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Academic year: 2021

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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA Sede di Forlì

Corso di Laurea in

INGEGNERIA MECCANICA Classe (

codice 8202: Classe LM-33

)

TESI DI LAUREA

In: Crediti nel settore ING-IND/13

OTTIMIZZAZIONE DEL PROGETTO DELLA MACCHINA DI SOLLEVAMENTO CRIS LIGHT

CANDIDATO RELATORE

Bonoli Omar Ing. Marco Troncossi

CORRELATORE Stefano Pagliarani

Anno Accademico 2013/2014 SessioneII

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1) INTRODUZIONE...

pag6 1.1) Principali sollevatori sul mercato...pag7

2) MODELLO E PROBLEMATICHE...

pag9

2.1) Modello in carpenteria...pag11 2.2) Normativa Europea...pag13 2.3) Prescrizioni per calcoli...pag16 2.3.1) Materiali scelti...pag18 2.3.2) Caratteristiche acciaio e ghisa...pag20

3) CONFRONTO FRA I DUE MODELLI...

pag25 3.1) Principali modifiche riprogettate...pag25 3.1.1) Ancoraggio e sollevamento autoveicolo...pag30 3.1.3) Operazioni particolari...pag30 3.1.4) Caratteristiche tecniche...pag31

4) CALCOLI...

pag31 4.1) Simulatori Fem usati...pag32 4.2) Analisi statica...pag32 4.3) Impianto oleodinamico...pag38 4.4) Verifica cilindri...pag39 4.4.1) Cilindro di sollevamento... pag39 4.4.2) Cilindro chiusura forche...pag42 4.5) Telaio anteriore...pag45 4.5.1) Saldature fazzoletti...pag50 4.6) Supporto manovella cedente...pag52 4.6.1) Collegamento a forcella e a perno...pag56 4.7) Collegamento testa-manovella-telaio...pag58 4.7.1) Forcella...pag58 4.7.2) Perno testa...pag60 4.7.3) Perno di collegamento al telaio...pag62 4.8) Saldatura fra telaio e fazzoletti per estensione...pag62 4.9) Collegamento testa-triangolo...pag64 4.9.1) Perno...pag64 4.9.2) Triangolo...pag65 4.9.3) Collegamento triangolo-telaio...pag66 4.9.4)Collegamento triangolo-cilindro...pag67

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5) VERIFICHE FUNZIONALI...

...pag69 5.1) Sfili...pag69 5.2) Testa...pag74 5.3) Confronto pinze in acciaio/pinze in ghisa...pag76 5.4) Verifica ribaltamento...pag82 5.5) Telaio posteriore...pag82

6) CONCLUSIONI...

pag86

7) BIBLIOGRAFIA...

pag88

APPENDICE A Manuale di uso e manutenzione...

pag88

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1) INTRODUZIONE

Gli scopi di questa tesi sono la riprogettazione e l'ottimizzazione dei componenti di un sollevatore innovativo per auto in vista di una sua messa in produzione.

Il voler commercializzare la macchina comporta il conseguimento di due obbiettivi:

la diminuzione dei costi di produzione e un utilizzo flessibile.

I due aspetti sono fortemente legati fra loro, occorre infatti tenere presente, nella fase di progettazione, le caratteristiche delle varie vetture, di peso e dimensioni sempre variabili.

La peculiarità di questo sollevatore riguarda il sistema di ancoraggio. Una coppia di ruote del veicolo viene infatti bloccata dalla macchina in esame da sfili estraibili opportunamente progettati e da un sistema di forche.

Figura 1: Aggancio e macchina progettata

Si prevede un sistema di allungamento della macchina basato su cilindri oleodinamici, al fine di potersi adattare alle lunghezze delle varie automobili, con vani posteriori o del motore, di diverse dimensioni (Fig 22).

Questo consente di velocizzare le operazioni e di preservare parti delicate come carrozzeria e paraurti. Grazie poi ad una motoruota elettrica che fornisce trazione, diventa molto semplice movimentare i veicoli sollevati.

Lo studio oggetto della tesi inizia da un prototipo realizzato al calcolatore e ricreato in carpenteria metallica, ritenuto poi non adeguato a causa di numerose problematiche, quali costi eccessivi o componenti fragili con rischio di rottura ad elevati cicli di lavoro.

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La macchina è stata quindi riprogettata (Fig 10) tenendo anche in considerazione aspetti legati alla fattibilità e alle tecnologie di produzione. Molte parti della macchina necessitavano infatti di tecnologie diverse dalla semplice carpenteria. Il lavoro necessario alla commercializzazione del sollevatore è quindi stato svolto riprogettando la macchina in funzione di una diminuzione dei costi e in accordo con requisiti di flessibilità di utilizzo.

Si è ottenuto, al termine della progettazione, un dispositivo realizzato al CAD, di un prodotto non ancora esistente sul mercato, dall'utilizzo estremamente flessibile e dai costi quanto più ridotti.

1.1) SOLLEVATORI PRESENTI SUL MERCATO

Il sollevatore qui trattato può essere definito secondo le indicazioni della normativa come: elettroidraulico, mobile, motorizzato. Non risulta presente sul mercato un’altra macchina con caratteristiche simili. Le norme infatti non lo riportano ancora tra gli esempi. In realtà, quindi, non è possibile proporre dei paragoni tra questo tipo di sollevatore e quelli già esistenti. Non si tratta di un sollevatore pensato per l’utilizzo nella riparazione di auto, bensì per movimentarle. Può essere anche usato per sollevare il veicolo quanto basta per poter inserire carrelli o puntelli per sostenerlo. Il tipico sollevatore, come lo si intende normalmente, è una piattaforma sulla quale il veicolo viene innalzato ed è possibile eseguire riparazioni ,dove il carico appoggia sulle ruote oppure nel sotto scocca. Alcuni modelli sono a colonna

