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S O T T O L A T E R R A C È... PRIMO RAPPORTO INDIPENDENTE SULLO STATO DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO DEL CILENTO E DEL SELE

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0828.720114 - unicosettimanale.it - [email protected]

€ 1,0 0 Anno XIII

n°42 del 19 Novembre 2011

Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale: Via della Repubblica, 177 - Capaccio- Poste Italiane - Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Dir. Com. Business Salerno - Abb. annuale 25,00€

PAESTUM Aurelio Di Matteo 2 Lucio Capo 4 Francesco Ambrosio 5 Oreste Mottola 6 AGROPOLI Filippo Romanelli 8 ALTAVILLA Oreste Mottola 11 ALBANELLA Katia Lettieri 3 LAURINO Fabio Cinnadaio 13 ROCCADASPIDEFranca Pazzanese14 ROSCIGNO Vito Roberto 17 BATTIPAGLIA Valerio Calabrese 20

PONTECAGNANOTiziana Troisi 22

Eboli- Periodo nero, nerissimo. Commercio in ginoc- chio. E il megastore Le Bolle, da poco aperto, centra davvero poco. Molte colpe sono del comune di Eboli.

Senza Ici, con poca Tarsu in cassa, con tanti sprechi da eliminare (vedi relazione ispettore ministero delle finanze) l’amministrazione Melchionda non è riuscita ad asfaltare nemmeno via Cupe, la strada che porta al centro commerciale.

CONTINUA A PAGINA18 Da bambino, come parecchi, servivo messa. E per as-

sicurarsi un massiccio intervento di chierichetti in ogni funzione, il frate che gestiva la sagrestia s’era inventato un sistema di tutto rispetto: la gara delle presenze. Co- sicché tu ti mettevi lì, da gennaio a Natale, e officiavi al fianco dei preti qualunque celebrazione solcasse quel sagrato, che fosse roba ordinaria o straordinaria, benedizioni o processioni, matrimoni o funerali.

CONTINUA A PAGINA20

“La sventura e le rose di Pesto vincono

ugualmente l’oblio e la caduta dei

secoli”

Riccardo Bacchelli

BATTIPAGLIA

Getta e vinci

EBOLI

Le mille bolle...

grigio choc

di Francesco Faenza di Ernesto Giacomino

CARICATURA DI PAOLA PAOLINO

articoli a pagina 7 e 9

S O T T O L A T E R R A C ’ È . . . PRIMO RAPPORTO INDIPENDENTE SULLO STATO DEL PATRIMONIO

ARCHEOLOGICO DEL CILENTO E DEL SELE

Capaccio elezioni:

Palumbo c’è

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B ORSA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO . L’agenda dell’edizione 2011

Paestum: un grido di dolore in attesa della city culturale

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N° 4219 Novembre 2011

È quello che Paestum lan- cia a tutti gli ospiti della Borsa del Turismo Archeo- logico, in particolare ai po- litici e agli amministratori a tutti i livelli e di tutti gli Enti! Un Museo che tiene nascosti nei sotterranei re- perti dall’inestimabile va- lore e che vede sempre più decrescere i suoi visitatori, già pochi in assoluto, no- nostante che per la quasi totalità l’ingresso sia gra- tuito; un’area archeologica nella maggior parte co- perta da erbacce e lasciata al degrado dell’incuria;

una cinta muraria avvolta dal buio, assalita da rovi e sepolta da una folta vege- tazione da far concorrenza a quella secolare che in- contrarono i Borbone quando la squarciarono con una strada a lunga per- correnza, che con ironica decisione è stata in seguito denominata Magna Gre- cia; una teoria di orrendi punti vendita di altrettanto orrendi souvenir e alle spalle campi di mais e bu- fale che impediscono ogni tentativo di riportare alla luce l’antica città di Posei- donia; lo stato di abban- dono in cui versa l’area circostante le mura, le su- perfetazioni di costruzioni brutte e degradate, l’uti- lizzo improprio del suolo con costosi e vuoti par- cheggi, l’esposizione a ogni tipo di vandalismo, l’oltraggio degli inutili ra- duni e spettacoli musicali estivi che niente hanno a vedere con i Siti Unesco, sicuramente non sono un buon sostegno alla conser- vazione del riconosci- mento di Patrimonio dell’Umanità come non lo sono per attrarre visitatori, dare identità a una destina-

zione turistica e promuo- vere sviluppo.

Questo è ciò che decenni di insana e inetta ammini- strazione, di Enti locali e di Enti statali, hanno conse- gnato alla visione di turisti sempre più radi. Fra le tante presenze oltraggiose, forse la meno invasiva è proprio quella delle bufale, che possono almeno ricor- dare l’antica offerta propi- ziatrice del loro latte alla dea Luna!

È da ingenui prospettare un’utopia per sottrarre Pae- stum all’abbandono e al- l’incuria e ridare al territorio un futuro di svi- luppo economico promo- vendo finalmente un turismo durevole? È da in- genui cominciare a dare una positiva risposta all’in- dignato centenario Gillo Dorfles o al sogno del prof.

Emanuele Greco? Sono esattamente 182 anni da quando Francesco I mise alla vista dei viaggiatori i tre Templi sventrando l’an- tica città e spezzando in due quel piccolo gioiello di anfiteatro. I visitatori del Museo archeologico de- crescono sempre più, fino a raggiungere l’esiguo nu- mero di diciannove il giorno nonostante “custo-

disca” (è il caso di dirlo!) reperti unici al mondo. A fronte di circa 300 lastre dipinte soltanto 25 sono esposte al godimento dei visitatori, senza contare le stupende tombe, una delle quali, forse la più bella, ri- trovata lo scorso anno gra- zie all’azione della Guardia di Finanza e gia- cente nei sotterranei! Qual è in genere la risposta? Se- condo un’indagine del- l’ISTAT del 2007, è vero che solamente il 29% degli italiani visita un museo e che la spesa per consumi culturali colloca l’Italia al quint’ultimo posto nel- l’Unione Europea; ma sono altrettanto veri lo stato di arretratezza con cui sono gestiti i Musei e il difficile o inesistente dia- logo tra museo e territorio.

In molti casi, infatti, non si è instaurata, e Capaccio ne è un esempio, una produt- tiva e virtuosa relazione tra Museo e Comunità resi- dente, in modo da pro- muovere l’identità territoriale e caratterizzare una diffusa e condivisa identificazione di acco- glienza e partecipazione degli abitanti con un con- testo culturale (City cultu- rale) nel quale sono

custoditi beni e testimo- nianze di grande valore.

Meno che mai si è istau- rato un rapporto tra Museo e tessuto produttivo locale che potesse prospettare, com’è avvenuto negli Stati Uniti e in altri Paesi, dei modelli alternativi di ge- stione o di compartecipa- zione con apporti di risorse finanziarie rivolte a rivita- lizzarne la funzione.

Per Paestum è necessaria la definizione di un diverso modello di partecipazione, attraverso un rapporto al- largato tra Museo, area ar- cheologica, pubblico e territorio. Si è sempre pen- sato che la comunicazione culturale legata al Museo andasse rivolta a un pub- blico “esterno”, dimenti- candosi che per farlo

“vivere” prioritario è il coinvolgimento degli abi- tanti il territorio affinché diventi il luogo del dialogo continuo, dell’interazione, della costruzione condi- visa di un progetto di allar- gamento della conoscenza e d’inclusione sociale.

Non si tratta di “comuni- care” i tre Templi, ma di

“costruire” una City Cultu- rale per offrire un’espe- rienza intellettuale integrata e vissuta. È una

“costruzione” che deve av- venire prioritariamente nel costume e nella condivi- sione della Comunità lo- cale. Aggiungerei, della Comunità allargata all’in- tera Kora pestana: Giun- gano, Trentinara, Roccadaspide, ecc., con il loro apporto di idee, di ri- sorse e di testimonianze. È utopia di un ingenuo so- gnatore? Di certo lo sarà, se nessuno comincerà mai a porvi mano! Togliere le

CONTINUA A PAGINA4 PAESTUM, MUSEONAZIONALE

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V i a M a g n a G r a e c i a 2 8 1 , 8 4 0 4 0 C a p a c c i o S c a l o t e l 0 8 2 8 7 2 4 9 4 9 f a x 0 8 2 8 7 2 0 7 7 5

Termna la sua corsa nella piana di Altavilla, ingrossando il Sele, le cui acque lente e paciose, vanno a mi- scelarsi, alla foce, nel mare dei miti e della storia, là dove approdò Gia- sone e scontò nel culto ad Era gli in- cubi della persecuzione/vendetta di Medea.

Più su, nel pianoro vallivo di Con- trone e Castelcivita, accoglie le acque svenate dal cuore delle grotte con il carico di storia, leggende e miti dei primordi ingigantiti nell’im- maginario collettivo.

