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Storia, presente e futuro dei nuovi centri culturali, l ossatura civica dell Italia. Indice

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Academic year: 2022

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Storia, presente e futuro dei nuovi centri culturali, l’ossatura civica dell’Italia

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Indice

Introduzione

1 – Tutti siamo stati nei nuovi centri culturali

2 – Perché cheFare si occupa dei nuovi centri culturali?

Teoria

3 – Cosa sono i nuovi centri culturali

4 – Da dove arrivano i nuovi centri culturali?

5 – Il paradigma di collaborazione e partecipazione

Pratica

6 – Come supportare i nuovi centri culturali?

7 – Contarci e riconoscerci: da laCall to Action a laGuida

8 – I nuovi centri culturali in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta 9 – Cosa abbiamo fatto con loro?

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Quindi, cheFare?

10 – I nuovi centri culturali sono in tutta Italia 11 – 11 politiche per salvare i nuovi centri culturali 12 – Quindi, cheFare?

Introduzione

Tutti siamo stati nei nuovi centri culturali

Sono residenze d’artista nei borghi di montagna. Bagni diurni dove si lava chi non ha acqua in casa e dove si fanno reading di poesia. Fabbriche e caserme riconvertite in auditorium, spazi espositivi, ristoranti social. Centri sociali occupati che sono club, spazi per la danza, laboratori di stampa. Vecchi circoli dove a fianco dei giocatori di briscola hanno iniziato a riunirsi gli

appassionati di robotica.

Sono luoghi attraversati ogni giorno da decine di migliaia di persone eppure, quello dei nuovi centri culturali è un mondo ancora poco conosciuto, poco studiato e poco raccontato. Per molti sono casi unici ed irripetibili, per altri sono “posti da ragazzi” perché la cultura seria si fa solo altrove, nelle università, nelle aziende, nelle redazioni, nei grandi musei. Noi di cheFare sappiamo che non è così, e sappiamo che tutti noi siamo stati almeno una volta in un nuovo centro culturale.

Gli spazi di ExFadda, a San Vito dei Normanni.

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Per scoprirli abbiamo inaugurato una mappatura nazionale e per affiancarli abbiamo costruito un Festival itinerante fatto di workshop e seminari che ha appena concluso la sua prima tappa in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Quelli che leggerete in questa pagina sono i primi risultati di questo percorso: dati e riflessioni, assemblati dal team di cheFare e illustrati dalla designer Cinzia D’Emidio, che dimostrano inequivocabilmente che quello dei nuovi centri culturali è un

fenomeno nazionale e che spiegano perché è fondamentale, oggi più che mai, continuare a supportarli nelle loro attività.

Tutti siamo stati nei nuovi centri culturali, clicca qui se vuoi leggere l’introduzione di BAGLIORE – la biografia che abbiamo scritto con Il Saggiatore per raccontarli Oppure, dai un’occhiata qui sotto per scoprire se hai già avuto a che fare con un nuovo centro culturale

INFOGRAFICA: Sei già statə in un nuovo centro culturale?

Perché cheFare si occupa dei nuovi centri culturali?

cheFare è nata nel 2012 per produrre il premio cheFare, un premio da 100.000 euro per progetti culturali innovativi. Nelle tre edizioni tra (2012-2014), il premio ha erogato 350.000 euro a 5

soggetti diversi, selezionati tra oltre 1800 progetti arrivati da tutta Italia. Da questa esperienza abbiamo capito che quelli che oggi chiamiamo nuovi centri culturali stavano divenendo uno dei principali crocevia dell’attivismo civico e culturale in Italia, fucine di cultura collaborativa. Per questo abbiamo deciso di cercare modi per raccontarli, studiarli e facilitare il loro lavoro.

Tra il 2015 e oggi, abbiamo portato avanti decine di progetti per scoprire i nuovi centri culturali, per esempio:

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Rosetta, progetto culturale nomade che ha attraversato 18 nuovi centri culturali milanesi;

Spazi, Lavoro e Cultura, la borsa di ricerca realizzata con la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli;

Molto Presto, una maratona di due giorni alla Triennale Milano per discutere le prospettive d’azione dei nuovi centri culturali;

Bagliore, un programma di residenze in 6 nuovi centri culturali per scrivere una nuova biografia culturale dell’Italia;

laCall to Action, una mappatura nazionale dei nuovi centri culturali — ad oggi contiamo oltre 450 nuovi centri culturali, 145 organizzazioni che operano al loro interno e moltissimi

frequentanti;

e infine laGuida, il Festival itinerante dei nuovi centri culturali di cui si è appena conclusa la prima tappa, a tema Partecipazione, in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Noi di cheFare ci occupiamo dei nuovi centri culturali perché crediamo siano una delle nuove, fondamentali ossature civiche dell’Italia, e crediamo che raccontarli e costruire con loro nuove competenze sia il modo migliore per supportarli.