Figura 2 Sollevatore a piattaforma

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Tramite questi non è possibile movimentare le vetture. Non sono questi però i veri concorrenti della nostra macchina. Nel caso di rimozioni, l’unico mezzo presente oggi sul mercato è il carroattrezzi. Il veicolo è ancorato con cinghie che sono fatte passare all’interno delle ruote. Dopo il sollevamento dell’asse interessato, si può procedere alla rimozione. Risulta però poco pratica la fase di ancoraggio, occorre infatti abbassarsi e legare le cinghie sulle due ruote. In più non è facile manovrare in piccoli spazi con il carroattrezzi tanto che in alcuni casi non si è in grado di

raggiungere il veicolo, in altri si rischia invece di danneggiarlo urtando qualche ostacolo. Per quanto riguarda la movimentazione dei veicoli incidentati non c’è nessun prodotto che consenta di spostarli all’interno di un’officina o in genere in uno spazio ristretto, senza difficoltà. In questi casi si può utilizzare la combinazione di due attrezzi. Con un semplice cricco si solleva il veicolo e si applicano, sotto di esso, dei carrelli che ne consentono il trasporto. Questi vanno sicuramente fissati alla vettura con dei morsetti e necessitano di tempo sia per il primo fissaggio che per allentarli quando si decide di abbandonare il carico.

Figura 3 Sollevatore semplice Figura 4 Carrello con morsetti di fissaggio

Questa può risultare l’unica soluzione quando la ruote sono danneggiate o non è possibile utilizzare lo sterzo per indirizzare il veicolo. In ogni caso, oltre alla laboriosità dell’operazione, va considerato che poi occorre spostare il tutto a mano, il

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che comporta rischi di urto notevoli. La forza dell’operatore non è infatti sufficiente a frenare il veicolo che ha preso velocità sui carrelli. Da tutte queste considerazione nasce l’idea del sollevatore trattato in questa tesi.

2) MODELLO E PROBLEMATICHE

Pensando di creare una macchina che fosse in grado di sollevare e movimentare agilmente le autovetture senza interferire su parti delicate o strutturali, che non richiedesse alcuno sforzo fisico per il suo utilizzo e che potesse lavorare anche con auto incidentate venne realizzato il primo prototipo del CRIS dotato di due forche incernierate su una testa mobile , un pistone idraulico per il sollevamento e una pompa dell’olio mossa da un motore endotermico che provvedeva anche alla trazione. Ben presto il prototipo rivelò i suoi limiti: in primis la testa mobile non bloccabile comprometteva la manovrabilità del CRIS soprattutto quando si dovevano spingere le auto, il motore endotermico era rumoroso e i gas di scarico incompatibili per un uso in ambienti chiusi e la mancanza dell’elettronica di comando rendeva poco controllabili e sicure le fasi di aggancio, sollevamento e movimentazione dell’autovettura. Venne creato un secondo prototipo in carpenteria metallica che aveva già tutte le caratteristiche e funzionalità del modello che è ora in produzione.

Innanzitutto la testa mobile venne mantenuta, ma un sistema di bloccaggio della stessa provvedeva a mantenerla solidale con tutto il corpo macchina durante la movimentazione del veicolo. Le operazioni di aggancio tramite le forche, di sollevamento e di abbassamento erano gestite automaticamente da una centralina elettronica. Ultima ma non meno importante fu l’adozione di un sistema di trazione completamente elettrica asservita da batterie. Con tutte queste modifiche il sollevatore si poteva movimentare in maniera del tutto simile a un trans pallet e all’operatore non sono richieste competenze particolari. Automobile e CRIS sono un tutt’uno e la stabilità, nonché, la sicurezza sono enormemente maggiori di quelle assicurate da un cricco su ruote. I limiti di ribaltamenti laterali sono molto alti e coincidono con quelli del veicolo stesso che è ancorato. Si decide di realizzare parte

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dei pezzi in ghisa sferoidale. In particolare il porta forche, il braccio orizzontale posteriore, i pattini delle ruote e il telaietto posteriore a cui sono agganciati la motoruota, il pacco batterie e la pompa idraulica. I pezzi invece meno tozzi come le forche, le bielle del quadrilatero articolato, e il telaio anteriore rimasero in acciaio. Il sollevatore CRIS LIGHT nasce direttamente dal CRIS. Lo si è voluto sviluppare per soddisfare la richiesta di alcuni clienti che non necessitano di tutte le caratteristiche di versatilità e potenza del CRIS; e quindi da proporre ad un prezzo minore. Se il modello più costoso è stato sviluppato anche per le rimozioni di auto in divieto di sosta, in cui la testa mobile permette di entrare sotto il veicolo anche non parallelamente all’asse longitudinale; il modello “LIGHT” è pensato espressamente per showroom, concessionarie e autofficine. Si è cercato di mantenere il più alto numero di pezzi in comune con il CRIS in modo da non fare lievitare ulteriormente i costi. Le due macchine pur mantenendo lo stesso principio di funzionamento differiscono per la quasi totalità nell’avantreno ma sono quasi identiche nella parte posteriore. Il modello LIGHT ha un circuito idraulico semplificato a causa dell’assenza di alcuni pistoni idraulici e della testa mobile, dispone di una motoruota e una pompa idraulica meno potenti.

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2.1) MODELLO IN CARPENTERIA

Figura 5 Cris modello base

La modalità di ancoraggio è la peculiarità più interessante della macchina perché in questa maniera non si interferisce con la carrozzeria, evitando i danni del classico cricco. Inoltre è sempre possibile ancorare le ruote sterzate. Sull’estremità della testa è montato un supporto snodato che monta le forche, quelle posteriori sono fisse mentre quelle anteriori possono chiudersi contro le prime. Si avanza con le forche aperte, verso il veicolo mandando in battuta le forche fisse sul battistrada. Quando si dà inizio al sollevamento, le forche mobili si chiudono sulle gomme. Grazie al peso proprio del veicolo le ruote rimangono bloccate tra le due battute.

Figura 6 Ancoraggio Cris base

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Figura 7 Prototipo Cris Light

Il CRIS LIGHT mantiene tutte le caratteristiche salienti del precursore ad eccezione della testa mobile. Inoltre arretrando tutto il parallelogramma articolato è stato possibile rinunciare ai bracci stabilizzatori senza rischiare il ribaltamento.

