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DISPLASIA DELL’ANCA

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Academic year: 2021

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DISPLASIA DELL’ANCA

INTRODUZIONE

La displasia dell’anca è una patologia comune che coinvolge particolarmente le razze di grande mole, ma che talvolta viene riscontrata anche in razze decisamente più piccole. Si tratta di una malattia molto complessa, nella quale si associano fattori genetici predisponesti ed ambientali stressanti, i quali portano ad un processo di rimodellamento e di degenerazione articolare. La gravità della malattia varia, da lievissime alterazioni della struttura ossea fino alla totale distruzione dell’articolazione coxo-femorale (37). Le alterazioni ossee riflettono semplicemente quelle che si realizzano a livello di cartilagine, tessuti connettivali di sostegno e muscoli. La displasia dell’anca è una malattia biomeccanica che esprime lo squilibrio tra crescita della massa muscolare primaria e crescita scheletrica sproporzionalmente rapida (21). Alla nascita l’anca è normale; si tratta infatti di una patologia di tipo ereditario, ma non congenito, nella quale ha una notevole importanza l’espressione fenotipica di più geni riguardanti lo sviluppo scheletrico, sui quali i fattori ambientali vengono ad interagire in rapporto alla suscettibilità genetica individuale. Un ritardo dello sviluppo muscolare o, comunque, l’incapacità della massa muscolare a seguire lo stesso ritmo di crescita

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dell’apparato scheletrico esitano nell’instabilità dell’articolazione. Quando l’acetabolo e la testa femorale iniziano a sublussare, se ne determina uno sviluppo anomalo che scatena una serie di eventi esitanti nella displasia dell’anca e nella malattia articolare degenerativa (15). In pratica l’instabilità articolare porta ad uno stress meccanico sulla capsula e sul legamento rotondo ed ad una loro ipertroficizzazione, con il conseguente aumento della distanza tra i capi ossei e quindi del grado di sublussazione. Questa mancata congruenza dei capi articolari è responsabile delle modificazioni strutturali a carico dei tessuti coinvolti (41).

Figura 1.1: rappresentazione grafica di

un’articolazione dell’anca; 1, margine acetabolare craniolaterale; 2, margine acetabolare craniale; 3, testa del femore; 4, fovea capitis; 5, cavità acetabolare; 6, margine acetabolare caudale; 7, margine acetabolare dorsale; 8, linea di unione tra collo e testa femorale; 9, fossa intertrocanterica.

FISIOPATOLOGIA

Come precedentemente detto, alla nascita i cuccioli presentano delle anche morfologicamente sane che però, per una serie di fattori

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predisponenti che analizzeremo in seguito, con l’avanzare dello sviluppo muscolo-scheletrico tendono ad assumere una certa instabilità articolare con un’ incongruenza articolare tra i capi ossei coinvolti. Questa condizione di lassità articolare è la causa responsabile di tutte le alterazioni morfofunzionali che si sviluppano in seguito a carico delle strutture coinvolte nell’articolazione. Innanzitutto, i mutati rapporti tra i capi ossei porterà ad un’alterazione delle forze che agiscono sul femore con il conseguente stiramento della capsula articolare e del legamento rotondo che porta alla loro ipertrofia; in particolar modo l’ingrossamento di questo legamento, posizionato tra le testa femorale e la cavità acetabolare, porta ad un ulteriore di stanziamento dei capi ossei (27). Gli alterati rapporti tra femore e acetabolo, e quindi la loro diversa congruenza, porta ad un consumo patologico delle cartilagini articolari con erosione e rimaneggiamento delle superfici ossee. La sublussazione si autoaggrava e diviene sempre meno riducibile e di conseguenza aumentano le modificazioni morfostrutturali dell’anca (2).

I fattori più importanti responsabili dello sviluppo di questa patologia possono essere così schematizzati:

• Fattori genetici: è noto come questa patologia abbia un

alto grado di ereditabilità. Alcuni studi, fatti su intere cucciolate e su gruppi ristretti di popolazioni canine, hanno dimostrato che i cani nati

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da genitori giudicati affetti da displasia dell’anca sono maggiormente soggetti a manifestare questa malattia rispetto a quelli nati da genitori esenti.

• Fattori morfologici: l’insieme delle alterazioni che si

instaurano nei capi ossei di un’articolazione displasica hanno come fattore scatenante la presenza di un certo grado d’instabilità. La diversa conformazione sia del bacino che del femore presente tra le diverse razze, può favorire l’instaurarsi di questa lassità articolare.

