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Nappi in applicazione dell’art

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Academic year: 2022

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Disciplina sulla presenza dei magistrati presso la Segreteria e l’Ufficio Studi del Consiglio superiore della magistratura.

(Delibera del 5 dicembre 2012)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 5 dicembre 2012, ha adottato la seguente delibera:

«Con nota del 16 luglio 2012 il cons. Nappi ha chiesto l’apertura di una pratica diretta ad avviare la procedura finalizzata al reclutamento del personale amministrativo in vista della sostituzione dei magistrati addetti alla segreteria ed all’ufficio studi e documentazione del Consiglio Superiore della Magistratura in attuazione degli articoli rispettivamente 7 e 7bis della legge 24 marzo 1958 n. 195 (“Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”).

Con successiva nota del 12 settembre 2012 il cons. Nappi in applicazione dell’art. 7 della medesima legge ha chiesto che fosse avviata la procedura per la sostituzione del dott. Carlo Visconti e del dott. Marco Patarnello, rispettivamente Segretario Generale e Vice Segretario Generale del Consiglio Superiore della Magistratura.

Le due pratiche investono entrambe la problematica della vigenza e della portata delle modifiche introdotte dalla legge 12 aprile 1990 n. 74 agli art. 7 e 7 bis della legge n. 195/58 e debbono essere , pertanto, riunite ai fini di una trattazione congiunta.

1. LA SOSTITUZIONE DEI MAGISTRATI ADDETTI ALLA SEGRETERIA ED ALL’UFFICIO STUDI E DOCUMENTAZIONE CON IL PERSONALE AMMINISTRATIVO.

a) Le norme

L’art. 7 della legge n. 158/95 come modificato dalla legge 9 dicembre 1977 n. 908 -per quanto attiene ai profili di interesse - stabiliva che “La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita, nell’ambito degli organici complessivi dei rispettivi ruoli del personale, da un magistrato di Cassazione nominato alle funzioni direttive superiori o da un magistrato di Cassazione, che la dirige, e da undici magistrati di Cassazione, di appello o di tribunale….”

Nulla prevedeva, invece, la legge con riferimento all’Ufficio studi e documentazione. Il Consiglio, tuttavia, in applicazione dell’art. 210 dell’Ordinamento Giudiziario - il quale consente di collocare fuori ruolo fino a sei magistrati per “incarichi speciali”- ha destinato 6 magistrati presso il CSM per lo svolgimento di compiti di studio e documentazione funzionali all’attività dell’organo di governo autonomo della magistratura1.

In questo contesto normativo è intervenuta la legge n. 74 del 12 aprile 1990, che ha novellato la legge n. 195 del 1958, modificando l’art. 7 ed introducendo l’art. 7 bis.

Il testo novellato dell’art. 7 prevedeva che “La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita da un magistrato con funzioni di legittimità che la dirige, da un magistrato con funzioni di merito che lo coadiuva e lo sostituisce in caso di impedimento, da

1 L’art 210 o.g. intitolato “Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali” prevede :

“Salvo quanto è disposto nell'art. 17, sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati ai quali dal Ministro di grazia e giustizia, o col suo consenso, sono conferiti incarichi non previsti da leggi o da regolamenti, se per tali incarichi debbano sospendere il servizio giudiziario per un periodo maggiore di due mesi.

I magistrati collocati fuori del ruolo organico a norma della presente disposizione non possono, in ogni caso, superare il numero di sei .

Essi conservano il trattamento economico del proprio grado e, possono, per esigenze di servizio, essere temporaneamente destinati ad esercitare le funzioni del loro grado od equiparato, in soprannumero, negli uffici giudiziari della sede nella quale risiedono per l'espletamento dell'incarico stesso.

Al cessare dell'incarico, il magistrato è richiamato nel ruolo organico ed è destinato ad una delle sedi disponibili”.

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quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale e dai funzionari addetti ed ausiliari di cui al comma 4…”.

La norma ridisegnava, inoltre, nel dettaglio l’intera nuova struttura della Segreteria, l’intero ruolo del personale del Consiglio, determinando, altresì, le relative modalità di assunzione, le qualifiche, le funzioni, rinviando le concrete modalità attuative ad un emanando regolamento.

