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LA CASTRAZIONE NELLA CAGNA

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Academic year: 2021

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LA CASTRAZIONE NELLA CAGNA

Generalità

Il termine castrazione viene utilizzato per indicare l’intervento di ovariectomia (asportazione delle ovaie) o di ovario-isterectomia (asportazione di ovaie ed utero). Con l’ovariectomia/ovarioisterectomia si ottiene la soppressione del calore, il controllo delle nascite e la risoluzione in maniera definitiva della pseudogravidanza, nonché la prevenzione e la terapia della piometra, delle metriti, delle neoplasie ovariche, uterine e vaginali, delle cisti, dell’iperplasia vaginale, della torsione e del prolasso dell’utero. Inoltre l’asportazione precoce delle ovaie (entro il secondo estro) riduce sostanzialmente il rischio di neoplasie mammarie (Schneider, 1990).

Accanto agli indubbi benefici procurati da questi interventi, non dobbiamo però trascurare gli svantaggi che portano con sè.

In Europa è tuttora discussa la questione riguardante l’esecuzione della castrazione prima o dopo il primo calore; i dati sul carcinoma mammario suggerirebbero che effettuare l’intervento di castrazione prima del primo calore riduce la probabilità di sviluppo di neoplasie mammarie (Spain C.V. et all, 2004).

E’ stata ampiamente discussa nella letteratura americana la questione della miglior età alla quale eseguire la castrazione.

A tal proposito, studi condotti su 983 cani dimostrano che il 12,9% delle cagne castrate al di sotto dei 3 mesi di età sviluppano incontinenza urinaria, mentre solo il 5% di quelle castrate sopra i tre mesi diventano incontinenti (Hardie E., 2007); sulla base degli stessi studi la castrazione precoce della cagna documenta anche una maggiore incidenza di cistiti e displasia dell’anca, mentre comprova una diminuzione dell’incidenza dell’obesità, che sembra verificarsi più frequentemente con la castrazione tardiva.

La castrazione è stata spesso accusata dell’obesità che affligge gli animali d’affezione. Alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato infatti che la

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sterilizzazione tende a promuovere un aumento dell’assunzione di cibo e del peso corporeo (Concannon e Meyers-Wallen, 1991).

Ricerche condotte da Edney A.T. et al. , 1986, e da Colliard et al., 2006, in cagne castrate e cagne intere, dimostrano che il rischio di obesità è due volte più elevato nelle cagne sterilizzate. Il soprappeso predispone poi a patologie osteo-articolari, aumentando la frequenza di rottura del legamento crociato craniale e di displasia coxo-femorale, come appurato dagli studi di Whitehair J.G. et al., 1993, e di Van Hagen et al., 2005.

In ogni caso, appare consigliabile mettere al corrente i proprietari del fatto che alcune cagne ovario-isteretomizzate possono tendere ad un incremento ponderale, nella maggior parte dei casi controllabile con una dieta adeguata e l’esercizio fisico, dato che talvolta la sola riduzione dell’apporto alimentare può non risultare sufficiente (Feldman E.C., Nelson R.W., 1998).

La soppressione del ciclo ovarico conseguente alla castrazione è responsabile di notevoli cambiamenti dell’assetto ormonale.

Dai risultati degli studi condotti sul profilo endocrino da Olson e coll., 1992, sia in cagne castrate che in cani maschi castrati, il dosaggio delle gonadotropine ipofisarie (FSH ed LH) risulta costantemente elevato nel plasma a causa dell’assenza dei relativi feedback inibitori esercitati dalle gonadi nei soggetti interi.

Nelle cagne integre, infatti, sono presenti livelli di LH pari a 1.2 ± 0.9 (DS) ng/ml, contro i 28.7 ± 25.8 ng/ml dei soggetti ovariectomizzati, e, livelli di FSH pari a 98 ± 49 ng/ml nei soggetti interi, contro i 1.219 ± 763 ng/ml nelle femmine sterilizzate.

