Capitolo 2.
L’energia solare: la tecnologia fotovoltaica.
2.1 Premessa.
Gli impianti fotovoltaici consentono di trasformare direttamente ed istantaneamente l’energia solare in energia elettrica senza l’uso di alcun combustibile, in modo da produrre elettricità là dove serve, richiedendo una manutenzione minima, non danneggiando l’ambiente, ed offrendo il vantaggio di essere costruiti su misura secondo le reali necessità dell’utente. L’effetto fotovoltaico, quindi, consiste nella conversione dell’energia solare in energia elettrica , processo che può avvenire grazie alle proprietà fisiche di alcuni elementi, come il silicio, che vengono definiti semiconduttori.
Le tecnologie fotovoltaiche permettendo una produzione diretta e modulare di energia per applicazioni in soluzioni impiantistiche che spaziano dai pochi kW di potenza degli impianti residenziali ai diversi MW delle centrali fotovoltaiche a terra.
A fine 2006 la potenza fotovoltaica mondiale, secondo il programma PVPS della IEA, superava i 5,7 GW: Germania e Giappone, rispettivamente con 2500 MW e 1700 MW installati, occupano la prima e la seconda posizione della classifica. Le previsioni per il Giappone sono di raggiungere nel 2010 la quota di 4,8 GW e nel 2020 una potenza cumulativa di 28,7 GW, con un incremento annuo di 4300 MW di potenza installata e l’obiettivo al 2030 di realizzare quasi 83 GW.
La previsione della European Photovoltaic Industry Association (EPIA) per il 2025 è di avere una potenza fotovoltaica mondiale installata di 433 GW con una produzione di energia elettrica pari a 589 TWh, corrispondente a circa il 3% della stima di consumo mondiale di energia elettrica.
Il costo per la realizzazione di un impianto è piuttosto elevato, ma diventa economicamente conveniente quando intervengono forme di incentivazione da parte dello Stato, come sta avvenendo adesso in Italia con il “Conto Energia”.
Dal 19 settembre 2005 è in vigore il Conto Energia che recepisce la Direttiva Europea 2001/77/CE per le fonti rinnovabili. La delibera fissa al 2010 l’obbiettivo di una generazione elettrica da fonti rinnovabili pari al 22% del PIL. In Italia il Conto Energia è stato elaborato dal Ministero delle Attività Produttive di concerto con il Ministero dell’Ambiente con il parere favorevole della Conferenza Unificata. E’stato attivato con il DM del 28 luglio 2005 e con la delibera 188/05 dell’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas) che ha nominato il Gestore del Sistema
Elettrico quale soggetto attuatore ed erogatore degli incentivi. Il decreto è stato poi modificato e integrato con il DM del 6 febbraio 2006 e con la delibera 40/06 dell’AEEG.
In sintesi il Conto Energia prevede la remunerazione dei kWh prodotti dall’impianto fotovoltaico ad un prezzo superiore di quello di mercato per un periodo di 20 anni, quindi, chi “autoproduce” energia non solo non dovrà più pagare le bollette all’azienda distributrice, ma per 20 anni incasserà un contributo proporzionale alla quantità di energia prodotta. Può essere considerato una sorta di sistema di incentivazione ibrido, infatti l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico beneficerà della tariffa incentivante sia se “autoconsumata” che se immessa nella rete pubblica locale.
Storicamente, nel 1839 il fisico francese Alexandre Edmund Becquerel osservò che l’intensità della corrente tra due elettrodi di platino immersi in una soluzione conduttrice di nitrato di piombo contenuta in un cilindro di vetro, aumentava se si esponeva la pila così composta alla luce solare. Studi successivi condotti intorno al 1876 da Smith, Adams, Day, portarono alla realizzazione della prima cella fotovoltaica costituita dalla congiunzione del selenio con alcuni ossidi metallici. Nel 1954, presso gli studi Bell negli USA, si arrivò alla realizzazione delle prime celle fotovoltaiche commerciali in silicio monocristallino, in questo periodo la tecnologia trovò applicazione in campo aerospaziale, ma a partire dal 1970, con il manifestarsi della crisi energetica a livello mondiale, si iniziò a trasferire la tecnologia fotovoltaica anche nel settore delle costruzioni civili.
2.2. La radiazione solare.
L’energia solare deriva dall’energia elettromagnetica emessa dai processi di fusione dell’idrogeno contenuto nel sole, nota come radiazione solare, infatti all’interno del sole, a temperature di alcuni milioni di gradi centigradi, avvengono incessantemente delle razioni termonucleari di fusione che liberano enormi quantità di energia sottoforma di radiazioni elettromagnetiche. Una parte di questa energia, dopo aver attraversato l’atmosfera, arriva al suolo.
