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Giornale di

Geologia Applicata

Volume 9, n. 2 - Anno 2008

ISSN 1826-1256

Rivista dell’AIGA, Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale

Giornale di Geologia Applicata - 9.2/2008

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Giornale di

Geologia Applicata

Volume 9, n. 2 - Anno 2008

Rivista dell’AIGA, Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale

Direttore

Cesare Roda, Università di Udine Comitato Editoriale Il Consiglio Direttivo dell’AIGA

Claudio Cherubini, Presidente (Bari Politecnico)

Giovanni Pietro Beretta (Milano)

Francesca Bozzano (Roma “La Sapienza”) Andrea Camillo Cancelli (Milano Bicocca) Luigi Carmignani (Siena)

Pietro Bruno Celico (Napoli)

Corrado Cencetti, Segretario (Perugia)

Gianfranco Ciancetti, Cons. Presidenza (Pavia) Uberto Crescenti (Chieti)

Mario Del Prete (Potenza)

Walter Dragoni, Vicepresidente (Perugia) Francesco Maria Guadagno, Cons. Presidenza

(Benevento)

Alberto Prestininzi (Roma “La Sapienza”) Mario Luigi Rainone, Tesoriere (Chieti) Cesare Roda (Udine)

Roberto W. Romeo, Cons. Presidenza (Urbino) Sergio Rusi (Chieti)

Gabriele Scarascia Mugnozza (Roma “La Sapienza”)

Nicola Sciarra (Chieti) Paolo Tacconi (Perugia)

Roccaldo Tinelli (Bari Politecnico)

Segretaria di redazione Grazia Martelli, Università di Udine

Obiettivi del Giornale di Geologia Applicata

Il Giornale ha lo scopo di pubblicare ricerche originali, descrizione di casi, rassegne sullo stato dell’arte nel campo della Geologia applicata, intesa nel senso più ampio del termine. Sono inclusi in questa espressione gli studi geologici che hanno rilevanza per l’Ingegneria civile, per la gestione del territorio, per lo sfruttamento delle risorse e per lo sviluppo della sicurezza ambientale. Sono considerati per la pubblicazione anche studi metodologici e rassegne sullo stato dell’arte su specifici problemi. L’obiettivo è quello di contribuire allo sviluppo della Geologia come professione.

© 2008 AIGA. Tutti i diritti sono riservati all’AIGA. Sono autorizzate fotocopie per uso individuale; è autorizzata la riproduzione di parti del volume per uso didattico o scientifico, purché sia citata la fonte. Per ogni altro uso è necessaria l’autorizzazione dell’AIGA.

Il Giornale di Geologia Applicata è un periodico dell’AIGA, Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale, registrato presso il Tribunale di Udine in data 27.03.2006 al numero 10/2006.

Indirizzo della redazione: Prof. Grazia Martelli, Dipartimento di Georisorse e Territorio, Via Cotonificio, 114, 33100 Udine. e-mail: giornale@geoitalia.org.

I singoli Autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli. L’AIGA e gli Autori non si assumono nessuna responsabilità per eventuali danni a persone o cose derivanti dalla utilizzazione di idee, osservazioni o metodi riportati negli articoli del Giornale di Geologia Applicata.

In copertina: Il mulino di San Moro. L’edificio è connesso alla pescaia di Santa Rosa per mezzo di un canale artificiale di derivazione lungo circa 8 km. Per pescaie si intendono gli sbarramenti fluviali realizzati per accumulare acqua che viene incanalata per ricavarne energia. Si veda l’articolo a pagina 215.

Note per gli autori

Lingua. La lingua ufficiale della rivista è l’Italiano, ma sono benvenuti anche lavori in Inglese e, occasionalmente, si accettano anche lavori nelle altre lingue più diffuse della Unione Europea (Francese, Spagnolo, Tedesco). Tutti gli articoli devono essere preceduti da un riassunto in Inglese (Abstract), a sua volta preceduto dal titolo dell’articolo tradotto in Inglese. Le didascalie delle Figure e delle Tabelle, nella lingua originale dell’articolo, devono avere anche la traduzione in Inglese. Dopo l’Abstract in Inglese, ogni articolo in lingua diversa dall’Inglese inizierà con un riassunto nella lingua dell’articolo.

Invio del manoscritto. Ogni manoscritto proposto per la stampa dovrà essere inviato al seguente indirizzo di posta elettronica: giornale@geoitalia.org. I manoscritti saranno revisionati da almeno due revisori. Gli autori sono invitati a segnalare i nomi di studiosi che potrebbero revisionare il manoscritto, senza che questo costituisca un impegno per la rivista. La politica della rivista per la revisione dei manoscritti prevede che il nome dei revisori non sia segreto, salvo il caso di specifica richiesta da parte dei revisori stessi. L’invio di un manoscritto alla rivista significa che lo stesso rappresenta un’opera di ingegno originale degli autori, che il manoscritto non è stato pubblicato in precedenza e che non è stato inviato contemporaneamente ad altre riviste.

Preparazione del manoscritto. Il manoscritto deve essere preparato con un word processor, con interlinea doppia, in una sola colonna e con ampi margini. L’Abstract in Inglese non deve superare le 150 parole, deve essere formato da un unico paragrafo, non deve contenere citazioni bibliografiche e neppure riferimenti al testo. L’Abstract deve essere considerato come un testo autosufficiente, che può essere diffuso anche separatamente dall’articolo. Il riassunto nella lingua originale dell’articolo può essere più lungo, senza tuttavia superare le 500 parole.

Gli autori sono invitati ad utilizzare la terminologia della IUGS e le unità di misura S.I.

La prima pagina dovrà contenere il titolo dell’articolo il nome (per esteso) ed il cognome degli autori, il nome dell’Istituzione di appartenenza e l’indirizzo e-mail di ogni autore, l’Abstract in Inglese. Dovrà essere inoltre indicato a quale degli autori deve essere inviata la corrispondenza relativa all’articolo (autore corrispondente) e, per quest’ultimo dovrà essere indicato anche l’indirizzo postale e il numero del Fax. Dalla seconda pagina in poi troverà posto il riassunto nella lingua dell’articolo ed il testo dell’articolo. Non utilizzare per il titolo del lavoro il carattere tutto maiuscolo.

Le didascalie delle Figure e delle Tabelle e la Bibliografia dovranno trovare posto in pagine separate da quelle del testo.

Citazioni bibliografiche. Nel testo, le citazioni bibliografiche possono avere due forme: (a) tra parentesi rotonda il cognome (o i cognomi) dell’autore, seguito da una virgola e dall’anno di pubblicazione dell’articolo, (b) il cognome dell’autore (o degli autori) seguito dall’anno di pubblicazione tra parentesi rotonda. Non utilizzare per le citazioni nel testo il maiuscoletto o il carattere tutto maiuscolo. L’espressione et alii è preferita a quella et al. Tutte le citazioni nel testo devono trovare corrispondenza nella Bibliografia e viceversa.

Tabelle. Le Tabelle devono essere compilate in fogli separati e devono essere numerate secondo la loro successione nel testo. Le Tabelle potranno essere accompagnate da una didascalia esplicativa del contenuto. Nel testo si dovranno trovare riferimenti a tutte le Tabelle, nella forma: Tabella 1, Tabella 2 ecc.

