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6.3 Forme di collaborazione

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Academic year: 2021

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6.2 Comportamento

Con questo termine ci si riferisce agli aspetti relativi al modo di relazionarsi fra individui o gruppi di individui, in relazioni a temi come la trasparenza e la fiducia reciproca.

Quest’ultima in particolare costituisce un tema che è stato affrontato da più autori, nell’ottica di comprendere le diverse implicazioni del variare della fiducia nei contesti collaborativi.

Intuitivamente è semplice rendersi conto che un rapporto di reciproca fiducia è un fattore abilitante alla collaborazione tra le organizzazioni, ma la valutazione e la gestione di questo fattore risultano operazioni complesse a causa della sua natura intangibile e della difficile comprensione dei suoi mutamenti.

Ad esempio due “attori” (individui, team, organizzazioni) che si fidano l’uno dell’altro in una determinata situazione potrebbero non avere lo stesso livello di fiducia in situazioni differenti o in altri contesti.

Questo fa sì che il processo di trust building, cioè di costruzione della fiducia, possa essere laborioso e limitare l’agilità e il dinamismo necessari alle organizzazioni per operare nei contesti dei network collaborativi.

Siamo perciò di fronte alla stessa questione che si poneva inizialmente per le ICT: la creazione di un rapporto di fiducia reciproca è senza dubbio un fattore abilitante per il VBE, a patto che le organizzazioni sappiano far fronte alle problematiche che tale fattore comporta.

A causa della natura intangibile di questo argomento, gli autori che se ne sono occupati hanno spesso basato la loro ricerca su casi di studio reali, nel tentativo di estrapolare dalle evidenze empiriche delle linee guida per comprendere o categorizzare oppure valutare il livello di fiducia e/o il processo di trust building.

In uno studio del 2012, pubblicato con il titolo “Collaborative network success and the variable nature of trust”, gli autori Beckett e Jones hanno considerato 10 casi di studio relativi ad altrettante imprese o progetti di ricerca per individuare i principali attributi richiesti ad un’organizzazione attiva in un network collaborativo relativamente al tema della fiducia.

Nella figura alla pagina seguente è possibile vedere quale prospettiva sia stata applicata (sempre relativamente alla fiducia) per ognuno dei casi di studio analizzati.

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Beckett, Jones 2012

I risultati ottenuti sono stati poi valutati secondo la prospettiva del modello ARCON (per ulteriori dettagli si rimanda al capitolo relativo all’ontologia di base e ai termini chiave utilizzati nella presente tesi). In questo modo gli autori hanno identificato gli attributi riguardanti un’organizzazione che opera in un CN in base alla prospettiva della fiducia.

Beckett, Jones 2012

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Nella letteratura esistente si trovano anche tentativi di categorizzare la fiducia, cioè di individuarne le varie tipologie in modo da distinguerne le caratteristiche.

È il caso di uno studio pubblicato nel 2013 dal titolo “Trust categories and their impacts on information xchange processes in vertical collaborative networked organisations”, in cui gli autori hanno ricondotto la fiducia a 5 categorie principali:

Cheikhrouhou, Pouly, Madinabeitia 2013

Per ciascuna di queste categorie sono stati poi individuati degli attributi specifici.

 Competence trust: rappresenta la fiducia nelle capacità dei partner di svolgere il proprio compito in relazione all’opportunità di business considerata. I Principali attributi relativi a questa categoria sono la qualità (del prodotto o del servizio) e la puntualità nel rispettare i tempi.

 Contractual trust: si riferisce agli aspetti “formali” della fiducia in una relazione di business e gli attributi principali ad essa relativi sono la trasparenza, la disponibilità a customizzare le soluzioni, lo spirito di cooperazione per risolvere i problemi.

 Relational trust: si focalizza sul fattore umano di una relazione economica e di conseguenza è interessata da attributi quali la condivisione di informazioni (information sharing), la condivisione di valori, l’impegno (commitment) delle parti interessate nella relazione, la cortesia, la regolarità del comportamento.

