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Capitolo 2

IL LEVETIRACETAM

Il levetiracetam (LEV), nome commerciale Keppra®, è l’S-enantiomero dell’α-etil-2-oxo-1-pirrolidin acetamide, un composto strutturalmente correlato al nootropo piracetam. Fu scoperto durante uno screening random grazie alla sua attività antiepilettica sulle crisi indotte dai suoni nei topi audiogenici. Nel 1999 ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Food and

Drug Administration (Klitgaard, 2001).

2.1 Meccanismo d’azione

Il levetiracetam (LEV) ha un meccanismo d’azione del tutto innovativo.

Il suo bersaglio principale è, infatti, la proteina SV2A (Synaptic Vesicle protein

2A), una glicoproteina integrale di

membrana di circa 90 kDa presente nelle vescicole sinaptiche. SV2A è la più diffusa tra le proteine della sua famiglia, che include anche SV2B e SV2C. Infatti, SV2A è ubiquitaria nel SNC e si trova anche a livello delle cellule neuro-endocrine. Invece, SV2B e SV2C sono presenti solo in alcune zone del SNC (Janz

et al., 1999). Le proteine SV sono esclusive dei vertebrati, ma mostrano omologie significative con le proteine trasportatrici della Major Facilitator Superfamily (MFS) presenti sia nei procariori che negli eucarioti (Lynch et al., 2004).

Figura 1: Levetiracetam

SV2A è dotata di 12 segmenti transmembrana (TMS). Tutte le anse che collegano i TMS sono corte, ad eccezione di un’ansa altamente glicosilata, che probabilmente contribuisce alla formazione della matrice ionica intravescicolare

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(Lynch et al., 2004). SV2A lega anche la laminina, proteina della matrice extracellulare (Crowder et al., 1999).

La proteina influenza sicuramente il meccanismo di generazione o propagazione delle crisi. Infatti, topi knockout per questa proteina (topi SV2A KO) sono normali alla nascita, ma presentano un’aumentata eccitabilità neuronale e sviluppano crisi epilettiche gravi entro 1,5 settimane di vita. Inoltre, hanno una crescita limitata e muoiono precocemente, entro 3 settimane dalla nascita, probabilmente a causa della disfunzioni endocrine (Crowder et al. 1999).

Il cervello di questi animali non presenta alterazioni morfologiche. Anche la densità e la morfologia delle sinapsi sono normali (Crowder et al., 1999). Perciò SV2A non è necessaria al normale sviluppo sinaptico e cerebrale (Janz et al., 1999). L’assenza di SV2A non determina neanche variazioni della densità e della morfologia delle vescicole sinaptiche, per cui la proteina non influisce nemmeno sulla loro formazione, stabilità e dimensione (Crowder et al., 1999).

Studi elettrofisiologici, però, dimostrano che nei topi SV2A KO la trasmissione GABAergica potenziale d’azione-dipendente nella regione ippocampale CA3 è ridotta. La trasmissione potenziale d’azione-indipendente è, invece, normale (Crowder et al., 1999). Non è ancora chiaro se la diminuzione della secrezione di GABA sia primitiva o secondaria a una rottura dell’equilibrio tra la stimolazione eccitatoria glutammatergica e l’inibizione mediata da neuropeptidi sui neuroni GABAergici (Crowder et al., 1999). A sostegno di quest’ultima ipotesi sarebbe la recente dimostrazione che anche la trasmissione glutammatergica è compromessa nei topi SV2A KO (Lynch et al., 2004).

La funzione precisa di SV2A a livello sinaptico è ancora incerta. Pare comunque ormai assodato che SV2A, pur non essendo necessaria al meccanismo dell’esocitosi del neurotrasmettitore, sia un regolatore essenziale e indispensabile del traffico vescicolare (Janz et al., 1999). Nonostante sia strutturalmente simile a un trasportatore, non pare svolgere una simile funzione (Janz et al., 1999). Sembra, piuttosto, interagire con la sinaptotagmina, un sensore del Ca2+ implicato

nell’esocitosi Ca2+-dipendente dei neurotrasmettitori (Lynch et al., 2004). È, infatti, probabile che moduli la formazione del complesso proteico necessario alla fusione delle vescicole con la membrana presinaptica e sia, quindi, necessaria a

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mantenere un numero adeguato di vescicole sinaptiche pronte alla fusione. Quest’ipotesi pare essere confermata dalla sensibile riduzione dell’esocitosi Ca2+ -indotta nelle cellule prive di SV2A (Xu e Bajjalieh, 2001).