La zona utile per le celle fotovoltaiche di silicio cristallino comincia a 0,35 micrometri fino a tutto l’infrarosso compreso. L’intensità massima dell’energia solare è compresa tra 0,5 e 0,55 micrometri. La quantità di energia solare che arriva sulla superficie terrestre e che può essere utilmente raccolta da un dispositivo fotovoltaico dipende dall’irraggiamento del luogo, intendendo con irraggiamento la quantità di energia solare incidente su una superficie unitaria in un determinato intervallo di tempo, tipicamente un giorno, espressa in kWh/m2/giorno; mentre il valore istantaneo
della radiazione solare incidente per unità di superficie viene denominato radianza ed è espresso in kW/m2.
In Italia, l’irraggiamento medio annuale varia dai 3.6 kWh/m2/giorno della pianura padana ai 4.7 kWh/m2/giorno del centro Sud ai 5.4 kWh/m2/giorno della Sicilia. Nel nostro paese, quindi, le regioni ideali per lo sviluppo fotovoltaico sono quelle meridionali e insulari, anche se gli impianti fotovoltaici possono essere installati anche in zone meno soleggiate per la loro capacità di sfuttare anche la radiazione diffusa, infatti l’irraggiamento solare globale è dato dalla somma di quello diretto, diffuso, e rilflesso, d’inverno il diffuso è molto maggiore in percentuale. La radiazione solare diffusa, su base annua, è pari al 55% di quella globale, la radianza media al suolo in condizioni di giornata serena e sole a mezzogiorno è di 1000 kW/m2.
L’intensità e la distribuzione spettrale della radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre dipendono dalla composizione dell’atmosfera: al suolo l’energia solare è concentrata nell’intervallo di lunghezza d’onda 0,2 - 2,5 micrometri.
Figura 2.2.2- Spettro della radiazione solare
Figura2.2.3-Rappresentazione dell’irraggiamento solare globale
MICROMETRI DISTRIBUZIONE SPETTRALE
micrometri nomenclatura % dell’energia totale compresa nello spettro 0,2 - 0,38 ultravioletto 6,4%
0,38 - 0,78 visibile 48% 0,78 - 10 infrarosso 45,6%
Per considerare gli effetti dell’atmosfera, si è definita la cosiddetta massa d’aria unitaria AM1 (Air Mass One), che rappresenta lo spessore di atmosfera standard attraversato in direzione perpendicolare alla superficie terrestre e misurato al livello del mare.
(
)
senHS altitudine AM = 1−1.1⋅ approssimabile a: senHS 1essendo HS l'angolo di elevazione solare, cioè l’angolo tra la linea del sole e il piano orizzontale. Air Mass fuori dall’atmosfera: AM = 0
Con un angolo di elevazione solare HS pari a 90°: AM = 1
Con HS pari a 42°: AM = 1,5 (è questo AM che viene considerato nei test di laboratorio dei moduli fotovoltaici, per la definizione della potenza di targa).
Confrontando lo spettro della radiazione solare al suolo in condizioni AM1 con lo spettro della radiazione al di fuori dell’atmosfera, in condizioni AM0, si può notare nello spettro relativo alla condizione AM1 la presenza di numerose buche, non presenti nello spettro ad AM0, dovute: 1) all’assorbimento causato dalle molecole di vapor d’acqua e d’aria e dal pulviscolo atmosferico 2) alla riflessione nello spazio.
Per misurare l’intensità della radiazione solare al suolo bisogna considerare l’angolo d’inclinazione della radiazione stessa: minore è l’angolo che i raggi del sole formano con una superficie orizzontale e maggiore è lo spessore di atmosfera che essi devono attraversare, con una conseguente minore radiazione che raggiunge la superficie.
I sistemi di misura della radiazione, detti polarimetri, sono:
• piranometro: formato da due termocoppie (una a contatto con l’atmosfera, l’altra sul retro, al buio). La differenza tensione tra le due determina l’irraggiamento. E’ uno strumento costoso ma preciso (1%).
• celle di riferimento: si basa su una piccola cella fotovoltaica. Ha un costo inferiore del precedente, ma anche una minore precisione (5%).
Alle nostre latitudini, l’inclinazione ottimale del piano dei pannelli solari fotovoltaici è pari a circa 35°C, tale da massimizzare l’energia captata nell’arco dell’anno. Nel caso in cui l’utilizzo del sistema solare fotovoltaico sia prevalentemente nel periodo invernale, occorrerà applicare un’inclinazione di 55°C - 70°C. Questi angoli possono cambiare da località a località, sebbene ci si
trovi alla stessa latitudine, a causa della variabilità della componente diretta e diffusa che si ha nelle diverse zone.
2. 3 Il processo fotovoltaico.
