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CAPITOLO II

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro cerca di analizzare e studiare le ricadute della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla legislazione europea in tema di asilo.

Si deve ricordare che la Corte di giustizia dell’Unione europea, fino al dicembre 2009, non è stata, sostanzialmente, competente a pronunciarsi su rinvii pregiudiziali di giudici nazionali riguardanti la materia dell’asilo.

Con il passare del tempo tale competenza, seppur gelosamente difesa dagli Stati, si è resa sempre più necessaria allorché l’Unione, nel suo complesso, ha deciso, nel 1999, di dotarsi di un CEAS (Common European Asylum System).

L’ambizione dell’Unione era ed è quella di addivenire ad una regolamentazione e applicazione uniforme del diritto d’asilo in tutti gli Stati membri in modo da garantire meglio un tale diritto fondamentale alle persone bisognose.

Una gestione e applicazione globale di una simile disciplina in tutti gli Stati membri dovrebbe garantire un sistema di asilo molto più efficiente ed efficace rispetto alla gestione confinata nei singoli Stati con enormi divergenze tra gli Stati stessi.

L’Unione europea per giungere ad un sistema di asilo europeo comune si dota di programmi pluriennali di lavoro, approvati dal Consiglio europeo, che scandiscono le tappe del lavoro per addivenire concretamente ad un sistema di asilo comune a tutti gli Stati membri.

Le istituzioni europee si sono rese conto, fin dal primo momento, che un sistema europeo comune di asilo potrà aversi solo attraverso una graduale legislazione che dovrà portare ad una sempre maggiore armonizzazione delle normative inerenti all’asilo tra Stati membri.

La “prima fase” del CEAS, conclusa nel 2005, ha visto l’adozione di quattro regolamenti e quattro direttive.

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Con lo strumento dei regolamenti è stato attuato il c.d. “Sistema Dublino”, teso ad individuare l’unico Stato membro competente ad esaminare una domanda di asilo, sulla base dell’applicazione di vari criteri.

Le quattro direttive adottate nell’ambito della prima fase sono state la direttiva sulla protezione temporanea, la direttiva qualifiche, la direttiva accoglienza e la direttiva procedure.

Nel giugno del 2013 si è conclusa, invece, la seconda fase del sistema europeo comune di asilo che ha portato ad una revisione o meglio rifusione della precedente legislazione, lasciando sostanzialmente inalterati i principi base della precedente disciplina.

In questa seconda fase si nota una maggiore estensione del campo di applicazione della relativa disciplina concernete l’asilo, infatti si cerca di garantire un’uniformità di protezione a tutti coloro che necessitano di protezione internazionale.

In tale fase si cerca di garantire gli stessi diritti e le stesse garanzie agli apolidi richiedenti asilo e a coloro che sono beneficiari della protezione sussidiaria, cercando di eliminare le discrepanze fino ad allora esistenti.

Oltre a fare ciò, la seconda fase si pone l’obiettivo di armonizzare maggiormente le discipline e le applicazioni di un tale sistema tra tutti gli Stati membri.

La prima fase, infatti, è stata caratterizzata da una grande discrezionalità degli Stati nell’applicare o meno alcune norme e sulle stesse modalità di attuazione.

In un panorama siffatto ecco che risulta indispensabile, la “sorveglianza” e l’intervento di un organo giurisdizionale deputato a ristabilire l’ordine e una corretta interpretazione delle norme in esame.

La Corte di giustizia, dal momento che ha avuto la competenza a pronunciarsi su tale materia, ha ricevuto molti rinvii da parte dei giudici nazionali tesi a chiederle un’esatta interpretazione delle norme europee in materia di asilo.

Il presente studio cerca di mettere in luce il prezioso lavoro di interprete svolto dalla Corte di giustizia, gli strumenti che la stessa utilizza, i ragionamenti

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giuridici che ne discendono, l’effetto che ha sulla legislazione europea e l’effetto, seppur indiretto, sulle legislazioni nazionali.

Si può osservare che la Corte di giustizia, nell’ambito di tale materia e grazie allo strumento del rinvio pregiudiziale, si comporti quasi come una “Corte Costituzionale” : anch’essa, infatti, interpreta il diritto derivato, soprattutto direttive e regolamenti, alla luce del diritto primario.

La Corte, per l’interpretazione del diritto derivato, può avvalersi del Trattato sull’Unione europea, nonché di quello sul funzionamento dell’Unione, oltre alla Carta dei DFUE, e ai principi generali del diritto europeo.

La Corte, per quanto riguarda poi questa materia in particolare, ha a disposizione anche la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, del 1951, entrata in vigore tre anni dopo, che costituisce la base giuridica da cui si sviluppa poi la disciplina europea sull’asilo e la CEDU, altro parametro giuridico fondamentale in materia d’asilo.

In tale trattazione si cerca anche di far emergere le varie interazioni tra i summenzionati strumenti giuridici e soprattutto è interessante analizzare come la Corte utilizzi detti strumenti giuridici per un’esatta interpretazione del diritto derivato riguardante la materia dell’asilo.

Il nucleo fondamentale di tale indagine è studiare gli effetti della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla disciplina europea dell’asilo.

Inoltre risulta interessante notare come e quanta giurisprudenza di tale Corte sia stata recepita dal legislatore europeo nella seconda fase di attuazione del CEAS e che cosa invece non è stato recepito, cercando di capirne le motivazioni.

Un altro aspetto fondamentale di tale lavoro è costituito dal verificare in quale modo e con quale forza la Corte intervenga, in determinati casi, a imporre un’interpretazione modificatrice di una certa norma europea.

Nel momento in cui la giurisprudenza di tale Corte non venga recepita, tale organo giurisdizionale viene a svolgere il ruolo di “supplente” per guidare gli Stati membri tutte le volte che si troveranno di fronte casi analoghi a quello portato di fronte alla Corte, deciso ma non recepito dal legislatore europeo.

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Per meglio comprendere una tale indagine, il lavoro è stato suddiviso in cinque capitoli, il primo affrontata brevemente le tappe che hanno portato all’idea e alla costituzione del CEAS, nel secondo capitolo viene analizzata l’evoluzione della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia nella materia dell’asilo, dal terzo capitolo inizia l’esame e lo studio della giurisprudenza di detta Corte.

Il terzo capitolo esamina la giurisprudenza intervenuta sul regolamento Dublino II, n. 343/2003, relativo alla determinazione dello Stato membro compente ad esaminare una domanda di asilo, mettendo in risalto il venir meno di una presunzione assoluta di mutua fiducia tra gli Stati membri, analizzando poi la giurisprudenza relativa alla clausola di sovranità e a quella umanitaria, ponendo l’attenzione sulle domande di asilo presentate da minori non accompagnati e l’effetto del ritiro di una domanda di asilo, alla fine sarà riportata una valutazione degli effetti di tale giurisprudenza sulla legislazione europea in materia di asilo.