Figure. Tutte le Figure devono essere numerate secondo la loro posizione nel testo, nel quale si devono trovare riferimenti a tutte le Figure, nella forma: Figura 1, Figura 2 ecc.

Le scritte presenti nei disegni devono avere dimensioni adeguate, e comunque devono essere leggibili anche dopo l’eventuale riduzione della dimensione del disegno. Nel preparare i disegni sarà necessario tenere conto del formato della pagina di stampa.

Le fotografie devono essere di buona qualità, in modo da essere leggibili anche nella stampa.

Gli autori che rivogliono indietro gli originali delle Figure devono comunicarlo al momento dell’invio del lavoro o, al più tardi, quando restituiscono le bozze.

Bibliografia. I riferimenti bibliografici devono essere riportati in ordine alfabetico, utilizzando il carattere normale, cioè senza maiuscoletto, tutto maiuscolo, corsivo o grassetto. La forma deve essere la seguente: “Cognome, N., 2005. Titolo dell’articolo per esteso. Nome della rivista 24 (2), 234-251”. Gli ultimi numeri rappresentano: il numero del volume, (il numero del fascicolo, se è necessario), le pagine iniziale e finale dell’articolo.

Testo finale per la stampa. Completato il processo di revisione, gli autori dovranno redigere il testo finale per la stampa in forma elettronica e con le seguenti modalità. Il manoscritto dovrà essere suddiviso in differenti files, contenenti rispettivamente: (a) Titolo, Autori, Titolo in Inglese ed Abstract; (b) Riassunto e Testo; (c) Didascalie delle Figure e delle Tabelle; (d) Bibliografia; (e) Tabelle; (f) Figure (eventualmente). Ogni file deve avere un nome che permetta di riconoscere facilmente il contenuto del file.

Il testo deve essere in una sola colonna, con interlinea singola, non giustificato a destra, senza spaziatura alla fine dei paragrafi e con il minimo di formattazione automatica.

Bozze. Sarà predisposta una sola serie di bozze, che saranno inviate all’autore corrispondente per essere controllate prima della stampa. E’ necessario che gli autori non facciano sulle bozze correzioni che consistono in una modifica del testo accettato per la stampa.

Estratti. Di ogni articolo saranno predisposti 25 estratti gratuiti. Ulteriori copie degli estratti devono essere ordinate, a pagamento, in occasione della restituzione delle bozze.

Contributo per la stampa. L’Aiga richiede agli autori un contributo per la stampa pari a 18 Euro per ogni facciata del lavoro.

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ISSN 1826-1256

Giornale di

Geologia Applicata

Volume 9, n. 2 - Anno 2008

Idrogeologia applicata in aree urbanizzate

Guest Editors: Roberto Mazza e Giuseppe Capelli

91 Presentazione

93 Applicabilità del metodo GALDIT per la valutazione della vulnerabilità di acquiferi costieri siciliani. Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L.

103 Modello di flusso della falda per lo studio di impatto ambientale di un campo pozzi nella Provincia di Milano. Puppini U., Gorla M., Remonti M., Rainero A.

113 Applicazione di un modello matematico per la protezione delle R.I.S.: il campo pozzi di Rivalta Torinese (TO). Quaranta N., Cogo E.

125 Modello preliminare di flusso e di trasporto di calore nella Provincia di Verona. Rainero A., Nucci E., Puppini U., Remonti M.

133 Studi idrogeologici in ambito urbano: gli esempi del VI e XI Municipio della Città di Roma.

Capelli G., Mazza R., Taviani S.

153 Progettazione di un geodatabase per la gestione delle risorse idriche: Geodatabase CISS.

Rossetto R., Baldi B., Perna M., Carmignani L.

163 Valutazioni sui problemi connessi con il flusso tra acquifero superficiale e acquiferi profondi attraverso pozzi per acqua e delle possibili strategie di intervento: il caso della Pianura Padana piemontese. Menegon A., Clemente P., De Luca D.A.

175 Scenari idrodinamici nella piana ad Oriente di Napoli (Italia), nell’ultimo secolo: cause e problematiche idrogeologiche connesse. Allocca V., Celico P.

199 Modellizzazione del bilancio idrico ed azotato della pianura Reggiana per la valutazione della capacità di attenuazione dei suoli all’inquinamento delle acque sotterranee da nitrati di origine agricola. Fumagalli L., Guermandi M., Laruccia N.

207 Caso di studio di un acquifero freatico a doppia porosità. Caratterizzazione, modellazione numerica e bonifica di un sito contaminato da solventi clorurati. Gigliuto A., Tangari D., Tognoni A., Cremonesi M.

215 Applicazione di tecniche di mappatura ad alta risoluzione nel fiume Arno (Firenze). Segoni S., Morelli S., Kukavicic M., Camorani A., Catani F., Ermini L.

227 Relazioni temporali pluridecennali di dati pluviometrici, idrologici e piezometrici nella pianura lombarda tra Ticino e Oglio. Bonomi T., Canepa P., Del Rosso F., Rossetti A.

249 Modellazione di flusso a densità variabile di un acquifero freatico salinizzato. Piccinini L., Vincenzi V., Gargini A.

Rivista dell’AIGA, Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale

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Presentazione

Il rapporto tra gli insediamenti urbani e i corpi idrici superficiali e sotterranei è intrinsecamente legato alle motivazioni che hanno portato l’uomo a scegliere determinati siti per lo sviluppo delle città stesse. In tali motivazioni si individuano la difesa della città, il vantaggio offerto dai trasporti su vie d’acqua, la disponibilità di energia idraulica, le risorse idriche per gli usi potabili ed industriali. Negli ultimi decenni l’equilibrio tra ambienti fortemente urbanizzati e risorse idriche è decaduto, aprendo serie problematiche ambientali e di uso compatibile. Sempre più gravi, infatti, sono divenuti i fenomeni di inquinamento e di depauperamento dei corpi idrici. Recentemente, inoltre, si sta sviluppando, senza una particolare pianificazione, lo sfruttamento delle risorse idriche sotterranee per l’uso dell’energia geotermica a bassa entalpia.

A fronte di tale ampio scenario, questa iniziativa editoriale si propone di illustrare lo stato dell’arte degli studi idrogeologici applicati alle diverse realtà metropolitane nazionali, raccogliendo i contributi presentati nella sessione tematica T32 – Idrogeologia applicata in aree urbanizzate, al Sesto Forum Italiano di Scienze della Terra, Geoitalia 2007, che si è tenuto a Rimini tra il 12 e il 14 Settembre 2007

In particolare, gli argomenti trattati sono: la definizione dei complessi idrogeologici e della circolazione idrica sotterranea; l’individuazione dei fenomeni sorgivi; la valutazione della risorsa idrica sotterranea; l’interazione tra acque di falda e infrastrutture; il regime idrologico dei corsi d’acqua e le sue modifiche a seguito degli interventi antropici; gli scambi falda-fiume;

l’espansione urbana in relazione al reticolo idrografico; la riqualificazione del reticolo idrografico;

la qualità delle acque; la vulnerabilità della risorsa idrica; le reti di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee e l’idrogeologia applicata alle possibilità di trasporto di calore per l’uso dell’energia geotermica.

Le complesse realtà idrogeologiche e urbanistiche richiedono sempre più spesso l’utilizzo di Sistemi Informativi Territoriali e software specifici per la modellazione numerica degli acquiferi.