Nell’ansa di Mainardi, che nella bella stagione dimentica frane e smottamenti ed è festa di colorati pic-nic all’ombra amica di pioppi a carezza di brezza, rimanda l’eco an- tica di “signori” potenti nei castelli, Ettore Fieramosca in quel di Aquara, i Filomarino a Roccadaspide, e di pratiche de vozionali esaltate in pro- cessioni affollate per San Lucido pro- tettore,da un alto, e Santa Sinforosa con consorte e figli al seguito, dall’al- tro. Al Ponte Sette Luci è abbraccio a riso di trina d’argento con il Fasanella ed il Sammaro a conquista sospirata di vallata, dopo i percorsi tenebrosi nel ventre degli Alburni ed il succes-

sivo erompere a gloria di luce ed, in- fine, il tortuoso zigzagare tra uliveti e vigne.

Nelle gole di Magliano e di Felitto è traslucida ferita dirupante nel verde della macchia, che brucia al sole es- senze mediterranee, è tana sicura a ricovero di lontre, è musica/scroscio di cascata all’incanto dell’Oasi di Re- molino, è fragore a dilavare rocce se- colari alle radici del castello sull’abisso. A Ponto Rotto è litania per la processione di trote a libertà di nuoto nel letto ciottoloso, è sinfonia scrosciante nella gola a rievocare fu- rori di ascetismo della Vergine Ana- coreta di Laurino a pregustare felicità/estasi nei digiuni di Pruno a nuda roccia. E’ riso spumeggiante sotto il ponte, che è memoria di sto- ria su a Piaggine con Santo Simeone sullo sfondo a gloria di sole alla fac- ciata di chiesa antica a veglia di con- trada. E’ rigagnolo murmure al Cervati a caracollo di petti di colline, a cantilena dolce nei fossati in gara/controcanto ai campanacci delle mandrie alla pastura brada. E’

il Calore, il fiume sacro alla Valle omonima, di cui ragccoglie storie alle radici dei paesi e le racconta ad

ondeggiante corso verso il mare. Chi pensa che sia un patrimonio solo della Valle sbaglia di grosso, perchè nella storia e con la storia del fiume rivivono le gesta dei padri antichi os- sificati nel dio guerriero dell’Antese a Costa Palomba e nell’arredo sepol- crale del lucumone Enotrio di Monte Pruno.Ed i ricordi del vissuto storico di un territrorio più vasto si snodano per le antiche vie del sale e del grano con Velini e Pestani ad animare com- merci fin lassù alla Sella del Corsi- cato per scivolare in comodo pendio verso il Vallo di Diano, risalire an- cora verso Atena e, attraverso Gru- mentum, approdare alle coste ioniche di Sibari e Metaponto Oh, il percorso straordinario di sorprese della via antica a collegamento tra i

due mari, il Tirreno e lo Ionio e che fu teatro della grande storia, di guerra e pace, di conflitti e tregue armate, di traffici sereni e razzie violente! E’ una storia da riscoprire ed esaltare anche per arricchire e diversificare la qua- lità dell’offerta turistica immettendo sui mercati un patrimonio straordina- rio, che dal mare penetra e si espande verso l’interno.

Anche per questo, ma non solo, le comunità della Valle del Calore non sono indifferenti al futuro politico amministrativo del comune di Ca- paccio/Paestum, così come uscirà dalle elezioni della prossima prima- vera.

Se il turismo, soprattutto cuturale ed ambientale, è un segmento impor- tante per l’economia del territorio, i futuri amministratori dell’antica Po- seidonia debbono assolutamente colmare la lacuna da ANALFABETI- SMO DI RITORNO sul piano storico culturale sulle risorse delle zone in- terne, mettendo in rete un processo di osmosi e di interscambio tra costa, collina e montagna. Mi auguro forte- mente che ne siano consapevoli e si attrezzino di conseguenza. Ma su questo tornerò a breve, anche perchè sono fermamente convinto che è in discissione il futuro dell’intero terri- torio.

Giuseppe Liuccio [email protected]

N° 42

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19 Novembre 2011

I L FIUME CALORE . Da Piaggine ad Albanella

63 Km di storia e avventure...

La Fancivlla Offerente: Ecco, questo è il nome della tomba di epoca lucana del IV secolo a.c. rin- venuta nel lontano 05 aprile del 1932 in località San Nicola di Albanella. La tomba raffigura, da si- nistra verso destra sul lato lungo, una fanciulla of- ferente. Nella mano destra ha uno skyphos cioè una coppa a forma di tazza, con due piccole anse orizzontali, impostate appena sotto l'orlo. Nella mano sinistra ha una brocca. La fancivlla offerente è raffigurata con capelli rosso rame raccolti in una cuffia nera da cui sfuggono abbondanti ciocche.

I lineamenti del viso sono andati perduti da un

colpo di piccone che ha infranto il lastrone proprio in quel punto, staccando e disperdendo lo stucco e i tratti dipinti. Continuando verso destra si scorge una coppia di lottatori presi nell’atto del combattimento. Si intravede anche un suonatore di un doppio flauto, che era uno degli strumenti a fiato più dif- fusi dell’antica Grecia. Lo strumento è di stampo maschile quindi la tomba potrebbe ricordare qualche atleta, qualche uomo. Invece, sul rispettivo lato lungo si può notare un guerriero rivestito di corazza di panno o cuoio

bianco. Una delle due lastre laterali rappresenta una scena di sacrificio poiché si può ben vedere una testa di vitello appoggiata con un braccio che si leva quasi a sacrificare. Sull’altra la- stra è possibile notare due piccoli vasi probabilmente vasi lustrali, propizia- tori in cui venivano offerti profumi, in- censi per accompagnare il defunto nell’aldilà. La scoperta fu occasionale da parte di contadini intenti a impian- tare un vigneto. Notando un vuoto sotto la zappa iniziarono a scavare fre- neticamente perché si immaginava fosse un tesoro e rovinarono, così, gran parte della tomba. Poco tempo dopo fu avvertita la soprintendenza di Napoli e gli archeologi raccolsero ciò che rimase della tomba poiché molto di essa andò perduto. La tomba fu trasportata al Museo archeologico nazio- nale di Napoli e fu restaurata secondo i canoni del tempo quindi col ce- mento e risulta molto pesante e difficilmente trasportabile. Oggi, invece, è conservata nel deposito del museo. Si spera che la tomba riesca, negli anni, ad approdare sul territorio albanellese per poter dar lustro ai cittadini di una così importante scoperta.

Katia Lettieri

A LBANELLA . Fanciulla offerente, ecco la tomba dimenticata

LA POESIA

Nella sera che annotta nella valle la lontra a fuoriuscita dalla tana Perlustra cauta anse del Calore.

Vi si specchia la luna dal Cervati a gara di chiarore a prima neve.

Aquara ride a grappoli di luci.

lucciole d’oro in volo sui coltivi:

ulivi e vigne a scivolo di fiume.

San Lucido protegge e benedice Federico furente alla vendetta della congiura/orgoglio di baroni.

E Fieramosca, a gloria di eroismo, qui resse feudo a guida illuminata.

E con la brezza alita la storia

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N° 4219 Novembre 2011

Archeologia

La Dea Madre non ha più la sua casa,  invasa dal- l’esondazione del Sele del 2010. Un’alluvione che produsse enormi danni agli agricoltori, allagò le terre basse di Gromola, inondò la Masseria Prucuiali e de- cretò la morte del Museo Narrante di Foce Sele.

Da più di un anno la strut- tura museale è chiusa, no- nostante i cortei di protesta organizzati a Roma dai sin- daci della Piana, con alla testa gli amministratori provinciali, ha chiedere prebende a Gasparri pre- sente e gongolante a Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, prodigo di    pro- messe come se piovesse , ma mai mantenute. Noi martiri dell’inefficiente bu- rocrazia statale siamo ri- masti orfani del Museo di  Hera, che negli ultimi tempi aveva dato un cat- tivo servigio ai 9000 e passa visitatori, rimasti de- lusi dall’impiantistica mu- seale fatta, di suoni gracchianti, immagini sfuo- cate e riproduzioni di pla-

stica spente.

Dal 2001 il Museo Nar- rante aveva assolto, mala- mente, nei periodi in cui ha funzionato,  ad  un mi- nimo di funzione didattica, se pur inficiata dall’as- senza di traduzioni in in- glese, tedesco, francese, spagnolo, russo e cinese.

Le buone intenzioni di va- lorizzare il sito del Santua- rio di  Hera  Argiva, scoperto da  Paola Zan- cani Montuoro e Umberto

Zanotti Bianco negli anni trenta,  aveva  prodotto un esito apprezzabile, ma come si sa di buone inten- zioni sono lastricate le strade degli inferi. Oggi le cinque sale, che ne rac- contano il paesaggio, l’ar- cheologica, l’architettura, la scultura, la tessitura e la scala elicoidale inondata di statuette votive e di odi alla Dea, sono un presidio solitario alla simbologia dell’impossibile. Le istalla-

zioni parlanti rimarranno mute chissà per quanto, i 60 mila euro stanziati per il ripristino della struttura non sono sufficienti, se- condo gli esperti della so- printendenza, perché oltre a rifare gli impianti, biso- gna rifare tutti gli allesti- menti andati distrutti e le opere d’arredo.

