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Capitolo 3 Il Parlagioco - Un gioco per comunicare

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Academic year: 2022

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Il Parlagioco - Un gioco per comunicare

N° giocatori: dai 2 ai 7 giocatori

Fascia di età: dai 5 ai 10 anni

Contenuto:

- 2 mazzi di 237 carte ciascuno;

- 1 coppia di dadi;

- Da ritagliare: 8 coppe premio da assegnare al vincitore delle singole partite;

1 clessidra; 10 biglietti da 5, 10, 20 e 50 Euro.

Presentazione del gioco

Nell’ambito del gioco didattico, il Parlagioco si qualifica come gioco di carte con la finalità di aumentare la capacità di interazione e comunicazione con gli altri.

Nel Parlagioco si esercita la competenza linguistica sia a livello lessicale che prag- matico, il mantenimento dei tempi di attenzione e la ricerca del dettaglio.

Le carte possono essere utilizzate in ambito riabilitativo, come pure in situazio- ne ludico-didattica nella scuola materna o in famiglia.

Nel contesto riabilitativo il gioco viene condotto da due giocatori (l’operatore e il bambino), mentre in ambito scolastico o familiare il gioco può essere strutturato in piccoli gruppi coordinati da un adulto.

Descrizione del materiale

Due mazzi di carte suddivisi in quattro serie (vedi Fig. 6):

1° serie: Frutta n. 27 2° serie: Animali n. 52

3° serie: Persone suddivisa in adulti n. 20 (carte in bianco e nero) e in bambini n. 52 (carte colorate)

4° serie: Oggetti n. 86 suddivisa per materiale e uso.

Si può giocare con un’unica serie (soprattutto con i bambini più piccoli), con alcu-

ni elementi di ogni serie o con tutte le serie complete. Per poter giocare, le carte di

un mazzo devono corrispondere esattamente a quelle dell’altro.

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Prima di iniziare il gioco, a seconda del numero di giocatori, 1 o più biglietti per ogni taglio di Euro saranno distribuiti ai bambini, che li dovranno gestire nel corso della partita. I soldi verranno persi ad ogni errore e accumulati ad ogni risposta cor- retta. Vince chi al termine della gara avrà accumulato il numero più alto di Euro.

I criteri di perdita e vincita sono stabiliti dal regolamento quando si gioca in am- bito scolastico o familiare, mentre verranno decisi caso per caso dall’operatore in ambito riabilitativo.

Fig. 6.Carte del Parlagioco: esempi tratti da ogni serie

4° serie: oggetti (86) 3° serie: persone - adulti (21)

bambini (52)

1° serie: frutta (27) 2° serie: animali (52)

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Applicazione del gioco nella situazione terapeutica e regolamento

Il gioco delle carte può essere utilizzato con vari obiettivi.

1) Migliorare la competenza linguistica a diversi livelli di difficoltà (si usa un solo mazzo di carte):

a) Aumentare la comprensione del lessico, chiedendo al bambino di cercare all’interno di un vasto numero di carte, appartenenti a una serie e successivamente a più se- rie, l’oggetto denominato. Si può accrescere la difficoltà del compito, chiedendo di cercare l’oggetto in base alla categoria di appartenenza (animali, frutta, utensili ecc.); in base all’uso che si fa dell’oggetto (una cosa che serve per tagliare, per cuo- cere, ecc.); in base alle caratteristiche percettive (un oggetto di colore “rosso”; un animale con le piume, o a quattro zampe ecc.); in base al materiale con cui è fatto (di legno, di plastica, di ferro, ecc.); in base alla localizzazione nello spazio (sotto, sopra, dentro, fuori ecc.) (vedi Fig. 7). Ogni risposta corretta verrà premiata con 1 biglietto da 5 Euro (il premio lo fissa l’operatore prima di iniziare il gioco).

Fig. 7.Esempi di elementi spaziali

Sopra Sotto

Dentro Fuori

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b) Aumentare la produzione del lessico, invertendo i ruoli (si usa un solo mazzo di carte): è il bambino che chiede all’adulto di cercare la figura giusta. L’esaminatore assegnerà tanti più soldi, quanto maggiore è il livello di difficoltà linguistica pro- dotta dal bambino.

