• Non ci sono risultati.

DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CHIMICA INDUSTRIALE TESI DI LAUREA MAGISTRALE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CHIMICA INDUSTRIALE TESI DI LAUREA MAGISTRALE"

Copied!
92
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CHIMICA

INDUSTRIALE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Correlazione struttura-proprietà di plastomeri 1-butene/etilene

Relatore: Prof. Antonio Marigo Correlatore: Dott. Stefano Spataro Controrelatore: Prof.ssa Giulia Licini

LAUREANDA: ELISA FASSONE

(2)
(3)

3

INDICE

INTRODUZIONE 5 Capitolo 1 IL POLI-1-BUTENE 7 1.1. Introduzione 7 1.2. Tatticità 8 1.3. Polimorfismo 9 1.4. Sintesi 12 1.5. Proprietà e applicazioni 14 1.6. Copolimeri C4C2 15 1.6.1. Proprietà 15

Capitolo 2 LE TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE 17

2.1.Diffrazione dei raggi X 17

2.2.Spettroscopia infrarossa 22

2.3.Analisi termiche 22

2.4.Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare 24

2.5.Determinazione della distribuzione dei pesi molecolari 26

2.6.Determinazione della densità 26

2.7.Determinazione del Melt Flow Rate 26

2.8.Prove meccaniche 27

2.9.Microscopia elettronica in trasmissione 30

2.10.Microscopia di forza atomica 30

Capitolo 3 I CAMPIONI STUDIATI 33

(4)

4

4.1. Studio strutturale e morfologico

37

4.1.1. Analisi WAXD e SAXS 37

4.1.2. Analisi FT-IR 40

4.1.3. Analisi DSC 48

4.1.4. Analisi NMR-SS 53

4.1.5. Analisi TEM 62

4.1.6. Analisi AFM 68

4.2. Studio del fenomeno legato alla struttura 75

4.2.1. Prova Cut&Stick 75

4.2.2. Analisi FT-IR ATR 77

4.3. Confronto dei risultati ottenuti con le diverse tecniche utilizzate 83

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE 87

BIBLIOGRAFIA 89

(5)

5

INTRODUZIONE

In questo lavoro di tesi sono state studiate la struttura e la morfologia di plastomeri 1-butene/etilene (C4C2) prodotti mediante catalisi metallocenica, sia da impianto pilota sia da impianto industriale. Le informazioni ottenute sono state correlate alle proprietà finali di questa nuova classe di materiali, che possono essere utilizzati per applicazioni esterne, in edilizia e costruzioni, per imballaggi alimentari ed in generale come materiali in competizione con i tradizionali elastomeri termoplastici (TPE).

Questa nuova classe di materiali combina un’alta flessibilità con una buona elasticità ed un’elevatissima duttilità. Possono essere trasformati direttamente o utilizzati come agenti modificanti nei polimeri. Per la loro fluidità e stabilità in processo questi materiali possono essere convertiti in film, profilati, contenitori e in generale in tutti quei manufatti provenienti dai processi di trasformazione utilizzati per le poliolefine tradizionali.

A dispetto di questo buon bilancio di proprietà e versatilità di uso, esistono alcuni aspetti critici da gestire nella produzione di questi materiali, soprattutto nella parte di finitura. Inoltre la comprensione più dettagliata della struttura e della morfologia di queste poliolefine potrebbe aprire nuove prospettive per lo sviluppo e le applicazioni dei prodotti.

I plastomeri si presentano morfologicamente omogenei, grazie alla buona randomizzazione delle catene polimeriche e alla stretta distribuzione dei pesi molecolari, ottenute con il catalizzatore metallocenico. Le zone amorfe e cristalline del polimero non sono immiscibili e distinte, come in un copolimero eterofasico, ma sono indistinguibili. Si differenziano esclusivamente per l'organizzazione delle catene polimeriche, dato che la loro composizione è uguale.

(6)

6

Per raggiungere lo scopo della tesi è stata indagata la struttura allo stato solido di questi materiali. Si sono utilizzate tecniche di diffrazione di raggi X, risonanza magnetica nucleare allo stato solido (NMR SS), spettroscopia infrarossa (FTIR e ATR) e calorimetria differenziale a scansione (DSC). Lo studio morfologico è stato affrontato con tecniche di microscopia elettronica in trasmissione (TEM) e microscopia di forza atomica (AFM).

(7)

7

Capitolo 1 IL POLI-1-BUTENE

1.1. Introduzione

Il poli-1-butene (PB-1) isotattico è un polimero semicristallino lineare ad alto peso molecolare, di struttura:

Ogni polimero semicristallino esibisce una gerarchia morfologica. Le catene polimeriche ripiegandosi formano le lamelle, le quali a loro volta si organizzano in cataste lamellari (Figura 1). Le zone prive di organizzazione sono dette amorfe. Una organizzazione superiore si ottiene quando da un nucleo centrale le lamelle si dipartono radialmente. In questo modo si formano gli sferuliti (Figura 1), aggregati tridimensionali di unità cristalline.

(8)

8

Figura 1: Struttura delle cataste lamellari (a sinistra) e di uno sferulita (a destra)

Il poli-1-butene isotattico venne sintetizzato la prima volta da Natta e collaboratori nel 1954[1]. La prima produzione industriale risale al 1964 ad Huls, Germania. Successivamente nel 1968 Mobil Oil aprì un impianto in Texas. Nel 1977 la Shell comprò dalla Witco per investire nell’estensione dell’impianto. Nel 1998 la Basell entra a far parte della Shell.

Nel 2003 Basell incomincia la nuova produzione di 45KT nell’impianto di Moerdijk in Olanda. In seguito nel 2008 l’impianto ora LyondellBasell a Moerdijk aumenta la produzione a 65 KT.

La LyondellBasell è il più importante produttore mondiale di PB-1, sia come omopolimero sia come copolimero con etilene [2].

1.2. Tatticità

(9)

9

Figura 2: Forme tattiche del poli-1-butene

1.3. Polimorfismo

Il poli-1-butene isotattico può cristallizzare in diverse forme a seconda delle condizioni. Le forme polimorfe sono I, II, I’, III [3][4]. La forma II si ottiene per cristallizzazione dal fuso; da questa attraverso una trasformazione solido-solido a temperatura ambiente e in alcune settimane si ottiene la forma I. Le forme I’ e III cristallizzano da soluzione a seconda del solvente usato, della concentrazione e della temperatura di cristallizzazione. La forma III può trasformare in forma I’ sempre attraverso una trasformazione solido-solido.

(10)

10

Figura 3: Strutture delle forme cristalline del PB-1

In Tabella 1 sono mostrate le principali caratteristiche delle forme cristalline del PB-1.

Tabella 1: Forme cristalline del poli-1-butene [5]

Forme Parametri di cella (Å) Unità di cella Elica Tm (°C) Densità

a b c

II 14.85 14.85 20.6 tetragonale 113 118-126 0.88-0.90

I 17.7 17.7 6.5 esagonale 31 125-136 0.95

III 12.49 8.96 7.56 ortorombica 41 90-103

I' 17.7 17.7 6.5 esagonale 31 90-100

La forma II ha una struttura cristallina tetragonale con elica 113. È una forma metastabile

cineticamente favorita. Come già anticipato, si ottiene dal fuso ma per invecchiamento a temperatura ambiente si trasforma nella fase I termodinamicamente favorita e stabile. La forma I ha cella esagonale e elica 31. La diversa struttura dell’elica nelle due forme

(11)

11

accompagnata da un cambiamento delle proprietà fisiche e meccaniche: per esempio in un omopolimero PB-1 aumenta la temperatura di fusione (Tm) da 117°C (forma II) a 130°C (forma I), aumentano la densità e la cristallinità nel tempo (a causa della cristallizzazione della fase amorfa in fase I con la nascita di nuove lamelle), aumentano rigidità, resistenza, durezza e forza tensile. Il processo è controllato dalla nucleazione della nuova forma I, localizzata nei punti di distorsione delle lamelle [6][7]. La trasformazione di fase può essere velocizzata grazie a pressioni elevate, applicando sforzi di tensione, flessione o deformazioni tensili, con solventi che dissolvono PB-1 a alte temperature, con copolimeri, con nucleanti, o per stress termico [8][9][10][11][12].