 Indirect trust: si riferisce ai fattori esterni che possono condizionare la fiducia fra i partner di una CNO; i principali attributi ad essa relativi sono la reputazione, la stabilità finanziaria e la qualifica degli impiegati.

 Negative trust: si tratta di una differenza di potere fra i partner della relazione considerata, la quale pertanto non appare allo stesso livello se vista con la prospettiva di un diverso partner coinvolto. Più la relazione è sbilanciata, più alto sarà il livello di negative trust. I principali attributi relativi a questa sfiducia sono la presenza di comportamenti opportunistici, le relazioni asimmetriche o di dipendenza, la necessità di asset specifici relativi all’investimento dedicato ad un particolare partner di business.

Queste categorie di fiducia si riferiscono a relazioni di business i cui soggetti sono organizzazioni e aziende.

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Nella categoria “relational trust” vengono invece considerati anche gli aspetti umani delle relazioni di business.

Questo argomento nello specifico è ancor più difficile da studiare tramite modelli, poiché dipende maggiormente da influenze soggettive legate alla sfera dell’individuo.

Quello che si può fare è soprattutto cercare di capire quali siano i bisogni e i requisiti da cui nasce la fiducia all’interno delle organizzazioni virtuali, in modo da avere delle linee guida per la creazione di un ambiente di lavoro dove sia presente un buon livello di fiducia relazionale fra le presone.

Secondo Clases, Bachmann e Theo (2003) i requirement per l’emergere della fiducia nelle VO sono i seguenti:

Clases, Bachmann, Theo 2003

Osservando questi requisiti si capisce la difficoltà delle organizzazioni nel gestire gli elementi legati alla fiducia, poiché si tratta molto spesso di elementi intangibili che non sono affatto semplici da valutare, monitorare e migliorare.

Il mantenimento di un elevato grado di fiducia comporta la considerazione di diversi elementi di rigidità, a fronte di benefici anch’essi non facilmente misurabili (nella tabella che segue sono riportati alcuni esempi).

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Thorgren, Wincent 2011

Proprio a causa della natura intangibile della questione della fiducia sorgono spontanee alcune domande in relazione al mondo dei VBE (Msanjila, Afsarmanesh 2008):

1. Il livello di fiducia di un’organizzazione può essere misurato in un VBE?

2. La fiducia può essere misurata quantitativamente? Se sì, come?

3. Le organizzazioni nel VBE hanno sempre gli stessi obiettivi e prospettive rispetto alle loro relazioni di fiducia reciproche?

4. Quali e quanti criteri usare per misurare il livello di fiducia di un’organizzazione nel VBE?

Nella letteratura vi sono articoli che tentano di rispondere a queste domande proponendo approcci il più possibile basati sui fatti (fact-based) anziché sulle opinioni (opinion-based) relativamente alla questione della fiducia che è invece molto influenzata dalla soggettività.

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I modelli proposti considerano gli elementi generali della fiducia relativamente al VBE o cercano di identificare dei criteri basati su un’analisi gerarchica delle relazioni (come si vede negli esempi che seguono).

Msanjila, Afsarmanesh 2008

Msanjila, Afsarmanesh 2008

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Romero, Molina 2009

Tuttavia ogni tentativo di modellizzare la gestione della fiducia finisce con l’essere al massimo un insieme di linee guida generali, poiché la scelta di criteri con cui misurare la fiducia stessa dipende fortemente anche dagli obiettivi specifici della collaborazione considerata.

In più, oltre a queste difficoltà, andrebbero anche considerati eventuali comportamenti inter- organizzativi che sono negativi per l’instaurazione di qualsiasi tipo di fiducia, come i conflitti di interesse o i favoritismi (presenti negli esempi alla pagina seguente tratti da Rosas e Camarinha- Matos).

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Rosas, Camarinha-Matos 2009

Dopo aver visto quali siano i fattori critici relativi alla sfera comportamentale passiamo ad un’altra categoria di fattori abilitanti: quella relativa alle forme di collaborazione.

