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CAPITOLO 4 Studio geologico – tecnico dei terreni interessati dalla galleria di valico nel tratto tra Berceto e Pontremoli.

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

Studio geologico – tecnico dei terreni interessati dalla galleria

di valico nel tratto tra Berceto e Pontremoli.

4.1 Inquadramento generale

L’area in studio è compresa nel Foglio n°216 “Borgo Val di Taro”, in scala 1:50000, del Servizio Geologico d’Italia, realizzato dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito del Progetto CARG.

E’compresa a Nord dal parallelo di Monte Barigazzo ed a Sud da quello di Monte Vergastrelli, mentre è limitata tra i meridiani passanti da Compiano, ad occidente, e da Berceto, ad oriente.

L’area del Foglio ricade per 4/5 nella Provincia di Parma, nel bacino idrografico del Fiume Taro mentre solo una piccola porzione Nord-Occidentale risulta drenata dagli affluenti del Fiume Ceno; per circa 1/5 della sua superficie ricade invece nella Provincia di Massa, comprendendo parte del bacino idrografico dell’Alta Val di Magra.

I rilievi principali della zona sono Monte Orsaro (1831 m. s.l.m.), Monte Molinatico (1549 m. s.l.m.), Monte Vergastrelli (1453 m. s.l.m.), Monte Borgognone (1401 m. s.l.m.) e Monte Barigazzo (1284 m. s.l.m.).

La infrastruttura autostradale esistente si snoda all’interno di questa macroarea per uno sviluppo complessivo di circa 10-11 km., attraversando il crinale appenninico principale e presentando quote comprese tra i valori di 650 m. (Località Poliria) e 520 m. (Comune di Berceto), con quota massima pari a ca. 780 m. in corrispondenza della galleria di valico del Passo della Cisa.

Da un punto di vista geografico risultano direttamente interessati porzioni di territorio appartenenti ai Comuni di Pontremoli, Berceto e Borgo Val di Taro, in corrispondenza della zona di confine tra le Regioni Toscana ed Emilia Romagna.

Le soluzioni proposte al Capitolo precedente prevedono entrambe la realizzazione di una nuova galleria di valico, a quota inferiore di quella esistente e comunque non superiore ai 700 m. s.l.m.

Come si può osservare dalla figura di seguito riportata e dalle tavole allegate si osserva che il tracciato delle due gallerie tende a coincidere per buona parte dal punto di vista planimetrico

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avremo cioè planimetricamente, procedendo in direzione La Spezia, due imbocchi diversi e la solita uscita dove avviene l’allacciamento all’Autostrada esistente ad una quota di 650 m.:

Figura 1: Gallerie di valico - Sol. I e II

L’idea di seguire questo tracciato per entrambe le soluzioni viene giustificato dal seguente studio geologico – geotecnico dei terreni che saranno certamente o con buona probabilità interessati dagli interventi di adeguamento.

4.2 Inquadramento geologico

Mentre le formazioni ed i sedimenti affioranti nell’area in esame sono stati puntualmente cartografati ed analiticamente caratterizzati per quanto concerne le loro caratteristiche strutturali, cronologiche, tettoniche, stratigrafiche e di appartenenza, ancora acceso e vivo è il dibattito tra gli esperti del settore sulle ipotesi di ricostruzione geologica finalizzata a dare una definitiva collocazione paleogeografica alle diverse unità, tenendo conto dei loro caratteri stratigrafici e della loro attuale posizione strutturale.

Poiché non è compito di questo lavoro addentrarsi nelle varie ed a volte contrastanti ipotesi di riordino paleogeografico delle varie Unità tettoniche, in questa fase sono state analizzate le caratteristiche geologiche, con i dovuti riferimenti alla geometria degli ammassi, alle caratteristiche geomeccaniche e geotecniche, nonché all’attuale collocazione stratigrafico – tettonica.

Da una prima generale osservazione della allegata Carta geologica e delle sezioni rappresentative si nota che la Val di Taro si caratterizza per la presenza pressoché continua di unità liguri cretaciche alloctone, mentre il settore meridionale del Foglio presenta le unità tettoniche tosco-umbre che, sovrascorse dalla “coltre alloctona subligure di Canetolo”,

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costituiscono la parte strutturalmente inferiore dell’edificio appenninico, nella cosiddetta ossatura della catena. In questa area le unità tettoniche tosco-umbre sono espresse dalla successioni torbiditiche oligo-mioceniche di avanfossa del Macigno e delle Arenarie di Pracchiola; queste ultime risultano strutturalmente sottostanti alla piega rovesciata del Macigno di Monte Orsaro ed affiorano in finestra tettonica, circondate dalla sovrastante Unità Canetolo. Altre due finestre tettoniche, nella zona di Valdena e di Ghiare di Berceto, permettono di verificare la presenza di unità terziarie subliguri o ad affinità subligure, sotto l’alloctono ligure di età cretacica.

Nella figura riportata alla pagina successiva sono indicate le composizioni litostratigrafiche delle varie unità tettoniche, con una indicazione schematica sulle litofacies espresse nelle singole formazioni.

Figura 1: Schema geologico di insieme

Le Unità liguri affioranti nel Foglio sono sovrapposte nel seguente ordine, dall’alto verso il basso:

- Unità Gottero;

- Unità Media Val di Taro; - Unità Ottone;

- Unità Caio.

In una limitata porzione del foglio, precisamente alla estremità di NE affiorano l’Unità Cassio con la sottostante Unità Groppallo le quali risultano separate dalle altre Unità da contatti tettonici di difficile interpretazione.

Nella parte centrale del Foglio affiora l’estesa placca di Monte Barigazzo, formata dalla Successione epiligure inferiore (marne di Monte Piano – Arenarie di Ranzano), depositata in discordanza stratigrafica sulla Unità Media Val di Taro, dopo la fase ligure, in un intervallo

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L’Unità Media Val di Taro sovrascorre l’Unità Ottone che a sua volta ricopre l’Unità Caio, collocata nella posizione inferiore dell’edificio liguride cretacico più interno. Solo lungo il margine NW del Foglio l’Unità Ottone sovrascorre l’Unità Media Val di Taro.

Una parte del settore meridionale del Foglio è occupata dalla Unità Gottero che si estende con direzione antiappenninica per circa 20 km., sovrascorrendo l’Unità Media Val di Taro, lungo il margine di NW e, con la interposizione di esigui spessori di Unità Canetolo e di Unità Caio, il Macigno lungo il margine di SE.

Questa particolare situazione strutturale potrebbe essere spiegata ammettendo che la messa in posto della Unità Gottero possa essere piuttosto tardiva e possa risentire dei poderosi innalzamenti tettonici che hanno portato alla strutturazione della dorsale del macigno, prima della impostazione del regime estensionale Plio-Pleistocenico.

4.3 Inquadramento morfologico, idrografico ed orografico.

Sia il paesaggio che la situazione morfologica di questo ampio settore di catena appenninica appaiono quanto mai diversificati e variegati, riassumendo in maniera organica e completa gli aspetti tipici e caratteristici dell’Appennino Settentrionale che si possono considerare come vere e proprie “Unità di Paesaggio”, in conseguenza sia delle marcate e specifiche peculiarità geologiche che per la particolare evoluzione geomorfologica. Infatti, a vista d’occhio, si passa in maniera più o meno rapida ad una evidente varietà di paesaggio, individuando in particolare:

- forme alpestri del complesso montuoso del “Macigno”;

- svariate formazioni collinari arenacee e flyscioidi, con conformazioni più dolci a dorso d’asino o mammellonari;

- formazioni più tipicamente argillose, nelle zone appena più depresse o basso-collinari, più dissestate e di conseguenza più predisposte all’anomalia morfologica dalle quali spuntano, per differenza di resistenza all’azione degli agenti esogeni, maestose masse ofiolitiche oppure notevoli spuntoni calcarei, per lo più olistoliti;

- forme tipicamente fluviali, da pianeggianti a sub-pianeggianti, generate dalla secolare e diuturna azione del Fiume Taro e dei suoi affluenti, oppure forme residue degli antichi sedimenti lacustri disseccati dalla continua ed incessante azione rimodellatrice dei torrenti ivi defluenti.

