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Parte 6: analisi strutturali.

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Academic year: 2021

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Parte 6: analisi strutturali.

6.1 Premessa.

Le valutazioni strutturali consistono in analisi statiche e dinamiche, volte alla valutazione del grado di sicurezza statica e della resistenza sismica del fabbricato. Allo scopo di comprendere il funzionamento statico della cupola e delle strutture di sostegno, sono stati messi a punto modelli di calcolo semplificati, con grado di complessità crescente, che hanno permesso, in primo luogo, di valutare la funzione dei diversi elementi strutturali e, successivamente, le cause dei dissesti riscontrati. Una volta calibrato il modello attraverso il confronto tra i risultati del calcolo e il quadro deformativo e fessurativo esistente, è stata dedotta l'entità dei carichi in gioco ed è stato ricavato il coefficiente di sicurezza statico della cupola. Ciò ha consentito di valutare alcune ipotesi di rinforzo, individuando le tecniche di intervento più idonee. Le analisi sono state svolte per non linearità del materiale, per simulare la debole resistenza a trazione della muratura, utilizzando due software agli elementi finiti, uno del tipo general purpose e l'altro dedicato ai materiali masonry-like.

Le considerazioni sul comportamento complessivo del fabbricato sotto l’effetto del sisma sono invece state svolte attraverso un modello globale e un'analisi dinamica lineare.

6.2 Analisi del funzionamento statico della cupola attraverso

modelli elementari.

Prima di eseguire le analisi sull’intero modello della cupola poggiata sulle strutture di sostegno, sono stati condotti studi preliminari su sottomodelli di complessità crescente per comprendere il funzionamento di ciascun elemento strutturale e valutare l'ordine di grandezza delle azioni in gioco. Gli scopi sono i seguenti:

- comprendere il ruolo di ogni elemento strutturale nella statica della cupola;

- apprezzare la richiesta di resistenza a trazione dei singoli modelli, quindi la possibilità di equilibrio con sole compressioni nelle diverse configurazioni;

- valutare la possibilità di impiego di elementi finiti di tipo diverso per ridurre gli oneri computazionali del modello;

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145 In figura 60 è presentato uno schema illustrativo delle porzioni architettoniche di cui si valuta la funzione e il contributo alla statica generale.

Fig. 60. Schema illustrativo delle porzioni architettoniche da modellare.

6.2.1 I sottomodelli.

6.2.1.1 Modello 1: LA CUPOLA COSTITUITA DALLA SOLA CALOTTA

Il modello 1 schematizza la cupola costituita dalla sola calotta a partire dalla cornice del tamburo, quindi simula il comportamento di una volta semplice in muratura di mattoni e malta di calce, a pianta ottagonale, composta da otto vele dello spessore di 28 cm. Il modello è utilizzato per valutare la funzione e la capacità resistente della calotta, gravata dal suo peso e da quello della lanterna, priva del contributo statico delle archeggiature. Nei due casi, in cui i nodi alla base siano vincolati con cerniere o con

Calotta Tamburo Muro di Coronamento superiore Archeggiature

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146 incastri, vengono dunque determinate l'entità della minima resistenza a trazione che il modello richiede per la convergenza, le curve delle pressioni nelle sezioni principali, quindi le tensioni principali e la spinta totale nelle due direzioni.

Questo modello consente di:

- apprezzare il contributo statico della sola calotta;

- studiarne il comportamento statico al variare della condizione di vincolo, prendendo in esame le condizioni estreme di cerniera e di incastro alla base.

- ipotizzare le fasi costruttive della cupola, quindi la sequenza di messa in opera dei materiali, valutando la possibilità di una configurazione iniziale consistente nella sola calotta.

Per la muratura di mattoni sono state assunte le seguenti proprietà:

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

La mesh è costituita da 7218 elementi shell/plate che comprendono elementi triangolari a 3 nodi e elementi quadrangolari a 4 nodi, dotati di funzioni di forma lineari.

Fig. 61. Il modello della sola calotta.

Le condizioni di vincolo alla base adottate in questo modello, sono due: in un caso cerniere e nell'altro incastri.

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147 I carichi che gravano direttamente sulla cupola sono costituiti dal peso della lanterna e della porzione di copertura lignea che grava sulla calotta stessa.

Ptot_lanterna = 54 kN

Pcopertura = 32 kN

Fig. 62. Schema delle condizioni di vincolo e di carico nel modello 1.

Le analisi sono state inizialmente eseguite con il programma di calcolo agli elementi finiti Straus7, modellando il materiale come elastico non lineare (max stress).

La convergenza dell'equilibrioè stata raggiunta con una resistenza a trazione minima = 0.4 daN/cmq.

In questa circostanza, la compressione massima è risultata pari a -2.6 daN/cmq per il modello con le cerniere alla base e a -2.8 daN/cmq per il modello con gli incastri.

Tale valore massimo di sforzo si registra, per entrambi i modelli, alla base in prossimità degli spigoli, all'intersezione tra le vele.

Nelle figure 63, 64 e 65 sono riportate le mappe delle tensioni principali. L'intervallo della scalar bar è compreso tra -1.5 daN/cmq e 0.4 daN/cmq, indicando le trazioni con il segno positivo. Lo stesso range è utilizzato anche negli altri modelli per consentire il confronto finale.

Le spinte in direzione trasversale e longitudinale sono molto vicine tra loro e valgono rispettivamente 38 kN e 36 kN nel caso di cerniere alla base e 52 kN e 47 kN nel caso di incastri alla base.

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148

Fig. 63. Modello 1 con cerniere alla base - Strauss 7 - pianta con mappa delle tensioni principali.

Fig. 64. Modello 1 con cerniere alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1 e prospetto trasversale con mappa delle tensioni prin

1 1

2

2

3

(6)

149

Fig. 65. Modello 1 con cerniere alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 2-2 e prospetto longitudinale con mappa delle tensioni principali.

Fig. 66. Modello 1 con cerniere alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 3-3 e deformata in assonometria.

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150

Fig. 67. NOSA – piante deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig.68. NOSA–prospetti deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig. 69. NOSA–assonometrie deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

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151

Fig. 70. Modello 1 con cerniere alla base – NOSA - Andamento delle curve delle pressioni relative al comportamento fuori piano della calotta.

Fig. 71. Modello 1 con cerniere alla base – NOSA - Andamento delle reazioni vincolari alla base della calotta; unità di misura (daN).

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152

Fig. 72. Modello 1 con incastri alla base - Strauss 7 - pianta con mappa delle tensioni principali.

Fig. 73. Modello 1 con incastri alla base - Strauss 7 - prospetto trasversale con mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1.

2

1 1

2

3

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153

Fig. 74. Modello 1 con incastri alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 2-2 e prospetto longitudinale con mappa delle tensioni principali.

Fig. 75. Modello 1 con incastri alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 3-3 e deformata in assonometria.

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154

Fig. 76. NOSA – piante deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig.77. NOSA–prospetti deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig. 78. NOSA–assonometrie deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

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155

Fig. 79. Modello 1 con incastri alla base – NOSA - Andamento delle curve delle pressioni relative al comportamento fuori piano della calotta; unità di misura (m).

Fig. 80. Modello 1 con incastri alla base – NOSA - Andamento delle reazioni vincolari alla base della calotta; unità di misura (daN).

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156 L'analisi del modello 1 effettuata con il codice NOSA ha trovato la convergenza per valori di resistenza a trazione pari a 0.1 daN/cmq nel caso con cerniere alla base e per resistenza a trazione nulla nel caso con incastri alla base. L'andamento delle tensioni principali sulle superfici di intradosso e di estradosso è qualitativamente simile a quello ottenuto dall'analisi con Straus7, ma le curve delle pressioni, mostrate in figura 81, indicano eccentricità più elevate nei due casi, con notevoli parzializzazioni delle sezioni. La compressione massima in questo caso ammonta a -2,8 daN/cmq.