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Figura 8: schematizzazione dell’articolazione. 1)Testata o Biella; 2)Manovella cedente; 3)Triangolo o Manovella movente; 4)Martinetto; 5)Telaio

Figura 9:Cris Light a confronto con il Cris, si nota l'assenza dei bracci stabilizzatori 658,5 mm

335,5 mm

92mmmm

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13 E’ composto da una testa che forma il lato superiore del parallelogramma rigido alla quale sono agganciate le forche mobili in maniera del tutto analoga al CRIS, questa però presenta due tubi con fori di grosso diametro al cui interno sono collocati sfili che una volta estratti vanno in battuta alla ruota del veicolo da sollevare. La macchina è realizzata completamente in carpenteria metallica.

Appunto la stessa creazione del prototipo in carpenteria presenta notevoli problematiche elencate di seguito:

- Lavorazioni e centraggi non precisi dovuti a montaggi di scarsa qualità;

- Rischio di cedimento delle parti ad elevati cicli di lavoro;

- Lavorazione sugli sfili e fissaggio degli stessi problematico;

- Tubazioni oleodinamiche male collocate con rischio di tranciature;

- Costi troppo alti;

- Macchina grezza ed esteticamente poco piacevole;

Si evince quindi l'obbiettivo di riprogettazione funzionale di buona parte dei componenti della macchina con l'obbiettivo di eliminare queste problematiche e di abbattere i costi di produzione.

2.2) NORMATIVA EUROPEA

Un prodotto deve sottostare ad una serie di leggi che ne garantiscono un livello di sicurezza accettabile. I prodotti che non soddisfano tali requisiti non hanno l’approvazione della CE e sono del tutto fuori legge. Se ciò procura una maggiore difficoltà in ambito progettuale, dall’altra garantisce una qualità del prodotto e del lavoro superiori. Fortunatamente la sicurezza sul lavoro non è più ritenuta di secondaria importanza e tutto ora va pensato in questa direzione. Il raggiungimento della sicurezza richiesta va eseguito operando in due direzioni parallele. Da una parte

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la consultazione delle norme e la loro applicazione sulla macchina, parallelamente vanno sviluppati i documenti necessari. La linea guida è fornita in primis dalla Direttiva Macchine.

A riguardo della specificità della macchina si utilizzata la norma UNI EN1493 dedicata ai sollevatori per autoveicoli.

La direttiva macchine è una pubblicazione che presenta i requisiti base necessari per la certificazione del prodotto. E’ del tutto generale e va applicata, come dice il nome stesso, a qualunque macchina.

Essa informa che è obbligatoria corredare ogni macchina con:

Fascicolo tecnico

Manuale uso e manutenzione

Il fascicolo tecnico tratta in generale della storia progettuale della macchina. La Direttiva Macchine richiede che contenga:

i dati di identificazione del fabbricante

i dati relativi alla macchina

una descrizione generale e il campo di utilizzo della macchina

un’analisi dettagliata dei rischi e i provvedimenti adottati per ridurli

un disegno complessivo

i disegni costruttivi

gli schemi del circuito di comando

le note di calcolo

l’elenco dei materiali

i certificati di componenti utilizzati

A differenza del manuale di uso e manutenzione non è richiesto che debba seguire la macchina. Deve poter essere messo a disposizione di qualsiasi ente che voglia

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verificarne la conformità, in breve tempo. Può essere redatto in formato cartaceo, digitale oppure entrambi. Il manuale di uso e manutenzione non è solo una descrizione delle funzioni della macchina come si può essere abituati a pensare. Ad esso oggi è richiesto infatti uno sforzo in più per rappresentare davvero uno strumento efficace in termini di aumento della sicurezza.

Secondo la Direttiva Macchine un manuale di uso e manutenzione oggi deve presentare i seguenti requisiti:

Deve essere di facile consultazione

Deve presentare una descrizione chiara del funzionamento delle parti della macchina

Deve indicare senza incertezze le zone e le operazioni a rischio infortunio

Deve contenere un’analisi dei rischi

Deve contenere una parte dedicata alla manutenzione necessaria per mantener la macchina efficiente

Deve seguire la macchina in ogni suo spostamento, compresi passaggi di proprietà

Deve essere conservato in luogo facilmente raggiungibile

Deve essere redatto almeno in una copia cartacea per poter essere di immediata consultazione.

Un aspetto fondamentale è quello dell’analisi dei rischi della macchina CRIS LIGHT ,oggetto dello studio e dell'elaborato, e della descrizione dei comportamenti che provocano pericolo. Dalle norme sono stati rilevati tutti i rischi da considerare. Si tratta in gran parte di rischi di origine meccanica. Riporto quelli che sono stati ritenuti importanti:

Pericolo di schiacciamento/cesoiamento

Perdita di stabilità

Pericolo eiezione fluidi ad alta pressione

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In base a questo elenco si sono analizzati tutti i punti, rielaborandoli in funzione della nostra realtà. Si sono indicate la zone della macchina che presentano rischi e descritti i comportamenti che possono provocare situazioni pericolose. Si è cercato di immaginare infatti, tutti gli usi impropri che potrebbero essere commessi. Di seguito sono poi stati inseriti tutti gli accorgimenti presi per limitare queste situazioni, in aggiunta all’elenco di tutti i dispositivi di sicurezza adottati.

Per quanto riguarda lo schiacciamento apposite valvole di blocco sugli attuatori ne impediscono la discesa in avaria. La stabilità è garantita dall'arretramento della risultante del carico rispetto al baricentro macchina e si è pensato di inserire un rubinetto per poter by-passare la valvola bloccata dall’avaria e permettere all’olio di poter fluire fuori dal martinetto di sollevamento e quindi far discendere il carico.

Un terzo aspetto è stato prevedere e ottimizzare gli accorgimenti necessari per adeguarsi alle norme. Ad esempio dell’adozione di un fermo meccanico per evitare la discesa accidentale del carico. Grazie alla scelta di utilizzare specifici tipi di valvole si è contribuito a semplificare l’operazione richiesta dalla norma, cioè di discesa del carico con macchina in avaria. Inizialmente si era pensato di inserire un rubinetto per poter by-passare la valvola bloccata dall’avaria e permettere all’olio di poter fluire fuori dal martinetto di sollevamento e quindi far discendere il carico.

