• Non ci sono risultati.

scozzese, è stata la prima volta in cui è stata presentata una proposta di questo tipo. In ogni caso, il piano per determinare un prezzo è stato

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "scozzese, è stata la prima volta in cui è stata presentata una proposta di questo tipo. In ogni caso, il piano per determinare un prezzo è stato"

Copied!
21
0
0

Testo completo

(1)

(IFS) Institute for Fiscal Studies, 2010

L’incidenza dell’introduzione di un prezzo minimo sull’alcool in Inghilterra.

Punti chiave

- Il Ministero Scozzese della Salute ha proposto di recente un prezzo minimo di 45 pence (0,64 euro) per unità di alcolici, come parte di un più ampio trattato sull’alcol, anche se il provvedimento è stato bloccato in fase di commissione e ora potrebbe non

essere introdotto.

- Tenendo in considerazione i dati sugli acquisti per famiglia nel 2007, si stima che la tassa minima di 45 pence per unità di alcolici darebbe buoni risultati con i spostamenti di denaro a chi produce alcolici e ai piccoli commercianti off license* ; si tratta di 700 milioni di sterline che si produrrebbero in tutta la Gran Bretagna. Questo processo contrasterebbe l’aumento delle tasse sull’alcool, cosa che si risolverebbe in trasferimenti alle casse dello stato nella forma di tassa erariale, di cui c’è più bisogno.

- In termini di denaro chi avrà maggiori guadagni saranno Tesco, che guadagna circa 230 milioni di sterline, Asda, con 130 milioni di sterline, e poi Sainsburys, con 100 milioni di sterline, anche se parte del denaro sarà condiviso con i produttori. In proporzione, i guadagni maggiori saranno fatti dai supermercati a basso costo e dai discounts, che vendono la più grande parte di alcolici al di sotto del prezzo limite di 45 pence.

- Quasi l’85% di unità di alcolici vendute nel 2007 sono state vendute al dettaglio a meno di 45 pence. Questo significa che il prezzo minimo a quel livello coinvolgerebbe la maggior parte delle famiglie che comprano alcolici.

- Il genere di alcolici maggiormente colpiti saranno la birra col 91% di unità vendute al di sotto dei 45 pence, il sidro, col 90%, superalcolici (87%) e il vino con l’84%. Solo il 9% degli alcolpops sono venduti al di sotto di 45 pence.

- La media di unità di sidro venduta a soli 25 pence messa a confronto con i 33 pence della lager. La media delle unità di alcolpops è stata venduta a 69 pence.

- Le fasce familiari meno abbienti comprano meno facilmente alcolici, ma quando lo fanno pagano prezzi minori rispetto alle famiglie benestanti. Le famiglie con reddito al di sotto di 10 000 sterline pagano una media di 34 pence per unità rispetto ai 41 della fascia al di sopra dei 60 000 sterline

- Supponendo un’oscillazione media per la domanda di generi alcolici di -0.5 valida per tutte le famiglie, un prezzo minimo di 45 pence ridurrebbe di quasi 25% il consumo di alcool di famiglie con reddito al di sotto dei 10000 sterline. Le fasce più alte vedrebbero questo dato ridursi del 12%.

- Le famiglie che comprano molti articoli alcolici non solo comprano più unità, ma acquistano anche quelli meno cari. Quelle che comprano meno di 2 unità per adulto a settimana pagano più di 40 pence per unità, rispetto ai 32 pence di quelle che comprano più di 35 unità per adulto a settimana.

- La riduzione relativa più consistente di consumo si vedrebbe per coloro che comprano molti alcolici. Coloro che consumano più di 35 unità la diminuirebbero del 25%, mentre chi ne consuma meno di 9 la vedrebbe diminuire di circa 14% o 16%.

- Il prezzo minimo sposterebbe denaro dal consumatore ai rivenditori e produttori, mentre le tasse più alte sull’alcool permetterebbero ai guadagni di essere sfruttati dal governo. Le direttive europee controllano le strutture di questo tipo di tasse. Ciò significa che le tariffe delle tasse per unità sarebbero più basse per vini ad alta gradazione e per il sidro. Attualmente si potrebbe provare a fare un cambiamento per permettere alle tasse di essere impostate direttamente sul contenuto alcolico per tutti i tipi di alcool.

* Nel testo vengono mantenute per questioni di sinteticità le espressioni ON LICENSE e OFF LICENSE. La prima sta a indicare gli alcolici da consumare nei pub, bar o altri locali.

La seconda espressione indica i prodotti da comprare in negozio e da consumare a casa.

INTRODUZIONE

Il 2 settembre 2010, il Segretario del Ministero Scozzese della Salute, Nicola Sturgeon, ha proposto un prezzo minimo di 45 pence sulle partite di alcolici. Determinare un prezzo era parte di un più ampio Trattato sull’Alcool proposto davanti al Parlamento

(2)

scozzese, è stata la prima volta in cui è stata presentata una proposta di questo tipo. In ogni caso, il piano per determinare un prezzo è stato abolito dall’assemblea e potrebbe non avere futuro, benché la minoranza del SNP Government supporti questa proposta. I 45 pence proposti sono leggermente inferiori rispetto ai 50 richiesti l’anno scorso da Sir Liam Donaldson, ufficiale medico superiore. Negli ultimi mesi si sono trovati nuovi sostenitori nel Comitato della Salute della Camera dei Comuni, nel Royal college of phisicians e nel National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). Un’unità di alcool equivale a 10 ml di alcool puro. La quantità di unità in un prodotto dipende quindi dal rapporto in percentuale tra il volume del prodotto e dalla gradazione alcolica (alcohol by volume) (ABV). Per fare degli esempi:

A. un prezzo minimo di 45 pence significherebbe che una bottiglia di vino da 75 cl al 12% non potrebbe costare meno di 4,22 sterline;

B. una bottiglia di birra da 56 cl al 4% non potrebbe essere venduta a meno di 1.02 sterline;

C. il prezzo di un litro di superalcolici al 40% di gradazione alcolica non potrebbe andare sotto le 18 sterline.

In questo excursus verranno utilizzati dati precisi sull’acquisto al dettaglio di più di 25000 famiglie durante il 2007, usati per registrare gli acquisti nei supermercati e nei rivenditori off license. Si potranno così calcolare le conseguenze dell’imposizione di un prezzo minimo di 45 pence per unità e descrivere come famiglie e compratori reagiscano in modo diverso. I calcoli si basano su una certa quantità di assunti sui consumatori e sui loro comportamenti: si possono considerare più precisi i calcoli su un particolare campione di famiglie. Le famiglie prese in considerazione sono un esempio della media inglese e viene applicato un prezzo minimo che varrebbe su scala nazionale.

