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Orientamento sessuale e identità di genere. Subito la legge. Parla Alessandro Zan

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Academic year: 2022

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| 1 Cos’è l’uguaglianza nel XXI secolo? A un anno dallo scoppio della pandemia cosa ci attende?

“Uguaglianza” è una parola concreta, che la pandemia ha reso ancor più significativa nella sua declinazione negativa. Le disuguaglianze, infatti, sono cresciute, anche drammaticamente. Questo e molto altro, come sempre a tutto campo nel nuovo numero della rivista Arel [l’intero numero è scaricabile da chi l’acquista o dagli abbonati, per essere successivamente pubblicato su carta e diffuso nelle principali librerie Feltrinelli]. Proponiamo qui di seguito uno degli articoli del numero.

Ringraziamo la direzione e la redazione di Arel per la gradita cortesia, che rinnova l’ormai consolidata collaborazione tra le due riviste.

Ho incontrato Alessandro Zan, deputato del Partito democratico e relatore del disegno di legge contro l’omofobia, negli uffici dell’AREL nel pieno dell’inizio della crisi governo del Conte bis, dopo la fiducia alla Camera e in attesa del voto in Senato. Dopo qualche aneddoto legato al posto in cui ci trovavamo, ha voluto iniziare lui la discussione sull’uguaglianza.

Gli articoli del codice penale che andiamo ad ampliare con la legge contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo, stanno dentro al capitolo dei reati contro l’uguaglianza e in questo senso la legge mira a contrastare tutte le discriminazioni e le violenze che violano il principio di

uguaglianza sancito dalla nostra costituzione all’articolo 3. Non è un caso che il Presidente della Repubblica nel 2020, in occasione della giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia – che

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ricorre il 17 maggio e che vorremmo rendere giornata nazionale – ha affermato che tutte le

discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale, l’identità di genere e dunque dalle condizioni personali dei cittadini, non solo ledono i diritti umani delle persone, ma violano il principio di uguaglianza.

Nel momento in cui delle persone venissero discriminate per la loro condizione personale non sarebbero considerate cittadini come tutti gli altri. Infatti starebbero subendo una disparità di trattamento, non motivata da ciò che fanno ma da ciò che sono. Però in base alla nostra

Costituzione è inaccettabile che delle persone vengano discriminate per la loro identità o per una loro condizione personale. Il disegno di legge di cui sono relatore va ad intervenire proprio per garantire questo principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.

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| 3 Aleessandro Zan in aula illustra il progetto dei legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo

La legge Zan estende il numero delle aggravanti della legge Mancino del 1993 che si riferiva all’odio etnico, razziale, nazionale o religioso. Adesso si prendono in considerazione anche gli atti o l’incitamento alla violenza basati su sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere.

Dal 1993 ad oggi come è cambiata l’Italia? Come si spiega che un’esigenza, che non c’era allora, oggi è tanto impellente? Nel ’93 le nostre coscienze rispondevano ai massacri dei Balcani e oggi?

A un certo punto i fenomeni del razzismo e dell’odio etnico, razziale o religioso vennero avvertiti

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come un’emergenza generale da una grande fetta dell’opinione pubblica. I temi

dell’omolesbobitransfobia, invece, sono sempre stati visti con grande diffidenza perché ammantati da stereotipi e pregiudizi di tipo morale. Questi pregiudizi minano la dignità delle persone LGBT+

da millenni e sono stati alimentati anche da una parte della chiesa cattolica, che in Italia ha sempre avuto una sua capacità di condizionamento dell’opinione pubblica. Ci sono voluti parecchi anni per arrivare alla condizione in cui siamo oggi ma l’omolesbobitransfobia è ancora

particolarmente presente nel Paese proprio per quei millenni di pregiudizi.

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C’è stato uno scatto in avanti nella seconda metà del ‘900 legato alla laicizzazione della società e dei costumi, ad esempio con la nascita dei primi movimenti femministi e per i diritti civili; le battaglie su divorzio e aborto hanno iniziato a influenzare la società portando alla luce il tema di un sistema patriarcale opprimente che voleva le donne sottomesse e subalterne agli uomini. In più le manifestazioni per l’orgoglio LGBT+ e il riconoscimento di diritti come le Unioni Civili, nel 2016, hanno reso famiglia le coppie dello stesso sesso.