Vuoi sapere tutti i motivi per cui ci occupiamo dei nuovi centri culturali? Abbiamo scritto un articolo apposta per te.

Ok, ma nel concreto di cosa stiamo parlando? Ottima domanda.

Teoria

Cosa sono i nuovi centri culturali?

I nuovi centri culturali sono il luogo di incontro di reti, comunità e organizzazioni nate in risposta alla crisi economica del 2008. Portano avanti pratiche culturali collaborative basate sulla partecipazione e sull’attivismo, nelle città e nelle campagne, al Sud come al Nord, costruendo spazi di confronto.

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I panorami rurali di Pollinaria, a Civitella Casanova.

È un fenomeno che aspira a superare i confini tra mondi diversi, gettando ponti tra ambienti che di solito non si parlano e ricercando modi inediti di traduzione di linguaggi, stili e contenuti. La sua storia ha origine nei modi in cui si è trasformata la fruizione e l’organizzazione della cultura a partire dalla seconda metà del XX° secolo e si intreccia, oggi, ai cambiamenti sociali scaturiti dalla crisi economica del 2008 e alla necessità di implementare pratiche di rigenerazione urbana per nutrire di nuova vita città, grandi e piccole, in profonda mutazione.

Per scoprire tutta la teoria dietro all’origine dei nuovi centri culturali, abbiamo pubblicato un saggio di Bertram Niessen per raccontarla. È da questo viaggio che siamo stati in grado di distillare alcune caratteristiche utili a capire se un determinato luogo è davvero un nuovo centro culturale.

Ovviamente non sono vincolanti perché ognuno di questi posti è una storia a sé, ma è un ottimo punto di partenza.

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Vuoi metterti a studiare? Leggi il saggio completo di Bertram Niessen – promettiamo di non interrogarti.

Bene, ora abbiamo capito cosa sono i nuovi centri culturali — ma perché nati? Per comprenderli davvero, serve capire a che tipo di esigenza storica rispondono. Anche in questo caso, abbiamo studiato.

Da dove arrivano i nuovi centri culturali?

Per capire da dove arrivano i nuovi centri culturali, serve raccontare la storia di un circolo vizioso.

Infatti, mentre il numero di lavoratori delle industrie culturali e creative è aumentato costantemente per decenni, il valore del loro lavoro è tendenzialmente declinato. Come si è innescato questo crollo e cosa ha a che fare con i nuovi centri culturali?

Da quando, a partire dalla fine del secolo scorso, la porzione occidentale della Terra ha

progressivamente delocalizzato le industrie produttive materiali dove il costo del lavoro è radicalmente più basso, si è creato lo spazio necessario per vedere fiorire quelle che oggi

conosciamo col nome di Industrie Culturali e Creative.

Si tratta di un settore che ha vissuto un fondamentale paradosso: mentre agli inizi del 2000 si

cercava di sostenere in ogni modo come queste Industrie potessero effettivamente generare valore, nel frattempo le condizioni del lavoro nel settore non facevano altro che peggiorare. Le competenze individuali continuavano a crescere ma non si muoveva di un millimetro la capacità di tradurle in economie virtuose e non precarie.

Flash forward ad oggi: le lavoratrici e i lavoratori della cultura sono ricchi di capitale sociale, simbolico e culturale ma mancano della capacità individuale di tradurre queste ricchezze in capitale economico. La soluzione? Collaborare: creare spazi in cui le competenze di persone diverse possono diventare complementari per aumentare al massimo questa capacità di traduzione — il luogo di incontro per queste forme di collaborazione sono i nuovi centri culturali.

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Bel casino, vero? Se vuoi saperne di più, abbiamo un intero saggio a riguardo! (sì, studiamo parecchio, eheh) Ora: collaborare è una bellissima parola, per carità, ma come si evita che si svuoti di significato e invece faciliti davvero uno sforzo congiunto? Indovina: anche in questo caso abbiamo studiato.

Il paradigma di collaborazione e partecipazione

Collaborare oggi suona un po’ come innovare: parole importanti, essenziali più che mai, ma svuotate di significato da centinaia di implementazioni insufficienti e prive di convinzione. ‘Collaborare’ è una cosiddetta buzzword, una parola ormai “tutto fumo niente arrosto” — per riconsegnarla alla sua importanza dobbiamo parlare di cultura collaborativa, ovvero del senso storico della

collaborazione.

Storicizzare la collaborazione significa parlare di open culture, di Ideologia Californiana, di Charles Fourier, delle comuni di Robert Owen, dell’Accademia di Atene e di molte altre cose.