Oggi sembra improbabile che il prezzo minimo riceva il supporto necessario da parte del Parlamento Scozzese affinché diventi legge, e non c’è nessun indizio che una politica simile venga attuata anche in Inghilterra e nel Galles. In risposta alla chiamata di Sir Liam per il sostegno del prezzo minimo sull’alcool, il primo ministro Gordon Brown ha replicato che non ci si vuole sobbarcare del peso delle reazioni dei bevitori ‘moderati’

che pagherebbero di più per gli eccessi di una minoranza. L’odierno segretario di stato per la salute Andrew Lansley è apparso scettico riguardo al prezzo minimo appellandosi ad un articolo del NICE del 2010 che afferma che non è sicuro che all’aumento del prezzo di quel tipo di prodotto diminuisca la domanda. Tuttavia, provvedimenti precedenti per garantire la salute, come il divieto di fumare in luoghi pubblici, sono stati introdotti in Scozia prima di essere estesi all’intero Regno Unito. Mentre non sembra crescere il consenso politico per prezzi più alti in Gran Bretagna, tuttavia le tasse sull’alcool hanno continuato a crescere. Per esempio ci fu un aumento consistente del 6% nel 2008, del 2% nel 2009 e nel 2010 con una prospettiva di aumenti del 2%

ogni anno fino al 2014. Questi aumenti si scontrano chiaramente sulle spese dei bevitori

‘responsabili e moderati’, ma il prezzo minimo rimpinza anche il governo: una crescita reale dell’1% su tutte le tasse si ritiene possa procurare un incremento intorno ai 55 milioni di sterline, tenendo in conto i cambiamenti stimati sul consumo di alcol.

Le prime osservazioni riguardo alle conseguenze del prezzo minimo sull’alcool includono due studi, quello di Meier et al (2008) e di Meier et al (2009), condotti dalla School of Healt and Related Research (ScHARR) e dall’University of Sheffiels, commissionati dal gruppo Scottish Healt Action on Alcohol Problems (SHAAP) e analizzati dal NHS Health Scotland. Uno studio dell’IFS al tempo della proposta di Sir Liam Donaldson ha esaminato alcuni aspetti. Di questo si parlerà nella 5° parte. Gli studi di Shieffield e della SHAAP usano dati più disomogenei riguardo al consumo di alcool e talvolta, per qualche genere alcolico, vengono precisati anche i dati sulla gradazione alcolica.

L’articolo di Healt Scotland invece non fa riferimento alle condizioni economiche delle famiglie e alle loro abitudini di consumo.

La parte che segue è suddivisa in questo modo. La sezione 2 fornisce alcune informazioni generali su prezzi, tasse e consumo. La sezione 3 è un sommario di vendite e prezzi. La sezione 4 esamina le conseguenze dell’imposizione del prezzo minimo di 45 pence su famiglie e fornitori. La sezione 5 fa un’analisi critica della riuscita o meno di questo metodo. La sezione 6 trae alcune conclusioni.

(3)

2. Informazioni generali

Prima di presentare l’analisi dei dati sulle famiglie, verranno date delle informazioni statistiche generali su prezzi, tasse e sul livello dei consumi. Tutto ciò mostra che i prezzi dell’alcol off license si è abbassato rispetto ad articoli scontati o ai prezzi di altri prodotti. Le tasse sugli alcolici nel Regno Unito si erano abbassate in termini reali fino al 2008, poi hanno iniziato a crescere e per questo il consumo di alcolici in Gran Bretagna è alto, soprattutto se paragonato ad altri paesi OECD, ma sono calati negli ultimissimi anni.

Prezzi

Negli ultimi dieci anni il prezzo dell’alcool venduto off license si è abbassato radicalmente sia rispetto a prezzi on license sia rispetto a prezzi di altri prodotti. Le immagini 2.1 a e 2.1 b mostrano l’indice dei prezzi dell’alcool e il guadagno medio rispetto all’inflazione (misurato secondo i metodi RPI), prima per la birra e per il sidro e poi per il vino e per i superalcolici. A partire dal 1990 il prezzo di birra e sidro venduti off license è diminuito di quasi 30% se paragonato alla media dei prezzi, mentre il prezzo della birra venduta on license è aumentato del circa 30%. Il prezzo reale del vino e superalcolici venduti off license si è abbassato tra 1990 e 2008 benché da quel momento abbia iniziato a salire leggermente, invece il prezzo on license è salito di circa il 20%. Sia per la birra sia per il vino e per i superalcolici, la totalità dei prezzi si è livellata dietro la crescita del guadagno reale durante questo periodo.

Figura 2.1: Indici dei prezzi dell’alcool e media dei guadagni relativi ai termini RPI, Gennaio 1990-Giugno 2010 (Gennaio 1990=100)

(4)

Sembra che questa differenza di prezzi abbia contribuito al cambiamento delle abitudini nel bere, con la frazione di alcolici venduti off license che ha avuto un aumento del 50%

nel biennio 2001-2002 fino ad un 61% nel 2008.

Tasse sugli alcolici

Le tasse sull’alcol e l’IVA costituiscono una parte importante del prezzo degli alcolici. Le tasse, in particolare quelle sui superalcolici, sono diminuite in termini reali negli ultimi 20 anni (figura 2.2), ma sono cresciuti negli ultimi tempi per una politica che li vide salire del 6% in Budged 2008 con ulteriori rialzi del 2% che sono destinati ad aumentare fino ad almeno il 2014. Questi aumenti lasceranno le tasse reali sui superalcolici all’incirca al livello in cui erano nel 1997/1998: le tasse sulla birra, al contrario, saranno ai loro livelli più alti da più di 30 anni.

Figura 2.2: indici delle tasse reali sull’alcool, 1982/1983-2010/2011 e previsioni del 2014-2015 (prezzi del 2010/2011, del 1982/1983=100)

(5)

Le accise variano a seconda del tipo di alcolico venduto e in alcuni casi dipendono dalla gradazione percentuale misurata sull’alcolico in rapporto al volume (ABV). I tassi attuali sono di 41 pence per una bottiglia da 56 cc di birra a 4,2 % ABV, 1.69 sterline per 75 cl di vino 12,5 % ABV e 6.66 sterline per una bottiglia di superalcolici a 40%

ABV. Le tasse sull’alcool sono oggetto di discussione delle direttive europee che ne sanciscono i limiti. Esse stabiliscono la base sulla quale si possono imporre tasse per i diversi tipi di alcool e i tassi minimi sugli alcolici. In particolare per il vino reso più alcolico, sidro e perry, l’ammontare delle tasse dipendono dal volume del prodotto e non dalla gradazione almeno all’interno della fascia di alcolici forti. Per quanto concerne la birra e i superalcolici la tassa dipende sia dal volume che dalla gradazione. Quindi una bottiglia di 500 ml di birra al 5% verrebbe aggravata di una tassa di 43 pences, mentre la medesima quantità di birra al 10% ne avrebbe una di 86 pence. Ciò significa che la tassa per unità di alcool rimane invariata. Una bottiglia di vino al 9% ABV si grava della stessa tassa di una bottiglia al 14%. Significa che il tasso per unità diminuisce.

