Astronomia greca
Atlante Farnese - (statua romana del II secolo d.C. autore ignoto, Museo Archeologico Nazionale Napoli
Nella Teogonia e più
particolarmente nella parte di essa in cui è descritta la lotta dei Titani contro gli Dei dell' Olimpo (la
Titanomachia), Esiodo (poeta
della Grecia antica) narra, in versi, che Zeus ha punito Atlante perché si è alleato con Crono
costringendolo a reggere sulle spalle la volta celeste.
La Teogonia è il terzo poema epico della Grecia antica (VIII – VII
secolo a.C.) ad essere giunto fino a noi nella sua forma integrale.
Gli altri due poemi più antichi (di un secolo circa) sono l'Iliade e l'Odissea.
Vi fece la Terra, il Cielo e il Mare l’infaticabile Sole e la Luna piena
e tutti quanti i segni che incoronano il cielo le Pleiadi, l’Iadi e la forza di Orione
e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro:
ella gira sopra sé stessa e guarda Orione e sola non ha parte dei lavacri d’Oceano.
La descrizione dello scudo di Achille, forgiato da Efesto, rappresentazione artistica dell’ Universo - Iliade (libro XVIII, vv. 483-489)
Ivi ei fece la terra, il mare, il cielo E il Sole infaticabile, e la tonda
Luna, e gli astri diversi onde sfavilla Incoronata la celeste volta,
E le Pleiadi, e l’Iadi, e la stella
D’Orïon tempestosa, e la grand’Orsa
Che pur Plaustro si noma. Intorno al polo Ella si gira ed Orïon riguarda,
Dai lavacri del mar sola divisa.
e di Vincenzo Monti (1872)
Secondo la traduzione di Rosa Calzecchi
Onesti
In rosso la discordanza più grande tra le due traduzioni...la più corretta stando al termine greco orginale (secondo i nostri esperti Beatrice, Domenica e Mirabello) sarebbe “forza”
Il Plaustro, nominato dal Monti, è il carro agricolo (plaustrum in latino).
Come potete constatare la confusione fra Orsa Maggiore e Carro (ossia
l’indicare con due termini diversi le sette stelle più luminose dell’Orsa che sono quelle del Carro) risale già all'epoca di Omero (che forse non è nemmeno mai esistito...riferimento scherzoso alla “questione Omerica”)
La Grande Orsa è la sola, fra gli ammassi di stelle (Pleiadi e Iadi) e la
costellazione (Orione) citati a non gettarsi mai nel mare essendo circumpolare .
Le Pleiadi (in alto a destra, distanza da noi 440 anni luce) e le Iadi (in basso a sinistra, 150 a.l.). La stella rossa luminosa davanti alle Iadi è Aldebaran (l'occhio della
costellazione del Toro, 65 a.l.)
A questo punto (cfr. il commento al termine della slide n. 2)
l’approfondimento sulla stella tempestosa di Orione pare fuori luogo…
Tuttavia lo introduco lo stesso per fare una piccola digressione.
Probabilmente il Monti voleva riferirsi a Betelgeuse (alpha Orionis) l'unico caso (per quanto credevo) di stella alpha meno luminosa (della stella beta) Rigel.
In realtà Beatrice (Bersani) mi ha mostrato come esistano non solo altri due casi che riguardano le stelle alpha e beta dei Gemelli e della Bilancia, ma addirittura casi come il Sagittario in cui la stella alpha (Rukbat) è meno luminosa delle stelle epsilon e sigma.
Tornando al Monti e alla stella tempestosa credo che si volesse riferire a
Betelgeuse (alpha Orionis) perché è di colore rosso. È vero che è anche una
stella la cui luminosità varia nel tempo, ma sia l’entità della variazione (1 magnitudine) sia la lunghezza del periodo entro cui la stella varia (6 anni) lasciano supporre che sia stato più il colore ad averlo indotto a nominarla tempestosa.
Per i non astronomi: abbiate un po' di
pazienza...saprete cosa sono le magnitdini quando trattermo Ipparco di Nicea che per primo le
definì...lasciando questa eredità fino ai giorni nostri.
Piccola digressione:
l’idea di nominare le stelle utilizzando le lettere greche (ordinate per valore decrescente della luminosità) accompagnate dal genitivo della
costellazione si deve Johann Bayer (1572-1625) giurista e cartografo nato a Rain in Baviera (Germania).
