CAPITOLO 3
IL CERVO
3.1 Sistematica Superordine: Ungulati Ordine: Artiodattili Sottordine: Ruminanti Famiglia: CervidiGenere e specie: Cervus elaphus Linnaeus,1758
3.2 Morfologia 3.2.1 Il mantello
Il manto assume un colore bruno–rossiccio, in estate ed in inverno grigio–bruno, senza apprezzabili differenze tra i due sessi. La muta primaverile avviene fra aprile e maggio,quando l’animale sostituisce il folto manto invernale con quello estivo, adatto ad affrontare i climi più caldi. La muta autunnale si ha fra settembre e novembre, con anticipi o posticipi a seconda del variare delle temperature. La sostituzione del manto parte dalle estremità, come testa, collo e zampe per procedere poi verso il busto. Le mute primaverili sono più vistose perché i peli cadono a ciocche, lasciando scoperte vaste zone del corpo, che per la diversa colorazione danno all’animale un aspetto curioso e apparentemente ammalato (individui “rognosi”).
Manto estivo di un fusone
All’interno del periodo ci possono essere tempi sfalsati nella muta del mantello a seconda dell’età dell’individuo. Quello dell’età è solo uno degli aspetti che incidono sul fenomeno del cambio del manto evento complesso e ancora poco studiato.
I piccoli alla nascita sono rossicci scuri con pomellature bianche sparse lungo i fianchi mantenute sino a circa 3 mesi d’età (fine agosto). Quelli che in settembre (o ottobre) mantengono ancora la pomellatura sono nati più tardi e teoricamente più deboli.
Lo specchio anale, elemento distintivo per identificare ogni specie di ungulati, risulta essere un’area intorno alla coda che si estende sino all’ interno coscia (la forma somiglia ad un “pantaloncino” nei cervi) di colore notevolmente più chiaro rispetto al manto, il suo colore varia da rosso – giallastro in estate al bianco sporco in inverno.
Carattere di riconoscimento di un individuo maschile di età superiore 4 anni è la criniera, fatta di peli ispidi e dal colore scuro
che negli individui anziani diventa lunga e vistosa conferendo all’animale un aspetto “solenne”.
3.2.2 Le ghiandole odorose
Il cervo è un’animale dal fiuto finissimo che possiede ghiandole sebacee associate ai peli, oltre a diversi distretti ghiandolari il cui secreto è odoroso e serve a fornire informazioni di carattere territoriale e fisiologico.
Le ghiandole preorbitali sono particolarmente sviluppate negli individui di sesso maschile e nel periodo degli amori vengono strofinate su rami e tronchi, lasciando su questi una secrezione che possiede odore caratteristico e ricopre funzioni generiche di marcatura. Sono presenti ghiandole del velluto, metatarsali ed interdigitali posteriori, situate fra gli zoccoli.
Nella zona dell’inguine il cervo possiede l’organo circumcaudale, una ghiandola collocata presso la base della coda, particolarmente attiva nel periodo degli amori.
La femmina ha ghiandole vulvari e due ghiandole odorose al posto degli steli ossei che sostengono i palchi (Boscagli G., 1985).
La funzione di queste è soprattutto di segnale; con il secreto emesso gli animali si comunicano la presenza (o il transito), il grado sociale, il sesso, lo stato di eccitazione. Tutte informazioni indispensabili nella vita di relazione e soprattutto durante il periodo degli amori
3.2.3 I palchi
La maggiore differenza fra i due sessi è data dalla presenza del palco e conseguentemente allo sviluppo di potenti muscoli del collo atti a sostenere il peso di questo ultimo.
I palchi sono strutture ossee annuali con funzioni di carattere sessuale secondario. La formazione del trofeo vede la riduzione del tessuto osseo (vivo) dei palchi a struttura completamente mineralizzata e solida (ossificazione completa), unita in modo meccanico alla parte sottostante viva, costituita dagli steli, estroflessioni delle ossa frontali. All’incirca sette mesi dopo l’ossificazione avviene una “demineralizzazione” dell’osso, che unitamente alla ricrescita degli steli stessi porta alla caduta, precisamente nel punto di contatto fra parte viva e parte morta. Alla caduta dei palchi, segue una rigenerazione, dapprima con tessuto cartilagineo\ altamente vascolarizzato, difeso da un’epidermide vellutata detta velluto . Questo è costituito da peli che possiedono numerose ghiandole (sebacee ed odorose) ed è riccamente innervato. La crescita dei palchi si articola in strutture complesse che sono tipiche della specie, quando i palchi raggiungono da un terzo alla metà del loro sviluppo definitivo si riempiono di sali di calcio. In seguito alla solidificazione totale la circolazione sanguigna viene eliminata e il velluto viene “grattato via” dall’animale, “scoprendo”la nuova struttura, completamente ossificato. La pulizia dal velluto avviene con dei movimenti di sfregamento contro i tronchi degli alberi, lasciando delle evidenti tracce chiamate “fregoni”.
