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Capitolo 1

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Academic year: 2021

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Capitolo 11

1. Organizzazione del calcio europeo

Se a livello mondiale il calcio è, fin dal 1904, gestito e governato dalla Fifa, questa vede affiliate a sé tutte le confederazioni cui a loro volta spetta l'organizzazione e la supervisione del mondo del calcio nelle macro aree di competenza, sostanzialmente corrispondenti ai territori dei diversi Continenti. Si tratta di Afc (Asia e recentemente anche Australia), Caf (Africa), Concacaf (Nord e Centro America), Conmebol (Sud America), Ofc (Oceania) e Uefa (Europa).

La Uefa, acronimo che sta per Union of European Football Associations è stata fondata nel 1954 a Basilea ad opera delle federazioni calcistiche nazionali francese, italiana e belga, con sede a Parigi, poi spostata a Berna e, a partire dal 1995, a Nyon. Essa si trova al vertice europeo non soltanto del calcio professionistico maschile, ma anche del calcio femminile, giovanile e a cinque, il futsal, detto comunemente "calcetto". La nostra trattazione verterà tuttavia soltanto sul calcio a 11 maschile professionistico.

Fra i principali compiti della Uefa, così come delle altre federazioni di cui è stato fatto cenno sopra, risulta l'organizzazione dei tornei continentali, tanto a livello di club (le cosiddette "coppe"), quanto a livello di squadre nazionali (il campionato europeo).

Attualmente il presidente della federazione è Michel Platini, succeduto nel 2007 allo svedese Lennart Johansson.

Sono affiliate alla Uefa tutte le federazioni calcistiche nazionali d'Europa, che rappresentano tutti gli stati sovrani del vecchio Continente, eccetto il Principato di

1 Tutte le informazioni utilizzate in questo capitolo sono facilmente rintracciabili su internet e non, oltre che nei ricordi degli appassionati. Tuttavia le fonti possono essere indicate sostanzialmente in questa breve lista: uefa.it; kassiesa.home.xs4all.nl; tifosobilanciato.it.

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Monaco, "annesso" alla Francia, e lo Stato della Città del Vaticano, che non possiedono una federcalcio e quindi ufficialmente neanche una rappresentativa nazionale né un campionato interno.2

Come accennato al primo capoverso, i confini di competenza delle federazioni continentali non devono necessariamente ricalcare i confini geografici del rispettivo Continente. Sono infatti membri Uefa anche le federazioni geograficamente transcontinentali di Turchia, Russia, Cipro e Kazakistan e quelle geograficamente asiatiche di Israele, Armenia, Azerbaigian e Georgia; vi fanno parte anche quelle di due territori non sovrani, le Isole Fær Øer e Gibilterra, che rappresenta inoltre l'ultima federazione iscritta, avendo fatto il suo ingresso soltanto nel 2013. Va inoltre fatto notare che il Regno Unito è rappresentato, al contrario di quanto accade nelle altre discipline sportive, non come Stato unico, ma dalle federazioni indipendenti fra loro di tutte le cosiddette quattro home nations: Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda del Nord, analogamente a quanto accade nel rugby e nel cricket, trattando così in modo privilegiato la patria di questi tre sport. In totale sono ad oggi 54 le federazioni calcistiche affiliate.

La Uefa stila inoltre, analogamente a quanto fatto dalle federazioni professionistiche internazionali degli altri sport, tre classifiche, dette ranking, che attraverso complessi calcoli e criteri di punteggio servono a dare un quadro sempre aggiornato delle gerarchie di rendimento e di prestigio, basate esclusivamente sulle prestazioni sportive, relativamente ai valori dei campionati nazionali, dei singoli club e delle rappresentative nazionali. Analogamente la Fifa mette in ordine le selezioni nazionali di tutto il mondo con un regolamento simile. Queste quattro classifiche

2 Tuttavia essi possono naturalmente organizzare competizioni calcistiche come la Clericus Cup del Vaticano, un torneo disputato fra gli iscritti agli Istituti Pontifici di Roma e dintorni che però non si trova sotto l'egida né della Uefa, né della Fifa, ma del Centro Sportivo Italiano. Similmente lo Stato Vaticano organizza anche un Campionato, una Coppa ed una Supercoppa da disputarsi fra i vincitori delle due competizioni, esattamente come è previsto in quasi tutte le altre federazioni con la differenza, anche qui, dell'autogestione di questi tornei che spetta all'Attività Calcistica Dipendenti Vaticani. Esiste altresì il progetto di una rappresentativa Nazionale Vaticana, anch'essa naturalmente fuori dai circuiti ufficiali Uefa e Fifa. La federazione del Liechtenstein invece ha una selezione Nazionale, ma non organizza un campionato: le squadre di questo piccolo Stato partecipano al Campionato della limitrofa Svizzera, mentre esiste invece la Coppa Nazionale, alla quale queste stesse prendono parte.

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hanno lo scopo di formare gruppi quanto più possibile equilibrati fra loro, rispettivamente per lo svolgimento delle coppe europee per club le prime due e per le qualificazioni ai tornei per nazionali (Campionati del Mondo e Campionati Europei) le seconde due. In entrambi i casi il meccanismo utilizzato per formare tali gruppi è semplice ed analogo: le squadre sono suddivise in cosiddette fasce, in base alla loro posizione nella classifica del ranking, per comporre una prima fascia delle squadre (teoricamente) più forti, una seconda fascia di squadre meno forti, una terza fascia, eccetera. A questo punto ogni girone o gruppo viene formato attraverso il sorteggio di una squadra per ogni fascia, in modo tale da realizzare gruppi all'interno di ciascuno dei quali vi è una rappresentante di ciascun "livello di forza", se così si può dire, distribuendo in modo equilibrato e meritocratico tutte le squadre partecipanti. Il

ranking dei campionati tiene invece conto dei risultati ottenuti dai club affiliati ad

ogni federazione e quindi dei risultati ottenuti dai club di ogni stato.

La Uefa dispone inoltre di una squadra di 274 arbitri, i cosiddetti "arbitri internazionali", ai quali, oltre alla direzione delle gare delle competizioni interne al proprio Stato (naturalmente affiliato), sono affidate anche quelle dei tornei organizzati dalla stessa Uefa.

Un altro organo di più recente istituzione è l'European Club Association, l'Associazione dei Club Europei, che riunisce, soprattutto in gruppi di lavoro, rappresentanti dei maggiori club per compiti di promozione, organizzazione, cooperazione ed ottimizzazione relativamente ai tornei Uefa.

Come più volte detto la Fifa, e quindi tutte federazioni continentali, sono composte dall'unione delle federcalcio nazionali, che hanno compiti analoghi, ma naturalmente in una dimensione statale. La Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc) ha sede a Roma, mentre il Centro Tecnico Sportivo federale (in altre parole i campi da gioco, dove per esempio si allenano la Nazionale e gli arbitri) si trova a Coverciano, alle porte di Firenze. La Figc si occupa dell'organizzazione e del governo dei tornei professionistici, dilettantistici e giovanili di calcio e futsal, sia maschili che femminili. Attraverso numerosi suoi organi specifici vede affiliati a sé calciatori, arbitri, allenatori

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e comitati locali. Inoltre si trova al vertice della gestione della giustizia sportiva e delle rappresentative nazionali. La federcalcio italiana è stata fondata nel 1898 e risulta affiliata alla Fifa dal 1905 ed alla Uefa dal 1954 come membro fondatore. Grazie alla passione degli italiani per il calcio ed alla vasta popolazione, il nostro paese è storicamente e tradizionalmente sempre stato ai vertici del calcio sia europeo che mondiale.