2.3) PRESCRIZIONI PER CALCOLI

Gli elevatori per veicoli, concetto costruttivo ed equipaggiamento, devono essere progettati in modo che in ogni condizione di funzionamento presentino un livello di sicurezza soddisfacente. Questo deve essere dimostrato con il calcolo. E’ consentito l’uso del metodo delle tensioni ammissibili.

La tensione conseguente alla più sfavorevole ripartizione del carico deve essere calcolata in ogni parte che sostiene il carico.

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Carichi e forze

a)Carichi strutturali: le masse dei componenti dell’elevatore per veicoli generano i carichi strutturali sommati al carico del veicolo sollevato

b)Carico nominale: Valore di carico con il quale il sollevatore può lavorare in condizioni ottimali di efficienza e resistenza

c) Forze dinamiche

Le forze dinamiche provengono dai movimenti di lavoro durante il servizio. Esse devono essere introdotte nei calcoli moltiplicando i carichi strutturali in movimento e il carico utile per il coefficiente dinamico Φ, che deve essere calcolato in relazione alla velocità nominale v in m/s, tramite la formula

Φ = 1,1 + 0,34v

Un’altra possibilità è quella di assumere Φ = 1,151, poiché l’addendo 0,34v raggiunge al massimo il valore 0,051 per lo studio in oggetto.

Alla luce delle richieste della norma facciamo alcune valutazioni.

-Carichi strutturali

Le parti strutturali in movimento hanno delle masse relativamente piccole; ci sembra quindi lecito non considerare questi carichi nei calcoli

-Carichi nominale

Da progetto è stato pensato un carico di 29000 N -Forze dinamiche

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La norma ci obbliga ad introdurre il carico nominale moltiplicato del coefficiente.

Assumiamo il valore pieno di tale coefficiente non essendo nota con precisione il valore della velocità.

In tal modo introduciamo nei calcoli come valore del carico da sollevare.

29000 N × 1,151 = 33379 N

-Carico dovuto al vento agente

La macchina è pensata per poter lavorare anche all’esterno, è quindi necessario verificare l’influenza del vento. E’ indicato che il carico suppletivo agisce nella direzione del passo del veicolo e che si considera una pressione massima esercitata dal vento di 125MPa che corrisponde ad una velocità di 14m/s. Il nostro caso prevede veicoli con massa compresa tra 2,5t e 3,5t per i quali è data una forza aggiuntiva di 1KN.

La prima considerazione è questa: 1 KN rappresenta soltanto il 3% del valore introdotto per il calcolo. In secondo luogo risulta davvero laborioso valutare l’effetto di tale forza, visto che essa lavora perpendicolarmente al carico nominale applicato.

Quindi: la presenza di vento ci indicherebbe di considerare un aumento dei carichi introdotti ma dalle norme ci verrebbe comunque concesso di utilizzare un limite di tensione del materiale superiore. Dato che non si terrà conto dell’influenza del vento, ci atteniamo sempre al caso che sembra essere più restrittivo.

2.3.1) MATERIALI SCELTI

Da Bonollo F. , anno 2007, Le ghise: metallurgia, processi produttivi, tipologie.

Solitamente vengono riportati acciai non legati come materiali per la costruzione dei sollevatori. Ciò è in gran parte giustificato in quanto sono i più economici e dato il

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campo di utilizzo è possibile sopperire alle modeste proprietà meccaniche operando abbondanti dimensionamenti.

La scelta, da parte dell’ufficio produzione, del tipo di materiale da utilizzare per fabbricare un prodotto viene effettuata in base a criteri puramente economici; nel rispetto però delle necessità funzionali dell’elemento da costruire: caratteristiche meccaniche, fisiche, strutturali. La scelta deve essere oculata fra diverse possibilità.

Per esempio il costo in peso dei getti:

costo getti in acciaio = 2 × (costo getti in ghisa)

costo getti in ottone, bronzo, leghe leggere = 4 × (costo getti in ghisa)

Mentre il costo in volume dei getti risulta pressappoco invariato rispetto al costo in peso per acciai, ottone, bronzo; invece per le leghe di alluminio (leghe leggere) il costo dei getti in volume è di poco superiore rispetto alla ghisa.

Il costo di fabbricazione è legato ad un altro importante fattore: la lavorabilità, intesa come il tempo necessario per asportare, sotto forma di truciolo, un certo volume di sovrametallo. Per esempio:

la lavorazione delle leghe leggere è la meno costosa;

la lavorazione di bronzo e ottone costa circa il doppio;

la lavorazione della ghisa costa circa il quadruplo;

la lavorazione dell’acciaio costa circa cinque volte di più.

Possiamo concludere che nel nostro caso dove non abbiamo vincoli di peso e dimensionali (se non la massima altezza da terra) e dove le lavorazioni alle macchine utensili sono limitate a qualche foratura la produzione di particolari in fusione di

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ghisa è la più indicata. Nello specifico si è scelta la ghisa a grafite sferoidale che è la più performante tra tutte le ghise.

2.3.2) CARATTERISTICHE ACCIAIO E GHISE

Valori nominali delle caratteristiche dei materiali: acciai da costruzione normalizzati.

Fy: valore della tensione di snervamento; Fu: tensione di rottura

Si tratta dei classici Fe 360, Fe 430, Fe 510 che ora sono indicati con il valore della tensione di snervamento.

In base agli spessori sono proposti differenti valori per le tensioni dovute alle modalità di lavorazione. Le prove di trazione son effettuate su provini che essendo trafilati hanno una distribuzione interna delle fibre che segue l’andamento del pezzo.

