• Non ci sono risultati.

MARCO UGENTI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "MARCO UGENTI"

Copied!
26
0
0

Testo completo

(1)

Sunto. Il contributo si propone di indagare la possibilità di aumentare la

significati-vità dello studio della lingua e della letteratura latina presso le nuove generazioni. In particolare, sulla base di una reale esperienza didattica in corsi di preparazione a cer-tamina latini, si tenta di andare oltre il semplice esercizio di traduzione valorizzando il ruolo dell’apprendimento cooperativo e della didattica laboratoriale nella realizzazio-ne di analisi del testo che favoriscano una comprensiorealizzazio-ne globale e profonda del testo.

Parolechiave. Didattica del Latino, Cic. Off. 1,88-89, apprendimento significativo,

apprendimento cooperativo.

abStract. This paper proposes a research dealing with the possibility of improving

the meaningfulness of Latin language and literature studies among the new genera-tions. Specifically, after a didactic experience during the preparation courses for the latin certamina, we tried to go farther the simple translation increasing the value of cooperative learning and text analysis in order to advantage a deep and overall com-prehension of the text.

KeywordS. Didactics of Latin, Cic. Off. 1,88-89, significant learning, cooperative

le-arning.

MARCO UGENTI

(2)
(3)

1. C’è ancora speranza per l’insegnamento delle materie classiche? Da alcuni decenni è in corso un vivace dibattito tra studiosi e cul-tori dell’antichità greca e latina che mira a stabilire se e in quale modo le discipline classiche possano mantenere nei percorsi scolastici una funzione formativa adeguata alle esigenze dei tempi e delle nuove gene-razioni1. Infatti in un contesto culturale in cui la preoccupazione preva-lente è la spendibilità economica della conoscenza, lo studio dei classici può apparire non fondamentale per affrontare le sfide che il mondo del lavoro impone ai giovani.

Prova della crisi di tali insegnamenti d’altra parte è il fatto che negli anni passati la fortuna della formazione liceale, in particolare di quella classica, si è retta sui corsi sperimentali (per es. programmi Brocca e PNI) e che in seguito all’ultima riforma dei cicli, che ha voluto lo sman-tellamento dei piani di studio sperimentali, i quali prevedevano il raffor-zamento delle materie scientifiche e delle lingue straniere, molti istituti hanno scelto di ridurre, all’interno della quota di autonomia didattica nella formazione del curricolo, le ore di insegnamento del Latino a van-taggio di materie comunemente ritenute più spendibili2.

1 Da più parti si è richiamata la necessità di continuare anche nel mondo odierno

a studiare le lingue classiche in quanto patrimonio culturale e storico di inestimabile valore: ci permettono infatti di dialogare con la cultura europea, la sua arte e la sua storia. Tra gli studi si ricordino per es. quelli in santUcci 1990 e in particolare il saggio di calZeccHi onesti 1990, che parla della necessità di riscoprire “la vasta e varia ricchezza di scritti prodotti lungo la plurisecolare storia del latino come lingua di cultura” nell’ottica di una scuola capace di formare l’uomo e il cittadino. Sull’impor-tanza della consapevolezza storica delle proprie radici insiste anche adami 1993. Più recentemente il dibattito è stato ripreso in canFora-cardinale 2012.

2 Una quota di autonomia nella composizione del curricolo riservata alle singole

(4)

In questa sede non si intende riprendere le fila del discorso sull’at-tualità delle discipline classiche, discorso che ha prodotto e continua a produrre pregevoli riflessioni e che trova la sua ragione di esistere nella prospettiva del Nuovo Umanesimo su cui le Indicazioni Europee, e quindi Nazionali, tanto insistono3. Il nostro contributo è invece incen-trato sul concetto di significatività, ossia sulla possibilità di restituire vigore allo studio delle discipline classiche attraverso prassi scolastiche maggiormente incentrate sulle reali potenzialità formative e sulle rispo-ste alle sfide del mondo contemporaneo che tali discipline offrono ai discenti4.

Si tratta, rispetto agli approcci tradizionali, di un cambio di prospet-tiva didattica e pedagogica ormai indispensabile. Grazie ad esso il greco e il latino potrebbero perdere il carattere autoreferenziale che sembra spesso caratterizzare tali insegnamenti, divenendo strumento di rifles-sione profonda sul sistema valoriale della cultura occidentale e sulla lingua come espressione fondamentale di tale cultura. Si potrebbe così rompere quello che appare quasi un isolamento rispetto alle altre disci-pline, in particolare rispetto alle lingue moderne, e focalizzare lo studio grammaticale, lessicale, etimologico e testuale sulla comprensione pro-fonda dei classici, avendo sempre come obiettivo finale la conquista del piacere della lettura intesa come godimento di un’opera d’arte5.

Tale esigenza nasce dalla consapevolezza che relativamente a queste materie nella scuola persistono metodologie ormai chiaramente perden-ti e inefficaci, basate sull’ipergrammaperden-ticalismo e scarsamente centrate sulla comprensione profonda e significativa del testo6. La difficoltà a conferire significatività all’apprendimento appare per le discipline clas-siche ancora più inaccettabile se si tiene conto che l’approccio esclusi-vamente grammaticale-traduttivo non data più indietro degli anni ’40 del diciannovesimo secolo e che ha trovato sempre fieri avversari nei

3 Il concetto di Nuovo Umanesimo è stato sviluppato da Edgar Morin in numerosi

saggi della sua vasta produzione. Sull’argomento si veda almeno morin 2000. 4 Sulla scarsa ricaduta nella vita reale degli apprendimenti scolastici nell’ambito delle

lingue classiche, cfr. miraglia 1996.

5 Sul concetto di centralità del testo cfr. lUperini 2006.

6 Sulla necessità di promuovere una comprensione profonda dei testi si vedano

(5)

fautori dell’usus, il solo che permetterebbe di trasformare ciò che si è appreso in competenze linguistiche e analitiche universali e quindi spendibili nella vita reale7. Questa rigidità rischia di penalizzare i pro-fondi contenuti che le materie classiche offrono non solo e non tanto per la formazione dei futuri professionisti, quanto per la formazione del cittadino e dell’uomo8.