Mentre noi sudditi inermi, siamo a disquisire della ca- renza di risorse per far rivi- vere il Tempio di Hera, gli scienziati, sabato 19 no- vembre nell’ambito della XIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico presenteranno il “Progetto di valorizzazione integrata e di fruizione innovativa del settore orientale del- l’antica Città di Paestum” a cura di Arcus s.p.a e della Fondazione Paestum, per un importo di 2 milioni di euro. Paroloni che narrano dell’ennesimo spreco di soldi pubblici per realiz- zare il “Museo Virtuale della  Poliorcetica” nelle torri  27  e 28 sfrattate in malo modo. “Noi, quelli del fare. Voi solo chiac- chiere e distintivo, a tra- stullarvi con i nostri soldi”

Lucio Capo

U N ANNO DALL ALLUVIONE . Struttura ancora chiusa

Il Museo di Hera Argiva marcisce sulle sponde del Sele

SEGUE DA PAGINA 2 macchine dall’area ar- cheologica e dal circuito del Mugello che circonda le mura; eliminare er- bacce, rovi e vegetazione spontanea all’esterno e all’interno delle mura; re- stituire alla sua interezza e dimensione la struttura della Città antica con il ri- pristino della “penetra- zione” umana dalle quattro Porte, ridandole l’antico e originario assetto urbanistico; decongestio- nare il Museo con un’esposizione dedicata (Museo della pittura) con tutte le lastre dipinte e un allestimento di spazi per

rappresentazioni teatrali, concerti, conferenze e mo- stre di richiamo nazionale e internazionale nell’adia- cente ex fabbrica Cirio op- portunamente restaurata e liberata dall’oltraggio dei rovi e dei parcheggi abu- sivi o tristemente cementi- ficati; ripristinare ed evidenziare le sedimenta- zioni della necropoli e del Santuario di Santa Venere finalizzandole a un per- corso religioso pagano-cri- stiano che includa Basilica Paleocristiana, Tempio di Hera Argiva e il derivato Santuario della Madonna del Granato; vincolare l’ex Tabacchificio del vicino

Borgo di Cafasso finaliz- zandolo a Sede museale, culturale, di grandi eventi e di strutture di diversifi- cata accoglienza compati- bile; ripristinare con un percorso ecologico l’an- tica via fluviale che univa la Città antica con la col- lina attraverso il fiume Le Trabe. Certo tutto ciò è ambizioso, ma dopo de- cenni di incuria e sonno- lenza anche un piccolo intervento può apparire utopia; ma altra scelta non c’è se si vuole salvaguar- dare un Patrimonio del- l’Umanità e dare un futuro al territorio.

Aurelio Di Matteo MUSEONARRANTE DIHERAARGIVA

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Capaccio 5

Esimio Direttore, leggo sul giornale, da Lei così egre- giamente diretto, di un ar- rivo e di un ritorno contemporanei anche se dif- ferenti nella loro specificità;

in arrivo, per la città antica di Paestum, 2 milioni di Euro, grosso modo 4 mi- liardi delle vecchie lire, e di un ritorno di un eminente archeologo, il Dott. Ema- nuele Greco. Sarò sincero, esimio Direttore, sono, per me, due eventi che destano una certa preoccupazione alla luce di quello che, pure innamoratissimo di Pae- stum, ho dovuto costatare nella cronologia temporale degli ultimi 45 anni che mi vedono diventato quasi cit- tadino di questa stupenda città. Le dico perché: I 2 mi- lioni di Euro mi fanno pen- sare purtroppo con grande rammarico alle decine di miliardi che negli anni tra- scorsi arrivavano da varie parti nazionali e internazio- nali, compresi i fondi F.I.O.

e che puntualmente hanno sortito effetti deplorevoli e vergognosi; l’altro riguarda il ritorno di questo eccel- lente studioso di archeolo- gia classica al quale faccio tanto di capello come

“Homo Sapiens”, molto meno come “Homo Faber”.

E qui si ripropone, Direttore, la “Vexata Quaestio” che

continua ad essere irrisolta e cioè la gran differenza che passa fra l’”Homo Faber” e l’”Homo Sapiens”; fintanto che continueranno ad arri- vare valanghe di soldi e fin- tanto che non ci saranno imprenditori validi che sap- piano dare concretezza frui- bile al passo con i tempi, sia ben chiaro in totale collabo- razione con l’”Homo Sa- piens” di turno, ebbene anche questa volta assiste- remo alla vanificazione di tali somme disperse in rivoli e rivoletti che non avranno, come sempre, alcun risul- tato pratico ai fini del rilan- cio storico, antropico, architettonico della città greco - lucana - romana di Paestum. Sono stato un mo- destissimo studioso di ar- cheologia, proveniente da

una famiglia della vecchia borghesia mercantile; inna- moratomi di Paestum fin dai miei studi liceali, decisi ap- pena mi fosse stato possibile farlo economicamente, di investire su questa realtà sto- rico, archeologica, ambien- tale, al fine di promuovere un turismo altrettanto sto- rico, archeologico, ambien- tale; agli entusiasmi iniziali confortati, all’epoca, dai ri- sultati positivi subentrarono le prime delusioni quando, volendo mantenermi al passo con i tempi e quindi ampliare la struttura che avevo creato, in termini ri- cettivi più ampi, tale deci- sione mi fu rifiutata dalla sovraintendenza in prima linea e da tanti altri organi di vigilanza preposti, più che alla tutela dell’ambiente alla

tutela dei loro privilegi con- solidati; decisi allora di but- tare la spugna alla fine degli anni ’80, non disposto ad accettare, per la sopravvi- venza della struttura, quella che io, all’epoca, oggi non più, chiamavo la deriva ban- chettistica; ebbene, Diret- tore, ho il coraggio di dire che senza quella soluzione avveniristica e salvifica si sa- rebbe verificata la fine di ogni iniziativa turistico – al- berghiera, con i tempi che marciavano e marciano a passo accelerato e con i tour operator che richiedono solo strutture con centinaia di camere munite di ogni confort. Potrei continuare, Direttore, evocando per esempio il tentativo fatto da me con il Senatore Gaetano Fasolino all’epoca della per- manenza in loco del Dott.

Ing. Di Cunzo al quale inu- tilmente chiedemmo il ren- diconto di una montagna di miliardi dell’epoca, sprecati e buttati al vento senza che la montagna partorisse ne- anche un topolino. Vorrei chiarire e chiudo, che il mio sfogo non mette in dubbio l’onestà e la capacità intel- lettuale di tutti gli archeologi che si sono succeduti negli ultimi 40 anni, quello che invece ho il coraggio di met- tere in dubbio è la loro ca- pacità di trasformare in

concretezza fruibile a livello economico, occupazionale, civico l’enorme giacimento culturale che pone davanti a noi i 1300 anni di storia là davanti a noi in piena vista.

RingraziandoLa per la Sua paziente attenzione, La sa- luto cordialmente.

Mi consenta in ultimo una provocazione che ritengo non lontana da una possi- bile attuazione pratica; visto e considerato che i due terzi dei tesori archeologici di Paestum giacciono inerti ed infruttiferi negli scantinati del museo, propongo, dopo averne stabilita la proprietà originaria in eterno, di distri- buirli nei musei di tutto il mondo in comodato non gratuito che avrebbe un du- plice effetto: quello di un continuo afflusso di denaro fresco e quello di far cono- scere al mondo intero il sito storico, cioè Paestum, da cui tali tesori provengono con un aumento sicuro e signifi- cativo di presenze turistiche.

La ringrazio

Francesco Ambrosio PS: il modestissimo Homo Sapiens che a metà degli anni ‘60 credette in un sogno purtroppo mai realiz- zato in pieno, regalando alla città di Paestum quel gioiel- lino che ancora oggi, sia pure per altre virtù, primeg- gia nella galassia turistico - alberghiera di tale città, sto parlando, mi sia consentito questo piccolo codicillo del Best Western Hotel Espla- nade

N° 421 19 Novembre 2011

L A LETTERA . L’archeologo che ha fondato l’hotel Esplanade

“Paestum, io spaventato dall’uso dei fondi”

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6 Capaccio

L A ROSA DI P AESTUM . L’operazione verità condotta da Fernando La Greca

Ipotesi di ricerca ed esperimenti, riusciti, di coltivazione

N° 42

19 Novembre 2011

“Finalmente la rosa di Pae- stum ritroverà la sua storica e naturale dimora nella zona archeologica di Pae- stum e questo grazie ad un progetto condiviso tra il Parco Nazionale del Cilento e la Sovrintendenza Archeo- logica”. E’ quanto rende noto che l’avvocato Rosario Catarozzi, presidente del

“Centro Studi Socio Econo- mici Paestum 2000”, un’as- sociazione vicina al centrodestra locale.