Con riferimento all’Ufficio studi, invece, l’art. 7 bis stabiliva che “L'ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura è composto di dodici funzionari direttivi, sei funzionari, otto dattilografi e otto commessi. All'ufficio studi si accede mediante concorso pubblico le cui modalità e i cui titoli di ammissione sono determinati con apposito regolamento, da emanarsi con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura. Titolo per la partecipazione al concorso per funzionari direttivi è in ogni caso la laurea in giurisprudenza o in scienze politiche o in scienze statistiche o economico-statistiche…”.

Sebbene non suscettibile di una applicazione immediata, attesa la complessa procedura attuativa regolamentare da adottare a cura del Governo entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ai fini dei concorsi dei nuovi dirigenti addetti alla segreteria e del nuovo personale amministrativo da destinare sia alla struttura amministrativa in generale che all’ufficio studi in particolare, la legge n. 74 del 12 aprile 1990 entrò, comunque, in vigore immediatamente.

I magistrati segretari furono, quindi, ricollocati in ruolo ad esaurimento, omettendosi di procedere alla loro sostituzione.

Diversamente, per quanto attiene ai magistrati collocati fuori ruolo presso l’Ufficio studi , il Consiglio ritenne che la nuova normativa non avesse abrogato l’art. 210 O.G. e, di conseguenza, ritenne persistente la possibilità di reclutare magistrati quali componenti dell’Ufficio studi in applicazione della citata disposizione di ordinamento giudiziario.

Tale reclutamento non è successivamente mai cessato.

Del resto, tenuto conto della lettera della norma, è ragionevole ritenere che essa, fin dall’origine, non incidesse sul personale di magistratura, concernendo esclusivamente la creazione - all’epoca molto innovativa- della pianta organica della struttura burocratica e del personale amministrativo dell’Ufficio studi e documentazione2.

b) Il differimento sine die dell’applicazione della legge 74/90.

L’applicazione della legge n. 74 del 1990 è stata differita dall’art. 1, comma 6, del D.L. n.

361 del 1995 convertito nella legge n. 437 del 1995, dapprima fino “all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario” (testo originario del D.L. n. 361 del 1995, convertito nella legge 437 del 1995) e, quindi, più specificamente, fino “alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005 n. 150” (D.L. n. 361 del 1995, convertito nella legge n. 437 del 1995, come modificato dalla legge n. 269 del 2006).

Tale differimento ha comportato, per espressa menzione normativa, il protrarsi dell’efficacia della disciplina previgente (art. 7 della legge n. 195/58 nella precedente formulazione).

Deve peraltro rilevarsi che l’attuazione delle deleghe di cui alla legge 25 luglio 2005 n. 150 non si è mai del tutto compiuta, non essendo mai stato adottato il decreto legislativo di cui all’art.

2, comma 19, della legge 150/05, “contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie”.

Il termine per l’adozione di tale decreto è spirato il 26 ottobre 2010.

Si tratta, allora, di stabilire quali effetti conseguano dalla citata scadenza.

2 La conclusione appare confermata anche dalla diversa formulazione della norma rispetto all’art. 7 e dalla diversa qualifica e specializzazione dei componenti delle due distinte strutture di segreteria e di ufficio studi. Si noti che per il ruolo di funzionario dell’ufficio studi non era neppure prescritta come requisito necessario la laurea in giurisprudenza, potendo essere assunti laureati in scienze politiche economiche o statistiche

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Deve sul punto certamente considerarsi la finalità assegnata al decreto legislativo in questione, consistente nella sistemazione complessiva dell’ordinamento giudiziario, con annesso coordinamento di tutte le disposizioni legislative del settore . Si tratta, quindi, nella stessa previsione del delegante, di un provvedimento essenziale ai fini dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.

In tale quadro, deve escludersi che il differimento dell’applicazione della disciplina di cui alla legge n. 74 del 1990 contenuto nel testo della legge n. 437 del 1995 come modificato dalla legge 269 possa interpretarsi nel senso che la efficacia delle nuove norme fosse subordinata, nell’intento del legislatore, al termine iniziale costituito dalla scadenza della data entro la quale la disciplina delegata doveva essere adottata.

Tenuto conto, in particolare, dell’essenziale funzione di coordinamento e raccordo del decreto in esame, l’ entrata in vigore delle norme del 1995 risulta chiaramente subordinata dal legislatore all’ effettivo completamento del complessivo assetto voluto dal delegante con la riorganizzazione complessiva della materia ordinamentale.