Di fronte agli insegnanti di greco e di latino si pone quindi una sfida didattica dal cui esito dipende probabilmente la stessa possibilità di una reale sopravvivenza di tali insegnamenti nell’ordinamento scolastico italiano, sfida di cui era pienamente consapevole già il Pasquali quando affermava, prendendo atto degli scarsi risultati ottenuti dal tradizionale metodo grammaticale-traduttivo, che “a superare […] quest’ignoranza di lingua che può talvolta ammantarsi d’irreprensibile sapienza morfo-logica, vale la pena di escogitare un mezzo efficace, anche quand’esso debba andar contro la tradizione (parola cara agli imbecilli ai quali ri-sparmia la fatica di pensare)”9.

Il discorso sull’efficacia dell’insegnamento e sulla possibilità di mi-gliorare l’offerta formativa è oggi di grande attualità: la constatazione che non esiste una relazione automatica tra l’insegnamento e l’appren-dimento e tra la preparazione dell’insegnante e il livello di preparazione della classe, ha avviato un ricco dibattito sul tema della verifica dell’in-segnamento tramite percorsi di autovalutazione, ossia di ripensamento da parte dei docenti sulla propria attività professionale e sugli elementi di forza e di criticità delle metodologie adottate10.

Per la verità l’attività di insegnamento avvia quasi spontaneamente nel docente un momento di riflessione sull’operato e sui risultati otte-nuti rispetto a quelli attesi, ripensamento che porta spesso gli

insegnan-7 Sull’argomento si veda miraglia 2004, pp. 31-35.

8 Esaminare le stesse competenze chiave di cittadinanza può infatti aiutarci a

com-prendere quanto le discipline classiche possano contribuire all’acquisizione concreta di tali competenze.

9 Cfr. pasQUali 1968, p.161.

10 Sul dovere da parte del docente di controllare il risultato della sua azione didattica

(6)

ti delle discipline classiche ad un senso di sconfitta e di scoraggiamento, se non di smobilitazione, di fronte alle grosse difficoltà degli alunni nella traduzione11. Si tratta tuttavia di un errore di prospettiva, in quanto l’obiettivo di tali insegnamenti non è quello di ottenere una buona tra-duzione in due ore di un passo preso a caso e totalmente decontestua-lizzato, ma perseguire finalità formative più alte che rendano lo studio delle discipline classiche significativo per gli studenti12.

Un metodo è ritenuto significativo se comporta una ristrutturazio-ne del pensiero dell’alunno, tale da consentirgli di utilizzare le proprie conoscenze nella risoluzione di problemi imprevisti. Il principio di signi-ficatività opera sulla motivazione perché è connesso con la dimensione psicologica dell’apprendimento: si fonda infatti sull’idea di sviluppare nell’alunno la certezza di imparare qualcosa da cui potrà ricavare un concreto vantaggio nella vita reale. Proporre un insegnamento signi-ficativo è di fondamentale importanza per ridurre le situazioni di in-successo scolastico o addirittura di abbandono degli studi: l’alunno in difficoltà che non comprende quali vantaggi concreti potranno derivare dall’apprendimento non è chiaramente motivato ad imparare e di fronte alle difficoltà tende a perdere entusiasmo e ad abbandonare lo studio.13

Ma come è possibile concretamente realizzare ciò? Quali correttivi e quali integrazioni possono essere applicati al tradizionale insegnamento delle discipline classiche ancora basato in gran parte sulla lezione fron-tale?14

11 Sulla crisi dell’insegnamento del latino cfr. milanese 2004.

12 Sulla metodologia della traduzione cfr. newmark 1988 e sega-tappi 1993. 13 Sul concetto di significatività e sulla questione dell’autosufficienza della

cono-scenza, del suo avere significato indipendentemente dalla situazione, cfr. brown -collins-dUgUid 1989.

14 Oggi la didattica richiama i docenti alla necessità di affiancare alla lezione

(7)

Individuare correttivi e integrazioni alla lezione frontale per rendere l’intervento didattico più efficace è sicuramente l’aspetto più comples-so della programmazione. Se correttivi come la condivisione di idee e conoscenze nella lezione dialogata costituiscono una pratica assai dif-fusa nell’attività didattica, poco utilizzati risultano non soltanto i me-diatori analogici, come il compito di simulazione, ma anche quelli attivi, che per il fatto di coinvolgere più fortemente il discente nel proces-so di apprendimento dovrebbero essere privilegiati. Indubbiamente la tradizionale lezione frontale appare ancora oggi il mediatore preferito da molti docenti, non soltanto perché consente un maggior controllo del gruppo classe dal punto di vista disciplinare, ma anche perché è la formula didattica più riconoscibile e facilmente accettata sia dagli stu-denti sia dalle famiglie: l’abitudine ad un’impostazione didattica tradi-zionale (spiegazione – studio individuale – verifica dell’apprendimento) fa percepire attività come esercitazioni, lavori di gruppo o simulazioni semplici momenti ludici che poco avrebbero a che fare con le lezioni “serie”.

L’impedimento maggiore alla realizzazione di una didattica più ef-ficace è probabilmente da rintracciare nella resistenza da parte di noi docenti a modificare i principi della programmazione nella direzione di modelli didattici maggiormente centrati sul discente e sul processo.15

2. Provando ad andare oltre la traduzione.

Un tentativo di applicare un modello didattico più fortemente cen-trato sul soggetto e sul processo è stato effettuato in un corso PON per la preparazione ai certamina di latino, da me tenuto in qualità di docente-esperto nell’anno scolastico 2011/2012. L’esperienza, nel complesso positiva, ha fatto emergere alcune problematiche che costituiscono og-getto di riflessione del presente intervento.