La conversione della radiazione solare in una corrente di elettroni avviene nella cella fotovoltaica, un dispositivo costituito da una sottile fetta di materiale semiconduttore, molto spesso silicio, opportunamente trattata. Tale trattamento è caratterizzato da diversi processi chimici, tra i quali si hanno i cosiddetti “drogaggi”.
Inserendo nella struttura cristallina del silicio delle impurità, cioè atomi di boro e fosforo, si genera un campo elettrico e si rendono anche disponibili le cariche necessarie alla formazione della corrente elettrica. Questa si crea quando la cella, le cui due facce sono collegate ad un utilizzatore, è esposta alla luce. L’energia che si può poi sfruttare dipende dalle caratteristiche del materiale di cui è costituita la cella : l’efficienza di conversione (percentuale di energia contenuta nelle radiazioni solari che viene trasformata in energia elettrica disponibile ai morsetti) per celle commerciali al silicio è in genere compresa tra il 13% e il 20 %, mentre realizzazioni speciali di laboratorio hanno raggiunto valori del 32,5 %.
La conversione diretta dell'energia solare in energia elettrica, realizzata con la cella fotovoltaica, utilizza il fenomeno fisico dell'interazione della radiazione luminosa con gli elettroni di valenza nei materiali semiconduttori, denominato effetto fotovoltaico. Qualunque sia il materiale impiegato, il meccanismo con cui la cella trasforma la luce solare in energia elettrica è essenzialmente lo stesso. Consideriamo per semplicità il caso di una convenzionale cella fotovoltaica di silicio cristallino. Normalmente l'atomo di silicio possiede 14 elettroni, quattro dei quali sono elettroni di valenza, che quindi possono partecipare alle interazioni con altri atomi, sia di silicio sia di altri elementi. Due atomi affiancati di un cristallo di silicio puro hanno in comune una coppia di elettroni, uno dei quali appartenente all'atomo considerato e l'altro appartenente all'atomo vicino. Esiste quindi un forte legame elettrostatico fra un elettrone e i due atomi che esso contribuisce a tenere uniti. Tale legame può essere però spezzato da una certa quantità di energia: se l'energia fornita è sufficiente, l'elettrone viene portato ad un livello energetico superiore (banda di conduzione), dove è libero di spostarsi, contribuendo così al flusso di elettricità.
Quando passa alla banda di conduzione, l'elettrone si lascia dietro una "buca", cioè una lacuna dove manca un elettrone. Un elettrone vicino può andare facilmente a riempire la buca, scambiandosi così di posto con essa.
Per sfruttare l’elettricità è necessario creare un moto coerente di elettroni (e di buche), ovvero una corrente, mediante un campo elettrico interno alla cella.
Il campo si realizza con particolari trattamenti fisici e chimici, creando un eccesso di atomi caricati positivamente in una parte del semiconduttore, ed un eccesso di atomi caricati negativamente nell’altro. In pratica questa condizione si ottiene immettendo piccole quantità di atomi di boro (carichi positivamente) e di fosforo (carichi negativamente) nel reticolo di silicio, ovvero drogando il semiconduttore. L’attrazione elettrostatica fra le due specie atomiche crea un campo elettrico fisso che dà alla cella la struttura detta “a diodo”, in cui il passaggio della corrente, costituita da portatori di carica liberi, per esempio elettroni, è ostacolato in una direzione e facilitato in quella opposta. La spiegazione di tale fenomeno si può esemplificare come segue.
Nello strato drogato con fosforo, che ha cinque elettroni esterni o di valenza contro i quattro del silicio, è presente una carica negativa debolmente legata, composta da un elettrone, detto “di valenza”, per ogni atomo di fosforo. Analogamente, nello strato drogato con boro, che ha tre elettroni esterni, si determina una carica positiva in eccesso, composta dalle lacune presenti negli atomi di boro quando si legano al silicio.
Il primo strato, a carica negativa, si indica con N, l'altro, a carica positiva, con P, la zona di separazione è detta giunzione P-N. Affacciando i due strati si attiva un flusso elettronico dalla zona N alla zona P che, raggiunto il punto di equilibrio elettrostatico, determina un eccesso di carica positiva nella zona N, dovuto agli atomi di fosforo con un elettrone in meno, e un eccesso di carica negativa nella zona P, dovuto agli elettroni migrati dalla zona N. Il risultato è un campo elettrico interno al dispositivo che separa gli elettroni in eccesso generati dall’assorbimento della luce dalle rispettive buche, spingendoli in direzioni opposte (gli elettroni verso la zona N e le buche verso la zona P) in modo che un circuito esterno possa raccogliere la corrente così generata. E' importante che il campo "incorporato" sia ubicato il più vicino possibile alla regione del dispositivo che assorbe la luce. I fotoni della luce che dispongono di sufficiente energia possono strappare un elettrone da uno stato legato ed elevarlo ad uno stato libero nella banda di conduzione del materiale. Si ha così la produzione di due portatori di carica liberi: l'elettrone libero, nella banda di conduzione, e la buca libera, nella banda di valenza. La conversione da luce a energia elettrica effettuata dalla cella fotovoltaica avviene essenzialmente perché questi portatori di carica liberi, generati dalla luce, sono spinti in direzioni opposte dal campo elettrico incorporato. Una volta attraversato il campo, gli elettroni liberi non tornano più indietro, perché il campo, agendo come un diodo, impedisce loro di invertire la marcia.