Come LEV agisca sulla SV2A non è ancora chiaro. Se il knockout di SV2A provoca le crisi, LEV non può essere un suo antagonista, perché altrimenti avrebbe un’azione proconvulsivante. Al contrario, è probabile che LEV potenzi la funzione anticonvulsivante della proteina (Lynch et al., 2004). Dato che il farmaco non ha effetto sul tessuto cerebrale e sui neuroni normali ma solo su quelli patologici, questa funzione antiepilettica di SV2A potrebbe essere presente solo in condizioni patologiche (Lynch et al., 2004).

Oltre ad agire su SV2A, LEV ha anche altri meccanismi d’azione minori che possono contribuire alla sua efficacia antiepilettica. Sicuramente LEV determina una parziale inibizione dei canali Ca2+ voltaggio-dipendenti tipo N. È, inoltre, anche capace anche di bloccare il rilascio di Ca2+ dai depositi intracellulari (De Smedt et al., 2007 a). Più incerto l’effetto sulla trasmissione GABAergica. Infatti, pur riuscendo a ridurre l’inibizione dei neuroni GABA e glicinergici da parte di alcuni modulatori allosterici negativi (p.es. zinco, β-carbolina), LEV non sembra avere un’azione specifica su questi neuroni (De Smedt et al., 2007 a). LEV sembra anche agire sulle correnti ripolarizzanti tardive K+ (Klitagaard, 2001). Infine, negli animali, il farmaco si è mostrato capace di prevenire i cambiamenti nell’espressione genica di NPY, BDNF e altre molecole implicate nell’epilettogenesi da kindling (De Smedt et al., 2007 a). Questo meccanismo, insieme al blocco del rilascio di Ca2+ dai depositi intracellulari, potrebbe spiegare l’azione neuroprotettiva del pretrattamento con LEV sul kindling (De Smedt et al., 2007 a).

2.2 Efficacia antiepilettica nei modelli animali di epilessia

Sin dai primi studi preclinici LEV ha mostrato un profilo di efficacia unico nel suo genere. Si è rivelato, infatti, più attivo nei modelli animali di epilessia cronica sia parziale che generalizzata più che nei modelli di crisi acute (Klitagaard, 2001).

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Al contrario degli altri AEDs, LEV è privo di efficacia nei modelli tradizionali di crisi generalizzate acute, prodotti tramite elettroshock massimale (MES) e somministrazione di pentetrazolo (PTZ). LEV non è efficace neanche sulle convulsioni provocate dall’infusione nei ventricoli laterali degli agonisti glutammatergici N-metil-D-aspartato (NMDA), α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isoxazolone propinato (AMPA) e acido kainico alla CD971. Modesta pure l’attività anticonvulsivante sulle crisi determinate dai chemoconvulsavanti che agiscono sui recettori GABAA, quali bicucullina, picrotossina, acido

2-mercaptopropionico e metil-6,7-dimetossi-4-etil-β-carbolina-3-carbossilato (DMCM) (Klitagaard,2001).

LEV è, invece, attivo sulle crisi indotte nei roditori dalla somministrazione per via sistemica di pilocarpina alla CD97 e di acido kainico a dosi submassimali. È, inoltre, anche capace di controllare le crisi nei topi kindled con la somministrazione cronica di dosi submassimali di PTZ o elettroshock corneali subconvulsivi ripetuti. La sua efficacia è superiore proprio in quei topi che non rispondono agli altri AEDs (topi kindled PTH-resistenti) (Loscher et al., 2000). Sia le crisi indotte da pilocarpina e acido kainico che il kindling sono considerati modelli delle crisi parziali complesse degli umani (Klitagaard, 2001). A questo proposito è interessante notare che la risposta al farmaco mostra una notevole variabilità da topo a topo, proprio come si osserva negli umani (De Smedt et al., 2007 a).

Oltre a controllare le crisi, LEV sembra anche poter prevenire il kindling nei roditori, mostrando, quindi, proprietà neuroprotettive e antiepilettogeniche (Klitagaard, 2001; De Smedt et al., 2007 a).