6.3 Forme di collaborazione

Un altro fattore abilitante per la creazione e il mantenimento di un VBE sono le collaborazioni reciproche fra le organizzazioni, che possono consistere in processi di co-produzione o co- innovazione anche con i clienti.

Lo sviluppo di queste forme di collaborazione facilita notevolmente le relazioni inter-organizzative, nell’ottica di sviluppare un ambiente basato sulla condivisione di strategie e su meccanismi di reciprocità.

Il VBE rappresenta infatti un’associazione di organizzazioni (con eventualmente le relative istituzioni a supporto) che aderiscono ad una cooperazione a lungo termine e adottano principi operativi e infrastrutture comuni, con il principale obiettivo di migliorare la preparazione nel configurare rapidamente alleanze temporanee (che possono concretizzarsi nella creazione di VO) per rispondere a specifiche opportunità di business (Abreu, Camarinha-Matos 2008).

Non stupisce quindi che parte della letteratura attinente all’ambito dei VBE si sia interessata delle forme di collaborazione e dei meccanismi di reciprocità, talvolta con un approccio più generale e talvolta in modo specifico.

Abreu e Camarinha-Matos, ad esempio, sono partiti dalla considerazione di meccanismi di reciprocità e collaborazione generali, che è utile per individuare a livello macro gli elementi chiave su cui si basano anche le forme di collaborazione più specifiche.

Nella tabella seguente vengono riportati gli esempi tratti da Abreu e Camarinha-Matos (2008).

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Abreu, Camarinha-Matos 2008

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L’evolversi delle forme di collaborazione comporta anche un mutamento nelle forme di innovazione, costituendo un elemento di vantaggio competitivo per le aziende.

Secondo Lee, Olson e Trimi (2012) l’innovazione ha infatti percorso 4 gradini evolutivi strettamente connessi con il progressivo impiego migliori forme di collaborazione:

1. Closed innovation: le organizzazioni cercano di ottenere competenze core esclusive per ottenere vantaggi competitivi.

2. Collaborative innovation: si adottano nuove forme di partnership e alleanze, soprattutto grazie all’introduzione delle ICT

3. Open innovation: la collaborazione finalizzata all’innovazione viene estesa al di fuori delle imprese, coinvolgendo anche università, comunità scientifiche, individui.

4. Co-innovation: al giorno d’oggi i nuovi canali di comunicazione e i social network rendono possibili il crowdsourcing e l’intelligenza collettiva. La co-innovation è un imperativo per le aziende che voglio competere ad alti livelli nei mercati globali.

Closed innovation (Lee, Olson, Trimi 2012)

Collaborative innovation (Lee, Olson, Trimi 2012)

Open innovation (Lee, Olson, Trimi 2012)

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Co-innovation (Lee, Olson, Trimi 2012)

L’evoluzione dei processi di innovazione collaborativa deve necessariamente passare attraverso il superamento di alcune barriere, che possono essere di varia natura: alcune sono barriere temporali, altre barriere di tipo organizzativo, altre ancora sono barriere culturali oppure legate alla conoscenza.

Esistono dei rimedi per superare questi ostacoli, ma tali rimedi comportano a loro volta nuove sfide da affrontare.

Swink 2006

Una volta superate le barriere, le organizzazioni coinvolte nel processo di co-innovazione trarranno benefici dalla catena del valore che li coinvolge.

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Bonney, Clark, Collins, Fearne 2007

L’attuazione della co-innovation può realizzarsi anche attraverso l’impiego di nuove forme e strumenti di collaborazione, di cui vengono riportati a seguire alcuni esempi tratti da Camarinha- Matos (2009).