Fig. 81. Modello 1 - codice NOSA - curve delle pressioni riferite alla sezione 1-1.

Ambedue i modelli hanno notevoli eccentricità a un terzo dell'altezza, con parzializzazioni della sezione sull'estradosso. Si osserva la tendenza a generare eccentricità maggiori in corrispondenza della base per il modello incastrato, mentre nella parte alta della calotta per quello incernierato.

CDP cupola incernierata

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157 6.2.1.2 Modello 2: CUPOLA E ARCHEGGIATURE

Il modello 2 simula la calotta foderata dalle archeggiature, anch’esse realizzate in muratura di mattoni e malta di calce (figura 82). Lo scopo dell'analisi è quello di valutare il miglioramento alla statica della calotta apportato dalle archeggiature in termini di valore della minima trazione richiesta al materiale per l'equilibrio e in termini di eccentricità della curva delle pressioni nelle sezioni principali della volta. Le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono ancora:

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

La mesh è costituita da 9759 elementi shell/plate che comprendono elementi triangolari a 3 nodi e elementi quadrangolari a 4 nodi, dotati di funzioni di forma lineari.

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158 I nodi di base della cupola e degli archetti sono stati vincolati mediante cerniere che simulano il ritegno offerto dalla sottostante struttura.

I carichi considerati in questo modello sono ancora il peso della lanterna e quello della copertura lignea.

Ptot_lanterna = 54 kN

Pcopertura = 32 kN

Le analisi sono state eseguite inizialmente con il programma di calcolo agli elementi finiti Straus7, modellando il materiale come elastico non lineare (max stress).

La convergenza dell'equilibrioè stata raggiunta con una resistenza a trazione minima = 0.05 daN/cmq. In questa circostanza, la massima compressione risulta pari a -1.45 daN/cmq, che si rileva nella parte più esterna degli archetti alla base della cupola. Nelle figure 84, 85 e 86 sono riportate le tensioni principali, insieme alle curve delle pressioni nelle sezioni principali.

Le spinte in direzione trasversale e longitudinale sono molto simili e valgono rispettivamente 72 kN e 66 kN.

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159

Fig. 84. Modello 2 - Strauss 7 - pianta della calotta con le tensioni principali.

Fig. 85. Modello 2 - Strauss 7 - prospetto trasversale della calotta con la mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1.

1 2 2 3 3 1

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160

Fig. 86. Modello 2 - Strauss 7 - Prospetto longitudinale e curva delle pressioni riferita alla sezione 2-2.

Fig. 87. Modello 2 - Strauss 7 - deformata in assonometria e curva delle pressioni riferita alla sezione 3-3.

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161 Il calcolo eseguito con il codice NOSA ha trovato in questo caso la convergenza per un valore nullo di resistenza a trazione. La compressione massima in questa circostanza vale -1.50 daN/cmq.

Il confronto tra il modello 2 e quello della sola calotta incernierata alla base (figura 88) mostra il benefico effetto delle archeggiature: la curva delle pressioni del modello 2, che prevede gli archetti alla base della volta, risulta pressoché coincidente con il piano medio. Questo denota un ottimo comportamento del sistema essendo le sezioni soggette prevalentemente ad una forza di compressione. Viceversa accade per la curva delle pressioni relativa al modello senza archetti, dove le sezioni per ampi tratti risultano fortemente parzializzate.

Fig. 88. Modello 2 - codice NOSA - Curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1 e confronto con il caso di calotta incernierata alla base.

CDP cupola e archetti

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162 6.2.1.3 Modello 3: CUPOLA E TAMBURO

Il modello 3 simula il comportamento della calotta e del sottostante tamburo, anch’esso realizzato in muratura di mattoni e malta di calce. Non sono presenti le archeggiature (figura 89). Anche questa volta, le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22.

Questo modello è utile per indagare

- il funzionamento del tamburo e l’andamento del flusso di tensione, considerando la presenza dei quattro oculi e degli archi di scarico che sorreggono i lati obliqui della calotta;

- l'effetto della presenza del tamburo sulla sola calotta.

La mesh in questo caso è costituita da 9759 elementi shell/plate che comprendono elementi triangolari a 3 nodi e elementi quadrangolari a 4 nodi, dotati di funzioni di forma lineari.

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163 I nodi di base del tamburo sono stati vincolati mediante cerniere che simulano il vincolo offerto dalla sottostante struttura.

I carichi considerati sono gli stessi dei precedenti modelli, quindi quello della lanterna e della copertura lignea, oltre al peso proprio degli elementi modellati.

Ptot_lanterna = 54 kN

Pcopertura = 32 kN

Fig. 90. Modello 3 - schema delle condizioni di vincolo e di carico.

Le analisi sono state inizialmente eseguite con il programma di calcolo agli elementi finiti Straus7, modellando il materiale come elastico non lineare (max stress).

La convergenza dell'equilibrioè stata raggiunta con una resistenza a trazione minima  = 0.4 daN/cmq. In tale circostanza la compressione massima è pari a circa -0.4 daN/cmq alla base del tamburo, in prossimità del punto di incontro tra le facce. Nelle figure 91, 92 e 93 sono riportate le mappe delle tensioni principali e le curve delle pressioni nelle tre sezioni principali.

Le spinte nelle direzioni trasversale e longitudinale valgono rispettivamente 16 kN e 19 kN.

(21)

164

Fig. 91. Modello 3 - Strauss 7 - pianta della calotta con le tensioni principali.

Fig. 92. Modello 3 - Strauss 7 - prospetto trasversale della calotta con la mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1.

1 1

2

2

3

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165

Fig. 93. Modello 3 - Strauss 7 - Prospetto longitudinale della calotta con la mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 2-2.

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166 Il calcolo eseguito con il codice NOSA ha trovato anche in questo caso la convergenza per un valore nullo di resistenza a trazione. La compressione massima in questa circostanza vale -0.45 daN/cmq.

Il confronto tra il modello 3 e quello della sola calotta incastrata alla base (figura 95) mostra una certa somiglianza tra le curve delle pressioni. Questo ci induce a pensare che la condizione di vincolo offerto dal tamburo si avvicini di più alla condizione di incastro che a quella di cerniera.

Fig. 95. Modello 3 - codice NOSA - Curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1 e confronto con il caso di calotta incastrata alla base.

L'analisi eseguita tramite il codice di calcolo NOSA sui tre modelli ha quindi raggiunto la convergenza per valori di resistenza a trazione alquanto inferiori rispetto all'analisi con Straus7. In figura 96 si riportano le mappe delle tensioni sull'estradosso della calotta ottenute con il codice NOSA, per ciascuno dei tre modelli.

Alla luce delle analisi effettuate con il codice NOSA, si comprende dunque l'esistenza di una distribuzione di sforzi equilibrata costituita da sole compressioni, per i tre sottomodelli analizzati. Ai sensi del teorema statico dell'analisi limite, questa è una

CDP cupola incastrata

(24)

167 situazione possibile che, pur non essendo quella reale, ci garantisce la possibilità per questa struttura di trovare l'equilibrio anche senza il ricorso alla resistenza a trazione.

Fig. 96. Modelli 1, 2 e 3 - Codice NOSA -Mappa delle tensioni principali sull'estradosso in pianta; unità di misura (daN/m2).

