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Società immobiliari: esame delle metodologie di inclusione degli oneri finanziari nel costo delle immobilizzazioni

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Società immobiliari: esame delle metodologie di inclusione degli oneri finanziari nel costo delle immobilizzazioni

di Massimo Pipino

Pubblicato il 28 febbraio 2017

dedichiamo un nuovo intervento al bilancio delle società immobiliari: in questo articolo puntiamo il mouse sulla destinazione degli oneri finanziari (in parole povere: degli interessi passivi) pagati per la costruzione di nuove immobilizzazioni; tali interessi sono capitalizzabili?

Si è già avuto modo di accennare, nell’ambito di uno dei precedenti contributi in materia, il fatto che il costo di produzione delle immobilizzazioni materiali, giusta la previsione dell’articolo 2426 del Codice civile, può comprendere in sé anche altre e diverse tipologie di costi, per la quota che ragionevolmente può essere imputata al bene prodotto, in relazione al periodo per cui si protrae il periodo di produzione e fino al momento a partire dal quale il bene prodotto può essere utilizzato.

Con i medesimi criteri è possibile aggiungere gli oneri relativi al finanziamento della produzione del bene, sia essa proveniente da risorse interne all’impresa o assunti presso terzi (tipicamente nel settore edile Istituti di credito attraverso l’erogazione di mutui fondiari).

Il Codice civile sembrerebbe, quindi, considerare la capitalizzazione degli interessi passivi come una facoltà che si pone all’impresa, senza tuttavia indicare quali siano i casi in cui la capitalizzazione stessa sia funzionale ad una migliore e più fedele rappresentazione di quella che è la situazione patrimoniale ed economica dell’impresa (in proposito è tuttavia opportuno precisare che la soluzione di non capitalizzare gli oneri finanziari, per quanto possa essere indicata come frequentemente scelta per motivi di semplicità, non sia certamente la preferibile).

Ancora una volta soccorrono i principi contabili nazionali (in particolare il paragrafo 33 del citato

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principio contabile n. 16 secondo cui: “Gli oneri finanziari sono imputati nella voce C17

“interessi e altri oneri finanziari” del conto economico dell’esercizio in cui maturano. La voce C17 comprende gli interessi capitalizzati che trovano per tale importo contropartita nella voce A4 “incrementi di immobilizzazioni per lavori interni”, in linea con le voci previste dal codice civile e con la previsione di un conto economico per natura disciplinata dal legislatore”), con, tuttavia, l’opportuna precisazione che gli oneri finanziari generalmente vengono a determinare spese relative all’esercizio e, quindi, devono essere imputate direttamente al Conto Economico dell’esercizio in cui maturano.

In relazione ai vincoli che è necessario rispettare per una eventuale capitalizzazione degli oneri finanziari sostenuti dall’impresa per l’acquisizione di immobilizzazioni materiali, dopo avere osservato che tale trattamento non deve costituire di differimento della registrazione di eventuali perdite, si pongono le seguenti condizioni:

la capitalizzazione deve essere riferita ad interessi passivi sostenuti a fronte del prestito di capitali specificamente destinati alla realizzazione delle specifiche immobilizzazioni;

gli interessi che possono essere capitalizzati sono esclusivamente quelli venuti a maturazione nel corso del periodo di costruzione, intendendo come tale il periodo che intercorre tra il momento in cui si verifica la corresponsione di fondi ai fornitori dei beni e dei servizi relativi ai cespiti sino al momento in cui il cespite è pronto per il suo utilizzo (tipicamente nel settore edile si tratta del momento in cui viene dichiarata la fine lavori).

Tale periodo include anche il tempo di montaggio e messa a punto, sempre che ci si trovi di fronte ad una situazione normale. Nel caso in cui scioperi, inefficienze, ritardi di varia natura protraggono i tempi di realizzazione oltre quella che è la loro normale durata, gli oneri finanziari relativi al maggior tempo non possono essere capitalizzati, ma costituiscono costi ascrivibili al periodo in cui sono stati sostenuti. Inoltre, il periodo di tempo che intercorre tra il momento in cui si è verificato il materiale esborso dei fondi ai fornitori ed quello in cui il cespite è pronto per essere utilizzato deve, ovviamente, essere significativo;

il finanziamento è stato realmente utilizzato per l’acquisizione dei cespiti. Nel caso in cui per il pagamento dell’acquisto o la realizzazione di immobilizzazioni materiali vengano utilizzati finanziamenti a breve termine, i quali solitamente vengono impiegati per il finanziamento della gestione corrente, la determinazione della quota della provvista utilizzata per il pagamento dei cespiti appare complessa, dato che risulta impossibile realizzare con immediatezza la relazione esistente fra gli investimenti ed i finanziamenti ad essi relativi. In questo caso è necessario determinare con ragionevole approssimazione a quanto ammontino tali finanziamenti a breve termine impiegati per il finanziamento dell’acquisto o della realizzazione dei cespiti.