Questa situazione di gioco è particolarmente utile per bambini che presentano un ritardo del linguaggio di vario tipo: ritardo semplice e specifico del linguaggio;

collegato al ritardo mentale a eziologia sconosciuta o derivante da malattie ge- netiche (Sindrome di Down, Sindrome della X fragile, Sindrome Prader-Willie, ecc.), o da danno neurologico (epilessia, paralisi cerebrali infantili, ecc.).

2) Migliorare la capacità attentiva, considerando i vari aspetti dell’attenzione (si usa un solo mazzo di carte):

a) Prolungare i tempi di attenzione: da situazioni di gioco brevi, che si concludono con l’assegnazione del premio in pochi minuti (verrà utilizzata una sola serie, o pochi elementi di qualche serie),si aumenterà gradualmente la durata della partita,chiedendo al bambino di trovare o di far trovare all’operatore le varie carte in base al loro nome.

b) Aumentare la capacità di attenzione selettiva: l’esaminatore userà carte simili ap- partenenti alla stessa categoria contenenti numerosi dettagli. Il bambino dovrà in- dovinare la carta scelta dall’esaminatore, prestando attenzione alla presenza dei dettagli e riuscendo ad escludere i distrattori. Si partirà da diversi livelli di diffi- coltà, modificando la presentazione della configurazione delle carte. Ad esempio, si inizierà con una configurazione lineare (disposte su un’unica riga) e pochi ele- menti, dopo di che si passerà ad una configurazione geometrica dove le carte sa- ranno disposte a colonne ed infine si arriverà ad un ordine casuale (vedi Fig. 8) c) Migliorare la capacità di attenzione sostenuta: il bambino dovrà sostenere a lun-

go (ad es., 10 minuti senza distrarsi) la situazione di gioco. Il tempo di attenzio- ne richiesta varierà in base all’età e alle capacità del bambino. Egli sarà invitato ad esplorare all’interno di un ampio repertorio di carte e cercare in base alla con- segna data dall’esaminatore la carta giusta, senza procedere per tentativi ed er- rori. Si userà una clessidra, per dare al bambino la cognizione del tempo che pas- sa e del tempo che ancora deve trascorrere perché finisca la situazione di gioco.

La clessidra può essere posta sul tavolo per far capire al bambino che si tratta di una prova a tempo e sarà l’adulto a fermare il tempo.

Ad ogni errore, seguiranno da parte dell’operatore ulteriori spiegazioni e incorag- giamenti per motivare il bambino a cercare ancora. Agli errori sarà attribuito un va- lore in denaro, all’inizio della partita. Egli otterrà un punteggio tanto maggiore, quanto minori saranno gli errori commessi. Verrà premiata anche la capacità di ri- spettare il tempo richiesto all’inizio della partita.

Questa situazione di gioco è utile nelle patologie in cui sono presenti problemi at-

tentivi, come nel caso di iperattività, epilessia, autismo e in alcune malattie gene-

tiche (in modo particolare nella Sindrome della X fragile).

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3) Migliorare la capacità visuo-percettiva (si usa un solo mazzo):

Al bambino viene chiesto di compiere un’analisi degli stimoli proposti, in base al colore, alla forma, alla grandezza, alla posizione nello spazio. L’esaminatore chiede- rà quindi al bambino di individuare la carta in base ai dettagli indicati.

Intervenire in ambito percettivo è particolarmente utile nel caso di lesioni focali all’emisfero destro e nelle sindromi genetiche con particolari disturbi visuo-spa- ziali e percettivi, come nella Sindrome di Williams.

Fig. 8.Esempi di configurazioni

Configurazione lineare semplice

Configurazione complessa

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4) Migliorare la capacità comunicativa (si usano due mazzi di carte con tre possibi- lità di esecuzione):

• L’operatore nasconde la carta e il bambino deve indovinare;

• Il bambino nasconde la carta e l’operatore deve indovinare;

• Contemporaneamente sia il bambino, che l’operatore nascondono una carta:

vince chi arriva per primo ad indovinare la carta dell’altro.

L’obiettivo è quello di facilitare il bambino a rispettare le esigenze che sono insite in un atto comunicativo, attraverso il compito di indovinare la carta nascosta dal- l’operatore, o dare informazioni corrette perché l’altro indovini la propria.