Il quarto capitolo ha ad oggetto, invece, la giurisprudenza sulla direttiva qualifiche, la n. 2004/83, saranno quindi analizzati i motivi che possono condurre alla concessione dello status di rifugiato, come la religione e l’orientamento sessuale, il delicato rapporto tra l’asilo e terrorismo, analizzando poi le cause di esclusione da tale protezione, soprattutto in riferimento alla protezione offerta da organi e agenzie diverse dall’UNHCR, incompatibile con la protezione assicurata dallo status di rifugiato, fino ad esaminare le cause di cessazione di tale status, inoltre sempre nel medesimo capitolo, vengono analizzati alcuni casi in cui si può accedere alla protezione sussidiaria. Anche per questo capitolo vi sarà uno studio teso a verificare il recepimento o meno di tale giurisprudenza da parte del legislatore europeo.

Il quinto capitolo, infine, concerne la giurisprudenza sulla direttiva accoglienza (n.2003/9) e sulla direttiva procedure (n.2005/85), analizzando l’ambito di applicazione della direttiva accoglienza, chiarendo la portata che devono avere e che cosa devono garantire i sussidi economici dal momento che uno Stato membro decide di assicurare le condizioni di accoglienza con tale sussidi o

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quando si trova costretto a procedere in tal senso per saturazione delle strutture destinate ai richiedenti asilo.

Viene analizzata anche la giurisprudenza in riferimento al diritto ad un ricorso effettivo contro una decisione negativa di una domanda di asilo, cercando di capire che cosa si intenda per ricorso giurisdizionale effettivo.

Anche per tale ultimo capitolo viene studiato il recepimento o meno di tale giurisprudenza.

Negli ultimi tre capitoli si procede a verificare quale e quanta giurisprudenza della Corte sia stata recepita dal legislatore europeo dal momento che attraverso la c.d. rifusione, avvenuta per la concretizzazione della seconda fase del CEAS, il legislatore europeo avrebbe potuto approfittare degli indirizzi giurisprudenziali offertegli dalla Corte stessa per migliorare la disciplina europea dell’asilo.

Inoltre nel corso della trattazione sarà fatto cenno anche alla giurisprudenza della Corte Edu e a quella di Corti o Tribunali statali per cercare di capire fino a che punto tali Corti si allineino o meno alle interpretazioni fornite dalla Corte di giustizia in tale materia.

Un altro aspetto importante del lavoro della Corte è costituito dal fatto che la stessa con i suoi interventi, non solo indirizza gli Stati ad una corretta interpretazione e applicazione delle norme riguardanti la disciplina europea dell’asilo, ma contribuisce anche a connotare di maggiore dinamismo, rispetto al passato, il tema dell’asilo costringendo gli Stati ad una costante attenzione alla medesima materia.

La Corte di giustizia, con i suoi interventi, contribuisce a conferire a tale materia la giusta attenzione e ricorda agli Stati membri il ruolo fondamentale che riveste, oggi più che mai, la questione dell’asilo, troppo spesso dimenticata (intenzionalmente o meno) dimenticata dagli Stati stessi.

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CAPITOLO I

L’asilo dalla Convenzione di Ginevra all’attuale “pacchetto asilo” del 2013

1.1 La Convenzione di Ginevra del 1951 e il protocollo addizionale del 1967

La Convenzione di Ginevra, adottata il 28 luglio 1951 dalla Conferenza dei Plenipotenziari delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 22 aprile del 1954, rappresenta il principale strumento internazionale a tutela dei rifugiati.

La Convenzione si compone di 46 articoli suddivisi in sette capitoli (disposizioni generali, status giuridico, impieghi lucrativi, assistenza, provvedimenti amministrativi, disposizioni di attuazione e transitorie, clausole finali).

La novità del Trattato consiste nell’adottare, per la prima volta, una nozione a vocazione generale di rifugiato.

I rifugiati, infatti, secondo la Convenzione sono caratterizzati dai seguenti elementi fondamentali: si trovano al di fuori del loro Paese di cittadinanza o di residenza se apolidi, non possono o non vogliono avvalersi della protezione di questo Paese o farvi ritorno, tale incapacità o mancata volontà è dovuta ad un fondato timore di persecuzione, ed infine la persecuzione è temuta per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche.1

Gli individui che ricadono in questa definizione sono rifugiati ipso iure in quanto il riconoscimento dello status non ha natura costitutiva ma di mero

1 V. art. 1A (2) Convenzione di Ginevra del 1951.

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accertamento, quindi un individuo diviene rifugiato per il mero fatto di soddisfare le condizioni fissate dall’art.1, par. A, della Convenzione.2

Alcune disposizioni sono così importanti che non possono essere oggetto di alcuna riserva3, tra quest’ultime figurano la nozione di “rifugiato” (art.1) e il principio di non-refoulement (art.33) secondo il quale nessuno Stato contraente potrà espellere o rimandare (refouler ), in nessun modo un rifugiato, contro la sua volontà, verso un territorio dove teme di essere perseguitato.

La Convenzione non si applica a coloro che beneficiano della protezione di agenzie delle Nazioni Unite diverse dall’UNHCR, non si applica inoltre a chi, presumibilmente, si sia macchiato di crimini talmente gravi da non meritare la tutela offerta dalla Convenzione.4

La Convenzione, oltre alle ipotesi di esclusione summenzionate, prevede anche delle ipotesi di cessione da detto status che presuppongono tutte un rinnovato o un nuovo legame tra il rifugiato e il suo Stato di cittadinanza o residenza.5 La Convenzione stabilisce il quantum minimo di tutela che deve essere garantito ai rifugiati in riferimento all’assistenza sociale, amministrativa e ai rapporti di lavoro, lasciando però ad ogni Stato parte della Convenzione, o a convenzioni regionali, l’onere di disciplinare nello specifico tali materie.

Nonostante la grande portata innovatrice rispetto al passato, la Convenzione non si poneva l’obiettivo di risolvere in termini generali il problema dei rifugiati, ma piuttosto cercava di risolvere il problema di persone costrette a fuggire da situazioni storiche precise e conosciute6.

La conferma di ciò, la si trova nell’originaria presenza di due limitazioni, una temporale e l’altra geografica, che restringevano notevolmente il campo di applicazione ratione personae.

2 Per un approfondimento sulla natura giuridica dello status di rifugiato nella Convenzione si rinvia a F. CHERUBINI, L’asilo dalla Convenzione di Ginevra al diritto dell’Unione europea, Bari, 2012, p. 1 ss.

3 Nota introduttiva alla Convenzione di Ginevra ad opera dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

4 V. art. 1 (F).

5 V. art. 1 (C).

6 M. PEDRAZZI, Il diritto d’ asilo nell’ordinamento internazionale agli albori del terzo millennio, in L. ZAGATO (a cura di ), Verso una disciplina comune europea del diritto di asilo, Padova, 2006, p. 13 ss.

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La prima limitazione, quella temporale, faceva sì che la Convenzione si applicasse solo a coloro che fossero risultati rifugiati in conseguenza degli eventi accaduti prima del 1° gennaio 1951.

Per quanto riguarda, invece, la limitazione geografica, si deve osservare che la Convenzione ha permesso agli Stati, al momento della loro adesione, di introdurre una dichiarazione secondo la quale le parole "avvenimenti sopraggiunti prima del 1° gennaio 1951" fossero intesi nel senso di avvenimenti sopraggiunti in Europa prima di quella data. Questo limite geografico venne mantenuto solo da un numero molto limitato di Stati .