2. Le cosiddette Coppe Europee

Come abbiamo detto la Uefa organizza alcune competizioni per club che, parallelamente allo svolgimento dei campionati nazionali, scandiscono le stagioni delle squadre ai vertici del calcio continentale ed appassionano i tifosi di tutto il mondo, grazie al fatto che offrono sfide fra le migliori compagini di ogni federazione. Facciamone ora una breve presentazione.

a. Champions League

Si tratta della vecchia Coppa dei Campioni d'Europa. Come si intuisce dal nome stesso è nata per far confrontare in un apposito, spettacolare torneo, le squadre vincitrici del proprio campionato nazionale dell'anno precedente, quello che in Italia è detto lo "scudetto". Negli anni novanta, per effetto del cambiamento di dimensione (e di interessi economici) del calcio del quale si tratta in queste pagine, ha cambiato la sua denominazione ufficiale nella versione inglese del suo nome, Champions League, da utilizzare da tutti in luogo delle differenti denominazioni in lingua locale (1992), ma soprattutto ha cambiato il criterio di ammissione delle squadre partecipanti. Gradualmente infatti, grazie a nuovi regolamenti, sono stati sempre più premiati i principali campionati, ex ranking Uefa, privilegiando squadre non campioni, ma classificatesi anche fino al quarto posto dei campionati più prestigiosi e penalizzando compagini detentrici di titoli nazionali ottenuti in campionati meno prestigiosi. La prima apertura alle squadre non campioni risale alla stagione 1997/98,

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l'ulteriore allargamento a quella successiva, a cui hanno fatto seguito altre riforme e modifiche strutturali. In questo modo la coppa, pur chiamandosi ancora "dei Campioni", in realtà vede principalmente sfidarsi le squadre di vertice dei campionati più competitivi. Non è difficile capire il motivo di questa tendenza: garantisce spettacolo in campo ed introiti finanziari enormemente più alti una squadra arrivata seconda o terza in un campionato di vertice piuttosto che una squadra campione in un torneo minore. Basti pensare al fatto che altrimenti, negli ultimi anni, sarebbero restate escluse più volte dalla coppa più ricca e prestigiosa, magari perché giunte al secondo o terzo posto nel campionato precedente, squadre come Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco o Chelsea, a vantaggio di squadre campioni nazionali in tornei di valore medio come Levski Sofia, Rosenborg o Legia Varsavia; se fino a metà anni novanta questa seconda realtà era (giustamente) ritenuta normale, oggi nessuno (anche qui giustamente, nell'ottica del calcio come business) la potrebbe più auspicare. Vedremo più avanti come questo fenomeno ha l'effetto di marcare un divario fra squadre e campionati "grandi" e "piccoli" sempre più ampio ed apparentemente insormontabile. A partire poi dalla stagione in corso, 2015/16, è stata introdotta un'ulteriore apertura a club non necessariamente vincitori del proprio campionato, ammettendo come qualificata di diritto la squadra vincitrice della precedente edizione dell'Europa League. In tal modo, quest'anno la Spagna ha presentato ai nastri di partenza della coppa, fino a una ventina d'anni fa riservata esclusivamente alla squadra vincitrice del campionato, ben cinque compagini! Infatti oltre alle prime quattro classificate nella Liga (il campionato spagnolo) nella stagione 2014/15, fra le quali il Real Madrid campione in carica della Champions League, vi partecipa anche il Siviglia, giunto al quinto posto ma vincitore dell'Europa League. Inoltre è qualificata di diritto anche la squadra campione in carica.3 Tuttavia va detto che, sempre a partire da questa stagione 2015/16, è stata introdotta anche un'altra

3 E' fissato comunque a cinque il limite massimo di società appartenenti ad una stessa federazione che possono parteciparvi: nel caso, in realtà sostanzialmente teorico, di una federazione che qualifica le prime quattro squadre del campionato ed alla quale appartengano anche le due vincitrici delle coppe europee dell'anno precedente, la squadra giunta al quarto posto verrebbe "retrocessa" in Europa League per evitare il numero eccessivo di sei compagini connazionali tutte qualificate.

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novità, dal sapore opposto e che fa tornare in mente che la coppa dovrebbe essere "Champions" e non "dei ricchi e potenti". Questa novità consiste nel fatto che tutte le squadre vincitrici l'anno precedente dei primi sette campionati dell'apposito

ranking, più la squadra campione in carica (oppure dei primi otto campionati, se la

squadra campione in carica già facesse parte di queste sette), siano premiate diventando automaticamente "teste di serie", ovvero squadre di prima fascia nel sorteggio di cui abbiamo detto precedentemente per comporre gli otto gruppi della fase a gironi della coppa.

Ma allora come funziona oggi il più volte accennato meccanismo di qualificazione alla Champions League? Innanzitutto va detto che una parte delle squadre è qualificata di diritto in virtù dei risultati ottenuti nel campionato nazionale precedente e se si sono laureate, sempre naturalmente nella stagione precedente, campioni delle coppe europee, come detto sopra. Tutte le altre squadre hanno invece diritto a partecipare alla fase finale della coppa attraverso partite di qualificazione. Esistono tre turni preliminari, più un quarto detto degli "spareggi", che consta di dieci sfide con formula andata e ritorno, le cui squadre perdenti ricevono il premio di consolazione della qualificazione in automatico alla fase finale dell'Europa League. I turni preliminari hanno inizio in estate. La squadra vincitrice di ogni doppio scontro, tutti ad eliminazione diretta, procede al turno successivo. Per ottenere la qualificazione è necessario uscire vittoriosi dall'ultimo turno, gli spareggi. Ad ogni turno si aggiungono squadre che incominciano soltanto a quel punto il loro cammino di qualificazione, essendo appartenenti a federazioni classificate meglio nel ranking Uefa e quindi, teoricamente, più forti e premiate.

E' infatti il ranking Uefa delle federazioni, come ormai si sarà capito, a giocare il ruolo decisivo nella selezione delle squadre. Va notato che la classifica che fa fede per questa suddivisione è quella riportata dal ranking al momento del termine della stagione due anni precedente a quella presa in considerazione. Questa selezione avviene con un criterio volto a privilegiare i campionati più competitivi e le squadre che vi partecipano sulla base della classifica finale della stagione appena terminata. Ecco, ad oggi, con quale meccanismo:

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Campionati dal I al III posto del ranking (attualmente Spagna, Germania ed Inghilterra): prime 3 classificate: qualificate di diritto; quarta: agli spareggi.

Campionati al IV ed al V posto del ranking (attualmente Italia e Portogallo): prime 2 classificate: qualificate di diritto; terza: agli spareggi.

Campionato al VI posto del ranking (attualmente Francia): prime 2 classificate: qualificate di diritto; terza: al terzo turno preliminare.

Campionati dal VII al XII posto del ranking (attualmente Russia, Ucraina, Belgio, Olanda, Svizzera e Turchia): campione: qualificata di diritto; seconda: al terzo turno preliminare.

Campionati dal XIII al XV posto del ranking: campione: al terzo turno preliminare; seconda: al secondo turno preliminare.

Campionati dal XVI al XLV posto del ranking: campione: al secondo turno preliminare. Campionati dal XLVI al LIV posto del ranking: campione: al primo turno preliminare. Il Liechtenstein non partecipa non avendo un proprio campionato nazionale.

Alla fine le squadre partecipanti alla coppa saranno 32, da suddividersi in otto gruppi con sistema all'italiana di partite di andata e ritorno.

Gli otto gruppi sono stilati sulla base del ranking Uefa dei club. Fino all'anno scorso venivano elencate tutte le compagini partecipanti sulla base del proprio coefficiente del ranking, suddividendole così in quattro fasce di merito: le prime otto per coefficiente più alto, dette "teste di serie", le seconde otto, le terze otto e le quarte ed ultime otto. Seguiva il sorteggio di una squadra per fascia per formare otto gironi da quattro squadre ciascuno. Come invece detto sopra, a partire dalla stagione in corso 2015/16, questo sistema è stato modificato per favorire indipendentemente dal proprio coefficiente Uefa le squadre campioni in carica dei sette campionati più prestigiosi, ex solito ranking Uefa delle federazioni: queste, unitamente alla squadra detentrice della coppa stessa, sono premiate con l'automatica nomina a teste di serie, mentre per tutte le altre squadre è utilizzata la tradizionale classificazione secondo il

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ranking utilizzato per la stagione relativa. Attualmente, facendo fede come detto la

situazione dei coefficienti fotografata al termine della stagione 2013/14, questi sette campionati sono, nell'ordine, Spagna, Inghilterra, Germania, Italia, Portogallo, Francia e Russia. Le squadre che hanno potuto pertanto godere di questo privilegio sono state rispettivamente Barcellona, Manchester City, Bayern Monaco, Juventus, Benfica, Paris Saint-Germain e Zenit San Pietroburgo. Essendo il Barcellona sia campione di Spagna che vincitore della scorsa edizione della Champions League, questo "premio" è stato esteso, come previsto dal nuovo regolamento, anche alla squadra vincitrice del campionato posizionato all'ottavo posto del ranking, il campionato olandese, rappresentata dal Psv Eindhoven.