Le unioni civili sono state davvero una pietra miliare in questo percorso. Non si chiamano matrimonio ma di fatto sono un matrimonio, celebrato da un funzionario pubblico che, con la fascia tricolore, chiede gli stessi doveri e attribuisce gli stessi diritti per conto dello Stato. Questo ha determinato un cambiamento della percezione dell’opinione pubblica. Il meccanismo

psicologico è semplice: se ho ancora qualche pregiudizio e vengo a sapere o sono coinvolto

nell’unione civile di una persona vicina o cara capisco che il mondo è cambiato e sviluppo empatia con quella situazione, una nuova famiglia che si forma.

Il fatto che tutti i paesi più avanzati si siano dotati del matrimonio egualitario e di leggi contro l’odio sicuramente produce risultati ma non bisogna dimenticare che questo cambiamento deve avvenire nelle singole coscienze, deve nascere all’interno dell’opinione pubblica e non arrivare dall’esterno. Questa coscienza si sviluppa solo nel momento in cui è chiaro che le persone LGBT+

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| 5 non scelgono di essere ma semplicemente sono. Non si sceglie una condizione personale, così come non si sceglie il colore della pelle, degli occhi o qualsiasi altra identità ascritta della persona.

Purtroppo nel glossario comune questo concetto non è ancora pienamente passato e non è un caso che a torto si parli di scelta sessuale.

Il tema della scelta però è sempre quello più utilizzato dai detrattori delle persone LGBT+…

La scelta in questo caso è una e una sola: non si sceglie di essere; si sceglie di non nascondere il proprio orientamento, si sceglie di fare coming out, di dirlo ai genitori e agli amici, sul posto di lavoro e così via. Quella è una scelta, non l’esserlo.

A questo proposito una funzione diversa ha la giornata del coming out, perché dichiararsi aiuta un intero Paese a crescere e aiuta i singoli a non doversi nascondere e a non essere ricattabili. Non è un caso che i fenomeni di violenza e discriminazione avvengano di più tra le persone che non si dichiarano e, soprattutto negli ambienti lavorativi, sono soggetti a mobbing perché percepiti come più vulnerabili.

C’è un percorso di secolarizzazione della società che vede oggi le nuove generazioni molto più aperte proprio perché i ragazzi gay si dichiarano prima e i loro amici e compagni di scuola

diventano subito solidali. Se notate, nonostante esistano ancora fenomeni di violenza di branco nei confronti di chi è apertamente omosessuale, ai Pride partecipano moltissimi giovani. È un

momento storico in cui i giovani vogliono fare politica ma con modalità diverse dal passato. Si vogliono affermare valori personali e comportamenti sociali nuovi. Diritti civili, ambiente e legalità: è lì che puntano i giovani. Ai pride ci sono tanti 14enni e 15enni proprio perché sentono come una grandissima ingiustizia il fatto che i loro coetanei vengano discriminati per quello che sono e per coloro che amano.

La voglia di mobilitazioni delle nuove generazioni fa ben sperare per il futuro. I ragazzi e le ragazze ci chiedono di tutelare tutti i cittadini; per questo motivo dobbiamo mettere in campo delle leggi che diano una tutela rafforzata alle persone vulnerabili. La Commissione europea nel 2012 ha chiarito che tra le categorie di persone più vulnerabili vi sono donne, LGBT+, migranti e disabili. Ecco perché si prova a estendere la legge, che già avevamo contro i crimini d’odio etnico- razziale, alle questioni legate al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità. Abbiamo costruito una proposta di legge molto vasta e integrata. Infatti, accanto alla parte penale che estende l’applicazione degli articoli 604 bis e ter del Codice Penale, abbiamo inserito degli articoli che si occupano di implementare azioni positive, come l’istituzione della giornata contro l’omobilesbotransfobia, con iniziative nelle scuole e nelle pubbliche

amministrazioni. È essenziale che passi il messaggio che l’educazione al rispetto, alla gentilezza e

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all’inclusione è l’unico mezzo affinché gli adulti del futuro siano migliori di noi. Per gli adulti del presente il messaggio invece deve arrivare dallo Stato e un messaggio chiarò sarà l’approvazione della legge che stiamo discutendo.