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Camarinha-Matos 2009

In definitiva la collaborazione può essere vista come il bilanciamento di 4 elementi costitutivi principali:

 Strategia

 Cultura

 Struttura organizzativa

 Processi di business e infrastrutture

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Verdecho, Alfaro-Saiz, Rodriguez-Rodriguez, Ortiz-Bas 2012

6.4 Altri fattori abilitanti

Oltre a quelli visti fino ad ora, la letteratura analizzata ha considerato talvolta anche altri fattori abilitanti o elementi influenti relativi all’ambito dei VBE.

Questi elementi non rientrano in una delle categorie precedenti o perché difficilmente classificabili e complessi o perché sono stati presi in esame soltanto da pochissimi articoli (a volte anche uno solo) ma sono stati comunque ritenuti degni di essere menzionati.

Ad esempio, un elemento intangibile che influenza il tipo di conoscenza condivisa nelle comunità virtuali è la cultura nazionale, cioè il bagaglio di tradizioni e conoscenze comune a tutte le persone che vivono in un determinato paese.

Intuitivamente è plausibile ipotizzare che la cultura nazionale di un determinato stato abbia degli effetti sulle interazioni fra le comunità virtuali che nascono all’interno di esso, ma dimostrare che questo è vero non è altrettanto semplice.

Keng, Erickson e Fiona Fui-Hoon hanno condotto uno studio nel 2010 proprio per verificare gli effetti della cultura nazionale sul processo di knowledge sharing nelle comunità virtuali.

Essi hanno selezionato 18 comunità virtuali cinesi e statunitensi appartenenti tutte al dominio di Yahoo (yahoo.com oppure yahoo.com.cn), in modo da poterne valutare le differenze.

Due sono i motivi di questa scelta del campione:

1. In tutti e 18 i casi si tratta di gruppi che eseguono attività di knowledge-sharing con elevata frequenza

2. Sono comunità virtuali corrispondenti, ovvero sono gruppi di Yahoo di una nazione che hanno una corrispettiva controparte nel dominio Yahoo dell’altra nazione.

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Attraverso l’analisi di questi casi di studio gli autori hanno riscontrato delle differenze tra le comunità virtuali della Cina e quelle degli Stati uniti:

 Le comunità virtuali americane scambiano più messaggi di knowledge-sharing rispetto a quelle cinesi.

 Le comunità virtuali cinesi offrono meno messaggi di disseminazione della conoscenza rispetto a quelle americane.

 La proporzione tra i messaggi di knowledge-acquisition e quelli di knowledge-sharing delle comunità virtuali americane è diversa da quella delle comunità virtuali cinesi.

La ricerca fornisce quindi degli elementi empirici per poter sostenere che la cultura nazionale influenza il tipo di conoscenza che viene scambiata all’interno delle comunità virtuali.

Questo ambito è tuttavia molto sfaccettato ed inoltre le influenze dovute alla cultura nazionale sono un elemento che le singole organizzazioni possono limitarsi a considerare, ma non possono ovviamente gestire.

Per questi motivi la letteratura lascia spesso da parte queste problematiche per concentrarsi sugli elementi che le aziende possono controllare e che di conseguenza è più utile approfondire nell’ottica di ottenere vantaggi competitivi.

L’esempio considerato relativamente alla cultura nazionale ha soprattutto lo scopo di far riflettere su una questione: il fatto che un’azienda non possa influenzare un elemento non significa che esso non possa influenzare la vita dell’azienda.

In altre parole, esistono fattori abilitanti che le organizzazioni non possono controllare, ma che devono comunque conoscere poiché essi sono in ogni caso presenti e possono incidere anche pesantemente sullo sviluppo delle imprese e dei loro processi di business.

Alla pagina seguente vengono riportati esempi relativi ai possibili fattori critici di successo nell’implementazione di sistemi integrati che supportano la collaborazione intra-aziendale e inter- aziendale.

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Ho, Lin 2004

In conclusione, un approccio per il supporto alle decisioni relativamente alla gestione dell’evoluzione degli ambienti virtuali dovrebbe considerare varie categorie di fattori, includendo sia gli aspetti umani che quelli organizzativi e tecnologici.

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Drissen-Silva, Rabelo 2009

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