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17 2- TOPOGRAFIA URBANA

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Academic year: 2021

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2.1- Idrografia.

L’antica città di Uthina, posta a sud di Tunisi, corrisponde oggi alla città di Oudhna59.

La colonia occupava una serie di rilievi collinari, orientati nord-sud, che si succedevano gli uni agli altri, su una distanza di circa 1200 metri e, le cui altezze variavano da un centinaio di metri a un massimo di 130 metri.

Questi rilievi erano separati, ad est e ad ovest, da piccole pianure alluvionali attraversate, nei periodi di piogge abbondanti da due fiumi.

Il primo di questi è l’oued Oudhna, nominato da Sadoux oued Dra es Sid, un corso d’acqua intermittente, il cui flusso però durante i periodi di piena era così consistente da aver richiesto in epoca romana la costruzione di ponti per il suo attraversamento.

Il letto del corso d’acqua sottolineava anche una separazione naturale fra la zona urbana e quella rurale della città, nella quale lungo lo stesso argine si possono notare le vestigia di una necropoli60 (fig. 3, B.)

Il secondo fiume, nominato “petit oued” già dal capitano Driant nelle sue mappe, nasce a sud della colonia antica e si unisce, lungo il suo tragitto, ai piccoli corsi d’acqua intermittenti, affluenti dell’oued Miliane.

Il “petit oued” (fig. 1) modifica ancora oggi il rilievo nel quale passa, depositando o scavando profondamente il terreno, motivo per cui, anche in passato, non si

59 Ben Hassen, Maurin 2004, 54. Si veda inoltre: AAT, Oudhna; Desanges 1990; Barraud, Golvin,

Maurin 1998, 171-207.

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costruì lungo i suoi argini, tranne una costruzione ad absidi multiple (fig. 2) collocata sulla riva sinistra del fiume su una piccola pianura alluvionale, la cui funzione resta però sconosciuta61.

Sicuramente si può affermare che il suo percorso all’epoca della colonia romana non fosse lo stesso di oggi, vista l’impetuosità e la quantità di sedimenti che ancora trasporta. Avvicinandosi alla città, l’impetuosità

delle acque doveva essere controllata attraverso acquedotti, canali di derivazione, cisterne o muri di contenimento62; a questo scopo si può collegare il ritrovamento, poco fuori il centro della colonia, di alcune cisterne e muri di terrazzamento, forse legate ad una dimora, che costituivano un primo ostacolo e un arginamento delle acque provenienti dal bacino versante63.

61 Mesnage 1912.

62 Gauckler 1987-1901; Rakob 1974, 41-89 ; Ben Hassen, Maurin 1998, 95 e 171; Ben Hassen,

Maurin 2004, 181.

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2.2- La rete viaria extra muros.

Il territorio di Uthina, all’epoca romana, era attraversato da tre grandi

strade: la prima collegava Cartagine a Thuburbo Majus, passando dentro la colonia, dopo aver superarto l’oued Oudhna attraverso il ponte nord; la seconda collegava Uthina a Ziqua, penetrando dal versante sud-ovest e una terza, di cui però le tracce sono poco visibili, doveva giungere in città da est64.

La strada che collegava Cartagine a Thuburbo Majus era sicuramente la maggiore per dimensione, provenendo da Maxula, seguiva il corso il corso dell’oued Miliane e dopo aver attraversato il territorio di Uthina giungeva poi a Thuburbo

Majus65.

Immediatamente dopo lo sbocco dal ponte, del quale si conservano tre arcate del suo alzato, si può ancora riconoscere il rivestimento stradale in calcare bianco delimitato da muri di sostegno laterali66 (fig.3, A).

La strada proseguiva poi all’interno della campagna, le sue tracce sono riconoscibili grazie ad una serie di tombe e mausolei67, di uno dei quali resta una struttura quadrata costruita con blocchi in opus quadratum.

Il secondo asse viario che conduceva a Ziqua, doveva entrare nella città anch’esso tramite un ponte, del quale restano poche tracce.

Sul lato orientale della strada68 furono trovati due frammenti di una colonna in calcare (diam. 53 cm; altezza superiore a 150 cm; fig. 5-6) che presentavano un

64 Ben Hassen, Maurin 1998, 217 e seg.; Ben Hassen, Maurin 2004, 56.

In generale si veda: AAT fouille d’Oudhna; Miller 1916; Salama 1951; Ferchiou 1973, 633-642 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004) e Ferchiou 1976, 367-402; Barraud, Golvin, Maurin 1998, 171-207; Jacob, Lemaire, Massy 1998, 95-105.

65 L’importanza di questa strada è testimoniata anche dai numerosi resti di cippi miliari: ILAfr,

246= ILPB, 340 II-III; ILAfr, 269; CIL, VIII, 10051 non lontano da Jebel Oust; CIL, VIII, 21983 a Zaouia Khdima (028.093); CIL, VIII, 10045=21984 a Giufi.

Si veda inoltre: Gauckler 1897, 36-367; Salama 1951, 1987; Lepelley 1979 e Lepelley 1981; Ferchiou 1995 e Ferchiou 1998.

66 Ben Hassen, Maurin 1998, 97-98 e Ben Hassen, Maurin 2004, 56.

67 Ben Hassen, Maurin 1998, 174 e seg.; Ben Hassen, Maurin 2004, 61 e seg.

Si veda inoltre: AAT fouille d’Oudhna; Mesnage 1912; Mandouze 1982, 303-533; Roth-Congès 1990.

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riquadro profilato. Probabilmente si trattava di un cippo miliare, forse dipinto, le cui indicazioni risultano oggi cancellate.

Un altro cippo miliare69 (fig. 4), trovato a 10 km da Uthina, attesta la natura imperiale della via: “[---Parth(icus)] max(imus), [Brit(anniuus)] max(imus)

[Germ(anicus) m]ax(imus), p(ontifex) m(aximus) trib(unicia) potetsat(e) X[X], Imp(erator) III, co(n)s(ul) III p(ater) p(atriae) restituit VII”.

