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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Cognizione sociale

La cognizione sociale rappresenta un dominio cognitivo che comprende l’insieme delle conoscenze e delle abilità di tipo sociale ed emozionale che maturano nel corso dello sviluppo e che consentono ad un individuo di mantenere un comportamento socialmente adeguato in vari contesti; in particolare include le operazioni mentali che sono alla base delle interazioni sociali, inclusa la capacità di percepire le intenzioni e le disposizioni degli altri [Brothers L 1990].

La cognizione sociale abbraccia diversi sottodomini tra cui la percezione dell’espressione dei volti, la prosodia, così come la capacità di attribuire uno stato mentale ad un soggetto e, sulla base di questo, poter predire o descrivere le sue azioni. Quest’ultima capacità è anche definita “Teoria della Mente” (ToM) [Baron-Cohen S et al 1995].

2.1 Teoria della Mente

La ToM rappresenta l’abilità di riconoscere ed utilizzare informazioni socialmente rilevanti, ovvero la capacità di immedesimarsi negli altri comprendendone lo stato mentale [Baron-Cohen S et al 1995].

Nel corso degli ultimi dieci anni, mediante studi di neuroimaging, è stato identificato un circuito alla base della ToM che comprende il solco temporale postero-superiore, le aree di giunzione temporo-parietale, il precuneo e la corteccia prefrontale prevalentemente nella sua porzione

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Studi recenti hanno ipotizzato l’esistenza di due diverse componenti alla base della ToM: una componente cognitiva implicata nel riconoscimento delle intenzioni degli altri, e una componente affettiva implicata nella comprensione delle emozioni (Shamay-Tsoory SG et al 2009).

Il prototipo di test che indaga la ToM cognitiva è rappresentato dai

false-belief di primo e secondo ordine:

- False-belief di primo ordine valuta la capacità di un individuo di

comprendere che la credenza di qualcuno (sbagliata) sia diversa da quella dell’individuo stesso (giusta) [Baron-Cohen S et al 1985];

- False-belief di secondo ordine valuta la capacità di capire il pensiero

dell’altra persona [Baron-Cohen S 1989].

Il prototipo di test che valuta la ToM affettiva è rappresentato dal “Reading the Mind in the Eyes” (RME), in cui vengono presentate al soggetto fotografie di occhi di persone con il compito di indicare il termine che meglio descrive lo stato d’animo del soggetto raffigurato [Baron-Cohen S 1997].

Ci sono poi test che indagano entrambe le componenti come:

- Il “Faux pas Recognition Test” (FPR) che prevede l’analisi di brevi storie alcune neutre altre contenenti un faux pas (azione scorretta) al fine di identificare se la storia contenga o meno un faux pas (ToM cognitiva) e, in tal caso, interpretare lo stato mentale dei personaggi coinvolti (ToM affettiva) [Stone VE et al 1998]

- “Strange Stories Test” che indaga, mediante brevi storie, la capacità del soggetto di immedesimarsi negli altri e comprenderne gli stati mentali [Happè FGE et al 1994].

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Già nel 1872 Charles Darwin considerò l’emozione, al pari del comportamento e della “vita mentale” degli animali come un elemento di adattamento per la sopravvivienza della specie e perciò facente parte della logica evoluzionistica.

Un secolo dopo Paul Ekman, psicologo statunitense, pubblicò il libro “Emotion in Human Face” in cui le osservazioni di Darwin venivano sviluppate e verificate atraverso ricerche sistematiche.

Ekman e il suo collega Friesen, tra gli anni ’60 e ’70, condussero una ricerca interculturale al fine di dimostrare come le espressioni facciali e la loro interpretazione non si modifichino da paese a paese. Si recarono in vari paesi tra cui il Brasile, il Cile, l’Argentina, il Giappone e ovunque andassero le persone del posto sembravano comprendere e usare le stesse espressioni facciali dei nordamericani. Le stesse immagini vennero infine proposte anche a varie tribù della Nuova Guinea, lontane dall’influenza di giornali e televisione, i dati furono sovrapponibili a quelli emersi negli altri paesi. Sulla base di questi risultati i due studiosi identificarono 6 emozioni

primarie, ovvero emozioni capaci di generare espressioni innate, trasversali

all’interno di tutta l’umanità: felicità, sorpresa, disgusto, rabbia, paura, tristezza [Ekman P et al 1971].