Tuttavia si nota che a volte l’approccio matematico al problema non è sempre suffragato da configurazioni del modello fisico di riferimento sufficientemente approfondite, specialmente laddove ci si riferisce a territori di ampia estensione. E’ comunque interessante notare come per alcune grandi aree metropolitane italiane, si disponga di schemi di assetto geologico – strutturale molto approfonditi, anche nella terza dimensione.

Ci si auspica che il futuro della ricerca sia rivolto alla definizione di modelli integrati che coniughino gli schemi di circolazione con la definizione dei plume di propagazione e diffusione delle anomalie termiche e chimiche, nonché affrontino il problema della parametrizzazione idrogeologica e geotecnica dei complessi litologici.

Roberto Mazza e Giuseppe Capelli

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Giornale di Geologia Applicata 9 (2) (2008) 93-102 - doi: 10.1474/GGA.2008-09.2-01.0231

Applicabilità del metodo GALDIT per la valutazione della vulnerabilità di acquiferi costieri siciliani

Antonio Cimino

1

, Claudia Cosentino

1,2

, Antonino Oieni

1,2

, Luigi Tranchina

1

1Dipartimento di Fisica e Tecnologie Relative, Università di Palermo, 2Ph.D. Student in Geologia, Università di Palermo cimino@unipa.it, cosentino@difter.unipa.it, oieni@unipa.it, tranchina@difter.unipa.it

Applicability of GALDIT assessing vulnerability model in Sicily coastal aquifers

A

BSTRACT

: In the frame of hydrogeological studies carried out in the Nebrodi region (North-East Sicily), vulnerability aspects have been carefully considered. This area includes notable water reservoirs with high hydrogeological risk of pollution. Besides a number of scientific contributions, intrinsic vulnerability has been already estimated in the further vulnerability evaluation by the GALDIT system, applied in few coastal areas of the world. This point-count

to intrusion phenomena. So, from the application of a relatively simple equation, GALDIT indexes can be evaluated, in this way classifying the surveyed area on the basis of pollution vulnerability.

Key terms: Pollution vulnerability, Coastal aquifers, Point and count systems, GALDIT, North-Eastern Sicily

Termini chiave: Vulnerabilità all’inquinamento, Acquiferi costieri, Metodi a punteggi e pesi, GALDIT, Sicilia Nord- Orientale

Riassunto

Nell’ambito degli studi sulle caratteristiche idrogeologiche e sul rischio d’inquinamento degli acquiferi nella regione dei Nebrodi (Sicilia Nord- Orientale), in questa nota è stata presa in considerazione la piana costiera di Acquedolci. Quest’area, assieme ai rilievi circostanti (Pizzo Castellaro, Monte San Fratello), costituisce un apprezzabile reservoir idrico in una regione i cui acquiferi si presentano generalmente molto vulnerabili nei confronti dell’inquinamento. L’area di Acquedolci è già stata oggetto di numerose indagini a carattere interdisciplinare, le quali hanno consentito di delineare importanti proprietà degli acquiferi ivi presenti.

Tali indagini, che hanno anche riguardato analisi idrogeochimiche e campagne di prospezioni geoelettriche, hanno condotto ad interpretazioni integrate sulle condizioni idrostrutturali e qualitative degli acquiferi costieri e montani, con la delineazione delle principali direttrici di scorrimento delle acque sotterranee. A coronamento di questi studi, è stata elaborata una prima valutazione della vulnerabilità intrinseca all’inquinamento tramite il noto sistema SINTACS, applicando tale protocollo nella rigorosa determinazione dei suoi sette parametri fondamentali. Qui gli Autori propongono e discutono un ulteriore, innovativo sistema di elaborazione della vulnerabilità, che prende il nome di GALDIT, dalle iniziali dei sei fattori che ne costituiscono l’essenza. Con

l’applicazione di questa metodologia, la vulnerabilità viene in particolare valutata nei confronti del fenomeno dell’intrusione marina, che è tipico delle aree litorali antropizzate e, quindi, anche della piana costiera di Acquedolci, dove gli insediamenti turistici e l’agricoltura intensiva hanno prodotto un crescente deterioramento degli acquiferi. Qui l’uso e l’evoluzione del territorio rischiano di avviare crescenti porzioni della fascia costiera verso densità abitative nei complessi urbani incompatibili con la razionale utilizzazione delle risorse idriche nel loro complesso. L’indice GALDIT e la relativa cartografia hanno consentito di identificare le aree non soltanto maggiormente suscettibili ad essere interessate da questa particolare sorgente di contaminazione, ma anche effettivamente vulnerate in corrispondenza dei punti d’acqua censiti, integrando la preventiva zonazione di vulnerabilità intrinseca del territorio precedentemente realizzata con il metodo SINTACS. Infine, viene condotta una discussione sulle limitazioni e sulle possibilità offerte dal nuovo metodo, con l’intento di proporre alcune modifiche sulla base delle peculiarità locali di applicazione.

1. Introduzione

Oggi uno dei problemi di maggiore interesse nell’ambito della gestione ambientale è sicuramente la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi. La qualità delle RIS Acquedolci coastal plain by SINTACS system, together with a set of parametric maps. In this paper, Authors propose a

is characterized by a relative pre-determined weight (ranging from 1 to 4), depending on its own influence with respect

system model is founded on the evaluation of six particular factors, that likely control sea encroachment. Each parameter

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Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

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(Risorse Idriche Sotterranee), che rappresentano un’importante fonte naturale di approvvigionamento idrico e sono utilizzate per soddisfare il fabbisogno della popolazione, sia dal punto di vista degli usi civili che industriali ed agricoli, è costantemente messa in pericolo da sorgenti potenziali di inquinamento, soprattutto di origine antropica. Questa situazione assume una gravità ancora maggiore se si considera che la quantità di risorse idriche necessarie alla popolazione mondiale è in progressivo aumento; tutto ciò conduce quindi alla necessità di mettere a punto metodi sempre più affidabili volti alla determinazione del grado di rischio da inquinamento esistente in una certa area.

Per questo motivo la tutela delle RIS rientra tra le priorità espresse dalle recenti normative in materia di risorse idriche; strettamente connesso alla tutela delle RIS è l’aspetto della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento. A partire dagli anni Ottanta sono state proposte da diversi autori, sia italiani che stranieri, una serie di definizioni di vulnerabilità naturale di un acquifero; tra le tante, Civita (1987) definisce come vulnerabilità propria di un sistema acquifero “la suscettibilità specifica dei sistemi acquiferi nelle loro diverse parti componenti e nelle diverse situazioni geometriche e idrodinamiche, ad ingerire e diffondere, anche mitigandone gli effetti, un inquinante, fluido o idroveicolato, tale da produrre impatto sulla qualità dell'acqua sotterranea nello spazio e nel tempo”.

Una volta stabilita in maniera univoca la definizione di vulnerabilità, bisogna però riconoscere che la vulnerabilità di un acquifero è di certo un parametro strettamente dipendente, oltre che dalle caratteristiche intrinseche dell’acquifero stesso, anche dalle diverse tipologie di inquinanti che possono entrare in gioco.