La datazione che gli fu attribuita è di III secolo d.C. sotto il regno di Caracalla. Subito dopo l’entrata in città, la strada doveva dividersi in numerose vie di dimensioni minori (fig. 3, B).

Infine doveva attraversare la città anche una strada da est (passando a nord del teatro), della quale però sono solo riconoscibili i muri di sostegno di uno dei suoi argini.

69 Ben Hassen, Maurin 1998, 224; Bouard 1997, 209-236.

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2.2.1- Vie di comunicazione minori.

Altre strade minori dovevano condurre dalla città alla campagna70.

Un’uscita importante doveva esistere a sud (fig. 3, D), dove sono visibili i resti di una grande villa suburbana, necessariamente essere collegata alla città oltre che ad un pozzo monumentale, forse pubblico, che sottolineava generalmente la presenza di un’entrata importante della città.

Si può ipotizzare che questa strada seguisse il percorso dell’acquedotto, in direzione d’Ain Matmata e del Jebel Mekhina, in un itinerario molto simile a quello che segue attualmente.

A sud-ovest una strada ben identificata, attraverso i resti della pavimentazione in calcare bianco, doveva uscire dalla città in direzione di Sidi Jmilat, seguendo un percorso simile all’attuale strada di campagna (fig. 3, E).

Un’altra via entrava nella città da sud-est, attraversando la necropoli orientale su un precorso molto in pendenza; quest’ultima doveva essere utilizzata anche come collegamento per il trasporto di materiali fra le cave di Sidi Bou Karrouba71, sicuramente attive in età romana, e il centro di Uthina (fig. 3, F).

Infine dovevano esistere strade di collegamento fra le entrate nord della città e le fertili pianure circostanti, infatti proprio a nord si situano anche i grandi monumenti come l’anfiteatro e i templi ad esso contigui, che necessitavano obbligatoriamente di collegamenti stradali.

70 Ben Hassen, Maurin 2004, 58.

Si veda inoltre: Roth-Congès 1990; Ferchiou 1990, 229-252 e Ferchiou 1995; Maurin 1992 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004).

71 AAT: 028. 332; Ben Hassen, Maurin 1998, 204 -205; Maurin 2003, 223-224 (apud Ben Hassen,

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2.3- La periferia extra muros.

I terreni che circondano la colonia di Uthina sono caratterizzati da numerosi resti di edifici monumentali, molto probabilmente relazionabili con la città stessa, usati sia per scopi sia difensivi poiché erano costruiti lungo gli assi viari principali di accesso alla città, sia religiosi come santuari o basiliche cristiane72.

A nord sono state identificate due zone distinte di vestigia che occupano la parte sommatale di un pendio73.

Entrambe le strutture si trovano allo stato frammentario e restano visibili soltanto alcuni tratti dei muri perimetrali.

La prima zona potrebbe essere riferita ad unità abitativa di grandi

dimensioni o, poiché sembra essere divisa in due unità, potrebbero essere

due edifici distinti fra loro (fig. 7). La seconda zona74 è posta ad est della strada che arrivava al centro della città dal versante nord.

Posta anch’essa sulla sommità di un pendio, è possibile riconoscere due insiemi di rovine distinti, separate da una depressione.

72 Ben Hassen, Maurin 1998, 171-206 e Ben Hassen, Maurin 2004, 58; si veda inoltre: AAT fouille

d’Oudhna; Duval 1971, 265-296; Ferchiou 1994, 463-497 e Ferchiou 1995; Maurin 1992 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004).

73Ben Hassen, Maurin 2004, 61. 74

AAT sito n° 028.048, 14; Maurin 2003, 51 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004); Gauckler 1896, 117-229; Ben Hassen, Maurin 1998, 176.

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Fra i ritrovamenti vi era una cisterna che fece subito pensare potesse far parte di una unità abitativa (fig. 8). Gauckler, durante i suoi scavi, interpretò

questi resti come appartenenti alla costruzione di una basilica cristiana, ma ancora oggi questa ipotesi non può essere confermata.

A nord-est, vicino al villaggio di Farsh al Innabi, furono identificati i resti di un insieme monumentale riferibile ad un santuario75 (fig. 9).

Gli scavi hanno portato alla luce la galleria del peribolo di 52 metri di lunghezza sulla quale furono ricavati degli ambienti, celle di piccole dimensioni, alcuni dei quali divisi al loro interno e tutti dotati di porte.

La loro funzione in relazione al santuario potrebbe essere di negozi legati al culto, funzione ampiamente conosciuta per questo tipo di strutture in

tutto l’impero romano, o quella di

hospitalia: alloggiamenti per i

pellegrini utilizzati durante gli spostamenti.

Nella periferia a sud di Uthina76 le prime evidenze archeologiche che s’incontrano sono riferibili ad un’unica domus costruita a terrazze e posizionata lungo il declivio sud-nord della collina (fig. 10).

75 AAT sito n° 028.048, 13; Rossignoli 1992, 559-596; Maurin 2003, 51 (apud Ben Hassen,

Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004); Ben Hassen, Maurin 2004, 61.

76 AAT sito n° 028.338; Ferchiou 1995, n°8, 155 e n°9, 156-158; Ben Hassen, Maurin 1998,

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Le tre terrazze esposte in direzione della città sono pressoché distrutte: quella superiore presenta solo qualche traccia di muri perimetrali, che delimitavano una sala decorata con mosaici policromi visibili nell’angolo nord-ovest.

Anche per le terrazze sottostanti sono riconoscibili solo alcuni tratti dei muri perimetrali che delimitavano probabilmente delle stanze, al di sotto delle quali sono presenti due cisterne: una posizionata più a est e l’altra più a ovest. Per la seconda cisterna fu possibile identificarne la forma quadrangolare e la costruzione delle pareti in opus quadratum.