Figura 4: Variazione delle catene di PB-1 a seguito della trasformazione “forma II  I”

La forma III ha una struttura ortorombica con elica 41 e cristallizza da soluzione di

toluene. Si trasforma spontaneamente nella forma I’(untwinned esagonale con elica 31)

(12)

12

La forma I (o I’) può essere ottenuta direttamente dal fuso, senza che avvenga la trasformazione III, in nanocompositi a base di copolimeri 1-butene/etilene con montmorillonite [13] o aumentando i difetti delle catene di PB-1 (difetti > 3-4% mol [14]). Studi di diffrazione dei raggi X ad alto angolo (WAXD) su cristallo singolo mostrano che la forma I e la forma I’ hanno la stessa cella esagonale, ma la forma I ha una struttura “twinned” mentre la I’ “untwinned” [3][4]. L’unica altra differenza che si riscontra fra le due forme, da letteratura, è la temperatura di fusione ricavata da analisi DSC, che differisce di circa 15-25°C. Per questi motivi la fase I’ viene definita come una forma imperfetta della forma I [14].

In Figura 5 è mostrato come le forme cristalline del PB-1 si formino da fuso o da soluzione e come si possano convertire le une nelle altre.

Figura 5: Relazione fra le diverse forme cristalline del PB-1

Il polimorfismo è una interessante caratteristica del poli-1-butene ma è anche la causa del limite al suo sviluppo industriale, per la lenta cinetica della trasformazione II I. Per questo motivo, come già detto, sono stati sviluppati dei metodi per accelerare la trasformazione. A questa problematica si aggiunge l'alto costo delle materie prime.

(13)

13

Il poli-1-butene isotattico viene sintetizzato in massa con catalizzatori Ziegler-Natta o con catalizzatori metallocenici [15].

 I catalizzatori di Ziegler-Natta impiegati sono costituiti da un pre-catalizzatore solido TiCl4, supportato da MgCl2 microcristallino, e una soluzione di cocatalizzatore. Il

pre-catalizzatore e il supporto vengono impaccati in un carrier che permette di dare forma e dimensione alle particelle del catalizzatore. Il cocatalizzatore ha la funzione di attivare il catalizzatore. L’isotatticità del PB-1 viene controllata con un donor esterno.

Il vantaggio dei catalizzatori supportati è un’alta produttività e l’alto grado di isotatticità che viene ottenuto nelle condizioni standard di polimerizzazione.

 Il sistema catalitico dei catalizzatori metallocenici comprende un cocatalizzatore, usato come attivante, e uno scavenger che impedisce l’avvelenamento del catalizzatore. Il catalizzatore è un metallocene-derivato cationico formato da elementi del quarto gruppo come Zr.

I catalizzatori metallocenici (“single site”) permettono di ottenere:  un ottimo controllo della microstruttura della catena,

 una distribuzione random dei difetti,

 un’uniforme distribuzione intermolecolare del contenuto dei difetti,

 una stretta distribuzione dei pesi molecolari (indice di polidispersione =2-3),

 alta isotatticità (98%).

I catalizzatori di Ziegler-Natta e metallocenici danno prodotti con caratteristiche differenti come il punto di fusione, la distribuzione dei pesi molecolari e le proprietà meccaniche.

(14)

14

e serve a bimodalizzare il prodotto, ovvero offre la possibilità di variare la composizione del prodotto finale. Al termine della polimerizzazione si recupera il monomero non reagito per evaporazione; questo viene condensato e riciclato nel reattore di polimerizzazione. Il polimero ottenuto, allo stato fuso, può essere additivato attraverso un sistema di miscelazione con antiossidanti, nucleanti, filler o pigmenti. Segue il taglio in pellets e il passaggio attraverso una colonna di acqua a flusso regolabile per favorire la cristallizzazione del prodotto. Quindi i pellets vengono asciugati all'aria.

In Figura 6 è mostrato uno schema a blocchi del processo di sintesi del PB-1.

Butene Purification cat Butene-1 Feed Solution Polymerization Devolatilization Upgrading and Pelletizing Butene-1 Recycle PB Product H2

Figura 6: Schema a blocchi del processo di sintesi del poli-1-butene

I copolimeri C4C2 studiati in questo lavoro di tesi sono stati sintetizzati con catalizzatore metallocenico [15].

(15)

15

granulare è più stabile rispetto al prodotto tal quale. Il terPP è stato scelto per la sua compatibilità termica, reologica e chimica con il PB-1. Dopo la miscelazione avviene il taglio. Segue il raffreddamento con acqua e l'asciugatura del prodotto dall'acqua di raffreddamento.

1.5. Proprietà e applicazioni

Il poli-1-butene ha apprezzabili proprietà fisiche e meccaniche, che comportano diversi vantaggi di utilizzo rispetto ai concorrenti tradizionali poliolefinici quali polietilene (PE) e polipropilene (PP). Il PB-1 ha buona flessibilità, durezza, resistenza a rottura (ESC, Environmental Stress Cracking), all’abrasione e all'impatto, resistenza allo stress per lunghi periodi ad alte temperature (creep resistance), resistenza alla corrosione (abrasione della sabbia) [7]. Queste caratteristiche permettono l’impiego del PB-1 come materiale per tubi per acqua potabile calda e fredda in abitazioni civili, impianti di riscaldamento, tubazioni per geotermia, trasporto di materiali corrosivi nell’industria mineraria e nelle centrali elettriche.

Importante proprietà è anche la sensibilità allo sforzo nel fuso. Il PB-1 ha una migliore lavorabilità rispetto a poliolefine quali PE e PP perchè la viscosità del fuso diminuisce rapidamente già per piccoli sforzi, a temperatura costante. Nel caso di PE e PP invece, è necessario applicare uno sforzo maggiore per diminuire la viscosità del fuso e migliorarne così la processabilità.

Il PB-1 risulta facile da processare e da disperdere in matrici di PE o PP.

Altre caratteristiche, quali la resistenza chimica, la permeabilità e le proprietà meccaniche in generale, sono abbastanza simili a quelle di polietilene e polipropilene.

1.6. Copolimeri C4C2

(16)

16

sviluppano invece in due fasi differenti distinguibili a microscopio. Le fasi hanno composizioni diverse e sono immiscibili fra loro.

I campioni studiati in questo lavoro di tesi sono copolimeri random 1-butene/etilene.

1.6.1.

Proprietà

Il contenuto di etilene (C2) nel copolimero C4C2 influenza le proprietà fisiche del prodotto finale: aumentando il contenuto di C2 diminuisce la velocità di cristallizzazione, la temperatura di fusione e la cristallinità totale.

La forma cristallina che si ottiene dal fuso dipende dalle condizioni sperimentali (pressione, velocità di raffreddamento, etc), dal peso molecolare dei campioni e dal contenuto di etilene. Copolimeri con un contenuto di etilene inferiore al 3% in peso cristallizzano dal fuso come un insieme di forma I e forma II; la frazione di forma I cresce aumentando il contenuto di C2.

La velocità della transizione (solido-solido) dalla forma II alla forma I è maggiore in presenza di etilene, a parità di massa molecolare.

Nei campioni analizzati prodotti con catalizzatore metallocenico, la diminuzione della cristallinità e della temperatura di fusione è più veloce rispetto a copolimeri C4C2 sintetizzati con catalizzatori Ziegler-Natta. Altra particolarità di questi campioni è che, quando il contenuto di etilene è superiore al 3-4% in peso, non cristallizzano dal fuso. I campioni si presentano infatti in stato amorfo appena raffreddati a temperatura ambiente, come si è visto da analisi WAXD e DSC. Con l'invecchiamento del campione si osserva la cristallizzazione direttamente in forma I (o I') senza che vi sia la trasformazione solido-solido dalla forma II alla forma I.

Nei copolimeri C4C2 l’introduzione di etilene influenza anche le proprietà meccaniche. La durezza, il carico a rottura e la temperatura di transizione vetrosa diminuiscono con l’aumento del contenuto di C2, mentre la flessibilità, l'elasticità e la trasparenza dei copolimeri aumentano con l’aumento del C2.

La durezza e il modulo a rottura aumentano con l’invecchiamento dei campioni in seguito all'aumento di cristallinità.

(17)

17

andamenti più repentini in funzione del contenuto di etilene per campioni da metallocene.

Capitolo 2 LE TECNICHE DI CARATTERIZZAZIONE

2.1. Diffrazione dei raggi X

La diffrazione a raggi X è una tecnica che consente di ottenere dati strutturali ed informazioni sulle fasi cristalline costituenti il campione in esame.

In questo lavoro sono state utilizzate le tecniche di diffrazione dei raggi X ad alto angolo (WAXD) e di diffrazione dei raggi X a basso angolo (SAXS), che si differenziano per il campo di indagine.

Diffrazione dei raggi X ad alto angolo

La tecnica WAXD permette di indagare strutture dell’ordine delle decine di Angstrom, studiando lo scattering ad angoli 2 maggiori di 2°. Dagli spettri di diffrazione WAXD è possibile determinare il grado di cristallinità di un campione sulla base della legge di conservazione delle intensità diffratte di Vainshtein[16].