Il Protocollo addizionale di New York del 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre dello stesso anno, fa venir meno le suddette limitazioni, pur facendo salva quella geografica per gli Stati che vi aderirono al tempo della Convenzione.7

Il Protocollo, seppur autonomo dalla Convenzione, chiarisce che devono comunque essere rispettati gli articoli compresi da 2 a 34, garantendo, in questo modo, l’integrale applicazione della stessa Convenzione.

Attualmente 144 Stati aderiscono alla Convenzione e 146 al Protocollo addizionale.

La Convenzione assume un ruolo ancor più fondamentale dal momento che costituisce la base giuridica di partenza per la costruzione di un sistema europeo comune di asilo.

7 V. art. 3 Protocollo Addizionale di New York del 1967.

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1.2 Le tappe dell’Unione Europea nella creazione del sistema europeo comune di asilo, (Common European Asylum System)

1.2.1 Il Consiglio Europeo di Tampere del 1999

Il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre del 1997 ed entrato in vigore il 1°

maggio 1999, abbandona il metodo della cooperazione intergovernativa nelle politiche migratorie e di asilo per procedere ad una loro “comunitarizzazione”, pur se non completa e soggetta a regole particolari8, oltre ad in incorporare l’acquis di Schengen.

L’art. 63 TCE9 veniva così a costituire la base giuridica per l’adozione di norme minime in materia di asilo.

L’idea della creazione di un sistema europeo comune di asilo nasce pochi mesi dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, nell’ambito del Consiglio Europeo del 15 e 16 ottobre del 1999, al termine del quale venne adottato il c.d. programma di Tampere10.

Un punto fondamentale e per niente scontato delle conclusioni del predetto Consiglio Europeo di Tampere è costituito dal fatto che, nella creazione di un sistema europeo comune di asilo esso debba basarsi sull’applicazione della Convenzione di Ginevra, richiamando nello specifico il principio di non- refoulement.

Il programma del 1999 costituisce solo la prima tappa nella costruzione di un sistema europeo comune di asilo, infatti, nello stesso programma di Tampere si prevedeva implicitamente un’ulteriore fase, “Nel lungo periodo, le norme comunitarie dovrebbero indirizzarsi verso una procedura comune in materia di

8 L. ZAGATO, Le competenze dell’UE in materia di asilo dopo i Trattati di Amsterdam e di Nizza e nella prospettiva del Trattato su una Costituzione per l’Europa, in ID. ( a cura di ), op.

cit., p. 133 ss.

9 V. art. 63 TCE.

10 Programma di Tampere –Verso un’Unione di Libertà, sicurezza e giustizia, adottato dal Consiglio Europeo del 15 e 16 ottobre 1999, disponibile online all’indirizzo www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00200-r1.i9.htm.

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asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l'asilo, valido in tutta l'Unione.”11

Nella “prima fase”, l’allora Comunità europea ha adottato quattro regolamenti e quattro direttive.

Con lo strumento del regolamento è stato consolidato il c.d. “sistema Dublino”

che si basava da un lato, sull’applicazione del c.d. regolamento Dublino II 12 e relativo regolamento d’attuazione, e dall’altro sul c.d regolamento “Eurodac”13 e relativo regolamento d’attuazione, in questo modo veniva data attuazione all’art.63, par.1, lett. a) del TCE.

Le quattro direttive tendevano invece a dare attuazione alle altre disposizioni dell’art. 63 TCE, vennero approvate infatti, la c.d. direttiva “ protezione temporanea”14, la c.d. direttiva “accoglienza”15, la c.d direttiva “qualifiche”16 e la c.d. direttiva “procedure”17 con la quale si chiude definitivamente la prima fase.

L’adozione di tali atti della prima fase è avvenuta, è opportuno ricordarlo, con la procedura decisionale di cui all’art 67, par. 1 del TCE, che prevedeva il potere di iniziativa legislativa condiviso tra la Commissione e gli Stati membri, un ruolo meramente consultivo del Parlamento europeo e l’unanimità per le deliberazioni del Consiglio.

11 Programma di Tampere, punto 16.

12 Regolamento ( UE ) n. 343/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sostitutivo della precedente Convenzione di Dublino, firmata a Dublino il 15 giugno del 1990, ed entrata in vigore il 1 settembre dello stesso anno.

13 Regolamento ( UE ) n. 2725/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio.

14 Direttiva 2001/55 CE del Consiglio del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi, in GUCE L 212,7 agosto 2001,p.12 ss.

15 Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza

dei richiedenti asilo negli Stati membri, in GUUE L 31, 6 febbraio 2003, p. 31 ss.

16 Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione,

a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di

protezione internazionale, in GUUE L 304, 30 settembre 2004, p. 12 ss.

17 Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure

applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, in GUUE L 326, 13 dicembre 2005, p. 13 ss.

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1.2.2 Il programma dell’Aia del 2004

Cinque anni dopo il programma di Tampere, il Consiglio Europeo si dotò di un nuovo programma pluriennale, per gli anni 2004-2009, noto come programma dell’Aia18.

Esso si poneva in continuazione del primo programma e dichiarava gli obiettivi della seconda fase, nella quale si auspicava l’adozione di una procedura comune in materia di asilo, e l’adozione di uno status unico per coloro che avessero ottenuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria.

Si auspicava alla creazione di un ufficio che desse sostegno agli Stati nella procedura delle domande di asilo.

Infine, invitava la Commissione a riservare fondi per gli Stati membri nel trattamento delle domande di asilo e nell’accoglienza dei cittadini di Paesi terzi, posto che per un efficiente sistema europeo comune d’asilo lo stanziamento di risorse finanziarie risulta indispensabile.

La seconda fase doveva concludersi entro il 2010, termine poi posticipato al 2012.

Nel 2007 la Commissione presentava un Libro verde19 con lo scopo di avviare una riflessione approfondita e raccogliere tutti i contributi possibili, prima di qualsiasi iniziativa relativa alla seconda fase.

Successivamente, nel giugno del 2008 sulla scia di tale libro verde, la Commissione adottava il c.d. “Piano strategico per l’asilo”20 che rappresenta il punto di partenza delle osservazioni affrontate nel libro verde.

18 Programma dell’Aja: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione

europea, adottato dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004, in GUCEC53, 3marzo 2005, p. 1 ss.

19 V. COM (2007) 301.,def del 6 giugno del 2007, Libro verde sul futuro regime comune europeo in materia d’asilo.

20 V.COM (2008) 360def.,del 17 giugno 2008, Piano strategico sull’asilo : un approccio integrato in materia di protezione dell’Unione europea.

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Per migliorare e portare a termine la seconda fase del sistema europeo comune di asilo, la Commissione presentava una strategia fondata su tre punti.

Il primo punto consisteva nel migliorare e rendere più armonizzati gli standard di protezione dei vari Stati membri, il secondo auspicava un’attuazione della cooperazione pratica tra Stati, infine, il terzo, auspicava una maggiore responsabilità e solidarietà tra l’Unione, gli Stati membri e i Paesi terzi.

Sulla base di questi tre punti, proponeva delle modifiche alle normative adottate nell’ambito della prima fase21.

Il Piano strategico, anche in considerazione della fase di transizione che avrebbe portato ad un mutamento della base giuridica, (in riferimento all’entrata in vigore del TFUE e del TUE), posticipava l’attuazione della seconda fase della costruzione di un sistema europeo comune di asilo dal 2010 al 2012.