Si tratta, invero, di un fatto , futuro ed incerto, dal quale il legislatore fa dipendere la efficacia della novella del 1995, che si atteggia, quindi, quale vera e propria condizione di efficacia della nuova disciplina concernente il supporto alle attività del Consiglio.

Ne consegue che, venuta meno la possibilità di adottare il decreto indicato dalla norma per scadenza del termine assegnato dal delegante, è definitivamente, e certamente, tramontata la possibilità che possa realizzarsi la condizione alla quale era subordinata l’entrata in vigore della novella.

La novella del 1995, in altri termini, non è più suscettibile di acquisire efficacia e di venire a comporre l’ordinamento.

La fondatezza di tale interpretazione è, peraltro, confermata anche da un’altra decisiva considerazione.

Il differimento dell’applicazione della legge n. 74 del 90 è stato disposto (nella sua ultima versione che fa riferimento“alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005 n. 150”) dalla legge c.d. Mastella, vale a dire dalla legge n. 269 del 24 ottobre 2006. Tale legge è entrata in vigore dopo l’ordinaria vacatio legis successiva alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, in data largamente successiva alla data di adozione dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione dell’art. 1 della legge n. 150/05, cioè quello sul decentramento, divenuto efficace dal 27 ottobre 2006.

Ciò vuol dire che il legislatore della legge n. 269 quando ha disposto il differimento “alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi…” ha inteso con certezza riferirsi alla efficacia dell’ultimo decreto legislativo contenente proprio il “testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario”. Appare, quindi, assolutamente inequivoca e consapevole la volontà di subordinare l’efficacia della legge n. 74 ad un evento futuro (si badi che il termine per l’adozione di tale decreto era di quattro anni dal 26 ottobre 2006) ed incerto.

La circostanza che la “data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005 n. 150” -e cioè il decreto legislativo contenente il citato testo unico- non sia mai venuta ad esistenza induce ad escludere con certezza che la legge n. 74 abbia mai avuto, o possa avere in futuro , alcuna efficacia.

Del resto, tale ricostruzione è del tutto coerente con la volontà legislativa quale espressa anche nel precedente testo della legge 437/95, la quale subordinava l’efficacia della legge n. 74 alla entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario, cioè ad una riforma complessiva della materia, quale sarebbe potuta essere la riforma attuativa della legge 150/05.

Il coordinamento e la sistemazione della materia non sono, invece, mai stati attuati.

c) Abrogazione implicita della legge 74/90 in parte qua.

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Occorre, peraltro, rilevare che ulteriori decisive considerazioni militano nel senso di una implicita abrogazione, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, di quanto stabilito in materia dalla legge n. 74 del 1990 con conseguente, attuale, inapplicabilità di tale disciplina.

Gli artt. 73 e 7 bis non si limitano a prevedere la sostituzione dei magistrati addetti alla Segreteria del CSM con un determinato numero di dirigenti amministrativi ma disegnano in modo completo l’assetto amministrativo dell’intero ruolo del personale del Consiglio superiore della magistratura, individuando nei dettagli la pianta organica di tutto il personale (segreteria ed ufficio studi) e le relative modalità di selezione ed assunzione.

E’ configurato il seguente assetto: quattordici dirigenti di segreteria, ventotto funzionari della carriera dirigenziale ed equiparati e della carriera direttiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie, quaranta collaboratori di cancelleria ed equiparati, sessanta operatori amministrativi, trenta addetti ai servizi ausiliari e di anticamera, quattro agenti tecnici e quaranta conducenti di automezzi speciali, oltre a dodici funzionari direttivi, sei funzionari, otto dattilografi e otto commessi per l’ufficio studi, per complessive 210 unità.

Pur avendo il legislatore varato nel 1990 una riforma complessiva di tale portata, demandando invano al Governo di adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge i regolamenti necessari a dare concreta applicazione all’intervento (con la conseguenza che, registratasi la mancata adozione dei provvedimenti attuativi nel termine previsto, nel 1995 l‘efficacia della riforma era stata differita indefinitamente), deve evidenziarsi che il medesimo legislatore, nel 2000 e soprattutto nel 2007, ha adottato l’attuale, diverso e incompatibile, assetto organizzativo del ruolo organico del personale del CSM.

Il D.Lgs n. 37 del 2000, attuativo della legge delega n. 266 del 1999, ha , infatti, dettato una nuova disciplina del personale del Consiglio, fissando in 230 unità complessive -senza alcuna ulteriore distinzione- la pianta organica del CSM.