Dalle Società Operaie di Mutuo Soccorso ed Istruzione fino ai nuovi centri culturali, il senso della collaborazione si è sedimentato nei secoli e acquisirne consapevolezza ci può aiutare a mantenere vivo il suo reale significato.

Prima di avviare qualunque progetto collaborativo o co-progettazione è bene ripercorrere la strada che ci ha portato fin qui — tanto per cambiare: studiare per recuperare potere sugli strumenti che negli ultimi anni ci hanno illuso di poter essere la soluzione unica alla complessità della

collaborazione.

Torniamo sui libri di storia. Dall’Accademia di Atene fino alla Società Operaie di Mutuo Soccorso, leggi il nostro saggio sul senso storico della collaborazione.

Ok, direi che abbiamo finito con la teoria. Passiamo alla pratica?

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Pratica

Come supportare i nuovi centri culturali?

Ogni nuovo centro culturale è una storia a sé ed è per questo motivo che immaginare i modi giusti per supportarli è un lavoro complesso ed articolato. Ognuno di questi luoghi presenta decine di specificità altamente localizzate, sia geograficamente che socialmente, e sviluppare delle matrici scalabili di strumenti, consigli e pratiche da implementare potrebbe non essere il modo migliore per supportare davvero i nuovi centri culturali.

Allo stesso modo, un approccio tailor-made potrebbe senza dubbio risolvere ogni bisogno specifico ma risulterebbe inconcludente vista la mancanza di risorse per poter soddisfare la domanda. Serve quindi un compromesso, che per noi di cheFare deve necessariamente partire da un processo di visibilizzazione di questi luoghi (attraverso, per esempio, una mappatura nazionale come quella de laCall to Action) e di un loro riconoscimento reciproco (attraverso, per esempio, la creazione di uno spazio di dialogo come quello de laGuida).

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Bertram Niessen, direttore scientifico di cheFare, durante laPiazza al Polo del ‘900 di Torino.

Non basta, ovviamente, l’impegno dei nuovi centri culturali. Come suggerito da Davide Agazzi durante un intervento tenutosi nel corso della prima tappa de laGuida, l’oggetto di questa

conversazione è lo sviluppo di politiche culturali specifiche per i nuovi centri culturali che possano interpretarli come organizzazioni produttive e che investano sulla loro stabilizzazione, sulla

direzione artistiche e sull’innovazione organizzativa di queste strutture. Servono investimenti sugli edifici che ospitano i nuovi centri culturali e misure che detassino alcune attività specifiche, come l’occupazione del suolo pubblico.

Questi sono solo degli spunti di partenza. Se vuoi saperne di più, abbiamo organizzato un’intera tavola rotonda su questo tema e abbiamo pubblicato online il report dell’incontro.

Stiamo arrivando alla sostanza. È ora di raccontare ciò che abbiamo fatto durante l’ultima tappa de laGuida.

INFOGRAFICA: Le competenze creano le politiche, e viceversa Contarci e riconoscerci: da laCall to Action a laGuida

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I nuovi centri culturali in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

L’idea di creare una rassegna itinerante dedicata interamente ai nuovi centri culturali occupa gran parte dei pensieri del team di cheFare da più di 1 anno. Quando abbiamo iniziato a progettarla conoscevamo tanti dei luoghi più rilevanti per questo ecosistema, ma non avremmo mai immaginato la reale estensione di questa rete. Una dorsale che attraversa, da Nord a Sud, l’intero paese e lo innerva di energie creative, civiche e sociali nuove e più che mai necessarie.+

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Se laCall to Action è una mappatura nazionale, laGuida è un focus vero e proprio su una porzione geografica dell’Italia per conoscere, affiancare e consolidare la rete di nuovi centri culturale di una specifica area. Insieme a Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione Unipolis siamo partiti dalla zona del PIemonte, Liguria e Valle d’Aosta con la prima tappa del Festival a tema

Partecipazione.

Insieme a oltre 90 nuovi centri culturali abbiamo intrapreso un percorso in due tempi (ilCamp a giugno e laPiazza ad ottobre) per conoscerci e riconoscerci. Abbiamo scoperto che alcuni nuovi centri culturali si sono riorganizzati durante il periodo di lockdown come reti di mutuo soccorso, chi ha deciso di fornire attività solo digitali, chi si è visto distruggere il proprio posto a causa

dell’esondazione del Torrente Cervo ma molti di loro si sono supportati reciprocamente … . Nel corso dei lavori abbiamo puntato i riflettori su una rete che, senza saperlo, esisteva già ed è

determinata a sviluppare tutte le competenze necessarie per continuare al meglio le proprie attività.