Infine il Consiglio europeo dell’ottobre dello stesso anno, concordando con il nucleo essenziale delle riforme proposte dalla Commissione nel piano

“strategico”, adottava a sua volta il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo22, assumendo cinque impegni fondamentali, la cui realizzazione sarebbe dovuta rientrare nell’ambito del Programma successivo a quello dell’Aia.

Il IV impegno, intitolato “Costruire un’Europa dell’asilo”, poneva quattro obiettivi, il primo mirava alla realizzazione di un Ufficio europeo con il compito di aiutare gli Stati membri a scambiarsi informazioni, analisi e esperienze; il secondo invitava la Commissione a presentare proposte per introdurre una procedura unica in materia di asilo e status uniformi per i rifugiati, da una parte, e per coloro che avessero ottenuto la protezione sussidiaria dall’altra.

Per quanto concerne il terzo punto, prendeva in considerazione situazioni di crisi di uno Stato membro nell’affrontare un afflusso massiccio di richiedenti

21 V. F ZORZI GIUSTINIANI, Verso una politica comune europea di asilo. Il processo di revisione normativa, in Gli stranieri- Numero 1/2011, p. 167 ss., B. NASCIMBENE, Il futuro della politica europea di asilo, ISPIWorking Paper n.

25, giugno 2008 (www.ispionline.it/it/documents/wp_25_2008.pdf).

22 Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, adottato dal Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre2008 (http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st13/st13440.it08.pdf.).

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asilo, a tal fine si auspicava, da una parte, la messa a disposizione di funzionari di altri Stati membri e, dall’altra, di manifestare un’effettiva solidarietà a tale Stato membro, attraverso una migliore mobilitazione dei programmi comunitari esistenti.

L’ultimo punto era teso a rafforzare la cooperazione con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite.

1.2.3 Il Programma di Stoccolma del 2009

Continuando sulla scia dei programmi pluriennali, il Consiglio europeo ha adottato nel dicembre 2009 un nuovo programma, conosciuto come programma di Stoccolma23 che scandisce il lavoro per gli anni 2009-2014, inoltre, nel 2010 viene adottato il relativo programma d’azione da parte della Commissione.

Il programma di Stoccolma si focalizza su tre macro-aree24 per quanto riguarda l’asilo.

La prima area è intesa a costruire uno spazio comune di asilo, il Consiglio, come nei precedenti programmi, ribadisce che un sistema europeo comune di asilo deve necessariamente basarsi sull’applicazione della Convenzione di Ginevra.

Tale documento, però, si spinge oltre rispetto agli altri, perché non si ferma solo a prevedere il rispetto della Convenzione, ma auspica a che l’Unione aderisca alla Convenzione e al relativo Protocollo addizionale, fermo precisare che a tal proposito è necessario attendere una relazione della Commissione intesa a verificare le relative ricadute pratiche e giuridiche che potrebbe comportare l’adesione.

23 Programma di Stoccolma - Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, adottato dal Consiglio europeo dell’11 dicembre 2009, in GUUE C 115, 4 maggio 2010, p. 1 ss. 24 V. G. MORGESE, Gli sviluppi della politica dell’Unione europea in materia di asilo in base al programma di Stoccolma, in op.cit., p.155.

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Per il momento la Commissione non ha ancora provveduto alla stesura di detta relazione.

Il Consiglio prende atto del fatto che esistono ancora notevoli differenze nelle legislazioni e prassi degli Stati membri, al contempo afferma che il sistema Dublino è indispensabile perché permette di individuare con chiarezza lo Stato membro competente per l’esame di una domanda.

Nell’ambito di questa prima macro-area si fissano alcuni obiettivi tra i quali, istituire una procedura unica di asilo e uno status uniforme in materia di protezione internazionale come previsto dall’art. 78 TFUE.

Altro punto fondamentale consiste nell’invitare la Commissione a effettuare uno studio di fattibilità sulle implicazioni giuridiche e pratiche dell’introduzione di un trattamento comune delle domande di asilo.

Si invita, inoltre, la Commissione ad analizzare “le possibilità di istituire un quadro per il trasferimento della protezione di coloro che beneficiano della protezione internazionale, allorché questi esercitano i propri diritti di soggiorno acquisiti a norma della legislazione dell'Unione25”.

La seconda macro-area fa riferimento alle responsabilità condivise e alla solidarietà tra Stati membri.

Tale area risulta tanto più importante se teniamo conto del fatto che un efficiente CEAS potrà realizzarsi solo se tutti gli Stati membri siano dotati di sistemi di asilo efficienti e rispettosi dei diritti umani, considerando che taluni Stati membri hanno registrato notevoli difficoltà nel gestire i loro sistemi di asilo, ecco che risulta indispensabile la solidarietà tra essi, e una tale solidarietà dovrebbe concretizzarsi con meccanismi di condivisione volontaria e coordinata delle responsabilità.

Per offrire sostegno agli Stati in difficoltà, uno strumento praticabile risulta essere il meccanismo di reinsediamento interno di carattere obbligatorio o volontario coordinato dall’UE.

25 Punto 6.2.1 del Programma di Stoccolma.

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Il reinsediamento interno consiste nel concordare una riallocazione dei beneficiari di protezione internazionale già presenti sul territorio di uno Stato membro.

Inoltre il programma di Stoccolma invita la Commissione ad esaminare la possibilità di utilizzare in modo più efficace i sistemi finanziari esistenti nell’Unione.

In effetti, l’art.80 TFUE fa riferimento ad una duplice forma di solidarietà, intesa si come condivisione delle responsabilità, ma anche come solidarietà finanziaria26.

È da notare come parte della dottrina27 ravvisi, non senza fondamento, che fino a quando opererà la regola del primo ingresso, in riferimento al sistema Dublino, la solidarietà interna all’Unione faticherà ad affermarsi e anzi faccia sì che tale regola si ponga come “antitesi al principio di solidarietà ed iniqua ripartizione degli oneri tra Stati membri”.

Strettamente collegata alla seconda area è la terza che fa riferimento a meccanismi di solidarietà, ma questa volta, esterna.

Il Consiglio auspica ad una sempre maggiore cooperazione con Stati terzi che si trovino a gestire ingenti flussi migratori e situazioni in cui la condizione di rifugiato si protrae in tali Paesi.

Il Consiglio invita la Commissione a studiare nuovi approcci concernenti l’accesso alle procedure di asilo per quanto riguarda i principali Paesi di transito.

Nel piano d’azione si prevede l’impegno della Commissione a studiare tali nuovi approcci e a presentare una relativa comunicazione.

26 V. M. GESTRI, La politica europea dell’immigrazione: solidarietà tra Stati membri e misure di nazionali di regolarizzazione, in A. LIGUSTRO e G. SACERDOTI (a cura di) Problemi e tendenze del diritto internazionale dell’economia. Liber amicorum in onore di Paolo Picone, Napoli, 2011 p.895 ss.

27 V. G. MORGESE, Solidarietà e ripartizione degli oneri in materia di asilo nell’Unione europea, in G. CAGGIANO (a cura di) I percorsi giuridici per l’integrazione, Migranti e titolari di protezione internazionale tra diritto dell’Unione e ordinamento italiano, Torino, 2014 p. 365 ss.