(18)

18

Nei polimeri semicristallini l’intensità totale di radiazioni diffratte è indipendente dal fatto che le macromolecole siano organizzate in strutture ordinate o meno. Ciò che cambia è invece il profilo dello spettro di diffrazione al variare del grado di cristallinità. Strutture ordinate presentano picchi ben definiti, mentre per quelle disorganizzate si osserva una banda allargata, in genere poco intensa, che viene chiamata alone dell’amorfo (a volte è costituito da due bande distinte).

Si possono quindi separare, nei profili di diffrazione, i contributi delle zone cristalline ed amorfe e determinare il grado di cristallinità, che è definito come il rapporto tra l’area sottesa dalla curva del cristallino e l’area totale. Si calcolano quindi gli integrali per la parte amorfa e cristallina e si applica l’equazione:

La risoluzione dello spettro viene fatta separando il contributo dei domini cristallini da quelli amorfi e consiste in un procedimento di deconvoluzione dei profili di diffrazione. Lo spettro ottenuto sperimentalmente viene ricostruito tramite l’utilizzo di funzioni matematiche a campana di tipo gaussiano.

Diffrazione dei raggi X a basso angolo

La tecnica SAXS si basa sullo stesso principio fisico di quella ad alto angolo, ma l’intensità della radiazione diffusa viene registrata ad angoli 2θ inferiori a 2°. Lo spettro che si ottiene presenta una curva continua di diffusione della radiazione (“liquid scattering”). Se nel sistema è presente un ordine a lungo raggio, come nelle cataste lamellari, sarà possibile il verificarsi dell’interferenza costruttiva fra le radiazioni diffuse, che porterà alla formazione di picchi di diffrazione sovrapposti alla curva di diffusione. Inoltre, considerando che gli effetti della diffrazione derivano dall’interferenza delle onde diffuse dagli elettroni, la legge di reciprocità implica che, nella diffusione a bassi angoli, si possa considerare che gli effetti di interferenza siano legati alla disomogeneità della densità elettronica all’interno del sistema.

(19)

19

La morfologia dei polimeri semicristallini è costituita da una serie di domini cristallini ed amorfi alternati regolarmente, che costituiscono la catasta lamellare, e quindi tali materiali sono adatti allo studio mediante diffrazione dei raggi X a basso angolo. Le zone cristalline sono caratterizzate da una densità elettronica maggiore rispetto alle zone amorfe; inoltre all’interno di ogni singola fase la densità elettronica può essere assunta costante, dato che le eventuali oscillazioni sono del tutto trascurabili rispetto alle variazioni che si registrano nel passaggio da una fase all’altra. Considerando infine che le lamelle sono caratterizzate da un’estensione nelle due dimensioni di base notevolmente superiore rispetto allo spessore, si può assumere che la densità elettronica sia variabile solo nella direzione normale alla superficie delle lamelle.

Nell’elaborazione degli spettri SAXS, i sistemi studiati devono soddisfare due ipotesi fondamentali: il sistema deve essere statisticamente isotropo e non deve esistere ordine a lungo raggio. Se queste condizioni sono verificate si possono eseguire le elaborazioni matematiche, ovvero lo spettro sperimentale deve essere corretto per una serie di fattori:

1. sottrazione del fondo strumentale,

2. correzione per il fondo continuo (“liquid scattering”),

3. correzione per la geometria del sistema di collimazione del fascio primario (“desmearing”),

4. correzione di Lorentz.

La prima correzione di sottrazione del rumore di fondo, consiste nel correggere lo spettro sperimentale del campione con lo spettro del “background”, dovuto allo scattering dell’aria presente in quanto il vuoto realizzato durante la misura non sarà mai completo.

Nella correzione per il fondo continuo si sottrae da tutto lo spettro il contributo dovuto al “liquid scattering”, in modo da isolare il picco di diffrazione da cui ottenere delle informazioni strutturali.

(20)

20

La correzione di Lorentz consiste nel moltiplicare l’intensità I(s) per il fattore di Lorentz (4πs2) ottenendo una funzione monodimensionale I1(s). Questo permette di considerare

la funzione di scattering come derivante da una sola catasta rappresentativa dell’intero sistema.

Una volta corretto lo spettro secondo i vari procedimenti descritti, è possibile ricavare una prima importante grandezza relativa alla periodicità all’interno delle cataste, ossia il Long Period. Questa è la distanza più probabile tra i centri di due lamelle adiacenti. È anche uguale alla media della somma degli spessori delle fasi cristallina ed amorfa. Si procede successivamente all’applicazione dei modelli lamellari.

Gli spettri SAXS dei polimeri semicristallini sono generalmente costituiti da un unico picco di diffrazione piuttosto allargato. Questo effetto è dovuto al fatto che il sistema non ha un comportamento ideale, in particolare la struttura cristallina presenta strati, sia amorfi che cristallini, di dimensioni variabili. Per ricostruire gli spettri di diffrazione a basso angolo si possono usare dei modelli teorici monodimensionali. Questi permettono di descrivere la struttura a catasta lamellare dei polimeri, riproducendo i profili di diffrazione SAXS.

Si riescono quindi a ricavare informazioni sulla distribuzione degli spessori dei domini cristallini ed amorfi.

Le cataste lamellari delle strutture polimeriche vengono descritte da una serie di modelli, tutti caratterizzati da due ipotesi, che semplificano notevolmente la trattazione: le dimensioni di base delle lamelle sono infinite, la densità elettronica varia solo lungo la direzione perpendicolare ai piani lamellari. Non si considera la presenza di uno strato di transizione tra zone cristalline ed amorfe, le variazioni di densità elettronica all’interfaccia tra due fasi sono quindi nette. La fluttuazione della densità elettronica lungo la normale alla catasta viene descritta tramite il modello matematico di Hosemann[17], secondo il quale gli spessori degli strati cristallino ed amorfo possono variare in maniera indipendente l’uno dall’altro.

(21)

21

allargamento del picco di diffrazione) e per l’eventuale introduzione di disomogeneità a lungo raggio, vengono così considerate delle fluttuazioni di cristallinità tra le cataste e delle variazioni di spessore lamellare all’interno delle cataste stesse.

Per le analisi WAXD è stato utilizzato un diffrattometro X-ray Diffraction Powder

Diffractometer -XRPD- Bruker D8 Advance (λ CuKα1=1.5406 Å), operante in

riflessione, mentre per le analisi in temperatura si è utilizzato un diffrattometro X’Pert Pro della Philips (Figura 7), con geometria θ-θ, operante in riflessione (λ CuKα=1.5418 Å).

Figura 7: Diffrattometro X'Pert Pro utilizzato per le misure WAXD in temperatura

Le analisi SAXS sono state effettuate utilizzando un diffrattometro (Figura 8), operante in trasmissione (λ CuKα1=1.5406 Å), costituito da una camera di Kratky della Anton Paar, con sistema di collimazione e un rivelatore multicanale Braun LPS (Linear Position Sensitive).

(22)

22

Figura 8: Diffrattometro utilizzato per le misure SAXS

2.2. Spettroscopia infrarossa

La spettroscopia infrarossa viene utilizzata frequentemente in molte attività di ricerca e industriali perché presenta numerosi vantaggi quali la rapidità, il gran numero di informazioni che riesce a fornire, il relativo basso costo della strumentazione.

Sono stati analizzati spettri in trasmittanza dei film e spettri ATR delle polveri dei campioni.

Gli spettri FTIR sono stati acquisiti con uno spettrofotometro MAGNA-IR 760 della NICOLET, operante in trasmissione nell’intervallo di 400-4000 cm-1, con una risoluzione di 2 cm-1 e raccogliendo 64 scansioni.

Spettroscopia di riflettanza totale attenuata (ATR)

(23)

23

la tecnica sia soddisfacente bisogna che il campione sia in contatto diretto con il cristallo e che l’indice di rifrazione di quest’ultimo sia maggiore di quello del campione in modo che si possa verificare la riflessione totale.

Gli spettri ATR sono stati acquisiti con uno spettrofotometro Magna System 560 della NICOLET, operante nell’intervallo di 650-5000 cm-1, con una risoluzione di 4 cm-1 e raccogliendo 128 scansioni.

2.3. Analisi termiche

La calorimetria differenziale a scansione (DSC) viene impiegata per lo studio delle proprietà chimico-fisiche di un campione al variare della temperatura. Si possono indagare trasformazioni eso e endotermiche (cristallizzazione e fusione) e quelle accompagnate da una variazione di calore specifico (transizione vetrosa) misurando la differenza tra i flussi di calore del campione in esame e di un riferimento, applicando un programma di temperatura controllato. Si ottiene un termogramma, ovvero un grafico del flusso di calore in funzione della temperatura (dQ vs dT) come mostrato in Figura 9.