La ceramica77, recuperata durante gli scavi, fornisce per la domus una datazione fra il V e il VI secolo d.C., o comunque in età bizantina.

A est di questa costruzione, vicino ad una piccola sorgente di acqua fu costruita un’altra domus.

Non è possibile però stabile qualcosa di più sulla sua planimetria perché, dopo il suo abbandono, fu usata come cava di materiali riutilizzabili per altre costruzioni e, successivamente, le fu costruito al di sopra una struttura quadrangolare circondata da un fossato (fig. 10).

Sulla parte sud di questa struttura78, forse un fortino, fu trovato un risparmio del fossato, anch’esso di forma quadrangolare, identificabile come una porta fortificata o una risistemazione in epoca successiva alla costruzione.

Questa struttura fortificata potrebbe essere stata utilizzata per proteggere l’accesso da sud alla città in epoca tarda.

Sul lato sud-ovest della periferia della città si trovava una cisterna.

Non è stato possibile ipotizzare a quale monumento potesse appartenere, perché la zona fu intensamente sfruttata, nel corso degli anni, per l’agricoltura; si potrebbe identificare come una domus peri-urbana o una istallazione di minore dimensione a vocazione agricola o a scopo difensivo.

Lungo la strada che lascia la città attraversando il ponte nord sull’oued Oudhna,

77 Ben Hassen, Maurin 1998, 178. Sono stati rinvenuti frammenti di: Hayes 61B, 67, 80A, 91C,

94, 99; per quanto riguarda le anfore: due elementi di spatheia africani e un frammento di anfora di Gaza (Cartagine L.R.A. 4).

Per ulteriori informazioni sulla ceramica si veda: Courtois 1956; Hayes 1972; Humphrey 1976, 47-123 e Humphrey 1978, 23-98 e Humphrey 1980; Maier 1973; Fulford 1984; Bonifay 2004..

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si trova una costruzione monumentale detta “a pozzo79”(fig.11), i cui resti di muratura visibili si estendono per

un’altezza di circa tre metri, con una serie di piccoli bacini modanati a sbalzo. Poco lontano da questo monumento si notano altre due cisterne e frammenti di muri crollati purtroppo non riconducibili ad alcuna struttura ed un pozzo antico monumentale, costruito in arenaria, di

un diametro interno di tre metri. La presenza di pozzi, bacini e cisterne fece

pensare ad una funzionalità di queste

strutture legata all’utilizzo dell’acqua in grande quantità, come terme, pubbliche o private, istallazioni di fulloniche o di tintorie o, ancora, punti di sosta per i viaggiatori in transito.

79 AAT: sito n° 028.367; Ben Hassen, Maurin 2004, 60; Maurin 2003, 51-52 (apud Ben Hassen,

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2.4- Le necropoli.

Le necropoli si localizzano alla periferia della città com’è consuetudine nel mondo romano, in particolare nelle zone a nord, est ed ovest (fig. 3).

Il loro sviluppo si nota lungo gli assi stradali che giungevano al centro di Uthina, anche se si possono trovare alcune sepolture sui pendii circostanti.

Nella necropoli settentrionale80, ad est della strada che giungeva in città da nord, furono trovate tre sepolture (fig. 3, 12); poco più lontano, a nord dell’anfiteatro, su una collina che domina direttamente sulle sepolture, Gauckler considerò le rovine di un monumento antico, come i resti di una basilica cristiana da collegare alla zona funeraria e a conferma dell’esistenza della stessa81 .

Ancora oggi però non è verificabile un collegamento fra un’ipotetica basilica e le sepolture circostanti.

Altri elementi di architettura, ritrovati nelle zone occupate nella tarda età dalle botteghe di vasai, potrebbero essere riconducibili non solo a bacini ma anche a frammenti di architettura funebre ed, essere identificati, quindi, come elementi di tombe o mausolei, che presupponevano delle sepolture anche in questa zona (fig. 3, 13).

La necropoli orientale82, è situata sul fianco della collina che domina ad est il “petit oued”, doveva trovarsi probabilmente ad un incrocio di vie, di cui la principale era quella che proveniva da Farsh el Innabi ed entrava poi in Uthina. Su entrambi i lati della strada si trovano basamenti di mausolei e tesserine di mosaico sparse sul terreno (fig. 3, 1).

A ovest dell’asse viario, durante alcuni lavori agricoli, furono scoperte delle tombe interrate, orientate est- ovest, rivestite con lastre di calcare (fig. 12).

80 AAT sito n. 028.373; Ben Hassen, Maurin 1998,176 e Ben Hassen, Maurin 2004, 63

81 Gauckler 1896, 3-4 n. 2, egli rifiuta l’identificazione proposta da Driant che la identificava come

dolmen, confondendola probabilmente con alcuni ammassi rocciosi posti più a sud. Supra p.10, fig.3, P.

82 AAT sito n. 028.370; Ben Hassen, Maurin 1998, 176-177 e Ben Hassen, Maurin 2004, 61; si

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Poco lontano, un altro edificio monumentale, forse una basilica funeraria83 è riconducibile alle sepolture e potrebbe così confermare la localizzazione esatta della necropoli in questa zona.

Le sepolture meglio conservate, non intaccate dalle arature e dai lavori agricoli, si trovano lungo il pendio della collina non coltivato (fig. 3, 2-3): una successione di tombe a cupola, mausolei e recinti funerari, cisterne, forse da associare alle sepolture, e numerose tracce di inumazione in piena terra.

Anche un altro pendio, posto più a nord, presentava tracce di sepolture e potrebbe essere messo in relazione con l’ipotetico passaggio di una strada antica84 di cui oggi non resta nulla, in direzione del centro della città antica (fig. 3, 4).

La necropoli occidentale85 è situata al confine con la città, sotto l’anfiteatro, lungo la strada che conduce fuori dalla colonia da nord prima di varcare il ponte

sull’oued Oudhna.

