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Nel dipartimento, tra studenti e docenti, chi sapeva della nostra esistenza si chiedeva “ma cosa fanno

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Academic year: 2021

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Introduzione

Pedrag Novakovich, 39 anni, sloveno, alto un metro e novanta, docente di archeologia all’ Università di Lubiana e titolare a contratto del corso di Telerilevamenti ed Interpretazione d’immagini presso l’Università di Pisa per l’anno accademico 1998-99. Con lui ho seguito il primo corso di GIS nel Novembre ‘98. Iniziammo in 24, finimmo in 8 nel Maggio ’99, l’anno seguente fu peggio: 5 studenti al corso e alla presentazione dei sui studi altrettanti studenti e un professore! Un autentico genio dell’ex Italia istriana che vestiva Adidas anni 70 numero 47, jeans e camice bianche a righe. Su e giù dalla Slovenia, con una Skoda modello Fiat 127, orgoglio delle acciaierie e della motoristica dell’est europeo, per insegnare Idrisi, questo il nome del software GIS che lui utilizzava. Nel dipartimento, tra studenti e docenti, chi sapeva della nostra esistenza si chiedeva “ma cosa fanno?”, “ma quello chi è?”, “ma serve quel programma?”, “ma vale la pena?”, “boh!?” era la risposta. Domande lecite perché allora nessuno ne sapeva niente di GIS. Qualcuno però ancora oggi continua a chiedersi le stesse cose…Al corso si parlava di spatial archaeology, di Clark, di storia della geografia, di come le società di telecomunicazioni usano il GIS per piazzare i loro piloni o di come in Canada i parchi naturali siano monitorati continuamente attraverso l’interpretazione delle immagini scattate dal satellite. Dimostrammo grande curiosità, interesse e fedeltà per la materia e per il prof., e attratti dai colori delle immagini che si producevano, più che dalla parte teorica, rimanemmo frastornati e contenti di aver frequentato quei corsi. L’esperienza non si è ripetuta gli anni successivi e Novakovich non si è più visto in dipartimento. L’anno dopo sempre dalla Slovenia venne un'altra grande ricercatrice, Daria Grossmann, docente di Interpretazione di Immagini Aeree in campo archeologico, un corso bellissimo mi hanno riferito i colleghi.

Purtroppo non seguii il corso perché impegnato in un cantiere in Sardegna.

Ho ripreso il Gis nell’ottobre 2003, grazie ai corsi di Geomatica e Trattamento delle Informazioni Geografiche che la Dott.ssa Marina Bisson del dipartimento di geologia ha tenuto per il nostro corso di laurea, ripetendolo poi nel 2004. Il software utilizzato era ArcView 3.2, lo stesso poi usato per la tesi. Anche qui grande interesse e curiosità per il nuovo e più diffuso software, ma qualcosa era cambiato. Nel 2004 eravamo in pieno boom tecnologico, tutti o quasi avevano già un laptop e un cellulare con almeno 2 sim card. Nel ’99 pochi avevano quelle cabine telefoniche portatili chiamate “cellulare”, il laptop era un lusso e spesso tra noi si incrociavano sguardi persi nel vuoto. Windows 98, dischi da 3,5´´ e da 5 e ¼,

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6 questo si usava. Gli studenti del 2004 erano attenti e capivano tutto, perfettamente allineati sul programma, nessun segno di smarrimento. Rapidissimamente la società era cambiata, il digitale aveva già sostituito l’analogico nelle menti dei giovani e io ne avvertivo il trapasso con un “vai e vieni” da un mondo a quell’altro. La mia convinzione sull’utilità delle applicazioni GIS all’archeologia è maturata così.

Il connubio Sardegna-Archeologia-Gis realizzato in questo lavoro di tesi è invece il frutto di una mia combinazione di interessi promossa e avallata dal Prof. Carlo Tozzi. A lui devo l’idea di applicare il GIS ai due volumi del censimento Ricerche Archeologiche nel Marghine-Planargia in Sardegna. Questa è un opera imponente, risultato di oltre 15 anni di

ricerche, seppure a singhiozzo come spesso avviene per motivi economici. Un opera completa dal punto di vista della natura delle informazioni raccolte (archeologia, geografia e “dati anagrafici” dei monumenti) con un particolare importante: vi si trovano infatti la carta geologica, la carta dei suoli e la carta dell’uso dei suoli del Marghine-Planargia, dettagliate e col commento di A. Aru. Un opera estremamente importante per la quantità dei monumenti censiti (681), e per la loro omogeneità culturale: il 76% di essi, circa 523 siti, è riferibile alla civiltà nuragica generalmente inquadrata nell’ Età del Bronzo in Sardegna, mentre il 13.5%, circa 92 tombe, è riferibile al Neolitico Recente. La regione del Marghine-Planargia può essere lecitamente considerata un ottimo campione di monumenti per una necessaria e nuova ricerca orientata a chiarire i molti aspetti oscuri che caratterizzano una delle più grandi civiltà dell’ Eta’ del Bronzo, quella nuragica appunto. Per quanto riguarda il neolitico le analisi di tipo spaziale, unitamente all’interpretazione di foto aeree, saranno utili alla ricerca dei numerosi villaggi che probabilmente popolavano questa regione, oggi ricca di ipogei e tombe domeniche ma apparentemente priva di abitati probabilmente per carenza di ricerca. Un secondo livello di analisi archeologica che raccolga i testimoni del censimento e di questo lavoro di ricerca proiettandoli nel futuro è ciò di cui il Marghine-Planargia ha bisogno, perché in Sardegna non si opera nella dimensione del mistero, ma in quella delle evidenze, dei dati e dei fatti! Dilatiamo i tempi delle indagini, cerchiamo nuovi strumenti di analisi e arriveremo al dibattimento carichi di dati evitando l’archiviazione per insufficienza di prove.

Mentre Carandini a questo proposito citava Freud e Scotland Yard, io ho trovato ispirazione in Leroi Gourhan e in Giovanni Falcone.

Dublino, 25 Febbraio 2007

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