Figura 9: Termogramma

Nel termogramma, l’area di un picco è proporzionale alla massa e all’entalpia di fusione-cristallizzazione che è proporzionale al grado di cristallinità del campione. Per le analisi si è utilizzato uno strumento Pyris 1 DSC a compensazione di potenza della Perkin-Elmer.

(24)

24

I campioni vengono prima scaldati da 20°C a 180°C alla velocità 10°C/min rimanendo a 180°C per 5 min, poi si raffredda da 180°C a -20°C (sempre a 10°C/min), restando a -20°C per 5 min. Segue una seconda rampa di riscaldamento da -20°C a 180°C, restando a 180°C per 5 min, e una di raffreddamento da 180°C a 20°C, sempre a 10°C/min per ogni rampa.

Dopo questo primo passaggio la capsula DSC del campione viene condizionata a temperatura ambiente e pressione atmosferica per il tempo di invecchiamento scelto, dopo il quale si procede con l’analisi, ovvero si esegue una rampa di riscaldamento da 20°C a 180°C, restando a 180°C per 5 min, e una seconda rampa di raffreddamento da 180°C a 20°C con velocità di scansione di 10°C/min.

L’analisi termo dinamico meccanica (DMTA) fornisce informazioni sulle proprietà visco-elastiche in funzione della temperatura e determina il modulo elastico e il modulo di perdita applicando una forza oscillante al campione.

Le prove sui copolimeri sono state effettuate con uno strumento DMA800 TA. Il campione sotto forma di barretta rettangolare, di larghezza 6 mm e spessore 1 mm, è stato fustellato da una placchetta pressofusa del campione. Le analisi sono state condotte a 1Hz di frequenza e con una velocità di riscaldamento costante di 2°K/min. Tutte le prove sono state effettuate in un intervallo di temperatura compreso tra -140°C e 25°C.

2.4. Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare

La spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) è una tecnica non distruttiva che consente di ottenere informazioni sulla struttura e sulle proprietà delle macromolecole.

NMR in soluzione

Con la tecnica 13C NMR in soluzione si ottengono informazioni sulla randomizzazione, sulla tatticità e sulla composizione di un polimero.

(25)

25

Gli spettri 13C NMR in soluzione sono stati acquisiti con uno spettrometro NMR Bruker AV-600 con campo magnetico a 150.61 MHz operante in trasformata di Fourier ed equipaggiato per lavorare a diverse temperature.

NMR allo stato solido (NMR SS)

La spettroscopia NMR allo stato solido, rispetto a quella in soluzione, ha trovato impiego solo in tempi più recenti (anni ’70) grazie all’introduzione di particolari tecniche che consentono di ottenere spettri ad alta risoluzione.

L’NMR SS permette di ottenere informazioni strutturali anche su campioni in polvere e amorfi, ma questa ricchezza di informazioni porta ad avere segnali molto allargati a causa di fenomeni di anisotropia di chemical shift e di interazioni dipolari. In soluzione l’allargamento di riga non si verifica perchè queste interazioni sono mediate a un valore isotropo dai moti molecolari veloci.

Per ottenere spettri 13C NMR ad alta risoluzione allo stato solido, eliminando le interazioni sopra citate, sono state ideate particolari tecniche quali la Magic Angle Spinning (MAS) e il disaccoppiamento eteronucleare ad alta potenza (DD).

La tecnica MAS prevede di inclinare il campione ad un angolo di 54.74° (angolo magico) rispetto al campo magnetico staticoe di farlo ruotare su questo asse. In questo modo vengono mediate a zero l’interazione di anisotropia di chemical shift e quasi tutte le interazioni dipolari, e le bande si restringono.

Per diminuire ulteriormente la larghezza di riga del segnale 13C, si utilizza il disaccoppiamento eteronucleare ad alta potenza che permette di eliminare tutti i contributi delle interazioni dipolari 13C-1H.

Queste due tecniche sono state combinate nell’acquisizione di spettri 13C Single Pulse Excitation (SPE).

(26)

26

La sequenza CP-MAS è la combinazione delle tecniche di cross-polarizzazione e di Magic Angle Spinning. Essa permette di ottenere spettri allo stato solido in alta risoluzione, con larghezze di banda dell’ordine di qualche decina di Hz per nuclei come il 13C.

Gli spettri 13C NMR SS dei campioni in esame sono stati acquisiti con uno spettrometro Bruker DPX 400 operante a 100.62 MHz con un probe 4 mm MAS alla velocità di 10 kHz a 25°C.

Gli spettri 13C SPE, che permettono l’acquisizione sia della componente amorfa che di quella cristallina dei campioni in esame, sono stati fatti con un tempo di acquisizione di 50 ms e un tempo di riciclo di 20 s. Gli spettri 13C CPMAS, che permettono l’acquisizione della componente cristallina, sono stati fatti con un tempo di acquisizione di 50 ms, un tempo di riciclo di 20 s e un tempo di contatto di 2.5 ms. 256 transienti sono stati acquisiti per entrambi gli esperimenti. Il metile della forma I è stato usato come riferimento interno a 12.8 ppm.

2.5. Determinazione della distribuzione dei pesi molecolari

La massa molecolare media ponderale e numerica e la distribuzione dei pesi

molecolari ( ) vengono misurati usando uno strumento Waters 150C ALC/GPC

equipaggiato con quattro colonne mixed-gel PLgel 20 m Mixed-A LS. Il solvente usato è 1,2,4-triclorobenzene (TCB) e la velocità di eluizione è 1.0 mL/min. Le misure vengono fatte alla temperatura di 135°C. La curva di calibrazione si ottiene usando come standard 12 campioni di polistirene con un intervallo di masse molecolari fra 580 e

13200000. Si assume che il valore di K nella relazione di Mark-Houwink sia: KPS = 1.21×10-4 dL·g-1 per il polistirene e KPB = 1.78×10-4 dL·g-1 per il poli-1-butene. Il

valore dell’esponente  dell’equazione di Mark-Houwink è 0.706 per il polistirene e 0.725 per il poli-1-butene.

2.6. Determinazione della densità

(27)

27

presentare un gradiente di densità dalla base alla cima. Si sfrutta l’equilibrio che si instaura in un certo punto della colonna tra il campione e la soluzione che presenterà in tale posizione densità uguale al campione. Possono essere rilevate densità comprese tra quella dell’isopropanolo (0.783 g/ml) e quella dell’acqua.

2.7. Determinazione del Melt Flow Rate

Il Melt Flow Rate (MFR) è una misura di grande utilizzo nell’industria, grazie alla sua rapidità di esecuzione ed alle informazioni di grande utilità che essa fornisce. L'analisi (ASTM D-1238) si esegue portando il campione a fusione in un contenitore munito sul fondo di un ugello di specifica lunghezza e diametro. Un peso posto sulla sommità del contenitore permette di applicare una pressione sul fuso e di farlo fluire dall'ugello. Nello specifico si opera alla temperatura di 190°C e con un peso di 2.16 Kg. Si ottiene così il valore dei grammi di sostanza estrusi in 10 min.

Il Melt Flow Rate quantifica la viscosità del fuso polimerico ed è legato sopratutto al peso molecolare medio (più è alto e più sarà basso il MFR) ed alla distribuzione dei pesi molecolari, che influisce positivamente sul MFR quanto più è larga.

2.8. Prove meccaniche

Prova di durezza

Nella prova di durezza, un penetratore con un carico applicato penetra nel materiale in prova, permane per un certo tempo e successivamente mediante la valutazione della deformazione permanente (elasto-plastica) che il materiale ha subito si fornisce un numero di durezza. Il valore di durezza è inversamente proporzionale alla profondità di penetrazione.

La scala di durezza usata per elastomeri e gomme è la shore A, per polimeri più soffici, e la shore D, per polimeri più duri (norma internazionale ISO 868).

(28)

28

Figura 10: Indentatore per la misura di shore A

La shore D è invece misurata con un indentatore conico (Figura 11) con la punta di raggio pari a 0.1 mm. Il diametro alla base è di 1.1-1.4 mm. Viene applicato un peso di 4.550 Kg, la cui forza risultante è di 44.64 N.

Figura 11: Indentatore per la misura di shore D

Prova di trazione

Per le prove di trazione si utilizza uno strumento elettromeccanico di prova di trazione. Lo strumento è costituito da due morsetti tra i quali viene posizionato e bloccato il provino. Un morsetto è collegato al sensore per la misura della forza applicata, l’altro è fissato ad una barra che si muove a velocità costante. Il provino viene trazionato deformandosi fino alla rottura o fino a un valore massimo prefissato e si registra la curva sforzo-deformazione del provino. Questo ha la caratteristica forma a “osso di cane” (Figura 12), con uno spessore h di 2 mm, lunghezza l2 di 75 mm, lunghezza del tratto

utile l1 di 25 ± 1 mm, larghezza b2 di 12.5 ± 1 mm e larghezza del tratto utile b1 di 4 ±

(29)

29

Figura 12: Provino a “osso di cane” per la prova di trazione

Grazie a un estensimetro si ottiene la misura dell’allungamento ( [%]), mentre

la forza applicata ( [Mpa]) viene determinata con una cella di carico.