Dal punto di vista idrografico l’area in oggetto si colloca nella sua parte centro - meridionale nei bacini idrografici del Fiume Taro (tratto medio – alto), del Fiume Magra, del Torrente Parma e del Torrente Baganza, mentre la porzione settentrionale ricade nel bacino del Torrente Ceno che, a sua volta confluisce nel Taro presso Fornovo. Altri importanti corsi d’acqua sono il Mozzola ed il Manubiola.

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Una particolarità che emerge immediatamente è l’escursione di elevazione dello spartiacque principale tra il Monte Marmagna (1852 m. s.l.m.) ed il Monte Scassella (1238 n. s.l.m.) il quale tocca le quote minime sui Passi della Cisa (1039 m. s.l.m.) e del Borgallo (1025 m. s.l.m.); ciò è dovuto all’alternarsi di estese unità rocciose arenacee, maggiormente resistenti ai processi di degradazione meteorica ed alla erosione degli agenti morfogenetici, con unità dominate da peliti più sensibili all’erosione.

Lo spostamento dello spartiacque verso nord che si avvicina pochi chilometri dal Taro, riflette il poderoso arretramento della testata del Torrente Verde e del Fiume Magra ai danni del versante padano.

Da un punto di vista orografico, invece, la valla più importante che attraversa il Foglio è quella del Fiume Taro, la quale, in questo settore medio – alto, presenta restringimenti e varici legati alla natura litologica dei versanti e alla evoluzione del reticolo di drenaggio. Gran parte dei caratteri dei suoi versanti, di seguito presi in esame, possono valere anche per la attigua Val Ceno e in parte per la Val Baganza; l’alta Val di Magra invece presenta dei caratteri propri in quanto scolpita prevalentemente nelle arenarie del Macigno.

Il profilo vallivo della Val Taro, secondo il tracciato Monte Molinatico – Monte La Tagliata enfatizza la natura lito-strutturale del substrato e mostra una sezione schematica come in figura:

Figura 2 : Profilo vallivo della Val Taro tra M. Molinatico e M. La Tagliata

In tale profilo si evidenzia, in sponda sinistra, l’appoggio della sinclinale epiligure dominata dalle arenarie di Ranzano sul substrato liguride di natura argillosa e , in sponda destra, l’andamento monoclinale delle arenarie di Monte Gottero della placca di Monte Molinatico, sempre sovrapposte alle Unità argillose liguri. Nel versante Nord di Monte Molinatico si osservano controtendenze alte alcuni metri dovute a trincee originate da deformazioni gravitative profonde di versante connesse a faglie e fratture associate neotettoniche, prevalentemente orientate NW-SE che segmentano il rilievo.

Un altro profilo vallivo trasversale rappresentativo della Val Taro è compreso tra Monte Barigazzo e Monte Formigare che attraversa unità argillose caotiche con corpi arenacei,

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calcarei od ofiolitici associati e masse prevalentemente calcaree più organizzate riferibili al Flysch di Monte Caio.

Si osserva che le valli sono sufficientemente larghe ed a sezione concava, con accentuazione delle pendenze nei settori dove affiorano le rocce più resistenti (ofioliti ed arenarie di Scabiazza), meno ricche di interstrati argillosi, ed il flysch di Monte Caio.

Tale profilo viene schematizzato in figura:

Figura 3: Profilo vallivo della Val Taro tra M. Formigare e M. Barigazzo

4.4 Inquadramento tettonico

Il segmento appenninico tosco-emiliano è una parte della catena le cui caratteristiche sono di importanza sostanziale ai fini della ricostruzione della evoluzione tettonica dell’intero Appennino Settentrionale, con non trascurabili riflessi sulla complessa problematica relativa ai rapporti con le Alpi liguri.

Il Foglio si colloca in una parte della catena appenninica che presenta diversi livelli dell’edificio strutturale; infatti, seguendo grosso modo la direzione diagonale SW-NE può essere suddiviso in due settori principali: uno Nord-Occidentale, strutturalmente ribassato, e l’altro Sud-Orientale, sensibilmente coinvolto dall’innalzamento tettonico.

La fascia di separazione tra questi due settori, interessata da numerose faglie a direzione SW-NE, rappresenta la più evidente discontinuità strutturale ad andamento trasversale che attraversa l’Appennino Settentrionale e trova riscontro anche in profondità, laddove indagini geofisiche hanno evidenziato una importante discontinuità del basamento, stimato a circa 3 km di profondità, nella zona di Pontremoli, e tettonicamente ribassato fino a circa 13 km., a NW della Val Taro.

In superficie appaiono pure evidenti le differenze tra il settore di NW e quello di SE: nel primo sono conservate quelle Unità liguri che normalmente occupano la posizione strutturale più alta nonché una estesa placca di Epiliguri; nel secondo, invece, affiorano le Unità tosco-umbre (Unità Macigno e Pracchiola) che costituiscono, come già detto, l’ossatura della catena, e che, tettonicamente molto rialzate, controllano l’orografia della dorsale principale.

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Nello schema tettonico si può chiaramente osservare come la fascia di passaggio tra i due settori sia in parte occupata dalla Unità Gottero che si allunga da SW a NE e risulta sovrascorsa piuttosto tardivamente, probabilmente condizionata anche da traslazioni gravitative indotte dagli innalzamenti delle zone Sud-Orientali.

In prossimità della fascia trasversale di discontinuità tettonica si allineano inoltre tre finestre tettoniche, dove affiorano le unità subliguri terziarie.

Un’altra importante discontinuità strutturale che si nota osservando lo schema tettonico è la quasi generale interruzione verso NW del sistema di faglie estensionali plio-pleistoceniche che controlla l’impostazione delle fosse tettoniche del pontremolese: è probabile che questa interruzione sia in qualche modo connessa alla imponente discontinuità strutturale del basamento

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4.5 Caratterizzazione geologico-tecnica dell’area interessata dal progetto di adeguamento funzionale.

L’area che dovrà accogliere gli interventi di adeguamento funzionale e di messa in sicurezza della Autostrada A15 “Autocamionale della Cisa” si estende nel settore Sud -Orientale del Foglio n°216 precedentemente esaminato.