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Figura 8: Tassi plasmatici di LH (A) e di FSH (B) in cani interi e sterilizzati. Questi grafici dimostrano il potenziale valore di questi parametri nella distinzione tra soggetti sterilizzati e interi.

(F) femmine, (F/S) femmine sterilizzate, (M) maschi, (M/C) maschi castrati (da Olson P.N. et al, 1992)

Sempre riguardo il quadro ormonale, secondo alcuni autori, la castrazione sarebbe accusata di avere un certo ruolo nell’insorgenza dell’ipotiroidismo nella cagna.

Questa opinione viene sostenuta da Panciera D.L. e coll., 1994, sulla base di uno studio effettuato dal 1987 al 1992 su 66 cani affetti da ipotiroidismo. In base ai risultati ottenuti dallo studio di Panciera, cani castrati, sia di sesso femminile che maschile, hanno un più alto rischio relativo di sviluppare l’ipotiroidismo rispetto ai cani sessualmente integri.

Già precedentemente, Milne KL e Hayes HM in una pubblicazione del 1981, riferiscono una relazione di causa-effetto tra castrazione ed ipotiroidismo; agli autori non è chiaro tuttavia come gli estrogeni e gli androgeni possano influenzare la funzione tiroidea.

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Grosvenor C.E., in una pubblicazione del 1962, sostiene che l’ovariectomia riduce la secrezione dell’ormone tiroideo nei ratti; secondo Le Roux P.H., 1983, tale intervento chirurgico è stato associato ad una lieve diminuzione della concentrazione sierica di T4 nel cane; anche Gambert S.R., 1991, confermerebbe tale evenienza, sostenendo

comunque che l’effetto generale sia minimo.

OVARIECTOMIA

Tecnica chirurgica

Con il paziente in anestesia, dopo tricotomia e preparazione del campo operatorio, l’intervento si effettua mediante un’incisione sulla linea sagittale mediana che parte, nella cagna prepubere, 2-2,5 cm caudalmente alla cicatrice ombelicale, nella cagna adulta in corrispondenza dell’ombelico per estendersi, in entrambi i casi, caudalmente per 4-8 cm.

Dopo aver teso la cute con il pollice e il medio si procede all’incisione di cute e sottocute fino a mettere in evidenza la sottostante fascia biancastra del muscolo retto dell’addome, esponendo così la linea alba.

Utilizzando delle pinze chirurgiche, si solleva la linea alba e vi si pratica una piccola incisione col bisturi; sollevati i due lembi con delle pinze, si prolunga poi l’incisione caudalmente e cranialmente servendosi di un paio di forbici da dissezione.

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Figura 9: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

ampliamento dell’incisione addominale Chirurgo Prof. I.Vannozzi

Andando con un dito a scontinuare il legamento falciforme, si accede alla cavità addominale; con delle pinze chirurgiche viene poi sollevata la parete addominale per il reperimento del legamento rotondo, che viene seguito dal chirurgo fino ad arrivare manualmente al corno uterino.

Figura 10: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

esteriorizzazione del corno uterino Chirurgo Prof. I.Vannozzi

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Una volta reperito ed afferrato il corno uterino, con una modica trazione caudo-mediale si evidenzia il legamento proprio dell’ovaio, caudale all’ovaio stesso che viene bloccato con una pinza; praticata una fenestratura sullo stesso legamento ovarico, con del filo riassorbibile si procede alla legatura del peduncolo, comprendente arteria e vena ovarica, distalmente all’ovaio.

Figura 11: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

Legatura del peduncolo ovarico Chirurgo Prof. I.Vannozzi

A tal punto si rimuove la pinza per recidere il mesovario.

Servendosi ancora del filo riassorbibile viene praticata un’altra legatura a livello del legamento proprio dell’ovaio, per procedere, infine, all’apertura della borsa ovarica e all’asportazione dell’ovaio.

Si procede con la medesima tecnica per la rimozione dell’ovaio sinistro.

