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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2 La sicurezza stradale

CAPITOLO II

2.

LA SICUREZZA STRADALE

2.1.

GENERALITA’

La sicurezza stradale rappresenta, al giorno d’oggi, uno degli argomenti di maggiori interesse, non solo per gli addetti ai lavori: il rilievo che tutti i mezzi di informazione danno agli incidenti, segnatamente a quelli con conseguenze mortali, hanno sensibilizzato l’opinione pubblica al punto che da ogni parte vengono sollecitati o, anche, prospettati provvedimenti.

Si tratta di un fenomeno che, oltre a lutti e sofferenze che riguardano gli individui direttamente coinvolti ed i loro parenti, comporta degli enormi costi sociali valutabili attualmente, in Italia, circa 30 miliardi di Euro.

L’aumento della sicurezza – intesa normalmente come riduzione del numero degli incidenti e della loro gravità – è un problema di non agevole soluzione. Interventi tesi a ridurre l’incidentalità presuppongono la conoscenza delle cause che la producono ed in ciò risiede la principale difficoltà.

Ogni spostamento può essere visto come il funzionamento di un sistema le cui componenti sono la strada, il veicolo, l’uomo e l’ambiente; quando una o tutte le componenti manifestano anomalie di funzionamento, il sistema nel suo complesso comincia a funzionare male e si generano situazioni di pericolo incipiente; le anomalie possono rientrare ed il sistema riprende il suo normale funzionamento, ovvero accentuarsi generando situazioni di pericolo più o meno forti, fino a giungere al guasto totale del sistema (incidente).

Alcune anomalie possono essere prolungate nel tempo (guida pericolosa, veicolo in cattivo stato di manutenzione, ecc.) senza che accada niente di grave, ovvero possono presentarsi in modo repentino e grave (manovre errate

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senza possibilità di recupero, malore del conducente, rottura del veicolo, ecc.) ed in tempi brevissimi il sistema collassa (incidente).

Si può considerare ogni incidente come l’ultimo anello di una catena di eventi successivi. L’incidente è sempre preceduto da situazioni di pericolo reale, le quali non sempre degenerano in un sinistro. A sua volta la situazione di pericolo reale è preceduta da situazioni di pericolo potenziale.

Il continuo di eventi che precedono l’incidente è rappresentato dalla piramide di Fig2.1. Ogni evento ha la caratteristica di presentarsi con frequenza inferiore rispetto all’evento che lo precede. In questa logica il concetto di sicurezza non è più confinato al verificarsi dell’incidente, ma è posto in relazione alla possibilità che si verifichino eventi incidentali e nella definizione di sicurezza è possibile considerare sia la possibilità di conseguenze dannose imputabili a eventi non sempre prevedibili (il rischio), sia la potenzialità di situazioni e di elementi non controllabili nel provocare un danno (il pericolo).

Fig 2.1- Piramide di Hayden

Inoltre per ciascuna componente possono elencarsi numerosi fattori di rischio. Così per la strada possono aversi difetti di geometria dell’asse o della sezione, carenza di visibilità, pavimentazione con bassa aderenza, ecc.; per il

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veicolo, cattivo stato di manutenzione dei freni e degli organi di guida, pneumatici usurati, eccesso di carico per i mezzi pesanti, ecc.; con riferimento al guidatore, velocità eccessiva, inosservanza del Codice della Strada, guida distratta o in cattive condizioni fisiche per affaticamento o, al limite, per abuso di alcool o droga, ecc.; infine per l’ambiente possono citarsi le condizioni di traffico, nebbia, ghiaccio, pioggia battente, ecc.

Si comprende allora come al verificarsi di un incidente stradale concorrano una moltitudine di fattori che è molto difficile individuare separatamente. In ogni caso si tratta di un evento aleatorio piuttosto raro e pressoché mai osservabile. D’altra parte la riduzione dell’incidentalità (tutta, non solo di morti o feriti gravi) richiede proprio l’individuazione, sia pure a grandi linee, delle cause che più frequentemente generano incidenti.

