottocento, viene sistematicamente rigettato. Il singolo, assoggettato ai doveri sociali, viene indotto a convincersi che la vita collettiva sia inevitabile, oltre che estremamente vantaggiosa per se stesso. Lo scrittore di Concord, in Walden, ci invita a uscire dal caos della società e vivere in sincronia con la natura, al fine ultimo di rinnovare l’America, territorio meraviglioso in cui condurre la propria vita secondo i ritmi delle stagioni, giacché “Nature is as well adapted to our weakness as to our strength”86

. La natura ha, in ultima analisi, un effetto di catarsi, poiché riesce a far sì che il singolo possa emanciparsi e far sbocciare quella purezza presente in ognuno di noi, affogata in secoli di civilizzazione.

86

Riferimenti

Documenti correlati

A tal proposito segnaliamo le variazioni al testo rispetto alla versione primigenia del 1635 a partire dalla sezione 13 in cui si ebbe l’aggiunta di 22 versi con i quali

In caso di comportamenti che possano arrecare danno agli animali ricoverati presso la struttura od ostacolare il lavoro del personale che opera

Lo scrivo a Beirut dove, forse per la vicinanza della morte, ancora a fior di terra, tutto è più vero che in Francia: tutto sembra acca- dere come se fosse

Tra le varie testimonianze al riguardo, anche come forma di silenziosa antica reazione, c’è quella di una serie di esperienze che merita di essere segnalata. In Sicilia

Alla luce del Concilio di Calcedonia possiamo dire ora che il rapporto dell’infinito, dell’uomo con l’infinito è di intimità e più questo si verifica più

– Analisi Ontologica (As  Th): ogni teoria, in quanto implementata in un processo comunicativo (ontologia = parte della pragmatica e non della sola semantica e sintattica),

Impossibile legarle ad una rivoluzione astronomica (Copernico, Keplero), crede nell’esistenza della sfera delle stelle fisse, del centro dell’universo e non attribuisce un

Il termine “oncologia comparata” fa riferimen- to ad una disciplina che oggi integra lo studio dei tumori spontanei insorgenti negli animali da compagnia con quelli umani e solo