Numerosi basamenti di mausolei sono ancora visibili ai lati dell’asse stradale (fig. 3, 8); a sud del medesimo altri resti di mausolei ed evidenti mucchi di terra,

83 Ben Hassen, Maurin 1998, 176 e Ben Hassen, Maurin 2004, 62. 84 Ben Hassen, Maurin 2004, 58 e supra p. 25.

85 AAT sito n. 028.367; Ben Hassen, Maurin 1998, 175 e Ben Hassen, Maurin 2004, 62; Maurin

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particolarmente ricca di cenere, potrebbero indicare anche l’uso dell’incenerazione come pratica funeraria.

Da questa necropoli proviene anche una iscrizione funeraria86 su lastra di calcare, profilata in alto e in basso a delimitare il campo epigrafico ( fig. 13).

L’iscrizione recita: “Vereiae Lucidae uxoris castissimae/ ac sanctissimae matris

piissimae/ Q(uintus) Bellenus Nicephorus maritus/ consecrauit”.

Poinssot87 suggerì di interpretare Bellenus come Bellenius, cognomen già attestato in altre epigrafi88 e di non poter inserire la famiglia della defunta fra i notabili della colonia.

La datazione che può essere attribuita, vista la forma delle lettere molto allungata e l’utilizzo dell’edera a fine frase, è fra il II ed il III secolo d.C.

La stele fu riutilizzata poi, in età tardo antica nella costruzione di un torchio.

86 Ben Hassen, Maurin 1998, 69 e 176;

87 Poinssot, BAC, 1930-1931, 68, 1(ILTun, 762); ILPB, 339; 88 CIL, VIII, 1799; CIL,VIII, 4695.

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Le strade che attraversano il centro di Uthina non presentano l’aspetto regolare e sistematico tipico delle fondazioni coloniali romane89.

Nell’insieme delle vie identificate sul terreno è difficile riconoscere cardines o

decumani principalis90 dai quali si sviluppa tutta la maglia stradale, al contrario, si

nota invece, oltre alla mancanza di assi principali, una totale assenza di ortogonalità e ritmo fra le varie strade.

La rete viaria si adatta il meglio possibile alla topografia del terreno: segue i thalweg dei fiumi, sale lungo le pendenze del terreno o segue i contorni delle terrazze naturali o artificiali.

Questa disposizione non regolare potrebbe essere legata ad una disposizione viaria del sito prima dell’epoca romana, anche se le tracce archeologiche rimaste sul terreno non possono confermare questa ipotesi se non per la parte alta della città, dove doveva svilupparsi la città punica91.

Nonostante la mancanza di regolarità all’interno della rete viaria, è possibile distinguere le strade in base alla loro larghezza: la maggior parte ha una larghezza media di quattro metri, alcune sono più strette, fino ad arrivare per dimensione a veri e propri vicoli mentre altre sono più larghe da 5 fino ad 8 metri.

Il primo asse viario riconosciuto è R1, entra nella città da ovest, dopo aver superato il ponte costruito sull’oued Oudhna, attraversa un settore del territorio apparentemente libero da costruzioni, forse dovuto alla presenza di un zona di raccordo fra le strade R1, R2, R3 e R4. La larghezza della strada è di circa 8 metri ed ai suoi lati si allineano alcune costruzioni come H1 e H2, che presentano cisterne e sembrano essere preceduti da portici.

R2 è una strada secondaria che, sale lungo il fianco nord della collina con direzione nord-sud, ha una larghezza costante di 4 metri e lungo i suoi lati si allineano alcune abitazioni (H3, H4).

89 Ben Hassen, Maurin 1998, 98 e Ben Hassen, Maurin 2004, 79.

90 In generale si veda: Caillemer, Chevallier 1959; Lugli, 1965; Lepelley 1981; Peyras 1995, 33-66

e Peyras 2002, 51-74; Clavel-Lévêque 1996; Behrends 1998 e Behrends 2000.

91 Al contrario un’organizzazione topografica rigorosa la si può trovare invece a Cartagine o

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R3 segue un thalweg orientato est-ovest, lungo i suoi lati si incontrano portici molto profondi (H5, H6) che indicano, senza dubbio, il ruolo di importante asse di comunicazione di questa via.

R4 è una strada che raggiungere l’insula 13, la sua presenza è stata dedotta dall’assenza di vestigia lungo il suo percorso e dalla presenza di un thalweg che probabilmente la strada seguiva.

R5, R6, R7, R8 sono brevi sezioni di strade, di larghezza variabile, che si incrociano nella zona sud, per fornire percorsi di arrivo alle abitazioni poste nelle

insulae I1, I4, I5, I6. R6 forse poteva dirigersi verso l’esterno della città, a ovest,

attraverso R21 una breve pista.

Solo R8 ha una larghezza costante di 4 metri e sale in forte pendenza sulla collina, alcune costruzioni ne sbarrano a nord il percorso, facendola assimilare ad un vicolo cieco, a meno che la strada non continuasse svoltando verso est; questo asse separa nettamente le insulae I1 e I2.

R7 si dirige verso est incrociando l’asse R23 probabilmente per grandezza, uno degli assi principali della città, R7 inizia il suo percorso da nord-ovest, attraversando una zona rocciosa.

R9 è una strada di raccordo per le strade R3 e R4, segue la direzione nord-sud con una larghezza media di 3, 70 metri.

R10 è una strada di 4 metri di larghezza che separa le domus H9 e H10 che, mostrano un orientamento diverso fra loro, ai due lati della strada est ed ovest. La strada R11 segue un percorso sud-est/ nord-ovest in direzione dell’anfiteatro, ha una larghezza costante di 5 metri e ai suoi lati sono presenti alcune domus H11 e H12. La strada R11 doveva servire a dirigere una parte di pubblico verso l’entrata principale dell’anfiteatro92 e, quindi, doveva essere uno degli assi viari principali della città, viste anche la sua larghezza superiore alle altre strade.