Assunzione di alcolici

Le cifre fornite dal governo dell’Inghilterra mostrano che nel 2008 la media degli uomini ha consumato 16,8 unità e la media delle donne ha assunto 8.6 unità a settimana. Si evidenzia anche che il 28% degli uomini e il 19% delle donne ha assunto più della quantità consigliata, rispettivamente di 21 e 14 unità. Negli ultimi anni la quantità di adulti e di giovani che ha ammesso di bere è leggermente diminuita (figura 2.3). Tra il 1998 e il 2008 la quantità di uomini che ha riferito un consumo di alcolici si è abbassata dal 75% al 71%, per le donne dal 59% al 56% e per i giovani di 11/15 anni dal 21% al 18%.

Figura 2.3: quantità di adulti e giovani che ha dichiarato di aver assunto alcolici l’ultima settimana, Inghilterra 1998-2009

(6)

I dati della OCED permettono un paragone tra nazioni sulla quantità di alcool assunta in un periodo di tempo. Per il Regno Unito quest’immagine mostra che la quantità annuale di alcolici a persona (a partire dai 15 anni) è aumentata da 6.1 litri nel 1965 a 9.8 litri nel 1979; questo quadro rimane pressoché invariato fino al 1998, quando il livello sale ancora fino al picco del 2004 (11.5 litri), poi diminuisce leggermente fino a 10.8 litri nel 2008. La figura 2.4 mostra la quantità annuale pro capite per il Regno Unito paragonata ad altri sei grandi paesi industrializzati: la Gran Bretagna ha assistito ad un aumento netto e sostenuto nel periodo fino al 1992. Paragonato con 22 economie OECD, per le quali questi dati sono compatibili in questo periodo, il Regno Unito è salito dalla 12° posizione per assunzione di alcolici nel 1992 al 6° posto nel 2008.

Figura 2.4: dati internazionali sulla quantità di litri alcolici pro capite, 1992-2008

3. Vendite di alcolici e i loro prezzi Per analizzare gli effetti del prezzo minimo vengono presi in considerazione i dati dal

“Worldpanel” della compagnia di ricerche sul mercato Kantar. I dati registrano le vendite di una campione rappresentativo di famiglie inglesi. Si useranno dati che coprono un periodo di 52 settimane, da metà novembre 2006 a metà novembre 2007, il periodo per noi più adatto. Il campione di 25248 famiglie riporta costantemente i propri acquisti.

I dati riportano le vendite di alcool e non l’assunzione, benché i due aspetti siano

(7)

collegati. I dati sono registrati a livello familiare, infatti non si sa chi compri o consumi il prodotto alcolico.

Per calcolare l’unità alcolica bisogna conoscere la gradazione (ABV) e il volume di ogni prodotto. Il volume è noto. Per la birra, il sidro, la birra chiara e alcolici in lattina, è anche possibile conoscere precisamente la gradazione. Per il vino e i superalcolici la gradazione si è ottenuta da chi li ha prodotti o grazie a siti web; quando questo non è stato ottenibile sono stati utilizzati conversioni standard dei fattori per mezzo dell’ONS . Si tratta di una serie di tabelle sulla gradazione alcolica per diversi tipi di alcool. Nel caso del vino è stata usata la media del 12.5% ABV. Il cambiamento dell’assunzione di alcool verrà trattato nella sezione 5.

Per una serie di motivi e in comune ad altre fonti di dati, è possibile che i dati non rilevino le vendite di alcolici off license. Tuttavia vengono qui utilizzate le vendite a peso che tengono conto di questo aspetto e del calcolo dell’ammontare lordo delle vendite nazionali.

I dati si rifanno al 2007. Si può osservare cosa è cambiato da quel momento e come possa aver influenzato le nostre stime riportate nella sezione 5. Nello studio sul prezzo minimo non vengono qui tenuti in considerazione gli effetti sui prezzi dell’inflazione dal 2007 ad oggi. Per esempio non sono state fornite indicazioni precise sullo “Scottish Alcohol Bill”, su se e come il prezzo minimo potrà essere aumentato nel tempo tenendo conto dell’inflazione. Se il prezzo non venisse aumentato, allora nel tempo l’impatto diminuirebbe. Se invece fosse aumentato, allora ci potrebbero essere dubbi se farlo incrementare in linea con il resto dei prezzi, solo con i prezzi sugli alcolici o con gli alcolici off license.

I dati registrano la vendita di più di 11.8 milioni di alcolici off license nel 2007. La tabella 3.1 lo dimostra tenendo conto dei tipi di alcolici e come queste unità siano prezzate.

Tabella 3.1 unità di alcool vendute e prezzo degli alcolici per tipologia, 2007

Il vino è la categoria più ampia dal momento che rappresenta più di un terzo di tutte le unità vendute. Più di un quarto di unità sono di superalcolici, e quasi il 20% sono di birra.

La maggior parte di unità di alcool, l’85%, erano prezzate al di sotto dei 45pence nel 2007. Circa il 90% delle unità di birra e superalcolici si trovavano al di sotto di questa soglia: appena al di sotto dei 45 pence c’erano i due terzi della birra (compresi birre amare, ales e birra scura). L’unica tipologia in cui la maggioranza di unità si trovava al di sopra il limite è quella gli alcopops, dove solo il 9% di unità era venduta al di sotto questo prezzo. In ogni caso, questo tipo di alcolici rappresenta solo l’1% di tutte le unità alcoliche vendute e registrate nei dati.

Mediamente ogni unità di alcol è stata rivenduta off license a 36 pence, all’incirca 9 pence al di sotto del minimo proposto, ma c’è stata una variazione significativa tra i diversi tipi di alcool, con i prezzi del sidro a 20 pence al di sotto della soglia e i prezzi della birra di appena 2 pence al di sopra della media.

La Tabella 3.2 mostra esempi di prodotti di marca all’interno di ogni categoria e quanto diffusamente erano venduti al di sotto di 45 pence per unità. All’interno di ogni categoria ci sono prodotti che erano venduti sempre o quasi al di sotto dei 45 pence,

(8)

alcuni che erano venduti raramente o mai al di sotto di 45 pence e alcuni che variavano forse perché il loro prezzo è molto vicino al limite o perché erano spesso venduti in promozione. Le confezioni multiple si trovano molto facilmente al di sotto di 45 pence per unità (per esempio, 20 bottiglie da 440 ml di John Smith erano sempre sotto il livello, mentre una confezione da quattro era al di sotto solo un terzo delle volte);

articoli più alcolici all’interno di una categoria sono più spesso venduti a basso prezzo per unità (per esempio, il Bayles che è relativamente meno forte e contiene il 17% ABV, non era mai al di sotto di questa soglia).