Da una disamina più dettagliata e particolareggiata della stessa Carta geologica si è proceduto alla ricostruzione geometrica dei rapporti della pila di coltri che compongono le varie Unità litologiche presenti; in particolare, attraverso la definizione di una sezione eseguita lungo il nuovo asse stradale in progetto e le linee rappresentative dei contatti meccanici e non tra le diverse formazioni affioranti, si è giunti alla schematizzazione riportata alla pagina seguente:

Figura 5: Ricostruzione geometrica dei rapporti tra le formazioni

Dalla figura riportata e dalla sezione geologica allegata si riescono ad individuare quelli che sono i Domini e le Unità strutturali principali e caratteristiche dell’area in studio, elencate qui di seguito a partire da quella posta in posizione geometrica più elevata, mantenendo in tal modo l’ordine che hanno in legenda sulla Carta geologica allegata:

- Dominio Ligure

o Unità Gottero

o Unità Media Val di Taro

o Unità Ottone o Unità Caio - Dominio Sub-Ligure o Unità di Canetolo - Dominio Tosco-Umbro o Unità Macigno

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o Unità Pracchiola

4.5.1 Dominio Ligure Unità Gottero

Si estende su un ampio settore allungato in direzione antiappenninica tra la media Val di Taro ed il Pontremolese ed occupa la posizione strutturale sommitale. E’rappresentata, per quanto riguarda l’area in studio, solo dalle Arenarie di Monte Gottero che, delimitate alla base da una superficie di sovrascorrimento, dall’estremità SW del Foglio fino al Passo della Cisa, si sovrappongono ad unità diverse. Lungo il margine nord-occidentale infatti, l’Unità Gottero risulta costantemente sovrascorsa all’Unità Media Val Taro, mentre lungo il margine S-E sovrascorre quasi direttamente il Macigno, con limitatissime interposizioni di brecce ofiolitiche e di lembi delle Unità Caio e Canetolo.

Arenarie di Monte Gottero (GOT)

Potente successione di arenarie torbiditiche generalmente poco inclinate verso NW e ben affioranti sui ripidi versanti sud-orientali dei rilievi che dalla località tipo (Monte Gottero) si dispongono lungo il confine tosco – emiliano fino al Passo della Cisa.

L’unità si presenta generalmente poco deformata, coinvolta da faglie abbastanza inclinate e da deformazioni plicative piuttosto blande; solo nella zona a sud di Monte Molinatico le arenarie risultano coinvolte in un piegamento che verticalizza alcune centinaia di metri di successione.

La formazione è costituita da arenarie quarzoso-feldspatiche in strati torbiditici con paleocorrenti dai quadranti meridionali, alternate ad argilliti e siltiti nerastre prive di carbonati (rapporto a/p >> 1); le arenarie si presentano generalmente a grana media e grossolana, in strati spessi e molto spessi, frequentemente massivi con intraclasti di argilliti verdine piuttosto frequenti. Si alternano a questa litofacies peliti nerastre con intercalate arenarie fini grigio scure (rapporto a/p circa pari a 1) in strati medi e sottili, laminati e ricchi di controimpronte da corrente che evidenziano direzioni di paleocorrente dai quadranti meridionali.

La formazione raggiunge una potenza di circa 1000 m. e comprende una litozona argillitica caotica (GOTa) intercalata probabilmente a livelli diversi.

Il contatto basale è sempre di sovrascorrimento sulle argilliti di S.Siro o sulle Arenarie di Scabiazza; in alcune esposizioni però, si ha l’impressione che la superficie meccanica che separa le Arenarie di Monte Gottero dalle unità sottostanti possa rappresentare la tettonizzazione di un contatto originariamente stratigrafico.

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La datazione di questa unità risulta molto difficoltosa per la pressoché totale assenza di carbonati nelle peliti di interstrato. Solo nelle alternanze basali è stato possibile reperire campioni utili alle analisi biostratigrafiche, sia in Val Tarodine sia sul versante toscano poco a sud del limite meridionale del Foglio 216. In entrambi i casi i campioni hanno permesso di riferire l’unità alle cronozone appartenenti al Coniaciano-Santoniano per la presenza di microfossili guida.

Questa datazione anticiperebbe sensibilmente l’inizio della sedimentazione delle Arenarie di Monte Gottero della placca Monte Gottero – Monte Molinatico rispetto all’inizio delle Arenarie di Monte Gottero che affiorano nel settore di Monte Zatta.

Unità Media Val Taro

Questa Unità affiora ampiamente nel Foglio 216 ed in particolare per buona parte dell’area in studio estendendosi in massima parte nella Media Val di Taro e venendo a mancare solo nei settori più meridionali dove il sollevamento tettonico delle Unità Tosco-Umbre ha favorito l’erosione di gran parte delle liguridi.

In tutta la zona della Media Val Taro questa unità occupa la posizione più elevata fra le unità liguri ed è ricoperta in discordanza stratigrafica dalla placca epiligure di Monte Barigazzo, mentre più a sud è sovrascorsa dall’Unità Gottero.

L’Unità Media Val Taro si identifica in una successione ricostruita con ampi margini di incertezza in quanto i termini che la compongono presentano, per lo più, contattidi natura tettonica. La ricostruzione di questa successione si basa quindi su un notevole numero di osservazioni effettuate su tutta l’area, integrate da un considerevole numero di analisi biostratigrafiche.

E’ stata riconosciuta una successione che copre un intervallo compreso tra il Cretacico Inferiore ed il Maastrichtiano e dall’alto al basso è così composta:

- Flysch di Testanello; - Arenarie di Campi; - Arenarie di Scabiazza; - Argilliti di S.Siro;

- Argille a palombini di Monte Rizzone.

L’assetto dell’unità è sempre alquanto deformato; si può comunque riconoscere, con riferimento all’area in studio, un elemento Ostia inferiore ed un elemento S.Siro superiore. Dal punto di vista della composizione stratigrafica nell’elemento Ostia le argille a palombini di Monte Rizzone (AMR) sono seguite da notevoli spessori di Arenarie di Scabiazza (SCB), con la rara interposizione di poche argilliti di San Siro (SSI) e chiusura della successione delle Arenarie di Campi (ACM): relativamente alla zona in esame, dei suddetti complessi

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litologici che costituiscono la successione dell’Unità Media Val Taro, affiorano solamente il membro delle argille a palombini di Monte Rizzone e le Arenarie di Scabiazza.

Argille a palombini di Monte Rizzone (AMR)

Affiorano in maniera sempre piuttosto limitata accompagnando le Arenarie di Scabiazza nella zona di Berceto. L’Unità si presenta come una alternanza di argilliti grigio-scure, verdastre e nocciola e calcari micritici grigi e grigio-verdini, raramente biancastri, in strati sottili e medi, talora spessi, rivestiti da patine giallastre ed in qualche caso da incrostazioni di ossidi neri; gli strati calcarei mostrano frequentemente una base calcarenitica fine, laminata, ed un tetto marnoso.

Localmente si intercalano arenarie fini, grigio-scure, laminate in sottili alternanze ed argilliti marnose grigie in strati spessi; tra Berceto e Monte Marino alcuni lembi di argille a palombini sembrano costituire la base delle Arenarie di Scabiazza che, in prossimità del contatto, sono sempre in facies politico-arenacea nerastra, priva di carbonati.

La deformazione, sempre molto intensa, permette solo una valutazione generica dello spessore geometrico che si aggira sui duecento metri circa. Le condizioni di sedimentazione potevano essere emipelagiche con l’inserimento di eventi torbiditici molto fini; dall’analisi dei microfossili è possibile derivare l’età dell’unità all’Aptiano.

Arenarie di Scabiazza (SCB) (cfr. Arenarie di Ostia)

Affiorano molto estesamente nel Foglio ricoprendo settori molto ampi: fra le liguridi, escludendo le Arenarie di Monte Gottero, è la formazione che normalmente si ritrova alle quote più alte.

L’Unità si sviluppa in una successione che inizia con sottili alternanze di argilliti nerastre ed arenarie litiche fini e medie, laminate, che passano gradualmente ad arenarie fini e/o molto fini, in strati sottili o molto sottili, con un tetto di marna argillosa grigio-nocciola regolarmente alternate da sottili livelli di argilliti grigio scure (rapporto a/p < 1).