“Fregone”
Il palco del cervo è costituito dalla stanga lunga fino anche al metro, da cui partono dal basso verso l’alto tre punte dette rispettivamente: “pugnale o oculare”, “ago o invernino” e “mediano”; all’apice dell’asta c’è la “corona”, con un numero variabile di punte.
Trofeo di cervo
La dimensione ed il peso dei palchi aumentano con l’età (e con il tipo d’alimentazione assunta dall’animale, in relazione all’investimento energetico richiesto per il loro sviluppo), fino a
raggiungere il massimo sviluppo fra gli 8 ed i 12 anni; non relazionabile, invece, il numero delle punte con l’età, in quanto tale numero resta costante da un certo momento in poi. Si hanno segni di regressione dall’età di 15 anni con diminuzione del numero delle punte e della massa totale. La regressione può avvenire anche con il mantenimento di “fusi”, solitamente presenti nei giovani maschi al secondo anno di vita, la differenza sta nel fatto che quelli in regressione non sono rivolti all’indietro, ma in avanti.
Evoluzione del palco
La caduta dei palchi avviene fra febbraio ed aprile, la ricrescita in velluto si ha fra aprile – giugno, la pulitura si protrae sino ad agosto, in vista del periodo riproduttivo. Gli individui più vecchi (da 4 – 5anni in su) sono i primi a perdere il palco, seguiti dagli adulti giovani ed infine dai fusoni, che possono perdere il palco anche dopo il mese di aprile. Questa differenza nella caduta dei palchi è riconducibile all’ormone maschile (testosterone TSH) secreto dai testicoli, che ha un influenza decisiva sulla formazione
dei palchi. Sembra che minime quantità di TSH prodotte attivino la riformazione dopo la caduta, mentre quantità successive e maggiori influenzano la mineralizzazione. Un massimo di produzione di TSH si ha durante la fase della pulitura del trofeo. Durante il periodo degli amori vi è un ulteriore punta massima di presenza del testosterone. La caduta più precoce dei palchi (Bubenik, 1984) dei maschi adulti o vecchi dipende dal fatto che essi, dopo gli amori si isolano dal gruppo femminile. La presenza di femmine infatti attiva una certa produzione di TSH: i giovani, più legati al branco delle femmine, sarebbero stimolati più a lungo e getterebbero più tardi degli altri. I maschi più forti, nei quali il periodo degli amori dura meno a lungo, sono infatti i più precoci. La caduta di una stanga è seguita dopo brevissimo tempo dalla caduta dell’altra, il fenomeno è attivato anche dall’animale stesso che, per motivi di equilibrio (una stanga pesa almeno 3 kg) scuote spesso il capo e si muove con difficoltà.
Le dimensioni del palco influiscono sulla postura dell’individuo, rispetto all’assetto testa-spalle. Poiché con l’aumentare di dimensione, aumenta rispettivamente il suo peso specifico, causando uno sviluppo dei muscoli del collo sino a quando diventa eccessivo sostenerlo, allora si arriva ad una modifica dell’angolo di postura tra collo e spalle. Tale angolo è pressoché retto negli individui giovani, assume un’angolatura intorno ai 120° negli individui d’età maggiore ai 10 anni. Questo elemento è importante poiché diviene un ottimo fattore di distinzione della “classe d’età”, soprattutto a distanza.
3.2.4 Dimensioni
Il cervo è uno fra i più grandi ungulati della fauna europea, fatta eccezione per la popolazione presente in Sardegna (Cervus elaphus corsicanus), che presenta dimensioni più modeste, adattamento all’ambiente mediterraneo e conseguente ad una diversa alimentazione. Il cervo europeo (Cervus elaphus hippelaphus,) è dotato di un corpo raccolto e robusto con dorso ampio e muscoloso, con lunghi arti sottili, morfologia tipica da corridore e per scatti improvvisi. La corporatura varia sia a causa delle differenze genetiche, sia per fattori edafici, sia per fattori climatici.