L’ingegneria stradale deve necessariamente misurarsi anche con questioni inerenti alla sicurezza della circolazione. E’ necessario, quindi, disporre di strumenti che permettano, da un lato, di riconoscere la sicurezza connessa alle diverse sistemazioni infrastrutturali e, d’altro lato, di valutare gli effetti sulla sicurezza stradale derivanti dalle scelte progettuali compiute in fase di progettazione di nuove opere e/o di interventi finalizzati a riqualificare le strade in esercizio. Prima di affrontare i due ordini di problemi sopra menzionati, in considerazione del valore oggettivo del tema e di quello che gli è soggettivamente attribuito nel giudizio dei singoli, occorre in primo luogo chiarire che cosa si intende per sicurezza.

2.2.

DEFINIZIONE DI SICUREZZA

Il concetto di sicurezza stradale è strettamente legato al numero di incidenti: si è portati ad indicare come poco sicura una strada su cui si verificano molti incidenti rispetto ad un'altra con un numero di incidenti nullo o comunque minore. Ciò è solo in parte vero e, comunque, per affrontare le

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numerose problematiche che lo studio della sicurezza stradale comporta, sono opportune alcune precisazioni.

La stima della sicurezza non può prescindere dall’esame dell’incidentalità osservata in un congruo arco temporale. Basta osservare, infatti, una serie storica di incidenti su un qualunque elemento stradale per accorgersi della notevole dispersione dei dati registrati, con fluttuazioni casuali tra un periodo ed il successivo che porterebbero alla conclusione (assurda) che la “sicurezza” è variabile da un periodo all’altro. Se fosse possibile eguagliare la sicurezza al numero di incidenti, la diminuzione del numero degli incidenti corrisponderebbe ad un miglioramento delle condizioni di sicurezza, un aumento del numero di incidenti suggerirebbe un peggioramento in termini di sicurezza e l’assenza di incidenti corrisponderebbe a condizioni sicure di fruizione.

Il numero di incidenti osservati entro un determinato intervallo di tempo in corrispondenza di un elemento stradale rappresenta la frequenza incidentale. In considerazione del fatto che gli incidenti sono eventi caratterizzati da un andamento casuale, la frequenza incidentale osservata varia nel tempo. A prescindere dalle considerazioni che saranno successivamente sviluppate, è evidente che tale variabilità non consente la stima della sicurezza a partire dalla frequenza incidentale osservata su intervalli di tempo relativamente brevi; in questo caso, è, infatti, estremamente problematico stabilire se la frequenza incidentale osservata possa essere considerata rappresentativa del dato medio sul lungo periodo. Ciò spiega perché è spesso messa in discussione la stima ottenuta mediante modelli previsionali dell’incidentalità sviluppati e calibrati su dati di incidente osservati in corrispondenza di intervalli di tempo relativamente brevi (1-2 anni). Il fenomeno incide in misura maggiore nel caso di elementi stradali a bassa frequenza d’incidenti (bassi volumi di traffico, tronchi di limitata estensione), per i quali la variabilità del dato di incidentalità influisce notevolmente sull’affidabilità dei risultati. La casualità nel verificarsi degli incidenti produce, dunque, una misura instabile della sicurezza dell’elemento stradale considerato. La fluttuazione del dato

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incidentale nel tempo, inoltre, rende difficoltoso stabilire se eventuali variazioni della frequenza di incidentalità osservata siano dovuti a variazioni delle condizioni e/o delle caratteristiche geometrico-funzionali dell’elemento stradale considerato, o siano da considerare legate alla naturale variabilità del dato incidentale. E’ statisticamente probabile, infatti, che per un determinato elemento stradale, un periodo caratterizzato da un valore della frequenza incidentale osservata relativamente alto, sia seguito da un periodo a frequenza incidentale più bassa e viceversa. Questi trend sono più comunemente noti come “regressione alla media” e “migrazione degli incidenti”.