Parti di spessore maggiore sono ottenuti con altre lavorazioni che non permettono

Spessore nominale elemento t<40mm

Spessore nominale elemento 40mm<t<100mm

fy N/mm2 fu N/mm2 fy N/mm2 fu N/mm2

Fe E235 235 360 214 340

Fe E275 275 430 255 410

Fe E355 355 510 335 490

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questo, dando al materiale una caratteristica meccanica inferiore. Il sollevatore in questione non presenta parti in acciaio con spessore maggiori di 40 mm, possiamo quindi utilizzare i valori più alti di tabella per tutti i componenti. Le tensioni ammissibili da utilizzare nei calcoli dipendono dalle modalità di carico a cui è sottoposto il sollevatore. Vengono infatti distinte tre fasce, A, B, C. Utilizzata nei calcoli solo la configurazione di carico A in quanto più restrittiva.

Queste tre combinazioni di carico presuppongono differenti carichi da introdurre e diversi valori dei limiti di tensione ammissibile per i materiali.

Vediamo in particolare dalla tabella.

Tensioni ammissibili fascia A:

Combinazione di carichi

S=1,5 Fe E235

S=1,5 Fe E275

S=1,5 Fe E355

Materiale di

Base σa=σo

157 183 237

Le lettere A, B, C indicano le combinazioni di carico che si evincono dalla norma.

In particolare:

- A, funzionamento normale senza vento o forze speciali (previsto utilizzo solo al chiuso)

- B, funzionamento normale con forza del vento (previsto utilizzo anche all’aperto)

- C, condizioni particolari di funzionamento

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L’Fe 510 utilizzato per la maggior parte dei componenti in carpenteria meccanica della macchina ha un modulo di elasticità E=210000Mpa.

Per la creazione di alcuni componenti di fa uso di stampi per la fusione in ghisa:

Questo materiale sarà decisivo per l’ottimizzazione dei processi di produzione nonostante non sia molto utilizzato.

Figura 10

Per lo studio della solidificazione delle ghise si fa riferimento alla parte destra del diagramma Fe-C, la zona con %C > 2%. Nel corso della solidificazione una ghisa base liquida può seguire il diagramma stabile ferro-grafite (curva blu), oppure quello metastabile ferro-cementite (curva nera).

La cementite (FE3C) è un composto metastabile cioè tende a decomporsi in ferro + grafite. La decomposizione richiede però molto tempo. Se facciamo raffreddare un liquido eutettico, che ha concentrazione in massa di C pari a 4,30%, lentamente dobbiamo seguire la trasformazione stabile. Ciò significa che la cementite ha il tempo di decomporsi in Fe + grafite. Raffreddando fino a 1154°C inizieranno a nucleare i

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primi grani di austenite (Feγ) e grafite (C): la concentrazione massima di carbonio che l’austenite riesce a tenere in soluzione varia con la temperatura e viene letta sulla curva E’-S’, a 1154°C è pari al 2%. Asportando altra energia termica altro liquido si solidificherà in austenite e grafite.

Quando tutta la massa è solidificata la temperatura inizia a calare e la solubilità del carbonio diminuisce; si ha quindi una migrazione di atomi di carbonio dal reticolo cristallino del ferroγ che unendosi tra di loro formano altra grafite. A 738°C abbiamo austenite con concentrazione di carbonio pari a 0.68% e grafite. Continuando a raffreddare l’austenite si trasforma in ferrite (Feα) con concentrazione in massa di C pari allo 0,02%. Alla fine della solidificazione otteniamo ferrite + grafite.

Questa lega viene comunemente chiamata ghisa grigia o grafitica. Con un raffreddamento più veloce la cementite non ha il tempo di decomporsi; nel diagramma seguiamo la trasformazione nera.

Facciamo solidificare un liquido eutettico. Giunti a 1148°C inizieranno a nucleare del ferro γ (austenite) con concentrazione di C al 2.11% e la cementite. Continuando a raffreddare, l’austenite inizierà a rilasciare il carbonio che combinandosi con il Fe formerà altra cementite. A 727°C abbiamo ferroα più altra cementite. Giunti a temperatura ambiente otteniamo perlite (ferrite + cementite) + cementite.

Questa ghisa viene detta ghisa bianca.

La Ghisa sferoidale è stata scoperta durante l'ultima guerra mondiale.

Questa scoperta consisteva nel trasformare le lamelle di grafite presenti nella ghisa in sferoidi. Essa provava che,a parità di composizione, le proprietà meccaniche e fisiche della ghisa erano diverse,secondo la forma lamellare o sferoidale assunta presente dalla grafite. La ghisa si distingue dall'acciaio perchè in essa è sempre presente del carbonio in eccesso, oltre la quantità solubile nella struttura cristallina

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Riassume quindi i vantaggi tipici della ghisa come:

Attitudine alla formatura

Alta lavorabilità

Elevata resistenza all’usura

Assorbimento delle vibrazioni

Porta in più le caratteristiche fisiche degli acciai come:

Resistenza alla trazione e agli urti

Buon allungamento

Alto limite elastico

Queste proprietà sono importantissime in una struttura meccanica in quanto eventuali concentrazioni di tensione causate da fattori geometrici o interni, possono essere ridistribuite. Il vantaggio principale è che le rotture eventuali sono anticipate da deformazioni che le evidenziano. Dalle tabelle riportate sulla normativa, si ricavano i valori di tensione di rottura e quella di snervamento di alcuni tipi di ghisa sferoidale.

Sulla base delle indicazioni fornite sull’acciaio assumeremo lo stesso coefficiente di riduzione della tensione ammissibile anche per la ghisa.

della matrice metallica. Solitamente questa grafite assume la forma di lamelle durante la solidificazione dando origine alla ghisa lamellare (grigia). In presenza di elementi come il magnesio e utilizzando dei trattamenti metallurgici appropriati,la grafite assume, durante la solidificazione,la forma di sferoidi dando origine alla ghisa a grafite sferoidale,o ghisa GS.

TIPO TENSIONE DI ROTTURA TENSIONE DI SNERVAMENTO

GGG-40 (GS400) 400 N/mm² 250 N/mm²

GGG-50 (GS500) 500 N/mm² 320 N/mm²

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In conformità con ciò che viene prescritto per gli acciai assumeremo come limite di tensione ammissibile i seguenti valori indicati in tabella.