Differenza di dimensione fra le diverse classi di età
In media è osservabile un gradiente dimensionale che cresce da ovest verso est in Europa; considerando questo fatto le dimensioni sono piuttosto variabili: il peso di un maschio adulto varia tra 100 e 300 kg , quello di una femmina adulta fra 90 e 130 kg; l’altezza al garrese (ovvero l’altezza dalla punta dello zoccolo anteriore, sino
alla spalla) è tra i 105-140 cm nei maschi adulti e fra i 95 e 110 cm nelle femmine adulte; la lunghezza (dalla punta del naso sino alla fine del dorso) per i maschi va dai 185 ai 220 cm e per le femmine da 150 fino ad oltre 180 cm. Il maschio è massiccio, la femmina è più sottile in tutti i suoi tratti.
Alla nascita un piccolo pesa come detto in precedenza fra 7 e 14 kg, con un rapido sviluppo egli raggiunge dopo un anno d’età, il 50% del peso definitivo, importante carattere da acquisire in questo periodo, poiché strettamente correlato al successo riproduttivo nell’età adulta (Clutton Brock et al., 1982). L’aumento di peso del piccolo è relazionabile all’investimento della madre su di esso, riconducibile a sua volta a fattori ambientali ed alla densità della popolazione di appartenenza.
Cervo adulto in “abito invernale”
3.2.5 Classi sociali
Nella specie Cervus elaphus esiste un forte dimorfismo sessuale fra il sesso maschile e quello femminile, dovuto ad un maggiore
sviluppo dell’avantreno anteriore nei maschi, oltre che alla presenza del palco.
La femmina è più o meno slanciata, con il tronco dritto e allungato, sempre più lungo dell’altezza degli arti al garrese. Il collo è sottile, il capo decisamente allungato, con orecchie che appaiono essere più sviluppate nei soggetti giovani.
Cerve di meno di un anno di età sembrano dotate di arti assai allungati, esili, di proporzioni più armoniose e con il muso corto. Le sottili (femmine che non hanno mai partorito, in genere di 1-2 anni compiuti) viste di fianco mostrano la linea del ventre più dritta delle adulte, senza cadute, il capo relativamente meno sviluppato e la statura è leggermente minore. Da dire che comunque non è immediata e certa la distinzione tra le classi di età femminile, viste le difficoltà nel distinguere i particolari su citati, soprattutto se l’animale è in movimento ed a distanza.
Le adulte sono più grandi di dimensioni con la testa e le forme che con l’avanzare dell’età si fanno più spigolose, la linea ventrale vista di profilo si abbassa a causa delle gravidanze e si genera una più o meno pronunciata incavatura sul groppone, ove finisce per risaltare la zona scapolare.
Le differenze tra le femmine sono limitate, se rapportate alle differenze fra i maschi di diversa età. Questo perché fra gli individui maschili esiste una gerarchia che si esprime per l’appunto con dei caratteri fisici e comportamentali ben evidenti per limitare al massimo le lotte intraspecifiche.
Posto che un cervo vive al massimo 17-20 anni e che l’apice della parabola vitale maschile va situata fra i 10-14 anni, si possono definire all’incirca cinque classi sociali.
Giovane con pomellature, inferiore all’anno d’età
La più bassa è quella dei cerbiatti, piccoli inferiori ai 12 mesi d’età, che risultano con un muso appuntito, collo molto sottile simile a quello femminile, lunghezza sterno – coccige che può essere persino inferiore all’altezza al garrese. Un maschietto passa per tutta una serie di veloci ed evidenti mutazioni (colore, dimensioni, abitudini,etc.) dalla classe infantile a quella della “pubertà” intorno agli 11-15 mesi, con la comparsa dei fusi, l’aumento del peso dai 7-14 kg della nascita, ai 70 kg, cambio del manto che assume un colore bruno rossiccio. Il “fusone” permane ancora con il branco femminile.
Un passaggio significativo si ha alla 1° pulitura del trofeo, come cambio della postura del collo, che forma un angolo evidente con
le spalle. A circa due anni il peso inizia a distribuirsi in maniera uniforme tra arti anteriori e posteriori.