Tabella 3.2 prodotti alcolici di marca e frequenza d’acquisto <45 pence per unità

(9)

Forse risulta più interessante riflettere sulle possibili conseguenze di un prezzo minimo considerando quanto sia venduto al di sotto dei 45 pence. Nella Tabella 3.1 si può vedere che c’è una considerevole differenza tra vari tipi di alcolici sulla media nel prezzo di vendita per unità. La Figura 3.1 fornisce un quadro della distribuzione dei diversi tipi di alcool. Le linee rosse sono i prezzi al di sotto dei 45 pence; i colori più scuri sono prezzi molto al di sotto e sono soggetti ad aumenti considerevoli seguendo la politica del prezzo minimo. Le parti verdi e puntinate sono al di sopra di 45 pence mentre le linee con colori più scuri sono molto al di sopra di quel valore.

Si può notare una grande variazione nella distribuzione dei prezzi per unità per i diversi generi alcolici. Si possono fare dei paragoni interessanti tra sidro e birra. In entrambi i casi quasi il 90% di unità sono vendute al di sotto di 45 pence. Invece, quasi il 43% di unità di sidro sono vendute a meno di 20 pence, e ciò significa che il prezzo si è praticamente raddoppiato in risultato a questo metodo. Dall’altro lato, solo il 3% di unità di birra venduta a meno di 20pence. Un altro caso interessante è quello dei vini frizzanti: circa tre quarti di unità sono state vendute a meno di 45 pence, ma c’erano sia quantità vendute a molto poco (40% di unità a meno di 20 pence) sia unità molto care (8% di unità a più di 1 pound), perché nella stessa categoria si trovavano champagnes costosi e perry economici. Un prezzo minimo di 50 pence avrebbe un effetto relativamente grande su birre e fabs (tipo di birra), ma conseguenze minime per le altre categorie. Invece un prezzo minimo di 40 pence diminuirebbe radicalmente gli effetti su vino e birra.

Figura 3.1 distribuzione del prezzo per unità di alcool in diversi tipi di alcolici, 2007

La figura 3.2 mostra la distribuzione cumulativa di prezzi per unità di alcool per ogni tipo di alcolico. L’asse orizzontale segna il prezzo mentre quella verticale indica la percentuale di unità totali per ogni tipologia di alcolico che costa meno del prezzo. La linea rossa indica 45 pence per unità. Questa figura inoltre dimostra chiaramente che mentre la proporzione di unità di birra e sidro sotto i 45 pence è molto simile, ci sono più unità di sidro molto economiche rispetto alle unità di birra.

Quasi un quarto delle unità alcoliche contenute nel vino costa tra i 40 e i 45 pence. In questi dati non si tiene conto della gradazione di ogni vino e si usa per ogni tipo una gradazione media, basata sulle stime ONS. Se infatti molti vini fossero meno alcolici allora la stima delle unità di vino coinvolte non sarebbe valida. Si parlerà di questo nella sezione 5.

Figura 3.2 distribuzione cumulativa del prezzo per unità di alcool in pence, 2007, per tipologie di alcolici.

(10)

Vendite e prezzi di generi alcolici per tipo di nucleo familiare Redditi delle famiglie

In questa sezione di procede facendo un quadro del rapporto tra redditi delle famiglie e acquisti dei alcolici. Nel Kantar Worldpanel 2007, i redditi sono registrati in otto fasce di 10000 sterline; ciascuna per un gruppo di circa due terzi delle famiglie; non sono stati riportati dati per l’altro terzo di famiglie, considerato che sono incluse nella fascia finale della tabella 3.3 che mostra i risultati di tutte le famiglie.

Tabella 3.3: come le famiglie comprano alcolici in base ai loro redditi , 2007

(11)

Le famiglie più ricche comprano alcolici molto più frequentemente. L’80% di famiglie al di sotto di 10000 sterline ha comprato alcolici almeno una volta nel 2007, rispetto invece a quasi il 95% di alcolici comprati dalle famiglie della fascia più alta.

Includendo anche le famiglie che non ne comprano, i dati mostrano che le famiglie più povere in media spendono circa il 6% del budget riservato all’acquisto di provviste in alcolici e ne comprano l’equivalente di circa 4.9 unità per adulto ogni settimana. Il budget riservato agli alcolici aumenta con l’aumento del reddito, raggiungendo circa il 9% per la fascia dei 50 000 sterline. La media di unità alcoliche a settimana per adulto si alza in modo significativo a 5.7 per coloro che si collocano tra 10000 e i 20000 sterline all’anno, e pian piano aumenta con il guadagno. Questo dato sembra stabilizzarsi a circa 6 unità per le famiglie più ricche. Se si considerano le famiglie che non comprano alcool, non c’è un collegamento preciso tra ricchezza e in numero di unità per adulto comprate a settimana.

Non sorprende che il prezzo pagato per i generi alcolici aumenta con l’aumento del guadagno. La media di famiglie ricche non compra più quantità di alcolici off sales rispetto alle famiglie meno abbienti (a eccezione delle famiglie veramente al limite del guadagno), ma il fatto che comprino alcolici più costosi aiuta a spiegare perché il budget riservato agli articoli alcolici continui a salire con il guadagno persino quando il numero di unità comprate si stabilizza. Per le famiglie al di sopra dei 70000 sterline, la media dei prezzi per unità è del 20% superiore di quelle al di sotto dei 10000 sterline

(rispettivamente 41 sterline e 33.9 sterline).

La figura 3.3 mostra la distribuzione dei prezzi per unità di alcool pagata dalle famiglie con differenti livelli di guadagno. Oltre gli 88% di unità comprate dalla fascia al di sotto dei 10000 sterline erano al di sotto del minimo proposto di 45 pence, paragonato a meno dei tre quarti di quelle famiglie il cui guadagno è oltre ai 60000 sterline. Per la fascia al di sotto dei 20 000 sterline quasi un’unità alcolica su cinque costa meno di 25 pence. Posto il minimo a 40 pence, la differenza tra fasce si noterebbe ancora di più; un prezzo minimo di 60 pence renderebbe la differenza meno evidente.

Figura 3.3: distribuzione dei prezzi per unità di alcool per fasce, 2007

(12)

Le famiglie possono pagare prezzi diversi per diverse ragioni: famiglie povere possono acquistare gli alcolici più economici come il sidro, piuttosto che la birra, oppure possono pagare prodotti più alcolici, ma meno costosi all’interno della categoria. Osservando le categorie alcoliche, si nota che il prezzo per unità tende a salire con i guadagni. In alcuni casi le differenze sono notevoli: per esempio la fascia al di sopra dei 70000 sterline paga una media di 33.6 pence per unità di sidro, rispetto ai 21.1 pence per la fascia al di sotto dei 10000 sterline. In altri casi la situazione è poco diversa:

rispettivamente 43.3 pence e 42.7 pence per la birra. La categoria della birra chiara è l’unica per cui non c’è un chiaro legame tra prezzo e reddito.