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1.2.4. L’attuale “pacchetto asilo”del 2013

La seconda fase del CEAS si è conclusa nel giugno 2013 e ha visto l’adozione di due regolamenti e di due direttive, che vanno a modificare la previgente normativa europea attraverso la tecnica della c.d. rifusione.

Nello specifico è stato adottato il regolamento n. 604/2013 c.d. regolamento Dublino III che sostituisce il precedente regolamento n. 343/2003 (che a sua volta sostituiva la Convenzione di Dublino del 1990), è stato poi adottato il regolamento n. 603/2013 che sostituirà, a partire dal 20 luglio 2015, il regolamento n. 2725/2000 che istituisce la banca Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento Dublino.

Per quanto concerne il nuovo regolamento Dublino, pur lasciando intatta la struttura e i principi posti alla base del regolamento n 343/2003, si segnalano delle novità prima di tutto per il nuovo campo di applicazione.

L’attuale regolamento Dublino (unico atto per il momento già produttivo di effetti) si applica, oltre che per le domande di richiedenti asilo anche ai richiedenti protezione sussidiaria, agli apolidi ed infine estende la sua applicazione anche alle domande di protezione presentate nelle zone di transito degli aeroporti.

La modifica volta all’estensione del regolamento Dublino anche agli apolidi, pur non costituendo la più rilevante novità, suscita comunque una riflessione sul ritardo con cui l’Unione europea giunge a tale estensione.

Altre sono le novità28 e i passi in avanti che fa il regolamento Dublino, per importanza si segnalano, l’introduzione di quella che in dottrina è stata definita come “ clausola greca” secondo la quale è fatto divieto trasferire un richiedente asilo verso lo Stato che sarebbe competente se sussistono fondati motivi per

28 V.O. FERACI, Il nuovo regolamento Dublino III e la tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, in Osservatoriosullefonti.it,fasc.2/3; Cfr. G.MORGESE, La riforma del sistema europeo comune di asilo e i suoi principali riflessi nell’ordinamento italiano, in Diritto, immigrazione e cittadinanza XV,4,-2013, p.15 ss, e A. DEL GURCIO, La seconda fase di realizzazione del sistema europeo comune d’asilo, in Osservatorio Costituzionale, settembre 2014.

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ritenere che vada incontro a trattamenti degradanti e inumani ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali.

Altra novità consiste nella previsione di un meccanismo di allerta rapido per far fronte a situazioni di crisi che possono portare ad una non corretta applicazione del regolamento Dublino.

La principale innovazione prevista dal nuovo regolamento Eurodac consiste nella possibilità, a partire dal 20 luglio 2015, di consentire l’accesso alla banca dati non solo per l’efficace funzionamento del sistema Dublino, ma anche per finalità di prevenzione, accertamento e indagine di reati di terrorismo o di altri gravi reati (artt. 5-7).

Le nuove direttive adottate sono, la direttiva 2013/33 c.d. direttiva accoglienza e la direttiva 2013/32 c.d. direttiva procedure.

La prima direttiva costituisce atto di rifusione della direttiva 2003/09, deve essere recepita entro il 20 luglio 2015 e viene esteso l’ambito di applicazione anche ai beneficiari della protezione sussidiaria.

I maggiori profili di novità si riscontrano nella disciplina del trattenimento29 , dell’accesso al lavoro e della sanità.

La seconda direttiva, costituisce atto di rifusione della direttiva 2005/85, anch’essa dovrà essere recepita entro luglio 2015, e contiene procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca e dello status di protezione internazionale.

Tale direttiva si pone lo scopo di migliorare l’armonizzazione delle procedure e di prevedere ulteriori garanzie per i richiedenti.

La direttiva si pone nell’ottica del c.d. frontloading, e cioè dell’intervento concentrato il più possibile nella fase iniziale della procedura, si introducono tempi più celeri per la conclusione di essa e vengono ben distinte tra loro le altre due procedure che affiancano la normale e cioè quella “ in via prioritaria “ e quella “accelerata”.

29 ID, op. cit., p.23 ss. Cfr. F. BIONDI DAL MONTE, Protezione internazionale e “sistema europeo comune di asilo” in F. BIONDI DAL MONTE e M.MELILLO (a cura di) Diritto di asilo e protezione internazionale, storie di migranti in Toscana, 2014, p.33 ss.

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Per completezza sul quadro della normative europea in materia di asilo, va ricordato che anche la già citata direttiva 2004/83 ha subito modifiche ed è stata sostituita dalla direttiva 2011/95 che introduce la protezione sussidiaria, inoltre con il regolamento n. 439/2010 è stato istituito l’ European Asylum Support Office con sede a Malta, a cui auspicavano i già citati programmi pluriennali, esso dovrebbe favorire la corretta applicazione degli strumenti del sistema europeo comune di asilo e la cooperazione e solidarietà tra gli Stati membri.

Gli atti normativi della seconda fase, a differenza di quelli della prima, sono stati adottati secondo la procedura legislativa ordinaria, art. 294 TFUE, tra l’altro, è già a partire dal 1° gennaio 2005 che in materia di asilo trova piena applicazione il metodo comunitario, secondo il quale il Consiglio delibera all’unanimità e la Commissione ha competenza esclusiva a presentare proposte.

Nella quinta relazione annuale sull’immigrazione e l’asilo del 22 maggio 2014, la Commissione30 evidenzia come ci sia stato un incremento del numero dei richiedenti asilo rispetto agli anni precedenti, ma fa notare anche come, l’Unione Europea abbia aiutato finanziariamente gli Stati che hanno registrato maggiori problematiche nel gestire tali flussi di persone.

La relazione si sofferma sull’importanza di rafforzare la cooperazione pratica e la solidarietà all’interno dell’Unione, attraverso lo strumento della ricollocazione su base volontaria riprendendo in qualche modo il programma di Stoccolma.

Viene presa in considerazione anche la dimensione esterna dell’asilo e si auspica ad una sempre maggiore e proficua collaborazione con Stati terzi questa collaborazione si può concretizzare con programmi di protezione regionali (PPR), oppure con il re insediamento.

La Commissione spiega come il re insediamento sia atto di solidarietà tra l’Unione e Paesi terzi che ospitano ingenti numeri di rifugiati.

30 V. COM (2014) 288 def., del 22 maggio 2014, Quinta relazione sull’immigrazione e l’asilo al Parlamento e al Consiglio.

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Per quanto concerne le risorse finanziarie, indispensabili per un efficiente sistema europeo comune di asilo, è stato creato il c.d. FAMI (fondo asilo, migrazione e integrazione),che si sostituisce ai precedenti fondi previsti in per tali tematiche, e ha lo scopo di sostenere la gestione efficace e integrata dei flussi tenendo conto del principio di solidarietà e delle responsabilità condivise.

La Commissione, nelle conclusioni, prende atto che, nonostante i miglioramenti apportati nel corso degli anni al sistema europeo comune di asilo, gli Stati membri debbano continuare su tale strada lavorando insieme e che si debbano prevedere programmi contro il razzismo e la xenofobia da una parte, e dall’altra perseguire programmi di integrazione.