R12 è una piccola via che, probabilmente, si collega perpendicolarmente a R11; ha una larghezza di circa 4 metri e si snoda lungo il lato nord-ovest della domus d’Industrius (H13)93.

92 Infra p.85.

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R13 è una piccola stradina, collegata a R12, che serve anch’essa una entrata nella

domus d’Industrius.

R14 corre lungo il lato nord-est del tempio M494, fungendo anche da collegamento per i quartieri abitativi limitrofi; probabilmente questo asse stradale continuava arrivando fino ad un’entrata secondaria dell’anfiteatro.

La strada R15, viste le sue piccole dimensioni, doveva forse essere una pista pedonale che assicurava la circolazione al tempio M4 e al monumento vicino M395.

La strada R16 serviva da accesso ad un ingresso sul lato nord della domus dei

Laberii (H17 domus d’Ikarios)96. La via era lastricata in calcare bianco e, per

scansare il tempio a cella circolare subisce una curva ad angolo retto verso nord. R17 è una piccola stradina, di 2 metri circa di larghezza, che delimita anch’essa, verso sud, la domus dei Laberii (domus d’Ikarios).

La strada R18 serve le terme dei Laberii (Th1), correndo lungo il loro lato ovest, dove era presente un’entrata.

Probabilmente doveva esistere nella stessa zona anche un altro asse stradale di collegamento fra il tempio a cella circolare (M5)97, il ninfeo (H16) e le stesse terme (Th1).

La strada R19 segue un thalweg che corre in direzione nord-est/ sud-ovest, forse seguendo un’altra strada che doveva servire l’insieme di domus H16, H18 e H19, situate a sud e ad est del tempio M5 e della domus dei Laberii (H17 domus d’Ikarios).

R20 e una piccola strada, orientata nord-est/ sud-ovest, che passa vicina alle

domus H20 e H21.

La strada R22, parallela alla strada R7, separa le insulae I5 e I6 e, prosegue fino a collegarsi con la strada R23; non sembra andare oltre l’incrocio.

L’esistenza della strada R23 è ipotizzata per la presenza di un thalweg e dalla mancanza di vestigia su una larghezza costante.

94 Infra p. 42; Ben Hassen, Maurin 1998, 102. 95 Infra p. 42; Ben Hassen, Maurin 1998, 102 96

Infra p. 149.

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Doveva essere un asse viario importante che collegava il capitolium98 all’asse stradale R3.

R24 è una strada non molto rettilinea che, dovrebbe servire un quartiere di abitazioni dai contorni ancora confusi per lo stato dei ritrovamenti. La strada si dirige verso sud fino ad incrociare R25.

R25 è un asse est-ovest che corre ai piedi di una terrazza, lungo il pendio della collina.

R26 è una strada, parallela a R25, che corre più a sud e lungo il suo percorso si raccorda con R23.

98Infra p.46, 59.

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2.6- La città intra muros.

Il cuore della città antica di Uthina si sviluppa sulle colline racchiuse fra l’oued Oudhna e il petit oued, dominando la piana circostante e affermando la sua importanza politica ed economica nella regione99.

La forma generale della città non è raccolta, anzi si espande in varie direzioni sfruttando anche i fianchi stessi delle colline attraverso una serie di terrazzamenti e architetture sostruite, generalmente su cisterne per l’acqua, per regolarizzare l’andamento del terreno.

Durante l’epoca di massimo splendore, fra il II e l’inizio del III secolo d.C. il foro sulla sommità della collina principale, era il fulcro della città e, tutto intorno, si sviluppavano il capitolium, i templi, l’anfiteatro, le terme, il teatro, gli archi trionfali, i ponti, gli acquedotti, le grandi cisterne e infine i quartieri abitativi100. È difficile ancora oggi stimare l’ampiezza della colonia101, sicuramente si avvicinava molto alle dimensioni di Thugga (70 ettari) o di Ammaedara (60 ettari) e Sufetula102 (50- 60 ettari).

É molto più facile invece immaginare l’importanza che doveva avere Uthina sulle città vicine e lontane dell’Africa Proconsolare, testimoniata dall’opulenza e dalla monumentalità delle sue strutture pubbliche e private.

La zona della città a nord del foro103, era occupata dall’anfiteatro, dai templi e dai quartieri abitativi. Il limite territoriale della città su questo versante della collina è segnato dalla presenza di un muro di sostegno, costruito lungo il declivio della pendenza, di circa 150 metri di lunghezza ( fig. 15, A).

99 Ben Hassen, Maurin 2004, 79. Si veda inoltre: AAT fouille d’Oudhna; Lepelley 1979;

Ferchiou 1995; Maurin 1995, 97-13.

100 In generale si veda: Ben Hassen 1994, 22-29; Ben Hassen , Golvin 1995, 51-53 (apud Ben

Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004); Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004.

101 Durante il XIX secolo si credeva che la superficie occupata della città fosse di 500 ettari.

Gauckler stimava l’espansione fra i 500 e i 600 ettari, Gauckler 1896, 180; mentre una prima ipotesi formulata da Ben Hassen ne ipotizzava, erroneamente 120 ettari.

Ben Hassen, Maurin 1998, 32 e Ben Hassen, Maurin 2004, 78.

102 Duval 1982, 608; Bejaoui 1994. 103 Ben Hassen, Maurin 2004, 63.

(23)

Il versante nord-ovest, sotto l’anfiteatro, è occupato prevalentemente da domus104

.

Le scoperte archeologiche hanno portato alla luce la tendenza a costruire grandi e ricche dimore, escludendo, almeno dal I al III secolo d.C., la presenza di sobborghi popolari e artigianali che, si installeranno, poi in epoca tarda, nella zona delle terme dei Laberii105 (fig. 14, Th1) e in altre domus poste più ad est, con numerose botteghe di vasai (fig. 15, D, E, H)106.