Le squadre giunte al quarto posto del proprio gruppo sono eliminate, mentre le terze classificate sono trasferite ai sedicesimi di finale di Europa League.4 Le prime

4 Si tratta di un meccanismo certamente singolare e che suscita perplessità dal punto di vista sportivo per l'effettiva scarsa sensatezza e meritocrazia presenti in questa regola. Giustificata come strumento per incentivare la lotta sul campo fino al termine della fase (anche se l'ultima in classifica fosse esclusa dalla possibilità di passare il turno, sarebbe comunque motivata a raggiungere il terzo posto, assicurando impegno e spettacolo sul campo in incontri avvincenti), si tratta più verosimilmente di un escamotage per non permettere alle Coppe Europee di perdere subito al termine della prima fase squadre dal seguito e dal prestigio rilevanti, foriere pertanto di ampio interesse da parte del pubblico e di grossi introiti economici. Tutti gli anni infatti la Champions League vede cadere alcune illustri compagini nella fase a gironi, che sono mantenute in gioco seppur venendo retrocesse in Europa League. Basti pensare che nella scorsa stagione 2014/15 questo sistema ha salvato dall'eliminazione dalle Coppe Europee, fra le altre, Liverpool, Roma ed Ajax. Va inoltre notato che, approdando direttamente ai sedicesimi di finale ed essendo spesso più attrezzate tecnicamente ed economicamente rispetto a molte squadre "regolarmente" partecipanti alla Coppa, le squadre provenienti dalla Champions League raggiungono spesso risultati di vertice in Europa League, come avvenne ad esempio con la finale disputatasi nel 2013 fra Chelsea e Benfica, entrambe giunge precedentemente al terzo posto nei rispettivi gruppi di Champions League. Appare pertanto a questo punto chiaro il fatto che spesso squadre di medio valore potrebbero paradossalmente auspicare un mancato passaggio del turno in Champions League per poter approdare in Europa League con ambizioni maggiori. Parallelamente una squadra che supera, magari come prima classificata, il turno in Champions League potrebbe incappare in un'eliminazione agli ottavi di finale che mettere subito fine ad una stagione che per questo motivo potrebbe essere definita fallimentare; mentre una squadra protagonista di una fase a gironi negativa terminata con un terzo posto (spesso raggiunto con ben pochi punti totalizzati) potrebbe diventare protagonista di una stagione di vertice in Europa League. Tutto questo può facilmente portare molte squadre a fare calcoli sulla convenienza economica e mediatica (oltre che di risultati, naturalmente) dell'una o dell'altra strada, magari evitando volutamente il passaggio del turno per cercare di arrivare in fondo all'Europa League. Tuttavia lo sbilanciamento a favore della Champions League distribuzione di ricavi per le due competizioni sconsiglia un atteggiamento di questo tipo, soprattutto a squadre con concrete possibilità di giungere anche oltre gli ottavi di finale. Sarebbe stata altrimenti suggestiva un'ipotesi del tipo che una squadra come Real Madrid oppure Barcellona, per rilanciarsi magari dopo alcune stagioni sfortunate, adottasse una politica tale da voler evitare il passaggio del turno di Champions League per andare a vincere,

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due squadre di ciascun girone, invece, superano il turno, procedendo agli ottavi di finale, strutturati in sfide ad eliminazione diretta, ancora con formula di andata e ritorno, ciascuna delle quali vede contrapposta una prima ed una seconda classificata nei rispettivi gruppi, abbinate per sorteggio, con l'unica regola di non poter mettere di fronte squadre connazionali. Seguono i quarti di finale, non più sorteggiati, ma decisi dal tabellone degli ottavi di finali (secondo il tradizionale sistema "vincitrice partita A contro vincitrice partita B") le semifinali e la finale, caratterizzata dall'essere una sfida "secca", giocata in un'unica partita alla fine di maggio, con sede definita dalla Uefa già dall'anno precedente, scelta fra gli stadi più prestigiosi e capienti d'Europa. Questa stagione 2015/16 la finale sarà giocata a San Siro.

La squadra campione partecipa al Mondiale per Club Fifa, dove sfiderà tutti gli altri vincitori delle corrispettive coppe continentali di quella stagione.

b. Europa League

Si tratta della denominazione che è stata assunta dalla vecchia Coppa Uefa a partire dalla stagione 2009/10, che a sua volta era stata istituita nel 1971 come erede della Coppa delle Fiere. Si tratta della seconda coppa europea, meno prestigiosa rispetto alla Champions League, essendo riservata alle squadre che nel campionato nazionale dell'anno precedente sono giunte nelle parti alte della classifica, ma non sufficientemente da raggiungere il posizionamento richiesto per la partecipazione alla Champions, o che sono state eliminate agli spareggi di qualificazione alla stessa. L'Europa League, come già era la Coppa Uefa, è anche figlia della Coppa delle Coppe, che è stata soppressa al termine della sua edizione della stagione 1998/99, e come

teoricamente a mani basse, l'Europa League. Ma l'eliminazione di una grande squadra alla fase a gironi di Champions League, terminata al terzo posto nel proprio gruppo (se non all'ultimo, come fatto dalla testa di serie Benfica nell'edizione della scorsa stagione 2014/15!), può tuttavia capitare per grazie al margine di imprevedibilità dei risultati sportivi. Questo avvenne, ad esempio, al Chelsea nella stagione 2012/13, che come detto precedentemente approfittò di questa caduta per portare poi a casa l'Europa League; ma tutt'altro che con facilità, non trattandosi certamente dell'unica compagine di rilievo giunta dai gruppi della Champions League, oltre che per la presenza, come tutti gli anni, di importanti società partecipanti al torneo (quell'anno furono fra le altre Liverpool, Basilea, Atletico Madrid e Fenerbahçe). Anche questo aspetto sconsiglia una tattica di volontaria caduta in Europa League. Ma al contempo è interessante notare come la federazione portoghese abbia costruito le proprie fortune delle ultime stagioni sostanzialmente grazie ai risultati ottenuti proprio in questa Coppa.

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tale ammette anche le squadre che hanno vinto la precedente edizione della coppa nazionale.

E' anch'essa organizzata, nella sua fase finale, con una struttura a gironi all'italiana, a cui fanno seguito i turni ad eliminazione diretta, fino alla finale a sfida unica, che è disputata in sede predefinita, scelta fra gli stadi delle città più importanti d'Europa, ma dotati di prestigio o capienza minore rispetto allo stadio scelto per la suddetta finale di Champions League.

Sempre similmente alla Champions League, anche l'Europa League richiede che la qualificazione delle squadre passi attraverso uno, due, tre o quattro turni preliminari, sempre sulla base del ranking Uefa delle federazioni, oppure che sia di diritto, sulla base del posizionamento conseguito nella stagione precedente del proprio campionato nazionale, oppure della vittoria della coppa nazionale. Inoltre partecipano per regolamento alla fase finale tutte le dieci squadre uscite sconfitte dagli spareggi per la qualificazione in Champions League.

L'Europa League è contraddistinta da una politica molto differente rispetto alla sua sorella maggiore Champions relativamente all'attenzione riservata ai campionati minori. Infatti tutte le federazioni hanno un "tesoretto" di tre squadre possibili partecipanti, indipendentemente dalla propria classificazione nel ranking dei campionati Uefa. Ma addirittura sono privilegiate le federazioni al settimo, ottavo e nono posto del ranking (attualmente Russia, Ucraina e Belgio), che hanno invece diritto a portare alla fase finale della coppa fino a quattro compagini. E' invece limitata a due squadre ammesse la quota riservata a San Marino ed Andorra, non per ragioni di ranking, ma per la loro minuscola superficie e popolazione. Il Liechtenstein, come detto, non organizza alcun campionato e quindi non può partecipare alla Champions League, ma organizza la propria coppa nazionale. Questo dà quindi diritto al piccolo Principato alpino di iscrivere all'Europa League una sua squadra, ma una sola!, che sarà appunto la vincitrice della precedente edizione della Coppa del Liechtenstein. Inoltre partecipano tre altre società, senza tener conto dei limiti numerici per federazioni, meritevoli per essersi "distinte nel fair play". La

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meritocrazia è tuttavia naturalmente tutelata, attraverso i complessi meccanismi di entrata differenziata nelle fasi preliminari, quando non di qualificazione diretta alla fase finale, basati sul ranking delle federazioni e sulla gerarchia fra le squadre connazionali legata ai risultati da esse ottenuti nella stagione precedente, similmente a quanto abbiamo visto per la qualificazione alla Champions League.