Ma qual è la verità su queste rose? E’ possibile che a ogni inizio di edizione della Borsa del Turismo Archeolo- gico se ne annunci la rina- scita, che poi non avviene?

E che fine ha fatto il roseto già piantato e costato oltre 256mila euro? Le rose di Paestum germogliavano da rovi appositamente inne- stati. “Ipotesi ardita e fasci- nosa” chiosa Giovanni Guardia, direttore responsa- bile degli “Annali storici di Principato Citra” la presti- giosa rivista di storia che per prima (nel fascicolo del Tomo 2/2010, anno VIII n.2002) ha reso note le con- clusioni alle quali è giunto Fernando La Greca, certo- sino studioso di storia ro-

mana in forza all’università di Salerno. Un’ipotesi che potrebbe continuare ad ap- partenere alla speculazione intellettuale se Filomena De Felice, esperta d’innesti, che opera nel tempo libero nel suo bel giardino in collina ad Agropoli, a pochi chilo- metri da Paestum, dove non mancano le siepi di rovi, non avesse avviato degli esperimenti per verificarne la fondatezza dell’ipotesi formulata da La Greca. Il ri- sultato? Una rosa centifo- glia, non molto profumata, ma di un colore rosa in- tenso, ma molto grande. E’

questa la rosa di Paestum?

Certo è che c’è il riscontro

di fatto a un’ipotesi ancora intellettuale e la risposta al- l’interrogativo sulla quasi improvvisa sparizione di una varietà di fiore sulla quale l’antica Paestum fondò la sua sussistenza economica.

Quella “rosa bifera”, detta così perché fioriva due volte nell’anno, era un ibrido che – se non curato manual- mente dal coltivatore – era destinato a ritornare rapida- mente allo stato naturale di partenza. Che possa essere andata effettivamente così lo racconta anche “L’affresco con rose” che troviamo a Pompei, nella Casa del brac- ciale d’oro. Qui la pianta di

rosa è sostenuta da una canna, più o meno come i contadini fanno oggi con le coltivazioni di fagioli o di pomodori. La pianta di rovo, abituata ad andare per conto suo, doveva essere necessariamente ordinata così, anche per rendere più facile la raccolta.

Di particolare interesse il metodo seguito da La Greca. Il ricercatore ha ri- passato tutte le fonti dispo- nibili fino ad avere

“l’illuminazione” a partire da un brano di uno scrittore tardo latino: Ennodio: “L’at- tività operosa dei pestani fece sì che i cespugli spinosi (dumeta) generassero rose, le quali mediante il lavoro germogliano dagli spini come stelle dalla terra”. En- nodio è un personaggio par- ticolare, è vescovo di Pavia al tempo di Teodorico, scrit- tore di grande erudizione e amante della letteratura pa- gana. La sua intuizione è stata quella rileggere alla let- tera lo scritto di Ennodio sulle rose di Paestum, e non più metaforicamente, e tra- ducendo in modo più pre- ciso dumeta con “cespugli di rovi”. I Pestani non inne- stavano semplicemente le rose tra di loro, “operazione tutto sommato – scrive La Greca – banale, ma sui rovi, o, se si vuole, su arbusti spi- nosi della stessa famiglia (rosacee)”. Continua La Greca: “Il colore è di un rosa intenso, e manca il pro- fumo; ancora non siamo in grado di stabilire se sia bi- fera, per quanto a ottobre abbia messo fuori una nuova gemma con foglio- line. Molto dipende anche dal genere di rosa usato come innesto, e bisogne- rebbe fare numerose prove con rose diverse. Tuttavia pensiamo di essere sulla buona strada, avendo dimo- strato che l’innesto della rosa sul rovo è possibile, e valido anche rispetto alle antiche esigenze commer- ciali, trovando la sua conve- nienza nella produzione di una rosa di notevole gran- dezza, bella a vedersi e ricca di petali.

Non sarà ancora la rosa Pe- stana antica, ma almeno pensiamo di aver ritrovato l’antico modo di lavorare

Pestano, il particolare labor o industria che diede a que- sta rosa una fama imperi- tura”. Fin qui la testimonianza di Fernando La Greca. Sulla questione della “sparizione” di questa rosa così particolare si sono misurati fior di storici e let- terati (da Corrado Alvaro a Eugenio Montale) e a noi piace ricordare il grande ro- manziere Riccardo Bac- chelli (sì, quello del “Mulino del Po”) che il 7 ottobre 1927, su “La Stampa” pub- blicava il suo elzeviro intito- lato “Rose di Pesto” :

“Lungo tutta la costa amalfi- tana ed oltre, in molte re- gioni del Mezzogiorno, si dicono le rose di Pesto per dir la cosa più olezzante e più colorita. Si vuol che i naviganti le sentano odorare fin in mare, e che siano tanto rosse da parer nere.

Eppure, a Pesto, celebrata per le sue rose da Virgilio e da Ovidio e dagli altri poeti latini, rose né rosai non se ne vedono, neppur la mi- nima apparenza. Fioriscono peraltro nella memoria e nella parlata del popolo, e veramente non son morte.

La sventura e le rose di Pesto vincono ugualmente l’oblio e la caduta dei secoli”.

Dall’oblio ha trovato la via per farle tornare, rileggendo gli antichi scrittori, Fernando La Greca

LA SCHEDA.

Le rose di Paestum erano fa- mose nell’antichità per qua- lità e profumo. Virgilio, Properzio, Ovidio, Marziale e altri parlavano di rosai col- tivati a Paestum.Le caratteri- stiche tipiche delle rose pestane sono il colore rosso, il profumo ed il fiorire due volte all’anno. Nell’anti- chità, a partire dal I secolo A.C., a Paestum c’erano ampie distese di colture di rose su terreni fertili che ve- nivano coltivate da persone esperte. Il commercio delle rose era basato probabil- mente su rapide navi di tra- sporto che assicuravano la freschezza di tali fiori. Roma era una delle città che più acquistava rose di Paestum.

Le rose erano utilizzate anche per produrre profumi.

Oreste Mottola Il 4 novembre l’amministra-

zione comunale ha inaugu- rato la seconda edizione di

“Percorsi di luce”. Le zone di Capaccio Scalo, Capac- cio Capoluogo e la zona ar- cheologica di Paestum sono state decorate con luminarie natalizie sul modello saler- nitano, con stelle, pianeti e alberi luminosi a far da co- reografia alle strade capac- cesi. Ogni parrocchia ha avuto una stella cometa da piazzare sul frontone della chiesa e inoltre cinque scritte di auguri luminose lunghe quattro metri sono state collocate nei punti strategici dello snodo viario comunale. Questo progetto sociale e promozionale tut- tavia ha subito suscitato al- cune critiche dalle zone

“rimaste al buio”. Perché le

altre contrade non hanno ri- cevuto anch’esse un’illumi- nazione adeguata? Perché preferire alcune zone e di- menticare altre? Queste op- posizioni al progetto hanno visto subito la replica del- l’amministrazione comu- nale che sul sito del comune ha precisato: “An- cora una volta, come un disco rotto, per il secondo anno consecutivo – dichiara il portavoce dell’Ammini- strazione Marino, consi- gliere Carmine Caramante - siamo costretti a leggere note e comunicati polemici relativi alle luminarie nata- lizie, in particolare alla loro ubicazione.

A chi tenta di creare uno scontro politico anche sulle luci di Natale, non sarebbe dovuta neppure una rispo-

sta, tant’è ridicola la que- stione mossa. Tuttavia, come fatto già lo scorso anno, ribadiamo un con- cetto che ci appare fin troppo semplice. Il progetto

“Percorsi di Luce” è stato realizzato sul tanto decan- tato modello di Salerno città, ovvero luminarie arti- stiche poste nelle strade e nelle zone di maggiore flusso.