Perciò, quando la luce incide sulla cella fotovoltaica, le cariche positive sono spinte in numero crescente verso la parte superiore della cella e le cariche negative verso quella inferiore, o viceversa, a seconda del tipo di cella. Se la parte inferiore e quella superiore sono collegate da un conduttore, le cariche libere lo attraversano e si osserva una corrente elettrica.
Fino a quando la cella resta esposta alla luce, l'elettricità fluisce con regolarità sotto forma di corrente continua.
Figura 2.3.1-Rappresentazione del reticolo cristallino fasi 1-2-3 2.4 Struttura di una cella fotovoltaica.
Come già visto in precedenza, l’elemento che sta alla base della tecnologia fotovotaica è la cella, che è costituita da un materiale semiconduttore, il silicio, di spessore estremamente ridotto (0.3mm), che viene trattato mediante una operazione di “drogaggio”, cioè il silicio viene trattato con atomi di fosforo e boro al fine di ottenere correnti elettriche stabili all’interno della cella, questo avviene facendo passare lentamente le celle all’interno di un forno, che “diffonde” nel materiale acido ortofosforico, contenente appunto gli atomi di fosforo desiderati.
La cella può essere rotonda o quadrata ed avere una superficie compresa tra i 100 ed i 225cm2. La realizzazione dei contatti elettrici metallici avviene tramite l’applicazione allo strato di silicio, mediante un sistema serigrafico, di una griglia sul lato anteriore e di una superficie continua sul lato posteriore, in argento o alluminio. La loro funzione è quella di captare il maggior flusso elettrico possibile e convogliarlo all’esterno.
Nella cella è presente anche un rivestimento antiriflettente costituito da uno strato sottile di ossido di titanio, per minimizzare la componente di radiazione solare riflessa. La superficie della cella non è piana, ma sagomata in minuscole piramidi al fine di aumentare la superficie utile per la captazione e favorire le riflessioni reciproche.
I processi di produzione delle celle fotovoltaiche sono diversi a seconda del tipo di cella che s’intende realizzare.
Le differenze maggiori si hanno nella formazione della fetta di silicio, denominata “wafer”, che è la struttura principale sulla quale verranno eseguiti diversi trattamenti, specialmente di natura chimica, che porteranno alla creazione della vera e propria cella.
Il wafer di monocristallo si produce con il metodo Czochralsky , basato sulla cristallizzazione che si origina immergendo un “seme” di materiale molto puro nel silicio liquido; viene poi estratto e raffreddato lentamente per ottenere un “lingotto” di monocristallo, che avrà forma cilindrica (da 13 a 30 cm di diametro e 200 cm di lunghezza).
Il lingotto verrà drogato mediante l’aggiunta di boro e poi affettato in wafer aventi uno spessore compreso tra i 250 e i 350 micrometri.
Il wafer di multicristallo si origina invece dalla fusione e successiva ricristallizzazione del silicio di scarto dell’industria elettronica (“scraps” di silicio, come avviene anche per il wafer di monocristallo).
Da questa fusione si ottiene un “pane” che viene tagliato verticalmente in lingotti con forma di parallelepipedo. Un successivo taglio orizzontale porta alla creazione di fette aventi uno spessore simile a quello delle celle di monocristallo (250 - 350 micrometri). Rispetto al monocristallo, il wafer di multicristallo consente efficienze comunque interessanti a costi inferiori.
Dopo la realizzazione, la cella viene “testata” mediante una simulazione delle condizioni standard di insolazione (1000 W/mq a 25°C con spettro AM1,5), per poterla classificare e quindi raggruppare insieme a celle aventi analoghe caratteristiche elettriche. Questo passaggio è molto importante per evitare di realizzare dei moduli con celle molto diverse tra di loro, che porterebbero ad una drastica riduzione delle prestazioni del modulo fotovoltaico.
Il parametro più importante della cella è il suo rendimentoηche rappresenta il rapporto tra la massima potenza Pmax che si ottiene dalla cella e la potenza totale della radiazione incidente sulla superficie frontale. Il livello del rendimento diminuisce all’aumentare della temperatura delle celle, perché la temperatura elevata ostacola il passaggio degli elettroni nel semiconduttore.