3) CONFRONTO FRA I DUE MODELLI

Per poter disegnare un modello statico del parallelogramma articolato sono necessarie prima di tutto le dimensioni caratteristiche. I prototipi, come già detto sono

integralmente costruiti in carpenteria metallica. Questa soluzione ha permesso di rendere più agevole la costruzione, in quanto i vari membri sono stati prima lavorati e poi saldati tra di loro. Si è partiti dalla “testa”.

3.1) PRINCIPALI MODIFICHE RIPROGETTATE

Figura 10: Complessivo della macchina riprogettata Combinazione

di carichi

A S=1,5 GS400 GS500 GS600

B S=1,33 GS400 GS500 GS600

C S=1,25 GS400 GS500 GS600 Materiale di

Base

σa=σo

267 333 400 300 375 451 320 400 480

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La testata del prototipo è costituita da quattro parti: un supporto anteriore a cui sono agganciate le forche mobili, una trave centrale con sezione a U a cui è collegata la manovella del quadrilatero, un tubo al cui interno sono alloggiati gli sfili e un elemento di rinforzo posteriore. Siccome i prototipi hanno dato ottimi risultati per quanto riguarda l’aggancio delle ruote si è deciso di mantenere inalterate alcune dimensioni caratteristiche.

Figura 11: Testata del prototipo

Ci si è accorti subito che un pezzo unico in ghisa non avrebbe consentito la foratura nella trave centrale, in quanto la distanza tra il centro del foro e il supporto anteriore è troppo piccola, e la lavorazione che individua la superficie di accoppiamento tra testa e triangolo posteriore. Si è ottenuto un pezzo simile ma con significative differenze.

Figura 12: Testata Riprogettata

(27)

27

La variazione della geometria della testa ha comportato la totale modifica dei membri del quadrilatero e di parte del telaio anteriore.

Figura 13: a sinistra il triangolo del prototipo, a destra il triangolo riprogettato

La manovella è stata ricreata con maggiori criteri di robustezza e come unico pezzo.

Figura 14: biella prototipo a confronto con la manovella riprogettata in ghisa

Il telaio è stato completato con tutte le lavorazioni necessarie ad ottimizzare la collocazione delle parti, è stato anche abbassato ed irrobustito per avere maggiore flessibilità d'uso.

Figura 15: Telaio anteriore del prototipo

(28)

28 Figura 16: Telaio Anteriore riprogettato

Al fine di ridurre i costi al termine della progettazione, sono stati completamente rinnovati i bracci di afferraggio della testata anteriore. Prima erano costruiti unendo assieme più pezzi di piccole dimensione tramite saldatura, e tutti derivanti da carpenteria. Si è pensato di renderlo un unico componente in ghisa, dalla geometria più gradevole, dal costo più basso e dalla maggiore robustezza

Figura 17: Bracci di afferraggio prima e dopo la riprogettazione

Ricavate le nuove dimensioni caratteristiche dei componenti riprogettati sul Cris Light si è effettuato lo studio statico della macchina. Lo scopo riguarda la valutazione delle forze che si scaricano sulle singole parti della macchina. Trattandosi di un parallelogramma articolato forze non sono costanti ma variano durante tutto lo spostamento.

(29)

29

Nella trattazione seguente si riportano i risultati di tale studio.

Figura 18: Schematizzazione del quadrilatero articolato senza telaio

Per aumentare la sicurezza della macchina si è anche pensato di migliorare e rendere più coprenti ed efficaci i carter di protezione delle tubazioni come semplicissime parti di lamiera piegata.

Figura 19: Carter di protezione inferiore o superiore

(30)

30

3.1.1) ANCORAGGIO E SOLLEVAMENTO AUTOVEICOLO

Le modalità di accostamento, aggancio e sollevamento sono simili con l’unica differenza che bisogna obbligatoriamente entrare sotto il veicolo parallelamente all’asse longitudinale dell’auto.

Anche in questo caso è permesso ancorare e sollevare auto con ruote sterzate. Per garantire la sicurezza i comandi nel timone devono essere mantenuti.

Figura 20: Ancoraggio ruote Figura 21: Necessità di buon allineamento

3.1.2) OPERAZIONI PARTICOLARI

Ai fini di una praticità maggiore sono previste:

Estensione del sollevatore. Capita spesso che lo sbalzo anteriore del veicolo sia tale che il paraurti vada a sbattere contro il coperchio delle batterie. In questo modo variando la lunghezza assiale della macchina si evita il contatto.

Figura 22: Sollevatore retratto/esteso

(31)

31

Se si vuole sollevare un veicolo con le ruote notevolmente danneggiato, la chiusura delle forche sarebbe inutile. In questo caso la sequenza di

sollevamento può essere modificata escludendo la chiusura delle forche. Con tale operazione il veicolo non è ancorato e non è permessa la movimentazione.

Se si devono superare dossi è conveniente, data la ridottissima altezza da terra della testa mobile, poter sollevare il quadrilatero.

3.1.3) CARATTERISTICHE TECNICHE

Il modello “LIGHT” è dotato di motoruota e pompa idraulica meno potenti (i prototipi hanno dimostrato che è possibile sollevare agevolmente SUV di massa fino a 25 quintali); inoltre la batteria, che è la stessa del CRIS, garantisce un’autonomia maggiore.Fatte queste premesse elenchiamo le specifiche tecniche che devono essere rispettate affinché il cliente possa lavorare con la quasi totalità delle autovetture presenti in circolazione.

4) CALCOLI

Di seguito si riportano i dimensionamenti e i calcoli strutturali svolti sulle principali parti della macchina.

CARICO MAX SOLLEVABILE 1400 Kg

CARREGGIATA MAX TRATTABILE 1600mm CARREGGIATA MIN TRATTABILE 1080mm

ALTEZZA MAX TESTA 130mm

(32)

32

4.1) SIMULATORI FEM USATI

In questa tesi si è fatto uso di ANSIS e di Cosmos Works che appartiene alla famiglia Cosmos di Solid Works. Non è il software più adatto per quanto riguarda l’analisi agli elementi finiti, comunque nel nostro caso dove le geometrie non sono particolarmente complicate assicura una discreta veridicità dei risultati.