Al termine delle fasi di qualificazione, il quadro delle squadre partecipanti alla fase finale della coppa presenta ben quarantotto compagini. Queste vengono suddivise in dodici gruppi, ciascuno formato da quattro squadre, composti tramite il tipico sistema del sorteggio per fasce ex ranking Uefa dei club, analogamente a quanto accade per la Champions League, ovviamente eccettuata la regola delle teste di serie automatiche. Al termine dello svolgimento all'italiana con sfide di andata e ritorno di questa fase, le prime due squadre di ciascun girone sono qualificate al turno successivo. Si tratta di ventiquattro squadre, alle quali a questo punto si uniscono le otto terze classificate della fase a gruppi della Champions League, totalizzando così trentadue compagini. Queste sono abbinate fra loro, per sorteggio, a coppie per lo svolgimento dei sedicesimi di finale, ad eliminazione diretta con sistema di andata e ritorno. Seguono, ancora con sfida doppia ottavi, quarti e semifinali, fino alla finale a partita secca.

c. Supercoppa Europea

Si tratta di una coppa assegnata in estate attraverso un'unica partita, giocata in una sede predefinita, anche extraeuropea, purché molto prestigiosa. Vede contrapposte le due squadre campioni in carica di Champions League ed Europa League. In palio c'è quindi il titolo di campione continentale, benché sia in realtà più sovente considerato tale il vincitore della Champions League.

d. Coppa delle Coppe (esistente fino al 1999)

Vedeva sfidarsi, attraverso un meccanismo tutto ad eliminazione diretta di quattro turni fino alla finale, tutte le squadre vincitrici della propria coppa nazionale nella stagione precedente. Pertanto ciascuna federazione partecipava attraverso una sola squadra. Erano ammesse alla fase finale trentadue squadre, selezionate attraverso

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un turno preliminare. Aveva diritto alla partecipazione alla Coppa anche la squadra campione in carica. Se una squadra fosse stata qualificata alla Coppa delle Coppe ed anche alla Coppa dei Campioni (od alla Champions League), avrebbe avuto la precedenza la partecipazione alla seconda, liberando il proprio posto in questa competizione a favore della finalista che la prima squadra aveva sconfitto nella coppa nazionale. L'unica possibilità per una federazione di schierare due proprie compagini sarebbe avvenuta nel caso in cui la squadra campione in carica della Coppa delle Coppe, e pertanto qualificata di diritto anche all'edizione successiva, si fosse inoltre laureata vincitrice della propria coppa nazionale, avendo così ottenuto una sorta di "doppia qualificazione" alla nuova edizione della stessa competizione europea: in tal caso avrebbe partecipato alla Coppa delle Coppe nella stagione seguente in virtù di campione in carica della stessa ed allo stesso modo vi avrebbe partecipato anche la finalista sconfitta nella coppa nazionale, in virtù di (mancata, in realtà) vincitrice di questa.

Questa prestigiosa coppa, caratterizzata dall'altissimo tasso di variabilità della squadra campione, con ben trentadue differenti vincitrici in trentanove edizioni, è stata abolita dopo l'ultima edizione, vinta dalla Lazio, svoltasi nella stagione 1998/99 ed è stata assorbita dalla Coppa Uefa, oggi Europa League, la quale prevede infatti la partecipazione delle squadre campioni della propria coppa nazionale.

e. Coppa Intertoto (esistente fino al 2008)

Riservata alle squadre classificatesi nei propri campionati nazionali ai primi posti seguenti a quelli che assicurano la partecipazione alla Coppa Uefa, era pertanto la terza ed ultima per importanza fra le Coppe Europee. Ha avuto una storia breve, essendo stata istituita nel 1995 e soppressa nel 2008, ed è stata spesso snobbata soprattutto negli ultimi anni da molte squadre appartenenti ai campionati di vertice, vissuta alla stregua di una competizione poco importante, a causa della quale queste erano spesso costrette a trascorrere il periodo estivo, deputato al riposo ed alla preparazione alla nuova stagione, impegnate in faticose trasferte internazionali per affrontare squadre dal basso livello tecnico e senza ottenerne particolari benefici

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economici. La Coppa Intertoto rappresentò nei campionati più prestigiosi una possibilità per molte squadre di media e medio alta fascia di vivere da protagonista una competizione europea (ad esempio l'Udinese, che vinse un'edizione, come West Ham, Newcastle, Lilla, Amburgo o Stoccarda) ed il premio per squadre di bassa fascia al termine di campionati particolarmente positivi, offrendo loro un'opportunità quasi unica di affacciarsi sui palcoscenici internazionali e facendo solitamente anche ottime figure. Al riguardo basti pensare alle vittorie di Bologna e Perugia oppure a quella sfiorata dal Brescia in finale sul Paris Saint-Germain. Tuttavia nel 1999 vi partecipò anche la Juventus, che pagò così lo sfortunato campionato 1998/99, conseguendone la vittoria come premio di consolazione.

Questa coppa aveva la particolarità di completare il suo svolgimento entro l'inizio della nuova stagione e quindi totalmente in estate. Infatti in palio, oltre alla soddisfazione per la vittoria della coppa, vi era la qualificazione all'edizione della coppa Uefa in procinto di incominciare. Il singolare sistema, tutto composto da sfide ad eliminazione diretta con un meccanismo di partite di andata e ritorno, prevedeva tre percorsi paralleli che quindi terminavano con tre finali, anch'esse a doppia sfida di andata e ritorno e quindi con ben tre co-vincitori. Essi, come detto, erano a questo punto qualificati alla Coppa Uefa. La prima edizione del 1995 invece aveva previsto soltanto due vincitori. Nelle ultime edizioni la decretazione della squadra campione tuttavia cambiò: fra le tre squadre vincitrici delle tre finali, fu decretata campione soltanto quella che aveva raggiunto il risultato migliore nella partecipazione alla Coppa Uefa così conseguita. L'ultima squadra a vincere la Coppa Intertoto fu il Braga. f. Coppa Intercontinentale (esistente fino al 2004)

Organizzata dalla collaborazione fra Fifa e Conmebol, metteva di fronte le squadre vincitrici delle due più prestigiose competizioni per club di Europa, la Coppa dei Campioni o Champions League, e Sud America, la Coppa Libertadores. Trattandosi delle due federazioni continentali storicamente protagoniste assolute del calcio mondiale, tanto a livello di singoli calciatori, club e nazionali, quanto pure per tradizione, storia e passione, la squadra vincente della super sfida era considerata

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campione mondiale. Era giocata con sfide di andata e ritorno ed eventuale terza partita di spareggio in campo neutro, poi venne introdotta la regola della differenza reti e dei gol in trasferta, eliminando così l'eventualità di ricorrere alla terza partita. Dopo cinque anni caratterizzati da edizioni non disputate e da rinunce alla partecipazione da parte di club, a partire dal 1980 si aprì un nuovo capitolo della storia di questa competizione. La Toyota ne acquistò i diritti, garantendo entusiasmo e continuità all'organizzazione e fu ufficialmente intitolata Coppa Europeo-Sudamericana Toyota e le fu assegnato un sistema a partita secca con sede obbligatoriamente in Giappone. La squadra vincente sarebbe stata premiata con il trofeo della tradizionale Coppa Intercontinentale, a cui affiancarne un secondo, la Coppa Toyota.5

E' interessante vedere come si sia trattato della prima grande partnership fra una competizione calcistica ed una società operante in un altro settore, con funzione di sponsorizzatrice e collaboratrice all'organizzazione dello stesso torneo. Inoltre colpisce la scelta di una sede totalmente avulsa da quella che era la logica sportiva della coppa. Una squadra dall'Europa ed una dal Sud America, le culle del calcio mondiale, sono costrette a sobbarcarsi un viaggio di migliaia di chilometri per entrambe, per sfidarsi in un Paese dove il calcio non è certo lo sport nazionale. I tifosi di tutto il mondo accolsero naturalmente male questa novità, non potendo più assistere facilmente dal vivo alla sfida. Ma forse ciò che fece più male e preoccupò maggiormente gli appassionati fu vedere la coppa venduta al miglior offerente e capire che questa realtà sarebbe diventata da lì a qualche anno una componente fondante e purtroppo necessaria per la sopravvivenza e l'arricchimento del mondo del calcio business.

Nel 2004 fu disputata a Yokohama l'ultima edizione di questo trofeo, che fu vinta ai rigori dal Porto sui colombiani dell'Once Caldas. Al suo posto fu introdotto il Campionato Mondiale per Club Fifa, organizzato e gestito in modo centralizzato da

5 Inoltre il calciatore decretato migliore in campo avrebbe vinto una vettura della casa nipponica, simboleggiata dalla consegna durante le premiazioni di una gigantesca chiave, naturalmente a marchio Toyota.

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questa, con la partecipazione delle squadre vincitrici della coppa più prestigiosa di tutte le sei federazioni continentali.

3. Il valore delle Coppe Europee

La qualificazione a Champions League o Europa League, in base alle aspettative di ciascuna squadra, rappresenta un obiettivo primario in ogni stagione, dando spesso vita a duelli fino all'ultima partita fra le squadre che si contendono nella classifica del proprio campionato i posizionamenti necessari per meritare il pass per le competizioni continentali. Sempre poi sulla base delle potenzialità, delle aspettative e del prestigio di ciascuna squadra, una stagione potrebbe essere ritenuta un successo a motivo anche soltanto della semplice partecipazione, come potrebbe invece lasciare tutti delusi per un'eliminazione in semifinale.