L’approccio migliore sarebbe quindi quello di valutare la vulnerabilità all’inquinamento in relazione ad un gruppo specifico di inquinanti (per esempio sostanze organiche, metalli pesanti, fertilizzanti per usi agricoli, etc.) in modo da elaborare carte di vulnerabilità specifica per una certa area ed un certo tipo di inquinante (Foster, 1987). In questa direzione hanno lavorato diversi Autori contribuendo alla realizzazione di mappe di vulnerabilità specifica, ad esempio nel caso d’inquinamento da nitrati usati in agricoltura (Canter et alii, 1987). Il problema sta nel fatto che una cartografia di questo tipo richiede una quantità di dati che sono difficilmente disponibili; per cui nel corso degli anni è stato proposto l’utilizzo di alcuni metodi, sempre finalizzati alla valutazione della vulnerabilità di un’area, che prendessero in considerazione esclusivamente le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero considerato; tra i tanti, vengono qui ricordati i seguenti, estesamente applicati in numerose regioni:

- il DRASTIC, secondo un sistema empirico proposto dall’Agenzia Americana per la Protezione dell’Ambiente (USEPA), finalizzato alla valutazione dell’inquinamento

potenziale che potrebbero subire le acque sotterranee su scala regionale (Aller et alii, 1987);

- il GOD, proposto da Foster (1987);

- il SINTACS (Civita, 1994; Civita e De Maio, 2000).

Inoltre, è stato recentemente sviluppato e proposto il metodo COP con lo scopo di valutare la vulnerabilità intrinseca degli acquiferi carbonatici con differenti livelli di carsificazione (Vías et alii, 2006).

2. Definizione della problematica

I metodi convenzionali a cui si è in precedenza accennato sono in grado di distinguere i diversi gradi di vulnerabilità che caratterizzano una data area, ma al tempo stesso risultano affetti da evidenti limitazioni, poiché - per esempio - un acquifero che è altamente vulnerabile rispetto ad un contaminante potrebbe esserlo in misura alquanto minore rispetto ad un altro. È proprio per questo motivo che vengono distinte due principali classi di vulnerabilità: la vulnerabilità intrinseca e la vulnerabilità specifica (Daly et alii, 2002); la prima è la suscettibilità delle acque sotterranee ai contaminanti prodotti dalle attività umane, prendendo in considerazione le caratteristiche idrogeologiche di un’area, ma è indipendente dalla natura del contaminante e dallo scenario della contaminazione. La seconda, invece, prende in considerazione le proprietà fisico-chimiche del contaminante e le sue interazioni con quelle dell’acquifero considerato, assumendo quindi, come esprime l’attributo, un carattere di maggiore specificità in base ai contaminanti che vengono presi in considerazione.

In base alla citata definizione di vulnerabilità di Civita (1987), gli esempi più immediati a cui fare riferimento, quando si pensa ad un acquifero vulnerabile all’inquinamento, sono le contaminazioni della falda causate da scarichi fognari (civili e/o industriali), o dall’immissione di prodotti chimici altamente tossici (agricoltura), ovvero da tutti quegli elementi chimici, immessi in atmosfera dalle industrie, che raggiungono il suolo ed il sottosuolo per mezzo delle acque meteoriche.

Tutti questi fattori sono sicuramente importantissimi e da

tenere in considerazione, ma oggi un altro fattore di

rischio, non meno pericoloso per la qualità delle RIS in

prossimità della linea di costa, è rappresentato dalla

contaminazione delle acque dolci della falda a causa

dell’intrusione di acque salate di provenienza marina. Gli

acquiferi situati in zone costiere, infatti, negli ultimi anni

sono sempre più soggetti al fenomeno dell’intrusione

marina; questo fenomeno è particolarmente evidente in

aree marino-costiere caratterizzate da un elevato numero

di pozzi, specialmente se in acquiferi sovrasfruttati e

laddove la litologia dei terreni tenda a favorire o, meglio,

a non ostacolare la migrazione delle acque marine dalla

linea di costa verso l’entroterra. In particolare, il

fenomeno di salinizzazione degli acquiferi costieri

diventa più evidente nelle aree in cui l’estrazione di acqua

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Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

dolce, attraverso pozzi ubicati in prossimità delle fasce costiere, avviene più velocemente della velocità alla quale si ricaricano i corpi idrici coinvolti nel processo di sfruttamento della falda.

È per questo che negli ultimi anni è stato suggerito un nuovo modello di valutazione della vulnerabilità di un’area, applicabile unicamente a zone costiere, in cui si è in presenza di vulnerazione della falda a causa dell’intrusione marina. Questo modello, noto come GALDIT, è stato recentemente proposto nell’ambito del progetto COASTIN (Chachadi e Lobo-Ferreira, 2001) ed applicato, fino a questo momento, in India nella regione di Nord Goa (Chachadi et alii, 2003; Chachadi e Lobo- Ferreira, 2005), nell’acquifero di Monte Gordo in Portogallo (Chachadi et alii, 2005), nell’isola Terceira nelle Azzorre (Novo e Lobo Ferreira, 2007) ed, in Italia, soltanto nella zona di Arborea, in Sardegna (Barrocu et alii, 2006). Il metodo, come spiegato meglio più avanti, ha sicuramente dei vantaggi, primo tra tutti quello di mirare alla determinazione della vulnerabilità di un’area dovuta esclusivamente al mescolamento delle acque di falda con acque salate di origine marina (vulnerabilità specifica); la conoscenza della causa che provoca la situazione di rischio considerata permette, infatti, di definire con più precisione quali sono i fattori che entrano

in gioco e, quindi, quelli che hanno una maggiore o minore influenza nell’instaurarsi delle condizioni di vulnerabilità. Nonostante questo, il metodo GALDIT sembra mostrare qualche punto debole nel senso che, da un’attenta analisi dei parametri presi in considerazione, l’opinione degli Autori di questa nota è che alcuni di essi andrebbero rivisti o dovrebbero avere un peso diverso da quello proposto dagli Autori.

3. Lineamenti idrostrutturali dell’area di Acquedolci

La piana di Acquedolci è compresa nella cintura costiera della regione siciliana dei Nebrodi, lungo la fascia settentrionale dell’Isola. Essa si trova delimitata da una serie di rilievi carbonatici nel suo margine meridionale (Pizzo Castellaro e Monte San Fratello, Figura 1), mentre ai suoi bordi occidentale e orientale è demarcata da due corsi d’acqua a carattere torrentizio (le fiumare Furiano ed Inganno rispettivamente).

La principale copertura geologica è data da depositi alluvionali quaternari, sovente terrazzati secondo degli ordini ben riconoscibili e che possono essere riscontrati nelle piane limitrofe.

Figura 1. Schema idrostrutturale della Piana di Acquedolci. (1) unità sabbioso-ghiaioso-arenacea quaternaria; (2) unità sabbioso- arenacea quaternaria; (3) unità argilloso-marnoso-arenacea; (4) unità calcareo-dolomitica mesozoica; (5) isofreatiche dell’acquifero superiore (metri sul livello del mare), riferite ai punti d’acqua riportati in Figura 2.

Figure 1. Hydrostructural scheme of the Acquedolci Plain. (1) Quaternary sandy-gravelly-arenaceous unit; (2) Quaternary sandy- arenaceous unit; (3) clayey-marly-arenaceous unit; (4) Mesozoic calcareous-dolomitic unit; (5) contour lines of piezometric level (m above sea level), referred to wells in Figure 2.