Già dall’anno scorso, prima con le luminarie e poi con altre iniziative in primavera ed estate, l’Amministra- zione Marino sta puntando finalmente a valorizzare il centro commerciale natu- rale di Capaccio Scalo, da tempo, innegabilmente, punto nevralgico della so- cialità comunale, quotidia- namente frequentato anche

Il progetto delle luminarie criticato da chi è rimasto al buio

Percorsi di luce accende le polemiche

CONTINUA A PAGINA7 FERNANDOLAGRECA E LAROSA

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Capaccio 7

D IBATTITO AL M ERIDIANA . Il pessimismo di Pietro Desimone. Il pensiero di Luciano Farro

La “Città del mare” di Paolo Paolino tra entusiami e disincanto

N° 42 19 Novembre 2011

Entrare nell’hotel Meridiana di sera è come fare un bagno di luce che ti prende e ti confonde. Il merito è di chi, Pina Barlotti e Pino Greco, che hanno voluto imprimere un carattere forte ma lineare in fase di ristrut- turazione alla struttura. La hall, il bar e lo spazio di relax interni a disposizione degli ospiti, ben completano gli spazi esterni, anch’essi ri- fatti, in un unico ambiente che mette gli ospiti a proprio agio. Il convegno per dibat- tere sulla “Città del mare”, ultima opera letteraria di Paolo Paolino, è stata anche l’occasione per un con- fronto sullo stato del turismo a Paestum. Pino Greco, mo- deratore e padrone di casa, ha gestito bene i tempi del dibattito a cui hanno preso parte, oltre a Paolino, Pietro Desimone, Angelo Valletta, Peppino Pagano, Gerardo Rega, Luciano Farro e Sergio Vecchio. “Una partecipa- zione responsabile presup- pone una conoscenza consapevole del proprio ter- ritorio – ha detto in apertura Greco – e nel nostro caso sarebbe importante non considerare Capaccio Pae- stum una merce di scambio per altri inconfessabili ba- ratti”. Paolino ribadisce visto che “il turismo è il pilastro dell’economia del nostro territorio, visto che anche l’agricoltura è quasi intera-

mente asservita al settore ri- storativo, banchettistico e dell’accoglienza in gene- rale, è da questo settore che bisogna ripartire.” Ecco il perché una “città del mare”

che già esiste deve essere omogeneizzata per andare oltre allo spontaneismo creativo e messo in atto, a proprio rischio, dagli im- prenditori. Desimone, il pessimista, secondo lui

“Paestum ha perso una grossa opportunità perché non siamo stati in grado di capire e investire energie sul patrimonio unico che ci e’

stato dato. Anzi dobbiamo fare mea culpa per averlo in parte demolito. Le colpe sono di tutti! Di chi ha fatto e di chi ha subito. Manca la città e le infrastrutture per il turismo: centro commer- ciale naturale, un’isola pe- donale... Fermiamo il treno e ragioniamo su un piano economico urbanistico e procediamo con decisione.

Solo così, forse, fra dieci anni potremo porci in linea con i bisogni del turista”.

Anche Farro insiste sul fatto che bisogna “omogeneiz- zare il territorio senza fra- zionare più di quanto madre natura e l’opera dell’uomo non abbiano già fatto. Co- niugare la città del mare, quella storica e quella ar- cheologica in una sola en- tità, è imperativo”. Pagano, che con la sua struttura è un

punto avanzato del nuovo modo di fare turismo inte- grato. È il solo modo per an- dare oltre il frammento. Il turismo che c,è viene dallo spontaneismo di una classe imprenditoriale che ha ri- schiato e ha prodotto la ric- chezza che oggi è sotto gli occhi di tutti. Sono certo che siamo nella condizione di poter ripartire ponde- rando bene i passi.” Pagano ha poi spezzato una lancia in favore del grazie ad un turismo legato alla banchet- tistica che “da sempre è stato bistrattato, ma che è grazie alle risorse che ha drenato verso il territorio che oggi siamo qui a par- larne”. Poi, Pagano sottoli- nea la necessità di

“chiamare al capezzale di Paestum il meglio del mar-

keting internazionale per di- mensionare nel modo giusto le nostre imprese per andare a cogliere le nuove ten- denze in ogni tipologia di turismo. Infine – continua Pagano – bisogna dotare il territorio di Infrastrutture ne- cessarie come un polo fieri- stico congressuale, un porto canale e un forte innesto dei prodotti tipici ne tessuto tu- ristico, ristorativo e commer- ciale locale”. Per Rega, presidente di Paestumin, il turismo “deve dare e mo- zioni oltre ai servizi di qua- lità. Rilanciare il turismo vuol dire proprio andare in- contro alle nuove tendenze.

Questo, condito con tutto quello che già abbiamo in essere, può provocare la scintilla di un nuovo giorno per il nostro territorio”. Val-

letta, consigliere comunale, ha introdotto un elemento antropologico sostenendo che “il mare non bagna Pea- stum nonostante i 13 Km di costa. Essa è separata del territorio dall’insormonta- bile “muro” della pineta. Ri- prendiamoci il mare che i nostri antenati conoscevano bene e non disconoscevano il suo valore commerciale.

Poi, bisogna recuperare il patrimonio immobiliare pri- vato delle seconde case che sono rinnegate dagli eredi che le costruirono. La parola passa a Sergio Vecchio, arti- sta pestano che lancia un grido d’allarme: “salviamo il lavatoio di Paestum e diamo un segnale ai turisti che non sono più Ungaretti, Alfonso Gatto, Ghoete ... Ma su ogni comodino degli hotel il viaggiatore dovrebbe trovare uno scritto di grandi scrittori che parlano di Paestum”. In- fine Vecchio rivolge un altro appello: “Riportiamo a Pae- stum i reperti archeologici che sono sparsi in giro per la regione per dare nuova vita a Capaccio capoluogo.”

La velocità, le concretezza e la fretta di fare di Pino Greco. La storia di Paolino.

Il pessimismo di Desimone, le rivendicazioni di Valletta.

Lo sguardo al futuro di Pa- gano. La voglia di aggregare di Rega, Il disincanto di Farro. Le “grida” di Sergio Vecchio.

In questo territorio ci sono molte “isole”. Si dovrebbe tentare di raccordare il tutto per farne un arcipelago...

Magari cominciando con un servizio di trasporto urbano.

Bartolo Scandizzo SEGUE DA PAGINA 6

dai residenti delle altre con- trade di Capaccio Paestum, desiderosi anch’essi di ve- derlo addobbato a festa per il Santo Natale.

Si è poi opportunamente deciso di estendere il per- corso anche in Via Vittorio Emanuele, a Capaccio Ca- poluogo e alla zona archeo- logica di Paestum, altri luoghi storici e simbolici del nostro territorio. Non ci ri- sulta che, in passato, sia stato fatto di meglio, e cre- diamo sia proprio questo che qualcuno non riesce a digerire. Inoltre, proprio per testimoniare il segno del Natale in tutte le zone del territorio, nel progetto è stato previsto di donare a ogni parrocchia di Capaccio Paestum una stella cometa di 4 metri, da porre vicino a

ogni chiesa. Come avvenuto per l’anno scorso, speriamo la polemica possa chiudersi.

Capiamo bene che ogni pretesto è buono per qual- cuno ai fini della propria propaganda elettorale in vista delle elezioni comu- nali 2012. Ma, per cortesia, lasciamo stare il Natale”.

Appunto, lasciamo stare il Natale e concentriamoci su tutto l’anno. Un’illumina- zione adeguata avrebbe si- curamente fatto piacere, forse non ci saremmo sentiti dimenticati, vero, ma per quanto tempo? Sicuramente fino all’8 gennaio poi il buio sarebbe ritornato. La con- trada Laura, dove abito, pro- babilmente come ogni anno si autofinanzierà per instal- lare un po’ di atmosfera na- talizia, e questo è amaro sicuramente.

Tuttavia non è il Natale che deve farci sentire dimenti- cati, né delle luminarie che non ci sono. Manca una piazza, marciapiedi, illumi- nazioni vere, appelliamoci a questo, forse le luminarie è meglio non averle, senza luce il degrado e i problemi restano al buio e non sono visibili, meglio non deco- rare una zona fantasma, penso sarebbe ancora più

inquietante. Non tocchiamo il Natale, dura poco e una lucina illuminerebbe pochi giorni, poi bisogna essere tutti più buoni si sa, allora aspettiamo che passi e poi inizieremo a protestare. Il periodo natalizio dura solo due settimane, abbiamo un anno intero per essere cat- tivi.

Pasquale Quaglia

(8)

8 Agropoli

A RCHEOLOGIA . Finalmente valorizzate le scoperte di Piero Cantalupo

Franco Alfieri realizza il museo a palazzo Cirota

Il Cilento si colora delle bandiere del mondo e ar- riva a questo appunta- mento con una piccola perla in più: il Palazzo Ci- vico delle Arti di Agropoli inaugurato lo scorso 10 aprile presso Palazzo Ci- rota. Antichissima la storia della perla del Cilento e ora raccontata in questo museo che vanta tra i re- perti conservati varie an- fore da trasporto datate tra il VII e il IV sec. a.C., an- core in pietra e in piombo di età greca e romana, un sarcofago decorato con

scene dionisiache prove- niente dalla necropoli di S.

Marco, un’iscrizione del cavaliere M. Tullio Cice- rone del III sec. d.C. E qui il è d’obbligo un pensiero al compianto ed indimenti- cato prof. Piero Cantalupo, fondatore del Gruppo Ar- cheologico agropolese. Il momento cronologico me- glio rappresentato ad Agro- poli è il IV secolo a.C. con i rinvenimenti funerari lu- cani delle contrade Torre S.