Durante questa attività ludica il bambino deve:

a) Imparare ad immaginare ciò che l’altro vede.

Questa è una componente molto importante del pensiero perché prevede la ca- pacità di porsi nella prospettiva dell’altro e abbandonare la posizione egocentri- ca, caratteristica del bambino molto piccolo.

Nella situazione di gioco, il bambino impara ad accettare di non sapere subito il contenuto della carta nascosta e ad aspettare fino a quando non riuscirà ad in- dovinarla, seguendo le regole del gioco.

Allo stesso modo deve imparare a non mostrarla, quando chi deve indovinare, è l’operatore. In questa situazione il bambino assapora il gusto che l’altro sia in difficoltà. Infatti, in questo caso è l’operatore a dover cercare, sbagliando e cor- reggendosi progressivamente, seguendo le indicazioni date dal bambino stesso.

b) Imparare ad ascoltare i suggerimenti proposti dall’interlocutore, per risolvere il quesito: “Cosa c’è nella carta nascosta?”.

È molto importante infatti che l’operatore formuli il quesito correttamente. Se egli chiedesse al bambino: “Qual è la carta nascosta?”, il bambino inizierebbe imme- diatamente a tentare di indovinare, rispondendo, ad esempio,“È un gatto?”,“È un tavolo?”,“È la pera?”, senza sforzarsi di trovare delle caratteristiche generali comuni alle varie carte, che restringano man mano per esclusione il campo di ricerca.

c) Imparare a chiedere con domande a livelli di concettualizzazione il più possibile alti. Invece di dire: “È un cane?”; “È una mela?”, ecc. si può dire: “È un animale?”;

“È un frutto?”, riducendo quindi l’ampiezza del campo semantico di cui si sta parlando e i tempi per il raggiungimento della risposta giusta.

d) Imparare ad agire coerentemente con la risposta ottenuta. Il bambino dovrà in- fatti togliere tutte le carte che non c’entrano con la risposta data e lasciare quel- le giuste.

e) Imparare a dare la risposta giusta ad una domanda precisa posta dall’operatore, effettuando mentalmente un giudizio sul significato di ciò che è stato chiesto. Il bambino apprende così a inibire il “sì” o il “no” detti a caso e a riflettere prima di rispondere. Se infatti risponderà a caso, l’altro giocatore sarà tratto in inganno e non potrà indovinare qual è la carta nascosta.

f) Imparare a rispettare il turno di ognuno, perché la partita si svolga ordinatamente.

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Questa situazione di gioco è particolarmente utile per quelle patologie, in cui lo sviluppo della capacità comunicativa è fortemente compromessa ed in particolare nell’autismo ad alto funzionamento, nei disturbi pervasivi dello sviluppo non al- trimenti specificati, ecc.

Il Parlagioco usato con un bambino affetto da sindrome autistica

A.C. è un bambino affetto da sindrome autistica. Si è presentato al Servizio di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva della Fondazione Santa Lucia per un trattamen- to neuropsicologico all’età di 3 anni e mezzo.

Durante la prima valutazione, mentre accettava di effettuare con interesse i com- piti che comportavano abilità non verbali, dimostrava grande fastidio e insofferen- za di fronte a richieste di tipo linguistico a causa di un grave disturbo del linguag- gio. Il bambino, infatti comprendeva pochissimo le richieste degli altri e il suo lin- guaggio espressivo si riduceva a “mamma” e “papà” e a pochissime altre parole, pro- dotte solo in caso di assoluta necessità. Lo sviluppo cognitivo era collocabile ai limiti inferiori della norma. Il comportamento era caratterizzato da scoppi d’ira molto vio- lenta, quando veniva proposto qualcosa di non gradito o di non compreso.