A lui dobbiamo, inoltre, la realizzazione di un atlante stellare intitolato:
“Uranometria : omnium asterismorum continens schemata, nova methodo delineata, aereis laminis expressa”
traducibile in
“Uranometria: contenente le carte di tutte le costellazioni, disegnate con un nuovo metodo e incise su lastre di rame”.
Urania era la Musa dell’ astronomia e della geometria, mentre Urano
(Ouranós) era il Cielo Stellato, una divinità primordiale della Grecia Antica, che secondo Esiodo nella Teogonia era figlio e coniuge della Terra (Gea).
Uranometria si può tradurre quindi come “la misura del cielo”.
L’Uranometria contiene 51 mappe di stelle di cui le prime sono le 48 costellazioni elencate da Tolomeo nell’ Almagesto.
La quarantonevesima mappa mostra 12 nuove costellazioni
appartenenti all’emisfero australe e le ultime due mappe sono planisferi dell’emisfero boreale ed australe.
Le posizioni della maggior parte delle stelle (1055) sono prese dal catalogo di Tycho Brahe, di cui parleremo e che fu contemporaneo di Bayer, le restanti (poco meno di 200 ed appartenenti all’emisfero australe) da quanto riportato dai navigatori che avevano cominciato a spingersi verso “il Sud del
mondo”.
La costellazione di Orione nell’Uraniometria. La griglia permetteva di definire la posizione delle stelle con discreta precisione.
Le costellazioni meridionali della Fenice, Gru, Tucano, Indo,
Pavone e Idra
E ora torniamo all’Iliade
Secondo la traduzione di Rosa Calzecchi Onesti
[…] Primo lo vide
Precipitoso correre pel campo
Priamo, e da lungi folgorar siccome L’astro che cane d’Orion s’appella, E precorre l’Autunno: scintillanti Fra numerose stelle in densa notte
Manda i suoi raggi; splendissim’astro, Ma luttuoso e di cocenti morbi
Ai miseri mortali apportatore
e di Vincenzo Monti
Il terribile presagio di Priamo e la cattiva fama di Sirio
E il vecchio Priamo lo vide per primo con gli occhi che tutto raggiante come stella correva per la pianura come si leva l’astro autunnale, chiari i suoi raggi
appaiono fra innumerevoli stelle nel cuor della notte:
Cane d’Orione per nome lo chiamano
ed è il più lucente, ma dà presagio sinistro e molta febbre porta ai mortali infelici;
Iliade (libro XXII, vv. 25-33)
Achille, l’eroe greco che sta per
uccidere Ettore, e il suo scudo brillano da lontano come fa Sirio, stella nefasta per i Greci.
A differenza degli Egizi per i quali la
“levata eliaca” di Sirio era
provvidenziale perché annunciava la piena del Nilo, i Greci le attribuivano la causa dell’insorgere di epidemie di
“rabbia” tra gli uomini.
Credevano inoltre che quanto più la stella scintillava all’orizzonte nel
“sorgere” dopo un periodo di invisibilità tanto più le epidemie sarebbero state devastanti.
I Romani avrebbero ripreso questa credenza e il termine “canicola”, che usiamo tuttora deriva dal romano
“canicula”, la cagnolina ossia la stella del Cane
La levata eliaca di Sirio ad Atene nell 800 a.C. avveniva intorno al 20 luglio, momento in cui si scatenava il grande caldo e con esso alcune epidemie di febbre e di “rabbia”
I
Calipso raccomanda ad Ulisse di tenere sempre l'Orsa alla sua sinistra, un consiglio che implica un viaggio che doveva svolgersi da ovest verso est.
Calipso si trovava nell'Isola di Ogigia (la cui esatta collocazione è tuttora oggetto di controversia, ma le indicazioni della Ninfa mostrano che dovesse trovarsi ad Ovest di Itaca)
Lieto del vento, distese le vele Odisseo luminoso.
Così col timone drizzava il cammino sapientemente seduto: mai sonno sugli occhi cadeva
fissi alle Pleiadi, fissi a Boòte che tardi tramonta e all’Orsa, che chiamano pure col nome di Carro e sempre si gira e Orione guarda paurosa
e sola non ha parte ai lavacri d’Oceano;
quella infatti gli aveva ordinato Calipso, la dea luminosa, di tenere a sinistra nel traversare il mare.