Se facessimo riferimento a periodi temporali più ampi e se le principali caratteristiche ed i modi d’uso dell’elemento stradale considerato non subissero mutamenti rimanendo invariati nel tempo, le medie calcolate potrebbero essere interpretate in termini di media di lungo periodo o valore atteso. Questa media a lungo termine, quindi, sembra essere più idonea per la misura della sicurezza stradale perché, prescindendo dalla casualità dei risultati registrati nel breve periodo, descrive una proprietà stabile dell’elemento. In analogia a quanto avviene negli esperimenti ripetuti un numero di volte moto grande, la sicurezza di un elemento stradale (cioè una strada, un tronco stradale omogeneo o un’intersezione, etc.) può essere riferita al valore medio del numero di incidenti, per genere e per severità, che in un determinato periodo possiamo attenderci di osservare sull’elemento stesso (Hauer, 1997). Si tratta, quindi, del valore che assumerebbe la media degli incidenti, se fosse possibile mantenere costanti tutte le condizioni rilevanti per la sicurezza.

Spesso si preferisce ricorrere al numero di incidenti per unità di tempo (incidenti/anno) piuttosto che al numero di incidenti; in questi termini la sicurezza è espressa come frequenza attesa di incidenti, ottenuta dividendo il numero atteso di incidenti per l’ampiezza dell’intervallo di tempo considerato.

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2.2.1

SICUREZZA OGGETTIVA E SICUREZZA

SOGGETTIVA

Occorre distinguere tra due diversi concetti indicati spesso con lo stesso termine:

Sicurezza stradale (road safety), cioè una misura quanto più

oggettiva possibile della sicurezza, legata in ogni caso al numero degli incidenti;

Sicurezza (o senso di sicurezza) dell’utente (security), cioè la

sensazione soggettiva di quanto un utente si sente al sicuro su una data strada.

L’ingegnere stradale è interessato essenzialmente alla prima, anche se non va ignorato il fatto che il miglioramento di certe caratteristiche della strada può aumentare il senso di sicurezza degli utenti, inducendo in alcuni di essi comportamenti che potrebbero peggiorare la sicurezza della strada.

2.2.2.

IL TASSO DI INCIDENTALITA’

Abbiamo definito la sicurezza di un elemento stradale come valore medio del numero di incidenti, per genere e per severità, che in un determinato periodo possiamo attenderci di osservare sull’elemento stradale. Si tratta, quindi, di ciò che teoricamente è possibile desumere da una media di lungo periodo laddove le caratteristiche dell’elemento e le molte variabili che hanno influenza sulla sicurezza (traffico, comportamento degli utenti, caratteristiche dei veicoli, ecc.) si mantenessero costanti. E’ d’uso corrente utilizzare il tasso

di incidentalità (Crash Rate) e non la frequenza di incidente nella misura

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Il tasso di incidentalità è espresso in termini di numero di incidenti rilevato in un determinato intervallo di tempo in corrispondenza dell’elemento stradale (frequenza di incidente) per unità di esposizione.

L’esposizione è derivata direttamente dal volume di traffico veicolare. Con riferimento ad un tratto stradale, l’esposizione è espressa generalmente in veicoli-chilometro e si ricava moltiplicando il traffico giornaliero medio annuo (TGMA) per 365 e per la lunghezza del tronco stradale. Ad esempio, se la frequenza di incidente su un tratto di strada di 2 km è pari a 5 incidenti/anno e il TGMA è pari a 10,000 veicoli/giorno, il tasso di incidentalità è pari a:

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10,000 × 365 × 2= 0.68 ∙ 10 −

Quando, come in questo studio, non deve essere effettuato un confronto tra strade diverse (caratterizzate da TGMA diverso), ma viene fatto un confronto tra diverse ipotesi progettuali che non stravolgono la medesima infrastruttura stradale, è conveniente trascurare la componente di traffico e adottare un tasso di incidentalità del tipo incidenti/Km/anno.

Dal punto di vista dell’utente, il tasso di incidentalità può essere interpretato come la probabilità di essere coinvolto in un incidente per unità di esposizione. L’ingegnere stradale è interessato alla stima della sicurezza, ed in particolare alla misura dell’effetto sulla sicurezza prodotto da un trattamento, sia in fase di esercizio dell’infrastruttura, sia solamente in fase progettuale.

la relazione tra la frequenza incidentale ed i dati di traffico non segue una legge lineare, questo legame è rappresentato da una curva con concavità verso il basso, nota in letteratura come Safety Performance Function.

