PREMESSA
In Medicina Veterinaria, uno dei problemi ortopedici che più frequentemente si presentano, è sicuramente la rottura del legamento crociato anteriore (LCA). Di conseguenza gli studi in materia sono moltissimi e la letteratura medica tratta molto approfonditamente tale lesione.
La rottura del legamento crociato anteriore porta ad instabilità articolare.
Tale lesione può essere sia totale che parziale; l’instabilità che ne deriva quindi sarà maggiore o minore.
In ogni caso la degenerazione artrosica si svilupperà molto precocemente, tanto da produrre in pochi mesi alterazioni irreversibili in assenza di un adeguato trattamento8.
A differenza di quanto accade negli esseri umani, nel cane la rottura di questo legamento non sempre è associata ad un trauma evidente;
solitamente infatti, l’incompetenza del legamento crociato anteriore è spontanea, in associazione con lesioni degenerative dello stesso.
Alla rottura del LCA possono concorrere problemi di natura idiopatica, accompagnati da fenomeni di ipovascolarizzazione, con partenza dalla
è dato da difetti di conformazione del ginocchio con conseguente sviluppo di artrosi, l’eventuale presenza di patologie immunomediate, l’appartenenza ad alcune razze e l’obesità. Quest’ultimo è un problema da non sottovalutare nei nostri animali, poiché l’eccesso di peso porta ad un sovraccarico sulle articolazioni.
Come precedentemente accennato, gli studi sulla rottura del LCA sono numerosi, a cominciare già dal 1926, anno in cui viene descritta la patologia in questione; per avere un primo intervento chirurgico bisogna però aspettare il 1952, quando Paatsama propose la prima tecnica chirurgica intrarticolare per la stabilizzazione del ginocchio del cane.
Tale approccio consisteva in una tecnica chirurgica, già usata in medicina umana, in cui si utilizzava un lembo peduncolato di fascia lata per riparare la lesione.
In un secondo tempo, Arnoczky et al., modificando una tecnica ideata da lui per la medicina umana, introdusse la tecnica denominata “over the top”, con la quale si ricostruiva il legamento partendo da un innesto prelevato dal terzo mediale del legamento rotuleo, parte della rotula e del tendine del muscolo quadricipite.
Nelle tecniche intrarticolari è possibile sia l’utilizzo di materiali autologhi che sintetici8.
Nel 1966 Childers descrisse per primo una tecnica extra-articolare in cui si utilizzava una sutura di Lembert per mettere in tensione il retinacolo laterale e quindi stabilizzare il ginocchio.
Per migliorare la stabilità e quindi la funzionalità dell’articolazione, qualche tempo dopo, McCurnin et al. e Pearson et al. modificarono la
Gambardella et al. nel 1981 proposero un’ulteriore variante, che consisteva nell’applicare tre punti laterali all’articolazione a livello del legamento collaterale laterale.
Nel 1985 Smith introdusse la metodica di trasposizione della testa fibula, con l’utilizzo del legamento collaterale laterale per limitare la dislocazione craniale nonché l’intrarotazione della tibia, in modo da costituire un ulteriore supporto alla stabilità del ginocchio.
Tutte le suddette tecniche extra-articolari sono state soppiantate da quella di ideata da Flo, che, a sua volta, ha subito notevoli modifiche nel corso del tempo.
La tecnica proposta da Flo prevede l’applicazione di due suture eseguite con materiale non riassorbibile passanti tra il femore e le ossa sesamoidee prossimali e attraverso un foro realizzato a livello della tuberosità tibiale23. In generale, la finalità delle suddette tecniche extra-articolari è quella di fornire un sostegno al ginocchio durante il periodo in cui si formerà un’abbondante fibrosi che permetterà all’articolazione di riacquisire stabilità.
Studi di follow-up effettuati su cani trattati con tecniche intrarticolari o extrarticolari per la stabilizzazione del ginocchio in seguito a rottura del LCA ci indicano che nell’85-90% dei soggetti trattati con uno di questi metodi si è verificata una ripresa della funzionalità del ginocchio fra buona ed eccellente8.
Uno studio condotto nel 1993 afferma che non esiste nessuna sostanziale differenza funzionale fra i picchi delle forze verticali ottenuti con pedane per la misurazione della forza di carico prima dell’intervento e dopo 20
settimane dall’intervento, eseguito a scopo sperimentale, con una tecnica extracapsulare22.
E’ stato osservato in numerosi lavori che nessuna delle tecniche precedentemente descritte determina l’arresto dei fenomeni di degenerazione artrosica nel periodo post-operatorio.
Tutti questi motivi ci fanno intuire il perché di tanto fermento nel trovare nuove tecniche, tanto da far affermare ad Olmstead: “Nessun chirurgo ortopedico non si considerava tale se non ideava una nuova tecnica per la ricostruzione del legamento crociato anteriore”.
Un ulteriore passo avanti nel trattamento dell’incompetenza del legamento crociato anteriore fu compiuto da Henderson e Milton che, nel 1978, studiando la biomeccanica dell’articolazione del ginocchio, compresero il ruolo determinante dell’inclinazione del plateau tibiale che sarà descritto dettagliatamente nei capitoli successivi17.
Slocum nel 1983, partendo da queste considerazioni descrisse l’azione di una forza di primaria importanza, quale la spinta tibiale craniale nell’articolazione del ginocchio del cane e con lo studio delle forze, sia statiche che dinamiche, coinvolte nella stabilità dell’articolazione, propose un modello attivo della biomeccanica del ginocchio.
Lo stesso Slocum assieme a Devine, nel 1984, proposero una tecnica di osteotomia craniale a cuneo con lo scopo di eliminare la spinta tibiale craniale in caso di rottura del legamento crociato anteriore43.
Nel 1993 Slocum, con l’intento di eliminare le cause eziopatogenetiche della rottura del legamento crociato anteriore, ideò l’intervento di osteotomia livellante del plateau tibiale (TPLO), punto di partenza per tutti
i nuovi interventi, fra i quali quello proposto dalla Scuola Veterinaria di Zurigo, cioè l’avanzamento della tuberosità tibiale (TTA)38.
Questo studio si propone di valutare l’intervento di avanzamento della tuberosità tibiale mediante l’osservazione nel post-operatorio di alcuni soggetti trattati con questa tecnica allo scopo di evidenziare i vantaggi a lungo termine rispetto alle precedenti.