• Velocità di accrescimento: nelle razze con rapido accrescimento, si crea uno squilibrio tra lo sviluppo della base ossea e quello della massa muscolare; inoltre un incremento del peso corporeo troppo rapido, porta ad un eccessivo sovraccarico delle articolazioni che ancora non adatte a sopportare questo sforzo.

• Fattori ambientali: per fattori ambientali vengono considerati tutti gli eventi che influenzano la crescita del cucciolo che non siano legati alla genetica. In particolare, assumono un ruolo importante nel favorire la comparsa di alterazioni nella normale conformazione muscoloscheletrica fattori quali il luogo dove l’animale vive, soprattutto la tipologia di pavimento ( se scivolosa può aggravare l’instabilità articolare ), l’eccesso o la mancanza di esercizio fisico.

• Fattori nutrizionali: numerosi studi hanno dimostrato che l’eccesso o la carenza di alcuni fattori nutritivi, come contenuto

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dicalcio, fosforo, proteine valore energetico, possono favorire la comparsa di alterazioni a livello muscoloscheletrico e favorire quindi la formazione di un’articolazione displasia (40).

In rapporto alla variabilità del grado delle alterazioni cliniche e patologiche. è stato sviluppato un sistema di classificazione del grado di displasia.

DIAGNOSI

Per effettuare una corretta e precoce diagnosi di displasia bisogna procedere con l’anamnesi del soggetto, l’esame clinico, lo studio fisico dell’anca con il paziente sveglio e sedato e soprattutto con lo studio radiografico dell’articolazione.

All’anamnesi il proprietario spesso riferisce che il cane presenta difficoltà di deambulazione sul posteriore, con possibile zoppia, atassia, facile affaticabilità, riluttanza al movimento, andatura al galoppo cosiddetta “ a coniglio”, predilezione per la posizione seduta, rifiuto o difficoltà alla stazione bipedale; l’andatura spesso è dinoccolata, con garretti ravvicinati, talvolta strusciante.

All’esame clinico si possono rilevare le seguenti alterazioni: boxy hips, cioè la groppa a causa della sublussazione delle teste femorali risulta più larga della norma; bunny hopping, che come precedentemente detto è una particolare andatura di galoppo eseguita

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con entrambi gli arti che si portano in avanti con un movimento circolare mentre il tarso assume un atteggiamento plantigrado; clunking hips, cioè il rumore che provoca lo sfregamento della testa femorale sulla rima acetabolare dorsale quando avviene la riduzione della sublussazione; stand test positivo, cioè la riluttanza alla stazione sul bipede posteriore a causa del dolore per l’eccessivo carico che si viene ad avere sull’articolazione.

Durante l’esame fisico con il paziente sveglio si cerca di valutare con delle manovre particolari la presenza o mene di dolore, l’instabilità articolare, la ridotta mobilità articolare ed eventuali rumori di sfregamento. In particolare mantenendo il soggetto in stazione vengono svolti sugli arti posteriori i test di abduzione, rotazione esterna, iperestensione e di sublussazione.

Una volta svolte queste manovre l’animale viene sedato e vengono svolte delle manualità per valutare il grado di lassità e quindi di sublussazione. Il soggetto viene posto in decubito dorsale, con la mano si afferra il ginocchio dell’arto da esaminare e si tiene il femore perpendicolare col piano d’appoggio; applicando una pressione verso il basso sul femore in maniera da farne sublussare la testa, si compie un movimento di abduzione fino a che non sentiamo uno “scatto”, segno dell’avvenuta riduzione della sublussazione ( segno di Ortolani ), quindi misuriamo tramite un particolare strumento l’angolo che c’è

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tra il femore e il piano d’appoggio ( e quindi il bacino ) al momento in cui avviene la riduzione ( angolo di riduzione); a questo punto, sempre mantenendo premuto l’arto, facciamo addurre l’arto fino a che non sentiamo un altro “ scatto”, segno questa volta dell’avvenuta sublussazione della testa femorale ( segno di Barlow ); anche in questo caso procediamo alla misurazione dell’angolo ( angolo di sublussazione ). Altre due manovre che vengono svolte sono effettuate posizionando il cane in decubito laterale dalla parte dell’arto che non stiamo valutando; quindi si procede alla trazione verso l’alto dell’intero asse femorale mantenendolo parallelo con il terreno e osservando l’eventuale sublussazione della testa femorale ( segno di Bardens ); successivamente mantenendo sempre il femore parallelo col terreno, si applica una spinta sul ginocchio in maniera da creare una pressione tra la testa e l’acetabolo che, in caso di lassità, tende a sublussare ( test di compressione assiale ).