Prova di tension set

La prova consiste nel determinare la deformazione permanente dopo tensione del provino in esame in determinate condizioni.

Il provino deve avere spessore e larghezza pari a 2 mm e lunghezza utile (L0) di 50 mm.

Il provino viene allungato del 200% nell’archetto di ottone dello strumento per il test (Figura 13) e lasciato in questa posizione per 10 min.

Figura 13: Strumento per la prova di tension set

Trascorso questo lasso di tempo si misura la lunghezza del provino (L). La deformazione permanente è:

(30)

30

Con questo test si misura l’elasticità di un plastomero con shore A minore di 90. Tale proprietà può essere determinata a varie temperature, dopo compressione prolungata a deformazione costante.

Il test viene eseguito alla temperatura di 23°C per 22 h, con una deformazione di compressione del 25%. Questo tipo di condizioni permette di osservare maggiormente l’effetto di cambiamenti fisici (riorientazione delle catene del polimero e dei fillers). Il provino impiegato è un disco cilindrico di spessore 12.5 ± 0.5 mm e diametro 29.0 ± 0.5 mm.

Lo strumento di analisi (Figura 14) è costituito due piatti paralleli tra cui viene compresso il campione (in verde). Due “spacer” vengono posti ai lati del campione per mantenere e calibrare la deformazione costante al 25% per tutta la durata del test.

Figura 14: Strumento per la determinazione del compression set

Il compression set è calcolato come percentuale della deformazione residua dopo 30 min dalla rimozione della forza di compressione. È calcolato con la formula:

dove ho è lo spessore del campione iniziale, hi è lo spessore del campione dopo il test , hn

è lo spessore dello spacer.

2.9. Microscopia elettronica in trasmissione (TEM)

La microscopia elettronica in trasmissione (TEM) si basa sull’interazione fra elettroni e campione indagato. L’immagine viene ottenuta raccogliendo con opportuni rivelatori gli elettroni trasmessi dal campione.

L’analisi TEM permette di ottenere informazioni sulla morfologia del campione indagato con una risoluzione dell’ordine dei nanometri.

(31)

31

si riferiscono alla parte più mobile del polimero, cui RuO4 si lega più facilmente, mentre

le zone chiare rivelano la fase più rigida e ordinata.

Per le analisi è stato utilizzato uno strumento Tecnai 10 della FEI, con tensione massima di accelerazione 100 kV e risoluzione 0.34 nm.

2.10. Microscopia di forza atomica (AFM)

La microscopia a forza atomica (AFM), o a scansione di sonda (SPM), è una tecnica estremamente accurata e versatile per misurare la topografia di una superficie o le forze superficiali, ottenendo un reale profilo tridimensionale della superficie.

Il microscopio a forza atomica consiste di una microleva (cantilever) alla cui estremità è montata una punta acuminata (tip), tipicamente composta di silicio o nitruro di silicio, che presenta un raggio di curvatura dell'ordine dei nanometri. La punta viene posizionata in prossimità della superficie del campione di cui si vuole effettuare la scansione. Le interazioni tra la punta ed il campione provocano una deflessione della microleva. L'entità della deflessione è elaborata dal sistema di feedback e processata dal computer, che elabora una mappa topografica o di altre proprietà (chimiche, fisiche, magnetiche, ecc. a seconda della sonda utilizzata). L'area massima scansionabile è solitamente di circa 150×150 µm, ma è possibile indagare anche aree molto ridotte (100×100 nm) con risoluzione subnanometrica.

Vi sono diversi modi di funzionamento per questo tipo di microscopio. I principali sono:

a contatto statico (contact mode)

ad assenza di contatto dinamico (non-contact mode)

a contatto dinamico (dynamic mode).

(32)

32

Il metodo di contatto dinamico permette alla punta di avvicinarsi sufficientemente al campione per rilevare le forze interatomiche a breve raggio, senza attaccarsi alla superficie del campione. Riduce inoltre i danni alla superficie e alla punta rispetto alla modalità di contatto statico.

(33)

33

(34)

34

Tutti i campioni analizzati sono stati forniti dalla LyondellBasell di Ferrara. I campioni sono copolimeri C4C2 random sintetizzati con catalizzatore metallocenico. La polimerizzazione è stata condotta nelle stesse condizioni di processo per tutti i campioni, l'unica differenza è che PBET8-A1 è prodotto da impianto industriale mentre gli altri sono stati prodotti da impianto pilota.

Per ogni campione varia la percentuale in peso (%wt) di etilene nel copolimero.

Alcuni campioni (PBET8-A1 e PBET8-A2) sono stati miscelati in processo con un terpolimero a base di polipropilene, chiamato terPP, compatibile con il PB-1 sia termicamente sia chimicamente. Questo serve a migliorare la gestione dei pellet di poli-1-butene ad alto contenuto di etilene, in quanto ne accelera la cristallizzazione, migliorandone il taglio e la maneggiabilità.

Le caratteristiche dei campioni studiati sono riportate in Tabella 2.

Tabella 2: Caratteristiche dei campioni studiati

Campioni

PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2

C2 %wt 4.1 5 8 8 8.2

TerPP %wt 0 0 0 8.9 15.4

(35)

35 383561 383561 383561 383561 383561 Densità Kg/ dm3 0.8863 0.8841 0.8680 0.8727 0.8708 Melt Flow Rate 190°C 2.16Kg g/10' 0.63 1.6 0.41 1.03 0.69 Xc % 31 24 8 8 7 Tm 1° Picco °C 38.76 38.30 39.59 38 37.9 Tm 2° Picco °C 54.65 51.70 Tg °C -20.6 -21.7 -26.9 -27.3

Il catalizzatore metallocenico usato per la sintesi dei copolimeri permette di ottenere una distribuzione dei pesi molecolari stretta. Il peso molecolare viene scelto in modo che non sia troppo basso da dare un copolimero liquido, né troppo alto da dare un prodotto difficilmente lavorabile.

(36)

36

Figura 15: Profilo del grado di cristallinità in funzione del contenuto di C2 dei campioni

La temperatura di fusione dei campioni è stata misurata via DSC, mentre la temperatura di transizione vetrosa (Tg) è stata ottenuta da misure DMTA. I campioni PBET4 e PBET5 con bassa percentuale di C2 presentano due endoterme di fusione a ~38°C e ~52°C. I campioni PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2, con alta percentuale di etilene, hanno invece una sola endoterma a ~38°C.

(37)

37

Tabella 3: Proprietà meccaniche dei campioni studiati

Campioni

PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2

Carico a rottura MPa 24.4 20.5 2.6 14.8 6.4 Allungamento a rottura % 534 585 671 790 715 Durezza SHORE A NR >90 >90 47 59 60 Tension set 100% % 76 60 41 9 15 Compression set a 23°C per 22h % 64 59 94 23 34

Per le misure di carico a rottura, allungamento a rottura, tension set e compression set, il campione viene preliminarmente posto in autoclave per 10 min a temperatura ambiente e 2000 bar e lasciato condizionare per 72 h. In questo modo l’analisi viene eseguita su un campione maturo e stabile nella forma I (o I’).

I valori di allungamento a rottura, tension set e compression set indicano che aumentando la percentuale di etilene aumentano le proprietà elastiche dei copolimeri. La durezza e il carico a rottura, invece, diminuiscono.

(38)

38

Capitolo 4 I RISULTATI SPERIMENTALI

4.1. Studio strutturale e morfologico

4.1.1. Analisi WAXD e SAXS

La tecnica di diffrazione dei raggi X è stata impiegata per studiare la struttura dei campioni in esame.

Lo studio dei campioni è stato condotto su una placchetta dello spessore di 1 mm, preparata per stampaggio a compressione con raffreddamento controllato a 30°C/min (ISO 8986-2). La placchetta è stata invecchiata 21 giorni prima di eseguire l’analisi, in questo modo si analizza il campione maturo e stabile.

Analisi WAXD in temperatura: identificazione delle fasi cristalline

Il campione PBET5 è stato analizzato con la tecnica WAXD in temperatura per vedere se si potevano discriminare le fasi I e I’.