Ulisse lascia la ninfa Calipso Odissea (libro V, vv. 269-277)
traduzione di Rosa Calzecchi Onesti
Il tardo tramontare della costellazione di Boote (detta anche il Bifolco) indica anche il periodo in cui avviene il viaggio.
Atene nell 800 a.C. Bootes tramonta alle 4:00 di mattina (Tempo di Greenwich) l’ 8 maggio
Eclissi: presagio di morte
Odissea (libro XX, vv. 350-357)
Ed ecco fra loro parlò il divino Teoclimeno:
"Ah, sciagurati, che rovina vi tocca? Di tenebra avete fasciate le teste e le facce e, sotto i ginocchi,
il singhiozzo vi brucia, son lacrimose le guance di sangue sono spruzzati i muri e i begli architravi;
d’ombre è pieno il portico, pieno il cortile,
che scendono all’Erebo, sotto la tenebra, il Sole
del cielo s’è spento, fatale è scesa una notte di morte."
traduzione di Rosa Calzecchi Onesti
Oltre ad aver scritto la Teogonia (cfr. slide n.1) , Esiodo nato molto probabilmente ad Ascra in Beozia (Grecia) fra l’ VIII e il VII secolo a.C.
ci ha lasciato un poema didascalico Le opere e i giorni che ha una parte dedicata ad illustrare il collegamento fra fenomeni celesti agricoltura e navigazione.
In esso leggiamo (vv 383-387):
Quando le Plèiadi, figlie d’Atlante, si levano in cielo, tempo è di mietere; quando tramontano, è tempo d’arare.
Esse quaranta giorni rimangono ascose, e quaranta notti e di nuovo, poi, volgendosi il giro dell’anno,
quando si arrotan le falci, ritornano, e brillano in cielo.
La levata a cui si riferisce Esiado è quella eliaca: ossia il momento in cui le Pleiadi sorgevano appena prima del Sole. Questo avveniva in Grecia alla sua epoca nei primi giorni di maggio.
Il tramonto invece non è quello eliaco, ossia il momento in cui le Pleiadi tramontavano subito dopo il Sole (che all’epoca di Esiodo avveniva intorno al 24 marzo) e a partire da cui sarebbero rimaste “ascose” per una quarantina di giorni (prima di ricomparire in levata eliaca),ma il tramonto acronico ossia il giorno dell’anno in cui le Pleiadi
tramontavano al sorgere del Sole (che all’epoca di Esiodo avveniva in settembre).
Ancora ne Le opere e i giorni di Esiodo troviamo un riferimento al legame tra fenomeni astronomici ed agricoltura ai vv. 472-482:
Se invece arar la terra vorrai nel solstizio d’Inverno, seduto mieterai, stringerai poche spighe nel pugno,
le legherai cosí, come vengono, fra il polverone, senza eccessiva allegria, sufficiente sarà per portarle
un solo cesto; e oggetto d’invidia a ben pochi sarai.
Un riferimento alla relazione tra solstizio d’estate e navigazione ai vv. 663-665:
Per cinquanta giorni dopo il volger del sole,
Quando volge alla fine l’estate, faticosa stagione, È il tempo propizio ai mortali per navigare.
Ancora in Esiodo e ancora ne Le opere e i giorni (ai vv. 618-622) troviamo un riferimento alla “forza” di Orione che – grazie ad esso comprendo - non ha nulla a che vedere con la stella tempestosa di Orione (Betlgeuse secondo la traduzione poetica del Monti) ma si riferisce al mito di Orione “il cacciatore”
che inseguiva le Pleiadi
Ma se della navigazione pericolosa il desiderio ti prende, sappi che quando le Pleiadi, la forza terribile d'Orione fuggendo, si gettano nel mare nebbioso,
allora infuriano i soffi di tutte le specie di venti.
E non è più il tempo d'avere la nave sul fosco mare,…
Non so dirvi se il tramonto delle Pleiadi fosse quello acronico o quello eliaco….l’indagine continua....
Orione come rappresentato nel catalogo astronomico
Prodomus Astronomiae di Johannes Hevelius (1611-1687), astronomo polacco.