La legge n. 111 del 30 luglio 2007, poi, all’art. 5, commi 5 e 6, è intervenuta ancor più in profondità, costituendo il ruolo autonomo del Consiglio al fine di garantirne la piena autonomia organizzativa dell’ organo di autogoverno, attesa la sua rilevanza costituzionale, aumentando considerevolmente la dotazione organica e attribuendo a tale organo una piena autonomia in ordine alla facoltà di determinare a mezzo di un regolamento interno, secondo le proprie insindacabili esigenze organizzative, la propria pianta organica in tutti gli aspetti, dai profili economici a quelli giuridici, alle funzioni, alle qualifiche, alle modalità di assunzione, etc. e stabilendo, infine, i criteri di massima ed i limiti economici ai quali il Consiglio è tenuto a uniformarsi.

Tale disciplina non indica né menziona la diversa, ed incompatibile, normativa contenuta nella citata legge n. 74 del 1990 e demanda in via esclusiva al Consiglio di determinare, nell’esercizio

3 In particolare i commi 1, 4, 5, 6 e 7 prevedono:

“1. La segreteria del Consiglio superiore della magistratura è costituita da un magistrato con funzioni di legittimità che la dirige, da un magistrato con funzioni di merito che lo coadiuva e lo sostituisce in caso di impedimento, da quattordici dirigenti di segreteria di livello equiparato a quello di magistrato di tribunale e dai funzionari addetti ed ausiliari di cui al comma 4”…

“4. All'ufficio di segreteria sono addetti, inoltre, ventotto funzionari della carriera dirigenziale ed equiparati e della carriera direttiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie, nonché quaranta collaboratori di cancelleria ed equiparati, sessanta operatori amministrativi, trenta addetti ai servizi ausiliari e di anticamera, quattro agenti tecnici e quaranta conducenti di automezzi speciali.

5. Detto personale è inserito in un proprio ruolo organico autonomo del Consiglio superiore della magistratura, istituito con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura.

6. Sino all'istituzione del ruolo organico autonomo del Consiglio, alle necessità di questo ed altro personale provvede il Ministro di grazia e giustizia mediante comando o distacco su richiesta motivata del Consiglio superiore della magistratura.

7. La segreteria dipende funzionalmente dal comitato di presidenza. Le funzioni del segretario generale, del magistrato che lo coadiuva e dei dirigenti di segreteria sono definite dal regolamento interno.”

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della propria discrezionalità, le funzioni e qualifiche da assegnarsi ai dipendenti e la concreta organizzazione dei propri uffici anche sotto il profilo della dotazione di personale mezzi e competenze, nell’ambito degli stanziamenti di bilancio.

Di tale discrezionalità il Consiglio ha, peraltro, fatto largamente uso, provvedendo a delineare nei dettagli la propria struttura amministrativa secondo canoni e parametri del tutto distinti da quelli previsti dagli artt. 7 e 7 bis citati.

Sono stati, in particolare, adottati un Regolamento Interno approvato con Decreto del Presidente della Repubblica, un Regolamento di amministrazione e contabilità ed un Regolamento di disciplina del personale, il tenore dei quali è del tutto incompatibile con quanto previsto dalla risalente legge 74/90.

A fronte delle molteplici considerazioni sopra formulate, non può fondatamente ritenersi che il legislatore abbia inteso limitare l’efficacia delle normative del 2000 e del 2007 alla sola fase anteriore all’entrata in vigore della disciplina del ’90, atteso che tale opzione interpretativa comporterebbe il travolgimento al contempo di tutte le disposizioni menzionate, relative alla struttura amministrativa dell’organo di governo autonomo della magistratura riportando, senza alcuna plausibile ragione, la situazione e lo status del personale amministrativo alla condizione anteriore all’anno 2000.

Per mera completezza, anticipando quanto si esporrà in seguito, deve sottolinearsi che il legislatore ha manifestato un’implicita valutazione di superamento della disciplina del 1990 anche con il D.L. n. 143 del 2008, convertito nella legge n. 181 del 2008, con il quale è intervenuto sulla disciplina dei limiti e della durata del collocamento fuori ruolo dei magistrati in servizio presso il CSM escludendo che a costoro si applichi il limite temporale decennale previsto per gli altri magistrati che svolgono funzioni non giudiziarie presso diverse istituzioni.