Salendo nella successione si inseriscono a diversi livelli intercalazioni di una litozona caotica (SCBa), aumenta il rapporto a/p fino a valori maggiori di 1 e si intercalano marne siltose grigie in strati torbiditici molto spessi con letto arenitico e conglomeratico, a clasti minuti di derivazione prevalentemente sedimentaria. Verso il tetto l’unità di frequente passa ad una litozona pelitica policroma (SCBb).

Il limite inferiore è un contatto stratigrafico che si risolve per alternanze in breve spazio, la sedimentazione è torbiditica con l’inserimento di episodi di frane sottomarine.

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Unità Ottone

In questo Foglio l’Unità Ottone è rappresentata da ampi settori dove è ottimamente esposto il Complesso di Casanova che è seguito stratigraficamente dal Flysch di Ottone, presenti nell’area in modo piuttosto limitato.

Infatti essi si ritrovano solo ai margini occidentali del Foglio dove costituiscono il rilievo di Monte Pelti, in alcuni limitati lembi nell’alveo del Fiume Taro e sul versante destro della Val Taro tra il Torrente Cogena ed il Groppo San Giovanni.

Complesso di Casanova (CCV)

Il Complesso di Casanova, che a tutti gli effetti può essere considerato il substrato stratigrafico del Flysch di Ottone, è una Unità che contiene ofioliti rimaneggiate interposte come olistoliti in sedimenti prevalentemente rappresentati da brecce monogeniche e poligeniche ed arenarie torbiditiche a dominante componente ofiolitica.

I rapporti stratigrafici tra questo complesso ed il Flysch di Ottone sono ben visibili a nord di Compiano.

Le ofioliti, prevalentemente rappresentate da basalti e serpentiniti, affiorano in corpi di dimensione variabile da qualche decina di metri ad alcuni chilometri, con spessori massimi compresi tra 150 e 200 metri.

Il complesso di Casanova della Media Val Taro sembra mantenere in tutta l’area considerata una giacitura rovesciata, uniformandosi in questo alle caratteristiche giaciturali di altri complessi di base dell’Appennino.

Come già anticipato le ofioliti di queste zone sono rappresentate prevalentemente da ultramafiti serpentinizzate e basalti: le serpentiniti risultano completamente trasformate e nulla rimane della originaria paragenesi mineralogica, i basalti sono caratterizzati prevalentemente dalla facies a pillows (cuscino), mentre la facies massiccia o senza forme di raffreddamento risulta subordinata e non sempre distinguibile e delimitabile sul terreno; assai sporadiche sono le forma filoniane, in genere rappresentate da filoni decimetrici intercalati nei basalti in pillows.

Infine tenendo conto che il Complesso di Casanova appoggia rovesciato sul Flysch di Ottone e che non esiste la sua base stratigrafica, si può desumere che il suo spessore massimo è valutabile tra i 400 ed i 500 m. in alcune zone mentre si riduce a poche decine di metri nel fondovalle Taro.

Nell’ambito del Complesso di Casanova si distinguono, senza un chiaro ordine stratigrafico le seguenti litozone:

- Arenarie ofioliticche (CCVa) - Argille a blocchi (CCVb)

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- Brecce poligeniche (CCVc) - Siltiti nerastre (CCVd) - Argille a palombini ( ap) - Serpentiniti (Σ)

- Brecce serpentinitiche monogeniche(br1) - Brecce serpentinitiche poligeniche (br2) - Basalti in pillows (βp) e graniti (γ) - Brecce basaltiche (br3)

Di queste litozone costituenti l’articolato complesso affiorano nell’area in studio le Argille a blocchi (CCVb) e, molto limitatamente, i Basalti in pillows (βp).

Argille a blocchi (CCVb)

Le argille a blocchi rappresentano le brecce sedimentarie più diffuse e potenti; rappresentano i tipici depositi di colata sottomarina costituiti da materiali caotici in cui, in una matrice argillosa grigiastra finemente scagliettata, si trovano immersi frammenti rocciosi eterometrici, prevalentemente costituiti da calcari micritici tipo “palombino”, subordinatamente da frammenti di basalti, serpentini, graniti, diaspri, calcari tipo maiolica, arenarie verdi ed a volte clasti di brecce;la dimensione dei clasti interclusi è di norma decimetrica (1-2 dm) ma non mancano elementi di 1 metro ed oltre.

Il rapporto matrice/clasti è variabile ma sempre a favore della matrice la quale a volte assume un carattere preponderante: in questo caso nella matrice argillosa si denotano tracce di laminazioni sedimentarie che consentono di apprezzare la giacitura dell’Unità.

Questo tipo di brecce risulta distribuito in vari orizzonti nel complesso delle brecce e gli spessori variano da qualche metro ad alcune centinaia di metri.

Basalti in pillows (βp)

Anche i basalti costituiscono imponenti masse rocciose intercalate nelle brecce, anche se non raggiungono l’estensione e lo spessore delle serpentiniti.

Queste lave, grigiastre o grigio-verdastre, spesso rossastre per ossidazione, sono caratterizzate frequentemente dalle tipiche forme di raffreddamento in “cuscini” (pillows-basalts della letteratura) di forma e dimensioni variabili, in genere con diametro compreso tra 0,5 ed 1 metro: tra un pillow ed un altro si notano spesso setti di separazione costituiti da frammenti vetrosi (ialoclastiti) che contornano i singoli pillows con spessori centimetrici. La parte esterna dei pillows è quasi sempre caratterizzata da una struttura afirica o vetrosa e dalla presenza di sferule variolitiche da millimetriche a centimetriche, mentre la parte interna,

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soggetta ad un raffreddamento più lento, mostra una grana grossolana e visibile ad occhio nudo.

In molti affioramenti appaiono nettamente brecciati per effetto di una fratturazione sia radiale che concentrica, di quasi sicura origine primaria, cioè legata all’originaria messa in posto delle lave oceaniche.

Ai basalti in pillows si associano, in maniera subordinata, basalti senza forme di raffreddamento e basalti a grana grossolana: tutti mostrano sempre una tessitura intersertale ofitica, determinata essenzialmente da plagioclasio e da pirosseno monoclino. Tra i minerali secondari si riscontrano cristalli in plaghe di prehnite e calcite che, insieme alla composizione albitica del plagioclasio, testimoniano che queste rocce hanno subito un processo di spilitizzazione.

Unità Caio

Questa unità affiora con una certa continuità dalla zona del Passo della Cisa a Berceto e dalla Val Mozzola a Ghiare. Fra le liguridi è quella che occupa la posizione strutturale più bassa e ciò comporta che essa affiori solo nelle zone tettonicamente rialzate: intorno alla finestra di Ghiare e in prossimità delle Unità tosco-umbre della dorsale principale.

Nella zona di Ghiare di Berceto l’Unità Caio sovrascorre l’Unità paleogenica di Ghiare ed è ricoperta tettonicamente dall’Unità Ottone; tra il Passo della Cisa e Berceto invece, sovrascorre l’Unità Canetolo ed è ricoperta dall’Unità Ottone in lembi piuttosto limitati perché è sovrascorsa quasi direttamente dall’Unità Media Val Taro o addirittura dall’Unità Gottero.

L’Unità Caio è rappresentata nell’area in studio dal Flysch di Monte Caio e dal sottostante mèlange di Ossella (unità che potrebbe costituire il complesso di base del flysch)

Mèlange di Ossella (MSL)

Si tratta di argilliti nerastre e verdine inglobanti blocchi e lembi eterometrici di calcilutiti silicee grigie e verdastre a patine manganesifere e di arenarie fini nerastre. Si interpongono lembi metrici e decametrici di marne grigio-ocracee e di alternanze pelitico – arenacee grigio-nocciola, talora rossastre, sottilmente stratificate.