NOSA - Cupola appoggiata

NOSA - Cupola con archeggiature NOSA - Cupola con tamburo NOSA – Cupola incastrata

(25)

168

6.2.2 I modelli della cupola appoggiata alla base del tamburo

6.2.2.1 Modello 4: CALOTTA, TAMBURO E ARCHEGGIATURE (shell)

Il modello 4 simula la calotta, il sottostante tamburo e le archeggiature. Anche questa volta, le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono:

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22.

Fig. 97. Modello 4.

Questo modello è utile per:

- studiare il comportamento della cupola poggiante uniformemente sul contorno (situazione ideale che non si riscontra nella realtà poiché le strutture di sostegno sono costituite da archi);

- confrontare i risultati di un modello a elementi bidimensionali con quelli ottenuti dal modello ad elementi tridimensionali (shell o brick).

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169 La mesh è costituita da 11161 elementi shell/plate che comprendono elementi triangolari a 3 nodi e elementi quadrangolari a 4 nodi dotati di funzioni di forma lineari. Prendendo come riferimento il piano medio degli elementi strutturali, il disassamento tra i diversi elementi, dovuto al diverso spessore, si recupera attraverso opportuni elementi rigidi che collegano orizzontalmente i nodi di base della calotta con quelli sottostanti del tamburo.

I nodi di base sono stati vincolati mediante cerniere.

Fig. 98. Modello 4 - schema della condizione di vincolo e di carico.

I carichi sono quelli precedentemente considerati, con aggiunto il peso del muro di coronamento della cupola, applicato in asse al tamburo, insieme al carico della copertura ad esso spettante.

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170

Ptot_lanterna = 54 kN

Ptot_copertura = 64 kN  carico agente in sommità e sul muro di coronamento

Pmuro_coronamento = 1080 kN.

La resistenza a trazione richiesta per l'equilibrio è in questo caso di 0.42 daN/cmq. Le spinte che la cupola esercita in direzione trasversale e in quella longitudinale valgono rispettivamente 13 kN e 10 kN.

Fig. 99. Modello 4 - Strauss 7 - pianta della calotta con le tensioni principali.

1

2 1

(28)

171

Fig. 100. Modello 3 - Strauss 7 - prospetto trasversale della calotta con la mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1.

Fig. 101. Modello 3 - Strauss 7 - Prospetto longitudinale della calotta con la mappa delle tensioni principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 2-2.

(29)

172

(30)

173

Fig. 6. NOSA – piante delle deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig.6. NOSA–prospetti delle deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

Fig.103. NOSA–assonometrie delle deformazioni di frattura . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.

(31)

174

Fig. 104. Modello 3 – NOSA - Andamento delle curve delle pressioni relative al comportamento fuori piano della calotta; unità di misura (m).

Fig. 105. Modello 3 – NOSA - Andamento delle reazioni vincolari alla base della calotta; unità di misura (daN).

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175 Le archeggiature, come possiamo vedere in figura 106, svolgono un'importante funzione di contrafforte per la calotta. Infatti nella porzione di muratura che sostiene l’archetto è possibile individuare una concentrazione delle compressioni in direzione diagonale, con valori tuttavia modesti, dell’ordine di -1.5 daN/cmq in corrispondenza della base.

Fig. 106. Modello 4 - Strauss 7 - Funzionamento delle archeggiature: andamento delle tensioni principali di compressione.

Il modello 4 fornisce indicazioni anche sugli sforzi nel tamburo. In figura 107 si osserva in particolare che sui quattro lati dotati di aperture si generano trazioni in corrispondenza delle deviazioni degli sforzi, mentre le compressioni si concentrano lateralmente. Il flusso di tensioni tende dunque a fluire attorno agli oculi e va a concentrarsi agli spigoli, dove agisce anche la compressione trasmessa dagli archi allla base dei lati obliqui della calotta. Trazioni notevoli compaiono anche in chiave a tali archi.

(33)

176

Fig. 107. Modello 4 - Strauss 7 - Funzionamento del tamburo, andamento delle tensioni principali di compressione.

Andamento del flusso delle compressioni nel tamburo

(34)

177 6.2.2.2 Modello 5: CALOTTA, TAMBURO E ARCHEGGIATURE (brick)

Il modello 5 simula la calotta, il tamburo, le archeggiature e il muro di coronamento sopra la cornice. Anche questa volta, le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22.

Fig. 108. Modello 5.

La mesh è costituita da 31682 elementi tridimensionali che comprendono elementi a 6 ea 8 nodi con funzioni di interpolazione lineari. L’utilizzo di elementi brick ha permesso di ottenere una rappresentazione della geometriapiù fedele alla realtà, in una struttura estremamente articolata, con particolari difficilmente schematizzabili attraverso elementi bidimensionali. Lo spessore di 28 cm della cupola è suddiviso in tre elementi, mentre le altre pareti sono suddivise in due. Il numero di elementi nello spessore è il risultato di un compromesso tra accuratezza del risultato e onere computazionale. Ciò

(35)

178 nonostante, il modello risulta estremamente pesante, quindi è stato utilizzato principalmente a scopo di taratura del modello 4.

Per quanto riguarda le condizioni al bordo, i nodi di base sono stati vincolati tramite cerniere che simulano il ritegno offerto dalla sottostante struttura sulla quale poggia il tamburo.

Fig. 109. Modello 5 - condizioni di carico e di vincolo.

I carichi considerati in questo caso sono dovuti al peso della lanterna e a quello della copertura che grava in parte sulla sommità della cupola e in parte sul muro di coronamento.

Ptot_lanterna = 54 kN

Ptot_copertura = 64 kN  carico agente sia in sommità, sia sul muro di coronamento

Pmuro_coronamento = 1080 kN.

La resistenza a trazione richiesta per la convergenza dell'equilibrio in questo caso è di 0.38 daN/cmq. Le spinte che la cupola esercita in direzione trasversale e longitudinale valgono 14 e 11 kN.

(36)

179

Fig. 110. Modello 5 - Strauss 7 - pianta della calotta con le tensioni principali.

(37)

180

6.2.3 I modelli della struttura di sostegno della cupola

Una volta analizzato il comportamento della cupola appoggiata sul tamburo vincolato rigidamente mediante cerniere si è passati allo studio della struttura di sostegno, modellando gli elementi costruttivi al di sotto del tamburo. Invece di un modello tridimensionale, si è scelto di studiare modelli piani, uno per ciascuno dei due archi, caricati con le reazioni vincolari risultanti dall'analisi della cupola (modello 4).

6.2.3.1 Modello 6: ARCO DI SOSTEGNO IN PIETRA

Inizialmente è stato analizzato l’arco in pietra, posto sul lato della cupola dalla parte dell’abside.

I pilastri, l’arco trionfale e gli archi delle navate laterali sono realizzati in conci di pietra, probabilmente con nucleo interno.

Le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono:

Pietra

Peso di volume γ = 2200 daN/mc

Modulo elastico E= 2800 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

Conci di pietra con nucleo interno di qualità scadente

Peso di volume γ = 2000 daN/mc

Modulo elastico E= 1230 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

La mesh è costituita da 1710 elementi shell a 3 e 4 nodi, con funzioni di forma lineari.

Per quanto riguarda le condizioni al bordo, i nodi alla base dei pilastri sono stati vincolati a cerniera, in modo da riprodurre nella membratura una condizione di vincolo a incastro, mentre i nodi laterali sono stati vincolati con carrelli ad asse orizzontale per riprodurre il ritegno esercitato a destra dal muro dalla canonica e a sinistra dalla struttura del campanile.

(38)

181

Fig. 112. Modello 6 - Mesch della stuttura di sostegno.

I carichi applicati al sistema consistono nelle reazioni vincolari del modello 4 cambiate di segno e nei pesi delle porzioni di muratura che delimitano le trombe.