Il trattamento neuropsicologico con una frequenza di tre incontri settimanali ha

avuto come primo obiettivo quello di interessarlo, di agganciare la sua attenzione e

di controllare il suo comportamento. Sono stati utilizzati così, durante la terapia,

tutti quegli stimoli, che potessero piacergli. Dopo un primo momento di attività più

o meno libera, che aveva il ruolo di tranquillizzare il bambino e di creare una prima

forma di intesa tra il paziente e l’operatore, si è iniziato a dare una prima struttura-

zione ai giochi da lui scelti, utilizzandoli in modo funzionale. In questa fase si pote-

va notare una caratteristica costante da parte di A.C., quella cioè di agire in modo so-

litario, senza utilizzare nessuna forma spontanea di comunicazione. Ogni tentativo

di bloccare questa esuberanza manipolatoria produceva rabbia, aggressività e com-

portamenti catastrofici. Tuttavia quando l’interesse era forte, il bambino comincia-

va piano piano ad accettare di ripetere il nome di ogni oggetto, che desiderava ave-

re e, in un secondo momento, a prendere addirittura l’iniziativa verbale nel richie-

dere ciò che lo interessava. L’apprendimento di parole nuove era lento e molto fati-

coso. Inoltre gli apprendimenti ottenuti erano caratterizzati da un eccessivo legame

al contesto in cui tali acquisizioni erano avvenute: se ad esempio aveva imparato il

verbo “apri” in occasione di una bottiglia da aprire, il bambino ripeteva automati-

camente “apri la bottiglia” anche se si trattava di una scatola, di una porta, di un ba-

rattolo, ecc. Lentamente ha poi cominciato a capire che se voleva qualcosa, doveva pas-

sare attraverso la comunicazione, imparando non solo a dire il nome delle cose de-

siderate, ma a guardare la persona a cui chiedere, chiamandola per nome e formu-

lando un’esplicita richiesta. Anche qui la caratteristica peculiare del suo tipo di co-

municazione era la rigidità e la forma stereotipata della richiesta. Infatti, se si era

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abituato a dire: “Mamma, mi dai l’acqua...”, facilmente utilizzava questo stereotipo, anche se l’interlocutore era il papà o un’altra persona.

Per rinforzare e generalizzare l’acquisizione di questa forma di interazione per lo meno all’interno della richiesta, intesa come prototipo della comunicazione, si sono introdotti vari tipi di gioco, che potevano riscuotere il gradimento del bambino. Si sono ad esempio impiegati quei materiali, che si adoperano la notte di capodanno:

scoppietti, petardi non pericolosi di varie forme e di differente effetto acustico e vi- sivo, girandole luminose. Il bambino doveva chiedere cosa preferiva in base al nome dell’oggetto, del suo colore, della sua grandezza ed utilizzare il verbo esatto per rea- lizzare l’effetto desiderato (tira, spara, accendi, ecc.). Oppure lo si invitava a realiz- zare una “torta” con vari ingredienti, che il bambino doveva chiedere. Sulla “torta” co- sì realizzata, doveva poi apporre candeline, che sarebbero state scelte in base al co- lore e al numero. In questa fase si è cercato di arricchire la capacità espressiva del bam- bino, con un vocabolario più ampio possibile a livello di nomi, verbi, aggettivi. Per quanto riguarda gli aggettivi l’attività manipolatoria del bambino con i vari materiali è stato di grande aiuto, per fargli comprendere le caratteristiche legate all’oggetto: pie- no e vuoto, tanto e poco, lungo e corto, così come il significato dei colori e delle quan- tità numeriche. Il bambino infatti doveva sempre scegliere verbalmente quello che de- siderava fra due alternative precostituite (ad es., tra un barattolo pieno di farina o uno vuoto; tra un bicchiere con poca o con tanta acqua, quando chiedeva di bere; fra dei coriandoli verdi, piuttosto che gialli; fra due cioccolatini o soltanto uno, ecc.)

Alla fine di questo stadio del trattamento era stato raggiunto il primo obiettivo fon- damentale e cioè la generalizzazione del linguaggio sia in comprensione, che in produ- zione. Il comportamento del bambino era inoltre globalmente molto migliorato: infat- ti il linguaggio, come strumento per esprimere e ottenere l’oggetto dei propri desideri si era consolidato ed era diventato un vero e proprio moderatore del comportamento.

Si è ritenuto quindi importante lavorare sull’aspetto più propriamente comuni- cativo e relazionale, introducendo il Parlagioco come strumento riabilitativo.

Il bambino ha gradito subito il gioco: infatti non solo ha accettato di partecipa- re, ma si è anche divertito e in varie occasioni ha richiesto egli stesso, senza solleci- tazioni dall’esterno, la possibilità di giocarci. Interessante è notare come, invece di chia- marlo col suo nome, si sforzava di farsi capire, descrivendo il contenuto di alcune figure che lo avevano più colpito, ad esempio chiedeva “vola”, ricordando che vi era una figura con un aereo che volava.