Dai due ai quattro anni un maschio appartiene alla classe dei subadult, la fronte non è più così stretta come nei giovani, inizia sul collo ad evidenziarsi la criniera, dando al collo un aspetto meno allungato, l’angolo collo - spalle è ben pronunciato ed il posteriore è appuntito e non tondeggiante come nei giovani, il trofeo ha una forma quasi definitiva. Il maschio sub-adulto, tra i due e tre anni diventa indipendente dal gruppo femminile.
A cinque – sei anni si ha la completa maturità sociale del maschio: il muso di fronte si presenta decisamente largo, la criniera è sempre più pronunciata e l’angolo fra collo e spalle assume una leggera inclinazione, causata dall’aumentare del peso del trofeo, che fa aumentare anche i muscoli del collo dandogli un aspetto massiccio.
La classe degli adulti comprende cervi dai quattro ai quattordici anni, al suo interno le differenze risultano apprezzabili. Individui quasi al massimo della loro vigoria fisica, intorno ai sette – nove anni, evidenziano un capo a triangolo equilatero (lateralmente), la criniera è talmente folta che il collo sembra più largo che lungo e non vi è più stacco tra questa e la linea del dorso, ove però il garrese appare un po’ più in rilievo rispetto alla linea dorsale, il posteriore è meno appuntito e si avvicina più ad un angolo retto. I cervi vecchi includono animali ancora molto vigorosi ma lenti e pesanti, i quali mostrano segni di regressione , cioè palchi ormai apprezzabilmente meno possenti, mancanti di corona ed altre
cime, uno smagrimento generale del profilo corporeo, anche se la criniera resta come segno di maturità.
3.3 Ecologia 3.3.1 L’ambiente
Sulla base di alcuni studi di carattere ecologico – comparato sembra che un ambiente ottimale per il cervo dovrebbe avere i seguenti requisiti:
-almeno 10.000 ettari di superficie, costituita da boschi ad alto fusto intercalati a bassure e zone steppose e/o aperte, con boschi riparali in ampie vallate o zone planiziali.
Il bosco ideale dovrebbe essere di latifoglie con prevalenza di querce, in grado di assicurare un alta produzione autunnale di frutti, con presenza di acqua secondo una rete capillare e non concentrata in un unico punto e con quartieri adatti allo sveramento. Quest’ultima condizione è portata da territori aperti o riparali. Fattori limitanti generali sono costituiti da abbondanti precipitazioni nevose o dalla mancanza di acqua. Di norma (Mitchell B., 1977) si ritiene che il massimo di tollerabilità sia rappresentato nella cattiva stagione, da un massimo medio annuale di altezza della neve di 40-50 cm, mentre 20-30 cm consentirebbe la vita a gruppi invernali numerosi. Comunque le popolazioni di cervo sono in grado di adattarsi a territori anche molto nevosi avendo la possibilità di effettuare spostamenti altitudinali invernali o sfruttando i versanti a “solatio”.Oltre ai fattori ambientali che possono limitare il numero delle popolazioni
di cervi , quelli di origine antropica sono quelli che incidono maggiormente sulla sopravvivenza di alcuni nuclei europei. Le trasformazioni dei fondovalle, percorsi da arterie stradali, con città o villaggi disseminati lungo le zone rivierasche più valide, insieme alle trasformazioni idrauliche e vegetazionali subite dai corsi d’acqua (con rettifiche, eliminazione delle fasce riparali, etc.); la messa a coltura di tutte le zone più basse, l’assenza di cespugli, bassa vegetazione arbustiva e/o alte erbe provocano un’accentuazione dei fenomeni di innevamento e sono fra le cause più impattanti per le popolazioni di cervo facendo si che proprio le zone più basse diventino le peggiori zone di svernamento. Di contro l’abbondanza di aree coltivate fornisce agli animali importanti risorse trofiche.
Evolutosi in spazi aperti, si trova, generalmente in foreste ad alto fusto con scarso sottobosco e presenza di radure e pascoli. E’ un ruminante pascolatore non selettivo (Hofmann R.R.,1978) molto adattabile alle specie vegetali “stagionali”. Nella sua dieta di base predominano la vegetazione erbacea, foraggio fresco e secco (graminacee e dicotiledoni), molto più contenuto è il consumo di vegetali semi – legnosi (rovi, lamponi, ginestre). I frutti come ghiande, castagne, faggiole sono prediletti nella stagione autunnale – invernale; in pieno inverno il limitato accesso al suolo causato dalla presenza della neve spinge gli animali a nutrirsi di foglie, ramoscelli, germogli ed a “scortecciare” i fusti degli alberi, incidendo con gli incisivi inferiori il tronco e strappando strisce di corteccia verso l’alto.