Ragionamento apparentemente inattaccabile, diremmo che è umanità cristiana, però qualcuno non è ancora d’accordo…

Non è accettabile che delle persone siano discriminate per la loro condizione, questo è il mantra che dobbiamo ripeterci in ogni ambito della vita. Ciononostante le destre sovraniste italiane hanno voluto creare un ennesimo terreno di scontro e, anziché guardare alle destre liberali dei paesi avanzati come la Francia, in cui la legge contro l’omofobia è stata approvata dalla destra, sotto la presidenza Chirac nel 2004, strizzano l’occhio ai peggiori. La nostra destra sceglie come muse ispiratrici Polonia e Ungheria che stanno invece attentando ai diritti fondamentali delle persone, ad esempio quelli delle donne con emendamenti costituzionali che rischiano di creare in Europa un solco marcatissimo.

L’Europa è nata per essere il continente dei diritti e della piena cittadinanza di tutti i suoi cittadini e avere tendenze ideologiche come quelle che arrivano da est rischia di mettere in discussione l’identità stessa del progetto europeo. L’Italia attraverso l’approvazione, o la non approvazione,

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| 7 del DDL Zan deciderà da che parte stare. Oggi siamo al 35esimo posto in Europa nella Rainbow Map di Gay Europe. La Polonia è al 40esimo posto. Il nostro ritardo in classifica è dovuto al fatto che non abbiamo una legge di questo tipo, che non vi sono politiche di sostegno alle vittime e politiche positive di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. La legge Zan non da solo diritti a cittadini che ne sono privi, ma è una legge di civiltà che rappresenta un’occasione per l’Italia di scegliere se stare nell’Europa dei Diritti, anziché nell’Europa delle Discriminazioni.

Questo passaggio è fondamentale. Se approveremo questa legge, che è avanzata e inclusiva, occupandosi anche di disabilità e violenza di genere, metteremo una barriera difficilmente aggirabile tra l’Italia e il mondo delle discriminazioni. Se così non fosse rischiamo che nuove maggioranze possano portarci nella direzione opposta. La questione è certamente legata ai diritti civili ma più in generale dobbiamo ancorare saldamente l’Italia all’Europa più avanzata per evitare di scarrozzare in quella più retrograda. La posta in gioco è alta.

Il dibattito nel Palazzo e nel Paese è stato a tratti molto polarizzato, nonostante si parlasse di violenza e di soprusi compiuti ai danni di esseri umani. La cronaca stessa ha suonato diversi allarmi nei confronti delle nostre coscienze. Come si può essere contro l’uguaglianza?

Quando si maneggiano temi come questo bisogna usare la massima cautela. Abbiamo avuto diverse dimostrazioni nella storia del fatto che se un leader politico fa un discorso d’odio le

ricadute, in termini di violenze e discriminazioni, possono essere concrete nelle vite delle persone.

Interventi come quello della Meloni su Genitore 1 e Genitore 2 – reso famoso anche da un remix parodia – non fanno altro che aumentare l’odio verso le famiglie omogenitoriali, ad esempio.

Salvini e Meloni hanno fortemente ostacolato, senza scrupoli, la legge alla Camera e nel Paese, adducendo ragioni pretestuose come la libertà di espressione. Se il problema della libertà d’espressione fosse reale allora si applicherebbe a tutta la legge contro i crimini d’odio.

Anche la Conferenza Episcopale Italiana si è espressa in maniera infelice dicendo che contro i reati di omotransfobia non si riscontrava alcun vuoto normativo, né lacune che giustificavano l’urgenza di nuove disposizioni e che guardava con preoccupazione alle proposte di legge in corso di esame. Peccato che al momento di questa dichiarazione non fosse ancora stato depositato il testo unificato del DDL.