La potenza dell’unità è valutabile solo geometricamente nell’ordine dei 50 m. circa.

L’età rimane molto incerta: la datazione più vecchia attribuisce alcuni corpi marnosi ad un generico post Cenomaniano e la più giovane riferisce al Santoniano alcune sottili alternanze torbiditiche.

Dal punto di vista genetico questa unità mostra solo localmente la tessitura di un olistostroma, molto spesso risulta pervasivamente scagliettata e i corpi inclusi, che

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sembrerebbero derivati dalle Argilliti di S.Siro e dalle Arenarie di Scabiazza, sono completamente delimitati da superfici di taglio.

L’unità viene definita genericamente mèlange proprio per l’impossibilità di poter distinguere sulla carta questi elementi.

Flysch di Monte Caio (CAO)

Affiora estesamente ma sempre piuttosto deformato e con ottime esposizioni lungo l’alta Val Baganza da Berceto alle sorgenti.

E’ un flysch ad elmintoidi caratterizzati da una successione torbiditica dove predominano calcari marnosi e marne grigio scure in strati spessi e molto spessi con frequenti basi arenitiche fini laminate, si intercalano regolarmente sottili livelli argillitici nerastri.

Localmente si intercalano alternanze di arenarie fini grigie e nerastre, micacee, in strati sottili e medi, ed argilliti debolmente marnose grigio scure in strati medi e spessi; si intercalano inoltre calcari micritici grigio chiari in strati medi.

La formazione mostra una potenza minima di circa 400 m.

Nell’area in studio il flysch rovesciato mostra alla sua base un passaggio per alternanze alla litozona a brecce (CAOa) ed è sovrascorso da esigui lembi di Unità Ottone e dall’Elemento Ostia dell’Unità Media Val Taro.

La sedimentazione è di tipo torbiditico, si intercalano alla base brecce attribuibili ad episodi di colata.

L’età della formazione, ampiamente documentata in letteratura, è riferibile al Campaniano sup.-Maastrichtiano.

4.5.2 Dominio Sub-Ligure Unità Canetolo

Si interpone con continuità tra le liguridi e le Unità tosco-umbre che affiorano nel settore sud-orientale del Foglio.

Questa Unità è costituita nella sua parte inferiore da un insieme argilloso e calcareo sempre molto deformato: Argille e Calcari di Canetolo ed interposti Calcari di Groppo del Vescovo; superiormente, in discordanza geometrica e con una probabile discontinuità, seguono unità torbiditiche arenacee, decisamente meno deformate: Arenarie di Petrignacola ed Arenarie di Ponte Bratica.

Analiticamente fanno parte di questa Unità le seguenti litofacies: - Calcari del Groppo del Vescovo (CGV);

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- Arenarie di Petrignacola (APE); - Arenarie di Ponte Pratica (ARB); - Litozona siltosa (ARBa).

Calcari di Groppo del Vescovo (CGV)

Affiorano in lembi di estensione superiori al km, interposti sia alle Argille e ai Calcari di Canetolo che si trovano sovrascorse all’Unità Pracchiola che a quelle sovrascorse sull’Unità Macigno.

Si tratta di calcari bianchi e grigio chiari, talora marnosi, in strati torbiditici da spessi a molto spessi, frequentemente a base calcarenitica, alternati da sottili livelli pelitici grigi e verdastri. Al tetto sembrano passare alle Argille e calcari di Canetolo con dei contatti quasi sempre tettonizzati che talvolta conservano l’originaria natura stratigrafica.

Questa unità si presenta sempre molto deformata e il suo spessore geometrico massimo può essere stimato nell’ordine dei 100 m. circa.

L’età di questa formazione è riferita all’Eocene inferiore.

Argille e Calcari di Canetolo (ACC)

Anche se costituiscono una unità molto continua, solo localmente mostrano affioramenti significativi. Nell’unità si riconoscono argilliti nerastre e brune con intercalazioni di calcari micritici biancastri e grigi, calcareniti grigio scure, talora bioclastiche, frequentemente decalcificate e silicizzate, in strati medi e sottili con lembi metrici di marne grigie, talora a basa calcarenitica; in prossimità del contatto con le arenarie di Ponte Bratica si interpongono brecce ad elementi micritici biancastri e calcarenitici grigi in matrice argillitica nerastra, localmente inglobanti lembi di arenarie grigio chiare o verdastre per la composizione andesitica, molto simili alle Arenarie di Petrignacola.

Le Argille e Calcari di Canetolo si sovrappongono alle Unità Macigno e Pracchiola con contatti tettonici privi di importanti deformazioni di taglio.

Lo spessore dell’unità può essere valutato solo geometricamente nell’ordine dei 400 m. circa; la datazione di questa Unità è molto incerta: diversi campioni sono risultati eocenici, anche se, senza un chiaro ordine stratigrafico si associano alternanze argilloso-calcaree che hanno fornito riferimenti cretacici.

Arenarie di Petrignacola (APE)

Questa formazione è stata distinta solo in un lembo di dimensioni molto limitate che affiora immediatamente a sud del Passo della Cisa, in destra idrografica del Torrente Civasola. Si tratta di arenarie torbiditiche verdastre in conseguenza della elevata frazione andesitica a

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tessitura grossolana e media, in strati da medi a molto spessi, frequentemente a base conglomeratica; si intercalano sottili livelli pelitici grigi a volta debolmente marnosi e localmente arenarie fini grigio chiare in strati spessi (rapporto a/p >>1).

Lo spessore è valutabile nell’ordine dei 60 m. circa.

Il contatto con le circostanti Argille e Calcari di Canetolo è raramente esposto e sembra tettonizzato mentre, cronologicamente, essa è riferibile all’Oligocene inferiore.

4.5.3 Dominio Tosco-Umbro Unità Macigno

Affiora con continuità nel settore più meridionale del Foglio tra il Monte Orsaro ed il Monte Tornale. Il suo attuale assetto strutturale è il risultato di diverse fasi tettoniche succedutesi nel tempo, dopo la messa in posto dell’Unità Canetolo che ha chiuso il bacino torbiditico del Macigno.

Il risultato di queste deformazioni sono le strutture plicative a direzione appenninica su cui si imposta la dorsale appenninica principale e le strutture a direzione assiale circa E-W, riconoscibili molto chiaramente a sud di Pracchiola dove il Macigno si accavalla con vergenza NNE sull’Unità Pracchiola.

A queste strutture si sovraimpone una deformazione di tipo estensionale con direzione NW-SE.

L’Unità Macigno è stata suddivisa, su base litostratigrafica, in due formazioni: - Macigno (MAC);

- Marne di Ponteccio (PNC);

Macigno (MAC)

Nel Foglio 216 affiora unicamente la porzione superiore (1000 m. circa) della formazione del Macigno, in ottima esposizione nella scarpata occidentale del Monte Orsaro.

Il Macigno affiora inoltre con continuità anche in altri luoghi dove viene ricoperto dall’Unità Canetolo ed offre quindi la possibilità di studiare nel dettaglio la parte sommatale della succesione torbiditica del Macigno.

Il Macigno è costituito da arenarie quarzoso-feldspatiche con tessitura da media a grossolana, di colore grigio chiaro alla frattura e grigio nocciola sulla superficie alterata.