Un segno di cambiamento si vede anche nei tipi di alcolici comprati mentre aumentano i guadagni; in particolare le famiglie più abbienti comprano molto più vino e meno superalcolici. Per i gruppi meno abbienti il 40% di unità sono i superalcolici e il 28% di vino; per la fascia più alta, il 16% di unità sono di superalcolici e il 52% di vino.

I superalcolici sono in media leggermente meno costosi per unità rispetto al vino.

Questo è uno dei motivi per cui ci sono differenze nei prezzi lungo le fasce di reddito.

Non ci sono dati che giustifichino che le famiglie a basso reddito comprino di solito generi alcolici in offerta: il 25% delle unità alcoliche comprate dalle fasce più basse era temporaneamente in offerta, paragonata al 32% di unità comprate dal gruppo più abbiente. Se si guarda al prezzo pagato, gli articoli in offerta comprati dalle famiglie più povere erano in media leggermente più costosi rispetto alle unità non in promozione (rispettivamente 34.2 pence e 33.8 pence). Ciò suggerisce che le offerte speciali incoraggiano le famiglie povere a cambiare marca o i tipi di alcolici. Per le famiglie più ricche i generi in offerta erano meno costosi rispetto agli articoli non in saldo (per esempio 38.8pence e 42.1 pence per la fascia oltre i 70000 sterline).

Numeri di unità alcoliche vendute per adulto a settimana

La tabella 3.5 mostra i dati sulla vendita e sul prezzo a seconda del numero di unità alcoliche di prodotti alcolici acquistati per adulto per settimana. Questi risultati escludono le famiglie che non comprano alcolici, dal momento che tutte le fasce presentano una media di acquisto, mentre le tabelle 3.3 e 3.4 le includono.

Tabella 3.5: vendite di alcolici per unità per adulto a settimana, 2007

(13)

Non sorprende che le famiglie che comprano molte unità di alcolici spendono grandi somme del loro budget per generi alcolici (le famiglie che comprano 20 unità o più per adulto a settimana destinano più di un quarto del budget per articoli alcolici). Si può notare chiaramente un legame tra la quantità di alcolici venduto e la media dei prezzi.

Coloro che comprano piccole quantità (meno di 2 unità a settimana) pagano una media di più di 40 pence paragonata ai 34 di coloro che pagano 25 unità o più. Questo significa che un prezzo minimo di 45 pence per unità alcolica colpirebbe più le unità comprate dalle famiglie che acquistano di più. Quindi un prezzo minimo influenzerebbe più facilmente

quelle famiglie che comprano grandi quantità di prodotti alcolici; non solo perchè ne comprano una quantità maggiore ma anche perchè comprano più quantità a basso prezzo.

Questo concetto è chiarito anche dalla figura 3.5 che mostra la distribuzione del prezzo per unità alcoliche per il numero di unità vendute. Per la fascia che compra meno di 2 unità a settimana per adulto, più di un quinto della totalità di unità ha oltrepassato 50 pence nel 2007, paragonata al solo 6% delle unità comprate dalle famiglie che acquistano più di 35 unità per adulto a settimana. Mentre cresce il numero di unità comprate, cresce anche la parte comprata per 25-30 pence, da un 12% di unità per coloro che comprano meno di 1 unità in media per adulto a settimana fino ad un 30% di

unità per quelli che ne comprano 35.

Figura 3.5: distribuzione del prezzo per unità di alcool per il numero di unità vendute per adulto a settimana, 2007

(14)

4.Impatto del prezzo minimo di 45 pence

In questa sezione si analizzerà l’impatto del prezzo di 45 pence per unità di alcool. Per fare questo dobbiamo spiegare una serie di assunti su come reagiscono consumatori e rivenditori. In particolare si dirà che:

· Tutte le famiglie reagiscono allo stesso modo all’aumento dei prezzi: questo perchè si ha la stessa (costante) elasticità dei prezzi sulla domanda di generi alcolici.

· Il prezzo dell’alcool a meno di 45 pence a unità aumenta fino a 45 pence; ma i rivenditori non reagiscono in altra maniera.

Si tiene conto di una media del -0.5 come variazione dell’elasticità dei prezzi sull’alcool.

Ciò significa che un aumento dei prezzi del 10 % riduce la domanda di alcolici del 5%.

Questo è un nodo centrale desunto da due recenti studi, i cui dati verranno mostrati nella sezione 5. Per poter stimare gli effetti di questa politica su ogni famiglia, è stato considerato l’aumento del prezzo per unità alcolica come conseguenza dell’applicazione del prezzo minimo e la riduzione del volume totale di prodotti alcolici venduti attribuendo un’elasticità del -0.5 alle vendite prese in considerazione. Questo significa che le famiglie che non comprano alcolici al di sotto dei 45 pence sembrano non essere intaccati dalle conseguenze, come del resto le famiglie che non comprano alcolici.

Effetti per tipo di negozio

In primo luogo si studieranno le reazioni dei diversi negozi con il prezzo minimo di 45 pence. Il prezzo minimo trasferisce denaro dai consumatori ai produttori e rivenditori attraverso prezzi più alti. In base agli assunti presi in considerazione, possiamo stimare come le spese per l’alcool cambino in diversi negozi. Si può prendere ad esempio l’importo che si trasferirebbe dai consumatori ai rivenditori e ai produttori se tutti i guadagni andassero ai rivenditori, anche se alcuni utili facilmente passerebbero ai produttori.

Il guadagnano dei diversi rivenditori dipenderebbe dalla quantità di alcol venduti e dalla quantità di prodotti alcolici al di sotto del prezzo minimo che le famiglie comprano in quel negozio. Si può però dire che tutti i consumatori reagirebbero allo stesso modo nei diversi negozi e per diversi tipi di articoli alcolici.

La tabella 4.1 riassume le stime delle conseguenze per i rivenditori con l’introduzione del prezzo minimo. Dopo tutto, si stima che questa politica potrebbe trasferire 710 000 000 sterline dai consumatori ai rivenditori e produttori (vai alla fascia 6). Vengono qui selezionate famiglie che registrano acquisti in almeno 3-4 settimane nel 2007. Ciò significa che la somma globale è da considerare leggermente più alta.

Negozi diversi guadagnano diversamente. Chi tra tutti guadagna di più è Tesco, circa 230 milioni di sterline, Asda (130 milioni) e Sainsburys (100 milioni). Questi sono i più

(15)

grandi rivenditori di alcolici. Si può facilmente dedurre perché guadagnerebbero di più in termini di denaro. Le entrate più abbondanti relative agli sconti sono prodotte dai prezzi bassi che permettono di vendere la parte più ampia dei generi alcolici sotto il limite di 45 pence. I guadagni minori sono registrati da Waitrose and Marks &Spencer, perché vendono meno unità al di sotto del prezzo minimo.