15 Per modello didattico si intende “la rappresentazione semplificata di schemi

(8)

L’obiettivo fondamentale del corso è stato quello di promuovere negli studenti vissuti di autoefficacia, valorizzando le abilità di ciascuno e le competenze già acquisite sia in maniera formale (non soltanto nelle ore di latino, ma anche attraverso lo studio di altre discipline) sia in maniera informale (letture e curiosità personali, informazioni apprese in maniera più o meno casuale). Si è puntato in tal modo a rendere gli studenti consci delle proprie potenzialità e capaci di individuare auto-nomamente strategie utili al superamento delle difficoltà. Per raggiun-gere tali scopi si è cercato di sviluppare nei ragazzi la consapevolezza che tradurre un brano latino non è un meccanico esercizio di traspo-sizione di termini e costrutti dalla lingua antica a quella moderna nel mero rispetto delle regole morfosintattiche, ma è uno sforzo di com-prensione profonda del testo che comporta il possesso di competenze grammaticali, nella lingua classica e nella lingua d’arrivo, storico-lette-rarie e di decodifica del testo non solo sul piano del significato, ma an-che delle scelte retorian-che e artistian-che del significante. Si è cercato di far comprendere che tali competenze non devono essere necessariamente possedute prima dell’approccio alla traduzione, ma che possono essere acquisite o rafforzate gradualmente da tutti se si abbandona l’ansia di misurare le proprie abilità e conoscenze e si assume l’atteggiamento del ricercatore che, attraverso un uso consapevole degli strumenti a disposizione, cerca di penetrare il significato profondo del brano. Si è lavorato quindi per sviluppare capacità di uso consapevole di strumenti di ricerca (dizionari, libri di testo e monografie, materiale in rete e re-pertori cartacei) e di interpretazione piena del testo attraverso la stesura di un commento di accompagnamento alla traduzione.

(9)

testo classico. Uno studio grammaticale avulso da riflessioni di caratte-re storico, che possano evidenziacaratte-re la continuità tra lingue e cultucaratte-re an-tiche e quelle moderne e rendere così gli studenti più consapevoli degli usi linguistici della propria lingua madre, e un esercizio di traduzione troppo meccanico, poco orientato ad una profonda interpretazione del testo, rendono per gli studenti incomprensibile e spesso di scarso inte-resse lo studio stesso delle lingue classiche16.

La metodologia privilegiata nell’intervento oggetto della presente riflessione è stata quella del cooperative learning che permette ad ognuno di esprimere al meglio le proprie attitudini e capacità attraverso l’inte-razione paritaria con gli altri membri del gruppo e di ridurre i rischi che possono derivare dalla mancata corrispondenza tra abilità richieste dal compito di prestazione17 e capacità maturate dagli studenti18. Per favorire poi la collaborazione tra i vari gruppi e promuovere un’inter-dipendenza positiva, si è adoperato il modello didattico dei circoli di apprendimento19 (Learning Circles) attraverso l’assegnazione di compiti di prestazione differenti tra i vari gruppi in modo da favorire gli scambi e la collaborazione. In questo modo si è cercato di lavorare sulla cre-azione di vissuti positivi che favorissero l’autoefficacia dei discenti20.

16 Cfr. calvano 1993.

17 Il compito di prestazione è un’attività in cui si chiede all’alunno di risolvere un

problema utilizzando opportunamente le conoscenze e le competenze acquisite pre-cedentemente in situazioni di apprendimento del tutto differenti da quelle iniziali. Nel compito di prestazione l’alunno per soddisfare le consegne dovrà essere in grado di utilizzare consapevolmente le proprie conoscenze in differenti situazioni e problemi, operando una trasformazione delle semplici conoscenze dichiarative in conoscenze procedurali. Il compito di prestazione, al contrario delle verifiche volte semplicemen-te all’accertamento delle conoscenze strutturali e nozionistiche, richiede all’alunno una certa padronanza degli aspetti funzionali della disciplina, tale da consentire la so-luzione di un problema più che la semplice esecuzione di un esercizio. Sulla distinzio-ne tra problema ed esercizio, cfr. piccinno 2009; più in generale sulla comprensione profonda richiesta all’allievo nei compiti di prestazione, cfr. mctigHe-wiggins 2004.

18 Sull’argomento dell’interdipendenza nei lavori di gruppo e sulle diverse forme

che l’interdipendenza stessa può assumere cfr. comoglio 1989. Sulla valenza educa-tiva del lavoro di gruppo cfr. JoHnson-JoHnson-smitH 1981.

19 Sui caratteri dei Learning Circles e sulla loro utilità per “costringere” i gruppi a

col-laborare tra loro ed evitare uno spirito di competitività tra i vari gruppi che rischia di diventare eccessivo, cfr. JoHnson-JoHnson 1983 e JoHnson-JoHnson 1984.

(10)

Secondo le sollecitazioni degli studiosi di didattica il processo di ricerca di significati attivato dal compito di prestazione ha una ricaduta sul-la capacità dell’alunno di interpretare l’oggetto di apprendimento (nel caso specifico il testo antico) e di individuare in esso elementi di utilità per la storia personale e dell’umanità, in quanto sollecita l’interesse per gli aspetti di continuità e di rottura tra le diverse epoche storiche e in particolare il confronto con la realtà contemporanea.

Il ruolo delle brevi lezioni frontali (10-15 minuti) è stato soltanto quello di inserire man mano nuovi elementi e stimoli nel quadro delle conoscenze e delle competenze che i ragazzi stavano maturando auto-nomamente. Il materiale fornito è stato sempre finalizzato ad aiutare la realizzazione dei lavori e l’approfondimento di alcuni temi emergenti nel corso delle ricerche21 .

Sulla base degli obiettivi programmati, il test d’ingresso è stato fi-nalizzato all’accertamento delle capacità di comprensione profonda di un testo classico, attraverso la somministrazione di una prova che pre-vedeva la stesura di un commento al passo di Cicerone, De officiis 1,88-89, “Clemenza e severità”, di cui è stata fornita la traduzione di Dario Arfelli22. Dopo un sospiro di sollievo alla scoperta che la prova non prevedeva la traduzione del brano, i ragazzi, pur conoscendo l’analisi del testo come tipologia testuale dallo studio della letteratura italiana, si sono trovati spiazzati ad applicare questo tipo di indagine ad un testo latino. Sebbene gli studenti avessero dimestichezza con la traduzione di Cicerone e ne conoscessero gli aspetti essenziali dal punto di vista stilistico e letterario, hanno avuto difficoltà di fronte alla richiesta di applicare un esercizio abituale per i testi moderni e contemporanei a un testo classico, come se quest’ultimo non avesse nient’altro da dirci se non la sua traduzione in italiano.