Tuttavia, tenuto presente il fatto che le condizioni per mantenere l’equilibrio finanziario dell’azienda presuppongono che la provvista a breve termine venga utilizzata per finanziare investimenti a breve termine e che quella a medio e lungo termine venga

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definizione precisa degli interessi da capitalizzare, prendere in considerazione i finanziamenti a breve termine a fronte dell’acquisizione di cespiti mentre si è in presenza di finanziamenti a medio e lungo termine che sono stati specificamente assunti a tale scopo ed o non sono stati utilizzati o lo sono stati per finanziare operazioni di gestione corrente dell’impresa;

il tasso di interesse che deve essere utilizzato per il calcolo della capitalizzazione è quello dell’interesse effettivamente corrisposto per il finanziamento a medio e lungo periodo impiegato per il finanziamento delle immobilizzazioni materiali. Se, così come spesso accade, i finanziamenti a medio e lungo periodo hanno tassi di interesse differenti, può essere appropriato utilizzare una media ponderata dei tassi per il periodo di realizzazione.

Nel caso in cui, invece, vengano utilizzati finanziamenti a breve termine, sebbene sia accettabile utilizzare il tasso di interesse che è stato effettivamente sostenuto, è più appropriato utilizzare il tasso di interesse di mercato per i finanziamenti a medio o a lungo termine, se minore del tasso a breve e considerare la differenza alla stregua di un costo dell’esercizio. Ciò perché l’utilizzo di finanziamenti a breve termine per investimenti a lungo rappresenta un elemento indicatore di squilibrio finanziario nell’impresa;

gli utili e le eventuali perdite generate dall’oscillazione dei tassi di cambio relativi alla liquidazione dei costi correlati all’acquisizione di immobilizzazioni materiali in base ad operazioni condotte in valuta estera, costituiscono rispettivamente proventi ed oneri di natura finanziaria – in quanto conseguenti a scelte discrezionali operate dalla direzione dell’impresa in merito alle modalità di liquidazione dei costi pattuiti per l’acquisto – e sono di conseguenza da considerare come ininfluenti ai fini della determinazione del costo originario dell’immobilizzazione materiale.

Rispetto a tale norma generale di comportamento, tuttavia, nell’ipotesi in cui le perdite sui cambi derivino da contratti di finanziamento a medio o a lungo termine sottoscritti in valuta estera specificamente stipulati per consentire l’acquisizione di immobilizzazioni materiali, e tali perdite si riferiscono al periodo di realizzazione dell’immobilizzazione, è ammesso il fatto che dette perdite vengano assimilate agli oneri finanziari che sono stati sostenuti per l’acquisizione e, di conseguenza, siano capitalizzare ad incremento del valore del cespite;

il valore, inclusivo dell’interesse, del cespite che è stato destinato a far parte dell’organizzazione permanente dell’impresa, non può essere maggiore del valore che risulta essere recuperabile mediante il suo utilizzo.

I principi contabili internazionali assumono, invece, una posizione maggiormente rigida riguardo al problema costituito dalla capitalizzazione degli interessi passivi. Il riferimento in proposito è costituito dallo IAS numero 23, relativo ai costi dei finanziamenti (titolo originale del principio contabile internazionale n. 23: “Borrowing Costs”, paragrafi da 7 a 28.

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Peraltro, riferendosi ai “costi dei finanziamenti”, le prescrizioni che sono contenute nel citato principio contabile non riguardano soltanto gli interessi passivi, le quote di competenza dei cosiddetti “disaggi”, le quote di ammortamento di costi correlati all’ottenimento del finanziamento e le differenza di cambio che derivano da finanziamenti contratti in valuta estera, fino al livello per cui è possibile che vengano considerate un aggiustamento del tasso di interesse).

La soluzione preferita consiste, infatti, nel rilevarli come costi relativi all’esercizio nel corso del quale sono stati sostenuti, indipendentemente dalle modalità con le quali sono stati strutturati i finanziamenti. La capitalizzazione degli oneri finanziari è, invece, consentita come trattamento contabile degli stessi alternativo solamente nel caso in cui si vengano a verificare le seguenti condizioni:

i costi di natura finanziaria devono risultare misurabili in maniera attendibile;

i costi di natura finanziaria deve poter essere direttamente ed esclusivamente attribuibili all’acquisizione, costruzione o produzione del bene. In particolare, sono ritenuti tali quei costi di finanziamento che non sarebbero stati sostenuti nel caso in cui non si fosse proceduto ad acquisire il bene;

in futuro ci si attendono dall’impiego del bene il cui costo include gli oneri finanziari benefici economici di entità tale da consentire il loro recupero.

Inoltre è previsto che la capitalizzazione degli oneri finanziari correlati all’utilizzo di risorse altrui per l’acquisto/realizzazione di immobilizzazioni materiali possa avere inizio solo se sono soddisfatte alcune condizioni. In particolare:

si sono effettivamente sostenute delle spese per ottenere la disponibilità del bene;

si sono effettivamente sostenuti dei costi per ottenere il finanziamento;

sono in corso di realizzazione le attività necessarie per predisporre il bene a svolgere la funzione cui esso è stato destinato.

La capitalizzazione dei costi di finanziamento deve essere sospesa nel corso dei periodi di non breve durata durante i quali l’attività di predisposizione del bene allo svolgimento della propria funzione viene sospesa, mentre deve cessare nel momento in cui le operazioni sono state sostanzialmente completate (ad esempio, nel settore delle costruzioni, nel momento in cui in riferimento all’immobile che verrà successivamente utilizzato dall’impresa, è stata data la fine lavori).

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28 febbraio 2017 Massimo Pipino

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