Marco, Colle S. Marco, Cupa, Madonna del Car- mine, Marrota e lungo la

Valle di Muoio. Dieci tombe lucane si connotano come tipicamente maschili per la presenza di cintu- roni di bronzo e di lame di pugnali di ferro, la tomba n.6 conserva anche i fram- menti di una corazza. Tre tombe invece sono femmi- nili e caratterizzate dalla presenza di monili e fibule d’argento. Alla più recente storia di Agropoli è dedi- cata un’intera sala dove sono esposti i materiali della necropoli tardo an- tica in località S. Marco che ha restituito, oltre al

citato sarcofago dionisiaco riutilizzato, l’epigrafe cri- stiana che rappresenta uno straordinario e antico do- cumento del culto prati- cato nelle nostre terre. Il museo, oltre alla sala con- ferenze, è stato realizzato con fondi attinti esclusiva- mente al bilancio ordinario del Comune di Agropoli in un periodo difficile per la cultura italiana sottoposta a enormi e indiscriminati tagli da parte dell’ormai ex governo Berlusconi. Per l’anno prossimo è prevista un’integrazione dell’alle-

stimento: si pensa ad una sala dedicata al castello angioino aragonese della nostra città. Palazzo Cirota, finalmente riportato ai suoi splendori e inserito nel per- corso Arte Card, dà lustro ad Agropoli e si pone come anello di congiunzione tra Paestum e Velia, tra le me- raviglie dei templi e la pa- tria di Zenone e Parmenide.

E dire che fino ad un anno fa i reperti erano conservati ammucchiati nelle cassette per i pomodori…

Filippo Romanelli N° 42

19 Novembre 2011

Esiste una grossa confusione, non solo a livello nazio- nale ma anche inter- nazionale. Si parla di partiti politici che sembrano spartiti musicali che cambiano quando si volta pagina. In Italia, an- cora una volta, si gira la pa- gina. Ma questa volta la pagina o è in bianco (forse per un errore di stampa), forse voluto o non voluto, o per la mala fede di certi par- tecipanti al gioco degli zero.

Insomma ti fanno perdere la fede politica. Anche tu, come molti altri, ritieni che la squadra del tuo cuore non sempre sia la migliore, non sempre agisce correttamente per il benessere del popolo, non sempre agisce in ma- niera a dir poco onesta.

“Striscia la notizia” non basta a mascherare tutte le magagne nostrane. Quando dico nostrane alludo al sud ed al nord della beneamata penisola italiana. La percen- tuale degli amministratori non proprio corretti, se- condo alcuni, agisce più per il bene proprio, poi per il

singolo ed infine per la  col- lettività. Certamente non bi- sogna generalizzare. Ma se non tieni un santo in para- diso è quasi sicuro che vai a finire all’inferno.  E l’inferno è quello dove si è costretti a vivere con quattrocento euro al mese e si sprofonda quando da queste quattro- cento euro bisogna togliere le spese per pagare il fitto di casa. Magari una monoca- mera, anche al piano ter- reno. Qua ci sta gente che viaggia in Maserati e gente che non ha nemmeno i soldi per l’autobus cittadino.

Siamo tornati alla barbarie?

Forse!

Un certo lusso sfrenato da parte di potenti ha portato ad una iniqua ripartizione del reddito pubblico. Cioè ci sta chi mangia quattro volte al giorno e chi una sola volta. Magari andando a fare la spesa gratis alla Caritas del paese. Sono gente digni-

tosa, forse sfortunati, forse che non hanno saputo sop- pesare bene le loro poten- zialità morali e fisiche. Certo che affianco a costoro ci sta una caterva di fannulloni in- nocenti, che hanno fatto un corso di fotomodella, di at- tore o attrice, di calciatore, di laureati acculturati medio bassi, di professionisti im- preparati, spesso sfornati da libere scuole che sono di- ventate dei veri e propri su- permercato di titoli. I diplomifici, insomma. Gli enti locali, che pure hanno colpa intrinseca nel loro operato sociale, non si sono dimostrati all’altezza nel ge- stire i poteri a loro concessi da una struttura pubblica fortemente politicizzata che spesso chiude un occhio, spesso tutti e due. Stipendi da diecimila euro e stipendi inferiori ai mille euro per co- loro che devono fare il la- voro di coloro super

remunerati solo perché stanno ai vertici. Il Sud è un appendice del Nord… Sono stato in vacanza “sponsoriz- zata” in Puglia ed ho notato un ordine ed un progresso eccezionale. La stessa città di Salerno costituisce, a mio avviso, un esempio per la ri- nascita del sud. E molti paesi dell’interno del Cilento, col- linari e lontani dal mare, si sono avviati su una produtti- vità a chilometri zero che sfrutta il mercato locale ma anche la richiesta turistica.

Abbiamo nel Cilento dei sin- daci che ci sanno fare ed altri che…Perché questa di- sparità? Forse mancano i controlli? Forse sono fortu- nati? Ma non facciamo ri- dere…

Qui è solo questione di ge- stione della cosa pubblica che si integra con quella pri- vata formando il benessere della comunità. E i partiti???

Ma chi ci crede più. Il Presi-

dente della Repubblica, unico faro in tanta nebbia, rappresenta la nostra spe- ranza di uomini qualunque per la rinascita della nazione inserita in un contesto euro- peo e mondiale. I cavoli no- stri sono diventati anche dell’Europa, ma anche quelli della Grecia sono diventati dell’Europa e quindi anche nostri. Parlare di cifre vera- mente non posso, perché coi numeri vado poco d’ac- cordo. Ma parlare di ricon- versione morale dell’individuo facente parte di una comunità è stato sem- pre il mio chiodo fisso. Se ci sta un uomo che va a lavo- rare in bicicletta è quasi nor- male, ma se ci sta un uomo che va al cinema col Merce- des sorge il sospetto. E se si indaga a fondo quello che va a lavorare in bici, guada- gna diecimila euro l’anno, quello che viaggia in Merce- des superaccessoriato in ora- rio di lavoro per gli altri e non lavoro per lui non fa nemmeno la dichiarazione dei redditi. Altro che equa ri- partizione del reddito pub- blico…

A PARER MIO di C

ATELLO

N

ASTRO

Il bene del singolo non è il bene comune

A9

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Fallita l’operazione di far cadere an- zitempo il sindaco Marino, non c’è stato più un consigliere comunale delle zone costiere, gli è mancato il coraggio o qualcosa che gli somi- glia, di sicuro c’è che Antonio Faso- lino (nella foto) è il candidato più accreditato del centrodestra alle prossime elezioni comunali e che ci sarà, magari a capo di una lista, a capo di anche il maresciallo luogo- tenente Franco Palumbo, da Giun- gano. A destra, insomma, ci sarà un bel po’ di affollamento. La sinistra capaccese, quella più ai maccaruni re zita, è condannata a riaggregarsi intorno a Pasquale Marino, mentre il dottore Gennaro De Caro è inten-

zionato a seguire un percorso che ri- fugga completamente dalle gabbie ideologiche del passato. Su De Caro

converge il voto di un “destro”

come Luigione Barlotti e delle mi- gliori, e più miti, espressioni di della

sinistra capaccese free. Un segno concreto è la trattativa per dare a Gerardo Rega, nuovo capo degli al- bergatori, della vicesindacatura. La candidatura più forte è sempre quella di Italo Voza, vero centro di gravità permanente delle contin- genze politiche. Tutta giocata sulle libere opinioni è la corsa di Nunzio Daniele, la guida turistica. Come sta succedendo per il governo nazio- nale anche a Capaccio è una corsa ad opzionare i tecnici di levatura al- meno municipale. Si comincia da Mario Mello ed Emanuele Greco, ma “bussate” hanno ricevuto anche Bartolo Scandizzo, Pietro De Rosa e Cristina Di Geronimo.

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N° 42 19 Novembre 2011

CAPACCIO. IL PUNTO. Fari accesi su Italo Voza, Gennaro De Caro e Antonio Fasolino

Fasolino sempre più verso l’ufficializzazione della candidatura a sindaco

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10 Altavilla

Il reportage. Due secoli di scoperte in attesa di valorizzazione

Sul perché non ci sono più ritrovamenti archeologici

N° 42

19 Novembre 2011

Dall’ascia neolitica di Cer- rocupo alle necropoli del Foddaro e nella Macchia. E poi gli scavi di San Lo- renzo. Negli anni Settanta e Ottanta, anche sotto la spinta di studiosi locali come Peppino Galardi e Carlo Sassi, questo paese stupiva per la quantità e qualità di ciò che veniva alla luce arando i terreni.