(39)

39 In te n si tà (a .u .) 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 Angolo di diffrazione 2 25°C 37°C 42°C 50°C 70°C

Figura 16: Spettri WAXD in riflessione a diverse temperature del campione PBET5

Gli spettri WAXD registrati a 25, 37, 42 e 50°C mostrano i picchi di diffrazione a 10.0°, 17.3°, 20.2° e 20.5° 2 attribuiti alla fase I [9] del PB-1 e corrispondenti rispettivamente ai piani della cella unitaria (110), (300), (200) e (211). L'unica differenza riscontrata è l'intensità dei picchi che diminuisce all'aumentare della temperatura fino ad avere nello spettro registrato a 70°C solo l'alone dell'amorfo.

Non è quindi possibile distinguere la fase I dalla fase I’ mediante tecnica WAXD in temperatura.

Analisi SAXS: identificazione delle fasi cristalline

Con la tecnica SAXS sono stati studiati i campioni PBET5, PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 con lo scopo di distinguere diversi spessori lamellari e/o diverse fasi cristalline nello stesso campione.

È risultato che nello spettro del campione PBET8, data la forma estremamente allargata del picco, non è stato possibile determinare il Long Period né, dopo la correzione di Lorentz, calcolare la distribuzione degli spessori lamellari.

(40)

40

possibile determinare il Long Period perché il picco SAXS non risulta ben risolto. Dopo aver effettuato la correzione di Lorentz, si ottengono due picchi SAXS sovrapposti dovuti alla presenza di PB-1 e terPP: anche in questo caso dal calcolo della distribuzione degli spessori lamellari non si sono ottenuti risultati accettabili.

Questo probabilmente è dovuto alla presenza di una morfologia lamellare costituita da cataste in cui sono presenti poche lamelle, non bene allineate.

Lo spettro SAXS del campione PBET5 (Figura 17) ha invece permesso di determinare il Long Period (D) e dopo la correzione di Lorentz è stato possibile calcolare lo spessore lamellare (C), lo spessore degli strati amorfi (A), il numero delle lamelle costituenti la catasta lamellare. Sono state calcolate le distribuzioni degli spessori lamellari C/C e

degli strati amorfi A/A. È stata inoltre calcolata la percentuale di cristallinità del

campione dal rapporto C/D. I risultati sono riportati in Tabella 4.

In te n s it à ( (u .a .) 12x10-3 10 8 6 s (Å-1) calcolato osservato

Figura 17: Spettro SAXS del campione PBET5: effettuato desmearing, smoothing e sottrazione del bianco, applicata la correzione di Lorentz

Tabella 4: Risultati dell’elaborazione dello spettro SAXS del campione PBET5

A (Å) C (Å) D (Å) N lamelle Xc (%) C/C A/A

(41)

41

4.1.2. Analisi FT-IR

Lo studio dei campioni con spettroscopia FT-IR è stato affrontato per cercare di distinguere le diverse fasi amorfa, forma I e I’, secondo quanto riportato in letteratura [4]

[19]

e per avere un metodo di misura della cristallinità da correlare con i risultati WAXD. Per le analisi di spettroscopia IR sono stati preparati dei film dello spessore di circa 0.02 cm, ottenuti per stampaggio a compressione dei campioni PBET4, PBET5, PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2.

Sono stati registrati gli spettri IR a diversi tempi di invecchiamento dei film dei campioni.

In Tabella 5 viene riportata l’assegnazione delle bande [11][12], che è stata fatta prendendo come esempio di riferimento lo spettro del campione PBET8-A1 invecchiato 13 giorni (Figura 18). In figura è stata riportata solamente la parte dello spettro di interesse per il nostro studio, ovvero da 1250 a 450 cm-1.

5 3 8 ,1 7 7 2 5 ,6 4 7 6 8 ,3 3 7 9 8 ,0 3 8 1 7 ,5 2 8 4 0 ,7 2 8 4 9 ,0 7 9 0 0 ,1 2 9 2 3 ,3 2 9 7 3 ,4 3 9 9 8 ,4 9 1 0 1 4 ,2 7 1 0 2 5 ,4 1 1 0 4 6 ,7 5 1 1 0 1 ,5 1 1 1 4 7, 9 1 1 1 6 6 ,4 7 1 2 1 8 ,4 5 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45 0,50 0,55 0,60 A b s o rb a n c e 600 800 1000 1200 Wavenumbers (cm-1)

(42)

42

Tabella 5: Assegnazione delle bande dello spettro IR del film di PBET8-A1 invecchiato [19][20]

Banda (cm-1) Assegnazione Commento

1218 CH2 (bb) twisting Sia PP che PB-1

1166 terPP 1147 CH2 (bb) twisting 1046 CH3 rocking 1025 cristallino 1014 CH3 rocking cristallino 973 CH3 rocking

918 -CH3 rocking e -CH2 twisting amorfo

923 -CH3 rocking e -CH2 twisting cristallino

900 terPP 849 -CH3 rocking cristallino 840 terPP 817 C-C simm. cristallino 798 CH2 (bb) rocking cristallino 768 CH2 (sc) rocking 725 CH2 wagging (isolato-random) C2 538 cristallino

Negli spettri IR dei campioni appena stampati si vede il picco a 918 cm-1 mentre con l'invecchiamento dei film questa banda si sposta gradualmente a 923 cm-1, cresce in intensità e la forma della banda diventa più stretta (Figura 19, 20 e 21). Il picco a 918 cm-1 si presenta come una banda allargata e si attribuisce alla parte amorfa del copolimero. Grazie a questo picco si può confermare l’isotatticità del poli-1-butene nel copolimero in quanto il PB-1 atattico è caratterizzato dal picco a 936 cm-1 [19].

(43)

43 7 7 0 9 1 7 5 3 7 7 5 9 7 9 8 8 1 6 8 4 9 9 2 4 1 0 1 3 1 0 26 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50 0.55 0.60 0.65 0.70 0.75 A b s o rb a n c e 600 800 1000 1200 Wavenumbers (cm-1)

Figura 19: Spettri IR del fiml del campione PBET5 a 0 h (blu) e a 13 giorni (rosso) di invecchiamento 9 1 7 5 3 7 7 7 0 7 9 8 8 1 6 8 4 9 9 2 2 1 0 1 5 1 0 2 7 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 1.1 1.2 1.3 1.4 A b s o rb a n c e 600 800 1000 1200 Wavenumbers (cm-1)

(44)

44 9 1 7 5 3 7 7 7 0 7 9 8 8 1 6 8 4 9 9 2 2 1 0 1 3 1 0 2 6 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50 0.55 0.60 A b s o rb a n c e 600 800 1000 1200 Wavenumbers (cm-1)

Figura 21: Spettri IR del fiml del campione PBET8-A1 a 0 h (blu) e a 13 giorni (rosso) di invecchiamento

Il picco a 725 cm-1 conferma la presenza di etilene copolimerizzato random con l’1-butene perchè il polietilene cristallino avrebbe dato un doppietto a 720-730 cm-1.

Negli spettri dei campioni PBET8-A1 e PBET8-A2 si rintracciano i picchi caratteristici del terPP a 1166, 900 e 840 cm-1.

Identificazione delle fasi cristalline

Secondo Goldbach [4], si possono distinguere la forma I “twinned” e la forma I’ “untwinned” grazie ai picchi a 810 e 792 cm-1 e a 1025 e 1008 cm-1 che hanno intensità diverse per le due forme, come esplicitato in Tabella 6, dove si definisce Addd

l’assorbanza della banda ddd.

Tabella 6: Bande IR per differenziare le forme I e I’

Negli spettri dei campioni PBET4 e PBET5 i picchi a 817 e 798 cm-1 hanno circa la stessa intensità come anche la coppia di picchi a 1027 e 1013 cm-1 (Figura 22): possiamo

Forma I Forma I'

A810 > A792 A810 < A792

(45)

45

dire che nella fase cristallina coesiste sia la forma I che la forma I’. Nei campioni

PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 la banda a 798 cm-1 ha intensità maggiore della banda

a 815 cm-1 e il picco a 1014 cm-1 ha maggiore intensità del picco a 1025 cm-1 (Figura 22): questo è in linea con il profilo individuato per la presenza della sola forma I’. Questi dati vengono confermati dalla DSC, come vedremo nel paragrafo 4.1.3.

7 9 8 ,8 4 8 1 5 ,5 5 1 0 1 5 ,0 8 1 0 2 8 ,5 4 B004_26_3_12h10_15 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 A b s 7 9 8 ,3 8 8 1 6 ,0 1 1 0 1 5 ,0 8 1 0 2 7 ,1 5 B012_26_3_12h10_10 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 A b s 800 900 1000 1100 Wavenumbers (cm-1)

Figura 22: Confronto fra gli spettri dei campioni PBET5 (in rosso) e PBET8 (in viola) per distinguere le forme I e I'.