Per quanto riguarda le basi neurofisiologiche della percezione delle emozioni vi sono due scuole di pensiero; secondo alcuni la percezione delle emozioni viscerali gioca un ruolo fondamentale nell’esperienza delle emozioni stesse (teoria periferica), secondo altri il generatore dell’esperienza emozionale è situato a livello del sistema nervoso centrale in particolare a livello del sistema limbico (teoria centrale).

A sostegno della teoria centrale vi sono studi di risonanza magnetica funzionale che hanno dimostrato attivazione a livello dell’insula e del

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1998], dato supportato anche dall’evidente compromissione nel riconoscimento del disgusto in seguito ad emorragia emisferica sinistro con conseguente coinvolgimento dell’insula e del putamen [Calder AJ et al 2000].

Allo stesso modo lesioni a livello dell’amigdala determinano deficit nel riconoscimento della paura [Sprengelmeyer R et al 1999], emozione correlata anche in altri studi ad attivazione striatale [Phillips ML et al 1998].

2.3 Malattia di Huntington e Cognizione Sociale

I primi dati in letteratura riguardanti la percezione delle espressioni dei volti nella MH risalgono al 1996 quando Sprengelmeyer dimostrò, mediante il test di Benton per il riconoscimento dei volti, una compromissione del riconoscimento di volti che esprimevano disgusto già nelle fasi iniziali di malattia [Sprengelmeyer R et al 1996]; dato confermato anche in pazienti presintomatici [Gray JM et al 1997] anche per stimoli di tipo uditivo, olfattivo o gustativo [Hayes CJ et al 2007]. Parallelamente studi successivi hanno dimostrato una estesa compromissione del riconoscimento di emozioni negative senza però evidenziare un prevalente deficit nel riconoscimento del disgusto [Henley S et al 2008; Johnson SA et al 2007]. Benchè molti studi differiscano per tipo di stimolo utilizzato e grado di malattia indagato, per quanto riguarda il riconoscimento delle espressioni del volto, una recente revisione ha dimostrato una maggior compromissione del riconoscimento della rabbia e e disgusto in pazienti con MH manifesta e un deficit prevalente nel

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riconoscimento del disgusto in pazienti pre-sintomatici [Henley S et al 2012].

Per quanto concerne più specificatamente la ToM, uno studio condotto su pazienti affetti da MH e Demenza Fronto-Temporale (DFT) ha evidenziato una minor compromissione della ToM in MH rispetto a DFT. Secondo gli autori i pazienti affetti da MH mostrano lievi difficoltà nel comprendere le intenzioni degli altri, deficit non correlato ad altre funzioni cognitive esaminate [Snowden JS et al 2003]. Un ulteriore studio ha indagato la ToM, mediante una serie di 6 storie presentate come cartoni, in MH e Schizofrenici rispetto ai controlli, evidenziando una compromissione della della ToM in MH rispetto ai controlli, deficit simile a quello riscontrato in pazienti schizofrenici [Bruene M et al 2011]. Al fine di evidenziare un’eventuale differenza nella compromissione della ToM cognitiva o

affettiva Allain e colleghi nel 2012 hanno valutato 18 pazienti MH, in fase

iniziale di malattia e 18 controlli sani. La valutazione della ToM comprendeva due test, un primo dove si richiedeva al soggetto di attribuire le intenzioni di soggetti raffigurati in alcune storie seguita da domande logiche di controllo di comprensione della storia raffigurata (ToM

cognitiva), ed un secondo test rappresentato da una versione del conosciuto

RME (ToM affettiva). Lo studio non ha evidenziato una differenza nella compromissione delle due componenti della ToM, in particolare è emerso un punteggio sovrapponibile tra controllo e MH per quanto riguarda le domande logiche di controllo, a suggerire che le difficoltà nel comprendere lo stato mentale delle altre persone in MH non derivi tanto da un deficit di comprensione della storia quanto da un’effettiva incapacità di percepire lo stato emotivo-mentale [Allain P et al 2012].

Riferimenti

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