4.2) ANALISI STATICA

Trattazione ricavata da:Niemann - Winter, Manuale degli organi delle macchine.

Ricavate le nuove dimensioni caratteristiche si è effettuato lo studio cinematico della macchina. Lo scopo riguarda la valutazione degli sforzi sulle singole parti della macchina. Trattandosi di un quadrilatero deformabile le forze non sono costanti ma variano durante tutto lo spostamento.

3

5

4

2 1

Figura 13: schematizzazione dell’articolazione. 1)Biella; 2)Manovella cedente; 3)Manovella movente;

4)Martinetto; 5)Telaio

Tracciato il modello con tutte le dimensioni caratteristiche si è eseguito l’equilibrio alla roto-traslazione dei membri.

Analizzando la testata (biella) è necessario verificare con precisione il punto di applicazione del carico. Pensiamo sia lecito assumere tale punto come quello su cui cade il baricentro dei pattini di appoggio a terra (Fig 7). A tale proposito va detto che ruote di diverso diametro fanno spostare tale punto. In particolare, dato che il riscontro davanti alle ruote è fisso, gomme di grande diametro sposteranno il punto di applicazione del carico più avanti, sfavorendo il meccanismo.

Si è visto che nel caso di ruote di grande diametro il baricentro cada a 47,5 mm dalla

658,5 mm

335,5 mm

92mmmm

(33)

33

cerniera anteriore di manovella e a 611 mm dalla cerniera posteriore di collegamento al triangolo.

Un ragionamento pratico ci dice che a ruote di grande diametro corrispondono auto di peso maggiore. La condizione di carico massimo applicato in quel punto pare quindi la più sfavorevole e nello stesso tempo è quella introdotta nei calcoli.La biella è stata schematizzata con un segmento di lunghezza 180 mm. Gli sforzi sono diretti lungo l’asse che collega le coppie rotoidali.Il triangolo posteriore prelevato dal modello tridimensionale viene schematizzato per essere inserito nello schizzo.

.

Figura 24: Quotatura triangolo

Il telaio viene schematizzato con le quote relative tra le boccole sulle quali lavorano la manovella anteriore , il triangolo posteriore e il martinetto.

Figura 25: quote di utilizzo

(34)

34

α β

P F21

F31 CALCOLO DEGLI SFORZI

Figura 26: Schematizzazione testa

La direzione e il verso di F12 sono note in quanto si tratta di uno sforzo creato dalla manovella, è inclinata dell’angolo α rispetto l’orizzontale. Viceversa di F31 conosciamo solo il punto di applicazione.

α = parametro indipendente usato nei calcoli a seguire Scriviamo l’equazione dell’equilibrio alla rotazione in B:

5 , 658

* sin

* 611

* F21

P

Da cui è possibili ricavare F21:

*sin 5 , 658

611

21

F P

Figura 27: Triangolo forze testa

Scriviamo ora l’equazione dell’equilibrio alla rotazione in A e alla traslazione lungo l’asse orizzontale:

sin

* cos

*

5 , 658

* cos

* 5 , 47

*

31 21

31

F F

F P

Dividendo la seconda con la prima α

A B

F21 F31

P

47,5 611

(35)

35 .

2 31

2 21

1 5* , 658

5 ,

* 47

1 cos 1

5 , 47

*

5 , 658

* cos

*

tg P

F

tg P

tg F

L’equilibrio della manovella è banale e si ha che la reazione del telaio (membro5) è uguale in modulo e in direzione ma contraria in verso alla F12

Figura 28: Equilibrio manovella

. Figura 29: schematizzazione triangolo

Dove E A

F12

F52

ξ

σ τ

B

C

D F13

F43

F53 β

α γ

δ

ε 180mm

156mm

72mm

(36)

36 Figura 30: Schematizzazione martinetto





cos 72 5 , 335

sin 72 arctan 92

A questo punto è possibile ricavare le ultime due forze incognite: F43 e F53.

Scriviamo l’equazione di equilibrio alla rotazione attorno D

Nella formula precedente 180mm identifica il segmento DB

Allora si ottiene

Scriviamo l’equazione di equilibrio alla rotazione attorno a C e gli equilibri alla traslazione verticale ed orizzontale:





sin cos

sin arctan cos

sin cos

cos

sin cos

sin

13 43

43 13

13 43

53

43 13

53

F F

F F

F F

F

F F

F

Ora noto anche l’angolo ε dalla prima si ricava F53.

Infine la reazione che martinetto e telaio si scambiano è uguale a F43.

335,5 72,1 92

C

D

δ

γ

(37)

37

Utilizzando come grado di libertà l’angolo α sono stati calcolati i valori delle reazioni che si scaricano reciprocamente i membri.