Variazione del grado di cristallinità

Poichè negli spettri IR si sono rintracciate delle bande attribuibili alla fase/i cristallina e alla fase amorfa, si è cercato di valutare una cinetica di cristallizzazione dei campioni. Per fare questo sono stati presi come esempio i dati ottenuti via WAXD e DSC dai lavori svolti da De Rosa [21].

Per calcolare l’aumento di cristallinità dei campioni si è valutato l’incremento del picco attribuito alla parte cristallina (923 cm-1) rispetto alla banda caratteristica della parte amorfa (918 cm-1). É stato definito Rca il rapporto fra l’intensità del picco a 923 cm-1 e quella a 918 cm-1.

(46)

46

che non contengono terPP, il fitting è stato fatto sui picchi a 923 cm-1 e 918 cm-1, come mostrato in Figura 23, mentre per i campioni PBET8-A1 e PBET8-A2 che contengono terPP il fitting ha compreso anche il picco a 898 cm-1 (Figura 24).

Figura 23: Risultato del curve fitting dei picchi a 923 cm-1 (in blu) e 918 cm-1 (in verde) dello spettro

IR del campione PBET8 (in rosso)

Figura 24: Risultato del curve fitting dei picchi a 923 cm-1 (banda stretta in verde), 918 cm-1 (banda allargata in verde) e 898 cm-1 (in blu) dello spettro IR del campione PBET8-A1 (in rosso)

(47)

47

Tabella 7: Rapporto (Rca) fra le intensità delle bande a 923 e 910 cm-1 in funzione del tempo di invecchiamento dei campioni

PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2

t (h) Rca Rca Rca Rca Rca

0 0 0 0 0 0 4.3 1.6798 1.6166 0 0.7343 0.9098 8 1.6921 1.7197 0 0.8369 0.9566 24 1.7356 1.8279 0 1.0175 1.0560 31 1.7134 1.8010 0.4540 1.0096 1.0447 50 1.7362 1.8389 0.7760 1.0723 1.0603 72 1.7704 1.8940 0.9985 1.1658 1.0909 144 1.7649 1.9047 1.0802 1.2005 1.1065 168 1.7593 1.8926 1.0824 1.1867 1.0961 192 1.7500 1.8831 1.0847 1.1594 1.0883 216 1.7564 1.8924 1.0937 1.1877 1.1003 313 1.7573 1.8991 1.1103 1.1978 1.1019

Con questi dati si è potuta valutare la cinetica di cristallizzazione dei campioni, riportata in Figura 25.

Figura 25: Profili delle cinetiche di cristallizzazione ottenute dall’analisi IR dei film dei 5 campioni

(48)

48

I campioni PBET4 e PBET5 che contengono rispettivamente il 4.1 e 5%wt di C2 raggiungono il plateau della curva Rca vs t in tempi più brevi degli altri campioni, cioè in circa 4½ h invece di 24 h.

Si conferma inoltre la capacità del terPP di velocizzare il processo di cristallizzazione. In Figura 25 si può vedere che la curva riferita al campione PBET8, che ha lo stesso contenuto di C2 dei campioni PBET8-A1 e PBET8-A2, rimane a zero fino a circa 24 h per poi raggiungere il plateau intorno alle 144 h, mentre per gli altri due campioni (PBET8-A1 e PBET8-A2) il plateau viene raggiunto già nelle 24 h.

I campioni PBET4 e PBET5, con minore modifica di C2, hanno valori di Rca superiori rispetto ai campioni PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 che contengono circa l’8%wt di C2 (Tabella 8 e Figura 26). Si conferma l’andamento del grado di cristallinità in funzione del contenuto di etilene ottenuto dalle analisi WAXD (capitolo 3).

Tabella 8: Valori del rapporto Rca in funzione del contenuto di C2 dei campioni

HOMOPB PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2

C2 (%wt) 0 4.1 5 8 8 8.2

Rca 1.7757 1.7574 1.8991 1.1103 1.1977 1.1019

(49)

49

4.1.3. Analisi DSC

Tramite analisi DSC è possibile distinguere forme cristalline diverse grazie ai picchi di fusione che si trovano a Tm caratteristiche. Questa peculiarità è stata sfruttata per conoscere il tipo di fase cristallina presente nei campioni in esame. Dalla letteratura infatti la fase I e la fase I’ sono distinguibili via DSC ma non tramite WAXD.

In Tabella 9 sono stati riportati i dati raccolti dalle analisi DSC dei campioni HOMOPB, PBET4, PBET5, PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 invecchiati 10 giorni.

Tabella 9: Risultati delle analisi DSC dei campioni in esame

HOMOPB PBET4 PBET5 PBET8

PBET8-A1 PBET8-A2 Tm forma I’ (°C) 38.76 38.30 39.59 38 37.9 Tm forma I (°C) 116.32 54.65 51.70 HI (J/g) 47.74 HI+I’ (J/g) 33.18 27.06 HI’ (J/g) 11.11 10.37 8.46

I campioni PBET4 e PBET5 a basso contenuto di C2 presentano due endoterme a ~38°C e ~52°C, attribuite rispettivamente alla fusione della forma I’ e della forma I, mentre i campioni PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 hanno un solo picco di fusione a ~38°C caratteristico della forma I’.

(50)

50 Variazione del grado di cristallinità

Dai termogrammi DSC si è calcolato il grado di cristallinità dei campioni (Xc) grazie alla relazione Xc=Hm/Hm°, dove Hmè il valore sperimentale e Hm° è il valore tabulato per un poli-1-butene cristallino al 100% e vale 125 J/g [22]. Si è così valutato come il grado di cristallinità vari con la percentuale di C2 dei campioni. I dati raccolti sono riportati in Tabella 10.

Tabella 10: Dati di H e Xc dei campioni a diversa percentuale di C2

HOMOPB PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2 C2 (%wt) 0 4.1 5 8 8 8.2 HI (J/g) 47.74 HI+I’ (J/g) 33.18 27.06 HI’ (J/g) 11.11 10.37 8.46 Xc (%) 38 27 22 9 8 7

Figura 27: Profilo della percentuale di cristallinità in funzione del contenuto di C2 dei campioni

(51)

51 Andamento della temperatura di fusione

E’ noto che la temperatura di fusione diminuisce all’aumentare del contenuto di C2 dei campioni. Partendo dall’omopolimero di poli-1-butene e aumentando la modifica di C2, i campioni passano dall’avere una sola forma cristallina I, alla coesistenza delle forme I e I’ (nei campioni PBET4 e PBET5 con il 4.1 e 5%wt di C2), fino alla presenza della sola forma I’, nei campioni PBET8, PBET8-A1 e PBET8-A2 con l'8%wt di etilene (Tabella 11 e Figura 28).

Tabella 11: Temperature di fusione dei campioni a diversa percentuale di C2

HOMOPB PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1 PBET8-A2 C2 (%wt) 0 4.1 5 8 8 8.2 Tm forma I’ (°C) 38.76 38.3 39.59 38 37.9 Tm forma I (°C) 116.32 54.65 51.7

Figura 28: Variazione delle Tm in funzione della percentuale di C2 dei campioni Identificazione delle fasi cristalline

(52)

52

I termogrammi ottenuti ai diversi tempi di invecchiamento del campione PBET5 sono mostrati in Figura 29.

Figura 29: Termogrammi DSC del campione PBET5 a diversi tempi di invecchiamento

In Tabella 12 sono riportati i valori di H ottenuti e le temperature di fusione, associate ai due picchi del campione PBET5, a diversi tempi di invecchiamento.

Tabella 12: Risultati delle analisi DSC del campione PBET5 a diversi tempi di invecchiamento

t (h) H (J/g) Tm forma I’ (°C) Tm forma I (°C)

2 5.65 34.12 49.77 3 10.97 35.38 50.41 4 18.96 34.63 49.73 6 21.63 35.08 49.27 24 24.23 36.78 50.42 240 25.90 37.14 49.94

(53)

53

crescita dell'uno non comporta la diminuzione dell'altro: le due fasi si sviluppano insieme nel tempo e coesistono dall'inizio alla fine del processo di cristallizzazione. Il H di fusione, calcolato per la somma delle aree dei due picchi, aumenta nel tempo: il grado di cristallinità del campione aumenta fino a raggiunge un plateau dopo circa un giorno di invecchiamento (Tabella 13 e Figura 30). Si confermano gli andamenti osservati con le analisi FTIR (paragrafo 4.1.2).

Tabella 13: Valori della percentuale di cristallinità a diversi tempi di invecchiamento del campione PBET5 t (h) Xc (%) 0 0 2 5 3 9 4 15 6 17 24 19 240 21

(54)

54

4.1.4. Analisi NMR SS

Con la tecnica 13C NMR in soluzione si ottengono informazioni sulla randomizzazione, tatticità e composizione del copolimero. Poichè con la tecnica in soluzione il campione viene sciolto in solvente e perde la sua organizzazione tridimensionale, essa non ci permette di studiare la struttura dei campioni allo stato solido. É stato così necessario ricorrere alla tecnica 13C NMR allo stato solido. Lo scopo dell’analisi è ottenere informazioni sulla struttura dei campioni per correlarla alle loro proprietà.