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Tanti eravate in tanti. Ma a parte fare una grossa videoconferenza, di cosa avete parlato?

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Cosa abbiamo fatto con loro?

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Quindi, cheFare?

I nuovi centri culturali sono in tutta Italia

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INFOGRAFICA: Un fenomeno nazionale

11 politiche per salvare i nuovi centri culturali

Quello dei nuovi centri culturali è un fenomeno nazionale, ora non vi è ombra di dubbio. Supportarne lo sviluppo non è un’operazione delicata e complessa, che deve essere in grado di prendersi cura delle specificità territoriale stimolando, allo stesso tempo, un salto in avanti di scala nazionale.

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Molto Presto, prospettive dazione per nuovi centri culturali, alla Triennale Milano.

Noi di cheFare ci occupiamo di forme di cultura dal basso, innovazione culturale e nuovi centri culturali da anni. Siamo in costante osservazione, analisi, ricerca e ad oggi abbiamo maturato esperienze e competenze necessarie per suggerire una possibile strada da percorrere.

È per questo motivo che in concomitanza con la conclusione della prima tappa de laGuida abbiamo elaborato 11 raccomandazioni per politiche specifiche relative ai nuovi centri culturali:

Costruire misure di sostegno sia in ottica di sopravvivenza che di consolidamento.

1.

Tenendo conto della grandissima varietà di situazioni e contesti, gli strumenti dovranno necessariamente essere variegati ed articolati; tra gli altri: convenzioni; contributi per l’affitto o l’acquisto di spazi; contributi per l’acquisto di macchinari; detassazioni o riduzioni parziali delle tassazioni; agevolazioni per la stabilizzazione del personale.

Favorire la nascita di percorsi di accompagnamento e formazione per i nuovi centri 2.

culturali e per le organizzazioni che operano al loro interno, mirati alla costruzione di nuove competenze strategiche, teoriche e pratiche; al trasferimento delle competenze sui territori; alla circolazione di competenze tra territori diversi in Italia e all’estero.

Investire sulla qualità della produzione artistica e culturale attraverso progetti 3.

specifici di produzione e circuitazione di opere e percorsi di finanziamento della direzione artistica e della curatela.

Incentivare la visibilità mediatica ed editoriale della realtà dei nuovi centri culturali, 4.

favorendo la nascita di percorsi dedicati presso i nuovi media così come quelli tradizionali.

Favorire la nascita di reti di secondo livello e il consolidamento di quelle esistenti, 5.

coinvolgendo parallelamente istituzioni come fondazioni, centri studi, università in percorsi di emersione, studio ed advocacy.

Per quello che riguarda lo studio del fenomeno, è cruciale attivare percorsi di 6.

sistematizzazione della grande mole di ricerche condotte finora in modo frammentario, in modo da produrre quadri esaustivi sia degli elementi quantitativi che caratterizzano il

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panorama nazionale dei nuovi centri culturali che degli impatti di medio e lungo periodo che possono avere sui territori. È importante trovare forme di integrazione tra le

politiche locali e regionali esistenti, nell’ottica della costruzione di politiche nazionali di sistema.

È necessario dedicare un’attenzione particolare alle forme di apprendimento nella 7.

pubblica amministrazione che i nuovi centri culturali attivano sui territori, alla loro emersione da forme di sapere tacito a forme di sapere esplicito, al consolidamento ed alla circuitazione di questi saperi.

È importante trovare forme di integrazione tra le politiche locali e regionali 8.

esistenti, nell’ottica della costruzione di politiche nazionali di sistema.

Pur nel rispetto delle specificità di ognuno, è necessario considerare i nuovi centri 9.

culturali come parte integrante degli ecosistemi culturali dei territori, facilitando e sostenendo di conseguenza percorsi di integrazione, circuitazione e valorizzazione con le infrastrutture culturali pubbliche e private tradizionalmente intese: musei,

biblioteche, archivi, etc.

È necessario identificare misure specifiche che sostengano progettualmente forme di 10.

partecipazione sui territori, articolando rapporti tra nuovi centri culturali, pubbliche amministrazioni, organizzazioni emergenti e istituzioni tradizionali.

È indispensabile approfondire ed ampliare vocabolari teorici ed operativi comuni, 11.

in grado di restituire la complessità dell’esistente. Le categorie oggi utilizzate – nuovi centri culturali, centri culturali indipendenti, centri di aggregazione civica, case del quartiere, community hub, creative labs, etc – si riferiscono a tipologie di luoghi variegati che riguardano processi, forme di attivazione di contaminazione, impatti e strutture di finanziamento auspicabili anche molto diverse.

Quindi, cheFare?

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