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CAPITOLO II

Il ruolo della Corte di giustizia nella materia dell’asilo

2.1 Il Trattato di Amsterdam e le limitazioni alla competenza della Corte di giustizia

Il Titolo IV del Trattato di Amsterdam, (Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone), oltre a prevedere un periodo transitorio di cinque anni caratterizzato dall’unanimità in Consiglio, da un ruolo meramente consultivo del Parlamento europeo e da un potere d’iniziativa della Commissione condiviso con gli Stati membri, prevedeva anche una limitata competenza della Corte di giustizia31.

La competenza della Corte in materia d’asilo era regolata dall’allora art. 68, par. 1 del TCE e prevedeva la possibilità del rinvio pregiudiziale di validità o di interpretazione solo per i giudici le cui decisioni non fossero più suscettibili di ricorso interno, escludendo in questo modo i giudici delle giurisdizioni inferiori.

31 Infatti l’art. 68 TCE così recitava : 1. “L'articolo 234 si applica al presente titolo nelle seguenti circostanze e alle seguenti condizioni: quando è sollevata, in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, una questione concernente l'interpretazione del presente titolo oppure la validità o l'interpretazione degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo, tale giurisdizione, qualora

reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su tale punto, domanda alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione.

2. La Corte di giustizia non è comunque competente a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell'articolo 62, punto 1, in materia di mantenimento dell'ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna.

3. Il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull'interpretazione del presente titolo o degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo. La decisione pronunciata dalla Corte di giustizia in risposta a siffatta richiesta non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato”.

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La norma non chiariva, inoltre, se di fronte ad un dubbio in tal senso si configurasse un obbligo o solo una facoltà per i giudici di ultima istanza, anche se la maggior parte della dottrina32 propendeva per un’obbligatorietà, in effetti,

“il combinato disposto” tra l’esclusione della competenza dei giudici inferiori e la non obbligatorietà delle giurisdizioni superiori avrebbe finito per svuotare completamente quella minima competenza della Corte riguardante l’asilo oltre che ad una disomogenea interpretazione e applicazione del diritto comunitario.

Un altro aspetto negativo, frutto di una così limitata competenza, risiedeva nel fatto che veniva compressa la tutela giurisdizionale individuale, considerando che un richiedente asilo molto difficilmente può raggiungere le giurisdizioni superiori e far valere le sue ragioni.

In realtà, il Consiglio avrebbe potuto azionarsi per limitare e colmare tale deficit, infatti, gran parte della dottrina33 auspicava all’utilizzo dell’art. 67, par.

2, secondo trattino TCE.

Tale disposizione avrebbe permesso al Consiglio di poter adottare all’unanimità, e previo parere del Parlamento europeo, una decisione per

“adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia”, nonostante le sollecitazioni, il Consiglio non si è mai attivato in tal senso34. Il secondo paragrafo dell’ art. 68 TCE escludeva in toto la competenza della Corte a pronunciarsi sulle misure e decisioni comunitarie adottate a norma dell’art. 62, punto 1, ne derivava l’esclusione della competenza della Corte a sindacare le misure volte a garantire l’abolizione dei controlli alle frontiere

32 In tal senso, A. ADINOLFI, Commento agli artt. 66-69, in F. Pocar (a cura di), Commentario breve ai Trattati della Comunità e dell’Unione europea, Padova, 2001,p 315 e ss., L DANIELE, Commento all’ art. 68 in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea e della Comunità Europea, Milano 2004, p. 460 ss.

33 V. C CURTI GIALDINO, Schengen e il terzo pilastro. Il controllo giurisdizionale secondo il Trattato di Amsterdam, in l’Italia e Schengen. Lo spazio di libertà sicurezza e giustizia tra problemi applicativi e prospettive : atti del Convegno organizzato dal Comitato di controllo sull’attuazione e il funzionamento della Convenzione di Schengen, Roma 1998, p.62.

34 Si veda, F. CHERUBINI op. cit., p. 155 ss.,L. ZAGATO op. cit., p.146.

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interne in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna.

Il terzo paragrafo prevedeva un’anomala competenza consultiva per cercare di recuperare un’uniformità di interpretazione dell’intero titolo IV TCE.

Tale disposizione offriva la possibilità al Consiglio, alla Commissione o ad uno degli Stati membri di chiedere alla Corte un’interpretazione delle norme del titolo IV o degli atti da esso derivati, anche a questa competenza si applicava il limite previsto dall’art. 68, par.2 TCE, occorre però ricordare come tale possibilità non sia mai stata utilizzata.

La competenza pregiudiziale della Corte in materia d’asilo risultava così fortemente limitata.

2.2 Gli sviluppi successivi e il Trattato di Lisbona

Successivamente, con l’entrata in vigore del Trattato di Nizza35 , non si registrano modifiche alla competenza della Corte di giustizia in materia di asilo36.

Un grande cambiamento l’avrebbe portato il Trattato di Roma, il c.d. Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa 37, ma non entrò mai in vigore a causa dei risultati negativi dei referendum di Francia e Paesi Bassi.

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa inseriva, nella sua seconda parte, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea38 (CDFUE), la

35 Il Trattato di Nizza che modifica il Trattato sull’Unione europea , i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, sottoscritto il 26/02/2001 ed entrato in vigore il 1/2/2003, in GUCE n. L 80 del 10/3/2001.

36 Per le modifiche apportate dal Trattato di Nizza in relazione all’estendersi della procedura di codecisione nella materia dell’asilo si veda L. ZAGATO op, cit., p. 147 ss.

37 Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 14 ottobre 2004, in GUCE C 310 del 16 dicembre del 2004.

38 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nota come “ Carta di Nizza” è stata proclamata dai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della

Commissione a nome delle rispettive istituzioni a Nizza il 7 dicembre 2000. La sua versione originale è pubblicata in GUUE C 364 del 18 dicembre 2000, p.1. La versione della Carta

“adattata” il 12 dicembre 2007 a Strasburgo in vista della firma del Trattato di Lisbona, è

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quale veniva così ad assumere valore giuridicamente vincolante alla stessa stregua del Trattato.

Per quello che qui più interessa, cioè la competenza pregiudiziale della Corte in materia d’asilo, la novità individuata consiste nel fatto che l’art. III-377, pur prevedendo il permanere di eccezioni alla competenza in relazione alle sezioni riguardanti la cooperazione giudiziaria in materia penale e cooperazione di polizia del Titolo III Capo IV, prevedeva per la sez. 2 e cioè quella relativa alle politiche dei controlli alle frontiere, l’asilo e l’immigrazione, l’introduzione della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia.

In realtà la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia in materia d’asilo si ricavava attraverso il combinato disposto tra l’art. III-369 che prevedeva la possibilità della Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione della Costituzione e sulla validità e l'interpretazione degli atti delle istituzioni, organi e organismi dell'Unione e dall’altra parte dall’art. III-377 che prevedendo delle eccezioni alla competenza della Corte inerenti il Capo IV non faceva riferimento appunto alla sez. 2 tra cui rientrava l’asilo.

Tale novità poteva essere un primo passo in avanti che avrebbe potuto portare la Corte a conoscere di cause riguardanti l’asilo diversi anni prima di quello che poi è avvenuto e dandole la possibilità di sviluppare indirizzi giurisprudenziali in materia.

Dopo il fallimento del Tratto di Roma, seguì una fase di stallo, in cui le istituzioni europee erano incerte sull’avvenire dell’Europa.