Di tutta l'energia che investe la cella solare sotto forma di radiazione luminosa, solo una parte viene convertita in energia elettrica disponibile ai suoi morsetti. L'efficienza di conversione per celle commerciali al silicio è in genere compresa tra il 13 % e il 20%, mentre realizzazioni speciali di laboratorio hanno raggiunto valori del 32,5%.
I motivi di tale bassa efficienza sono molteplici e possono essere raggruppati in quattro categorie:
• riflessione: non tutti i fotoni che incidono sulla cella penetrano al suo interno, dato che in
parte vengono riflessi dalla superficie della cella e in parte incidono sulla griglia metallica dei contatti;
• fotoni troppo o poco energetici: per rompere il legame tra elettrone e nucleo è necessaria
fotoni troppo energetici generano coppie elettrone-lacuna, dissipando in calore l'energia eccedente quella necessaria a staccare l'elettrone dal nucleo.
• ricombinazione: non tutte le coppie elettrone-lacuna generate vengono raccolte dal campo
elettrico di giunzione e inviate al carico esterno, dato che nel percorso dal punto di generazione verso la giunzione possono incontrare cariche di segno opposto e quindi ricombinarsi;
• resistenze parassite: le cariche generate e raccolte nella zona di svuotamento devono essere
inviate all'esterno. L'operazione di raccolta viene effettuata dai contatti metallici, posti sul fronte e sul retro della cella. Anche se durante la fabbricazione viene effettuato un processo di lega tra silicio e alluminio dei contatti, resta una certa resistenza all'interfaccia, che provoca una dissipazione che riduce la potenza trasferita al carico. Nel caso di celle al silicio policristallino, l'efficienza è ulteriormente diminuita a causa della resistenza che gli elettroni incontrano ai confini tra un grano e l'altro e, ancor più nel caso di celle al silicio amorfo, per la resistenza dovuta all'orientamento casuale dei singoli atomi.
Per ridurre il costo della cella, ad oggi ancora molto elevato, sono in studio nuove tecnologie che utilizzano il silicio amorfo e altri materiali policristallini come il Selenio di Indio e Rame ed il Tellurio di Cadmio.
Il silicio amorfo, pannelli solari a film sottile.
Oltre al silicio di tipo cristallino, ultimamente si nota un forte interesse, da parte di diverse aziende produttrici, a realizzare linee di produzione di moduli basati sul silicio amorfo (pannelli solari a Film Sottile o Thin Film). Con l’amorfo, in realtà, non si può parlare di celle, in quanto si tratta di deposizioni di silicio (appunto allo stato amorfo) su superfici che possono anche essere ampie. Il silicio amorfo è presente sul mercato già da diversi anni, ma fino ad ora non si era guadagnato una quota di mercato significativa, soprattutto a causa dei dubbi esistenti sulla sua stabilità nel tempo poiché, col passare degli anni, spesso si verificava una riduzione delle prestazioni.
Per questa ragione l’amorfo veniva (e viene ancora oggi) usato soprattutto per applicazioni “indoor”, cioè per alimentare piccoli utilizzatori, come calcolatrici tascabili, orologi, gadget vari... Di recente si è messa a punto una tecnologia produttiva che realizza più strati di silicio amorfo, la cosiddetta “eterogiunzione”, che sembra risolvere i passati problemi di stabilità.
Per quanto riguarda il costo, il tradizionale silicio amorfo presenta costi minori rispetto al silicio cristallino, mentre l’amorfo a due o tre giunzioni necessita di ulteriori riduzioni di costo affinché possa diffondersi su larga scala.
2.5 Il generatore fotovoltaico.
In commercio troviamo i moduli fotovoltaici che sono costituiti da un insieme di celle, i più diffusi sono formati da 36 celle disposte su 4 file parallele collegate in serie. Hanno superfici che variano da 0.5 a 1m2 e permettono l’accoppiamento con gli accumulatori da 12Vcc nominali.
Più moduli collegati in serie formano un pannello, cioè una struttura comune ancorabile al suolo o ad un edificio. Più pannelli collegati in serie costituiscono una stringa, e più stringhe, generalmente collegate in parallelo per fornire la potenza richiesta, costituiscono il generatore fotovoltaico.
Da un punto di vista elettronico non ci sono limiti alla produzione di potenza da sistemi fotovoltaici perché il collegamento in parallelo di più file di moduli, le stringhe, consente di ottenere potenze elettriche di qualunque valore.
Praticamente, per formare le stringhe, si realizza un sandwich avente come parte centrale il piano della cella fotovoltaica e intorno, andando dall’esterno verso l’interno, una lastra di vetro dotata di ottima trasmittanza e buona resistenza meccanica, seguita da un foglio sigillante di EVA (acetato vinil-etilenico) che permette l’isolamento dielettrico dell’adiacente piano delle celle, seguito posteriormente da un secondo foglio di EVA e da un’altra lastra di vetro o un rivestimento isolante in tedlar.