“Scortecciamento”
Il regime alimentare varia comunque con l’habitat e con lo sviluppo della vegetazione. I cervi, così come gli altri ungulati, hanno periodi durante l’arco della giornata con maggiore o minore attività, legati ai ritmi di alimentazione.
3.3.2 Distribuzione in Italia
Il cervo europeo mostra una distribuzione in Italia pressoché continua, sulle Alpi i nuclei più consistenti si concentrano sulla parte orientale della catena; in Appenninno la distribuzione è discontinua, con tre nuclei consistenti nell’Appennino settentrionale (Garfagnana – Modenese, Acquerino – Cantagallo,
Foreste Casentinesi) e tre nuclei nell’Appennino abruzzese (Valle del Sangro, Maiella, Monti della Laga); nel Meridione la situazione, come per tutti gli ungulati, vede piccoli nuclei introdotti estremamente isolati tra loro e dei quali abbiamo scarsità di informazioni.
3.3.3 Competitori, predatori e principali cause di mortalità
Un competitore alimentare possibile per il cervo è il muflone (Pfeffer e Settimo,1970) ungulato ancora più “generalista”, ma ciò avviene solo in situazioni “artificiali” dove le densità di entrambe le specie sono elevate e non si hanno possibilità diffusive verso altri territori. In genere il cervo è dominante sulle altre specie, considerata la sua ampia adattabilità alimentare e le grosse dimensioni. Sicuramente competitori per esso sono i bovini domestici, in particolare sui pascoli alpini di alta quota.
In merito alla regolazione naturale delle popolazioni di cervo oltre il fattore di compensazione, si possono formulare due ipotesi (F. Perco, 1986): nel primo caso il livello numerico viene determinato dagli alimenti disponibili, in relazione alle precipitazioni e all’irradiamento. Nel secondo caso il livello viene invece regolato dai predatori. Comunque si può parlare di subordinazione di tali fattori, poiché scarse quantità di cibo determinano animali deboli, meno resistenti agli stati di stress e alle malattie e perciò facilmente predabili.Il principale predatore a livello continentale è il lupo, che organizzato in branchi, riesce a predare gli individui più anziani e quelli più giovani.
Altre cause di mortalità sono legate a parassitosi dell’apparato digerente; decessi per cause antropiche, come incidenti stradali, avvengono lì dove l’areale delle popolazioni del cervo si sovrappone a zone antropizzate ed attraversate da importanti arterie stradali.
3.4 Comportamento, riproduzione e fenologia dei gruppi
Il cervo è un animale sociale che tende a creare branchi più o meno numerosi con diverse strutture. I branchi sono solitamente di tipo matriarcale, costituiti da:
-più femmine adulte, con femmine sottili, più i piccoli inferiori all’anno di età e con maschi adulti giovani, inferiori ai 4 anni, in particolare fusoni;
-gruppi con più femmine adulte, accompagnate da qualche maschio giovane;
-un maschio adulto, con un maschio giovane che impara a sopravvivere, imitandone il comportamento.
-maschi adulti solitari o in piccoli gruppi di essi.
Il legame fra femmine è più forte e dura, a volte, sino al terzo o anche al quarto anno d’età, mentre i giovani maschi stanno con i branchi di femmine al massimo sino al secondo anno di vita, per formare branchi con maschi adulti.
Nel branco matriarcale la femmina più alta gerarchicamente è la capostipite. Il ruolo di capobranco non dipende tanto da confronti aggressivi ma più da una “autorevolezza” che deriva dall’età e quindi dall’esperienza e dalla presenza di un figlio, che comporta
una maggiore attenzione e perciò una migliore reattività verso il mondo circostante. Quindi i comportamenti del branco rispondono ai comportamenti dell’animale più attivo prudente ed esperto.
I gruppi come detto sono a sessi separati, escludendo il periodo riproduttivo. La dispersione sul territorio è legata ai maschi, soprattutto i maschi giovani fino a 3 anni di età per limitare la possibilità di accoppiamenti incestuosi e in relazione alle maggiori esigenze alimentari maschili rispetto a quelle femminili. Le femmine di conseguenza sono meno mobili e costituiscono la base della struttura sociale della popolazione (T.H. Clutton Brock, F.E. Guinness, S.D. Albon, 1982).