A tali chiare indicazioni legislative, peraltro, il Consiglio superiore della magistratura si è costantemente, anche di recente, attenuto.

A titolo esemplificativo, deve rammentarsi che anche in data successiva alla richiesta di apertura della presente pratica, nelle sedute del 25 – 26 luglio 2012, l’Assemblea Plenaria , all’unanimità, ha disposto che si procedesse al reclutamento di tre magistrati da destinare all’Ufficio studi e documentazione ed alla Segreteria, al fine di colmare le corrispondenti vacanze di organico.

Da ultimo, appare necessario richiamare il disposto del comma 71 dell’art. 1 della Legge 6 novembre 2012 n. 190 a norma del quale “per gli incarichi previsti dal comma 4 dell’articolo 1-bis del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008 n. 181 (tra i quali si annoverano gli incarichi dei magistrati adibiti al CSM), anche se conferiti successivamente all’entrata in vigore della presente legge, il termine di cui al comma 68 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Si tratta, infatti, di una disposizione che rende evidente ed inequivoca la persistente volontà del legislatore di contemplare quale attuale nell’ordinamento la figura del magistrato destinato a svolgere funzioni diverse da quelle giudiziarie presso il CSM.

Alla luce della ricognizione normativa sopra esposta, è possibile formulare alcune considerazioni di carattere generale, non estranee al thema decidendum così come sollecitato all’attenzione del Consiglio con la richiesta di apertura della presente pratica.

La presenza dei magistrati segretari e dei magistrati addetti all’Ufficio studi e documentazione assicura al Consiglio superiore della magistratura un contributo essenziale al sistema di governo autonomo. Il concreto svolgersi dei lavori consiliari, dimostra che tali figure costituiscono un punto di riferimento essenziale ed insostituibile, per competenza tecnica ed indipendenza professionale, nel campo delle peculiari e complesse materie dell’ordinamento giudiziario.

L’impegno di tali magistrati assicura , peraltro, la piena rispondenza dell’attività consiliare al dettato costituzionale che preserva l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.

Le prerogative e le guarentigie che caratterizzano queste figure professionali sono poste a presidio della indipendenza magistratuale, presentando l’attività consiliare molteplici profili di

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stretta connessione ed interferenza con lo svolgimento dell’attività giudiziaria ed il concreto funzionamento degli uffici giudiziari.

In un contesto normativo che consente il collocamento fuori ruolo dei magistrati non solo presso il Ministero della Giustizia o presso altri Ministeri, ma persino presso organismi od enti pubblici nazionali od internazionali per i quali pare, talvolta, quanto meno dubbia la connessione con la materia della amministrazione della giustizia, parrebbe singolare che proprio al CSM sia preclusa la facoltà di fruire di tale essenziale contributo.

2. La sostituzione del Segretario Generale e del Vice Segretario Generale ed il termine di durata dell’incarico dei magistrati fuori ruolo presso il Consiglio

Il giudizio sopra espresso in ordine al definitivo superamento del vigore della normativa di cui agli artt. 7 e 7 bis della legge 195 del 1958 come modificati dalla legge n. 71 del 1990 in parte qua , con tutte le connesse considerazioni ed argomentazioni, deve essere confermato anche con riferimento alla disposizione - contenuta nell’art. 7, secondo comma, del provvedimento citato – secondo la quale “L'incarico (dei magistrati collocati fuori ruolo presso la segreteria del Consiglio n.d.r.) cessa alla metà della consiliatura successiva a quella del suo conferimento; esso si protrae comunque fino al momento dell'effettiva sostituzione, ma non può essere rinnovato”.

Deve, sul punto, ribadirsi che il CSM, a decorrere dall’anno 1995, ha riavviato il collocamento fuori ruolo dei magistrati presso la propria Segreteria, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 361 del 1995, convertito nella legge n. 437 del 1995, senza dare mai applicazione della normativa di cui all’art. 7 nel testo modificato dalla legge n. 74/90.

Pur senza affrontare ex professo la problematica, deve rilevarsi che il Consiglio ritenne, già all’epoca, che i magistrati segretari (come del resto quelli addetti all’Ufficio Studi) fossero sottoposti alla disciplina generale del collocamento fuori ruolo. Tale disciplina, in assenza di disposizioni di fonte primaria, era stata dettata con apposite circolari del CSM le quali avevano fissato in cinque anni continuativi -o in dieci complessivi- il termine massimo del collocamento fuori ruolo.