Infine, LEV è risultato efficace anche sulle crisi dei topi audiogenici, dei topi GAERS (Genetic Absence Epilepsy- prone Rats from Strasbourg) e di altri modelli di epilessia generalizzata (Klitagaard, 2001; De Smedt et al., 2007 a).

1CD97 è il dosaggio di chemoconvulsavante capace di generare crisi epilettiche nel 97%

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2.3 Efficacia antiepilettica nell’uomo

In Europa LEV è approvato come monoterapia nel trattamento delle crisi parziali

con o senza secondaria generalizzazione in pazienti con epilessia di nuova diagnosi

a partire dai 16 anni di età e come terapia aggiuntiva nel trattamento delle crisi parziali con o senza secondaria generalizzazione in adulti e bambini a partire dai 4 anni di età, nel trattamento delle crisi miocloniche in adulti e adolescenti con epilessia mioclonica giovanile (JME) a partire dai 12 anni di età e nel trattamento delle crisi tonico-cloniche generalizzate primarie in adulti e adolescenti con epilessia generalizzata idiopatica (IGE) a partire dai 12 anni di età (De Smedt et al., 2007 b). In USA LEV non è approvato come monoterapia per le crisi parziali complesse e come terapia di associazione per le crisi tonico-cloniche in pazienti con IGE (De Smedt et al., 2007 b).

L’efficiacia di LEV come terapia aggiuntiva nelle crisi parziali dell’adultoè stata dimostrata in 3 studi multicentrici in doppio cieco controllati con placebo (Ben-Menachem e Falter, 2000; Cereghino et al., 2000; Shorvon et al., 2000). Questi studi prevedevano un trattamento con dosi di 1000, 2000 o 3000 mg/die, suddivise in 2 somministrazioni, per una durata di 18 settimane. Tutti e tre gli studi si sono svolti su pazienti con epilessia parziale refrattaria con almeno 2-4 crisi/settimana. Complessivamente 904 soggetti sono stati trattati. In tutti gli studi, LEV si è mostrato significativamente più efficace del placebo (p<0,001). In particolare, la percentuale di pazienti che ha ottenuto una riduzione della frequenza delle crisi parziali per settimana uguale o superiore al 50% nel periodo di trattamento a dose stabile (12-14 settimane) è stata di 20,8-37,1% nel gruppo dei pazienti che assumevano dosi di 1000 mg/die, di 35,2% nel gruppo trattato con 2000 mg/die e 39,4-39,6% nei soggetti esposti a 3000 mg/die (Privitera, 2001).

L'efficacia di LEV nei pazienti pediatrici dai 4 ai 16 anni di età è stata dimostrata in uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, che ha incluso 198 pazienti con crisi parziali farmacoresistenti ed ha avuto una durata di 14 settimane (Glauser et al., 2006). In questo studio i pazienti hanno assunto LEV alla dose fissa di 60 mg/kg/die in due somministrazioni giornaliere. Il 44,6% dei pazienti trattati con LEV e il 19,6% dei pazienti trattati con placebo ha avuto, rispetto al basale, una riduzione della frequenza delle crisi parziali per settimana uguale o

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superiore al 50%. La differenza tra i due trattamenti è statisticamente significativa (p<0,0002).

L'efficacia di LEV in monoterapia, già suggerita dallo studio di Ben-Menachem e Falter, è stata confermata in un successivo studio comparativo di non inferiorità in doppio cieco a gruppi paralleli versus CBZ a rilascio controllato (CR), in 576 pazienti di età superiore ai 16 anni con epilessia di nuova o recente diagnosi (Brodie et al., 2007). Sono stati inclusi nello studio solo pazienti con crisi parziali non provocate e crisi tonico-cloniche generalizzate. I pazienti sono stati randomizzati a CBZ CR (400 – 1200 mg/die) o LEV (1000-3000 mg/die). Il trattamento ha avuto una durata di 6 mesi, anche se è stato prolungato a 12 mesi nei pazienti liberi da crisi a 6 mesi. Il controllo completo delle crisi a 6 mesi è stato ottenuto nel 73,0% dei pazienti trattati con LEV e nel 72,8% dei pazienti trattati con CBZ CR. Il 56,6% e il 58,5% dei soggetti trattati rispettivamente con LEV e CBZ CR è rimasto libero da crisi per 12 mesi. La differenza tra i due trattamenti non si è rivelata statisticamente significativa (differenza assoluta corretta 0,2% con CI al 95% -7,8–8,2%) Oltre l’80% dei pazienti liberi da crisi in entrambi i gruppi assumeva il farmaco alla dose più bassa.