La stagione degli amori pone fine alla pur limitata socialità nei maschi, che assumono comportamento territoriale. Il cervo nel periodo che va da metà settembre sino a metà ottobre, adotta un sistema riproduttivo poliginico, nel quale un maschio difende un “harem” di femmine spostandosi, più o meno nella stessa zona e cercando di “coprirne” il maggior numero.
Nel periodo degli amori, i maschi compiono una serie di combattimenti ritualizzati, al fine di stabilire la gerarchia sociale, ovvero gli individui contrapposti confrontano le dimensioni dei loro trofei, la loro corporatura, raspano o arano il suolo con i palchi e sfoderano il pene spruzzando urina ed effettuando dei passi da parata irrigidendo l’intera muscolatura corporea. Questi comportamenti permettono di limitare lo scontro fisico, allo scopo di minimizzare i danni intraspecifici.
In questo periodo sono caratteristiche le emissioni sonore, dette “bramiti”, prodotte dai maschi allo scopo di segnalare la loro presenza in una certa zona e con tutta probabilità il loro stato fisico agli avversari e alle femmine in ascolto.
Dopo l’accoppiamento nelle femmine la gestazione dura 7-8 mesi e i parti si hanno tra metà maggio e metà giugno, generalmente ogni femmina partorisce un solo cerbiatto. La probabilità che un cerbiatto sopravviva deriva principalmente dal suo peso alla nascita e dalla data del parto, perché nascite ritardate sono causa di mortalità invernale. Per i primi tre o quattro giorni il piccolo resta separato dalla madre che lo frequenta solo per allattarlo e per le cure corporali, di fatto esso si nasconde schiacciandosi al suolo nelle alte erbe per non farsi vedere da eventuali predatori, mentre le femmine vanno a nutrirsi per recuperare lo stress della gravidanza e del parto.
3.5 Metodi di censimento delle popolazione di ungulati
Il censimento fornisce una valutazione numerica delle dimensioni della popolazione, è può essere condotto per fini puramente scientifici o per scopi gestionali. I metodi di censimento si sono evoluti cercando di ottimizzare i rapporti tra il costo delle operazioni e il rendimento, inteso come rendimento e accuratezza della stima ottenuta.
I censimenti possono essere distinti in:
-Censimenti completi (conteggi completi in una data area in un dato momento);
-Censimenti campione (conteggi completi in una porzione di una data superficie in un dato momento);
-Censimenti per indici (conteggi o rapporti relativi al numero totale di animali in una determinata popolazione).
I metodi di censimento che possono fornire stime di densità per una popolazione di cervo, sono:
-censimenti notturni con sorgente di luce: consistono nel percorrere con un mezzo dei percorsi prefissati e illuminare le aree circostanti con fari manovrabili a mano;
-censimenti dei maschi al bramito: si stima la consistenza della popolazione, attraverso il censimento dei maschi adulti, che si rendono manifesti attraverso le loro attività vocali tipiche del periodo degli amori, in aree campione fisse situate nella porzione dell’areale riproduttivo, entro i confini dell’area di studio, durante le ore notturne (Mazzarone et al.,1991);
-censimenti per punti di vantaggio:dove si ha un’ampia visibilità su aree di pascolo, solitamente frequentate dagli animali;
-censimento per transetti: eseguito, percorrendo dei sentieri più o meno lineari e contando gli animali che si incontrano lungo di esso;
-censimenti in battuta: consistono nell’esecuzione di battute utilizzando un numero variabile di battitori in relazione alla morfologia e alla vegetazione del territorio considerato. Gli animali vengono fatti allontanare dai loro nascondigli e spinti in direzione di una linea di osservatori che li contano;
Altri metodi di censimento sono l’uso dei coefficienti di visibilità differenziati per classi di densità della vegetazione, e censimenti dalla struttura delle popolazioni e dal comportamento sociale, si basa quest’ultimo sulle osservazioni raccolte durante un ciclo riproduttivo e riguardanti i gruppi sociali in attività nelle prime ore del mattino e della sera lungo percorsi standardizzati.
La scelta del tipo di censimento dipende dall’area di studio e da fattori relazionabili alla specie oggetto di studio.