I motivi del prestigio e dell'importanza rivestita dalle coppe europee, e soprattutto la Champions League, naturalmente, sono molteplici ed in realtà intuitivi. Il buon risultato in coppa, che per ciascuna società può andare dalla qualificazione, al piazzamento di prestigio, fino la vittoria della coppa assicurano sostanzialmente i seguenti auspicabili effetti:

a. Innanzitutto il premio più ovvio, immediato, memorabile e che coinvolge tutti: la vittoria è la finalità di tutti gli sport, a tutti i livelli, ed anche i più grandi campioni non smettono mai di aver voglia di continuare vincere. Tanto meno i tifosi.

b. I calciatori protagonisti di un'annata vincente vedono lievitare il valore del proprio cartellino ed incentivano anche i contratti di sponsorizzazione individuali, che ne accrescono ulteriormente la fama e quindi la valutazione.

c. Tutti i risultati positivi apportano punti al coefficiente della squadra nel rispettivo

ranking Uefa, proiettandola nella dimensione di società di successo sia formalmente

che per gli effetti positivi che l'alta classifica del ranking porta con sé, come per la fascia di appartenenza nei sorteggi e per i privilegi assicurati nei turni qualificatori.

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d. Allo stesso tempo la squadra di successo "offre" i suoi risultati a tutta la sua federazione nazionale, apportandole punti nel ranking Uefa dei campionati, con i benefici che abbiamo trattato sopra: è quindi tutto il movimento del Paese a guadagnarne, motivo per il quale, oltre alle ovvie ragioni di patriottismo, si sente spesso dire che nelle competizioni europee dovremmo sempre tifare per tutte le squadre italiane lasciando stare le rivalità interne.

e. Esistono poi naturalmente i premi economici offerti dalla Uefa per i risultati conseguiti. Il sistema di assegnazione e ripartizione è stato riformato per il triennio 2015-2018, andando a diminuire il pur sempre elevatissimo divario fra premi per la Champions League e per l'Europa League (+63,5% di dotazione ricevuta dalla seconda) ed incrementando ben del 33% la somma totale messa a disposizione rispetto al triennio precedente. Secondo i dati resi pubblici e stimati dalla stessa Uefa, i ricavi totali provenienti da questi due tornei per i tre anni suddetti si attesteranno infatti sulla cifra di 2,24 mld di euro, con un +32% che permetterà l'importante aumento di cui sopra. I ricavi netti sono previsti 1,78 mld, dei quali il 92% sarà destinato ai club (1,64 mln), mentre i restanti 142 mln restano alla Uefa per finanziare il proprio operato. La somma della quota club viene come detto ripartita fra le due competizioni ed assegnata alle squadre equilibrando criteri di premio per i risultati e di quote del cosiddetto "Market Pool", ovvero i ricavi ottenuti da ciascuna squadra dalla vendita dei diritti televisivi.

f. La squadra vincente è naturalmente più attraente agli occhi di tutti. Dei tifosi stranieri che potrebbero sceglierla come "seconda squadra del cuore", oppure come compagine preferita in quello Stato; di chi segue il calcio senza molta passione e quindi magari non è legato ad una squadra preferita; del nuovo pubblico calcistico, principalmente asiatico, estremamente uncommitted, e cioè estraneo alla tradizione calcistica ed attratto molto più dal marketing e dai successi delle società che dalla loro storia, dal loro stile di gioco o dal loro prestigio. Tutto ciò che è affetto del pubblico e dei tifosi si traduce naturalmente in merchandising di successo, affluenza di pubblico allo stadio, risonanza mediatica e fama solida.

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g. Similmente e conseguentemente è attratto dalla squadra vincente e seguita da tanti tifosi anche tutto il mondo commerciale extra calcistico. Le vittorie, il seguito mondiale e la gloria di una compagine e dei suoi calciatori sono un richiamo molto forte per sponsorizzazioni, collaborazioni, partnership con società di ogni settore ed ogni provenienza.

Tutto questo permette di rendere il nome della squadra un marchio sempre più riconosciuto e di valore, la sua fama ed i suoi successi attraggono i calciatori più forti e gli introiti ne permettono l'ingaggio. Semplificando, basta una stagione di successo in una coppa europea, colta al balzo da una società con una storia, un bacino di utenza minimo, una base finanziaria stabile e soprattutto un progetto, per dare avvio a quel circolo virtuoso di risultati sul campo e fuori che è sostanzialmente la rappresentazione del successo di una squadra sportiva.

Affronteremo nel secondo e terzo capitolo della tesi nuovamente e più approfonditamente questi aspetti.

4. Informazioni generali sui risultati nelle Coppe Europee dal 1990

Tab. 4 Squadre vincitrici delle coppe

stagione Coppa Campioni/CL Coppa Uefa/EL Coppa delle Coppe

1989/90 Milan Juventus Sampdoria

1990/91 Stella Rossa Inter Mancherster United

1991/92 Barcellona Ajax Werder Brema

1992/93 Olympique Marsiglia Juventus Parma

1993/94 Milan Inter Arsenal

1994/95 Ajax Parma Real Saragozza

1995/96 Juventus Bayern Monaco Paris Saint-Germain

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1997/98 Real Madrid Inter Chelsea

1998/99 Manchester United Parma Lazio

1999/00 Real Madrid Galatasaray

2000/01 Bayern Monaco Liverpool

2001/02 Real Madrid Feyenoord

2002/03 Milan Porto

2003/04 Porto Valencia

2004/05 Liverpool Cska Mosca

2005/06 Barcellona Siviglia

2006/07 Milan Siviglia

2007/08 Manchester United Zenit San Pietroburgo

2008/09 Barcellona Šachtar Donec'k

2009/10 Inter Atletico Madrid

2010/11 Barcellona Porto

2011/12 Chelsea Atletico Madrid

2012/13 Bayern Monaco Chelsea

2013/14 Real Madrid Siviglia

2014/15 Barcellona Siviglia

Tab. 5 Squadre finaliste (seconde classificate) delle coppe

Stagione Coppa Campioni/CL Coppa Uefa/EL Coppa delle Coppe

1989/90 Benfica Fiorentina Anderlecht

1990/91 Olympique Marsiglia Roma Barcellona

1991/92 Sampdoria Torino Monaco

1992/93 Milan Borussia Dortmund Anversa

1993/94 Barcellona Austria Salisburgo Parma

1994/95 Milan Juventus Arsenal

1995/96 Ajax Bordeaux Rapid Vienna

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1997/98 Juventus Lazio Stoccarda

1998/99 Bayern Monaco Olympique Marsiglia Maiorca

1999/00 Valencia Arsenal

2000/01 Valencia Deportivo Alavés

2001/02 Bayer Leverkusen Borussia Dortmund

2002/03 Juventus Celtic Glasgow

2003/04 Monaco Olympique Marsiglia

2004/05 Milan Sporting Lisbona

2005/06 Arsenal Middlesbrough

2006/07 Liverpool Espanyol

2007/08 Chelsea Rangers Glasgow

2008/09 Manchester United Werder Brema

2009/10 Bayern Monaco Fulham

2010/11 Manchester United Braga

2011/12 Bayern Monaco Athletic Bilbao

2012/13 Borussia Dortmund Benfica

2013/14 Atletico Madrid Benfica

2014/15 Juventus Dnipro

Tab. 6 Squadre semifinaliste delle coppe

Stagione Coppa Campioni/CL Coppa Uefa/EL Coppa delle Coppe

1989/90 Bayern Monaco Olympique Marsiglia Colonia Werder Brema Monaco Dinamo Bucarest 1990/91 Bayern Monaco Spartak Mosca Sporting Lisbona Brøndby Legia Varsavia Juventus 1991/92 Sparta Praga* Stella Rossa* Genoa Real Madrid Club Brugge Feyenoord 1992/93 Rangers Glasgow* Göteborg* Paris Saint-Germain Auxerre Atletico Madrid Spartak Mosca

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20 1993/94 Monaco Porto Cagliari Karlsuhe Paris Saint-Germain Benfica 1994/95 Bayern Monaco Paris Saint-Germain Bayer Leverkusen Borussia Dortmund Chelsea Sampdoria 1995/96 Nantes Panathinaikos Barcellona Slavia Praga Deportivo La Coruña Feyenoord 1996/97 Manchester United Ajax Tenerife Monaco Fiorentina Liverpool 1997/98 Borussia Dortmund Monaco Spartak Mosca Atletico Madrid Vicenza Lokomotiv Mosca 1998/99 Juventus Dinamo Kiev Atletico Madrid Bologna Lokomotiv Mosca Chelsea 1999/00 Bayern Monaco Barcellona Leeds United Lens 2000/01 Real Madrid Leeds United Barcellona Kaiserslautern 2001/02 Barcellona Manchester United Inter Milan 2002/03 Inter Real Madrid Lazio Boavista 2003/04 Deportivo La Coruña Chelsea Villareal Newcastle 2004/05 Chelsea Psv Eindhoven Parma Az Alkmaar 2005/06 Milan Villareal Schalke 04 Steaua Bucarest 2006/07 Manchester United Chelsea Osasuna Werder Brema 2007/08 Barcellona Liverpool Bayern Monaco Fiorentina

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21 2008/09 Chelsea Arsenal Dinamo Kiev Amburgo 2009/10 Barcellona Olympique Lione Liverpool Amburgo 2010/11 Real Madrid Schalke 04 Villareal Benfica 2011/12 Barcellona Real Madrid Valencia Sporting Lisbona 2012/13 Barcellona Real Madrid Basilea Fenerbahçe 2013/14 Bayern Monaco Chelsea Valencia Juventus 2014/15 Bayern Monaco Real Madrid Fiorentina Napoli

*: in queste due edizioni della coppa (stagioni 1991/92 e 1992/93) le squadre finaliste furono decretate non dal tradizionale percorso con quarti di finale e semifinali, ma attraverso il raggruppamento delle otto squadre giunte a questa fase, vincitrici degli ottavi di finale, in due gruppi con sistema all'italiana di partite di andata e ritorno; le due squadre vincitrici del proprio girone furono ammesse alla finale. Pertanto sono state indicate in questa tabella come semifinaliste le due squadre giunte al secondo posto del proprio gruppo.