Nel descritto scenario applicativo è maturata la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006 con la quale il legislatore delegato, nella prospettiva di ridefinire alcuni aspetti dell’istituto della destinazione dei magistrati a funzioni diverse da quelle giudiziarie, ha stabilito, al secondo comma dell’art. 50 del D.lgs. 160/2006, che “il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni con esclusione del periodo di aspettativa per mandato parlamentare o di mandato al Consiglio superiore della magistratura. In detto periodo massimo non è computato quello trascorso fuori ruolo antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto”.

Il Consiglio superiore, ritenendo che si trattasse di disposizione di generale applicazione, vi adeguò la normativa regolamentare secondaria.

La circolare P-2766 dell’8 febbraio 2008, nel testo risultante dalla Deliberazione del 18 marzo 2008, previde, quindi, al par. 3 che “… I collocamenti fuori ruolo non possono protrarsi per un periodo superiore ai cinque anni, né è consentito superare detto limite nel caso di collocamenti fuori ruolo che si susseguano senza soluzione di continuità, con l’eccezione degli incarichi per i quali la legge stabilisca espressamente una durata minima superiore e delle cariche elettive, la cui durata non viene computata ai fini della determinazione del quinquennio.

Trascorso il periodo di cinque anni, prima di essere autorizzato ad un nuovo collocamento fuori ruolo, il magistrato deve rimanere in ruolo per almeno cinque anni; se il periodo trascorso fuori ruolo è inferiore ai cinque anni, il magistrato deve rimanere in ruolo un periodo almeno pari a quello trascorso fuori ruolo, e comunque non inferiore a tre anni”.

La medesima circolare dava atto, allora come ora, delle eccezioni introdotte dal legislatore alla applicabilità di tali limiti temporali, riguardanti, tra gli altri casi (paragrafo 4), i compiti e funzioni da svolgere “presso il Consiglio Superiore della Magistratura limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale”.

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Può affermarsi, quindi, che l’organo di governo autonomo ha ritenuto che non vi fosse spazio per una regolamentazione diversa, e più rigorosa, dei limiti all’attività dei magistrati presso il Consiglio rispetto alla generalità degli incarichi diversi, in considerazione della utilità che essa riveste per l’istituzione, di fondamentale rilievo per il funzionamento del sistema di autogoverno.

I vincoli stabiliti dall’art. 7 l. 195/58 erano stati ritenuti, quindi, superati dalla nuova disciplina primaria introdotta nel 2006.

La correttezza di tale interpretazione è stata, peraltro, sancita definitivamente dalla disciplina introdotta con il decreto legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito nella legge 13 novembre 2008, n. 181.

Il comma 3 dell’art. 1 bis di tale provvedimento prevede, infatti, che “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 2174, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, e successive modificazioni, la destinazione alle funzioni di cui alla lettera M della tabella di cui all'allegato 1 del presente decreto non può superare gli anni dieci5 anche continuativi, fatto salvo il maggior termine stabilito per gli incarichi la cui durata è prevista da specifiche disposizioni di legge”.

Il comma IV della stessa norma stabilisce poi che “I limiti di cui al comma 3 e alla lettera M della tabella di cui all'allegato 1 del presente decreto non si applicano ai magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura ed agli incarichi elettivi”.

Tale innovazione legislativa ha indotto il CSM ad adeguare ulteriormente la regolamentazione secondaria: la Circolare in ordine alla destinazione di magistrati a funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie (Circolare P. n. 29777/2008 del 25 novembre 2008), adottata con delibera del 20 novembre 2008, ha eliminato, infatti, la previsione del limite quinquennale per ciascuna frazione continuativa di permanenza fuori ruolo previsto dalla circolare in aggiunta a quello complessivo decennale.

E’ stata inoltre sancita, in sintonia con la norma primaria, l’inapplicabilità di limiti temporali di legge ai magistrati che svolgano funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale ed il Consiglio superiore della magistratura6.