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Figura 2. Ubicazione dei pozzi nell’area di Acquedolci; il diametro dei cerchi è proporzionale alla concentrazione dello ione cloruro nel pozzo in esame. La scala cromatica si riferisce alla conducibilità elettrica in µS/cm delle acque sotterranee.

Figure 2. Map of the investigated area, exhibiting wells location and distribution of electrical conductivity of groundwater. Size of circles is proportional to chloride concentration. Chromatic scale is referred to electrical conductivity of groundwater (µS/cm).

Questi affioramenti sono in genere caratterizzati da caratteristiche di permeabilità molto variabile in dipendenza della loro granulometria, costituendo acquiferi produttivi con una vulnerabilità all’inquinamento da media ad alta (Cimino et alii, 1997).

È possibile pertanto differenziare, nell’intera area costiera, almeno quattro principali unità idrogeologiche (Abbate et alii, 2003; Cimino et alii, 2002), Figura 1:

1) un’unità sabbioso-ghiaioso-arenacea, comprenden- te le alluvioni quaternarie dei delta torrentizi ed una ristretta fascia litorale, con permeabilità da media ad alta per porosità;

2) un’unità sabbioso-arenacea, affiorante per quasi tutta l’estensione della piana, con un grado di permeabilità media per porosità; quest’unità si mostra in continuità idrogeologica con la prima, costituendo un unico acquifero molto sfruttato principalmente per usi agricoli; in Figura 1 sono pure riportate le curve isofreatiche della corrispondente falda (che chiameremo superiore per distinguerla con quella profonda, descritta più avanti);

3) un’unità argilloso-marnoso-arenacea, la cui composizione - piuttosto complessa - va da frammenti derivanti da complessi metamorfici affioranti nell’interno della regione nebroidea, a terreni terziari flyschioidi; la permeabilità complessiva dell’unità è da bassa a molto bassa, con una funzione di basamento impermeabile alla falda superiore e di tamponamento nei confronti delle direttrici idriche di ricarica provenienti dai massicci interni;

4) un’unità calcareo-dolomitica mesozoica,

rappresentata dai già menzionati rilievi di Pizzo Castellaro e di Monte San Fratello, con permeabilità medio-alta per fratturazione e carsismo: in essa è contenuto un acquifero cospicuo relativamente profondo, che si ritrova al di sotto della piana di Acquedolci e la alimenta attraverso le coltri detritiche delle sue pendici.

I citati rilievi sono inclusi nella ben nota catena costiera siciliana che, con andamento regionale Est-Ovest, rappresenta uno dei più estesi affioramenti carbonatici dell’Isola, con unità calcareo-dolomitiche e flyschioidi.

La circolazione idrica, pur frammentata in funzione delle differenti caratteristiche di permeabilità presentate dalla regione, consente l’emergenza di sorgenti, talora dalla portata notevole, come, per esempio, la sorgente Favara di Acquedolci, che rappresenta una delle principali fonti di approvvigionamento idrico del territorio in esame (Cimino et alii, 2002). La presenza di numerose piccole sorgenti completa tale sintetica descrizione idrostrutturale dell’area di Acquedolci.

4. Il metodo GALDIT

Una delle cause più comuni di contaminazione degli acquiferi costieri è data dall’intrusione delle acque di origine marina; questa tematica, soprattutto negli ultimi anni, è stata ampiamente trattata da Autori sia italiani che stranieri (Demirel, 2004; Di Sipio et alii, 2006; Liu e Cheng, 1997; Melloul e Goldenberg, 1997; Polemio et alii, 2006; Pulido-Leboeuf, 2004; Sodde e Barrocu, 2006;

Yechieli et alii, 2006). Nell’ambito di quest’importante

tematica, di recente è stato elaborato il metodo GALDIT,

appunto finalizzato, in modo ben determinato, alla

(11)

Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

valutazione della vulnerabilità specifica di un’area al fenomeno dell’intrusione marina.

4.1 Descrizione del metodo

Il metodo GALDIT è un sistema a punteggi e pesi basato sulla stima dell’importanza relativa di ognuno dei sei fattori di seguito descritti. L’acronimo è proprio costituito dalle lettere, più avanti indicate in grassetto, caratterizzanti i singoli parametri. L’importanza di ciascun parametro è definita dal peso (che varia da 1 a 4) che gli viene attribuito; ad ognuno di essi corrisponde una scala di valori, compresi tra 2,5 e 10, in modo che a valori più alti corrisponda una più alta vulnerabilità all’intrusione marina.

La vulnerabilità è espressa dall’indice GALDIT, secondo la seguente espressione (Chachadi e Lobo- Ferreira, 2005):

( )

{ } ∑

= =

6 1 6

1

/

i i i

i

i R W

W

dove W

i

ed R

i

sono rispettivamente i pesi ed i punteggi individuati per ciascun parametro.

Groundwater occurrence (tipologia dell’acquifero) Le acque sotterranee di solito costituiscono acquiferi che possono essere confinati o non confinati; stabilire la tipologia di acquifero presente nell’area in studio è molto importante ai fini della valutazione della vulnerabilità all’inquinamento per intrusione marina, in quanto influisce sul grado di estensione dell’intrusione marina.

Gli acquiferi confinati, infatti, sono interessati da questo fenomeno in maniera più intensa rispetto a quelli non confinati. L’acquifero sabbioso-ghiaioso-arenaceo d’Acquedolci è di tipo non confinato; così al parametro G è stato assegnato un valore GALDIT di 7,5 (Figura 3).

Aquifer hydraulic conductivity (Conducibilità idraulica dell’acquifero)

La conducibilità idraulica è la proprietà che descrive la facilità con cui l’acqua, e di conseguenza l’inquinante trasportato dall’acqua, può muoversi all’interno del mezzo considerato; essa dipende strettamente dalla permeabilità intrinseca del materiale e dalla porosità effettiva, differenti nel caso di sedimenti arenacei o sciolti o nel caso di rocce più o meno compatte, quali quelle calcaree, dove assumono rilevanza il grado di fratturazione e l’apertura delle fratture stesse. I dati sulla conducibilità idraulica, presentata dagli acquiferi in corrispondenza dei vari punti d’acqua, sono raramente disponibili: in questa nota sono stati utilizzati in prima approssimazione i valori medi riportati in letteratura per i differenti litotipi (Civita e De Maio, 2000), anche se misure geofisiche eseguite nell’area hanno permesso di circoscrivere aree a maggiore conducibilità idraulica in corrispondenza dei delta torrentizi (Cimino et alii, 2007).

Depth to groundwater Level above the sea (Quota piezometrica della falda)

Nella stima del fenomeno dell’intrusione marina questo

parametro è molto importante in quanto, come enunciato nel principio di Ghyben-Herzberg, determina la pressione idraulica responsabile dell’avanzamento del fronte dell’acqua marina.. La valutazione dei livelli piezometrici della falda ha tenuto conto dei valori effettivamente presenti nella piana di Acquedolci, diversamente da quanto proposto dal metodo

Distance from the shore (Distanza dalla linea di costa) Ragionando esclusivamente in termini di distanza dalla linea di costa, ci si aspetta che il fenomeno dell’intrusione marina sia maggiore vicino la costa e diminuisca progressivamente man mano che ci si sposta verso le zone più interne; infatti, secondo il GALDIT si attribuiscono ai pozzi dei valori che diminuiscono all’aumentare della loro distanza dal mare. L’indice GALDIT è attribuito - come per ciascuno dei sei parametri che lo caratterizzano (rating) - a ciascun pozzo censito nella piana. Le corrispondenti mappe, come quella di sintesi, riportano la sua distribuzione in tutta l’area grazie al processo di elaborazione in ambiente GIS, che ne definisce il valore in tutti i pixel delle matrici correlate.