L’andamento della relazione in questione è analogo a quello riprodotto in Fig. 2.6. Gli andamenti delle curve sono imputabili sia al fatto che gli utenti si comportano diversamente quando la strada è percorsa da pochi veicoli rispetto alle situazioni di forte condizionamento reciproco tra i veicoli, sia al

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fatto che la frequenza di incidenti di un certo tipo dipende dai parametri propri del deflusso veicolare (portata, densità veicolare, velocità).

La curva superiore (curva 1) di Fig. 2.6 è rappresentativa di un elemento stradale ad incidentalità più elevata dell’elemento stradale rappresentato dalla curva inferiore (curva 2). Per dato valore del traffico il tasso di incidentalità risulta essere proporzionale alla pendenza della retta congiungente l’origine con il punto corrispondente della curva inferiore (o della curva superiore), poiché è definito dal rapporto tra la frequenza di incidenti e l’esposizione che è direttamente proporzionale al flusso di traffico.

Fig 2.6- Relazione traffico - incidenti

Ad esempio il punto A sulla curva 2 rappresenta la frequenza di incidente, cioè il numero di incidenti rilevato in un determinato intervallo di tempo nell’elemento stradale considerato, corrispondente ad un TGMA = 2600 veicoli/giorno; il tasso di incidentalità corrispondente è proporzionale al coefficiente angolare della retta congiungente l’origine del sistema di riferimento ed il punto A.

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Si assuma ora che sia variato soltanto il TGMA e che sia pari a 3000 veicoli/giorno. Questa nuova situazione è descritta dal punto B sulla curva 2. Il coefficiente angolare della retta congiungente l’origine del sistema di riferimento ed il punto B è diminuito rispetto al caso descritto dal punto A. In questa nuova situazione è diminuito il tasso di incidentalità, ma la frequenza attesa degli incidenti è addirittura aumentata. La riduzione del tasso di incidentalità non implica, quindi, che la strada sia ora più sicura. L’utente avvertirà una minore probabilità di coinvolgimento in un incidente con conseguenze fisiche. Tuttavia, l’ingegnere stradale non potrà basarsi sulla riduzione del tasso di incidentalità per affermare che la strada è più sicura, in quanto nessun trattamento è stato implementato per favorire condizioni di fruizione più sicure, ma si è assistito soltanto ad un incremento della domanda di mobilità sulla stessa.

E’ altrettanto improprio ritenere che il tasso di incidentalità possa tener conto delle differenze del traffico (o della variabile di esposizione) tra la situazione precedente e quella successiva all’implementazione di un trattamento; ciò che invece sarebbe corretto solo nel caso particolare di proporzionalità tra la frequenza attesa di incidente ed il traffico.

Ulteriori inconvenienti dell’uso del tasso di incidentalità nella stima degli effetti sulla sicurezza prodotti da trattamenti ingegneristici sono deducibili ancora dal grafico di Fig. 2.6. Abbiamo assunto la curva 1 rappresentativa di una situazione viaria ad incidentalità più elevata (minore sicurezza) rispetto a quella rappresentata dalla curva 2 (maggiore sicurezza), ovvero, a parità di traffico, la situazione rappresentata dalla curva 1 presenta un maggior numero di incidenti rispetto ad una situazione viaria simile rappresentata dalla curva 2. Assumiamo, inoltre, che la situazione viaria rappresentata dalla curva 1 sia caratterizzata anche dall’assenza di un determinato trattamento ingegneristico e che la situazione viaria rappresentata dalla curva 2 sia simile a quella della curva 1, fuorché per la presenza del trattamento ingegneristico considerato. Consideriamo adesso la curva 1 ed un valore di TGMA pari a 4000 veicoli/giorno (punto C). Il coefficiente angolare della retta congiungente