4L’art. 13 D.L. 217/2001, convertito in legge con modificazioni, dall’art. 1 L. 317/2001, dispone:

1. Gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio, possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale. In tal caso essi, su richiesta degli organi interessati, sono collocati, con il loro consenso, in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita, per l'intera durata dell'incarico, anche in deroga ai limiti di carattere temporale previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza e in ogni caso non oltre il limite di cinque anni consecutivi, senza oneri a carico degli enti di appartenenza qualora non si tratti di amministrazioni dello Stato. … 3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e per gli avvocati e procuratori dello Stato, nonché per il personale di livello dirigenziale o comunque apicale delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, gli organi competenti deliberano il collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita, ai sensi di quanto disposto dai commi precedenti, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare motivate e specifiche ragioni ostative al suo accoglimento. …

5 Nel computo del periodo decennale, ai sensi dell’art. 50, II comma, D.Lgs. 160/2006, non deve poi tenersi conto del periodo trascorso precedentemente all'entrata in vigore della L. 111/2007.

6 paragrafi 3 e 4 della circolare sono stati pertanto così modificati:

paragrafo 3:

“I collocamenti fuori ruolo non possono essere autorizzati prima del conseguimento della seconda valutazione di professionalità, ad eccezione degli incarichi presso gli organismi internazionali per i quali è sufficiente la prima valutazione di professionalità.

Prima di essere autorizzato ad un, il magistrato deve rimanere in ruolo per almeno cinque anni; se il periodo trascorso fuori ruolo è inferiore ai cinque anni, il magistrato deve rimanere in ruolo un periodo almeno pari a quello trascorso fuori ruolo, e comunque non inferiore a tre anni”.

paragrafo 4:

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Il legislatore del 2008, d’altro canto, ha escluso in maniera esplicita e consapevole la sussistenza di qualsiasi limite tassativo alla permanenza fuori ruolo dei magistrati addetti agli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, sia con riferimento alla permanenza continuativa che a quella complessiva.

Si è inteso attribuire, infatti, un regime speciale ai menzionati organi di rilievo costituzionale, ritenendo il loro apporto fondamentale per l’esercizio della funzione giurisdizionale.

A tal fine è stato eliminato ogni vincolo formale e temporale all’utilizzo di risorse umane provenienti dai ranghi della magistratura ordinaria, presumendo , in aggiunta, l’assoluta funzionalità ed utilità delle esperienze maturate dai magistrati presso detti organi, anche in vista del ritorno all’esercizio della attività giudiziaria.

Deve, peraltro, osservarsi con riferimento alla tipologia di incarichi da svolgersi presso il C.S.M., che la deroga disposta dal IV comma dell’art. 1 bis si riferisce genericamente “ai magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura ed agli incarichi elettivi” e non pone, quindi, alcuna distinzione fondata sulla natura della funzione concretamente espletata presso i suddetti organi , sicché ogni interpretazione che sia diretta ad escludere dal regime fissato dalla legge del 2008 talune delle funzioni espletate presso gli organi in esame non può che ritenersi priva di alcun ancoramento alla lettera della legge come pure, per quanto in precedenza detto, alla volontà del legislatore.

La norma primaria, in definitiva, ha eliminato ogni limite di durata al collocamento fuori ruolo dei magistrati presso il Consiglio Superiore della Magistratura, con specifiche ed inequivoche determinazioni che rivelano un’opzione di generale prevalenza delle istanze funzionali dell’apparato amministrativo che presiede alla funzione costituzionale attribuita all’organo. In tali termini il legislatore ha consapevolmente superato ogni diverso avviso espresso nelle soluzioni regolatorie precedentemente adottate.

Ha quindi derogato alla disposizione di cui al comma 2 dell’art. 7 della l. 195/1958, che imponeva un vincolo temporale alla permanenza dei magistrati alla segreteria del CSM, ma anche la disposizione di cui all’art 34 del DPR 16 settembre 1958 n. 916 (norma anch’essa di rango primario), che pure aveva fissato un limite di permanenza quadriennale, coincidente, però, con la scadenza della consiliatura e salva riconferma (norma che pure era già incompatibile con quella dell’art. 7 come modificato dalla legge n. 74 del 1990).

Tali ultime norme sono, come detto, del tutto incompatibili con quelle del 2008.

Per risolvere il contrasto tra le disposizioni in esame non può che farsi applicazione del criterio della successione delle leggi nel tempo , secondo il quale la legge posteriore deroga e supera quella anteriore e di quello della abrogazione per incompatibilità.