104 Ben Hassen, Maurin 1998, 99 e Ben Hassen, Maurin 2004, 63 e 80.

105 Barraud, Bonifay, Dridi, Pichonneau 1998, 139-167; si veda inoltre Gauckler 1896.

106 Ben Hassen, Golvin, Maurin 1998, 26; Barraud, Bonifay, Dridi, Pichonneau 1998, 139-167;

Bonifay 2004; Ben Hassen, Maurin 2004, 63 e 81; Bonifay, Dridi, Jacquest 2004, 219-244; Gragueb Chatti 2004, 245-258.

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Le dimensioni delle dimore variano ma, sono tutte importanti: si aggirano intorno ai 400-500 m² come la domus d’Industrius107 (fig.16, H13) o, la domus dei capitelli compositi108 (fig.16, H14), fino a raggiungere anche dimensioni molto superiori, come la domus dei Laberii (domus d’Ikarios)109 che occupa una superficie di oltre 1500 m² (fig. 14, H17; fig. 15, B).

Caratteristica comune di tutte le abitazioni110 presenti ad Uthina è l’essersi adattate alla topografia del terreno collinare, organizzando i loro spazi attraverso la costruzione di terrazzamenti e cisterne interrate, usate sia come bacini per la raccolta delle acque sia come piattaforme per la costruzione delle stesse abitazioni.

Anche la loro disposizione interna segue la topografia del terreno e non è detto che le domus siano perfettamente ortogonali nella divisione degli ambienti, anche se seguono comunque la composizione tipo delle dimore latine, formate da un

atrium, occupato generalmente da un bacino per la raccolta delle acque piovane,

con un peristilium sul quale si aprono le varie stanze111.

Una caratteristica particolare che dovevano avere queste dimore è il tetto fornito di terrazzo o costruito a volta, dedotto dalla scarsità di ritrovamenti di tegole o embrici, che potevano far pensare a coperture a doppio spiovente.

Ad ovest dei quartieri abitativi, esattamente sotto l’anfiteatro, si trovano una serie di monumenti pubblici a carattere religioso112 (fig. 14 M1, M2, M3, M4).

I monumenti sono costruiti sfruttando tutto lo spazio dell’altura della collina, esattamente speculari alla collina occupata dal capitolium, creando così una scenografia a scala della città.

107 Infra p.176.

108 Infra p.180. 109 Infra p.149.

110 Gauckler 1896, 117-229 e 1910 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin

2004); Ben Hassen, Maurin 1998, 100 e Ben Hassen, Maurin 2004, 80.

111 In generale si veda: De Albentiis, 1990; Baldini Lippolis, 2001 e 2005; Basso, Ghedini, 2003;

Bullo, Ghedini, 2003.

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Le due colline sono attraversate dalla via principale della città R23113 e, sono visibili con i loro monumenti da lontano, ricordando a tutti i visitatori e ai viaggiatori di passaggio ad Uthina la ricchezza e la potenza della città.

Le grandi costruzioni pubbliche, a differenza di quelle private, non si adattano al terreno, ma sono costruite in punti alti e molto esposti della collina.

(26)

M1114 (fig. 14) è posto sulla parte inferiore del fianco della collina, è difficile stabilire quale fosse la sua funzione per la scarsità dei ritrovamenti, caratterizzati soprattutto da basi di colonne poste le une di seguito alle altre, tali da far pensare ad una sistemazione monumentale coperta. L’ipotesi più accreditata è comunque che si tratti di un piccolo tempio.

M2 ( fig. 14; fig. 17), posto anch’esso sul fianco della collina, è stato identificato come un tempio circondato da un peribulum115. L’accesso doveva avvenire dal lato sud, sottolineato anche dalla presenza di muri di fondazione di una scala monumentale.

Al centro del recinto è posto il tempio, chiuso su tre lati da un portico profondo a due navate. Il tempio è stato costruito sfruttando le cisterne interrate per regolarizzare il terreno collinare, specialmente sul lato sud-est dove sono ancora visibili, oltre ovviamente ad essere utilizzate come bacini per la raccolta delle acque piovane incanalate dai tetti.

M3 (fig. 14; fig. 18) è una costruzione a base quadrata della quale restano una serie di basi di colonne allineate, perni di colonne e frammenti di muri.

Risulta difficile stabilire quale fosse la sua funzione, probabilmente religiosa, vista la vicinanza ai tempi M2 e M4, anche se il modi di costruzione risultano meno omogenei rispetto a quello dei due tempi limitrofi, tanto da far pensare non a due edifici distinti, ma, ad uno unico risistemato magari in epoca tarda con materiali di recupero.

M4 (fig. 14; fig. 18) è un vasto edificio a pianta rettangolare (23m x 44m) la cui funzione religiosa è inequivocabile. I lati lunghi sono chiusi da un portico, profondo 4 metri, ad una navata che delimita uno spazio interno nel quale è riconoscibile la pianta della cella.

L’accesso doveva avvenire di fronte alla pendenza, come per le altre strutture, anche se per questo tempio non è possibile ipotizzare una scala monumentale

114 Ben Hassen, Maurin 1998, 101.

115 Ad est si trovano una serie di basi di colonne allineate, dei muri di grandi dimensioni e pozzi

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d’accesso, per la mancanza di tracce sul terreno, mentre si può ipotizzare un’entrata al tempio attraverso un portico colonnato.

M5116 è un tempio a cella circolare (fig. 14) adiacente alla domus dei Laberii, mentre la costruzione M6, ancora in corso di scavo, è formata da un muro orientato nord-sud, ad est della collina del capitolium e vicino due pilastri dell’acquedotto, un altro muro si trova di fronte al primo e presenta, alla sua base, degli elementi a forma di bacini sicuramente aggiunti in epoca tarda. É ipotizzabile che questa struttura potesse appartenere a quella indagata da A. Rousseau, dalla quale prelevò i mosaici con il trionfo di Nettuno117.