Ptot_tamburo = 890 kN

Pcopertura = 28 kN

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182 La resistenza a trazione richiesta per la convergenza dell'equilibrio nel calcolo eseguito con Straus7 è in questo caso pari a 0.52 daN/cmq.

Dall’immagine in figura 114, dove sono riportate le forze (N/m) agenti secondo l’asse x degli elementi, che nel caso dell’arco coincide con il suo asse, possiamo notare come i conci risultino compressi, salvo una porzione nella parte intradossale della chiave dell’arco. Inoltre si nota che la curva delle pressioni, anche se esterna al terzo medio (figura 115), risulta contenuta all’interno dello spessore dell’arco, condizione che garantisce l’equilibrio della struttura. Le tensioni massime di compressione alle reni dell’arco nella parte intradossale raggiungono 25 daN/cmq, valore ben sopportabile dalla pietra.

Fig. 114. Modello 6 - Strauss 7 – Andamento delle risultanti lungo l’asse dell’arco.

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183 Questa analisi semplificata, che non tiene conto dell’interazione con le restanti parti della sottostruttura, mostra che il sistema è in grado di sorreggere la struttura soprastante. Tale risultato è giustificato dal materiale di buona qualità e dall'efficace contrasto laterale che minimizza il cedimento delle imposte.

6.2.3.2 Modello 7: ARCO DI SOSTEGNO IN MATTONI

La stessa analisi effettuata per l’arco in pietra è stata eseguita sull’arco di sostegno in mattoni, sul lato della cupola rivolto verso la facciata.

I pilastri e gli archi delle navate laterali sono in pietra, l’arco trionfale e la ghiera sono in mattoni e malta di calce mentre le altre parti sono costituite da muratura in conci di pietra con nucleo interno di qualità scadente.

Le proprietà del materiale assunte nel calcolo sono:

Pietra

Peso di volume γ = 2200 daN/mc

Modulo elastico E= 2800 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

Conci di pietra con nucleo interno di qualità scadente

Peso di volume γ = 2000 daN/mc

Modulo elastico E= 1230 MPa

Coefficiente di Poisson ν = 0.22

Mattoni e malta di calce

Peso di volume γ = 1800 daN/mc

Modulo elastico E= 1500 MPa

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184 Nella modellazione sono stati utilizzati 1602 elementi shell a 3 e 4 nodi, dotati di funzioni di forma lineari.

Fig. 116. Modello 7 - Strauss 7 – Mesh della struttura di sostegno.

Alla base dei pilastri è stata riprodotta una condizione di vincolo a incastro, mentre le pareti perimetrali delle navate laterali non risultano essere vincolate per la mancanza di strutture di contrasto.

I carichi applicati al sistema sono stati ricavati dalle reazioni di base del modello 4; sono stati inoltre considerati i carichi delle porzioni di muratura che delimitano le trombe.

Ptot_tamburo = 890 kN

(42)

185

Fig. 117. Modello 7 - Strauss 7 – Condizioni al bordo.

Le analisi condotte su questo modello hanno fornito una soluzione per una resistenza a trazione di circa 5 daN/cmq, valore certamente inammissibile per muratura di questo tipo. Si comprende quindi che l’arco in mattoni da solo non è in grado di garantire l'equilibrio senza far ricorso al contributo resistente delle strutture soprastanti. Il quadro fessurativo nel tamburo rilevato nel sottotetto (lato facciata) presenta infatti un sistema di lesioni che individua un arco di scarico a sesto acuto, che tende a formarsi per far fronte alle carenze statiche dell’arco in mattoni.

Il comportamento strutturale della struttura di sostegno da questa parte dovrà necessariamente essere investigato attraverso un modello globale, dal quale potremo valutare in quale misura sono coinvolte le murature soprastanti l’arco.

(43)

186

6.2.4 Confronto tra modelli ad elementi bi e tridimensionali

Come già detto, uno degli obiettivi dello studio preliminare è anche quello di comprendere le differenze principali tra una modellazione in shell e una in brick, in grado di ottimizzare i tempi per la ricerca della soluzione dell'equilibrio per questo tipo di struttura. A tale scopo, una modellazione con elementi bidimensionali è molto più snella e porta all’utilizzo di un numero contenuto di elementi rispetto all’utilizzo di brick, come è possibile notare dai due sottomodelli sopra esposti dove si passa da 11161 a 31682 elementi impiegati. Questo si traduce in una sensibile riduzione del tempo necessario per la ricerca della soluzione da parte del sistema. Tuttavia, se da un lato l’utilizzo degli shell ci permette una maggiore rapidità nella ricerca della soluzione, dall’altro i brick permettono una ricostruzione fedele della geometria del problema. Infatti, come prima accennato, la necessità di modellare il piano medio delle diverse porzioni porta a disassamenti che implicano l’utilizzo di particolari link per il ripristino della congruenza degli spostamenti nodali.

Dall’analisi dei risultati si osserva che il comportamento globale dei due sistemi sia comparabile:

- la differenza tra le risultanti verticali delle reazioni vincolari è del 3,5%;

- entrambi i modelli sono andati a convergenza per un valore di resistenza a trazione di circa 0.4 daN/cmq;

- dalla figura 119, dove sono mostrate le tensioni principali sulla superficie dei due modelli, si osserva che in entrambi i casi le maggiori trazioni si concentrano nella fascia degli archetti, con una discontinuità al livello della cornice superiore, oltre la quale la calotta è isolata, che determina una riduzione della tensione;

- i due modelli mostrano un funzionamento simile del tamburo. Si possono infatti individuare due zone tese, una in sommità e l’altra alla base dell’oculo, con la prima più marcata della seconda; alla base si ha inoltre un notevole incremento delle compressioni, che tendono ad aumentare quanto più ci si avvicina agli spigoli dove scaricano gli archi dei lati obliqui;

- gli archi sui lati obliqui presentano simili trazioni in chiave sia nel modello in brick che in quello in shell.

(44)

187

Fig. 119. Modelli 4 e 5 - Strauss 7 - Tensioni principali in superficie nel modello shell (in alto) e brick (in basso).

(45)

188

90 cm

70 cm

fascia 1 fascia 2

A fronte delle somiglianze individuate, è possibile porre osservazioni in merito a possibili discordanze.

Dalle mappe di colore che rappresentano le tensioni principali si osserva una maggiore estensione delle aree in trazione del modello a shell. Ciò che differenzia i due modelli è la schematizzazione della fascia che comprende gli archetti e che presenta uno spessore di 70 cm alla base e di circa 90 cm in testa. Tra la base e la sommità sono ricavati gli archetti che hanno una profondità di circa 40 cm. Come abbiamo già avuto modo di osservare, tale modulazione dello spessore è ben rappresentata con il modello a brick, che coglie quindi l’effettiva rigidezza della fascia, ed è male approssimata con la modellazione in shell. Per migliorare questa approssimazione, quel tratto è stato suddiviso in tre fasce, ognuna delle quali dotata di uno spessore maggiore, procedendo dalla base alla sommità.

Fig. 120. Variazione dello spessore nella zona degli archetti e suddivisione in fasce.

Questa scelta ci permette oltretutto di recuperare l’eguaglianza delle masse in gioco, recuperando anche l’effetto di confinamento come avviene per la fascia comprendente gli archetti.

(46)

189

6.2.5 Confronto tra modelli semplificati

In tabella 1 è mostrata una sintesi dei modelli analizzati con i due codici di calcolo, riportando, per ciascuno di essi, i valori della resistenza a trazione richiesta e della spinta alla base della cupola nelle due direzioni principali. Dalle analisi non lineari condotte con il programma Straus7 e con il codice NOSA sui modelli descritti, possiamo notare la diversa richiesta di trazione necessaria alla convergenza.