Tabella 4.1: impatto stimato di 45 pence/unità, dal punto di vista dei negozi

Effetti per tipo di nucleo familiare

Consideriamo l’impatto che questa politica avrebbe sulle diverse tipologie di famiglie. Come si è visto nella sezione precedente, la grande maggioranza di unità alcoliche è stata venduta per meno i 45 pence nel 2007, quindi un prezzo minimo colpirebbe la maggior parte delle famiglie che comprano alcool scontato.

L’attenzione si incentra sulle conseguenze del consumo di alcool, in base all’assunto discusso sopra di come le famiglie e le aziende reagiscono alla manovra. Vengono inoltre presentati i possibili cambiamenti nell’acquisto settimanale di articoli alcolici messi in atto da diversi gruppi di famiglie in risposta al prezzo minimo.

Prendiamo in considerazione l’impatto sulle famiglie a seconda della quantità di alcool che comprano. La tabella 4.2 riporta questi risultati. Le prime tre colonne mostrano le conseguenze che riguardano l’assunzione di alcolici. In media, tra tutte le famiglie il consumo si abbasserebbe di circa il 19% in risposta al prezzo minimo. Le famiglie che comprano più unità alcoliche riscontrano la maggiore riduzione del consumo, perché comprano più articoli al di sotto del prezzo minimo. Queste famiglie vedono variare il prezzo in modo più consistente. In media le spese per unità di alcol aumenterebbero di 35 pence a settimana o, all’anno, di 18 sterline; considerando le spese per gli alimenti si riscontra un aumento del 0.7%. Le famiglie che comprano di più articoli alcolici subiscono gli aumenti maggiori sia relativi che assoluti.

Tabella 4.2: impatto del prezzo minimo di 45 pence/unità per unità vendute a persona a settimana

(16)

Fonte: Dati calcolati da Kantar World Planet per l’anno 2007.

Note: Nuclei familiari che comprano qualsiasi tipo di alcolico. Il gruppo di 2-3 unità per esempio significa compra più di 2 o almeno 2 unità ma meno di 3. L’ultima colonna presenta la percentuale delle spese prima dell’adozione di questa politica.

L’immagine considera un’elasticità generale di -0.5 della domanda di generi alcolici per tutte le famiglie ed effetti sui prezzi dei negozi.

Questi numeri sono stati calcolati sulla supposizione che la risposta sia la stessa per tutte le famiglie. E’ possibile che le famiglie che consumano di più siano le meno predisposte verso i prezzi più alti: per esempio ha notato che l’elasticità dei prezzi era all’incirca -0.47 per bevitori

‘moderati’ (coloro che comprano meno di 14 unità a settimana per le donne e 21 per gli uomini) ma che era inferiore di molto (-0.21) per i bevitori accaniti, che comprano molto di più di questi livelli. Questo ridurrebbe il consumo di chi beve molto e aumenterebbe il numero di trasferimenti dai consumatori e rivenditori.

La tabella 4.3 ripete lo studio sulle famiglie divise in fasce di reddito. Come si può vedere nella sezione 3, le famiglie più povere comprano alcolici meno frequentemente, ma comprano articoli meno cari di quanto facessero prima. Lo studio suggerisce che il consumo di alcolici off license diminuirebbe di quasi un quarto per le fasce di famiglie che guadagnano meno, ma solo del 12% per le famiglie più abbienti. Le differenze fra fasce potrebbero essere addirittura più evidenti, infatti le famiglie che guadagnano meno sono più attente nei confronti dei prezzi rispetto invece alle famiglie più ricche, forse perchè hanno meno flessibilità nell’assorbire prezzi alti per mantenere quel livello di consumo. In termini relativi e assoluti le conseguenze sulle spese sono minori per i gruppi meno abbienti, benchè in generale gli effetti siano molto simili per tutte le fasce.

Tabella 4.3: impatto del prezzo minimo di 45 pence per fasce di reddito.

(17)

Fonte: dati calcolati da Kantar World Panel dell’anno 2007 .

Nota: la tabella include famiglie che non comprano alcolici. Tutte le fasce includono famiglie che non denunciano reddito. Si nota una generale flessibilità della domanda di articoli alcolici di -0.5 lungo le fasce e conseguenze non troppo ampi sui prezzi dei negozi.

5. Punti forti e limiti

Reazione dei consumatori

Supponiamo un’oscillazione generale di -0.5 per tutte le famiglie. Come già detto la risposta può cambiare al variare di fattori come il guadagno e l’assunzione di generi alcolici, oppure per età o per regione; nel paragrafo precedente l’analisi di Sheffield ha mostrato come consumatori abitudinari fossero meno predisposti verso i prezzi più alti rispetto a bevitori meno assidui. In più l’elasticità può variare al modificarsi di alcune caratteristiche personali del consumatore, per esempio il gusto per l’alcool. Il prezzo minimo influenzerebbe i consumatori anche nella scelta del negozio dove comprare gli articoli: potrebbero rifornirsi in negozi diversi oppure passare ai prodotti in offerta dal momento che questa politica tende a restringere le differenze tra prodotti non in saldo e in saldo.

Inoltre viene calcolata un’unica elasticità per l’alcol. In realtà la reazione dei consumatori cambierebbe a seconda del tipo di alcolico. Ci sono alcune prove di questo nell’analisi di Sheffield: le loro stime si basano sull’elasticità della domanda di alcolici sia costosi che meno, venduti on e off license per 4 diversi tipi di generi alcolici (birra, vino, superalcolici e in lattina) usando dati di 4 anni dell’indagine Expenditure and Food. Si stima che l’elasticità passi da - 0.24 per i superalcolici costosi on license a -2.94 per superalcolici economici – L’oscillazione dei prezzi di birra, vino superalcolici e alcolici in lattina off license ed economici sono stimate rispettivamente a -0.55, -0.51, -0.61 e -0.36. Queste stime sono basate su categorie aggregate di alcolici.

Per tutti questi motivi uno studio più approfondito del fenomeno implicherebbe un sistema di inchieste che permetta varie forme di oscillazione.

Anche se fosse facile ammettere un’elasticità generale per tutte le famiglie, bisogna tener presente che il livello considerato ha una grande importanza per i diversi effetti di questa politica. La tabella 5.1 mostra l’impatto, per tipo di negozio, che presuppone famiglie che non rispondano per nulla (un’elasticità dei prezzi di 0) e famiglie che rispondono di più (un’elasticità dei prezzi di -0.1). Nel primo caso la scala di cessioni alle aziende aumenta da 710 milioni di sterline fino a 2.84 bilioni, nel secondo caso la riduzione della domanda è così drastica che le spese totali sull’alcol cadono di circa 1.3 milioni di sterline.