Il foro118 occupa la parte sommitale della collina più elevata di Uthina, dominando con il capitolium tutta la piana immediatamente circostante.

La piazza del foro è delimitata a nord dallo stesso capitolium (fig. 19) con la sua scala monumentale, ad est dalle cisterne e a sud dal muro che doveva indubbiamente circoscrivere lo spazio pubblico. La piazza doveva essere circondata da una galleria profonda quattro metri, che doveva essere pavimentata in pietra.

Dietro la galleria si trova un muro costruito in opus quadratum e alcune vestigia di costruzioni, le cui funzioni restano sconosciute, appartenenti certamente alla piazza pubblica (fig. 20, B).

A ovest del foro si trova un muro, le cui fondazioni sono costruite in grossi blocchi, probabilmente basi di colonne, la cui larghezza è però difficile da stabilire. Internamente, rispetto al muro prima descritto, si trova un altro muro, costruito in opus quadratum, che potrebbe far identificare questa struttura come una galleria periferica occidentale del foro ( fig. 20, C).

116 Ben Hassen, Maurin 1998, 105.

117 Supra p. 6; Rousseau 1846, 145; Gauckler 1896, 184.

126 Ben Hassen, Maurin 2004, 67. Si veda inoltre: De Ruggiero 1913; Cagiano De Azevedo 1941;

Lugli 1957; Lézine 1963; Coarelli 1983; Marta 1986; Giuliani-Verducchi 1987; Adam 1988; Ulrich 1994; Gros 1996.

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Poco lontano da questa galleria, un altro muro limita un’area forse destinata ad accogliere monumenti sempre legati alla zona forense, che ne strutturerebbero la parte occidentale.

La parte orientale della piazza è invece di difficile identificazione, sicuramente doveva ospitare una serie di edifici, come gallerie, tempi, macelli che si posizionavano attorno alla grande cisterna del foro ( fig. 20, K).

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A sud del foro si trovano numerosi spazi di forma quadrangolare119.

Il primo di questi120 (fig. 20, E) ha una superficie di 875m² e si appoggia alla pendenza del rilievo sui lati est e ovest, dove

un primo muro esterno, ancora esistente è costruito con blocchi di recupero, mentre, un secondo più interno è costruito a secco in pietra d’arenaria; a nord il recinto è delimitato dal muro del foro e a sud dalla grande cisterna dell’acquedotto.

Il secondo recinto ( fig. 20, F) si estende a ovest della cisterna, sulla quale in parte si appoggia; è di dimensioni minori rispetto al primo.

Il terzo recinto121 (fig. 20, G) sorge a sud

della cisterna, sulla quale anch’esso si appoggia, il perimetro orientale è costituito dai pilastri dell’acquedotto che, al momento della sua costruzione sono stati ostruiti.

Il lato ovest di questo recinto presenta un doppio muro.

L’ultimo recinto (fig. 20, H) si sviluppa sul terrazzamento est della collina, sfruttando anch’esso i pilastri dell’acquedotto ostruiti al momento della costruzione. Questo recinto, di cui non si conosce perfettamente il perimetro, ha un’estensione maggiore rispetto agli altri e, presenta un doppio muro lungo il perimetro sud ed est con caratteristiche analoghe alla descrizione dei muri precedenti.

Probabilmente questi recinti appartengono ad una fase tarda di utilizzazione del sito, sfruttando costruzioni antiche presenti sul terreno (fig. 21).

All’interno dei quattro recinti si trova la cisterna dell’acquedotto122 (fig. 20-21, I).

119 Ben Hassen, Maurin 2004, 71. Si veda inoltre: Ferchiou 1995. 120 Ben Hassen, Maurin 1998, 134.

121 Ben Hassen, Maurin 1998, 203.

122 Ben Hassen, Maurin 1998, 178, 189-206 e Ben Hassen, Maurin 2004, 72 e 181-218. In generale

(33)

Questa cisterna, di grandi dimensioni, costruita all’estremità sud del foro, lungo il declivio della collina, doveva essere coperta con una volta, ormai inesistente e, le pareti esterne a sud e a ovest sono rinforzate da un muro con absidi, per resistere meglio alla potenza delle acque in arrivo, e per conferire all’insieme della costruzione leggerezza ed eleganza ( fig. 22).

L’angolo nord-est della cisterna è stato abbattuto durante la costruzione dei recinti forse per questioni funzionali.

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La parte della collina a sud-est del foro123 è occupata da una serie di cisterne (fig. 23, A), collegate fra loro, che oggi rappresentano l’unico documento databile all’età antica.

Tutta la piana della collina, infatti, è stata rioccupata e fortificata in epoca tarda o, in età bizantina ed islamica, come testimoniano le numerose tracce di abitato che a queste epoche fanno riferimento oltre, ad una costruzione (fig. 23, H) della quale restano solo le fondamenta, divise in tre parti, le cui tecniche di costruzione sono analoghe a quelle del masjid, costruito a ovest del foro, e riferibili con certezza all’epoca islamica124.

È ancora riconoscibile sul terreno la costruzione di un monumento formato, per la parte che resta visibile, da una cisterna disposta su due livelli (fig. 23, B). Il monumento riceveva l’acqua dalla cisterna del foro attraverso la rete dell’acquedotto125.

Poco più a sud si trova un altro edificio (fig. 23, D) la cui funzione resta sconosciuta a causa del degrado della struttura, tuttavia la presenza di malta idraulica, fra i resti di muratura, fa pensare ad una funzione legata all’utilizzo dell’acqua.

Sempre più a sud si trovano una serie di domus (fig. 23, E), di dimensioni importanti, costruite, anche in questa zona della città, su sostruzioni di cisterne e secondo uno schema della domus a peristilio126.