MODELLI ANALIZZATI CON STRAUSS 7

SPINTA trasversale/longitudinale [kN] TRAZIONE RICHIESTA [daN/cmq]

MODELLO1 Calotta con cerniere alla base Calotta con incastri alla base

38 / 36 52 / 47

0.4 0.25 MODELLO2 Calotta con archeggiature 72 / 66 0.05 MODELLO3 Calotta con tamburo 16 / 19 0.4

MODELLO 4 Calotta con tamburo e

archeggiature - shell 13 / 10 0.42

MODELLO 5 Calotta con tamburo e

archeggiature - brick 14 /12 0.38

Tab. 12. Sintesi dei modelli analizzati con Strauss 7 con i valori della resistenza a trazione richiesta e delle spinte alla base.

MODELLI ANALIZZATI CON NOSA

SPINTA trasversale/longitudinale [kN] TRAZIONE RICHIESTA [daN/cmq]

MODELLO1 calotta con cerniere alla base calotta con incastri alla base

47 / 43 55 / 51

0.1 0.0 MODELLO2 calotta con archeggiature 74 / 67 0.0 MODELLO3 calotta con tamburo 22 / 26 0.0 MODELLO 4 calotta con tamburo e

archeggiature - shell 15 / 11 0.1 MODELLO 5 calotta con tamburo e

archeggiature - brick 19 / 15 0.1

Tab. 13. Sintesi dei modelli analizzati con NOSA con i valori della resistenza a trazione richiesta e delle spinte alla base.

(47)

190 Come era lecito attendersi, si osserva che:

- la calotta è in grado di sostenere da sola il peso proprio, il carico della lanterna e della copertura in sommità;

- le archeggiature migliorano l'andamento della curva delle pressioni nella calotta, riducendo le eccentricità ed esercitando un benefico effetto di contrasto;

- la resistenza a trazione richiesta è tanto più bassa, quanto maggiore è il confinamento laterale sulla calotta. Il modello con le archeggiature, che offre un adeguato confinamento laterale, converge infatti nel programma Straus7 per un valore di trazione di 0.05 daN/cmq, mentre il modello con la sola calotta richiede un valore maggiore di trazione, indipendentemente dalla condizione di vincolo adottata. Questo è dovuto al fatto che gli archetti offrono un confinamento laterale che evita alla cupola un eccessivo spostamento fuori piano e quindi consentono livelli inferiori di trazione nella muratura;

Fig. 121. Comportamento della volta in relazione al grado di confinamento laterale.

- la resistenza a trazione richiesta diminuisce all’aumentare del grado di vincolo alla base;

- la differenza tra i risultati dei modelli completi realizzati con elementi bidimensionali o tridimensionali è estremamente ridotta, ciò che ci consente di operare con il modello a shell nelle analisi della cupola con le strutture di sostegno.

(48)

191

Fig. 122. Comportamento della volta in relazione al grado di vincolo alla base.

Asse deformato

(49)

192

6.3 Analisi del funzionamento statico della cupola e della

sottostruttura.

6.3.1 Premessa

La porzione di chiesa studiata è stata modellata attraverso il programma di calcolo Straus7. Lo stesso modello è stato implementato in NOSA tramite l'esportazione delle geometrie.

La scelta di utilizzare elementi shell è legata all'esigenza di risparmio di onere computazionale del modello di calcolo, accertata la sostanziale permanenza dei risultati nel confronto con il modello ad elementi solidi.

La discretizzazione della struttura è avvenuta all'insegna delle buone regole relative ai rapporti di forma degli elementi e all'infittimento della mesh nelle zone in cui si prevedono concentrazioni di sforzi. Gli elementi shell impiegati sono del tipo a tre e a quattro nodi, con funzioni di forma lineari.

6.3.2 Il modello geometrico

Nella schematizzazione geometrica, gli elementi strutturali sono stati modellati attraverso il loro piano medio, assegnando a ciascuno l’effettivo spessore. Tale scelta comporta inevitabilmente l’introduzione di disassamenti nel modello, particolarmente evidenti nella zona di passaggio tra la volta della cupola e il tamburo, dove lo spessore passa da 28 cm a 70 cm. Per risolvere il problema, sono stati impiegati opportuni link a collegamento dei nodi. Così facendo, si garantisce che:

- gli spostamenti trasversali e longitudinali dei nodi alla base della cupola sono uguali a quelli dei nodi in sommità al tamburo;

- spostamento verticale dei nodi alla base della cupola è equivalente alla somma dello spostamento dei nodi sommitali del tamburo più l’aliquota fornita dalla rotazione dei nodi stessi per la distanza tra i due piani medi considerati.

I pilastri cruciformi, che sostengono il peso della struttura soprastante, sono stati modellati mantenendo inalterata la lunghezza del piano medio in entrambe le direzioni ma assegnando agli shell uno spessore equivalente per non renderlo troppo rigido ed

(50)

193 evitare di variare le masse in gioco. Per la realizzazione del modello in Straus7 si è fatto uso del programma Autocad 2010 che ha permesso di modellare le parti complesse ed importarle in Straus7 sotto forma di elementi shell; le parti più semplici sono state realizzate direttamente con il programma. La realizzazione del modello in NOSA è avvenuta tramite la realizzazione di apposite card contenenti:

- Coordinate nodali di tutti i nodi; - Connettività degli elementi shell;

Per la determinazione delle coordinate nodali e delle connettività si è fatto uso dei listati ricavati da Straus7.

(51)

194

(52)

195

6.3.3 Geometrie e materiali impiegati

Una volta terminata la modellazione si è passati all’assegnazione degli spessori e dei materiali.

Elementi Materiale Dimensioni (m)

Pilastri cruciformi, navata centrale Muratura di pietra 0.77 x 0.77

Pilastri, navata laterale Muratura di pietra 0.90 x 0.70

Archi navata laterale Muratura di pietra 0.70 x 0.50

Arco trionfale Muratura in mattoni

e malta di calce 0.7 x 0.45

Muratura sopra archi Muratura in pietra

con nucleo 0.70

Trombe Muratura in mattoni

e malta di calce 0.16

Tamburo Muratura in mattoni

e malta di calce 0.70

Vele della cupola Muratura in mattoni

e malta di calce 0.28

Archeggiatura Muratura in mattoni

e malta di calce 0.27

Pilastri cruciformi, navata centrale Muratura di pietra 0.90 x 0.77

Pilastri, navata laterale Muratura di pietra 0.90 x 0.70

Archi navata laterale Muratura di pietra 0.70 x 0.50

Arco trionfale Muratura di pietra 0.70 x 0.55

Muratura sopra archi Muratura in pietra

con nucleo 0.70

Pilastri circolari Muratura di pietra 0.65

Archi cleristorio Muratura di pietra 0.70 x 0.50

Cleristorio Muratura in pietra

con nucleo 0.70

Tab. 14. Dimensioni principali e materiali degli elementi strutturali impiegati.

L a to f a cc ia ta L a to a lt a re

(53)

196

6.3.4 Condizioni al bordo

Nella porzione di struttura analizzata, la disposizione dei vincoli gioca un ruolo fondamentale, infatti si osserva la totale dissimmetria rispetto all’asse trasversale e longitudinale del duomo. Tale condizione, responsabile di alcune caratteristiche del dissesto, si verifica per la presenza del campanile da un lato e dell'edificio della canonica dall’altro, come possiamo notare dalla figura 125.

Fig. 125. Determinazione delle condizioni di vincolo da adottare nel modello di calcolo.

Questi blocchi sono in grado di offrire una differente condizione di vincolo se soggetti a compressione o a trazione: nel primo caso offrono un vincolo infinitamente rigido che impedisce le traslazioni nel piano e nel secondo caso un vicolo che si mantiene efficace finché non si supera un certo valore di trazione che porta alla perdita di rigidezza da parte del vincolo.