Impact of existing status of seawater intrusion in the area (Impatto dell’intrusione marina nell’area)

Chachadi e Lobo-Ferreira (2001) hanno suggerito che il rapporto:

[ [ ]

] [ ]

+ 32

3 CO

HCO Cl

dove le concentrazioni degli ioni sono espresse in epm (equivalenti per milione), possa essere usato per quantificare l’intrusione marina in un acquifero prossimo alla linea di costa. Poiché questo rapporto è sempre >100 per l’acqua marina e, generalmente, <1 per l’acqua dolce, in un’area soggetta ad intrusione marina questo rapporto, nelle acque sotterranee, crescerà proporzionalmente all’aumentare dell’acqua marina infiltratasi. Poiché nell’acquifero dell’area studiata la quantità di CO

32-

è sempre trascurabile rispetto alla quantità di HCO

3

, l’equazione precedente viene così semplificata:

[ [ ]

]

HCO3

Cl

.

Questo parametro è evidentemente legato alle condizioni di effettiva vulnerazione della falda, caratterizzando quindi il GALDIT quale metodologia di valutazione della vulnerabilità non prettamente intrinseca, ma integrata con lo stato di concreta contaminazione dell’acquifero.

Thickness of the aquifer (Spessore dell’acquifero)

Lo spessore dell’acquifero è un parametro importante

nella valutazione del grado d’intrusione marina nelle aree

vicine alla costa; i due parametri risultano in una certa

misura in relazione tra loro, per cui il GALDIT correla,

pur in maniera assolutamente qualitativa, il rischio

d’intrusione marina con lo spessore dell’acquifero

(Chachadi e Lobo Ferriera, 2005).

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Figura 3. Mappe tematiche dei sei parametri relativi al metodo GALDIT applicato nell’area di Acquedolci; in particolare per il parametro L è stato variato il range dei valori corrispondenti effettivamente presenti nell’area di Acquedolci, questi valori sono riportati in rosso. Tabelle descrittive dei parametri da Chachadi e Lobo Ferriera, 2005.

Figure 3. Thematic maps of GALDIT parameters as evaluated in Acquedolci area. In detail, the L parameter has been changed (in red), following the real values shown in the examined area (Chachadi e Lobo Ferriera, 2005).

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Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

Le caratteristiche idrogeochimiche e geometriche discusse in precedenza sono desunte da precedenti contributi scientifici (Cimino et alii, 2007), e vengono riassunte in Figura 2, la quale mostra per l’area di Acquedolci l’ubicazione dei punti d’acqua e la relativa concentrazione di cloruri, assieme alle caratteristiche areali di conducibilità elettrica delle RIS. Inoltre, i relativi risultati, ottenuti per i diversi parametri, sono raccolti in Tabella 1, unitamente all’ID dei punti d’acqua ed alle loro coordinate UTM. La Figura 3 mostra la rappresentazione cartografica dei risultati medesimi.

4.2 Applicabilità del metodo GALDIT all’acquifero di Acquedolci

Il GALDIT, si riassume, è essenzialmente un metodo che esprime la vulnerabilità di un acquifero costiero nei confronti dell’intrusione marina, ed è rappresentato da un set di sei parametri che tengono complessivamente conto delle caratteristiche intrinseche del sistema (per esempio la conducibilità idraulica), geometriche (altezza della piezometrica e distanza dalla linea di costa) e di vulnerazione (condizioni effettive di contaminazione marina). Per questo motivo, la sua valutazione si pone come un’integrazione con esistenti metodologie quali per esempio il SINTACS, il quale può invece considerarsi a tutti gli effetti la rappresentazione di uno scenario passivo del territorio.

L’applicazione del GALDIT può, inoltre, considerarsi sufficientemente speditiva per il monitoraggio di aree particolarmente esposte a questo specifico rischio d’inquinamento e di aree molto antropizzate, laddove le RIS vengono considerate d’importanza strategica. Ma proprio per questi stessi motivi, la sua applicabilità può trovare talune difficoltà in dipendenza delle caratteristiche litologiche e idrostrutturali dei territori considerati. L’area costiera di Acquedolci può, a tal proposito, costituire un ulteriore test-site del GALDIT, il primo in Sicilia, rispetto ai pochi casi già presenti nel mondo. In tale occasione, il metodo è stato opportunamente modificato - rispetto al sistema proposto ed applicato altrove - limitatamente al parametro G (Quota piezometrica della falda), come si è potuto notare in Tabella 1. Si è così cercato di tenere in debito conto la locale geometria dell’acquifero.

Con particolare richiamo ad una delle esperienze già condotte, specificatamente nella già citata area indiana di North Goa (Chachadi e Lobo Ferriera, 2005), per l’area costiera di Acquedolci, ampiamente studiata da oltre dieci anni con differenti metodologie (Abbate et alii, 1994;

Cimino et alii, 2007), si è ricorso ad alcune modifiche.

Anzitutto si è applicato un range molto differente con riferimento ai valori del livello della falda freatica realmente presenti ad Acquedolci (parametro L). Infatti, se nella menzionata regione di North Goa le variazioni della superficie piezometrica risultano contenute in alcuni metri, nell’area siciliana le differenze nei livelli freatici si presentano piuttosto notevoli. Questi, da un valore minimo di 0,8 m nei pressi della linea di costa (pozzo LD-

1), raggiungono oltre 170 m s.l.m. nei pozzi della fascia pedemontana sud-occidentale della regione considerata (AO-7 e AO-8), dove peraltro l’acquifero arenaceo si trova in continuità idraulica con quello carbonatico. In considerazione, quindi, della distribuzione e dell’entità locale dei livelli piezometrici, le quattro classi di vulnerabilità sono state equamente ripartite in intervalli di questo parametro che qui corrispondono a <15 m per la classe più bassa ed a >45 m per quella più alta (Figura 3).

Ciò ha consentito l’adeguata zonazione di un parametro che, nell’ambito del sistema, è particolarmente significativo nel contrastare l’intrusione marina, ciò testimoniato dall’attribuzione del peso relativamente più elevato previsto in ambito GALDIT (4). Un’eventuale modifica al protocollo potrebbe consistere nel valutare in dettaglio le variazioni del livello piezometrico in prossimità della costa, proponendo una maggiore differenziazione proprio nei primi 15 metri, dove si nota una sua sostanziale variazione.