L'efficacia di LEV neltrattamento delle crisi miocloniche nei pazienti con JME è stata dimostrata in uno studio in doppio cieco controllato con placebo della durata di 16 settimane su 120 pazienti di età compresa tra 12 e 65 anni con crisi miocloniche affetti da IGE (Noachtar et al., 2008). Il 93,4% dei pazienti presentava JME, il 6,6% epilessia giovanile da assenza. In questo studio la dose di LEV è stata di 3000 mg/die, somministrata in due dosi separate. Il 58,3% dei pazienti trattati con LEV e il 23,3% dei pazienti trattati con placebo ha avuto almeno una riduzione del 50% dei giorni con crisi miocloniche per settimana. La differenza tra LEV e placebo si è mostrata statisticamente significativa (p<0.001). L'efficacia di LEV nel trattamento delle crisi tonico-cloniche primarie generalizzate in pazienti con IGE è stata dimostrata in uno studio di 24 settimane in doppio cieco controllato con placebo, che ha incluso adulti, adolescenti e un numero limitato di bambini per un totale di 164 soggetti (Berkovic et al., 2007). Tutti i pazienti presentavano crisi tonico-cloniche generalizzate primarie nell’ambito di una IGE (JME, epilessia giovanile da assenza, epilessia infantile da

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assenza, epilessia con crisi tonico-cloniche al risveglio). In questo studio la dose di LEV è stata di 3000 mg/die per adulti e adolescenti e di 60 mg/kg/die per i bambini, somministrata in due dosi separate. Il 72,2% dei pazienti trattati con LEV e il 45,2% dei pazienti trattati con placebo ha avuto una riduzione della frequenza delle crisi tonico-cloniche per settimana uguale o superiore al 50%. La differenza è risultata statisticamente significativa (p>0,001). Anche gli altri tipi di crisi si sono rivelate responsive al LEV (p<0,009).

Numerosi altri studi sono stati condotti sul LEV (Abou-Khalil, 2008; Rosenfeld et al., 2009) e tutti hanno confermato questi risultati.

2.3 Farmacocinetica

LEV ha ottime caratteristiche farmacocinetiche rispetto agli altri AEDs (Radtke, 2001).

LEV è altamemente solubile in acqua. È disponibile in compresse rivestite da 250, 500 e 1000 mg. Recentemente è stata introdotto anche la formulazione e.v. (Gambardella et al., 2008). L’assorbimento per via orale è rapido e quasi completo. Il picco plasmatico è raggiunto 1 h dopo la somministrazione. La cinetica di assorbimento è lineare. Infatti, la quantità totale di farmaco assorbito (AUC) è direttamente proporzionale alla dose per dosaggi compresi tra 500 e 5000 mg. Invece, il tempo necessario a raggiungere il picco non dipende dalla dose (Radtke, 2001). L’assorbimento non è influenzato né dal cibo né dall’assunzione di antiacidi, anche se in questi casi il picco di concentrazione risulta ridotto del 20% e ritardato di 1,5 h (Abou-Khalil, 2008).

Il legame alle proteine plasmatiche è scarso (<10%) e il volume di distribuzione vicino al volume totale dei liquidi corporei (Radtke, 2001).

La concentrazione allo steady-state è raggiunta in circa 48 h (Radtke, 2001). La concentrazione plasmatica varia da 1,1 a 33,5µg/ml. Durante la gravidanza la concentrazione risulta ridotta del 30-50%. Non sono ancora state stabilite le concentrazioni terapeutiche e tossiche (Abou-Khalil, 2008).

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L’emivita plasmatica del LEV è di 7 ± 1 h, leggermente più breve nei bambini. Negli anziani può arrivare, invece, a 10-11 h (Gambardella et al., 2008). Queste differenze sono dovute alle variazioni della clearance renale nelle varie fasce d’età (Abou-Khalil, 2008).