Le arenarie si presentano solitamente in strati da medi a spessi, alternati da sottili intervalli pelitici. Gli strati arenacei sono gradati, presentano laminazioni piano parallele ed ondulate e, sovente, controimpronte da corrente che indicano provenienze da nord-ovest e strutture da sfuggita d’acqua.

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Localmente si rinvengono strati molto spessi e banchi (potenti fino a 10 m.) amalgamati e gradati alla base. Si possono inoltre rinvenire intercalazioni di arenarie fini e peliti in regolari alternanze di strati medi.

Il passaggio alle sovrastanti Marne di Ponteccio (PNC) è di tipo stratigrafico; si segnala a questo proposito l’affioramento non cartografabile a quota 613 m. s.l.m. lungo la Statale n°62 della Cisa: qui al tetto del Macigno si osservano strati arenacei sottili e medi i quali passano stratigraficamente per alternanze, molto rapidamente (nello spazio di 2 m.) alle marne di Ponteccio.

L’età della formazione è riferibile all’Oligocene superiore-Miocene inferiore.

Unità Pracchiola

Affiora in finestra tettonica in Alta Val di Magra dove risulta strutturata ad anticlinale con asse a direzione grosso modo E-W e con leggera immersione verso E. A sud è parzialmente sovrascorsa dalla anticlinale rovesciata del Macigno di Monte Orsaro mentre a nord e ad est è sovrascorsa dall’Unità di Canetolo. Ad Occidente gli affioramenti si interrompono bruscamente in corrispondenza del sistema di faglie estensionali a direzione NW-SE conosciuto in letteratura come sistema di Groppo d’Alosio. Una importante faglia di questo sistema estensionale (ved. sezione geologica) determina il sollevamento di tutto il settore di N-E di almeno 700-800 metri (1500 m. circa pochi km a sud) contribuendo così in modo sostanziale alla esposizione dell’Unità Pracchiola. Nella Carta geologica l’Unità Pracchiola è stata suddivisa, sulla base dei caratteri litostratigrafici in due formazioni:

- Arenarie di Pracchiola (PRC) - Marne di Marra (MRR)

Arenarie di Pracchiola (PRC)

I termini basali delle Arenarie di Pracchiola affiorano lungo il Fiume Magra e lungo i suoi affluenti principali; qui si rinvengono arenarie quarzose prevalentemente fini, di colore nocciola alla frattura e grigio plumbeo sulle superfici alterate, in strati da medi a spessi, amalgamati oppure alternati da sottili intervalli pelitici.

Il rapporto a/p è mediamente molto alto, quasi sempre maggiore di 3.

Gli affioramenti osservabili e le esposizioni naturali mostrano che verso l’alto della formazione aumentano le intercalazioni siltitiche, diminuisce gradualmente lo spessore degli strati arenacei e contemporaneamente aumenta lo spessore della frazione pelitica.

In questa parte alta della formazione le amalgamazioni fra gli strati diventano meno frequenti, mentre continuano ad essere comuni le laminazioni parallele ed ondulate e le controimpronte da corrente.

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La potenza minima della formazione è di 500 m. circa.

Nella parte medio-alta della formazione sono stati individuati episodi attribuibili a colate gravitative sottomarine, con banchi di spessore circa 2 m., di arenarie grossolane con passate conglomeratiche e ciottoli dispersi nella matrice arenacea. Fra i ciottoli, arrotondati e con dimensioni massime di 20 cm., prevalgono arenarie nerastre molto compatte, quarziti e, subordinatamente, graniti, gneiss, calcari e selci.

Il passaggio tra le Arenarie di Pracchiola e le soprastanti Marne di Marra è di tipo stratigrafico ed avviene per alternanze.

I campioni analizzati in questa formazione sono risultati per la maggior parte sterili: in base ai pochi campioni fossiliferi, le analisi biostratigrafiche hanno evidenziato una età riferibile all’Oligocene superiore.

Marne di Marra (MRR)

La litofacies predominante nella formazione delle Marne di Marra è costituita da siltiti marnose grigie, giallastre sulla superficie alterata, a stratificazione indistinta salvo quando si intercalano (soprattutto verso la base della formazione) strati sottili e molto sottili di arenarie fini a volte gradate. Sovente si rinvengono zonature di tonalità bluastra o rossastra dovute a concentrazioni di ossidi.

La potenza geometrica della formazione è di circa 300 m.

Nella formazione delle Marne di Marra si registrano anche intercalazioni di spessore comunque limitato nelle quali si sviluppano successioni prevalentemente torbiditiche: queste torbiditi sottili risultano stratigraficamente interposte alle MRR con dei passaggi per alternanze. La successione torbiditica in oggetto è piegata in anticlinale rovesciata e con vergenza settentrionale.

I campioni analizzati in questa formazione sono risultati per la maggior parte sterili: in base ai pochi campioni fossiliferi, le analisi biostratigrafiche hanno evidenziato una età riferibile all’Oligocene superiore.

4.6 Caratterizzazione geomeccanica e geotecnica dei litotipi interessati.

La caratterizzazione geomeccanica e geotecnica dei sedimi che saranno interessati dal progetto di variante della Autostrada A15 “Autocamionale della Cisa” in corrispondenza dell’omonimo Passo è stata ricavata, in questa fase preliminare di fattibilità, facendo riferimento ai parametri riportati dalle rispettive letterature geologiche regionali, come parametri medi calcolati ad una profondità media di -2,00 m. dal p.c., in condizioni ottimali, con scarsa fratturazione, in assenza di circolazione idrica e quindi eliminando uno spessore

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superficiale più esterno (cappellaccio) alterato, aereato e degradato in conseguenza dell’azione diuturna degli agenti atmosferici.

Come si dirà in seguito, sarà cura del progettista verificare in sito, puntualmente, eventuali variazioni dovute a condizioni al contorno differenti da quelle qui ipotizzate.

Con riferimento alle Unità e alle relative formazioni descritte analiticamente nel paragrafo precedente, si riportano qui di seguito i principali caratteri geotecnici indispensabili per poter esprimere un giudizio di fattibilità delle opere previste dal progetto di variante.

La prima formazione analizzata è dunque quelle delle Arenarie di Monte Gottero (GOT): da quanto sopra esposto si tratta di un complesso litologico riconducibile, per la determinazione dei parametri geotecnica, ad un flysch prevalentemente arenaceo caratterizzato, sotto l’aspetto idrogeologico, da una semi-permeabilità dovuta ad una media-alta fratturazione dei propri strati.

I parametri medi sono riportati in tabella e, nella fattispecie, tendono a migliorare sensibilmente con la profondità:

Arenarie di Monte Gottero

φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 17° - 19° 1,8 – 2,0 0,10 – 0,12

Le Argille a palombini di Monte Rizzone (AMR) sono costituite da alternanze regolari fitte di argilliti con intercalazioni di calcari silicei (calcilutiti) sotto l’aspetto geomeccanico – geotecnico il comportamento è compatto in condizioni asciutte, mentre la presenza di acqua la predispone ad assumere comportamenti di massa plastica spingente.

Se asciutta, assume i seguenti parametri medi:

Argille a palombini di M.te Rizzone

φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 23° - 25° 1,9 – 2,0 0,14 – 0,20

Le Arenarie di Scabiazza (SCB) sono fondamentalmente Unità pelitico – arenacee a stratificazione medio – sottile in facies di flysch caratterizzate da una struttura più o meno caotica. I valori medi riconducibili a questa formazione sono:

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Arenarie di Scabiazza φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 23° - 25° 1,9 – 1,95 0,14 – 0,20

Il Complesso di Casanova (CCV) è, tra tutti quelli in studio, quello più variabile ed eterogeneo, oltre che estremamente caotico. I termini che lo compongono passano, infatti, con una certa continuità litologica, da una pessima argilla fino ad un ottimo calcare.