L’incapacità dei ragazzi di impadronirsi consapevolmente delle co-noscenze e competenze acquisite durante le ore di lezione curricolare, tanto da riuscire ad applicarle a campi esperienziali diversi da quelli noti, è un problema che l’insegnante deve porsi sia in fase di program-mazione sia nella quotidiana prassi scolastica. D’altra parte l’estensione, intesa come promozione di competenze universali in quanto applicabili

21 Sulla necessità di una rielaborazione personale dei contenuti proposti nella

(11)

al di fuori del contesto di primo apprendimento e in generale alla vita reale, è ritenuta da Michele Pellerey uno degli indicatori fondamentali per stabilire il livello di efficacia di un intervento didattico23.

Nel caso specifico la capacità di elaborare un’analisi di un testo, let-terario e non, è competenza di valore universale in quanto favorisce l’approccio critico alla lettura e consente la maturazione di personali gusti stilistici e letterari, con una chiara ricaduta sulle capacità espressive scritte e orali. Il richiamo da parte della didattica delle letterature alla centralità del testo non va intesa d’altra parte come una semplice impo-stazione metodologica che ha a che fare soltanto con l’ordine delle fasi dell’intervento (partire dal testo per poi ricostruire gli aspetti storico-letterari della produzione di un autore), ma implica una rimodulazio-ne dei tempi didattici con una valorizzaziorimodulazio-ne quantitativa e qualitativa dell’attività di analisi: la lettura dei testi non deve avere un semplice valore esemplificativo di quanto studiato nella storia letteraria e nella morfo-sintassi, ma deve essere momento fondamentale dell’apprendi-mento nel quale gli studenti dialogano con l’autore, si appropriano del suo sistema di idee e di valori e li rielaborano in maniera personale.

Gli esiti della prova di ingresso hanno fatto emergere la necessità di sollecitare una riflessione su come si potesse redigere un’analisi del testo: buona parte delle lezioni sono state dedicate a sviluppare nei ragazzi la capacità di interrogare il testo, per andare oltre quello che il semplice esercizio di traduzione può comunicarci.

Sulla base delle suggestioni suscitate dai lavori di G. Wiggins e J. McTighe, allo scopo di far capire ai ragazzi che l’esercizio scolastico di comprensione profonda di un testo ha una ricaduta nella vita reale, si è scelto di far partire il percorso didattico con una lezione dialogata sul valore denotativo e connotativo del messaggio, finalizzata a rispondere alla domanda essenziale24 “Quello che diciamo è sempre quello che vogliamo realmente dire?”, riproposta poi nelle formule “È possibi-le rintracciare in un messaggio un significato recondito che va oltre il senso letterale? In definitiva possono esserci in un messaggio più livelli di lettura?”. L’interesse didattico per le domande essenziali è dato dal fatto che esse spingono il contenuto oltre se stesso, in quanto sono in

(12)

grado di attivare “sul piano dei processi di apprendimento, le procedure di natura inferenziale che orientano non tanto verso gli apprendimenti, quanto piuttosto verso la costruzione del loro significato”25.

La proposta di domande essenziali sul valore connotativo del mes-saggio si è rivelata una strategia utile in quanto ha portato gli studenti a produrre autonomamente e spontaneamente interessanti osservazioni sulla complessità della comunicazione, osservazioni che applicate poi ai testi classici hanno mostrato che la traduzione, intesa come semplice trasposizione di parole dalla lingua antica a quella moderna nel rispetto delle regole morfo-sintattiche, non comporta da sola una comprensio-ne autentica del brano: conoscere le procedure per tradurre un brano e applicarle non significa aver compreso pienamente il messaggio del testo.

Nella fase successiva dell’intervento si è chiesto ai ragazzi di crea-re uno strumento di lavoro che potesse consenticrea-re più facilmente di esplorare il significato profondo dei testi che da quel momento in poi si sarebbero trovati a tradurre. È stato chiesto loro di produrre, sulla base dell’esperienza maturata durante le esercitazioni sui testi della lettera-tura italiana, una scheda di analisi. Mettendo insieme le idee dei diversi gruppi di lavoro, si è giunti ad approvare e a condividere la seguente scheda. La scheda prodotta è stata ritenuta dunque uno strumento di partenza, suscettibile di miglioramenti e personalizzazioni, da utilizzare in futuro e da condividere, tramite il sito internet dell’istituto, con i compagni che non avevano partecipato al corso, sia in ambito currico-lare sia nei successivi corsi PON che si sarebbero tenuti in quell’istituto.

Schema di analisi del testo prodotto dai ragazzi I fase: comprensione generale

• Riassumi in pochi righi il contenuto del brano per introdurne la trattazione e i nuclei tematici.

• Riconosci il genere letterario (ad es. epico, drammatico, lirico, satira, scritti filosofici, storiografici) e spiegane la scelta.

• Individua le sequenze e la loro funzione principale (ad es. nar-rativa, descrittiva, riflessiva, dialogica).

(13)

II fase: analisi

• Analisi metrica: metro utilizzato (trimetro giambico, saturnio, esametro etc.) e possibili motivi che hanno spinto l’autore a tale scelta tra le tante possibili; fenomeni metrici particolari: ad es. esametri olodattilici o olospondaici.

• Individua i campi semantici per comprendere come l’autore abbia messo in primo piano gli argomenti al centro del suo inte-resse.

• Individua le parole chiave: rifletti sul significato di tali termini, facendo riferimento, se lo ritieni opportuno, alla loro etimologia. Spiega il valore che assumono nel contesto che stai esaminando tenendo conto dello sviluppo diacronico della lingua (slittamenti semantici).