Queste tabelle hanno principalmente la funzione di mostrarci con dati oggettivi le importanti variazioni che hanno investito il calcio internazionale a partire dalla metà degli anni Novanta. Se nelle prime edizioni prese in esame, alla pari di quanto accaduto negli anni ad esse precedenti, la presenza di un gran numero di squadre differenti e soprattutto di differenti nazionalità rendeva spesso imprevedibili ed elastici i primi quattro posti delle coppe, il fenomeno si è affievolito sempre più nella seconda parte degli anni Novanta. Appare infatti chiaro soprattutto per quanto riguarda la Champions League un fenomeno opposto di restringimento della cerchia delle squadre più competitive. Gli anni Ottanta avevano forse rappresentato il decennio più "democratico" avendo proposto una strana commistione fra un calcio ormai largamente avviato alla globalizzazione ed alla propria dimensione aziendale e

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commerciale, ed una variabilità molto elevata di risultati, ricchi di sorprese e di "prime volte", tanto per squadre comunque blasonate, quanto per tante insospettabili provinciali ed outsider che raggiunsero spesso risultati oggi inimmaginabili. Ricordiamo successi e grandi posizionamenti non isolati, ad esempio, per Göteborg, Steaua Bucarest, Aston Villa, Anderlecht, Aberdeen, Dinamo Tbilisi, Napoli e Mechelen, che portarono tutte a casa coppe. Tre grandi della storia del calcio come Amburgo, Psv Eindhoven e Porto conquistarono la loro prima Coppa dei Campioni. Anche in ambito nazionale non mancarono risultati indimenticabili, basti pensare al Verona scudettato del 1985, ed in Sudamerica, con le vittorie in Coppa Libertadores di Nacional Medellin ed Olimpia Asunciòn, datate rispettivamente 1989 e 1990. I primi anni Novanta seguirono con un copione analogo. Ormai la maggior parte dei grandi campioni convergeva nei campionati di vertice e gli sponsor adornavano sempre più divise, ma erano ancora lontani i tempi in cui le stelle dei Balcani espatriano a vent'anni e lasciano i propri campionati a livelli mediocri, o in cui sono le esigenze delle televisioni a stilare i calendari delle competizioni.

E' nella seconda metà degli anni Novanta, come già più volte accennato, che si pone il grande spartiacque che divide "quel" calcio da quello odierno. Sono infatti collocate in rapida sequenza, non casualmente, molte fra le date che hanno per sempre trasformato il mondo del calcio. Spiccano fra queste la stipulazione fra le Leghe calcio e le pay-tv dei contratti per la trasmissione degli incontri di calcio (1993 in Italia, con la piattaforma Tele+); la sentenza Bosman (1995), che aprì le frontiere europee del calcio, assicurando libertà di contrattazione e di movimento a tutti i calciatori comunitari e ne ha eliminato il tetto della quota massima permesso in una medesima società; l'allargamento delle squadre che abbiano la possibilità di partecipare alle coppe europee, già visto precedentemente (1997). Si creò quel circolo virtuoso accennato sopra (più soldi, più successi e viceversa) per i campionati più prestigiosi e seguiti da più pubblico e quindi più appetiti e più pagati dalle televisioni, che ben presto diventarono la voce più consistente fra le entrate dei bilanci. Al contrario si sviluppò l'effetto opposto per i campionati di Stati più piccoli o comunque meno seguiti, come quello russo.

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5. L'Est Europa in crisi: esempio del calcio che è cambiato

Proprio l'ormai ex blocco sovietico fu probabilmente la vittima più gravemente colpita dalla rivoluzione del calcio. La stabilità assicurata dai regimi era caduta, e con essa anche le propagande e gli incentivi agli sport locali. Il calcio rappresenta verosimilmente un fedele specchio delle difficoltà e degli sviluppi sociali avvenuti nell'est europeo, ed in generale lo è per tutte le società ed i contesti dove questo rappresenta uno sport di punta. Stati storicamente poveri non furono naturalmente pronti ad affrontare subito autonomamente il mondo che gli si era appena spalancato, privi della sanguinaria ma rassicurante coperta sovietica, che li opprimeva ma al contempo li manteneva sorretti. Ed era nella maggior parte dei casi proprio l'apparato statale militare a mantenere direttamente molte delle società di vertice di queste realtà: a questo si deve il grande numero di squadre che portano denominazioni quali Dinamo e Sparta nell'Est Europa. Si trattava di un sistema analogo a quello che lega in Italia le Forze Armate agli atleti della maggior parte degli sport olimpici individuali.

La Polonia può vantare una buona tradizione a livello di Rappresentativa Nazionale, che dopo un quarto posto alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ha vissuto il proprio apice fra anni Settanta ed Ottanta, conquistando addirittura due terzi posti ai Campionati del Mondo; fecero però seguito un gran numero di mancate qualificazioni e due partecipazioni poco memorabili nel 2002 e 2006. Relativamente ai Campionati Europei, invece, per ottenere la prima qualificazione alla fase finale i tifosi dovettero aspettare addirittura l'edizione del 2008. Nel 2012 la Polonia fu Paese ospitante del torneo unitamente all'Ucraina, ma si registrò ancora un'eliminazione al primo turno. I Campionati del 2016 vedranno la Polonia nuovamente partecipante, grazie ad una fase qualificatoria disputata in modo dominante. Ma benché i polacchi abbiano imparato negli ultimi anni a proprie spese che una brillante fase di qualificazione non sottintende una altrettanto brillante partecipazione alla fase finale dei due tornei

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internazionali, essi possono quest'anno lasciarsi andare all'ottimismo grazie ad una squadra indicata da più d'uno come possibile sorpresa della manifestazione e guidata da un Robert Lewandowski considerato fra i migliori attaccanti mondiali degli ultimi anni. Ben poca gloria e successo internazionale si può invece dire che accompagnino le società di club della Polonia, le cui apparizioni in Europa sono ben poco incisive ed il cui Campionato, l'Ekstraklasa, resta povero tanto economicamente quanto pure tecnicamente, nonostante una popolazione (e quindi un "bacino d'utenza" di pubblico) di ben 38 mln di abitanti.

La Cecoslovacchia, nazionale prestigiosa due volte finalista mondiale e campione d'Europa nel 1976, quando fu divisa in due vide la Slovacchia farne le spese, con una nazionale che non ebbe gloria fino alla qualificazione ai Campionati del Mondo del 2010 e un campionato mai competitivo, mentre la Repubblica Ceca, forse grazie ad una posizione più mitteleuropea, riuscì a proporre un campionato di livello ben superiore (Sparta Praga e Slavia Praga sono società di caratura europea) ed una rappresentativa nazionale che a partire dagli Europei del 1996, ovvero la prima competizione ufficiale alla quale le due nuove squadre poterono partecipare, si pose ai vertici del calcio continentale per circa un decennio e che anche oggi si pone in una fascia di valore medio alto. Tuttavia, molto curiosamente, la Nazionale ceca ha fallito anche negli "anni d'oro" l'accesso alla fase finale dei Campionati mondiali, eccetto che nel 2006, riportando però un'eliminazione al primo turno; pertanto la Slovacchia, grazie ai sorprendenti ottavi di finale raggiunti nel 2010 alla sua prima esperienza internazionale può vantare una storia di maggior successo nei Mondiali rispetto ai cugini.

L'Ungheria, autrice di pagine fra le più belle della storia del calcio fino agli anni sessanta, ha perso anche quel sottile smalto di valore calcistico che le era rimasto ed a tutt'oggi non può far altro che cullarsi nei ricordi della propria gloriosa storia, sia in ambito di club che di nazionale. Tuttavia, grazie all'allargamento a 24 squadre qualificate introdotto per i Campionati Europei del 2016, la Nazionale magiara ha potuto approdare per la prima volta dopo trent'anni alla fase finale di un torneo

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internazionale, avendo battuto agli spareggi la Norvegia e coronando così i progressi mostrati negli ultimi anni.