P α F12 β F31 γ δ F43 ε F53

1611

4 0,1

149765, 9

1,56299632 6

149022,

2 1,997341

0,07202 9

44279,1053 6

3,16089 6

104872, 9 0,11

136198, 5

1,56221032 4

135380, 3

1,988933 7

0,07816 3

44000,2959 9

3,09138 8

88634,4 8 0,12

124896, 5

1,56142259 4

124003, 8

1,978933 7

0,07753 6

43806,2015 1

3,08493 9

77583,9 6 0,13

115337, 2

1,56063297 4

114369, 9

1,968933 7

0,07034

8 43709,1838

3,08182 1

68364,0 1 0,15

100052, 4

1,55904740 3

98935,7 1

1,948933 7

0,07574 9

43226,7559 5

3,06234 1

53474,3 8 0,17

88375,8 8

1,55747250 7

87241,9 4

1,928933 7

0,07463 9

42903,0229 4

3,04378 3

42343,0 1 0,18

83514,9 1

1,55665070 3

82173,8 4

1,918933 7

0,07410

8 42651,2147 3,03301

37648,2 8 0,2

75258,9 2

1,55503866 8

73767,9 1

1,898933 7

0,06625 4

42346,0236 3

3,01637 2

29909,3 6 0,3 50594,3

1,54675272 6

48348,5 6

1,798933

7 0,06908

40379,8233 3

2,68552 1

7673,44 9 0,35

43603,7 7

1,54242611 2

40976,6 8

1,748933 7

0,06774

8 39443,9608

1,96617 6

2421,92 3 0,4 38394,8

1,53793961 6

35383,0 5

1,698933 7

0,06688 9

38511,8652 2

0,88431 7

6072,49 5 0,5

31186,5

7 1,52835151

27393,4 6

1,598933 7

0,06685

6 36652,5887 0,37395

10034,7 7 0,6

26479,8 3

1,51766063 3

21885,6 4

1,498933 7

0,06851

2 34786,8151

0,26908 5

12981,4 1 0,7

23208,9

8 1,50540899 18008

1,398933 7

0,07256 3

33302,4300 5

0,23133 6

14835,2 3 0,8 20842,7 1,49092108 14567,7

1,298933 7

0,07890 7

30961,7289

7 0,21697

15423,8 6 0,9

19087,3

5 1,47314147

11921,6 9

1,198933 7

0,08760 9

28944,2273 2

0,21440 5

15502,5 1 1

17768,4 5

1,45030772 9

9670,44 7

1,098933 7

0,09115 2

26664,7331 9

0,20864

5 15044,3 1,1

16776,8 3

1,41922464 7

7698,16 7

0,998933

7 0,11218

24425,5905 5

0,22973 5

13970,0 3 1,2

16017,5 3

1,37314467 3

5919,32 4

0,898933 7

0,12797 5

21671,7762 3

0,24531 6

12392,6 5 1,3

15517,1 1

1,29775747 3

4310,48 7

0,798933 7

0,14596 4

18375,2082

9 0,26684

10283,8 1 1,4 15172,4 1,14733081

2828,66 5

0,698933 7

0,16595 6

13960,6837

8 0,30058

7517,80 4 1,5

14989,1 9

0,73950859

9 1573,31

0,598933 7

0,18769 3

7385,05192

4 0,38915

3969,51 5 1,57079

6

14951,6 4

7,87964E- 16

1162,36 1

0,528137

3 0,20396

8,97317E- 12

1,57079 6

1162,36 1 Figura 31: Tabella degli sforzi sui componenti

Le posizioni analizzate partono da 5,7° e arrivano con passi via via crescenti a 90°.

Come è possibile notare dalla tabella i valori decrescono all’aumentare di α. Per α→0

(38)

38

le forze tendono a +∞; la manovella non sarà però mai inclinata di un angolo inferiore a circa 10° che corrispondono a 0,1745 rad.

I valori relativi a 0,17rad saranno i carichi utilizzati per la verifica dei componenti.

4.3) IMPIANTO OLEODINAMICO

Per quanto riguarda la componentistica oleodinamica si fa riferimento a:

Contarini Leopoldo Srl, anno 2007, Catalogo Contarini.

L’assenza della testa mobile con il rispettivo dispositivo di bloccaggio e dei braccetti stabilizzatori, hanno reso molto più semplice il circuito idraulico del CRIS Light.

Figura 32: schema del circuito idraulico

(39)

39

INTERRUTTORI FINE CORSA

Di facile uso, i finecorsa elettromeccanici offrono vantaggi particolari:

• Visibilità nel funzionamento.

• In grado di commutare correnti elevate (corrente termica convenzionale 10 A).

• Contatti elettricamente separati.

• Punti di intervento precisi.

• Immunità da disturbi elettromagnetici.

Sono dispositivi in grado di rilevare:

• Presenza / assenza.

• Limiti di corse (posizione)

• Passaggio e conteggio di oggetti

4.4) VERIFICA CILINDRI

Il sollevatore presenta una serie di martinetti idraulici. Tutte le operazioni che svolge sono infatti permesse da questi.

La norma sui sollevatori non è esaustiva per quanto riguarda questo campo, si è perciò ricorsi alla UNI EN 1494 che si intitola “Martinetti spostabili o mobili ed apparecchi di sollevamento associati”.

In questo senso si cercano i criteri di dimensionamento. La norma dice che i martinetti che possono essere esposti alla pressione massima limitata dalla valvola limitatrice devono resistere ad almeno due volte tale pressione.

4.4.1) CILINDRO DI SOLLEVAMENTO

(40)

40 Figura 33

VERIFICA A PRESSIONE

Questo è il martinetto più sollecitato. Dall’analisi cinematica risulta che nel momento di massimo sforzo, sono richiesti poco meno di 45000N.

Tutte le dimensioni dei componenti: camicia, stelo, guida, fondello e pistone sono state prese dal catalogo del fornitore. La camicia e il fondello sono in Fe E355, lo stelo in C45 allo stato normalizzato (fy = 335MPa), la guida in ghisa grigia G25 e il pistone in 9SMn28.

Il martinetto in sollevamento lavora in tiro e l’area da considerare è la corona circolare con Di = 80 mm e Ds = 30 mm.

Nell’istante iniziale la forza che deve esercitare il martinetto vale poco meno di 45000N

Area bar

p F 104,8

6 , 4319

45000 34

min

Ipotizzando che la valvola di pressione sia tarata a 130bar il martinetto riesce a sollevare senza problemi il carico.

(41)

41

Ora rimane da verificare la tensione massima in accordo con la teoria e le norme.

Il rapporto tra lo spessore della camicia e il raggio medio vale

quindi la teoria membrale non può essere applicata. Siano re e ri rispettivamente il raggio esterno ed interno.

Al raggio interno si ha:

Al raggio esterno si ha:

La tensione tangenziale τmax è in corrispondenza del raggio interno e vale:

Da riscontri sperimentali è apparso che il criterio di resistenza della massima τ è quello che meglio si adatta a descrivere il comportamento dei cilindri di grosso spessore, questo valore della τMAX deve essere utilizzato per la verifica di resistenza.

La norma impone per Fe E355 τamm=137; il cilindro è pertanto verificato.

VERIFICA INSTABILITA' ELASTICA

La verifica a stabilità elastica è eseguita seconda la legge di Eulero, in accordo con quanto prescritto dalle norme.

Grandezze caratteristiche dello stelo:

diametro stelo Ds = 30mm

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