• Prevale la paratassi o l’ipotassi? Quali effetti produce tale scelta sintattica nell’organizzazione del testo?

• Ci sono costrutti sintattici particolari o che ricorrono nel brano con particolare frequenza?

• Analizza il lessico e il suo registro linguistico (aulico, colloquia-le, presenza di termini composti, neologismi, prestiti e calchi dal Greco) e il suo tono (ironico, comico, drammatico).

• Ci sono riferimenti allo spazio o al tempo? Quale funzione han-no?

• Ci sono riferimenti a personaggi reali o fantastici? Come vengo-no caratterizzati tali personaggi?

• Quali figure di suono sono utilizzate? Con quali ricadute sul significato? (es. assonanze, consonanze, allitterazioni, enjambe-ments).

• Quali figure di significato sono utilizzate? Con quali ricadute sul significato? (es. metafore, metonimie, similitudini, iperboli, antitesi)

III fase: approfondimento e contestualizzazione • Interpreta il brano sulla base delle tue conoscenze, della tua sensibilità, dei contributi della critica letteraria.

(14)

autore. Ha trattato lo stesso tema anche in altre opere? Con quali differenze ed analogie?

• Contestualizza il testo sul piano storico, culturale e letterario nel periodo in cui vive l’autore. Si possono individuare echi della vita dell’autore o del contesto storico dell’epoca? Vi sono altri autori a lui contemporanei che hanno trattato lo stesso tema? Sottolinea affinità e divergenze.

• Ritieni possibile stabilire dei confronti con opere classiche più antiche o con successive opere moderne che hanno sviluppato temi simili? Sottolinea le affinità e metti in evidenza le innovazio-ni attraverso la tecinnovazio-nica della lettura intertestuale.

• Ritieni che il messaggio dell’autore possa comunicarci ancora oggi qualcosa di importante? Opera con prudenza evitando ba-nalizzazioni.

La fase successiva è stata dedicata allo studio di passi di autori scelti in fase di programmazione finalizzato alla produzione di una tradu-zione personale e del commento. Metodologicamente si è partiti per ogni brano dalla proposta di domande topiche che potessero sollecitare l’interesse dei ragazzi nell’esplorazione del senso profondo del testo. Le domande topiche si collocano tra le domande essenziali, a cui fan-no costantemente riferimento, e il contenuto e sofan-no quelle domande che consentono ai ragazzi di costruire conoscenze nuove partendo da conoscenze già acquisite: la metodologia prevede quindi che si parta da ciò che si conosce e lo si interroghi allo scopo di ricavare da esso ciò che ancora non si sa26. L’interesse didattico per tali domande consiste nel fatto che possono spingere l’alunno ad andare oltre le semplici re-plicazioni dei contenuti e delle procedure operative apprese in classe per realizzare, attraverso delle risposte creative, strutture concettuali autonome. In definitiva, grazie a tale processo, lo studente abbandona il ruolo di ricettore passivo per assumere una funzione attiva nella co-struzione di conoscenza.

A titolo esemplificativo si riportano di seguito le domande topiche proposte relativamente al brano somministrato nel test di ingresso e che è stato oggetto di studio al momento della consegna degli elaborati.

(15)

27 Traduzione di arFelli 1959, pp. 95-97 fornita ai ragazzi: E invero non bisogna dare ascolto a coloro i quali credono che dobbiamo adirarci fieramente cui i nostri nemici, e anzi vedono appunto nell’adirarsi il carattere distintivo dell’uomo magnanimo e forte: no, la virtù più bella, la virtù più degna di un uomo grande e nobile è la pacata e mansueta clemenza. Invero, negli Stati liberi, ove regna l’eguaglianza del diritto, bisogna anche dar prova di una certa arrendevolezza, e di quella che suol chiamarsi padronanza di sé, per non incorrere nella taccia d’inutile e odiosa scontro-sità, se ci accada di adirarci con importuni visitatori o con sfrontati sollecitatori. E tuttavia la mite e mansueta clemenza merita lode solo a patto che, per il bene superiore dello Stato, si adoperi anche la severità, senza la quale nessun governo è possibile. Ogni punizione e ogni riprensione, però, dev’essere scevra d’oltraggio, e mirare, non alla soddisfazione del punitore o del riprensore, ma solo al vantaggio dello Stato. Anche bisogna cercare che la pena non sia maggiore della colpa, e non avvenga che, per le medesime cagioni, alcuni siano duramente colpiti, altri né pur richiamati al dovere. Soprattutto è da schivare la collera nell’atto stesso del punire: chi si accinge al castigo in preda alla collera, non terrà mai quella giusta via di mezzo, che corre fra il troppo e il poco, via che piace tanto ai Peripatetici; e a ragione piace, solo che poi non dovrebbero lodare l’ira, dicendo che essa è un utile dono della natura. No, l’ira è da tener lontana in tutte le cose, e bisogna far voti che i reggitori dello Stato assomiglino alle leggi, le quali s’inducono a punire non per impeto d’ira, ma per dovere di giustizia.

clemenZa e severità (Cic. Off. 1,88-89)27 [88] Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius, nihil magno et praeclaro viro di-gnius placabilitate atque cle-mentia.

In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur,

ne si irascamur aut intempe-stive accedentibus aut im-pudenter rogantibus in mo-rositatem inutilem et odiosam incidamus.

domande topicHe A chi Cicerone rivolge l’e-sortazione al dominio delle passioni? Chi è quindi il vir bonus?

A quale ordinamento costi-tuzionale fa qui riferimento Cicerone?

(16)

Et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia, ut adhibeatur reipublicae causa severitas, sine qua administra-ri civitas non potest. Omnis autem et animadversio et casti-gatio contumelia vacare debet, neque ad eius qui punitur ali-quem aut verbis castigat sed ad reipublicae utilitatem referri. [89] Cavendum est etiam ne maior poena quam culpa sit, et ne isdem de causis alii plectan-tur, alii ne appellentur quidem. Prohibenda autem maxime est ira puniendo; numquam enim iratus qui accedet ad poenam mediocritatem illam tenebit, quae est inter nimium et parum, quae placet Peripateticis, et recte placet, modo ne lauda-rent iracundiam et dicelauda-rent utiliter a natura datam. Illa vero omnibus in rebus repu-dianda est, optandumque ut ii qui praesunt reipublicae legum similes sint, quae ad punien-dum non iracundia sed aequi-tate ducuntur.