Nel modello si è cercato di riprodurre le effettive condizioni di vincolo: alla base sono stati modellati incastri, mentre sui lati sono stati inseriti carrelli ad asse orizzontale con comportamento non lineare, non resistente a trazione. In direzione longitudinale è stato introdotto un sistema di vincoli, sempre non resistenti a trazione, ma elastici in compressione. La rigidezza delle molle equivalenti è pari a quella offerta dal colonnato della navata centrale, calcolata nell’ipotesi di comportamento shear type (figura 126).

Vincoli non lineari con infinita rigidezza a compressione Vincoli non lineari con limitata rigidezza a compressione

(54)

197  = 

+ . 

 

Fig. 126. Schema per il calcolo della rigidezza del colonnato della navata centrale.

I carichi applicati al modello sono:

- peso della lanterna  P lanterna = 54 kN

- peso del muro di rivestimento della cupola  P muro rivestimento = 1008 kN

- peso della copertura della cupola  Pcopertura cupola = 64 kN

- peso della copertura delle navate laterali  Pcopertura navate laterali = 64 kN

I programmi di calcolo impiegati nella modellazione, Straus7 e NOSA, includono in maniera automatica il peso proprio degli elementi modellati sulla base delle loro dimensioni e del peso proprio.

(55)

198

6.3.5 Interpretazione del quadro fessurativo attraverso il modello.

Il quadro fessurativo, già stato mostrato sommariamente nel capitolo 3, viene ora interpretato alla luce delle analisi effettuate sul modello globale, condotte sia con Straus7 che con il codice NOSA.

In entrambi i casi è stata simulata la non linearità del materiale, in particolar modo abbiamo adottato una resistenza a trazione limitata. I valori di resistenza a trazione per i quali si ottiene la convergenza della soluzione variano tra i due programmi: in Straus7 la minima resistenza a trazione richiesta per la convergenza è di circa 0,8 kg/cmq mentre in NOSA la convergenza sull'equilibrio avviene per valori compresi tra 0,0 e 0,1 kg/cmq. I valori sopra riportati mostrano una certa differenza che giustifica ulteriormente la bontà del programma NOSA nella risoluzione di problemi legati a strutture in muratura. Il risultato ottenuto con NOSA ci permette di trovare una configurazione equilibrata con sole compressioni, situazione che ci assicura, in virtù del teorema statico, una soluzione del problema dell'equilibrio.

Confrontando i risultati ottenuti con i due programmi, si nota che, nonostante il diverso valore di resistenza a trazione richiesta per raggiungere la convergenza, il modello manifesta nei due casi le stesse patologie ed anche i livelli di tensione o forza risultante differiscono di poche unità percento.

Il confronto tra il quadro fessurativo rilevato e quello proveniente dai risultati delle analisi è utile per calibrare il modello e per comprendere se le ipotesi semplificative adottate sono sufficienti a simulare gli aspetti peculiari del comportamento della struttura. Una volta accertata l'idoneità del modello, questo potrà essere impiegato per simulare nuove e diverse situazioni di progetto.

Dall’analisi visiva, gli elementi che presentano un interessante quadro fessurativo sono: - l'arco di sostegno in pietra;

- l'arco di sostegno in mattoni; - il tamburo;

- le trombe; - la calotta.

Non sono state riscontrate lesioni o stati deformativi di interesse nei pilastri cruciformi e sulle pareti del cleristorio.

(56)

199 6.3.5.1 Arco di valico in pietra

L’arco di sostegno in pietra presenta due principali sistemi di lesioni: uno in chiave e l’altro alle reni. Come hanno mostrato gli studi eseguiti nei precedenti paragrafi, la struttura non sembra presentare carenze statiche che giustificano il dissesto riscontrato. Infatti la presenza laterale di due blocchi murari sufficientemente rigidi che impediscono il cedimento delle imposte, unitamente alla buona qualità del materiale, lascia pensare che il dissesto riscontrato possa dipendere dalle patologie di altri elementi strutturali.

Come è possibile notare dalla figura 128, l’arco presenta:

- in chiave, una lesione per trazione nella parte intradossale e un eccesso di compressione sull’estradosso;

- alle reni un eccesso di compressione sull’intradosso e una lesione per trazione sulla parte estradossale.

La tendenza alla formazione di cerniere da parte del sistema resistente è ben visibile nella porzione di arco contrassegnata come zona 2 nella figura 128.

Infatti come possiamo notare dalla figura 129 e 130 la parzializzazione della sezione ha fatto sì che la risultante delle compressioni, valutata in circa 500 kN, passi su circa un quinto della reale altezza dell’arco. Inoltre si nota che l’arco in questione è sollecitato fuori piano in virtù della rotazione che il sistema subisce, a seguito del dissesto dell’arco in mattoni in presenza di condizioni di vincolo dissimmetriche. Per la presenza di una parzializzazione della sezione anche in direzione fuori piano, le compressioni agiscono su metà spessore dell'arco.

E’ possibile a questo punto ricavare la tensione media nella sezione resistente: NEd= 50000 daN

Aresistente = 11 x 28 = 308 cm2

σEd = NEd/Aresistente = 50000 / 308 = 163 daN/cm2

Considerando una distribuzione triangolare delle tensioni, il picco di tensione è pari al doppio della tensione media e vale circa 330 daN/cm2, valore che, pur rimanendo

inferiore al limite di resistenza a rottura del travertino compatto, porta inevitabilmente ad una scheggiatura del materiale (la norma riporta una valore di resistenza a compressione media compresa tra 60 e 80 daN/cm2; in letteratura troviamo valori di

(57)

200

Fig. 128. Vista dell’arco in pietra con localizzazione dei conci interssati dal dissesto.

Fig. 129. A sinistra: parzializzazione alle reni (zona 2) vista dalla zona absidale. A destra: parzializzazione e scheggiatura per compressione alle reni (zona 2) viste dall’interno della cupola.

(58)

201

Fig. 130. A sinistra: parzializzazione in chiave all'intradosso e schiacciamento all'estradosso, visti dall’interno della cupola. A destra: parzializzazione della sezione alle reni (zona 3) .

Questo sistema di lesioni che coinvolge l’arco in pietra si può riscontrare anche dai risultati delle analisi, ottenuti sia con Straus7 che con NOSA.

Fig. 131. A sinistra: Strauss7 - Mappa delle risultanti lungo l’asse dell’arco, vista dalla zona absidale. A destra: NOSA – Mappa delle risultanti lungo l’asse dell’arco, vista dall’interno della cupola.

Dalle mappe a colori, che riportano l’andamento delle compressioni nei conci dell’arco, si osserva che le maggiori compressioni sono concentrate prevalentemente sulla parte intradossale dell'arco e che la distribuzione delle compressioni non è simmetrica. Ciò

(59)

202 trova ottimo riscontro nella realtà, nel maggiore danneggiamento dal lato della canonica. In figura 132 è mostrata la curva delle pressioni che sintetizza e conferma le osservazioni fatte.

Fig. 132. Curva delle pressioni dell’arco in pietra. Blu (risultato Strauss7), rosso (risultato NOSA).

Fig. 133. NOSA – Andamento delle deformazioni di frattura  sulla parte di arco visibile dalla zona absidale.

Dalla figura 133 si nota come le deformazioni di frattura, evidenziate dal codice NOSA, si presentino alle reni dell’arco nella parte estradossale, così come riscontrato nella fase di rilievo e come confermato anche dalla curva delle pressioni di figura 132.