Tabella 5.1: impatto di 45 pence per negozio considerando elasticità diverse.

(18)

Reazione delle aziende

L’unico effetto per le aziende sarebbero che i prezzi al di sotto del minimo verrebbero aumentati fino al minimo. Non ci sono altre conseguenze sul prezzo.

Tuttavia i rivenditori potrebbero sicuramente reagire cambiando gli altri prezzi di articoli alcolici, per esempio potrebbero variare il prezzo dell’alcol appena al di sopra del prezzo minimo. A lungo andare potrebbero esserci implicazioni sul tipo di alcolici artigianali e messi in offerta speciale. Se i consumatori smettessero di comprare alcolici economici perché non possono competere nei prezzi con articoli più costosi, i produttori artigianali potrebbero essere incoraggiati a cambiare i prodotti in qualcosa di più alta qualità. Un quadro più completo potrebbe tentare di variare questo aspetto.

ABV per il vino

Non si conoscono i valori precisi di ABV per ciascun tipo di vino, inoltre esiste un numero così alto di tipi di prodotto con un piccolo quota di mercato che risulta difficile studiarli attraverso fonti esterne. Si usa qui una gradazione media di 12.5%, in linea con il fattore di conversione ONS da volume a unità usato in altri studi sull’assunzione di alcolici. Ciò significa che ci sono delle imprecisioni nel calcolo del prezzo per unità per particolari marche e vini ad alto grado alcolico, tuttavia anche se si assume un valore medio si può dare un risultato abbastanza preciso.

Come si può vedere nella figura 3.1 e 3.2, ci sono molti vini appena al di sotto dei 45 pence per unità basati sul presupposto di 12.5% ABV. Si studia qui la distribuzione dei prezzi del vino se assumesse una diversa gradazione ABV; in particolare vengono selezionati i valori 11% e 14% perché vicini alla media per il vino venduto (per esempio molti vini americani registrano 14% o 14.5%). La figura 5.1 mostra la distribuzione cumulativa del prezzo per unità.

Figura 5.1: distribuzione cumulativa dei prezzi per unità per il vino considerando diverse assunzioni ABV

(19)

La linea più scura mostra la distribuzione ammettendo una gradazione di 12.5% ABV. L’84%

del vino costa meno di 45 pence. Se invece si suppone che il vino sia di 11% ABV, allora la distribuzione passa verso destra e solo il 58% delle unità cade al di sotto del limite. Se il vino invece presentasse 14% ABV, allora i prezzi salirebbero leggermente al di sopra del prezzo minimo, verso l’88%. Cos’è interessante è che se il prezzo minimo raggiunge il valore di 50 pence come pensava Sir Liam Donaldson e l’assunzione avrebbe un leggero impatto sulle unità di vino coinvolte.

Dal momento che il vino costituisce la gamma più ampia di unità alcoliche off license, questi cambiamenti hanno conseguenze considerevoli sulle unità di vino vendute sotto 45 pence. I risultati sono riassunti nella tabella 5.2.

Tabella 5.2: cambiamenti dopo l’ipotesi di un ABV del vino

Comparison to Meier, p. et al (2008) (the Sheffield Study) Gli studi più citati sono quelli di Sheffiels University per l’Inghilterra e di Meier et al per la Scozia, che sono basati su un’analisi dei dati di Expenditure and Food Survey.

Una delle principali differenze sta nel prezzo del 71.2% di unità a meno di 40 pence per unità e che il 94.6% sono prezzate meno di 60. Invece lo studio Sheffield ha calcolato rispettivamente 59% e 83%. Ci sono diverse possibilità per cui questi dati sono più piccoli:

1. Vengono usati dati dall’Inghilterra mentre dovrebbero coprire la nazione intera. Se si restringe il campione alle sole famiglie inglesi si arriva a 70.6% vendute al di sotto di 40 pence, dato ancora alto rispetto al 59% dei dati Sheffield.

2. Il loro lavoro è basato su dati EFS, che tengono in considerazione l’alcool venduto in due settimane; vengono qui usati invece dati che coinvolgono un lasso di tempo maggiore. E’

possibile che le famiglie che comprano alcolici poco frequentemente (e che quindi vengono considerate in questo studio ma non nei dati EFS) comprino alcolici meno costosi ma questo non va d’accordo con la prova che dimostra l’esistenza di coloro che comprano di più, ma comprano prodotti meno costosi.

3. I volumi alcolici EFS sono convertiti in base a degli standards di diversi tipi di bevande.

Per la birra, il sidro, la lager e fabs i dati si riferiscono in modo preciso a ciascun prodotto. E’

possibile tuttavia che questi standard sottovalutino la forza alcolica delle bevande.

4. Loro usano dati del periodi 2001/2001 o 2005/2006 mentre vengono qui usati dati del 2007. La figura 2.1 suggerisce che il prezzo dei prodotti alcolici si abbassava costantemente fino a circa il 2008; è possibile che i prezzi avessero un andamento discendente persino in

(20)

termini nominali, cosa che può spiegare perché si trova un più ampio numero di unità meno costose.

5. La EFS registra le vendite tramite un diario giornaliero mentre qui viene usato un sistema di scanner a barre. Può essere che lo scanner non rilevi prezzi alti nelle vendite, se per esempio un articolo viene comprato in un negozio minore oppure come un prodotto di alta qualità tende a essere sia più costoso sia meno ben registrato, e questo ridurrebbe le stime della media dei prezzi.

Dopo tutto possiamo dire che le immagini forniscono una buona prospettiva dei prezzi delle unità off license pagate durante il 2007, in particolare con quei prodotti di cui conosciamo in modo preciso il tasso alcolico (birra, sidro, lager e fabs).

La figura 28 di Meier et al (2008) mostra le reazioni dei consumi rispetto al prezzo minimo di 45 pence. Le cifre per il numero di unità e le spese implicano una media dei prezzi per unità in Inghilterra di 44 pence rispetto alle altre stime di 36 pence. In questo ultimo caso ci sarebbero conseguenze generali più evidenti sui prezzi e quindi una più ampia riduzione del consumo.

Usando i dati di assunzione discussi nella sezione 4 per modellare l’impatto di un prezzo minimo di 40 pence, si stima una riduzione media nel consumo di alcolici off license di circa 13% rispetto al 6.2% dello studio Sheffield.

La tabella 3.2 di Meier et al (2008) prevede che con un prezzo minimo di 45 pence per unità ci sia un trasferimento di 864 milioni di pounds alle aziende, rivenditori off license guadagnerebbero 424 milioni di pounds e 440 milioni andrebbero ai rivenditori in license. I guadagni di questi ultimi deriverebbero non solo dai prezzi più alti ma anche dalla sostituzione dei consumi da off a on license in seguito alla manovra. Prendendo in considerazione solo l’Inghilterra, i nostri dati implicherebbero trasferimenti a rivenditori off license di 660 milioni.