Quali sono i principi sui quali si basa la corretta ge-stione del potere? Qual è il messaggio fondamentale?

Che cosa si intende per me-diocritas?

Chi sono i peripatetici a cui si fa qui riferimento e qual è l’oggetto della polemica?

(17)

tutti gli strumenti che avevano a disposizione, dai libri di testo e mono-grafie cartacee alle risorse in rete; dopo aver acquisito una certa consa-pevolezza del senso profondo del brano, i ragazzi hanno realizzato una traduzione propria e meditata e il commento.

La proposta di lavoro dunque ha perseguito l’obiettivo di promuo-vere nei ragazzi la capacità di meditare sulle competenze e conoscenze acquisite nelle precedenti attività scolastiche e di rielaborarle per co-struire nuove conoscenze. La possibilità poi di condividere il proprio sapere con un gruppo di lavoro e successivamente con l’intero gruppo dei corsisti ha permesso di valorizzare i diversi tipi di intelligenza, an-che quelle pratian-che generalmente poco apprezzate in contesto scola-stico, e ha favorito nei ragazzi la scoperta del proprio stile cognitivo e dei propri talenti, valorizzando i loro vissuti: nel caso specifico anche il ragazzo meno abile nella traduzione ha potuto vedere accolto dal grup-po il proprio contributo o la propria intuizione28.

La valenza formativa di questo tipo di lavori è da rintracciare quindi nella possibilità di offrire a tutti gli studenti l’opportunità di vedere accolta la propria idea, situazione che ha una ricaduta positiva sulla per-cezione di sé e sulla costruzione di un vissuto di autoefficacia. I lavori di gruppo attivano un meccanismo di interdipendenza tra gli alunni, per cui nessuno può agire da solo, ma ha bisogno degli altri, e tutti

28 Nel 1983 nel saggio Frames of mind. The theory of multiple intelligences (= trad. it.,

(18)

sono necessari alla buona riuscita del lavoro. La capacità di lavorare in

team superando l’individualismo, tipico della nostra tradizione scolasti-ca, è un’importante sfida che la scuola deve affrontare per dare piena realizzazione alla valorizzazione delle diverse intelligenze. La creatività e la maturazione di un metodo di studio personale possono essere più fortemente stimolate dalla collaborazione, in quanto il gruppo mette insieme una molteplicità di piccole intuizioni, di vissuti e di esperien-ze che in un lavoro solitario potrebbero essere maturati con maggiori difficoltà.

Oggi la psicologia afferma che l’efficacia del gruppo nell’attività cre-ativa dipende dal fatto che la nostra mente è più collaborcre-ativa di quanto generalmente si pensi29. Ciò che nella psicologia è ormai acquisito come un dato di fatto, nella scuola italiana appare ancora inaccettabile, in quanto noi docenti andiamo spesso alla ricerca di chi ha effettivamente svolto il compito e in che misura ogni alunno ha contribuito al risultato finale. Laddove invece nel lavoro di gruppo un elemento prevale sugli altri significa che la strategia didattica ha fallito, fenomeno che spesso si verifica in quanto la scuola finora ha poco abituato i ragazzi ad atti-vità di questo genere che quindi vengono percepite come un momento ludico, non come parte integrante nella normale attività scolastica. Se la collaborazione di gruppo funziona, non sono necessariamente i co-siddetti “bravi”, cioè i ragazzi che hanno di solito un rendimento scola-stico più alto, a prevalere e a fare il grosso del lavoro, ma ogni studente, anche quello solitamente meno costante e impegnato nello studio, può avere l’intuizione giusta, quella che il gruppo è disposto ad accogliere e a rielaborare. Nel compito di prestazione svolto in un lavoro di gruppo nessuno è in partenza più preparato dell’altro in quanto lo spettro delle abilità da attivare nella realizzazione del lavoro è allargato su ogni tipo di esperienza e di vissuto che gli studenti possono apportare30.

29 A partire dagli anni 90 interessanti studi di psicologia hanno messo in discussione

(19)

3. Conclusioni

Se la ricerca didattica sulle lingue classiche continua a produrre con-tributi pregevoli31, risultano ancora di sconcertante attualità i risultati della Commissione Reale per l’ordinamento degli studi secondari in Italia dell’ormai lontano 1909: “Il metodo adottato nelle scuole italiane per l’insegnamento delle lingue classiche è il più difficoltoso e il meno redditizio; serve poco alla conoscenza della lingua, serve anche meno alla conoscenza dello spirito letterario; alla base del fallimento vi sono due errori di fondo: il primo, ed è il più grave e il più frequente, e quin-di anche quello che più comunemente viene lamentato, è quin-di prendere subito le mosse da un insegnamento sistematico della grammatica per introdurre alla conoscenza della lingua, e poi di continuare ad insistere con esso come se nell’apprendimento delle regole sue e nelle ripetute esercitazioni per applicarle consistesse tutta la ragione dello studio della lingua, anzi l’essenza della lingua stessa”32.

Sul piano didattico infatti il primo aspetto che si prende in consi-derazione per valutare l’efficacia di un intervento è la sua capacità di perseguire obiettivi culturali, ossia di trasmettere e far acquisire effica-cemente agli alunni conoscenze disciplinari e competenze operative. La riflessione didattica ha quindi sottolineato che, per ottenere tali risultati in modo proficuo e duraturo, è indispensabile promuovere apprendimen-to significativo, ossia un apprendimento che non si esaurisca in una mne-monica conoscenza dei contenuti e in meccaniche capacità applicative, ma risulti tale da rendere l’alunno capace di ricorrere costantemente alle conoscenze acquisite nella quotidiana interazione con il mondo.