(60)

203 6.3.5.2 Arco di sostegno in mattoni

Il quadro fessurativo dell’arco di sostegno in mattoni della cupola non risulta di facile interpretazione, sia per la presenza dell'intonaco che maschera le lesioni, sia per la forma piuttosto inusuale. Questo arco, come si deduce dal modello, non risulta in grado di sopportare da solo il carico proveniente dalla struttura soprastante e l'equilibrio si realizza facendo ricorso al contributo resistente della soprastruttura. L'andamento delle lesioni sembra seguire il percorso dell'arco di scarico, dove si verificano le maggiori compressioni, con forte inclinazione in corrispondenza delle reni dell'arco. Tale convinzione è scaturita dai saggi che hanno evidenziato la coincidenza tra le venature sull'intonaco e la presenza di fratture nella struttura di laterizio dell'arco. La parte indagata è in prossimità delle reni dell’arco come possiamo notare dalla figura 134. Dal saggio eseguito si è appreso che la lesione è tutt’altro che superficiale ma interessa la muratura di mattoni con formazione di una lesione per compressione.

Fig. 134. A sinistra: localizzazione della zona fessurata sull’arco di mattoni. A destra: particolare delle lesioni presenti sull’arco e sulla ghiera soprastante.

(61)

204

Fig. 135. A sinistra:saggio sull’arco in mattoni. A destra:risultati del saggio con presenza di una rottura in compressione.

Dai risultati delle analisi si apprende che la risultante agente in quella porzione di arco è di circa 205 kN dalla quale si ricava la tensione media nella sezione reagente:

NEd= 20500 daN

Aresistente = 22 x 70 = 1540 cm2

σEd = NEd/Aresistente = 20500 / 1540 = 13.3 daN/cm2

Immaginando un andamento triangolare delle tensioni in corrispondenza dell'intradosso dell'arco, otteniamo dei picchi di circa 27 daN/cm2, valore non molto

elevato per una muratura di tal genere ma tale da poter giustificare fessurazioni in situazioni di degrado (la norma riporta una valore di resistenza media a compressione compreso tra 24 e 40 daN/cm2).

Inoltre è presente una lesione che separa l’arco dalla porzione di muratura soprastante, come si è potuto constatare nel corso del sopralluogo nel sottotetto della navata centrale.

(62)

205 Anche dal modello è possibile riscontrare queste due lesioni che coinvolgono l’arco. Il modello è in grado di riprodurre queste due lesioni che coinvolgono l’arco. In figura 137, dove è mostrato l’andamento delle tensioni secondo l’asse dell’arco, si nota come la porzione centrale sia soggetta ad un pericoloso stato di trazione in direzione verticale. A questo proposito, la lettura archeologica suggerisce uno scarso grado di ammorsamento dell'arco con la porzione di muratura soprastante, realizzato, al più, da mattoni disposti radialmente con effetto spinotto. Tale ipotesi potrebbe giustificare il motivo della lesione all'estradosso, in presenza di un regime tensionale particolarmente gravoso. Tale situazione può in qualche modo aver salvato le sorti di quell’arco che, autoescludendosi dal meccanismo resistente, si trova ora "appeso", salvo quelle parti, in prossimità delle imposte, attraversate dalle compressioni.

Fig. 137. Strauss7 - Mappa delle risultanti lungo l’asse dell’arco.

Fig. 138. Deformata della strutura in seguito alla rottura degli elementi di collegamento tra le due parti.

(63)

206 Questo dissesto è provocato sia dall’assenza di un efficace contrasto laterale in grado di contenere la spinta, sia dalla modesta qualità del materiale, sicuramente peggiore di quello dell'altro arco in travertino.

Dalla nuvola di punti è possibile notare una vera e propria variazione di forma dell’arco rispetto ad una presunta forma originaria a tutto sesto, al più ribassata dal calo della centina. In chiave la differenza con l'arco a tutto sesto raggiunge i 15 cm.

(64)

207 6.3.5.3 Tamburo

Dal rilievo effettuato sulla superficie esterna del tamburo si nota un quadro fessurativo che presenta ampie lesioni localizzate in prossimità degli spigoli. Le principali lesioni sono situate su tre dei quattro lati obliqui dell’ottagono, come è possibile notare dalle immagini seguenti. Un monitoraggio, costituito da fessurimetri in plastica a cavallo delle lesioni e installato probabilmente negli anni '70, è ancora presente, ma non in grado di fornire indicazioni.

Queste lesioni sono riconducibili alla tendenza della struttura alla rotazione verso l’aula, che si produce in virtù della differente rigidezza dei due archi e del diverso ritegno esercitato dai vincoli.

Fig. 140. Prospetto laterale, lato caninica, del tamburo realizzato in mattoni e malte di calce

Fig. 141. A sinistra: Lesione sul lato obliquo del tamburo, vista dalla parte del campanile. A destra: sistemi per il monitoraggio delle lesioni.

(65)

208

Fig. 142. Lesioni sui lati obliqui del tamburo, viste dalla canonica.

Fig. 143. Ipotesi di comportamento: tendenza al ribaltamento della cupola con interessamento del tamburo. A sinistra: deformata modello Straus7. A destra: sezione dal rilievo con laser scan.

Tale situazione viene riscontrata anche dalla lettura della deformata del modello globale come possiamo notare nella figura 143.

(66)

209 Non appena il il sistema tende a sbilanciarsi, nascono trazioni sui lati obliqui del tamburo dove il materiale, dotato di una scarsa resistenza a trazione, si fessura come si osserva nella realtà.

I risultati del modello numerico, in particolare le direzioni principali di trazione, mostrano una evidente corrispondenza con la realtà. Infatti, come si osserva in figura 144, i vettori delle direzioni principali di colore rosso (indice di uno stato di trazione severo) si collocano proprio sui lati obliqui, là dove si riscontrano le principali lesioni.

Fig. 144. Strauss7 - Ricerca del quadro fessurativo: possibile formazione di lesioni sulla base delle direzioni principali riscontrate con l’analisi.

Dal sopralluogo nei sottotetti della navata centrale e dell’abside è stato possibile valutare anche la situazione di queste porzioni del tamburo, peraltro non visibile dall’esterno.

Dalla figura 145 si osserva una situazione estremamente diversa nei due lati opposti del tamburo: il lato rivolto verso la navata centrale è interessato da un sistema di lesioni importanti e da deformazioni sensibili, mentre il lato rivolto verso l’absibe non presenta dissesti rilevabili ad occhio. Allo scopo di monitorare l'andamento delle lesioni, in passato sono stati installati vetrini a cavallo delle fessure, fissati con pasticche di calce. L'evoluzione del quadro fessurativo è dimostrato dalla caduta di alcuni dei vetrini e dalla fessurazione delle pasticche di calce.

(67)

210

Fig. 145. Sopra: lato del tamburo visto dal sottotetto della navata centrale. Al centro: ipotesi di quadro fessurativo tracciabile dai risultati delle analisi, seguendo la direzione delle tensioni principali. Sotto: lato del tamburo visto dal sottotetto della parte absidale.

(68)

211 L’esteso quadro fessurativo presente nel lato del tamburo verso la navata, sulla faccia nascosta nel sottotetto della navata centrale, spiega quanto già detto nel paragrafo precedente a proposito del dissesto dell’arco in mattoni. In particolare, l'andamento delle fessure e l'accentuata deformazione dei filari fanno intuire la formazione di una porzione di muratura delimitata da un arco di scarico che ha subito un cedimento ed è attualmente fuori esercizio. Tale situazione si riscontra anche dai risultati delle analisi: in figura 146 che mostra la mappa delle tensioni principali, si osserva una zona che comprende la parte centrale dell’arco e il tamburo soprastante, soggetta a tensioni di trazione, con la soprastante parabola di scarico.