Per le analisi di risonanza magnetica nucleare allo stato solido (NMR SS) il campione deve essere sottoforma di polvere fine per riempire il rotore (portacampione in zirconia del diametro di 4 mm) in maniera omogenea, altrimenti le disomogeneità possono provocare squilibri durante la rotazione che nel peggiore dei casi causano la rottura del probe.

Per questo motivo i pellet dei campioni PBET4, PBET5, PBET8, A1, PBET8-A2 e dei riferimenti HOMOPB e terPP sono stati macinati con un mulino a sfere criogenico CryoMill della Retsch. In questo strumento la giara di macinazione viene raffreddata in continuo con azoto liquido dal sistema di raffreddamento integrato prima e durante il processo di macinazione per mantenere la temperatura a -196°C.

È stato necessario usare un mulino criogenico perchè i campioni da analizzare avendo bassa cristallinità e bassa Tm sono molto sensibili all’attrito e fondono molto facilmente. Per lo stesso motivo anche l’attrezzatura per riempire i rotori è stata mantenuta in ghiaccio secco (-78°C) durante tutta la preparativa.

(55)

55

Figura 31: Patina della polvere macinata del campione PBET8 formatasi a temperatura ambiente Analisi ATR sulle polveri dei campioni macinati

Prima di procedere con l’analisi NMR SS delle polveri macinate, si è accertato che la macinazione non avesse indotto delle trasformazioni/transizioni di fase nel materiale. A questo proposito le polveri dei campioni sono state analizzate con spettrofotometro FTIR in ATR in modo da avere degli spettri confrontabili con quelli FTIR dei film invecchiati. Come descritto nel paragrafo 4.1.2, con le misure FTIR è possibile distinguere le forme amorfa, I, I’ e II del poli-1-butene e ricavare una cinetica di cristallizzazione dei campioni.

La tecnica ATR è stata scelta anche perchè i tempi di analisi sono brevi e i campioni macinati non richiedono particolari preparative: è sufficiente posizionare la polvere sul cristallo e fissarla con il perno.

È risultato che le polveri macinate dei campioni PBET4 (Figura 32) e PBET5 hanno uno spettro ATR simile a quello dei film stabili e quindi la parte cristallina in entrambi i campioni si presenta nelle forme I e I’.

Le polveri macinate dei campioni PBET8 (Figura 33), PBET8-A1 e PBET8-A2 (Figura 34) hanno uno spettro ATR simile a quello dei film stabili e quindi la parte cristallina è in forma I’.

(56)

56 7 5 8 ,1 2 7 7 0 ,9 1 7 9 8 ,8 4 8 1 5 ,5 5 8 5 0 ,0 0 9 2 3 ,2 0 1 0 1 4 ,2 7 1 0 2 7 ,2 6 -0,000 0,005 0,010 0,015 0,020 0,025 0,030 A b s o rb a n c e 800 900 1000 1100 1200 Wavenumbers (cm-1)

Figura 32: Confronto fra lo spettro ATR della polvere macinata (in rosso) e lo spettro IR del film (in verde) del campione PBET4

7 7 0 ,5 3 7 9 8 ,9 6 8 1 5 ,5 5 8 4 9 ,8 8 9 2 3 ,2 0 1 0 1 2 ,4 1 1 0 2 7 ,2 6 -0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018 0,020 0,022 0,024 0,026 0,028 A b s o rb a n c e 800 900 1000 1100 Wavenumbers (cm-1)

(57)

57 7 6 9 ,5 5 7 9 8 ,2 6 8 1 6 ,1 3 8 4 9 ,3 0 9 2 2 ,6 8 1 0 1 3 ,2 8 1 0 2 6 ,6 8 0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018 0,020 0,022 0,024 A b s o rb a n c e 800 900 1000 1100 1200 Wavenumbers (cm-1)

Figura 34: Confronto fra lo spettro ATR della polvere macinata (in rosso) e lo spettro IR del film (in verde) del campione PBET8-A2

7 5 8 ,7 0 7 9 8 ,9 0 8 1 6 ,1 3 8 4 8 ,6 7 9 2 2 ,6 8 9 7 5 ,6 4 9 9 9 ,8 8 1 0 1 4 ,5 6 1 0 2 7 ,3 2 1 0 5 9 ,2 2 1 0 9 6 ,8 7 1 1 5 1 ,7 4 1 2 1 8 ,7 4 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018 0,020 0,022 0,024 0,026 0,028 0,030 0,032 A b s o rb a n c e 800 900 1000 1100 1200 Wavenumbers (cm-1)

Figura 35: Spettro ATR della polvere macinata del campione HOMOPB

(58)

58 Analisi NMR SS

Sono stati registrati gli spettri 13C CPMAS NMR e 13C SPE dei campioni PBET4, PBET5, PBET8, PBET8-A1, PBET8-A2 e del riferimento HOMOPB e lo spettro 13C CPMAS NMR del terPP.

È stata fatta l’assegnazione dei picchi relativi al poli-1-butene [23] e al terPP negli spettri

13

C CPMAS NMR dei campioni. Il poli-1-butene presenta i segnali splittati a 11.8 e 12.8 ppm del metile, a 26.0 e 27.0 ppm assegnato al metilene in catena laterale, a 38.0 e 38.9 ppm del metilene della catena principale e il segnale a 32.2 ppm assegnato al metino (Figura 36).

Figura 36: Spettro 13C CPMAS NMR del campione PBET8

Negli spettri 13C CPMAS NMR dei campioni PBET8-A1 e PBET8-A2 sono stati

(59)

59

Figura 37: Spettri 13C CPMAS NMR del campione PBET8-A2 (in basso) e del campione terPP (in alto)

(60)

60

Figura 38: Spettri 13C SPE del campione PBET8 (in alto) e di PBET8-A2 (in basso)

Da letteratura [24] è stato trovato che nello spettro 13C NMR SS dell’omopolimero di poli-1-butene lo split del picco relativo al metile (a 11.8 e 12.8 ppm) è dovuto a diverse forme di organizzazione della catena polimerica; in particolare il segnale a 11.8 ppm viene attribuito sia alla parte amorfa che alla forma II e quello a 12.8 ppm alla forma I. Si ritiene che la forma II e l’amorfo abbiano la stessa mobilità e diano un segnale allo stesso chemical shift.

Riferendoci ai risultati ottenuti in questo lavoro di tesi, non essendo stata osservata con nessuna altra tecnica di indagine la forma II nei campioni in esame il picco a 11.8 ppm è stato attribuito esclusivamente alla parte amorfa.

Variazione del grado di cristallinità

(61)

61

conferma che il grado di cristallinità diminuisce con il contenuto di etilene dei campioni (Figura 39).

Tabella 14: Valori della percentuale di cristallinità dei campioni a diverso contenuto di C2, ricavati dagli spettri 13C SPE

HOMOPB PBET4 PBET5 PBET8 PBET8-A1

PBET8-A2

C2 (%wt) 0 4.1 5 8 8 8.2

Xc (%) 46 30 24 9 6 7

Figura 39: Percentuale di cristallinità in funzione del contenuto di C2 dei campioni Identificazione delle fasi cristalline

Si è voluto studiare, così come è stato fatto con le tecniche WAXD, FTIR e DSC (paragrafi 4.1.1, 4.1.2 e 4.1.3), come le forme I e I’ evolvano nel tempo e se con l'analisi NMR SS sia possibile distinguerle.

A questo scopo è stato studiato il campione PBET5. È stata fusa la polvere macinata ponendo il rotore con il campione tra le piastre di una pressa a 70°C.

Riferimenti

Documenti correlati

In questo lavoro di tesi la protezione della funzione amminica del residuo di lisina di alcuni peptidi è stata realizzata utilizzando il gruppo ivDde (1-(4,4-dimetil-2,6

In questo lavoro, gli autori sono arrivati a formulare una definizione oggettiva di SM proprio sulla base delle proprietà delle variabili dina- miche (per la precisione, le

In questo senso i sistemi ORC possono contribuire molto, sia nel recupero del calore di scarto, e quindi nella generazione di efficienza energetica tramite un miglior

Viceversa si notano valori istantanei EER e medio stagionali SEER più bassi per l’impianto ad aria rispetto a quelli ottenuti con l’impianto radiante; divergenza che va ricercata

Corso di Laurea Magistrale in Scienze Chimiche Piano didattico per gli immatricolati

[r]

[r]

[r]