In una parte non trascurabile del corpo docente è tuttavia ancora diffusa la convinzione che il discente abbia compreso un argomento quando dimostra di conoscere le procedure che gli permettono di svol-gere correttamente un esercizio scolastico. Nella prassi scolastica è ri-scontrabile invece una lunga casistica di non perfetta corrispondenza tra capacità di eseguire un esercizio e reale comprensione di un

argomen-diffusa è riconosciuto, soprattutto nel mondo anglo-sassone, come uno dei motivi di successo di alcune delle più grandi aziende del mondo.

30 Cfr. ligorio-cacciamani 2013, p. 150.

31 Pensiamo per es. all’esperienza dell’Accademia Vivarium Novum e

(20)

to: nella matematica per esempio la capacità di un alunno di applicare correttamente la regola della moltiplicazione fra frazioni non implica necessariamente una comprensione della ragione per cui il risultato è minore del numero di partenza; in ambito umanistico è possibile che l’alunno conosca e sappia applicare le regole per la stesura di un saggio breve e di un articolo di cronaca, ma non abbia compreso le ragioni delle differenze stilistiche e argomentative che intercorrono tra le due tipologie testuali33. Il discorso diventa ancora più evidente se applicato alle lingue classiche, dove uno studio astratto della morfo-sintassi spes-so povero di riflessioni di carattere storico, esemplificato poi attraverspes-so testi poco significativi per i ragazzi, e un esercizio di traduzione poco orientato ad una profonda interpretazione del testo, rendono per gli alunni addirittura incomprensibile lo studio stesso di tali materie, con la conseguenza di una diffusa sorda ostilità nei confronti di queste di-scipline da parte dei discenti e di una altrettanto diffusa disperazione di noi docenti.

Una comprensione profonda è invece quella che consente all’alunno di comprendere che cosa sta apprendendo, perché lo sta apprendendo e come può utilizzare tale conoscenza in situazioni, scolastiche ed extra-scolastiche, diverse da quelle di primo apprendimento e applicazione. Spetta dunque a noi docenti il compito di individuare percorsi orientati a promuovere apprendimento significativo e in questa prospettiva è evidente come i metodi più tradizionali, basati esclusivamente sul me-todo grammaticale traduttivo e sul mediatore didattico della lezione frontale, appaiano poco efficaci.

Tra i metodi che possono favorire l’acquisizione di apprendimento significativo si è privilegiato in quest’esperienza didattica il cooperative learning e la didattica laboratoriale, metodi che sollecitano una riflessio-ne approfondita sui contenuti e promuovono uno spontariflessio-neo spirito di ricerca per realizzare un compito di prestazione.

Il lavoro di gruppo risulta utile per evitare i pericoli insiti nell’affron-tare un compito di prestazione che può apparire superiore alle forze

32 Cfr. miraglia 1996, p. 1.

33 Una reale verifica della comprensione richiede invece che l’allievo sia in grado di

(21)

di un singolo studente: il ragazzo deve poter constatare la sua possi-bilità di fare, seguire un personale percorso di apprendimento, sentire di poter essere utile agli altri grazie alle proprie potenzialità uniche e irripetibili. In quest’ottica il docente smette di essere un semplice con-tenitore e trasmettitore di sapienza per divenire autentica guida; a lui spetta infatti il compito fondamentale di motivare il discente a investire energie nell’assolvere con impegno le consegne e ad affrontare con spi-rito positivo anche eventuali difficoltà34.

La valorizzazione della centralità del testo e del lettore, attraverso la-vori di gruppo finalizzati alla traduzione e all’analisi di testi classici, può a mio parere rappresentare uno strumento importante per il recupero di significatività delle lingue classiche, in particolare di quella latina che è l’unica che può metterci in comunicazione diretta con la storia cultu-rale europea in tutti i campi, dal diritto alla filosofia, dalla medicina alla fisica, dalle scienze naturali alla letteratura35.

Marco Ugenti

Liceo “Pietro Colonna” - Galatina (LE) m_ugenti@libero.it

34 Come ha dimostrato Bandura, c’è un circolo virtuoso tra percezione di abilità,

che egli ha definito “autoefficacia”, aspettative di successo e buone prestazioni. Cfr. bandUra 1996, 2000 e caprara-bandUra 2008.

35 Cfr. art. 167 dello stesso trattato di Lisbona, secondo il quale “l’Unione

(22)

bibliograFia adami 1993

A. adami, Le radici culturali e spirituali dell’Europa: il latino e il greco nella scuola secondaria superiore, Bologna 1993.

alessandri-barbieri-lodi 1993

M. alessandri - R. barbieri - A. lodi, “La comprensione come obiet-tivo didattico dell’insegnamento del latino nel biennio”, in La didattica breve del latino, a c. di F. piaZZi, Bologna 1993.

arFelli 1959

Cicerone, Dei doveri, a c. di D. arFelli, Bologna 1959. baldacci 2004

M. baldacci, I modelli della didattica, Roma 2004. bandUra 1996

Il senso di autoefficacia. Aspettative su di sè e azione,a c. di A. bandUra, Trento 1996.

bandUra 2000

A. bandUra, Autoefficacia: teorie ed applicazioni, Trento 2000. brown-collins-dUgUid 1989

J. S. brown - A. collins - P. dUgUid, “Situated Cognition and Culture of Learning”, Educational Researcher 18/1, 1989, pp. 32-42.

calvano 1993

C. calvano, “Ridefinizione degli obiettivi didattici e necessità di spe-rimentazioni metodologiche nell’insegnamento delle lingue classiche”, in Cultura e Lingue Classiche 3, a c. di B. amata, Roma 1993, pp. 589-604. calZeccHi onesti 1990

(23)

obiettivi e metodi nuovi, a c. di F. santUcci, Perugia 1990, pp. 39-55. canFora-cardinale 2012

Disegnare il futuro con intelligenza antica. L’insegnamento del latino e del greco antico in Italia e nel mondo, a c. di L. canFora e U. cardinale, Bologna 2012.