Ora non è più così. Tutto si è fermato. Solo colpa di trattori più potenti e di ara- tri giganteschi? Terra ricca anche di risorse archeolo- giche ancora nascoste quella altavillese. Ci muo- viamo con i piedi nella sto- ria: “Ubicumque pedem indicibus in aliquod histo- riae vestigium ponimus”;

lo disse già Cicerone per l’Italia ma l’affermazione è tanto più vera per un terri- torio, che è davvero un campo aperto per l’archeo- logia. Sì, occorre fare at- tenzione a dove si mettono i piedi, siamo già nell’agro dell’hinterland di Paestum.

Gli occhi devono stare aperti e ci dev’essere vo- glia di cose nuove. Già oltre un secolo fa i fratelli Ferrara scrissero: “Abbon- dano nel tenimento altavil- lese avanzi antichi di ogni maniera ed è specialmente straordinario il numero dei sepolcri. Discorrendo cò più vecchi c’è da restare meravigliati della quantità di tombe venute continua- mente alla luce e conte- nenti armi, monete medaglie, vasi e altri og- getti dei quali essi han sen- tito parlare, o che han visto coi propri occhi. Non v’è contrada dove non ne siano stati rinvenuti”. Era il 1898 e si è continuato a lungo. Archeologi illustri del passato hanno già sca- vato. Viola alla fine del- l’Ottocento al Feo con tombe lucane molto simile al celeberrimo Tuffatore di Paestum; Marzullo negli anni Trenta a Scalareta sco- pre vestigia etrusche; Pe- duto a San Lorenzo negli anni più recenti ci rac- conta del nostro passato bizantino. Alzi la mano chi è in grado di dire dove oggi sono esposte al pub- blico le tombe decorate di

Carillia o il dipinto di As- steas (pittore del V sec. ) trovato a Scalareta e anche quel “capitello di marmo ben lavorato”, trovato a San Lorenzo, descritto da un cronista dell’ epoca e che una “vox populi”

dell’epoca dice che sia stato subito rubato. Per quanto riguarda i materiali archeologici trovati a San Lorenzo per gran parte stanno presso il Centro di Archeologia Medioevale dell’Università di Salerno.

Certamente a disposizione degli studiosi ma negati alla fruizione di un pub- blico più vasto. Migliore fortuna non hanno i reperti (pochi) che sono conser- vati presso il Museo Nazio- nale di Paestum. Non tutto è negativo. Alzi poi la mano chi sapeva che un reperto scavato a San Lo- renzo di Altavilla Silentina ha fatto il giro dei princi- pali musei del mondo, fa- cendo bella mostra di sé.

Si tratta di un’anfora a can- nelures decorata a bande rosso brune e che serviva per contenere l’olio sacro.

E’stata esposta infatti nella mostra internazionale de- dicata ai Normanni. La no- tizia ci è stata fornita diretta mente dal prof.

Paolo Peduto, docente di Archeologia Medioevale presso l’Università di Sa- lerno. Lo studioso ci mette a conoscenza di aver fatto dei rilievi sul terreno che restituirebbero ad Altavilla

Silentina quello che la me- moria storica della gente si è sempre attribuita, il “Por- tus Alburnus”. Esso è pro- prio alla località che ha già un nome rivelatore: Por- tello. Si trova lungo il Ca- lore quasi alla fine di Cerrocupo. Il posto è tra i più conosciuti perché qui c’ è il Mulino dei Cen- namo. Il termine dialettale è Portiello. Parte alta di Cerrocupo, di fronte alla Pietramarotta, contrada di Postiglione. Per Peduto si può cominciare a mettere la parola fine sulla disputa che ha diviso storici e geo- grafi per secoli. Ha comin- ciato Probo Grammatico, che commentando il passo scritto da Virgilio nelle Ge- orgiche sull’Alburno, dice che oltre il monte, vi è un porto con lo stesso nome.

E via via poi tanti altri. Di questi, però, c’era chi lo fa- ceva sorgere vicino a Pae- stum e chi alla confluenza tra Sele e Calore. Ma nes- suna vestigia o traccia è re- stata. Ed è anche per questo che quando si sco- pre che a Portiello, oltre al toponimo, ci sono molte strutture portuali medioe- vali intatte, murature e at- tracchi, si deve prendere in considerazione l’ipotesi che il “portus” era proprio qui. Perché in una zona cosi nascosta? Due sono le risposte possibili. Motivi pratici? Perché vi si eserci- tava anche la pirateria, al- lora attività lecita, e ci

voleva un posto sicuro per nascondersi. Religiosi, per- ché l’Alburno era conside- rato, già dai tempi di Tertuliano una divinità, ai piedi della quale era con- veniente mettersi. Procu- rarsi il cibo era facile perché nel fiume c’era una ricca fauna ittica. Ancora nell’ultimo dopoguerra spigole e orate ne risali- vano il corso in corteo con anguille e capitoni e le trote rosate erano davvero tante. Con la lontra faceva da spazzino e becchino del fiume ed eliminava i pesci vecchi e malati. Ap- pena dall’altra riva correva la romana strada del sale attraversava tutta per far arrivare al Vallo di Diano il prezioso condimento.

Quello stesso percorso servi più tardi ai briganti e alle loro donne (molte le altavillesi!) per le loro scor- ribande. “Portiello” terra di un qualche interesse strate- gico lo era per forza: di fronte ci sono gli Albumi e a pochi chilometri la vec- chia strada consolare che portava a Potenza e in Ca- labria, il bosco di Persano e su tutto dominava quel fiume da sempre teatro di vicende di caccia e d’amore, come di tragici annegamenti e ameni pas- satempi. E’ qui a Cerro- cupo che il corso capriccioso del Calore si placa. Diventa tranquillo e ordinato.

LOCALITÀSANLORENZO, SCAVI ARCHEOLOGICI

CONTINUA A PAGINA11

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L’approssimarsi della sta- gione invernale ed in par- ticolare il periodo delle piogge, provoca grande preoccupazione nello scri- vente per la situazione in cui versa il territorio comu- nale. E’ da premettere che alcune zone di detto terri- torio già sono state più volte interessate, nelle scorse stagioni, da feno- meni alluvionali e franosi.

Lo stato attuale di manu- tenzione e di conserva- zione del territorio è molto carente, infatti da tempo gli enti competenti, non provvedono alla messa in sicurezza ed alla pulizia degli alvei fluviali, delle sponde del fiume Calore e

delle aste torrentizie, non- ché dei fossi di scolo e dei valloni.

Si segnala lo stato di scar- sissima manutenzione che viene fatto ai canali di irri- gazione, che attraversano lungamente il territorio co- munale, così come si se- gnala lo stato di abbandono di molte cu- nette stradali, pertinenze di strade provinciali.

Appare evidente, al co- spetto del quadro sopra descritto, che le preoccu- pazioni dello scrivente sono più che fondate e pertanto chiede agli Enti in indirizzo, ognuno per le proprie competenze, di in- tervenire per attuare i do-

vuti interventi di messa in sicurezza, al fine di preve- nire e scongiurare eventi calamitosi che potrebbero arrecare danni a persone e a cose.

Il Comune di Altavilla Si- lentina, pur nelle difficoltà economiche in cui è co- stretto a vivere, causa i sempre maggiori tagli ai trasferimenti e i vincoli im- posti dal patto di stabilità, ha già eseguito interventi di rimozione di grossi tron- chi di albero dall’alveo del fiume Calore in località Borgo Carillia e interventi di pulizia dei canali, re- stando sempre disponibile a coadiuvare gli enti com- petenti, nella individua- zione ed esecuzione degli interventi necessari.

Si auspica che gli Enti in indirizzo verifichino con assiduità anche l’attività dei propri dipendenti, pre- posti ordinariamente a tale compito, evitando che si dedichino al dolce far niente o a consumare caffè nei bar.

Si fa appello al Signor Pre- fetto, quale autorità di co- ordinamento delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio e al suo spirito istituzionale, af- finché intervenga presso gli enti competenti, per as- sicurare questa Comunità sulla tempestività nell’ese- cuzione degli interventi necessari, in modo che si abbia a scongiurare ogni ipotesi di tragedia annun- ciata.

Antonio Marra Sindaco di Altavilla Silentina

A LTAVILLA . Appello al prefetto del sindaco Marra

“Preoccupato per la tenuta del suolo”

Alburni

19 Novembre 2011N° 42

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FIUME CALORE FERMATO DAGLI ALBERI- NEL RIQUADRO IL SINDACO DI ALTAVILLA

SEGUE DA PAGINA 10 Oggi al posto del vecchio mulino ad acqua c’è un’apparecchiatura indu- strialmente asettica. La tra- sformazione è stata gestita dalla famiglia Cennamo, mugnai da oltre 120 anni.