Fig. 146. Strauss7 - Mappa delle tensioni principali: formazione della parabola di scarico.

(69)

212 E’ stato rilevato anche l’abbassamento dei filari del tamburo nella parte centrale che raggiunge circa 7 cm rispetto all'orizzontale e che trova corrispondenza nelle quote della cornice soprastante rilevate topograficamente durante la campagna di misure con la stazione totale. Tracce di questo notevole abbassamento sono riscontrabili anche nella forma del muro, realizzato negli anni '30 del ‘900 per sostenere la nuova copertura della calotta, che presenta su un lato un dislivello di 3 filari di mattoni, necessari per riportare in piano l'appoggio della copertura.

Fig. 148. NOSA - Ipotesi di quadro fessurativo in base all’andamento delle deforazioni di frattura: particolare della lesione che separa l’arco in mattoni dalla porzione muraria soprastante.

(70)

213 6.3.5.4 Trombe

E’ stato rilevato anche l’abbassamento dei filari del tamburo nella parte centrale che raggiunge circa 7 cm rispetto all'orizzontale e che trova corrispondenza nelle quote della cornice soprastante rilevate topograficamente durante la campagna di misure con la stazione totale. Tracce di questo notevole abbassamento sono riscontrabili anche nella forma del muro, realizzato negli anni '30 del ‘900 per sostenere la nuova copertura della calotta, che presenta su un lato un dislivello di 3 filari di mattoni, necessari per riportare in piano l'appoggio della copertura.

(71)

214 Anche dal modello possiamo notare come questi elementi tendano ad essere soggetti ad un quadro fessurativo esteso.

Fig. 151. Andamento delle tensioni principali.

6.3.5.5 Cupola

Il rilievo del quadro fessurativo della cupola è stato eseguito grazie a un sistema di sollevamento mobile, che ha consentito un rilievo di dettaglio del sistema di lesioni.

Fig. 152. Piattaforma sollevatrice per la determinazione del quadro fessurativo delle zone non visibili dal ponteggio.

(72)

215 In particolare nella parte intradossale della calotta non sono presenti lesioni che destano particolari preoccupazioni e tali da indurci ad effettuare ulteriori saggi conoscitivi. Ciò che si riscontra, come mostrato dalla figura 150, è un insieme di piccole lesioni che si diffondono a ragnatela su gran parte della superficie.

Come si può notare dal rilievo delle quote della cornice (figura 154 e 155), la cupola ha subito due ordini di movimenti: una serie di assestamenti locali, in corrispondenza dei due archi di sostegno, e una rotazione rigida, dovuta al maggior cedimento dell'arco di mattoni.

(73)

216

Fig. 154. Determinazione delle quote in alzato sulla superficie esterna della cupola.

Fig. 155. Particolare del tiburio: la muratura di coronamento a sostegno della nuova copertura è stata realizzata in maniera dissimetrica per recuperare l’orizzontalità del piano.

(74)

217 Nelle figure 156 e 157 sono riportate le deformazioni di frattura, sull’intradosso e sull’estradosso. Esse ci danno indicazione sul possibile lesionamento della calotta.

Fig. 156. NOSA – Andamento delle deformazioni di frattura sull’intradosso della calotta.

(75)

218

6.3.6 Confronto tra modelli con differente estensione della lesione tra

arco e tamburo.

Nel corso del rilievo effettuato nel sottotetto della navata centrale, oltre all'esteso quadro fessurativo sul tamburo della cupola, è stata notata un’importante lesione che separa l’arco di sostegno in mattoni dalla muratura soprastante. Ciò risulta evidente in figura 158, dove si osserva anche la volta in mattoni della navata centrale, costruita successivamente al tamburo, che vi si accosta senza alcun tipo di ammorsamento.

Fig. 158. Particolare della lesione che separa l’arco in mattoni dalla porzione di muratura soprastante.

La presenza del riempimento agli angoli delle volte non ha consentito di determinare con esattezza l’estensione della lesione oltre la parte in vista. Come detto sopra, non è stato neppure possibile valutare l'originario grado di ammorsamento dell'arco con la muratura soprastante, ma dalla conformazione rilevata e dall'ipotetica sequenza costruttiva, è possibile immaginare che il collegamento sia consistito in sporadici mattoni.

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219 Alla luce di tali considerazioni, per poter simulare il dissesto e valutare quindi il grado di sicurezza residuo della struttura attraverso alcuni parametri significativi, è stato realizzato un modello che prevede la schematizzazione di una serie di collegamenti non resistenti a trazione tra l'arco e la muratura soprastante, collocati in una zona di estensione variabile. In particolare, sono state eseguite diverse simulazioni in cui è stato ricavato il valore della massima compressione all'intradosso dell'arco, in prossimità delle reni, dove è stato effettuato il saggio conoscitivo mostrato in figura 159.

Fig. 159. Saggio sull'arco di mattoni nella zona fessurata in prossimità delle reni.

L'entità del quadro fessurativo in tale zona indica infatti un eccesso di compressione, la cui risultante è stata quantificata attraverso il modello di calcolo ed è stata rappresentata in funzione dell'estensione della zona fessurata. Il modello che massimizza la compressione è quello in cui non è presente alcun distacco tra arco e muratura soprastante.

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220 La lesione è stata simulata attraverso elementi gap che offrono una opportuna rigidezza se soggetti a compressione e rigidezza nulla in trazione.

Nello specifico sono state eseguite quattro prove, tutte con materiale avente resistenza a trazione pari a 0.85 daN/cmq. La prima non prevede elementi gap, le altre invece hanno elementi gap disposti in zone di larghezza progressivamente crescente.

Fig. 161. Estensione delle diverse lesioni simulate per lo studio del comportamento globale della struttura

La prova 3 è quella in cui l’estensione della zona gap è pari alla porzione dell’arco visibile dal sottotetto; le prove 2 e 4 presentano rispettivamente una riduzione e una maggiorazione dell’estensione rispetto alla prova 3.

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221 6.3.6.1 Analisi dei risultati

Dalle quattro analisi effettuate è stato ricavato lo stato di tensione nel punto di controllo individuato e la risultante in termini di forza normale N e taglio T.

Prova  (/ !)  (/ !) Estensione lesione (m) N [kN] T [kN] Direzione tensioni 1 -16.40 0.330 / -193.4 30.4 2 -12.70 0.296 3.46 191.9 27.4 3 -10.90 0.290 4.84 181.3 29.0 4 -10.40 0.295 5.76 159.8 20.1

Tab. 15. Variazione dei parametri di controllo in funzione della diversa estensione della lesione.

Fig. 162. Andamento della compressione all'intradosso dell'arco, in prossimità delle reni, in funzione dell'estensione della lesione.

Dalla tabella 15 e dal grafico di figura 162 è possibile notare come il valore della tensione di compressione vada ad aumentare al diminuire dell’estensione della lesione. I valori ottenuti, dell’ordine dei 10/12 daN/cmq, non sono tali da determinare il collasso in compressione di una muratura di mattoni e malta di calce, ma, trattandosi di valori medi, la punta di tensione potrebbe aver raggiunto valori ben superiori sul

Figura

Fig. 75. Modello 1 con incastri alla base - Strauss 7 - curva delle pressioni riferita alla sezione 3-3 e  deformata in assonometria
Fig. 77. NOSA–prospetti deformazioni di frattura    . A sinistra: intradosso. A destra: estradosso.
Fig.  92.  Modello  3  -  Strauss  7  -  prospetto  trasversale  della  calotta  con  la  mappa  delle  tensioni  principali e curva delle pressioni riferita alla sezione 1-1
Fig. 96. Modelli 1, 2 e 3 - Codice NOSA -Mappa delle tensioni principali sull'estradosso in pianta;
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