caprara-bandUra 2008

G. V. caprara - A. bandUra et alii, “Longitudinal analisis of the role of percepived self-efficacy for self-regulated learning in Academic con-tinuance and achievment”, Journal of education psycology 100/3, 2008, pp. 525-534.

comoglio 1989

M. comoglio, Educare insegnando, Roma 1989. damiano 1989

E. damiano, I mediatori didattici. Un sistema d’analisi dell’insegnamento, Mi-lano 1989.

damiano 1993

E. damiano, L’azione didattica: per una teoria dell’insegnamento, Roma 1993. damiano 2007

E. damiano, Il sapere dell’insegnare. Introduzione alla Didattica per Concetti con esercitazioni, Milano 2007.

Fievet 2002

C. Fievet, “Apprendere a comprendere. Riflessioni per una nuova di-dattica delle lingue antiche (prima parte)”, Docere. Rivista di didattica delle lingue classiche I/2, 2002, pp. 5-11.

gardner 1987

H. gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Milano 1987.

(24)

H. gardner, L’educazione delle Intelligenze Multiple. Dalla teoria alla prassi pedagogica, Milano 1995.

gardner 2005

H. gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e appren-dimento, Gardolo 2005.

gUidotti bacci-FloccHini-moscio 2001

P. gUidotti bacci - N. FloccHini - M. moscio, Comprendere e tradurre, Milano 2001.

JoHnson-JoHnson-smitH 1981

D. W. JoHnson - R. T. JoHnson - K. A. smitH, Cooperative Learning: Incre-asing College Faculty Instructional Productivity, Washington D.C. 1981. JoHnson-JoHnson 1983

D. W. JoHnson - R. T. JoHnson, Learning Together and Alone, Englewood Cliffs (NJ) 1983.

JoHnson-JoHnson 1984

D. W. JoHnson - R. T. JoHnson, Circles of Learning, Washington DC 1984.

ligorio-cacciamani 2013

M. B. ligorio - S. cacciamani, Psicologia dell’educazione, Roma 2013. lUperini 2006

R. lUperini, Insegnare la letteratura oggi, Lecce 20064.

margiotta 1997

U. margiotta, L’insegnante di qualità, Roma 1997. mctigHe-wiggins 2004

J. mctigHe - G. wiggins, Fare progettazione. La pratica, Roma 2004. milanese 2004

(25)

scuo-la di base all’università, Atti del Convegno di Vicenza 1-2 ottobre 2001 “Progetto Pallante”, a c. di G. milanese, Galatina 2004, pp. 7-13.

miraglia 1996

L. miraglia, “Come (non) si insegna il latino”, Micromega 5, 1996, pp. 1-14.

miraglia 2004

L. miraglia, “Metodo natura e storia culturale”, in milanese 2004, pp. 23-51.

morin 2000

E. morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero,

Milano 2000. newmark 1988

P. newmark, La traduzione. Problemi e metodi. Teoria e pratica di un lavoro difficile e di incompresa responsabilità, Milano 1988.

paoletti 2001

G. paoletti, Saper studiare, Roma 2001. pasQUali 1968

G. pasQUali, “Paradossi didattici”, in G. pasQUali, Pagine stravaganti, Fi-renze 1968, vol. I, pp. 151-164.

pellerey 1983

M. pellerey, Progettazione didattica,Torino 1983. pellerey 2001

M. pellerey, Metodologia e didattica dell’insegnamento secondario, Roma 2001. pellerey 2004

M. pellerey, Le competenze individuali e il portfolio, Firenze 2004. piccinno 2009

(26)

piccinno 2013

M. piccinno, Didattica Generale. Conoscenze disciplinari e capacità di media-zione: le competenze del docente nella nuova scuola, Napoli 2013.

santUcci 1990

Per il latino obiettivi e metodi nuovi. Atti del Convegno nazionale, Perugia 12-14 gennaio 1989, a c. F. santUcci, Perugia 1990.

sawyer 2012

K. sawyer, La forza del gruppo. Il potere creativo della collaborazione, Firenze-Milano 2012.

Sega-tappi 1993

G. Sega - O. tappi, La traduzione dal latino: metodi e strumenti, Firenze 1993.

semeraro 1999

R. semeraro, La progettazione didattica. Teorie, metodi, contesti, Firenze 1999. sternberg 1988

R. sternberg, Teorie dell’intelligenza: una teoria tripolare dell’intelligenza uma-na, Milano 1988.

sternberg-spear swerling 1997

R. sternberg - L. spear swerling, Le tre intelligenze. Come potenziare le capacità analitiche, creative e pratiche, Trieste 1997.

sternberg 1998

R. sternberg, Stili di pensiero. Differenze individuali nell’apprendimento e nella

soluzione di problemi, Trieste 1998. tessaro 1997

F. tessaro, La valutazione dei processi formativi, Roma 1997. tessaro 2001

Riferimenti

Documenti correlati

Nell’aprile del 1811 ebbe poi dal sindaco conferma scritta “trovarsi su quel territorio la valle della Morte”, ma se, come si diceva nella lettera, essa si protendeva verso

[r]

Upper airway obstruction Large airway involvement Small airway disease Parenchymal Disease Diffuse interstitial lung disease Necrobiotic pulmonary nodules Drug Induced Disease

After TUNEL reaction labelled nuclei ap- peared both in myoblasts and myotubes (Fig. 5C, H) After exposure to cold temperature a low number of detached myoblasts

Fu solo nella seconda metà del Settecento che l’educazione assunse significati più complessi e che il tema della scissione tra formazione morale ed educazione civica,

The authors investigated the functional consequences of Ets- related gene (ERG) rearrangement and overexpression and its association with phosphatase and tensin homolog (PTEN) loss

The goal of this study is to identify and assess terrestrial and marine geosites—intended, in a broad sense, as component of the cultural heritage of a territory [ 82 , 83 ]—in

È evidente la complessità dell’intreccio di fattori che nella TSL, inte- ragendo tra loro, concorrono a esplicitare le relazioni grammaticali nelle diverse frasi. 17, 41),