In virtù di tali considerazioni, essendo presente tutto il range regionale dei parametri geomeccanici e geotecnica, si preferisce in questa fase non fornire alcun tipo di parametro per rimandare ad una puntuale e più precisa caratterizzazione in loco attraverso adeguata campagna di indagini dirette.

Per quanto riguarda il Flysch di Monte Caio (CAO) presenta una stratificazione ben definita data da alternanze di strati e banchi calcareo – marnosi e pacchi di strati pelitico – arenacei; in base a tali considerazioni i valori medi di riferimento risultano essere:

Flysch di Monte Caio

φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 25° - 27° 2,0 – 2,2 0,30 – 0,40

I Calcari del Groppo del Vescovo (CGV) rappresentano di sicuro il miglior litotipo presente nell’area in studio, con caratteristiche specifiche appena migliori di quelle riportate per il Flysch di Monte Caio (CAO), per cui è possibile assegnare i seguenti valori medi:

Calcari del Groppo del Vescovo

φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 26° - 28° 2,0 – 2,2 0,60 – 0,80

Si passa ora a considerare le Argille ed i Calcari di Canetolo (ACC) rientranti tra le Unità argillose o argillitiche ben conformate; infatti i valori medi geomeccanici e geotecnica sono compresi tra quelli riportati per il Flysch di Monte Caio e per le Argille a palombini di Monte Rizzone:

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Argille e Calcari di Canetolo φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 23° - 25° 1,95 – 2,0 0,14 – 0,20

L’Unità tosco-umbra del Macigno (MAC) si caratterizza per essere una buona arenaria con andamento litologico abbastanza regolare e con intercalazioni argillose:

Macigno φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 26° - 27° 1,95 – 2,0 0,30 – 0,36

mentre le Arenarie di Pracchiola (PRC) assumono un comportamento geomeccanico – geotecnica medio di un gradino inferiore a quello del Macigno stesso, per cui si assegnano i seguenti valori medi:

Arenarie di Pracchiola φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 24° - 26° 1,85 – 1,95 0,20 – 0,30

Infine si ritrovano le Marne di Marra (MRR), pelitiche e marnose a stratificazione indistinta con variabile grado di fratturazione, caratterizzate dai seguenti parametri:

Marne di Marra φ φ φ φ [°] [°] [°] [°] γ γ γ γ [[[[g/cm3] c [kg/cm2] 20° - 25° 1,9 – 2,1 0,16 – 0,20

In conclusione al presente paragrafo si ribadisce che i parametri sopra riportati sono da considerarsi del tutto indicativi, pur rispecchiando quelli normalmente adottati dalla letteratura geologica: considerando la particolare situazione geomorfologica delle aree in studio, si sottolinea la necessità di effettuare prima di tutto un rilievo di dettaglio geologico, allo scopo di costruire profili seriali o “a croce”, e quindi dei profili geognostici lungo il tracciato mediante adeguata campagna di sondaggi spinti a profondità significative, in modo

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da avere un quadro certo e definitivo degli andamenti litostratigrafici e stratimetrici delle unità affioranti investigate.

4.7 Stabilità dei versanti e valutazione della propensione al dissesto (rischio frane).

L’Appennino Tosco – Emiliano è particolarmente interessato da fenomeni di dissesto provocati sia da frane che dalla intensa erosione nelle aree calanchive da parte degli atmosferili; lo dimostra il numero elevato di abitati dichiarati da consolidare a cura e spese dello Stato (secondo il Regio Decreto n°445/1908 sono complessivamente 128 con una media di 1 ogni 57 kmq) e quelli censiti come dissestati (in numero pari a 107): in particolare nell’area in studio sono interessate le zone di Monte Molinatico, di Berceto e di Borgo Val di Taro.

In quest’area sono molto diffusi i movimenti franosi di vario tipo e dimensioni, i quali, dal punto di vista morfodinamico, si possono considerare attivi, quiescenti o inattivi. Il quadro che ne risulta è che molta parte dei versanti interessati è stata o lo è tuttora, soggetta a fenomeni di instabilità. Tali fenomeni hanno, nel corso del tempo, anche per l’intensificarsi dell’intervento antropico, assunto gradi diversi di “pericolosità geomorfologica” la quale riguarda un aspetto molto importante e non secondario della pericolosità ambientale.

I tipi di frana semplice più comuni in loco sono costituiti da colate, scoscendimenti rotazionali e scivolamenti su superfici di strato; molto frequentemente le frane diventano complesse per il fatto che si originano secondo una modalità di movimento e poi evolvono in un altro (ad es. una frana può nascere come scoscendimento e poi trasformarsi in colata). I movimenti gravitativi più estesi sono quelli antichi, prevalentemente rappresentati da scorrimenti rotazionali e da deformazioni gravitative profonde: queste ultime interessano, come già accennato, gran parte del versante Nord del Monte Molinatico e la zona di Berceto. La gran parte dei versanti soggetti a tali fenomeni gode, attualmente, di relativa stabilità, ma non si può dimenticare la sismicità della Lunigiana, che con il tempo può innescare movimenti i quali, anche se molto lenti, possono rilevarsi di grande pericolosità.

Molto diffuse anche le colate non attuali, quiescenti, in materiali argillosi, molte delle quali mostrano settori riattivati di recente oppure estensioni attive in testata. Le aree con maggiore frequenza di questi movimenti sono ubicate nel settore nord-occidentale del Foglio e interessano limitatamente l’area in studio.

Le principali cause e concause innescanti e predisponenti tali fenomeni anomali dei suoli si possono identificare o nella notevole diffusione areale delle formazioni argillose, principalmente in quelle zone dove sono presenti le Unità che presentano un aspetto caotico (ad es. blocchi litici in argilliti caratterizzate da scagliosità) e, secondariamente, quelle facies

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costituenti, o ancora in una diffusa rete di falde episuperficiali che riducono le caratteristiche meccaniche delle diverse formazioni.

Nell’area in studio le frane possono interessare estensioni anche maggiori del 20-30% dell’area di affioramento di queste formazioni.

Volendo tener conto della classificazione riportata nelle “Note illustrative” allegate alla Carta Geologica relativa alla “Valutazione qualitativa della propensione al dissesto delle Unità affioranti” le formazioni affioranti si possono suddividere in raggruppamenti sulla base di una stima qualitativa relativa proprio alla loro propensione ad instabilizzarsi.

Il criterio utilizzato è quello litologico, mediato da una speditivi valutazione delle aree complessivamente occupate da accumuli franosi; sono stati individuati così quattro gruppi (A – B – C – D) classificati per crescente propensione al dissesto, essendo massima per le unità comprese nel gruppo D.

Tale classificazione applicata alle formazioni nell’are in esame ha permesso di individuare i raggruppamenti qui di seguito riportati:

- GRUPPO A

Unità conglomeratiche, arenitiche, arenitiche con ridotta porzione pelitica, generalmente ben stratificate; unità arenitiche a stratificazione indistinta.

La stabilità dei versanti è fortemente condizionata dalla disposizione e dalle caratteristiche di stratificazione e di fatturazione che localmente possono determinare situazioni critiche (del tipo franamenti per crollo).

Appartengono a questa categoria le Arenarie di Pracchiola (PRC), il Macigno (MAC) e le Arenarie di Monte Gottero (GOT).