Comunque la valutazione più precisa dell’eventuale presenza di displasia e della sua gravità viene effettuata con lo studio radiografico della pelvi. Le proiezioni radiografiche devono essere almeno quattro, in particolare la ventro-dorsale standard, la ventro-dorsale a rana, la DAR, la dorsale con distrazione. Per quanto riguarda la ventro-dorsale standard, che è quella ufficiale per la classificazione di displasia da parte dei centri di lettura, il paziente viene posto in

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decubito dorsale, con gli arti posteriori estesi posteriormente e paralleli tra loro, lievemente intraruotati in maniera da ottenere la proiezione delle rotule esattamente al centro della troclea femorale; il radiogramma deve contenere interamente la pelvi i femori e le rotule (41).

Il primo segno radiografico di displasia è rappresentato dalla lassità articolare evidenziato dall’aspetto modestamente sublussato legato al versamento articolare; successivamente a causa dell’incongruenza e dei difetti di conformazione articolari compaiono nell’ordine: formazione di entesiofiti capsulari sulla testa e sul collo femorale ( rispettivamente segno della Medusa e segno di Morgan ), rimodellamento della testa e del collo femorali, rimodellamento dell’acetabolo, sclerosi dell’osso subcondrale della testa femorale e dell’acetabolo.

Figura 1.2: rappresentazione

schematica della tecnica utilizzata per la misurazione dell’angolo di Norberg e Ollson.

In questa proiezione il grado di sublussazione può essere stimato misurando l’angolo di Norberg e Ollson che viene calcolato

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tracciando una linea che unisce il centro delle teste femorali e un’altra linea dal centro di ciascuna testa che sia tangente al bordo acetabolare craniale; l’angolo compreso tra queste due linee è appunto l’angolo di Norberg. Angoli superiori a 105° indicano che la testa è ben accolta nel cavo acetabolare, tra 100° e 105° indicano una moderata sublussazione, fra 90° e 100° una media sublussazione, angoli inferiori a 90° indicano una grave sublussazione.

CLASSIFICAZIONE

La classificazione del grado di displasia è quella stabilita dalla Federazione Cinologica Internazionale ( FCI ) e comprende cinque gradi :

• Grado A-normale: testa del femore ed acetabolo congruenti, con bordo acetabolare craniale netto ed arrotondato, spazio articolare uniforme ed angolo di Norberg superiore a 105°

Figura 1.3: immagine

radiografica di un’articolazione senza alcun segno di incongruenza articolare; in questo caso, in base alla classificazione internazionale della FCI, il grado è AA in quanto il bordo

craniolaterale circonda leggermente la testa femorale.

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• Grado B-quasi normale: articolazione leggermente incongruente con angolo di Norberg di 105° oppure articolazione congruente e angolo minore di 105°

Figura 1.4: immagine radiografica di un’articolazione coxofemorale; si nota una leggera incongruenza

articolare tra testa del femore e cavità acetabolare.

• Grado C- displasia leggera: articolazione incongruente con angolo di Norberg tra 105° e 100° e/o bordo acetabolare craniolaterale leggermente appiattito. Lievi segni di malattia articolare degenerativa.

Figura 1.5: immagine

radiografica di un’anca. In questo caso l’angolo di Norberg risulta essere compreso tra 105° e 100°.

• Grado D- displasia media: sublussazione o lussazione della testa del femore, con angolo di Norberg tra 100° e 90°,

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appiattimento del margine acetabolare craniale e deformazione della testa del femore

Figura 1.6: immagine di

un’anca con grado D di displasia; sono evidenti i segni di degenerazione della testa femorale con appiattimento del bordo craniolaterale.

• Grado E- displasia grave: angolo di Norberg minore di 90° con lussazione della testa femorale e segni di artropatia degenerativa molto marcati, con grave deformità articolare.

Figura 1.7: immagine

radiografico di un’articolazione dell’anca

con displasia di grado E; è presente un grave rimaneggiamento osseo dei capi articolari, con sclerosi e numerosi osteofiti.

Figura

Figura 1.1: rappresentazione grafica di
Figura 1.2: rappresentazione
Figura 1.3: immagine
Figura 1.4: immagine  radiografica di  un’articolazione  coxofemorale; si nota  una leggera  incongruenza
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