In una prima fase i genitori, che erano sempre presenti durante il trattamento, aiu- tavano il bambino a giocare formando un piccolo gruppo coalizzato “contro” l’ope- ratore. Infatti gli suggerivano le richieste da formulare e lo invitavano ad aspettare la risposta o a capire la domanda fatta dall’operatore. Di solito il bambino sceglieva il ruolo di chi indovina.

Questa situazione ha facilitato prima di tutto l’ampliamento del lessico sia in

comprensione, che in produzione, così come l’acquisizione di categorie semantiche,

come la frutta, gli animali, le persone, i mezzi di comunicazione, gli utensili di casa,

ecc. Più complesso è stato accompagnare il bambino all’accesso di categorie più

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astratte come il colore, la forma, il materiale di cui gli oggetti sono composti, la fun- zione esplicata dall’oggetto stesso. Pur in seguito ad addestramento, A.C. tendeva spontaneamente a percorrere la strada più facile e solo in seguito a sollecitazioni verbali si sforzava di cercare percorsi più complessi.

Il secondo obiettivo che ci si era proposti era quello di migliorare sostanzial- mente la qualità della sua attenzione. Sappiamo infatti che uno dei disturbi più gra- vi dei bambini affetti da autismo è l’“ultraselettività” dello stimolo (Ciesielski e coll., 1990), rappresentata dall’incapacità di utilizzare tutti i suggerimenti, così impor- tanti, che provengono dall’ambiente. Essi rispondono a pochi stimoli e ciò interferisce in modo rilevante sull’apprendimento. Ad esempio, quando l’interlocutore indica una figura, dicendo: “Cane”, se il bambino guarda soltanto la figura, ma non ascol- ta la parola detta, non impara l’associazione fra la parola e il significato della figu- ra. La stessa cosa si verifica, se il bambino ascolta la parola, ma non osserva la figu- ra. Di fatto si può attribuire all’ “ultraselettività” degli stimoli (Lovaas e coll., 1971) il fallimento nell’apprendere nuovi comportamenti, nella capacità di generalizzare quelli appresi, nel trarre vantaggio dalle normali procedure educative, quali i sug- gerimenti verbali o mimici. Molti di questi bambini presentano storie di sospetta cecità o sordità, tanto sembrano ignari di ciò che li circonda, mentre si dimostrano estremamente attenti a dettagli assolutamente irrilevanti e portano su di essi un in- teresse ossessivo, abituandosi sempre di più a prendere in considerazione uno stimolo per volta, senza tener conto della pluralità degli elementi che contribuiscono alla co- noscenza della realtà. È ovvio che il fallimento nell’uso efficace delle stimolazioni ambientali comporta un effetto profondo e devastante sull’abilità ad apprendere.

Per ovviare a questa grave limitazione del bambino autistico, una tecnica molto ef- ficace è quella di abituare il soggetto a dare delle risposte o eseguire degli ordini, dovendo sempre tener presenti almeno due discriminanti (es. dammi il “cappotto rosso”, in presenza ovviamente di cappotti di vari colori). L’addestramento a dare risposte a stimoli multipli rappresenta così una caratteristica essenziale nella pro- grammazione del contesto riabilitativo, accompagnando il bambino in un progres- sivo distacco dalla sua tendenziale ultraselettività attentiva.

L’uso del Parlagioco si è rilevato in questo senso estremamente terapeutico dal mo- mento che il bambino, per avere informazioni utili alla conduzione del gioco, dove- va continuamente analizzare la pluralità dei dettagli presenti nella varie carte.