- GRUPPO B

Unità pelitiche e marnose a stratificazione indistinta con variabile grado di fratturazione. Danno origine a frane prevalentemente superficiali che interessano lo spessore di alterazione a tetto.

Fanno parte di questa categoria le Marne di Marra (MRR).

- GRUPPO C

Unità a stratificazione ben definita e di apprezzabile continuità laterale, data da alternanze di strati e banchi calcareo-marnosi e pacchi di strati pelitico-arenacei. Questi ultimi formano orizzonti preferenziali di scivolamento, specie in presenza di acqua. Il grado di fratturazione è variabile, comunque elevato.

Si determinano in tal modo mobilizzazioni di spessori anche elevati di ciascuna formazione; presenti anche scorrimenti superficiali, a carico dello spessore di alterazione. Fanno parte di questo gruppo i Calcari di Groppo del Vescovo (CGV), il Flysch di Monte Caio (CAO), il Flysch di Ottone (OTO) ed il Complesso di Casanova (CCV).

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- GRUPPO D

Rappresentano, come già detto, quelle a maggior rischio di dissesto; sono fondamentalmente unità argillose o argillitiche a struttura caotica e unità pelitico-arenacee a stratificazione medio-sottile.

Appartengono al gruppo le Argille e Calcari di Canetolo (ACC), le Arenarie di Scabiazza (SCB) e le Argille a palombini di Monte Rizzone (AMR).

4.8 Problematiche geologiche connesse al progetto di realizzazione della variante all’Autostrada A15 in corrispondenza del Passo della Cisa.

Le suesposte descrizioni qualitative e quantitative relative alle peculiarità geologiche, morfologiche, strutturali e geotecniche a vasto raggio delle Unità litologiche affioranti e/o interessate fanno desumere in via immediata che, se da un lato vi è l’indubbia esigenza di procedere alla redazione di un funzionale progetto di variante all’attuale inadeguato tracciato stradale in corrispondenza del Passo della Cisa con la realizzazione di una nuova galleria di valico, dall’altro lato non si può non tener conto della reale esistenza in situ di concrete e non secondarie problematiche strettamente geologiche.

Queste, sicuramente, in fase esecutiva faranno sentire la loro influenza ed i loro effetti e pertanto appare opportuno già in questa fase dare ad esse la dovuta importanza, individuando i possibili ostacoli che si troveranno lungo il nuovo percorso di progetto e prefigurando la campagna delle preventive indagini specifiche, sia dirette che indirette da eseguire.

Tali problematiche geologiche sono essenzialmente di natura tettonica e finiscono per influire anche sulle caratteristiche idrologiche e meccaniche dei litotipi interessati; sono costituite analiticamente da:

a) discontinuità trasversali (faglie e sistemi di faglie) collegate alle principali linee tettoniche;

b) discontinuità più o meno parallele alla stratificazione legate ai contatti tettonici tra le varie unità;

c) eventuale presenza di circolazione idrica al contatto tra formazioni a diversa permeabilità.

Nella allegata Carta Geologica risultano del tutto evidenti gli andamenti preferenziali che assumono le tracce delle faglie presenti nel Foglio.

a) Discontinuità trasversali collegate alle principali linee tettoniche.

Prima di tutto si può notare la diffusione delle dislocazioni a direzione appenninica, distribuite praticamente in tutta l’area e maggiormente concentrate nel settore sud-orientale

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del Foglio. Qui esse presentano anche i rigetti maggiori, talvolta dell’ordine del migliaio di metri.

Quando è possibile una verifica della loro cinematica, queste faglie risultano a movimento normale quasi puro, mentre talvolta evidenziano componenti di trascorrenza destra, ma sempre di limitatissima entità.

Nello schema tettonico si distingue un altro insieme di dislocazioni che, con andamento WSW-ENE attraversa obliquamente il Foglio, delineando una fascia di discontinuità tra la Val Gotra ed il paese di Berceto. In queste faglie si riconoscono molto spesso un movimento a prevalente componente di trascorrenza sinistra e si riscontra, attraverso un certo numero di indizi morfotettonici, una probabile attività recente; esse infatti spesso si sovrimpongono e delimitano a N-W le faglie del già citato sistema estensionale plio-pleistocenico.

Esistono anche evidenze che questa fascia abbia agito prima delle estensioni, costituendo una importante discontinuità trasversale per le strutture compressive durante la fase di innalzamento tettonico delle Unità costituenti l’ossatura. Lungo tale trasversale, inoltre, la diretta sovrapposizione dell’Unità Gottero sul Macigno potrebbe indicare la presenza di componenti transtensive sinistre e/o gravitative tardive, che possono aver favorito l’elisione tettonica di buona parte della coltre ligure.

In particolare, relativamente al nuovo sviluppo di tratto stradale in progetto, del sistema di faglie ad andamento NNW-ESE con ribassamenti verso ESE sarà con buona certezza intercettata solo la faglia trasversale in corrispondenza del Passo della Cisa ed il cui probabile andamento cinematico – strutturale è stato riportato nelle Sezioni rappresentative. Da essa si evince che, per il contato tettonico tra le Arenarie del Gottero e dell’Unità Caio sull’Unità essenzialmente argillosa di Canetolo (e quindi tra Unità con caratteristiche idrogeologiche molto diverse) sarà molto probabile intercettare cospicue falde idriche; inoltre, in prospettiva sismica, bisognerà tenere in debito conto gli avanzamenti in terreni a diverso comportamento geomeccanico e geotecnico.

b) Discontinuità più o meno parallele alla stratificazione legate ai contatti tettonici.

La evidente presenza di discontinuità più o meno parallele alla stratificazione strettamente legata o collegata ai contatti tettonici tra le varie Unità litologiche ivi presenti lungo lo sviluppo del tracciato è ben messo in evidenza nella sezione schematica esemplificativa dei locali rapporti stratigrafici riportata in Figura.

Anche da questa situazione schematica emerge la concreta possibilità di intercettare, durante la fase di avanzamento, falde acquifere di una discreta entità (Unità Gottero e Caio, molto fratturate, a tetto dell’Unità Canetolo) che in questo caso potrebbe predisporre ad una certa instabilità morfologica del versante interessato in conseguenza della netta diminuzione della

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coesione di quei materiali, con conseguente decadimento dei parametri geomeccanici e geotecnici.

c) Eventuale presenza di circolazione idrica al contatto tra formazioni a diversa permeabilità.

In ultimo, non si dovrà sottovalutare la probabilità di intercettare, a contatto tra formazioni e/o Unità litologiche con caratteristiche di permeabilità diverse, una circolazione idrica che potrebbe predisporre, tra l’altro, ad uno scadimento dei locali parametri geomeccanici e geotecnici.

Sarà perciò strettamente consigliabile e/o vincolante all’inizio della successiva fase, più esecutiva, procedere ad una campagna di studi, di indagini e di prove in situ più particolareggiati, specifici e puntuali, diretti ed indiretti, in modo da avere a disposizione un quadro definitivo e del tutto chiaro sui caratteri geomorfologici, strutturali e tettonici delle Unità litologiche che costituiscono l’ossatura di questo importante segmento dell’Appennino tosco-emiliano.

Figura

Figura 1: Gallerie di valico - Sol. I e II
Figura 1: Schema geologico di insieme
Figura 2 : Profilo vallivo della Val Taro tra M. Molinatico e M. La Tagliata
Figura 3: Profilo vallivo della Val Taro tra M. Formigare e M. Barigazzo
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