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l’origine del sistema di riferimento ed il punto C è minore rispetto al caso descritto dal punto B. In questa nuova situazione è diminuito il tasso di incidentalità, sebbene la situazione viaria descritta da B risulti caratterizzata da una ridotta frequenza attesa di incidente rispetto a quella descritta da C. Ne segue che l’adozione del tasso di incidentalità come indicatore di riferimento per la stima dell’effetto sulla sicurezza prodotto da un particolare trattamento di ingegneria “prima” e “dopo” la sua implementazione (o per confrontare sotto il profilo della sicurezza situazioni “con” e “senza” una data caratteristica) può portare a conclusioni errate sulla maggiore o minore sicurezza di una situazione viaria o sui benefici indotti da un determinato trattamento. Ciò perché il tasso di incidentalità non riesce a separare l’effetto sulla sicurezza delle variazioni del dato di traffico dall’effetto sulla sicurezza prodotto da un trattamento ingegneristico. In definitiva, se ricorressimo al tasso di incidentalità come misura della sicurezza, saremmo indotti ad effettuare ulteriori analisi ed indagini (e conseguenti investimenti) sugli elementi che presentano un tasso maggiore, ma non per questo meno sicuri.

In base a quanto discusso, per misurare l’effetto sulla sicurezza prodotto da trattamenti di ingegneria è largamente condiviso far riferimento alla frequenza attesa di incidente e non al tasso di incidentalità, potendosi utilizzare quest’ultimo indicatore solo in alcuni casi specifici, allorquando la frequenza degli incidenti può essere ritenuta proporzionale al traffico (ad es. nel confronto fra situazioni caratterizzate da volumi di traffico comparabili).

2.3.

ALCUNI DATI STATISTICI

I dati di incidentalità rappresentano la principale base informativa per la stima della sicurezza di un’infrastruttura stradale. Un nodo ancora da dirimere nel nostro contesto nazionale riguarda l’incompletezza dei dati di incidentalità imputabile alle stesse modalità di censimento ed, in particolare, al coordinamento tra la fase di raccolta da parte degli organi di polizia ed

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quella di trattamento ed elaborazione da parte degli istituti di ricerca. In Italia i dati statistici ufficiali di incidentalità sono forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica. L’ISTAT tiene conto delle informazioni fornite dall'ACI, per quanto concerne il numero dei veicoli circolanti, e dalla Polizia limitatamente agli incidenti in cui è coinvolto almeno un veicolo in circolazione sulla rete stradale e che comporti conseguenze per le persone (incidenti con feriti o con morti, assumendosi in questo caso un periodo di osservazione di 30 giorni successivi all’evento).

Nel 2013, sulla base di una stima preliminare, si sono verificati in Italia 182.700 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti, entro il trentesimo giorno, è pari a 3.400, mentre i feriti ammontano a 259.500.

Rispetto al 2012, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (-2,2%) e del numero dei morti (-6,9%), in calo anche i feriti (-2%).

Tab 2.2- Incidenti stradali con lesioni a persone, morti e feriti in Italia (fonte: ISTAT)

L'indice di mortalità, calcolato come rapporto tra il numero dei morti e il numero degli incidenti con lesioni moltiplicato 100, è pari, a 1,86. Tale valore è in lieve diminuzione rispetto a quello registrato per il 2012 (1,96). Rispetto al 2001, il numero di morti è diminuito nel 2013 del 52,1%. Tra il 2011 e il 2013, invece, la variazione percentuale è stata pari a -11,9%.

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Tab 2.3- Variazione percentuale del numero di morti (fonte: ISTAT)

Il maggior contributo alla diminuzione del totale delle vittime in incidente stradale è dato, nel 2013, dalla flessione del numero dei morti su strade extraurbane (-8,6%) e sulle strade urbane (-8,5%). Il valore è pressoché stabile, invece, sulle autostrade, per le quali, però, era già stato registrato un forte calo negli anni precedenti. L'indice di mortalità secondo la localizzazione dell'incidente, basato sulla stima preliminare per l'anno 2013, risulta pari a 3,44 per le autostrade, 4,62 per le strade extraurbane principali e 1,04 per le strade urbane e per le extraurbane secondarie.

Il programma Europeo di azione per la sicurezza stradale 2011-2020 prevede un ulteriore dimezzamento del numero dei morti sulle strade entro il 2020 e una riduzione dei feriti gravi. A tal fine, per stabilire un target, è necessario che i Paesi UE si impegnino ad applicare la definizione armonizzata di gravità delle lesioni stabilita a livello internazionale.