Sono presenti anche una serie di monumenti, probabilmente pubblici ( fig. 23, G). Ancora più a sud, vicino il corso del fiume “petit oued” si trova il monumento ad absidi di probabile destinazione funeraria127(fig.23, I).

123 Ben Hassen, Maurin 2004, 74.

124 Per ultriori informazioni si veda: Golvin 1957; Monneret De Villard 1966. 125 Infra p.196.

126 De Albentiis, 1990; Baldini Lippolis, 2001 e Baldini Lippolis 2005; Basso-Ghedini, 2003;

Bullo-Ghedini, 2003.

(37)

All’estremità sud-est, rispetto alla piazza del foro, sono poste le grandi terme o, terme di Traiano128 (fig. 24, A; fig. 23, O), ed uno spazio attiguo sostruito su cisterne, probabilmente identificabile come una palestra.

Numerose domus (fig. 24, E) si allineano lungo la via urbana R20 (fig. 24, D; fig. 14), alcune sono di dimensioni modeste, altre più lussuose129.

128 Infra p.122.

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(39)

La maggior parte, comunque, sono state riutilizzate in epoca tarda, probabilmente ospitando attività artigianali, legate all’utilizzo dell’acqua, come testimoniano le numerose cisterne disposte nella zona e, i numerosi bacini130.

In questo settore della città è presente anche un arco di trionfo131 ( fig. 24, G) che però non è possibile, per le sue dimensioni, mettere in relazione con un qualche asse stradale.

Infine all’estremità est della zona si trova il teatro132 di Uthina ( fig. 24, H). É ancora visibile la cavea, l’orchestra e il muro di scena.

A ovest del foro133 una serie di terrazzamenti dominano la valle dell’oued Oudhna, e qui si trovano, perfettamente marcati sul terreno, anche i limiti della città attraverso un muro di sostegno (fig. 25, C) oltre il quale è difficile trovare resti di vestigia antiche.

In questa parte del sito è presente un altro complesso termale, denominato piccole terme134 (fig. 25, D), del quale restano solo alcune parti degli alzati dei muri, mentre la copertura che, doveva essere a volta, è interamente crollata.

Poco più a sud si trova una vasta area di forma quadrata assimilabile ad un recinto (fig. 26, A), a fianco un bacino a forma esagonale le cui pareti sono costruite in

opus quadratum. Vicino sorge anche una piccola sala di preghiera islamica, masjid (fig. 26, B), che permette di attribuire tutto questo complesso ad un’epoca

tarda135.

In direzione sud-ovest si trova un importante incrocio stradale vicino a piccole cave di pietra e resti di cisterne (fig. 26, C). Lungo le vie di accesso alla città

130 Uno di questi edifici (fig. 24, F) è composto da tre stanze, di uguali dimensioni, contigue e

comunicanti fra loro attraverso piccole porte. Il tetto è a volta con piccole aperture di forma quadrangolare, probabilmente usate per aerare i locali.

In una delle stanze, sono presenti sul terreno fori per un montante verticale e, vicino è posta una vasca in pietra scavata nel terreno. Probabilmente si potrebbe trattare di una fullonica.

Ben Hassen, Maurin 2004, 66; per ulteriori informazioni si veda: Pietrogrande 1976.

131 Ben Hassen, Maurin 2004, 66; si veda anche: Giovannoni 1925; Lézine 1963; Marta 1986;

Adam 1988.

132 Ben Hassen, Maurin 2004, 66; in generale si veda: Giovannoni 1925; Lézine 1963; Marta 1986;

Adam 1988; Ben Hassen 1994.

133 Ben Hassen, Maurin 2004, 67. 134 Ben Hassen, Maurin 2004, 67.

(40)

sorgono anche numerose domus (fig. 26, E), concentrate in maggior numero anche vicino al ponte, che segna il limite massimo dell’espansione della città a ovest ( fig. 26, F).

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(42)

2.7- La rete dell’acquedotto.

La condotta comune della rete dell’acquedotto penetra nella città da sud136.

Il canale è sostenuto da un muro di contenimento con archi, costruiti in opus

quadratum, che cambiano altezza secondo gli avvallamenti del terreno: quando il

canale scorre in pianura gli archi sono poco elevati, quando il canale deve superare dislivelli profondi del terreno, ad esempio la depressione situata ai piedi del capitolium, si eleva su pilastri di svariata altezza.

Al momento dell’arrivo nei pressi della zona del foro, l’acquedotto si incurva verso est (fig. 23, J, K) per evitare la cisterna e, raggiungere così il serbatoio dell’acqua. Questa parte di condotta che si flette, forse, non è contemporanea alla costruzione di tutta la linea dell’acquedotto, poiché anche i pilastri sono di una fattura diversa rispetto ai primi; sembra che la costruzione della cisterna monumentale disturbi il percorso dell’acquedotto e obblighi la costruzione di un nuovo castellum divisorium.

L’acqua provenendo da sud, arriva alla grande cisterna (fig. 23, L) formata da sette cellule consecutive più un’ottava posta trasversalmente per attutirne la potenza.

L’arrivo avviene nella quarta cellula e poi l’acqua, viene spinta su una sorta di rampa, per minimizzare la spinta del flusso e ossigenarla, prima di convogliarla nella condotta che poi la porta alla città. La distribuzione sull’acquedotto cittadino avveniva dall’angolo nord-est della cisterna dove poteva essere presente un piccolo castellum divisorium che per gravità trasportava le acque verso il foro.

136 Infra p.196. Ben Hassen, Maurin 1998, 189 e Ben Hassen, Maurin 2004, 76, 181.

In generale si veda:Lanciani 1881; Giovannoni 1925; Baggi 1926; Deman 1934; Ashby 1935; Rakob 1974, 41-89 e pl. 21-76; Marta 1986; Adam 1988; Tölle-Kastenbein 1993; Euzzenat 1994; Wikander 2000.

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