Per la chiusura dell’incisione laparotomica si pratica una sutura continua semplice con filo riassorbibile per peritoneo e parete addominale:

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Figura 12: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

Sutura del peritoneo e della parete addominale Chirurgo Prof. I.Vannozzi

Il sottocute e la fascia vengono suturati, ancora utilizzando materiale riassorbibile con punti staccati ad “X” mentre la cute viene infine suturata in materiale non riassorbibile con punti staccati semplici o ad “U” orizzontale o a materassaio continua.

Figura 13: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

Sutura del sottocute Chirurgo Prof. I.Vannozzi

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Figura 14: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa

Sutura a materassaio continua della cute Chirurgo Prof. I.Vannozzi

OVARIOISTERECTOMIA

Tecnica chirurgica

Praticata tricotomia e preparazione della superficie ventrale dell’addome dall’apofisi xifoidea dello sterno fino al pube, si identifica l’ombelico e si suddivide idealmente l’addome caudalmente ad esso in tre parti.

Si pratica un’incisione di 4-8 cm di lunghezza nel terzo craniale, subito caudalmente all’ombelico, comprendente cute e tessuti sottocutanei,

esponendo quindi la linea alba. Servendosi delle pinze chirurgiche, si solleva la linea alba e vi si effettua una piccola incisione penetrante nella cavità addominale, che verrà successivamente estesa in senso craniale e caudale con delle forbici di Mayo. Afferrata e sollevata la parete addominale con delle pinze chirurgiche, si procede al reperimento manuale del corno dell’utero, o, se si preferisce, utilizzando un uncino da ovariectomia, che viene fatto scorrere contro la parete addominale 2-3 cm caudalmente al rene, per poi agganciare il corno dell’utero ed il suo legamento largo, mediante una rotazione mediale dello stesso uncino.

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Rintracciato l’utero, l’organo viene delicatamente sollevato fino all’ovaio o alla sua biforcazione, per scoprirne, oltre il corno, anche il corpo.

Facendo una trazione caudo-mediale del corno uterino, si identifica il legamento sospensore situato all’estremità craniale del peduncolo ovarico; tirando e rompendo tale legamento, facendo attenzione a non lacerare i vasi dell’ovaio, possiamo estroflettere la gonade.

Dopo aver praticato un’apertura sul legamento largo, caudalmente al peduncolo ovarico, vengono posizionate due pinze chirurgiche , una più prossimale all’ovaio, l’altra sul legamento proprio; queste aiutano rispettivamente a creare un solco-guida durante la legatura dei vasi (arteria e vena ovarica) e a prevenire il reflusso di sangue dopo la resezione. Con del filo da sutura riassorbibile si esegue una legatura “ad otto” attorno alla circonferenza del peduncolo ovarico, dopodiché si seziona il peduncolo e si rimuovono le pinze; seguendo il corno uterino in direzione caudale, si risale fino al rispettivo ovaio per andare ad eseguire le stesse procedure sull’ovaio controlaterale.

Eseguita una trazione in senso craniale dell’utero, si applica, con del filo riassorbibile, una doppia legatura a livello del corpo uterino, subito cranialmente alla cervice, mediante un punto “ad otto” trapassante il corpo e

circondante i vasi su entrambi i lati. Ancora un’altra legatura viene eseguita attorno al corpo dell’utero in posizione più prossimale alla cervice.

Per terminare l’intervento, si applica una pinza chirurgica attraverso l’utero cranialmente alle legature e si seziona l’utero tra pinza e legature stesse; asportata la pinza, il moncone uterino viene riposto in addome e la parete addominale viene suturata in tre strati: linea alba e fascia, sottocute, cute (Fossum T.W., 1999).

Figura

Figura 8: Tassi plasmatici di LH (A) e di FSH (B) in cani interi e sterilizzati. Questi grafici  dimostrano il potenziale valore di questi parametri nella distinzione tra soggetti sterilizzati e interi
Figura 9: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria  dell’Università di Pisa
Figura 11: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria  dell’Università di Pisa
Figura 13: Intervento di ovariectomia eseguito presso il Dipartimento di Clinica Veterinaria  dell’Università di Pisa
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