Il fatto che questo dato sia maggiore rispetto allo studio di Meier et al (2008) probabilmente riflette una media più alta dell’impatto sui prezzi non in saldo.

Periodo di tempo

Dal 2007 ci sono stati degli aumenti reali sulle tasse sugli alcolici, che potrebbe aver alzato il prezzo e ridotto la quantità di articoli alcolici non in saldo venduti al di sotto di 45 pence per unità. L’immagine 2.1 suggerisce che ci sono stati aumenti effettivi sul prezzo di generi non in saldo e in particolare sul vino e su superalcolici negli ultimi due anni. Le immagini rese note dal NHS Healt Scotland (2010) dicono che il prezzo in Gran Bretagna è cresciuto del quasi 8% dai 40 pence del 2007 ai 43 pence del 2009, mentre invece il prezzo degli alcolici in lattina è sceso da 82 a 78 pence, e ci sono stati relativi aumenti nei prezzi di vini più alcolici e perry. Questo suggerisce che applicando oggi questa politica, la proporzione di unità non in saldo colpita dal prezzo minimo di 45 pence sarebbe inferiore rispetto a ciò che è stato qui prospettato.

Considerato che la media del 2009 era ancora minore rispetto a quella proposta e che è paragonata al piccolo numero di prezzi molto alti, è facile che la maggioranza di unità oggi sia venduta a meno di 45 pence. Tutto questo aumenta anche i parametri della Sezione 3 dove si è parlato di come il prezzo minimo aumenti nel tempo in relazione all’inflazione.

6.Conclusioni

Il prezzo minimo di 45 pence per unità alcolica colpirebbe la maggior parte delle famiglie che comprano alcolici off license. Molte unità sono vendute sotto il minimo proposto, ed è il caso di tutti i tipi di alcol tranne gli alcolpops, che sono decisamente più costosi per unità, ma

rappresentato una piccola porzione delle vendite.

Dopotutto è facile che le conseguenze siano maggiori per le famiglie che comprano grandi quantità, non solo perché il numero è maggiore ma anche perché in media pagano meno per unità. Gli effetti sono simili lungo le fasce di reddito, benché le famiglie con i guadagni minori sarebbero meno implicate perché è meno facile che comprino alcolici. Le famiglie meno abbienti che comprano articoli alcolici, tuttavia, pagano facilmente meno rispetto le famiglie più ricche.

I beneficiari della politica del prezzo minimo sono le aziende che producono e rivendono alcolici, che ci guadagnerebbero per avere la possibilità di aumentare i prezzi. Gli effetti precisi sono complessi e si riscontrerebbero sulle famiglie e sulle fabbriche sia a breve che a lungo termine.

Tuttavia si crede che ci possano essere trasferimenti di denaro significativi dai consumatori a chi produce e a chi rivende come conseguenza di questa politica.

(21)

Tasse più alte sugli alcolici trasferirebbero gli introiti al governo, piuttosto che alle aziende, in un momento in cui c’è pressione sulle finanze pubbliche. Nell’ultimo biennio, le tasse sugli articoli alcolici sono realmente diminuite e solo recentemente iniziano di nuovo ad aumentare anche in modo sostanzioso.

Una ragione che va a sostenere il prezzo minimio piuttosto che aumentare le tasse consiste nel fatto che le tasse possono essere assorbite da rivenditori e produttori. Questo aspetto potrebbe o potrebbe non essere influente e per togliere ogni dubbio bisogna studiare questi elementi piuttosto che fare congetture.

La figura 2.1 suggerisce i prezzi si sono alzati (o al massimo si sono fermati) dal momento che gli aumenti delle tasse sull’alcool sono iniziati nel 2008.

Una seconda ragione è che il prezzo minimo intaccherebbe in modo sproporzionato generi meno costosi e potrebbe effettivamente contenere i problemi dei bevitori piuttosto che attraverso le tasse. In accordo con questo, le famiglie che comprano molti generi comprano più facilmente unità meno costose. Questo è’ ovvio perché le tasse accise (una quantità fissa della tassa per un certo volume della bevanda), avrebbero un impatto relativamente più ampio sugli alcolici meno cari invece che su quelli più costosi.

Le tasse sui generi alcolici potrebbero essere basate in linea diretta sul numero di unità alcoliche. Questo assicurerebbe che tutte le unità siano vendute per almeno un prezzo minimo, ma significherebbe che qualsiasi guadagno sia registrato come un rincaro nelle tasse.

Oggi, le direttive europee stabiliscono che non è possibile riformulare le tasse sull’alcool in questo modo per alcuni tipi di generi alcolici. Mentre la tassa sull’alcool su unità di birra o superalcolici è costante (ad oggi è rispettivamente di 17.3 e 23.8 per unità), la tassa sul vino e sul sidro dipende solo dal volume del prodotto e non anche dalla gradazione. Ciò significa, per esempio, che una bottiglia di vino da 9% è effettivamente tassata 25 pence per unità mentre una bottiglia da 14% sarebbe tassata 16.1 pence.

Sarebbe auspicabile che a lungo termine venisse riformata la struttura delle tasse sui generi alcolici affinché la tassa possa essere livellato direttamente sul contenuto alcolico per tipologia di articolo.

Riferimenti

Documenti correlati

miglia,  mons.  Vincenzo  Paglia;  il  Direttore  di  Caritas  Italiana,  don  Francesco  Soddu;  il  Responsabile  dell’Area  internazionale  di  Caritas 

[r]

Valuta e disponibilità dei fondi per l’accredito RID Stessa giornata operativa di accredito dei fondi sul conto della banca (data regolamento). Ri.Ba ATTIVE (SOLO PER I CLIENTI

Siamo ancora lontani dall’aver recuperato tutto il calo avuto dall’inizio della crisi nel 2008, ma rispetto al rallenta- mento che aveva caratterizzato la seconda metà dello

Un dato positivo riguarda la ridu- zione della quota dei lavoratori dipendenti con bassa paga (che sono i lavoratori le cui retribuzio- ni sono pari o inferiori alla soglia

Il Centro per le Famiglie dell'Unione offre un servizio gratuito, a tutte le coppie e le famiglie dei cinque comuni dell’Unione (Casalecchio di Reno, Monte

La situazione positiva che emer- ge dall’analisi di questo dominio ri lette alcune tendenze di lungo periodo come la maggiore parteci- pazione all’istruzione; la

L’o- biettivo di una crescita del PIL nel 2019 all’1.5 per cento pare fuori dalla portata ed il sostegno alla domanda degli interventi più impegnativi, come