Peraltro, uguale peso è assegnato anche al parametro che tiene conto della distanza dei pozzi dalla linea di costa (parametro D). Per una sua corretta valutazione, oltre all’attenta demarcazione della linea di alta marea, è strettamente necessario assumere condizioni indisturbate della superficie piezometrica e, soprattutto, stabilire che l’impatto dell’intrusione marina possa decrescere linearmente secondo una direzione che formi un angolo retto con la linea di ripa marina. È proprio quest’ultimo fattore a mostrarsi alquanto variabile in quelle zone dove sono frequentemente presenti eteropie di facies e variazioni granulometriche nell’ambito degli acquiferi costieri. Condizioni, queste, che nelle fasce costiere siciliane costituiscono quasi la norma, presentandosi quasi regolarmente disomogeneità ed anisotropie nell’ambito delle formazioni affioranti e sepolte.

Nell’area di Acquedolci questo aspetto, in una prima applicazione del sistema GALDIT, non è stato al momento stimato, pur in presenza di evidenti disuniformità granulometriche nelle formazioni affioranti.

In particolare, scostamenti consistenti rispetto

all’ipotizzata linearità - come assegnata in prima istanza a

questo parametro - possono verosimilmente osservarsi in

corrispondenza degli alvei fluviali e delle zone di recapito

di questi (delta torrentizi), laddove le caratteristiche

sedimentologiche delle formazioni presenti e sepolte

possono risultare alquanto eterogenee, con indici di

uniformità granulometrica relativamente elevati ed una

cattiva classazione degli elementi mineralogici. È quanto

risulta dalle prime campagne geofisiche di dettaglio

attualmente in corso, le quali però - pur sopperendo alla

carenza di dati stratigrafici - non consentono ancora una

zonazione delle aree disomogenee sufficientemente

dettagliata per tutta l’area; in questa sede si è quindi

preferita una prima valutazione, sia pur approssimata, del

sistema acquifero come omogeneo, estendendo tale

approssimazione alla valutazione dell’indice GALDIT ed

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Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

100

alla correlata cartografia di vulnerabilità.

A tal proposito, le analisi sull’impatto dell’intrusione marina nella piana di Acquedolci hanno confermato questa possibilità, suggerendo un’anisotropia negli acquiferi presenti e la necessaria riconsiderazione del parametro in discorso: questo potrebbe, pertanto, riclassificarsi sulla base della zonazione delle effettive caratteristiche granulometriche e di permeabilità dell’acquifero il quale, nei settori più critici sopra accennati, offre una speciale debolezza ed una maggiore suscettività a lasciarsi attraversare dalle contaminazioni.

Qui vengono richiamate le esperienze condotte dagli Autori di questa nota nell’esecuzione ed interpretazione di campagne geochimiche e geofisiche che, simultaneamente applicate, hanno delineato - sia pur in ben delimitati settori prossimi alla linea di costa - differenti comportamenti degli acquiferi (Cimino et alii, 2007). In particolare, il settore occidentale di Acquedolci, pertinente in gran parte al segmento terminale del torrente Furiano ed alla sua area deltizia - si offre particolarmente disomogeneo, come appare dalle stratigrafie ivi disponibili (Abbate et alii, 1994, anche per il seguito).

L’interpretazione di una serie di sondaggi elettrici verticali, eseguiti trasversalmente al delta e sub-paralleli rispetto alla linea di costa, confermano la distribuzione assolutamente irregolare delle differenti litologie alluvionali presenti, a testimonianza di una deposizione disomogenea, in senso verticale ed orizzontale, delle formazioni più diffuse (ghiaie, sabbie, arenarie, argille), secondo sequenze stratigrafiche alternate anche tipiche degli ambienti deltizi. Queste sequenze sono desunte dalle interpretazioni congiunte delle stratigrafie ed elettrostratigrafie nell’area deltizia.

Altro parametro per il quale l’area di Acquedolci presenta una propria tipicità è quello relativo allo spessore dell’acquifero presente: questo si mostra, ovunque nella piana, maggiore di 10 m, comportando la generale applicazione di un uguale punteggio, secondo il protocollo proposto da Chachadi e Lobo Ferreira (2005).

Ma anche in questo caso, potrebbe utilmente proporsi una modifica all’interno delle quattro classi di questo parametro T, allo stesso modo del parametro L sopra discusso, ma questo dovrebbe riconsiderare l’entità del fenomeno dell’intrusione marina. In altre parole, dovrebbero considerarsi spessori dell’acquifero superiori al limite di 10 m - già proposto dal sistema GALDIT - come avviene ad Acquedolci, dove la potenza è certamente più elevata. In tal caso, dovrebbero, però, considerarsi ratings diversificati nell’area, con un rischio effettivo di penetrazione di acque contaminanti crescente a partire dalla linea di costa.

Si aggiunge qui che le possibili implementazioni, riferibili sia al parametro GALDIT, sia alla cartografia di vulnerabilità, entrambi in questa sede proposti, potranno godere della migliore conoscenza dell’acquifero di Acquedolci, grazie sia alle menzionate indagini geofisiche

in corso, sia all’aggiornamento delle prospezioni geochimiche integrate, sia alla relativa densità di informazioni stratigrafiche nelle aree più sensibili (delta torrentizi).

Tabella 1. Valori dei sei indici GALDIT calcolati per ognuno dei pozzi esaminati e il loro valore medio (indice GALDIT).

Table 1. GALDIT indexes calculated for all the inventoried wells together with their mean value.

4.3 Ulteriori considerazioni sul parametro D del metodo GALDIT

Come detto sopra a proposito della distanza dalla linea di

costa, ci si aspetterebbe che il fenomeno dell’intrusione

marina sia maggiore in prossimità del mare e diminuisca

progressivamente verso le zone più interne; infatti, il

GALDIT (parametro D) attribuisce ai pozzi dei valori che

diminuiscono all’aumentare della loro distanza dal mare

(Figura 3). Questo in alcuni casi potrebbe anche essere

plausibile; in realtà, però, oltre alla distanza dal mare

potrebbero più correttamente prendersi in considerazione

anche altri parametri, quali la presenza di linee

preferenziali di incanalamento delle acque, differenze

nella porosità e nella granulometria dei sedimenti

attraversati, etc., i quali - condizionando parimenti

l’ingressione marina - possono far sì che acque di pozzi

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Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

più lontani dalla costa siano in effetti più inquinate delle acque dei pozzi più vicini al mare. A questo proposito, dati di questo tipo potranno in una successiva fase implementare la cartografia GALDIT in quest’area. Dato che il GALDIT nasce proprio con lo scopo di valutare la vulnerabilità di un’area all’intrusione marina, andrebbe verosimilmente proposta una legge, anche non lineare, che si basi - ad esempio - su caratteristiche fisico- chimiche, come la densità dell’inquinante (l’acqua salata);

legge che possa meglio descrivere e valutare il moto e la velocità di diffusione dell’acqua di mare attraverso le rocce e i sedimenti. Pertanto, unitamente alla distanza D, potrebbe essere introdotto un parametro o un algoritmo che tenga conto anche di aspetti quali ad esempio la velocità di filtrazione dell’acqua di origine marina ed i suoi tempi di percorrenza all’interno delle rocce o dei sedimenti che la separano dalla falda. Questo aspetto assume particolare importanza, soprattutto nei casi di forti disomogeneità granulometriche dalla linea di costa verso l’entroterra, che è proprio quello che si verifica nelle zone nelle zone dei delta fluviali di Acquedolci: in questi, costituiti da materiale eterogeneo ghiaioso e sabbioso, la vulnerabilità è presumibilmente più elevata rispetto alla

zona centrale dell’area di studio, dove la granulometria più fine dei depositi rende più lento e tortuoso il percorso dell’acqua e, quindi, l’intrusione marina.