Nella situazione invece in cui era l’altro che doveva indovinare, A.C. è progressi-

vamente migliorato in un’abilità molto importante: quella di capire la domanda, e di

dare una risposta coerente espressa dal “sì” o dal “no”. Il bambino infatti sponta-

neamente, di fronte ad ogni richiesta, ad esempio “È un animale?” dava comunque una

risposta affermativa, dal momento che, non riuscendo a comprendere l’intenzione co-

municativa dell’interlocutore, preferiva superare la difficoltà senza nessuna forma di

riflessione, rispondendo sistematicamente “sì”, parola magica, che avrebbe avuto

comunque il potere di accontentare l’altro. Durante le varie sedute, il bambino ha

progressivamente cominciato a capire, che rispondere a caso bloccava il gioco. Ha ini-

ziato così ad inibire l’impulsività delle risposte, formulando un giudizio sulla ri-

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chiesta fatta dall’altro e confrontandola con il significato della carta scelta. Il bambino ha imparato dapprima a ridurre gli errori e quindi ad usare in modo stabile il “sì” e il “no” appropriatamente e nei vari contesti, anche fuori dal setting terapeutico.

La famiglia era naturalmente invitata a sollecitare l’elicitazione di questi ap- prendimenti durante la comunicazione spontanea del bambino nelle situazioni di vita quotidiana, allo scopo di consolidare e generalizzare gli apprendimenti rag- giunti durante il trattamento.

Visti i progressi ottenuti fino allora, si è passati alla terza situazione di gioco, in cui i due partecipanti giocano uno contro l’altro, nel tentativo di arrivare per primi ad indovinare la carta dell’altro. Si è cercato in questo contesto di introdurre l’ac- quisizione di concetti fondamentali molto astratti, rappresentati dal “vincere”, dal

“perdere” e dal “premio”.

Il fatto di enfatizzare il successo con applausi e incoraggiamenti verbali ha atti- vato uno stato emotivo sconosciuto precedentemente dal bambino.

Sappiamo infatti che le persone autistiche difficilmente sono in grado di esprimere e vivere emozioni. Le reazioni emotive a cui si assiste sono il più delle volte legate a stimoli fisici, come ad esempio gustare un cibo gradevole, o piangere in risposta a un dolore fisico, mentre difficilmente si assiste a manifestazioni di delusione, gioia o sorpresa. Su questa caratteristica del comportamento, la cosiddetta “Teoria della mente”, (Baron-Cohen e coll., 1985) ha messo in evidenza come l’incapacità del sog- getto affetto da autismo ad attribuire stati mentali a sé e agli altri sia all’origine del- le problematiche cognitive e comportamentali della sindrome stessa.

Alla fine delle partite, che spesso venivano condotte in modo da far vincere il bambino, A.C. ha cominciato a entrare in sintonia con l’entusiasmo degli altri, a ca- pire che gli applausi erano per lui e che tutti erano contenti del suo successo. Il pre- mio, inoltre, scelto di volta in volta in base ai suoi reali interessi, ha rinforzato ulte- riormente la sensazione di piacere e soddisfazione. Egli ha capito che il premio non è qualcosa di gradevole che si usufruisce subito, in seguito ad una richiesta impul- siva, ma è la risposta a un lavoro lungo nel tempo, da conquistare pazientemente con sforzo, attenzione e impegno dove è presente pure la possibilità di perdere e quindi di non raggiungere l’oggetto del proprio desiderio.

Ha cominciato inoltre a sperimentare il concetto di “più bravo”. Essere “più bra- vo” non è una nozione statica, ma dinamica. Infatti, si conquista volontariamente, perché si ha un interesse preciso, una finalità: quella di raggiungere il premio.

Il bambino ha iniziato a sganciarsi dalla concretezza delle cose, per effettuare collegamenti fra nozioni astratte, a misurarsi in qualche modo col pensiero, pensie- ro che conduce a strutturare lentamente una personalità più consapevole e matura, in grado realizzare nel tempo una capacità di autogestione e di autocontrollo.

Dopo cinque anni di trattamento il bambino è stato dimesso, avendo raggiunto

in modo consolidato un linguaggio di base per poter interagire con l’ambiente, un

comportamento sufficientemente controllato per affrontare le novità e gli imprevi-

sti che la vita sociale comporta, e un discreto livello attentivo per apprendere gli in-

segnamenti scolastici.

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Applicazione del gioco in ambito scolastico o familiare

Anche in questa modalità di gioco è possibile utilizzare una parte delle carte, ad esempio solo una o alcune serie, oppure tutte le carte al completo.

Quando si inizia il gioco è necessario disporre le carte prescelte di uno dei 2 mazzi in ordine sparso sul tavolo, in modo che tutte le figure siano ben visibili.