Il sandwich è quindi scaldato in un forno a circa 100°C, temperatura alla quale i componenti si sigillano tra loro, l’EVA passa da traslucido a trasparente e si elimina l’aria residua interna, che potrebbe provocare corrosione a causa del vapor acqueo presente. Si fissa infine il sandwich così trattato in una cornice d’alluminio estruso anodizzato (per resistere alla corrosione) e si dispone la cassetta di giunzione.
E’chiaro che il generatore fotovoltaico funziona solo in presenza di luce solare, l’alternanza giorno-notte, il ciclo delle stagioni, le variazioni delle condizioni metereologiche, fanno sì che la quantità di energia elettrica prodotta dal sistema non sia costante né al variare delle ore del giorno, né al variare dei mesi dell’anno, ciò significa che nel caso in cui si voglia dare completa autonomia all’utenza occorrerà collegare gli impianti alla rete elettrica di distribuzione nazionale, oppure utilizzare dei sistemi di accumulo che rendano disponibile l’energia elettrica nelle ore di soleggiamento insufficiente.
2.5.1 Il sistema di condizionamento e controllo della potenza.
E’ costituito da un inverter che trasforma la corrente continua prodotta dai moduli in corrente alternata, da un trasformatore e da un sistema di rifasamento e filtraggio che garantisce la qualità
della corrente in uscita. Trasformatore e sistema di filtraggio normalmente sono posti all’interno dell’inverter.
Possiamo distinguere due tipologie di inverter, in relazione al tipo di applicazione:
Gli inverter per impianti fotovoltaici connessi a rete:hanno le seguenti caratteristiche: -tecnologia ad onda sinusoidale costruita con riferimento alla tensione di rete
-elevati rendimenti e stabilità in normali condizioni di irraggiamento
-disponibili per utenze monofase e per utenze trifase su un'ampia gamma di potenze -protezioni di rete e di interfaccia integrate
-display per visualizzazione dei dati di produzione
-moduli aggiuntivi per misurare l'irraggiamento, la temperatura, ecc -trasmissione dati a distanza a scopo di supervisione
-impossibilità di funzionamento in isola (è necessaria la presenza della tensione di rete)
Gli inverter per impianti isolati: in questi anni si nota un forte aumento della richiesta di inverter da installare su impianti fotovoltaici per l’alimentazione di utenze isolate. La motivazione principale è il desiderio degli utenti di mantenere le medesime comodità disponibili nelle prime case (nel caso per esempio di baite montane).
Ecco le tipologie principali:
• Inverter ad onda quadra: - semplice tecnologia
- rischio di generazione di armoniche dispari (può essere un problema)
- nessuna regolazione della tensione in uscita (varia col carico e con la tensione di entrata)
• Inverter ad onda sinusoidale modificata: - miglior rendimento
- meno armoniche della quadrata - regolazione precisa della tensione
- appropriati per l’alimentazione di molti apparecchi (TV, motori, seghetti)
• Inverter ad onda sinusoidale:
- tecnica simile a quella degli inverter per connessione a rete, ma con circuiti più semplici, senza protezioni e sincronizzazione rete
2.6 Le applicazioni degli impianti fotovoltaici.
Per quanto riguarda le applicazioni degli impianti fotovoltaici, sono essenzialmente di due tipi: -impianti isolati (stand-alone)
-impianti collegati alla rete (grid-connected)
1. impianti isolati: sono impianti non collegati alla rete di distribuzione nazionale, e sono costituiti dai moduli fotovoltaici, dal regolatore di carica e da un sistema di batterie che garantisce l’erogazione della corrente anche nelle ore di minore insolazione o di buio. La corrente generata dall’impianto è di tipo continuo, e se l’utenza è costituita da apparecchiature che prevedono una alimentazione in corrente alternata, è necessario anche un inverter. Questi impianti risultano tecnicamente ed economicamente vantaggiosi nei casi in cui la rete è assente o difficilmente raggiungibile, infatti spesso sostituiscono i gruppi elettrogeni. In Italia sono stati utilizzati molti impianti fotovoltaici di elettrificazione rurale e montana soprattutto nel Sud, nelle isole e sull’arco alpino. Attualmente le applicazioni più diffuse servono ad alimentare:
• apparecchiature per il pompaggio dell’acqua
• ripetitori radio, stazioni di rilevamento e trasmissione dati,apparecchi telefonici • apparecchi di refrigerazione, specie per il trasporto di medicinali
• sistemi di illuminazione
• segnaletica nelle strade, nei porti e negli aeroporti
Figura 2.6.1-Lampione alimentato con un pannello fotovoltaico
2. impianti collegati alla rete: sono impianti stabilmente collegati alla rete elettrica. Nelle ore
energia elettrica in più, il surplus può essere trasferito alla rete, oppure accumulato. Anche in questi impianti è presente un inverter che trasforma la corrente continua prodotta dal sistema fotovoltaico in corrente alternata, mentre non c’è bisogno di batterie perché è la rete che sopperisce alla fornitura di energia elettrica nei momenti di indisponibilità della radiazione solare. Anche se sono stati realizzati impianti centralizzati di produzione di energia elettrica fotovoltaica di grande potenza (multimegawatt) come quello dell’ENEA a Monte Aquilone (Foggia), la tendenza , grazie agli incentivi pubblici, è quella di avere piccoli sistemi distribuiti sul territorio con potenza non superiore a 20kWp. Gli impianti più diffusi hanno potenze tra 1.5 e 3kWp. Questi impianti vengono installati sui tetti o sulle facciate degli edifici e contribuiscono a soddisfare la domanda di energia elettrica degli utenti.