Superata tale fase di stallo venne approvato il Trattato di Lisbona 39, in realtà si fa riferimento a due Trattati, si hanno, infatti, il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che va a modificare quello che era il TCE.

pubblicata invece in GUUE C 303 del 14 dicembre 2007, p.1. Nel prosieguo della trattazione sarà utilizzata l’espressione “Carta”.

39Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che

istituisce la Comunita` europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 in GUUE C 306, del 17dicembre 2007, p. 1

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I due Trattati hanno lo stesso valore giuridico e soprattutto è importante ricordare che non esiste nessuna gerarchia tra gli stessi40.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, avvenuta il 1 dicembre 2009, la competenza in via pregiudiziale della Corte, in materia di asilo, subì una svolta.

Infatti con esso viene superata la limitazione alla competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia prevista dall’art. 68 TCE in relazione alle disposizioni e agli atti del Titolo IV dello stesso Trattato e cioè in riferimento all’asilo, visti, immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile41. Questo significa che le domande in via pregiudiziale possono essere poste da tutti i giudici, non solo da quelli delle giurisdizioni superiori le cui decisioni non possono più esser impugnate.

In tal modo si è cercato di colmare la lacuna (esistita fino alla fine del 2009) in tale materia facendo sì che un numero maggiore di individui possa ricevere tutela dopo l’estensione a tutte le giurisdizioni.

Vi è di più, la Corte in un certo senso anticipa il processo di

“comunitarizzazione” del rinvio pregiudiziale nel settore dell’asilo, anticipandone gli effetti a tutte le ordinanze pregiudiziali che, pur proposte prima dell’entrata in vigore del Trattato, sono state decise in un momento successivo42 .

La Corte ha fatto leva sullo scopo dell’art. 26743 del TFUE, per giustificare tale regime scelto.

40 Per un approfondimento sul Trattato di Lisbona si veda, A.M. CALAMIA, Manuale Breve.

Diritto dell’Unione, Giuffrè, 2012 p. 27 ss. e B. NASCIMBENE e A. LANG, Il Trattato di Lisbona: L’Unione europea a una svolta? in Corriere Giuridico n.1/2008 p. 137 e ss.

41 In tal senso veda A. ADINOLFI, La Corte di Giustizia dell’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona, in Rivista di diritto internazionale, 2010, pp. 45-64.

42 V. F. CHERUBINI, op, cit., p. 167 ss.

43 L’art. 267 del TFUE così recita : La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale:

a) sull'interpretazione dei trattati;

b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione.

Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.

Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte.

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Sono venute meno, inoltre, le restrizioni disposte dall’art. 68, par. 2 TCE e dall’art.2, par. 1, terzo comma, del Protocollo sull’acquis di Schengen, introdotto dal Trattato di Amsterdam.

2.3 I parametri giuridici che la Corte utilizza per l’interpretazione del diritto europeo concernente l’asilo :

2.3.1 I Trattati (TUE e TFUE) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

Una volta acquisita definitivamente, da parte della Corte di giustizia, la competenza pregiudiziale44 in materia di asilo, si tratta di capire quali parametri giuridici utilizzi la stessa per le sue decisioni e le relazioni intercorrenti tra tali strumenti giuridici.

Data la recente piena competenza della Corte in materia di asilo si tratta di una giurisprudenza tutta in evoluzione e soprattutto di una giurisprudenza ancora agli inizi.

Per il momento si può osservare che si tratta di cause nelle quali i giudici nazionali chiedono, al giudice europeo, chiarimenti sull’interpretazione di direttive o regolamenti riguardanti la materia dell’asilo.

La Corte, in detti casi, cercherà di fornire un’interpretazione di tali atti di diritto derivato alla luce delle disposizioni del TUE e del TFUE45 rispettando un chiaro criterio gerarchico46.

Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile.

44 Si deve osservare che nella maggior parte dei casi si tratta di rinvii pregiudiziali di interpretazione.

45 Per un approfondimento sulle fonti europee si veda U. VILLANI, Istituzioni di diritto dell’unione europea, III ed., BARI 2013, p. 241 ss.

46 Va ricordato che fanno parte del diritto primario anche i protocolli e gli allegati ai Trattati.

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Innanzitutto nell’interpretare un atto di diritto derivato in materia d’asilo, la Corte prenderà in considerazione le norme dei Trattati concernenti il diritto d’asilo e quindi il riferimento sarà sicuramente al Titolo V del TFUE che regola lo spazio di libertà, sicurezza, e giustizia all’interno del quale sono inserite le linee in materia d’asilo, in particolare gli artt. 78 e 80 TFUE saranno, nella maggior parte dei casi, un riferimento quasi obbligato.

Il fatto che la Corte sia chiamata a dare un’interpretazione su atti concernenti l’asilo non significa, ovviamente, che debba far riferimento solo alle disposizioni dei Trattati riguardanti la medesima materia, ma anzi, la Corte ha a disposizione gli interi Trattati per fornire una tutela e un’interpretazione adeguata caso per caso.

La grande forza della Corte sta proprio nell’esser capace di fornire tutela a situazioni concrete, spesso molto complesse dal punto di vista giuridico, con un’accurata interpretazione degli atti di diritto derivato alla luce del diritto primario.

Parte della dottrina47 ha osservato che la Corte di giustizia ragiona come se i Trattati fossero una costituzione federale, alla Corte spetta il monopolio sull’interpretazione dei Trattati e del diritto comunitario da essi derivato.

Un altro parametro giuridico che ha assunto sempre maggior peso nelle decisioni della Corte è la Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea.

La struttura della Carta si compone di un preambolo seguito da sette Titoli, ognuno dei quali offre una cornice nel quale collocare i singoli diritti, fa eccezione il settimo capitolo che riguarda l’applicazione e l’interpretazione della Carta.

La Carta per molto tempo ha ricoperto solo un valore politico e non giuridico, avrebbe dovuto diventare giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Roma, del quale costituiva parte integrante, il fallimento di detto Trattato portò come conseguenza anche quella di “abbandonare” la discussione sulla rilevanza della Carta.

47 In tal senso A. LA PERGOLA.

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Dottrina autorevole ha affermato che la Carta ha evitato il rischio di un

“colonialismo giurisprudenziale”48 facendo intendere come tale documento costituisca il punto di approdo, di codificazione appunto, della giurisprudenza della Corte dal momento in cui ha iniziato il suo cammino nella tutela dei diritti della persona.

La Corte, nonostante l’assenza di un valore giuridico della Carta, ha iniziato, seppur con cautela, a richiamarla nelle sue decisioni attribuendole di fatto il rango di parametro giuridico e lo stesso hanno iniziato a fare gli avvocati generali della Corte.

Da notare che la prima occasione in cui la Corte ha fatto riferimento alla Carta si ebbe in una decisione riguardante una materia vicina a quella dell’asilo, il ricongiungimento familiare.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona si compie il “salto di qualità”, infatti, all’art. 6 par. 1 del TUE si trova “la Carta ha lo stesso valore giuridico dei Trattati”, oltre a chiarire che le disposizioni della stessa non estendono le competenze dell’Unione.