Con riferimento al contesto internazionale, le stime preliminari dei tassi di mortalità, calcolati come rapporto tra il numero dei morti in incidente stradale e la popolazione residente (tassi per 1.000.000 di abitanti), registrati nel 2013 tra i Paesi dell'Ue28, variano tra 27 per la Svezia e 93 per la Romania. Il valore per l'Italia e pari a 57, a fronte di una media Europea di 52 morti per milione di abitanti.

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Tab 2.4- Tassi di mortalità per incidente stradale tra i paesi UE28 (fonte: ISTAT)

La variazione percentuale media in Europa (Ue28) del numero dei morti in incidenti stradali, è pari a -7,6% tra il 2012 e il 2013, a -15,3% tra il 2011 e il 2013.

Tab 2.5- Variazioni percentuali del n° di morti in incidente stradale nei paesi UE28 (fonte: ISTAT)

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2.4.

OBIETTIVI PRESTAZIONALI DI SICUREZZA

L’inadeguatezza attuale della rete stradale esistente in termini di dotazione infrastrutturale con conseguenti ripercussioni sulla qualità del servizio offerto e sulla sicurezza della circolazione porta alla necessità di effettuare interventi di adeguamento generalizzati o localizzati da attuare secondo un insieme di azioni coordinate. Per fare questo è possibile fare riferimento alle “Norme per gli interventi di adeguamento delle strade esistenti” (bozza al Ministro 25/04/2005) che danno attuazione alle disposizioni del D.M. 22/04/2004 riguardanti la necessità di disciplinare con normativa specifica gli interventi di adeguamento delle strade esistenti previsti negli strumenti di pianificazione e di programmazione propri degli enti proprietari e/o gestori.

Con la dizione “interventi di adeguamento” si intende far riferimento ai seguenti interventi:

1. Potenziamento funzionale: riguarda gli interventi necessari l’infrastruttura alla domanda di traffico;

2. Miglioramento del livello di sicurezza intrinseca dell’infrastruttura: riguarda gli interventi necessari per contribuire a ridurre le caratteristiche di incidentalità della strada mediante interventi di tipo generalizzato (quando le carenze individuate interessano l’intero sviluppo della strada) o localizzato (eliminazione dei così detti “punti neri”).

La norma indica che gli obiettivi di sicurezza della circolazione vanno individuati in funzione delle caratteristiche di incidentalità attuali della strada su cui si interviene, espressa in termini di tasso di incidentalità (numero di incidenti per 100 milioni di veicoli per Km), densità incidentale (numero di incidenti al Km) e la loro variabilità chilometrica (deviazione massima dei singoli valori chilometrici rispetto alla media), facendo riferimento ai soli

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incidenti con morti o feriti e disaggregando tali dati per le due direzioni di percorrenza della strada.

Per fare ciò la bozza di legge indica i valori obiettivo riferiti agli archi della rete stradale, da conseguire nel breve – medio termine, espressi in termini di incidenti con morti o feriti:

NORME PER GLI INTERVENTI DI ADEGUAMENTO DELLE STRADE ESISTENTI (bozza al Ministro 25/04/2005)

OBIETTIVI PRESTAZIONALI RELATIVI ALLA SICUREZZA DELLA CIRCOLAZIONE

Tipo di viabilità Tipo di strada (art. 2 D.Lgs 285/92) Tasso d'incidentalità [incidenti/108 veic. Km] Densità incidentale [incidenti/Km] autostradale extraurbana o urbana A Definizione a cura dell'ANAS 1.85 extraurbana principale B (*) 0.36 extraurbana secondaria C - F (*) 0.10 urbana principale D (*) (*) urbana secondaria E - F (*) (*)

(*) dato non disponibile. Inattesa della sua definizione si potrà operare in termini relativi, riducendo del 15% i valori medi caratteristici della situazione esistente sull'arco stradale considerato.

Tab 2.7- Obiettivi prestazionali relativi alla Sicurezza della Circolazione.

Come si può vedere il valore obiettivo fissato dalla norma per le strade tipo B è pari a 0.36 incidenti/Km/anno.

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