Figura 2.6.1-Centrale di Monte Aquilone (Foggia)
2.7 Gli impianti integrati negli edifici.
Essi costituiscono una delle più promettenti applicazioni del fotovoltaico, si tratta di sistemi che vengono installati su costruzioni civili o industriali per essere collegati alla rete elettrica di distribuzione in bassa tensione. La corrente continua generata istantaneamente dai moduli viene trasformata i corrente alternata e immessa nella rete interna dell’edificio utilizzatore, in parallelo alla rete di distribuzione pubblica, in questo modo può essere, a seconda dei casi, oppure ceduta per la quota eccedente al fabbisogno, alla rete locale.
I moduli fotovoltaici possono essere utilizzati come elementi di rivestimento degli edifici, anche in sostituzione di componenti tradizionali, infatti sono stati messi a punto moduli architettonici integrabili nella struttura dell’edificio che trovano maggiore applicazione nelle facciate e nelle coperture delle costruzioni. Un impiego di particolare interesse, infatti, è rappresentato dalle “facciate fotovoltaiche”, i moduli per facciata sono composti da due lastre di vetro fra le quali sono
interposte celle di silicio tenute insieme da fogli di resina. La dimensione di questi moduli può variare da 50x50cm a 210x350cm. Facciate, tetti o altri tipi di coperture fotovoltaiche consentono di disporre di quantità anche ragguardevoli di energia elettrica, con conseguenti risparmi economici e, nello stesso tempo, mostrano, in modo anche evidente, la “sensibilità ambientale” del proprietario. Non è infatti un caso che questi sistemi siano spesso installati nei palazzi degli uffici di società che vedono nel fotovoltaico un ottimo mezzo per “elevare” l’immagine dell’azienda.
Inoltre, dal momento che tanto più è bassa la temperatura dei moduli fotovoltaici durante l’irraggiamento tanto è maggiore il loro rendimento, le facciate fotovoltaiche trovano la loro migliore applicazione nelle zone “fredde” delle facciate, quali parapetti, corpi ascensore e altre superfici opache, sempre che siano orientati verso Sud-Est o Sud-Ovest e non siano in una zona ombreggiata. L’impiego di questi moduli fotovoltaici può essere di grande utilità come schermi frangisole o per ombreggiare grandi zone, nel caso delle coperture piane.
Uno studio della Commissione Europea ha rilevato che in Italia la superficie di tetti disponibili (con orientamento verso Sud, Est o Ovest) è di 370.000.000 mq, mentre quella delle facciate è di quasi 200.000.000 mq. Se questi spazi fossero coperti da pannelli solari fotovoltaici, sarebbe possibile produrre circa 130 TWh/anno, vale a dire 130 mila milioni di kWh l’anno, pari al consumo annuo di energia elettrica di oltre 30 milioni di famiglie (considerando una media di 4.000 kWh/anno per nucleo familiare). Sono ovviamente calcoli ipotetici, ma che fanno comunque ben comprendere l’enorme potenziale offerto da simili applicazioni.
L’integrazione architettonica dei sistemi solari si basa sulla possibilità di utilizzare il modulo fotovoltaico nella più ampia libertà. E’ importante saper realizzare moduli aventi forma, misura, colore, caratteristiche strutturali diverse a seconda della situazione in cui si interviene. I cavi della corrente in uscita sono solitamente fatti passare attraverso dei corridoi creati nella cornice del modulo fotovoltaico, in modo da rimanere nascosti, oppure si utilizzano le tradizionali junction box di connessione. Nei casi in cui la facciata trasparente debba anche soddisfare requisiti di isolamento termico, il modulo solare è integrabile in un doppio vetro, ottenendo un valore di dispersione termica di 1,1 W/mq K.