In effetti, in questo metodo - come già nel SINTACS - quest’aspetto viene parzialmente tenuto in considerazione nel parametro conducibilità idraulica (C), ovvero la capacità di spostamento attraverso il mezzo saturo dell’acqua di falda e, quindi, anche di un contaminante.

5. Conclusioni

I risultati cartografici mostrati in questo lavoro indicano un indice di vulnerabilità GALDIT relativamente elevato per l’area di Acquedolci (Figura 4).

I settori più vulnerabili risultano, com’era lecito attendersi, in prossimità della linea di costa ed, in particolare, in corrispondenza del settore terminale degli alvei torrentizi. Il sistema adoperato non presenta larghi margini d’incertezza nella sua rigorosa applicazione, anche se sovente le valutazioni della vulnerabilità risentono inevitabilmente di una certa soggettività nella selezione e nella stessa elaborazione dei vari elementi.

Figura 4. Rappresentazione grafica della vulnerabilità GALDIT all’intrusione marina nell’area studiata.

Figure 4. GALDIT map of vulnerability to seawater intrusion.

La zonazione in settori più o meno soggetti a rischio d’inquinamento per intrusione marina deve comunque osservare i principi generali di cautela, specie in considerazione della non uniformità granulometrica in vaste porzioni del territorio, consigliando - in attesa di un’implementazione del sistema nell’area considerata -

una sua verifica sulla base della dettagliata conoscenza

dei litotipi ivi presenti. A ciò possono concorrere

informazioni geofisiche e stratigrafiche di dettaglio,

coadiuvate da analisi periodiche dei costituenti chimici

delle acque di falda. Questo può consentire lo studio del

comportamento dinamico della falda, in particolare

(16)

Cimino A., Cosentino C., Oieni A., Tranchina L. / Giornale di Geologia Applicata 2008, 9 (2) 93-102

102

intorno al suo sfruttamento ed alle condizioni di ricarica attraverso le formazioni carbonatiche limitrofe: fenomeni, questi, mutevoli nel corso dell’anno e nei diversi settori della piana e, certamente, condizionanti la geometria dei conoidi di depressione nei vari pozzi e l’abbassamento locale del livello della falda.

In ultimo, vengono proposte limitate modifiche al

GALDIT, tenendo conto delle peculiarità locali e dei range osservati, nel territorio esaminato, nei valori dei parametri selezionati, operando quindi una verifica della sua validazione mediante il confronto con cartografie di vulnerabilità, acquisite nella stessa area con differenti metodi e con differenti metodi e tecniche di elaborazione.

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(17)

Giornale di Geologia Applicata 9 (2) (2008) 103-112 - doi: 10.1474/GGA.2008-09.2-02.0232

Modello di flusso della falda per lo studio di impatto ambientale di un campo pozzi nella Provincia di Milano

Umberto Puppini

1

, Maurizio Gorla

2

, Michele Remonti

1

, Alberto Rainero

1

1ESI Italia srl, Milano, umbertopuppini@esinternational.it, micheleremonti@esinternational.it, albertorainero@esinternational.it

2CAP Gestione Spa, maurizio.gorla@capgestione.it

Large scale groundwater model for the environmental impact study of a wellfield near Milan, Italy

A

BSTRACT

: CAP Gestione is a large public utility based in Milan which supplies drinking water serving more than 2 millions of people. CAP planned and built a new wellfield in Pozzuolo Martesana, 20 km east of Milan, drilling 8 wells screened in the hydrogeological unit named ‘Traditional Aquifer’, between ground level and 80-100 m b.g.l., and 7 wells affecting the ‘Deep Aquifer’, with the base deeper than 250 m b.g.l. The average instant predicted flow rate is 260 l/s and the annual water demand is 8,2 Mm3/year. According to the Italian legislation, if annual water demand exceeds 3 authorities. Therefore impacts on groundwater and springs, well protection areas and water exchange between Traditional and Deep aquifers were defined with a quasi-3D numerical groundwater flow model with MODFLOW in Groundwater Vistas v. 4.0.

Key terms: Water wellfield, Fontanili springs, Groundwater model, Environmental Impact Study, Evaluation of mitigatory measures

Termini chiave: Campo pozzi, Fontanili, Modello di flusso della falda, Studio Impatto Ambientale (SIA), Quantificazione misure mitigative

Riassunto

CAP Gestione S.p.A. (Consorzio Acqua Potabile) fornisce acqua potabile a 122 comuni della Provincia di Milano, 58 della Provincia di Lodi e 20 della Provincia di Pavia, coprendo il fabbisogno di 2 milioni di persone, e si occupa della depurazione delle acque reflue della zona est di Milano.

CAP ha progettato ed eseguito un campo pozzi per acqua destinata al consumo umano nel Comune di Pozzuolo Martesana (MI), circa 20 km a Est di Milano, costituito da 8 pozzi che interessano il cosiddetto Acquifero Tradizionale fino a circa 80-100 m di profondità e da altri 7 pozzi che interessano l’unità idrogeologica nota come Acquifero Profondo, la cui base si trova ad oltre 250 m di profondità (Martinis e Mazzarella, 1971). La portata istantanea media che si prevede di estrarre è pari a 260 l/s (circa 8,2 milioni di m

3

/anno).

Secondo la normativa vigente, per le captazioni che derivano quantità d’acqua superiori a 3 milioni di m

3

/anno è necessario preparare e ottenere una concessione per grande derivazione corredata da uno studio d’impatto ambientale (SIA) per la procedura di valutazione d’impatto ambientale (VIA). CAP ha chiesto ad ESI Italia di elaborare tale documento e di assisterla nell’ottenimento del permesso. A tale scopo si è deciso di quantificare gli impatti sulla falda (e sui fontanili) e di

dimensionare le fasce di rispetto dei pozzi con un modello numerico di flusso quasi-3D (MODFLOW in Groundwater Vistas v. 4.0) che simula il flusso di entrambe le falde ed i rapporti di scambio tra i due acquiferi interessati.

Introduzione

Il campo pozzi ubicato nel Comune di Pozzuolo Martesana contiene otto pozzi che interessano l’Acquifero Tradizionale e sette che interessano l’Acquifero Profondo (Martinis e Mazzarella, 1971).

L’Acquifero Tradizionale (Figura 1) è prevalen- temente costituito da depositi di ambiente continentale, di origine fluvioglaciale e glaciale, costituiti da ghiaie e sabbie (Martinis e Mazzarella, 1971, Cavallin et alii, 1994c), interrotti da strati di argilla e limo di colore bruno, rosso e giallo, il cui spessore cresce procedendo verso Sud.

Localmente, a Sud del Naviglio Martesana, gli strati a componente litologica fine diventano sub-affioranti, determinando una riduzione della trasmissività dell’acquifero e lo sfioro di parte dell’acqua della falda tradizionale attraverso il sistema dei fontanili nel settore della cosiddetta Media Pianura (CAP Milano, 2001).

L’Acquifero Profondo è costituito da depositi di

ambiente transizionale, formati da una serie di livelli

permeabili tra loro connessi idraulicamente e alternati a

Mm3/year, an Environmental Impact Study must be carried out together with the permit application presented to public

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