L’azzardo comunicativo è stato poi corretto e ritrattato dopo un bel dibattito all’interno della chiesa e della stampa vaticana. Le dichiarazioni del Papa, fatte nel 2016, ma venute fuori proprio nei mesi del dibattito parlamentare, rappresentano lo strumento che è stato utilizzato all’interno del Vaticano per confrontarsi e trovare una linea tra le diverse anime della chiesa.

La verità è che c’è chi ha apertamente riflettuto e dibattuto e chi, partendo da posizioni

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pregiudiziali, non è stato in grado di fare alcun passo in avanti. Anche in maggioranza non sono sempre stati tutti d’accordo ma abbiamo fatto di tutto per aprire a coloro che erano dubbiosi e per provare a realizzare un impianto di legge contro le discriminazioni che non creasse altre

discriminazioni. Alla fine anche molti di Forza Italia alla Camera hanno votato la legge, nonostante non facessero parte della maggioranza.

Solidarietà ad Alessandro Zan vittima di minacce di morte e di elogi ai campi di sterminio nazisti, perché promotore e relatore del progetto di legge contro l’omofobia, 16 giugno 2020.

Con l’emergenza Covid e con la congenita instabilità istituzionale italiana cosa succede al DDL Zan?

Nella contingenza politica in cui viviamo ci agevola il fatto che la legge sia di iniziativa

parlamentare e non sia espressione del governo. Difficile da pensare all’inizio, ma è un punto di forza in questo contesto di maggioranze variabili. Il vero rischio è che la legge venga usata come elemento di scambio. In vista del passaggio al Senato, la cosa migliore per questa legge è che il governo non se ne occupi e si preservi la natura dell’iniziativa parlamentare.

Eppure proprio in un momento sociale come questo gli abusi e le violenze crescono e quindi anche se la priorità è la pandemia non è un vezzo occuparsi di questo genere di crimini d’odio. I ragazzi più giovani, costretti in casa con genitori che non hanno accettato il coming out, devono vivere immersi nella violenza psicologica o addirittura fisica e non hanno via di fuga in strutture in grado accoglierli o di alleviare la loro sofferenza. Nella legge prevediamo anche centri

antidiscriminazione e antiviolenza.

Nel discorso pubblico è più difficile far passare una legge come questa rispetto a quella sulle unioni civili. In quel caso due persone si amano e richiedono di avere gli stessi diritti e gli stessi

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| 9 doveri di qualsiasi altra coppia. Qui, anche se si riconosce lo stigma e la violenza, si dice che la legge non serve perché le leggi contro la violenza ci sono già. In realtà, però, come abbiamo già detto, il tema vero è che se si vuole combattere questo tipo di discriminazione si devono tutelare maggiormente le persone più vulnerabili. Pensate al caso della violenza razziale: una persona a prescindere dal colore della pelle è tutelata contro la violenza ma siccome il movente della violenza non è un fatto generico ma è la condizione personale dell’individuo ecco che c’è bisogno di una tutela rafforzata che, oltre alla persona, difenda la dignità del suo essere. Questo discorso non è facile da spiegare.

La libertà d’espressione non può mai diventare istigazione all’odio. L’altro pretesto della destra per avversare questa legge e che le leggi ci siano già, che non ne servono di nuove, ma allora se le leggi ci sono già ci sarebbero già anche per l’odio razziale e etnico. Dovrebbero avere il coraggio di dire che va abrogata la legge Mancino. Però, a questo punto, visto che la chiesa ad esempio è favorevole alla legge Mancino, dovremmo dire che la chiesa ha un approccio omotransfobico. Per fortuna non è tutta la chiesa a vederla così e il mondo cattolico e la destra hanno chiaramente diverse anime al proprio interno.

Lo stesso dicasi dei movimenti femministi che sulla misoginia hanno alzato in alcuni momenti dei veri e propri steccati chiedendo che questo genere di discriminazione e violenza venissero

scorporate dal resto perché le donne non sono una minoranza. Eppure le donne sono le prime vittime dei crimini d’odio che si sviluppano nel sistema patriarcale che appunto disprezza le donne e gli omosessuali. Bisogna essere pragmatici e unire gli sforzi.

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