Gli impianti fotovoltaici integrati, in sintesi, sono riconducibili a quattro categorie principali:
• tetti fotovoltaici strutturali: utilizzando moduli solari semitrasparenti si possono ottenere
interessanti giochi di luce, riuscendo nello stesso modo a contenere eventuali eccessi di luminosità, che risulterebbero fonte di abbagli;
palazzi di uffici con facciate rivolte a Sud, che già devono predisporre dei vetri oscurati per ridurre il passaggio della luce;
• frangisole: presentano le medesime caratteristiche delle applicazioni precedenti, con la
differenza che, disponendosi su delle pareti esistenti, l’installazione è più semplice e quindi più economica.
• installazioni su tetti piani: facili da applicare (innumerevoli sono gli edifici esistenti che
potrebbero accogliere questo tipo di impianti), hanno però lo svantaggio di essere spesso poco visibili, con gran rammarico degli architetti e dei proprietari. A volte si riescono comunque a realizzare delle coperture che sono comunque visibili anche da lontano. E’ il caso della cosiddetta “roof arena” montata su un caseggiato in Danimarca, con 106 kWp di moduli fotovoltaici (in parte trapezoidali) che formano un’enorme “J” (vedi foto).
Figura 2.7.1-Installazione di moduli fotovoltaici su un tetto piano.
2.8 I benefici ambientali.
L’energia elettrica prodotta con il fotovoltaico ha un costo nullo per combustibile: per ogni kWh prodotto si risparmiano circa 250g di olio combustibile e si evita l’emissione di circa 700g di CO2 nonché di altri gas responsabili dell’effetto serra, con un sicuro vantaggio economico e ambientale per la collettività.
La vita utile di un impianto si può valutare in 30 anni, ma probabilmente è più lunga, il che significa che anche un piccolo impianto da 1.5kWp in grado di coprire i due terzi del fabbisogno annuo di energia di una famiglia italiana media, che è di circa 2500kWh, produrrà nell’arco della sua vita efficace quasi 60000kWh con un risparmio di circa 14 tonnellate di combustibili fossili ed evitando
l’immissione nell’atmosfera di circa 40 tonnellate di CO2.
Per quanto riguarda la situazione italiana, fino al 2005 la presenza del fotovoltaico, in termini di potenza installata e tassi annui di crescita, è stata piuttosto modesta: a fine 2005 si censivano 13 grandi impianti per un totale di 7,1 MW a cui andavano aggiunti circa 27 MW relativi ad impianti fotovoltaici di piccola taglia, prevalentemente connessi con la rete di distribuzione, che complessivamente nel 2005 hanno prodotto 31 GWh di energia elettrica.
Sebbene in fortissimo aumento negli ultimi due anni, il settore fotovoltaico italiano contribuisce ancora in misura assai ridotta alla produzione di energia elettrica nazionale. Tuttavia, la spinta dei meccanismi di incentivazione, introdotti a partire dal 2005, ha dato grande vigore allo sviluppo del mercato italiano avvicinandolo a quello delle nazioni più virtuose, con un grande interessamento di soggetti privati e di società di ingegneria.
Lo sviluppo del fotovoltaico è legato non solo a uno sviluppo tecnologico che consenta l’aumento del rendimento energetico unitario ma anche all’allargamento dei suoi ambiti di applicazione: dal residenziale, al contesto urbano, ai campi solari. Occorre in ogni caso che sul fotovoltaico si integrino le competenze tecnologiche con quelle attente al paesaggio e al contesto urbano affinché diventi un elemento di arredo del territorio.
In ambito fotovoltaico, le attività di ricerca, sviluppo e prototipazione si sono diversificate molto, definendo una suddivisione preliminare in celle e/o moduli, da un lato, e sistemi ed applicazioni, dall’altro. Le attività di ricerca su celle e moduli per usi terrestri variano dallo studio dei materiali ai processi di laboratorio scalabili per l’industria, con i maggiori sforzi concentrati sulle tecnologie di fabbricazione del dispositivo fotovoltaico e l’ottimizzare dell’automazione dei processi mirati a ridurre il consumo di Silicio.
La disponibilità fisica della fonte solare è teoricamente molto ampia se comparata al fabbisogno nazionale. La stima del potenziale si basa sulla valutazione della effettiva disponibilità di superfici idonee ad ospitare moduli fotovoltaici. Va detto che la diffusione del fotovoltaico potrebbe essere molto allargata con un’adeguata interazione tra tecnologia e problematiche dell’arredo urbano. Il fotovoltaico tanto più si potrà affermare, quanto più riuscirà a diventare un aspetto che dà qualità all’arredo urbano, piuttosto che creare problemi.