La Romania e la Bulgaria hanno invece storie fra loro simili. Le Nazionali di questi Paesi hanno potuto beneficiare di due eccezionali generazioni di campioni negli anni Novanta, con nomi quali, rispettivamente, Gheorghe Hagi e Hristo Stoičkov, che hanno permesso a queste due compagini di costruirsi un nome rispettato nel mondo. Ma gli anni successivi le nuove leve calcistiche non sono riuscite a regalare nuove imprese importanti a queste Nazionali. A livello di club la Romania ha mantenuto la supremazia rispetto ai vicini bulgari, ma difficilmente ha vissuto exploit europei. L'Albania sembra invece poter sorridere, protagonista di una conclamata primavera sociale, economica e calcistica senza precedenti in questo martoriato Stato. Manca totalmente e da sempre la tradizione di un calcio di alto livello, ma non sono invece mai mancati l'entusiasmo e la passione. Il cammino, sia sul campo che fuori, è appena incominciato, ma i risultati, sia a livello di nazionale che di club, sono già cambiati e lasciano ben sperare ancor di più per il futuro. Questa stagione 2015/16 ha già offerto all'Albania due risultati di portata storica. Ad agosto i campioni in carica dello Skënderbeu hanno raggiunto lo storico traguardo degli spareggi per la qualificazione in Champions League; il sogno non si è realizzato, essendo usciti sconfitti dalla doppia sfida, ma come da regolamento hanno tuttavia ottenuto il diritto ad una altrettanto storica partecipazione alla fase finale dell'Europa League. Nessun club albanese aveva infatti mai partecipato alla fase finale di nessuna delle due coppe. Ad ottobre invece la Nazionale ha concluso il girone qualificatorio per la partecipazione agli Europei di Francia 2016 con un sorprendente secondo posto, davanti a squadre ben più blasonate e talentuose come Danimarca e Serbia ed alle spalle del solo Portogallo. E tuttavia gli stessi lusitani, compagine ai vertici del calcio europeo, sono stati sconfitti in casa proprio dall'Albania nella prima partita del girone, in modo del tutto inaspettato. Ha quindi avuto così inizio l'entusiastica cavalcata di questa rappresentativa verso il raggiungimento della fase finale del Campionato Europeo, ottenuto per la prima volta nella sua storia. Lo staff tecnico è peraltro rappresentato

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da molti italiani, con la guida di Gianni De Biasi commissario tecnico.6 E mentre tanti altri albanesi e cosovari fuggiti dalla propria terra negli anni novanta fanno parlare di sé per le grandi prestazioni nei club e nelle nazionali "adottive" (su tutte le Svizzera squadra di fatto... multinazionale, colonizzata dai calciatori originari di tutto il mondo nati o cresciuti in questo Stato, e soprattutto originari di Albania e Kosovo), si registra una volontà di vestire la maglia della Nazionale albanese sempre più diffusa anche da parte di calciatori le cui famiglie lasciarono la loro patria da ormai molti anni, segno tangibile dell'entusiasmo presente.

Più complesse sono invece le realtà delle smembrate Unione Sovietica e Jugoslavia. Dalle ceneri dell'Urss sono emerse realtà di campionati competitivi in Ucraina e Russia, accompagnati da Nazionali di media caratura, incapaci tuttavia di un definitivo salto di qualità. E' infatti un senso di incompiuto che accompagna la storia di queste due federazioni negli anni 2000. Dalla metà del decennio sembravano proprio Russia ed Ucraina le nuove realtà nascenti del calcio del futuro: prestazioni brillanti delle Nazionali e vittorie dei club nelle Coppe Europee erano condite ed accompagnate da grandi quantità di entusiasmo e soldi. Ma queste prestazioni non ebbero seguito credibile negli anni seguenti, riportando ad una fascia di valore media le Nazionali e non regalando più alcuna vittoria di club in Europa, attestando tuttavia stabilmente questi due campionati nella top ten del ranking Uefa. Un nuovo grande risultato è stata la finale raggiunta totalmente a sorpresa, ma ottimamente giocata e persa soltanto di una rete, dal Dnipro in Europa League nella scorsa stagione 2014/15. La caratteristica che accomuna quasi tutte le grandi squadre delle ex repubbliche sovietiche (si pensi anche, ad esempio, allo Sheriff Tiraspol, padrone assoluto del modesto Campionato moldavo) è la presenza dietro ciascuna di esse di un grande magnate che assicura loro spese prodighe e visibilità; mentre soprattutto lo Zenit San Pietroburgo è una squadra formata da numerosi campioni internazionali e stelle del

6 Aiutato inoltre dai vice-allenatori Paolo Tramezzani (celebre ex calciatore ed opinionista e commentatore televisivo), Angelo Pereni (calciatore tra anni Sessanta e Settanta ed esperto vice-allenatore in varie panchine di serie A) e Erjon Bogdani (ex calciatore albanese con una carriera svoltasi principalmente in Italia); sono italiani anche il preparatore atletico Alberto Bellè e l'osteopata Filippo Iori.

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calcio locale, la maggior parte delle altre squadre con ampie disponibilità finanziarie presenta invece formazioni riempite soprattutto di importanti calciatori slavi e di fantasisti brasiliani di alta caratura, spesso internazionale, ad esempio per lo Šachtar Donec'k (in realtà vittima della brutta situazione di grave crisi sociale, economica e politica vissuta attualmente dal proprio territorio), oppure scartati in patria ma capaci di rendere grandi le squadre più facoltose di campionati molto poveri e tecnicamente scarsi. Ma è forse, contemporaneamente, proprio questo mecenatismo molto individualizzato che rappresenta il limite di un sistema troppo fondato sulla ricchezza personale e spesso fine a se stessa dei nuovi ricchi. Detto di Russia ed Ucraina, per il resto degli Stati dell'ex Urss, eccettuata la presenza ormai quasi fissa in Champions League dei bielorussi del Bate Borisov, qualche buon risultato georgiano nel decennio passato e la recente forte crescita dell'Azerbaigian in Europa League (e l'exploit dei kazachi dell'Astana qualificatisi per la fase finale della Champions League 2015/16 suscitando interesse più per curiosità che per fiducia nel progetto tecnico), sia i club che le Nazionali giacciono sotto una pesante coltre di anonimato.

Infine va fatto cenno alla complessa situazione post comunista vissuta dalla Jugoslavia, terra per tradizione fucina di talenti di caratura mondiale anche per la pallacanestro, la pallavolo e la pallanuoto, spesso in realtà limitati dal difficile temperamento caratteriale che contraddistingue queste terre, ma dal valore tecnico ed atletico assoluto. La rappresentativa nazionale jugoslava non è mai riuscita a conquistare il titolo di campione né mondiale né europeo, ma ha potuto vantare un terzo ed un quarto posto ai Mondiali, due secondi posti agli Europei ed un argento olimpico. Campione del Mondo under 20 nel 1987, non ha potuto però avvalersi a lungo di questa eccezionale generazione a causa dello scoppio della Guerra dei Balcani (1991-95), che ha così privato la Jugoslavia di una Nazionale fra le migliori della sua storia. Terminato il conflitto, pagato calcisticamente anche con la sfortunata spedizione dei Mondiali di Italia 1990 (la guerra era ormai alle porte e la convivenza fra i calciatori delle diverse etnie era diventata difficilmente gestibile e causa di tensioni e disarmonie) ed il ritiro dal Campionato Europeo del 1992 poco prima del suo inizio, tutto è cambiato, naturalmente. Va innanzitutto chiarito che la nazionalità

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degli abitanti dell'ex Jugoslavia non è data dal luogo di nascita, né dal luogo di residenza, ma dall'etnia di appartenenza (Serbi, Croati, Bosgnacchi,7 Sloveni, etc.), che porta con sé tutto un bagaglio culturale, linguistico e religioso che la caratterizza e la distingue rispetto alle altre. Delle sei repubbliche componenti la federazione jugoslava soltanto il piccolo Montenegro non aveva ottenuto l'indipendenza in seguito al conflitto, continuando quindi a formare unitamente alla Serbia la Jugoslavia, poi ribattezzata Serbia e Montenegro, mentre erano diventate indipendenti da Belgrado Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia, e con esse tutti gli abitanti delle rispettive etnie, indipendentemente dal loro luogo di nascita e residenza. Nel 2006 diventò indipendente anche il Montenegro.