Importante è il Titolo VII relativo all’ambito di applicazione che sembra quasi dare una rassicurazione agli Stati, in detto Titolo si specificano, infatti, tre punti fondamentali, innanzitutto viene chiarito che le disposizioni della Carta si applicano alle istituzioni europee, poi si chiarisce, nuovamente, che la Carta non estende le competenze dell’Unione e il terzo punto fondamentale è rappresentato dal dire espressamente che la Carta si applica, e di conseguenza vincola, gli Stati membri ma solo nel momento in cui gli stessi sono chiamati ad applicare il diritto europeo.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione è da constatare che la Carta non si applica in modo analogo a tutti gli Stati membri, infatti, Regno Unito e Polonia hanno preteso l’elaborazione di un protocollo49, aggiuntivo al Trattato di Lisbona, in base al quale il riconoscimento dei diritti contemplati nella Carta

48 Espressione utilizzata da M. CARTABIA, in L’ora dei diritti fondamentali in Europa, (a cura di) I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, IL MULINO 2007, pp 548.

49 Si fa riferimento al Protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea a Regno Unito e Polonia.

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è stato limitato a quelli già riconosciuti nel diritto e nelle pratiche dei due Paesi, cosicché per tutti gli altri la Carta sarebbe inapplicabile.

Per completezza, merita ricordare che anche alla Repubblica Ceca e all’Irlanda50 si applicano deroghe riguardanti l’applicazione della Carta.

Si tratterà di osservare come si muoverà la Corte a fronte di situazioni concernenti l’asilo e che possano richiamare tali deroghe per questi Paesi, soprattutto, cercando di non fare passi indietro nella tutela dei diritti fondamentali della persona.

È per questo motivo che alcuni autori, per scongiurare un tale pericolo e per recuperare un’uniformità nell’interpretazione delle disposizioni della Carta, fanno leva sull’importanza del mantenimento dei principi generali dell’Unione quale parametro per la tutela dei diritti umani.51

Interessante e plausibile è la posizione di alcuni autori52 che sostengono la possibilità che la Carta possa assumere un valore, un rango, “più alto” rispetto agli stessi Trattati.

Un tale orientamento sembrerebbe provenire dalla stessa Corte di giustizia in una decisione molto importante e ormai studiata da molti autori53, la quale sembra propendere per una distinzione interna allo stesso diritto primario data dal fatto che alcune norme dello stesso avrebbero natura costituzionale, o meglio, rango costituzionale e queste norme sarebbero rinvenibili nella Carta dal momento che essa si erge, meglio dei Trattati, a tutela dei diritti fondamentali della persona.

50 L’Irlanda ha ottenuto dal Consiglio europeo una decisione secondo la quale non sarebbe obbligata al rispetto delle norme della Carta relative al diritto alla vita, alla famiglia e all’istruzione, rimanendo salve in questi ambiti le norme della Costituzione irlandese. La Repubblica Ceca ha preteso alcune clausole che le consentissero di apportare deroghe alla Carta, non riconoscendo così alcuni diritti.

51 In tal senso si veda L. DANIELE, La protezione dei diritti fondamentali nell’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona : un quadro d’insieme, in Il diritto dell’Unione Europea 3/2009, p 646 ss.

52 A tal proposito si veda J. KOKOTT and C. SOBOTTA, The Charter of Fundamental Rights of the European Union after Lisbon, in Academy of European Law, 2010/6 p. 1 ss.

53 Il riferimento è alla sentenza Kadi sentenza del 3 settembre 2008 cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P.

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Questo dato può essere avvalorato andando a studiare il rapporto annuale della FRA 54.

Nel suo rapporto annuale pubblicato nell’aprile del 2014, relativo all’anno precedente, si osserva, innanzitutto, un moltiplicarsi di decisioni in cui la Corte, nei suoi ragionamenti, richiama la Carta dal momento che è divenuta giuridicamente vincolante.

Ma non solo, il rapporto mette in evidenza come la Carta sia riuscita a penetrare nei sistemi giuridici nazionali, infatti, dalle statistiche riportate si nota che sempre più spesso i giudici nazionali degli Stati membri, per risolvere questioni proprie, facciano riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Altro dato interessante che emerge dal rapporto è che la stessa Carta, oltre ad essere richiamata nelle giurisdizioni nazionali, e già questo è un dato su cui riflettere, sia richiamata sempre più anche da organi non giurisdizionali di promozione dei diritti umani.

Tutti questi dati non possono non far riflettere sulla portata dirompente e innovativa della Carta, facendo ricredere anche parte della dottrina che propendeva per una natura solo ricognitiva della Carta.

Sicuramente la Carta dei DFUE, alla luce di queste osservazioni, avrà un ruolo fondamentale nella futura giurisprudenza della Corte in materia di asilo.

Andando adesso più nel dettaglio per la materia che qua interessa, si vede che nel Titolo III relativo alla libertà, vi è inserito esplicitamente il diritto all’asilo.

L’art. 1855 nel riconoscere il diritto d’asilo precisa che esso è garantito nel rispetto delle norme della Convenzione di Ginevra del 1951 e del suo Protocollo di New York oltre che alle norme dei Trattati che lo regolano, il riferimento è ai già, in parte, citati artt. 67, 78 ,e 80 del TFUE.

54 La FRA, European Union Agency For Fundamental Rights, ha sede a Vienna ed è stata istituita con il regolamento n. 168/2007 del Consiglio del 15 febbraio 2007, GU.L.53 del 22/02/2007.

55 L’art 18 della Carta DFU così recita : Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

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Il fatto di prevedere esplicitamente il diritto d’asilo nella Carta non è secondario, sta a significare la chiara scelta e presa di posizione delle istituzioni europee nell’apprestare tutela a tale specifico diritto e a non lasciar

“vie di fuga” e discrezionalità alla Corte, la quale tutte le volte che si troverà di fronte situazioni concernenti l’asilo non potrà tirarsi indietro o dichiarare che tale diritto non rientra nel diritto europeo.

Le istituzioni europee, infatti, potevano non esplicitarlo il diritto d’asilo, studiando le caratteristiche della Carta ci accorgiamo che somiglia molto ad un Bill of rights, essa valorizza molto i diritti di libertà della persona umana mentre risultano sacrificati i diritti sociali, in considerazione di ciò il diritto d’asilo poteva esser ricavato attraverso un’interpretazione sia evolutiva che teleologica della Carta.

Questo è ben presto dimostrato se prendiamo in considerazione l’art.1 il quale sancisce l’inviolabilità della dignità umana, oppure il successivo articolo in riferimento alla vita, il diritto all’integrità fisica e/o psichica, il diritto ad una famiglia, da queste e da altre disposizioni all’interno della Carta si poteva ricavare, senza neanche troppe forzature giuridiche, il diritto d’asilo.

Ma la strada seguita dall’Unione europea è stata un’altra e cioè quella di prevedere espressamente il diritto d’asilo facendo così constatare il suo interesse per la tutela di tale materia.

2.3.2 : La Convenzione di Ginevra e il Protocollo addizionale del 1967

Come già ricordato in precedenza, l’Unione europea non fa parte della Convenzione di Ginevra né del suo Protocollo addizionale del 1967 mentre ne sono parte tutti gli Stati membri.

Va osservato, però, che l’art. 78 del TFUE afferma che lo sviluppo della politica comune “deve essere conforme alla Convenzione di Ginevra”, e che l’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali, nel riconoscere il diritto d’asilo,

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