Quindi si tirano i dadi a turno e il giocatore che ha ottenuto il punteggio più alto sceglie una carta a piacere dal secondo mazzo, senza farla vedere agli altri giocato- ri, che cominceranno a fare domande per cercare di indovinare la carta posseduta dal primo giocatore.

Alle domande che gli verranno rivolte, dovrà rispondere solo con un sì o con un no, senza dare altre spiegazioni. Sarà penalizzato con la perdita di una banconota da 5 euro se ingannerà gli altri giocatori, dando false risposte, o se tenterà di aiuta- re uno dei giocatori.

Colui che ha ottenuto il punteggio più basso o automaticamente l’adulto, nel ca- so sia presente, avrà il ruolo di giudice e gestirà la banca (per l’assegnazione dei pre- mi e per la riscossione delle penitenze). Il giudice distribuirà o 1 o 2 biglietti di ban- ca per ogni taglio, a seconda del numero di giocatori, prima dell’inizio del gioco.

Inoltre, assegnerà la coppa a fine partita al vincitore.

I giocatori che devono indovinare effettueranno a turno delle domande che non dovranno mai essere dirette (ad es.“è un cane?” oppure “è un ombrello?”). Domande di questo tipo non sono consentite e verranno penalizzate ogni volta che uno dei gio- catori le utilizzerà.

Nel caso dell’utilizzo di un’unica serie, le domande dovranno riferirsi inizial- mente a categorie più ampie (colore, forma, dettagli comuni, materiale,ecc.). Nel ca- so invece di più serie, le domande dovranno riguardare la classe di appartenenza categoriale (animali, oggetti, persone, frutta, ecc., procedendo se possibile per gra- di, ad esempio:“è un essere vivente?”; se la risposta fosse sì, un altro giocatore dovrebbe poi domandare: “si tratta di un animale?” oppure: “è un bambino?”).

Verranno sottratti i soldi di carta (la penale è da fissare prima dell’inizio del gio- co dal giudice) e salterà il turno il giocatore che ripeterà una domanda già rivolta da un altro.

Infatti, se il giocatore del turno precedente ha già chiesto: “è un bambino?”, il giocatore successivo non potrà ripetere la stessa domanda, né una domanda analo- ga, del tipo “è un essere vivente?”; né tanto meno formulare una domanda diretta (ad esempio: “ma questa carta è quella giusta?”). Queste piccole accortezze consen- tono il mantenimento di alcune regole, dell’attenzione sostenuta e l’esercizio di una buona comunicazione.

Ogni risposta data dà la possibilità di togliere alcune carte dal tavolo. Ad esem- pio alla domanda “è un animale?”, se la risposta è “sì”, il giocatore dovrà togliere tutte le carte che non siano animali.

Nel caso la risposta fosse no, dovrà togliere tutti gli animali. Se il giocatore la-

scia sul tavolo delle carte che doveva togliere, verrà penalizzato con la sottrazione dei

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soldi (penale da decidere prima dell’inizio del gioco dal giudice).

Vince chi indovina per primo la carta prescelta.

Se un giocatore ritiene di sapere la risposta corretta prima del suo turno, dovrà chiedere al giudice il permesso di formulare la risposta; nel caso la risposta fosse inesatta dovrà saltare il turno successivo e pagare una penale in denaro (la penale ver- rà fissata dal giudice prima dell’inizio del gioco). Se due giocatori arrivano ad in- dovinare nello stesso momento, dovranno scrivere la loro risposta su un foglietto di carta che verrà dato al giudice; se le due risposte saranno identiche, entrambi i giocatori avranno vinto la partita. A questo punto è necessario procedere ad uno spareggio fra i due giocatori con una nuova partita.

Variante

Un’altra modalità di gioco è quella rappresentata da una sfida fra due giocatori che possiedono ognuno una carta nascosta e tutte e due debbono indovinare la carta dell’avversario.

Vince chi indovina per primo.

Nel caso in cui a giocare ci fossero più di due giocatori è possibile utilizzare una modalità a squadra (meglio se è un adulto a formare le due squadre). Entrambe le squadre avranno una carta nascosta e dovranno indovinare quella dell’altra facen- do domande a turno.

Vincerà la squadra che arriva per prima alla soluzione.

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