Del resto, l’intenzione del legislatore del 2008 di introdurre una disciplina integralmente sostituiva di tutte quelle precedentemente rilevanti nel settore è confermata, ulteriormente, dal fatto che, in passato, quando si è inteso fare salve normative anteriori specifiche e diverse, tale eccezione

“La limitazione temporale di cui al §3, oltre che nei casi previsti dagli artt. 13 D.L. 217/2001 convertito con modificazioni nella L. 217/2001 e 9 comma 5 bis D. Lgs. 303/1999, non si applica:

a) per i magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura e agli incarichi elettivi;

b) per compiti e funzioni da svolgere presso organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e uffici consolari all’estero ovvero nell’ambito di programmi di assistenza o scambio con amministrazioni pubbliche di altri Stati o con organismi internazionali;

c) per gli incarichi di Capo di dipartimento presso il Ministero della Giustizia,

d) per i magistrati investiti di funzioni al vertice di organismi statali o autorità indipendenti, salvo quanto previsto nel secondo periodo del punto 2.

La durata complessiva del periodo fuori ruolo non può, comunque, superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, nell'arco del servizio, con esclusione del periodo di aspettativa previsto dalla legge per l’assunzione di cariche elettive o di mandato al Consiglio Superiore della magistratura.

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è stata espressamente prevista (in tal senso, ad esempio la clausola di salvezza di cui all’ art. 13 D.L. 217/2001, convertito in legge con modificazioni, dall’art. 1 L. 317/2001, in relazione al comma 3 dell’art. 1 bis).

Né appare fondatamente prospettabile un rapporto di specialità tra la norma del ’90 e quella del 2008, atteso che entrambe, secondo il loro tenore letterale, si riferiscono alla categoria dei magistrati che svolgono funzioni non giudiziarie presso il CSM.

Si tratta, invero, di due norme entrambe speciali, essendo pacifico il principio secondo il quale è norma generale quella che disciplina una generalità indeterminata di condizioni soggettive, mentre quella speciale ha ad oggetto un numero determinato, più o meno ampio, di situazioni precisamente individuate.

Entrambe le disposizioni in esame si riferiscono, infatti, ad un ambito di destinatari specificamente ed inequivocamente individuato – cioè ciascun singolo magistrato addetto al CSM, nelle diverse funzioni ivi ricopribili.

La norma del 2008 vanta anch’essa il connotato della specialità e deroga, quindi, secondo i principi generali della successione di leggi nel tempo, alla disciplina previgente.

La conclusione obbligata è, quindi, che il limite temporale dell’incarico fissato alla metà della consiliatura successiva al suo conferimento è abrogato per evidente incompatibilità con la normativa speciale sopravvenuta.

Di tale approdo interpretativo della legge ha preso atto il Consiglio, come detto, adeguando la propria disciplina secondaria.

Nello stesso senso muove, peraltro, come già evidenziato nel paragrafo che precede, il recente intervento legislativo in materia. La legge n. 190 del 2012 ha stabilito, all’art. 1 comma 71, che “ per gli incarichi previsti dal comma 4 dell’articolo 1-bis del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008 n. 181, anche se conferiti successivamente all’entrata in vigore della presente legge, il termine di cui al comma 68 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

La disposizione prevede l’applicazione anche per i magistrati addetti al Consiglio superiore, ed a quelli fuori ruolo alla Presidenza della Repubblica ed alla Corte costituzionale, del termine massimo di dieci anni di permanenza.

Nel confermare, quindi, la persistenza nell’ordinamento giuridico della figura dei magistrati adibiti a funzioni non giudiziarie presso il Consiglio Superiore della magistratura, ponendo un termine tassativo al loro mandato, la norma introduce, al contempo, un ulteriore motivo di incompatibilità e discontinuità con la disciplina del 1990.

Infatti, con riferimento alle figure del Segretario e Vicesegretario generale - che in tutta evidenza rientrano nella categoria dei magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso il Consiglio superiore della magistratura (così il comma 4 art. 1 bis d.l. 143/2008) - il limite alla permanenza previsto all’art. 7 secondo comma in precedenza citato non è più predicabile in quanto, ancora una volta, superato da una disposizione successiva che ridefinisce in maniera innovativa la materia della durata degli incarichi in questione.

Per questi motivi il Consiglio

delibera

1) che, alla luce della disciplina vigente, non deve disporsi la sostituzione del Segretario Generale e del Vice Segretario Generale in carica;

2) che, alla luce delle disciplina vigente, non deve disporsi la sostituzione dei magistrati addetti alla Segreteria ed all’Ufficio studi e documentazione del Consiglio Superiore della Magistratura con il personale amministrativo.»

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