• Non ci sono risultati.

L’Isola dei falsari vanta una lettera della Madonna

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L’Isola dei falsari vanta una lettera della Madonna"

Copied!
1
0
0

Testo completo

(1)

«la Repubblica - Palermo» 27 novembre 2020

L’Isola dei falsari vanta una lettera della Madonna

Il saggio di Paolo Preto pubblicato dopo la sua improvvisa scomparsa Amelia Cristantino

Per oltre un decennio Paolo Preto ha studiato i falsi nella storia e il poderoso libro che dopo la sua improvvisa scomparsa viene pubblicato a cura di Walter Panciera e Andrea Savio, Falsi e falsari nella storia. Dal mondo antico a oggi (Viella, 620 pagine, 32 euro), ci porta fra i molti intriganti scenari verosimili ma non veri che puntano ad alterare la realtà. Anche in Sicilia – sa- rebbe strano il contrario – è possibile seguire il filo rosso dei falsi storici. Se ci volgiamo al Me- dioevo, descritto da Preto come l’età d’oro dei falsi, troviamo il principale centro di produzione nel monastero femminile di Santa Maria della Scala, alle porte di Messina, dove i numerosi falsi servono a rifondare diritti divenuti incerti. Ma anche il prestigio della propria città in opposizio- ne a tutte le altre fornisce ottime motivazioni.

A Messina tra fine Cinquecento e inizio Seicento spunta una missiva in latino in teoria risalente al 42 d. C., a scrivere è la Madonna che promette eterna protezione: comincia così una "guerra dei santi" tra Messina e Palermo che schiera Rosalia, e i falsi si moltiplicano. Il prestigio è più solido quand’è antico: ed ecco fantasiose creazioni, fra cui spicca un’epigrafe che vorrebbe te- stimoniare la vittoria dei catanesi sui libici addirittura nel 2400 a. C. Sul terreno minato dell’

onore municipale i primati sono numerosi: purtroppo gran parte delle "prove" esibite da punti- gliosi eruditi risultano false anche se venerate nei secoli. Al Seicento risale, ad esempio, la se- conda parte dell’encomio di sant’Agata attribuito a san Metodio di Siracusa, in teoria scritto nel IX secolo. A Catania nel Seicento troviamo una «officina di falsi continuati» che comprende pa- recchi studiosi incoraggiati dalle autorità locali, con in testa il vescovo Ottavio Branciforte, tutti tesi a documentare la superiorità catanese su Messina e Palermo. Trovano un ostacolo a due passi da casa, ad Acireale, dove un ignoto falsario dimostra con abbondanza di documenti il primato della sua piccola città su tutte le altre, anche su Catania.

Nel Settecento, il cresciuto interesse per le antichità greco-romane e la relativa povertà di la- pidi marmoree spinge a ricercarle sul mercato romano: Andrea Gallo, il principe di Biscari e i monasteri benedettini di Catania e San Martino delle Scale vogliono arricchire le collezioni ma cadono nella rete di abili falsari, che tra il 1740 e il 1790 inondano l’Isola con epigrafi e anche statue. Il monastero di San Martino è lo sfondo dello straordinario falso storico-politico dell’

abate Vella, che trasforma un codice sulla vita di Maometto in un registro della cancelleria ara- ba di Sicilia: in ballo ci sono i rapporti tra Corona e feudalità siciliana, e la vicenda – narrata da Leonardo Sciascia ne Il Consiglio d’Egitto – ha un’immediata valenza politica.

Un caso a parte è la «operosità falsificatoria » di Luigi Capuana, continuata nel tempo e varie- gata, che spazia dai falsi canti popolari ai falsi medievali o alle poesie carducciane. E anche qua sono in ballo l’onore e il prestigio della patria siciliana. Nel 1857 Lionardo Vigo aveva pubblica- to una Raccolta di canti popolari siciliani, e molto mortificato aveva dovuto accettare le criti- che: in Sicilia c’erano solo canti lirici, mancavano quelli storici e civili. Ed ecco l’intraprendente giovane Capuana, che dalla sua Mineo si offre di collaborare e suggerisce di «tentare paesi e casali». Poco dopo può scrivere «chi cerca trova» e presenta all’ingenuo Vigo un’ottava che dà alla Sicilia l’onore del primo canto in lingua volgare. L’entusiasmo di Vigo è grande e Capuana non lo delude, nel tempo gli fornisce ben 544 canzoni popolari. Una vera impresa. Nel 1898 lo scrittore avrebbe ammesso di essere l’autore di «qualche centinaio » di canti, ma ancora trova chi li prende per buoni. Ed è Dario Fo a inserire il suo Cantari mi vurria na virrinedda in Mistero buffo accettandolo come canto dalla genuina ascendenza popolare.

Riferimenti

Documenti correlati

Dietro i falsi ci sono appunto i falsari, ora nascosti nell’ombra, ora proiettati verso una fama spesso ambiguamente ammirata, come nei casi di Annio da Viterbo, che riscrive una

che la gastronomia è rappresentazione della realtà, in cui il giallo dello zafferano tanto usato può richiamare i fondi oro della coeva pittura; che mai come nel Medioevo si

Specifiche ente schedatore: Civico Archivio Fotografico - Milano Nome: Casone, Laura. Referente scientifico: Paoli, Silvia Funzionario responsabile:

Mentre le sorelle venivano espulse dal monastero di Cuneo, un’altra comunità piemontese di clarisse – quella di Carignano – (28 sorelle presenti) viveva, sempre

Riferimento alla parte: supporto primario: recto Data: 2007. Stato di conservazione: discreto Indicazioni specifiche: macchie STATO DI CONSERVAZIONE [2

La ricerca si nutre del sapere e del non sapere, del capire e del non capire: anche questo credo di avere imparato da mio nonno, Giuseppe Levi. Correspondence should be

Ma il racconto è fatto dall’io “narrato”, non dall’ “io narrante”, ovvero dal personaggio mentre vive i fatti che racconta e che pertanto “non sa tutto”; questo è

Leonzio Bevilacqua, abate del monastero di Santa Maria di Gala, recatosi presso la Curia della città di Messina, ottiene la conces- sione che l’abate Filippo Ruffo possa tradurre,