Sono stati Raffaele e Gof- fredo Cennamo a mettere una bacheca per ricordare la storia di famiglia. Storia di momenti felici e di grandi tragedie individuali e collettive come la tassa sul macinato e il raziona- mento. . . dopo l’ultima guerra. Molto belle sono le pubblicità dei fabbricanti di mulini del secolo scorso. Oltre due secoli un’altra famiglia di mu- gnai, i Marzio, fallirono perché dissanguati per le spese sostenute per inca- nalare il fiume. Per questo

gli subentrò , proveniente dalla vicina Postiglione. Il porto, un mulino. La storia continua. Se è impossibile chiedere campagne di scavo sistematiche c’è da tanto da studiare su quanto è stato già riportato alla luce. O che quello che giace, praticamente abbandonato nei depositi dei musei di Paestum, Sa- lerno e Napoli, sia esposto in un piccolo museo lo- cale che funga da ulteriore attrattore turistico. Su que- st’obiettivo, così minimo, hanno fallito (o peggio, non ci hanno mai provato) le classi dirigenti munici- pali degli ultimi tre de- cenni. Chi viene qui per acquistare della buona mozzarella è probabile che qualche ora la possa dedicare anche ai nostri

reperti. Per arrivare a que- sto risultato non c’è biso- gno solo di locali adatti e investimenti. C’è anche un gap di conoscenza da col- mare. Sugli insediamenti altavillesi d’epoca romana, solo per fare un esempio, si conosce poco o niente.

E’ come se ci sentissimo talmente orgogliosi di una mitica fondazione d’epoca altomedievale del nostro paese da recidere tutti quei legami che ci ripor- tano al nostro status di terra che è stata, più di altre caratterizzata dall’in- contro e dallo scontro di civiltà diverse, e quindi anche greca, romana ed etrusca per poi contami- narsi con bizantini longo- bardi, arabi e normanni e quant’altri sono seguiti.

Oreste Mottola Scrivo di un problema di

pubblica utilità nel quale è coinvolta una media azienda. Lo faccio su un giornale di vecchio presti- gio e blasone. Il giorno dopo arriva la telefonata di ringraziamento, e non è mai scontato che dalle no- stre parti accada, e una ri- chiesta che mi spiazza:

“Quanto dobbiamo dare?”. “Poco, ma mi pa- gherà l’editore”, rispondo.

Io ho la fortuna di scrivere per editori seri che rifug- gono dalla logica del juke box (li ricordate? Mettevi 50 lire e suonava la can- zone preferita,100 e i brani erano tre…) ma ho anche un’atavica incapa- cità di attribuire un valore venale a ciò che faccio. In poche parole sono, dice qualcuno, un fesso. L’ul- timo episodio capitatomi mi fa anche capire i livelli di degrado raggiunti da un certo modo di fare infor- mazione anche dalle no- stre parti. I livelli di guardia sono stati superati da tempo. E mi vergogno dall’essermi dovuto iscri- vere a un ordine profes- sionale dove stiamo tutti assieme nella stessa lista.

Appena me ne daranno la possibilità chiederò, da fesso contento di esserlo, di essere cancellato!

ormo

D IVAGAZIONI

“Io, fesso...”

(12)

12

N° 4219 Novembre 2011

Cilento

Rubrica a cura di «www.astetrasparenti.it»

Via Vernieri, 51 84125 Salerno - Tel. 089-222970 Fax 089-255425 E-mail:[email protected]

fissato il pubblico incanto per il TRIBUNALE DI SALERNO LOTTO UNICO: Piena proprietà di 12.01.2012, h.10, al prezzo base abitazione in Salerno, via Cappelle ridotto E.16.270,00. Per partecipare UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI Superiori, 58, composta da un vano e occorre depositare in Cancelleria entro SI RENDE NOTO accessori al piano 1° e due vani e le ore 12.30 del giorno precedente la che nella procedura esecutiva N° accessori al piano 2° con v e n d i t a , d o m a n d a i n b o l l o e 738/95 R.E., promossa da F.G. corrispondente sottotetto, compresa c a u z i o n e : 1 0 % . O f f e r t e i n Finanziaria Generale e pros. da Banco la scala esterna con loggiato e a u m e n t o : E . 1 . 0 0 0 , 0 0 . M a g g i o r i di Napoli, il G.E. ha fissato il pubblico porticato ed antistante corte, in NCEU i n f o r m a z i o n i e m o d a l i t à d i incanto per il 15.12.2011, h.10, al al fg.1, p.lla 56/1. partecipazione in Cancelleria o

prezzo base ridotto di E.6.599,88. Per consultando il sito .

partecipare occorre depositare in TRIBUNALE DI SALERNO

DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI Cancelleria entro le ore 12.30 del UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI Terreno in Eboli loc.Cozzolino, di giorno precedente la vendita, domanda

mq.2.827 circa, in NCT fg.9, p.lla 319.

in bollo e cauzione:10%. Offerte in SI RENDE NOTO

a u m e n t o : E . 3 0 0 , 0 0 . M a g g i o r i che nella procedura esecutiva N° TRIBUNALE DI SALERNO i n f o r m a z i o n i e m o d a l i t à d i 388/07 R.E., promossa da BNL, il G.E.

partecipazione in Cancelleria o ha fissato l’udienza del 12.01.2012 ore UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI consultando il sito . 10, per la vendita con incanto, al prezzo SI RENDE NOTO

base ridotto di E.74.850,00 lotto 1,

DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI E.11.250,00 lotto 2, offerte in aumento che nella procedura esecutiva N°

LOTTO UNICO:Locale deposito in non inferiori ad E.3.500,00 lotto 1, 636/96 R.E., promossa da BCC di

Roccadaspide via G. Giuliani, p.terra, Giffoni Valle Piana ora BCC di

E.700,00 lotto 2. Per partecipare

di mq.26 circa. In NCEU fg.52, p.lla Battipaglia, il G.E. ha fissato l’udienza occorre depositare in Cancelleria entro

786/4. le ore 12.30 del giorno precedente la del 12.01.2012 ore 10, per la vendita con incanto, al prezzo base ridotto di vendita, le domande di partecipazione

TRIBUNALE DI SALERNO E.21.650,14, offerte in aumento non

all’incanto unitamente alla cauzione inferiori ad E.500,00. Per partecipare UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI pari al 10% del prezzo base d’asta. occorre depositare in Cancelleria entro

Maggiori informazioni e modalità di

SI RENDE NOTO le ore 12.30 del giorno precedente la

partecipazione in Cancelleria o

che nella procedura esecutiva N° 25/09 vendita, le domande di partecipazione

consultando il sito ,

R.E., promossa da Italfondiario, il G.E. all’incanto unitamente alla cauzione d o v e s o n o p u b b l i c a t e a n c h e

ha fissato l’udienza del 12.01.2012, pari al 10% del prezzo base d’asta.

l’ordinanza e la CTU.

h.9, per l’esame delle offerte di acquisto Maggiori informazioni e modalità di ai sensi dell’art. 572 c.p.c., ovvero per DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI partecipazione in Cancelleria o la gara fra gli offerenti ai sensi dell’art. LOTTO 1: Piena proprietà di consultando il sito , 573 c.p.c. (nel caso di più offerte per lo appartamento in Sicignano degli d o v e s o n o p u b b l i c a t e a n c h e s t e s s o l o t t o ) , e l ’ u d i e n z a d e l Alburni via Pastini snc, p.1°, sc.A, di l’ordinanza e la CTU.

26.01.2012 ore 10, per la vendita con quattro vani e accessori, oltre a

DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI incanto nel caso in cui la vendita senza terrazzi, per mq.121,89. In NCEU Immobile facente parte del fabbricato incanto non abbia esito positivo, al fg.28, p.lla 1560/43. Risulta occupato ubicato in Battipaglia fraz.S.Lucia via prezzo base di E.47.000,00, come da dal debitore e dal suo nucleo Chiusa del Bosco, di mq.204,69. Esso CTU in atti, offerte in aumento non familiare. è costituito da un intero ed unico inferiori ad E.2.200,00 nel caso di LOTTO 2: Piena proprietà di locale sottotetto senza divisioni interne, incanto. Per partecipare occorre garage in Sicignano degli Alburni via

ancora allo stato grezzo, anche se in depositare in Cancelleria entro le ore Pastini snc, p.seminterrato, di mq.28. catasto risultano due unità immobiliari 12.30 del giorno precedente la vendita, In NCEU fg.28, p.lla 1560/44. Risulta censite come segue: fg.14, p.lla le offerte di acquisto e le domande di occupato dal debitore e dal suo 263/22 e p.lla 263/23.

partecipazione all’incanto unitamente nucleo familiare.

alla cauzione pari al 10% del prezzo offerto (senza incanto) o del prezzo

base d’asta (incanto). Maggiori TRIBUNALE DI SALERNO i n f o r m a z i o n i e m o d a l i t à d i UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI partecipazione in Cancelleria o

consultando il sito , SI RENDE NOTO

d o v e s o n o p u b b l i c a t e a n c h e che nella procedura esecutiva N°

l’ordinanza e la CTU. 452/96 R.E., promossa da Banco di Napoli ora SanPaolo IMI, il G.E. ha DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI

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