Tralasciando gli aspetti extra calcistici, appare comunque chiaro che la frammentazione abbia indebolito molto il potere calcistico internazionale di una regione che dall'essere uno Stato unitario di 23 mln di abitanti, è diventato un insieme di sei Stati di piccole e medie dimensioni. Il Campionato jugoslavo era poi famoso per il proverbiale entusiasmo e gli scontri truci che accompagnavano le grandi sfide, sia fra squadre di Repubbliche differenti che derby. Sono tuttora celebri nel mondo per le loro tifoserie soprattutto Partizan Belgrado, Stella Rossa, Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato. Trattandosi poi di tempi precedenti alle grandi rivoluzioni del mondo del calcio degli anni Novanta, anche lo spettacolo assicurato in campo era di alto livello, non esistendo ancora l'irrefrenabile emorragia di campioni slavi che lasciano il loro Paese d'origine ancora in tenera età. Ma terminata la guerra, ripetiamo, tutto era cambiato: il Campionato era stato inevitabilmente diviso nei Campionati dei nuovi Stati indipendenti, perdendo fascino, competitività e bacino d'utenza; ed intanto era scoppiata la rivoluzione del calcio moderno, di cui i piccoli Paesi dell'ex Jugoslavia furono vittime predilette, a causa degli scarsi mezzi finanziari, della gran quantità di campioni sempre sfornati da queste federazioni e quindi appetiti dai grandi club e della frammentazione che aveva indebolito sotto ogni punto di vista il potere calcistico di tutti. Il risultato fu quello di far perdere sempre più competitività ai

7 Così sono dette le persone di etnia della Bosnia, mentre "Bosniaci" posso essere detti tutti coloro vi vivono.

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campionati ex jugoslavi. I migliori calciatori lasciano il campionato locale solitamente non molto oltre aver compiuto vent'anni (o poco più, se si tratta di croati), ed anche calciatori di talento non eccezionale espatriano molto facilmente, tanto che i calciatori dell'ex Jugoslavia già nel 2004 rappresentavano da soli oltre il 14% dei calciatori stranieri militanti nel mondo, poco meno della somma di argentini e brasiliani; le squadre si limitano, nelle stagioni migliori, a comparsate nelle Coppe Europee, circoscritte tuttavia quasi sempre alle solite tre o quattro vecchie grandi di Jugoslavia. Non deve pertanto stupire il dato che elegge i Campionati croato e serbo come i tornei europei con il minor numero di calciatori stranieri (dei quali comunque una buona fetta è rappresentata dai "vicini" provenienti dagli altri Stati balcanici) né il fatto che il Campionato croato sia il più giovane d'Europa per età media dei calciatori militanti, seguito a brevissima distanza da Serbia e Slovenia. E' emblematico accennare al caso del Rijeka e di Andrej Kramarić: nella prima parte della stagione 2014/15 la squadra di Fiume, vinta la Supercoppa Croata, si qualifica per la fase finale dell'Europa League e non va lontana dal qualificarsi ai sedicesimi di finale ed in campionato sembra capace di interrompere la lunga serie di vittorie nazionali della Dinamo Zagabria. Tutto questo grazie all'esplosione del talento del ventitreenne Kramarić, capace di trascinare la squadra segnando con un'incredibile media gol: 21 reti in 18 partite di campionato ed altre 7 marcature in Europa League, contro molti avversari più forti. Al contempo fa il suo esordio con la Nazionale croata, con la quale non tarda a segnare ancora. Prevedibilmente questo attaccante richiama su di sé le attenzioni di squadre di tutta Europa ed alla sessione invernale del calcio mercato di gennaio il Rijeka già cede alle lusinghe straniere e vende la sua stella, regalando così l'ennesimo titolo nazionale alla Dinamo Zagabria e venendo eliminata durante la fase preliminare di Europa League della stagione seguente. Ma ciò che più colpisce è capire come il Rijeka si sia privato di un calciatore capace di segnare con questa maglia 56 reti in appena una stagione e mezza di permanenza: Kramarić è stato acquistato per 13 mln di euro al Leicester City, ultimo in classifica in Premier League (in realtà poi salvatosi, ma ben lontano dai fasti della gloriosa stagione successiva). Trovo assolutamente significativa questa vicenda in cui una squadra di un

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campionato di medio valore si priva di uno dei calciatori più decisivi della sua storia, e con esso della possibilità di ottenere vittorie e quindi anche premi in denaro, per cederlo ad una squadra all'ultimo posto, ma di un campionato di vertice; dove peraltro Kramarić terminerà la stagione con soltanto due reti all'attivo e molta panchina.

Ma analizziamo adesso più nel dettaglio la situazione attuale degli Stati dell'ex Jugoslavia. La Slovenia, l'ex repubblica jugoslava più benestante, subito proclamatasi indipendente e poco colpita dalla guerra, e che preferisce spesso guardare all'Austria ed alla Mitteleuropa rispetto che ai Balcani, paga la sua piccola popolazione, ma riesce spesso a piazzare la compagine del Maribor (e solo questa in realtà) nelle Coppe Europee e vanta una Nazionale che, a partire dal 2000, ha più volte partecipato a Mondiali ed Europei, pur senza quasi nessuna individualità di talento rilevante. Meno ha offerto al calcio jugoslavo e mondiale la Macedonia, paese connotato da forti influenze, contatti e presenze albanesi, con una Nazionale ed un Campionato molto modesti. Il discorso cambia invece osservando i quattro Stati più strettamente jugoslavi. Il Montenegro, nella sua giovane storia e con una popolazione molto ridotta, non ha centrato nessuna qualificazione internazionale, ma ha sempre dato i natali ad un numero relativamente molto alto di campioni di grande caratura, sia ai tempi della Jugoslavia (erano montenegrini fra gli altri Predrag Mijatović e Dejan Savićević) che oggi. Il campionato locale è invece di basso livello. La Bosnia ed Erzegovina, dopo molti piazzamenti buoni ma senza esito nei tornei di qualificazione alle competizioni internazionali, ha centrato la qualificazione ai Campionati del Mondo di Brasile 2014. Pur essendo poi stata subito eliminata, si è trattato di un giusto premio per il Paese che più ha sofferto la guerra, dotato di una onesta tradizione calcistica, che oggi come mai prima può vantare molte stelle del calcio internazionale, in un bacino di soltanto 3 mln di Bosgnacchi, essendo serba quasi metà della popolazione bosniaca e croata la popolazione dell'Erzegovina. Il campionato è però molto modesto ed anche le società con più storia alle spalle, come Sarajevo, Željezničar e Zrinjski Mostar non ottengono alcuna soddisfazione in ambito europeo.

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La Croazia, complice forse anche il relativo benessere economico e sociale, si è invece imposta nettamente come la più forte fra le Nazionali di calcio dell'ex Jugoslavia nonché quella con il campionato più competitivo. E' storico il terzo posto raggiunto alla sua prima partecipazione ai Mondiali, nel 1998, grazie ad una squadra ricca di campioni di caratura mondiale, come Robert Jarni, Davor Šuker, Zvonimir Boban, Robert Prosinečki. Nonostante una generazione non altrettanto talentuosa negli anni Duemila ha comunque mantenuto uno status di Nazionale di alto valore, ribadito da una generazione, quella attuale, che vanta talenti del calibro assoluto di Luka Modrić ed Ivan Rakitić. Il Campionato non è di alto livello, ma, come detto precedentemente, è lasciato dai migliori calciatori solitamente entro i ventitré anni, pur sempre quindi più tardi rispetto agli altri campionati dell'ex Jugoslavia. La Dinamo Zagabria è da molti anni padrona assoluta del torneo, ma centra saltuariamente la qualificazione alla fase finale della Champions League. Tuttavia il ranking Uefa dei Campionati vede negli ultimi anni una costante ascesa di questo, oggi posizionato molto più in alto rispetto ai Campionati serbo e sloveno, tanto da essere stato nell'annata 2014/15 undicesimo Campionato europeo nel punteggio stagionale, grazie soprattutto all'ottima prestazione del Rijeka, di cui detto sopra.

Va infine trattata la situazione della Serbia, la vera unica erede della Jugoslavia. Dopo ottime prestazioni della Nazionale (d'altronde i Serbi sono anche il gruppo etnico più numeroso) da alcuni anni questa continua ad inanellare insuccessi, con qualificazioni alterne ai Mondiali e fallite ormai ininterrottamente dal 2000 agli Europei. Certamente fa effetto vedere la figlia della grande Jugoslavia alla posizione 66 del ranking delle Nazionali Fifa, ed il paradosso aumenta se si pensa al fatto che la Serbia è campione del Mondo in carica under 20, come accadde nel 1987. I talenti infatti non sono mai mancati, e non mancano tuttora, ma probabilmente ciò che la Serbia paga è la difficile situazione economica e sociale (basti pensare alla realtà tuttora irrisolta del Kosovo) ed il temperamento di calciatori e tifosi serbi, sopra le righe ancor più degli altri loro vicini balcanici, i quali fanno sì che il loro Stato faccia solitamente più notizia per le prestazioni sugli spalti e nei dintorni dello stadio dei suoi sostenitori, che per le prestazioni sul campo dei giocatori. Questi lasciano il

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