LEV supera rapidamente la BEE. L’emivita del farmaco nel liquor è di 24h, il che spiega come mai l’attività anticonvulsivante persiste anche quando i livelli plasmatici del sangue sono ormai bassissimi. Grazie a questa proprietà, LEV può essere assunto solo 2 volte al giorno nonostante la breve emivita (De Smedt et al., 2007 b). LEV non sembra essere substrato della glicoproteina P (De Smedt et al., 2007 a).

Il 36% del LEV assorbito è degradato a metaboliti inattivi dalle idrolasi e dalle idrossilasi plasmatiche. Il resto è eliminato immodificato (Radtke, 2001).

LEV è escreto per il 95% con le urine. Meno dell’1% viene eliminato con le feci. L’eliminazione del LEV è, quindi, inversamente proporzionale alla clearance della creatinina (Radtke, 2001).

Le proprietà farmacocinetiche non sono influenzate né dal sesso né dalla razza (Radtke, 2001).

2.4 Tollerabilità

Il LEV ha un’ottima tollerabilità. Nel complesso solo l’1-4% dei pazienti sospende il farmaco a causa degli effetti collaterali (Gambardella et al., 2008). I più frequenti effetti avversi sono rappresentati da sonnolenza (15% dei pazienti), astenia (15%), cefalea (14%), infezioni delle vie aeree superiori (13%), vertigini (9%) e atassia (3%). Questi disturbi sono più frequenti nelle prime 4 settimane di terapia e tendono a regredire col tempo. Non sembrano dipendere dal dosaggio, almeno per range compresi tra 1000 e 3000 mg/die (Harden, 2001; Gambardella et al., 2008).

Abbastanza frequenti anche i disturbi di tipo neuropsichiatrico (13% dei casi). Nella maggior parte dei casi si tratta di sintomi lievi, quali agitazione, ansia, aggressività, labilità emotiva, apatia, calo del tono dell’umore, ecc.. Meno dell’1%

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dei pazienti manifesta alterazioni più gravi (allucinazioni, ideazioni suicidarie, psicosi). Questi disturbi compaiono più spesso all’inizio del trattamento. Non correlano con il dosaggio o l’efficacia del farmaco, ma scompaiono rapidamente alla sospensione della somministrazione del farmaco (Harden, 2001). Il rischio di sviluppare disturbi di questo tipo è più elevato in soggetti con anamnesi personale positiva per convulsioni febbrili e SME. Eventuali antecedenti psichiatrici influenzano le caratteristiche cliniche del disturbo più che il rischio di svilupparlo (De Smedt et al., 2007 b; Gambardella et al., 2008).

LEV non influenza le funzioni cognitive.

In età pediatrica gli eventi avversi sono sovrapponibili a quelli dell’adulto, anche se più frequenti (Gambardella et al., 2008).

Non sono ancora disponibili dati definitivi sulla sicurezza del LEV in gravidanza nell’uomo. Studi sui topi hanno, però, dimostrato che l’esposizione al LEV aumenta l’incidenza di malformazioni scheletriche fetali e ritardo di crescita pre e post-natale, per cui la somministrazione in gravidanza andrebbe evitata (Harden, 2001; De Smedt et al., 2007). L’allattamento è, invece, sicuro (De Smedt et al., 2007).

2.5 Interazioni farmacologiche

Grazie alle sue vantaggiose proprietà farmacologiche, LEV non sembra avere significative interazioni farmacocinetiche con altri farmaci.

Sono state, invece, descritte alcune interazioni farmacodinamiche. Sembra, infatti, che LEV possa potenziare la neurotossicità da CBZ e TPM (De Smedt et al., 2007 b).

2.6 Dosaggio e gestione del trattamento

Il dosaggio raccomandato per LEV è di 1000-3000 mg/die in 2 somministrazioni. Dosi più elevate non sembrano avere una migliore efficacia. La dose di attacco è

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di 1000 mg/die negli adulti e di 10 mg/kg nei bambini sotto i 50 kg. Se non si raggiunge il controllo delle crisi, si può aumentare gradualmente la dose di 1000 mg/die negli adulti e di 10 mg/kg nei bambini ogni 1-2 settimane. Nei pazienti con insufficienza renale il dosaggio va ridotto in accordo con i valori della

clearance della creatinina. Nella necessità di interrompere il trattamento, è

indicata una sospensione graduale con riduzioni di 1000 mg/die negli adulti e di 10 mg/kg nei bambini ogni 1-2 settimane (Gambardella et al., 2008).

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